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Copyright © 2007, The McGraw-Hill Companies, srl Publishing Group Italia, via Ripamonti, 89 – 20139 Milano Varzi / Nolt / Rohatyn • Logica 2/ed Soluzioni agli esercizi supplementari Capitolo 1 (esercizi alle pp. 22–23) (1) [Ce la farai senz’altro], perché [hai talento] e [lavori sodo]. Le asserzioni 2 e 3 fungono da premesse indipendenti per la conclusione 1: la persona a cui l’argomentazione è rivolta potrebbe aver talento senza lavorare so- do, e potrebbe lavorare sodo pur senza avere talento. Si tratta quindi di un’argo- mentazione convergente: 2 3 1 (2) [C’è bisogno di altra morfina.] [Abbiamo 32 feriti] e [sono rimaste solo 12 dosi.] In questo caso le due premesse lavorano in congiunzione. Il diagramma è: 2 + 3 1 (3) Questa non è un’argomentazione ma un’asserzione condizionale. (4) [Se ci fosse stato un autovelox, sarebbe comparso su questo radar,] ma [qui non è comparso nulla.] Questa è un’argomentazione con conclusione implicita: [Non c’era un autovelox.] 1 + 2 3 (5) [O gli UFO sono armi segrete del nemico oppure sono navi spaziali che pro- vengono da un mondo alieno.] [Se sono armi nemiche, allora la tecnologia nemica è ampiamente superiore alla nostra (contrariamente a quanto si pensa di solito).] [Se sono navi spaziali aliene, allora dispongono di una tecnologia supe- riore a qualsiasi cosa noi si possa immaginare.] In ogni caso, quindi, [i costrut- tori di UFO sono tecnologicamente più sofisticati di noi.] L’indicatore di conclusione ‘quindi’ (insieme alla qualifica ‘in ogni caso’) segnala che l’asserzione 4 è una conclusione sostenuta da tutte le asserzioni precedenti. Si noti che queste sono poste tra parentesi senza spezzarle in componenti più semplici, dal momento che si tratta di asserzioni composte mediante i connettivi ‘o … oppure’ e ‘se … allora’. Pertanto il diagramma è: Esercizio 1.1

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Soluzioni agli esercizi supplementari

Capitolo 1 (esercizi alle pp. 22–23)

(1) ➀ [Ce la farai senz’altro], perché ➁ [hai talento] e ➂ [lavori sodo].

Le asserzioni 2 e 3 fungono da premesse indipendenti per la conclusione 1: la persona a cui l’argomentazione è rivolta potrebbe aver talento senza lavorare so-do, e potrebbe lavorare sodo pur senza avere talento. Si tratta quindi di un’argo-mentazione convergente:

2 3

1

(2) ➀ [C’è bisogno di altra morfina.] ➁ [Abbiamo 32 feriti] e ➂ [sono rimaste solo 12 dosi.]

In questo caso le due premesse lavorano in congiunzione. Il diagramma è:

2 + 3 ↓ 1

(3) Questa non è un’argomentazione ma un’asserzione condizionale.

(4) ➀ [Se ci fosse stato un autovelox, sarebbe comparso su questo radar,] ma ➁ [qui non è comparso nulla.]

Questa è un’argomentazione con conclusione implicita:

➂ [Non c’era un autovelox.]

1 + 2 ↓ 3

(5) ➀ [O gli UFO sono armi segrete del nemico oppure sono navi spaziali che pro-vengono da un mondo alieno.] ➁ [Se sono armi nemiche, allora la tecnologia nemica è ampiamente superiore alla nostra (contrariamente a quanto si pensa di solito).] ➂ [Se sono navi spaziali aliene, allora dispongono di una tecnologia supe-riore a qualsiasi cosa noi si possa immaginare.] In ogni caso, quindi, ➃ [i costrut-tori di UFO sono tecnologicamente più sofisticati di noi.]

L’indicatore di conclusione ‘quindi’ (insieme alla qualifica ‘in ogni caso’) segnala che l’asserzione 4 è una conclusione sostenuta da tutte le asserzioni precedenti. Si noti che queste sono poste tra parentesi senza spezzarle in componenti più semplici, dal momento che si tratta di asserzioni composte mediante i connettivi ‘o … oppure’ e ‘se … allora’. Pertanto il diagramma è:

Esercizio 1.1

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1 + 2 + 3 ↓ 4

(6) Questa non è un’argomentazione. La parola ‘perché’ non funge da indicatore di premessa ma svolge una funzione puramente esplicativa: il parlante sta spiegan-do per quale motivo una certa persona si sia rinchiusa nella sua camera da letto, non sta cercando di dimostrare che l’ha fatto.

(7) ➀ [Ho seguito le indicazioni della ricetta sulla scatola,] ma ➁ [la torta è davvero immangiabile.] Evidentemente ➂ [alcuni ingredienti erano andati a male].

Argomentazione non convergente:

1 + 2 ↓ 3

(8) ➀ [I cibi salati mi fanno bere.] ➁ [Quando bevo mi passa la sete.] Quindi ➂ [i cibi salati mi fanno passare la sete.]

Argomentazione non convergente (ma colpevole di una fallacia semantica; si ve-da il Paragrafo 8.2). Anche in questo caso il diagramma è:

1 + 2 ↓ 3

(9) Non è un’argomentazione ma una semplice descrizione di un concorso a premi.

(10) ➀ [Come si fa a dire che la pena capitale è un deterrente per il crimine?] ➁ [In quegli stati in cui la pena di morte è stata abolita, il tasso di incidenza dei delitti è inferiore a quello degli stati che invece l’hanno mantenuta.] Inoltre, ➂ [la pena capitale è una pratica barbarica che non dovrebbe trovare posto in una società che si definisce “civilizzata”.]

Questa è un’argomentazione convergente (come suggerisce la parola ‘inoltre’) con un’ovvia conclusione implicita:

➃ [La pema di morte va abolita.]

Il diagramma è:

2 ↓

1 3

4

Si noti che la conclusione intermedia 1 è espressa da una domanda retorica.

(11) ➀ [Non sono stati né il maggiordomo né la cameriera.] ➁ [Rimangono il cuoco e l’autista.] Ma ➂ [l’autista era all’aeroporto quando il delitto è avvenuto.] ➃ [Il cuo-co è l’unico senza un alibi.] Inoltre ➄ [l’ereditiera è stata avvelenata.] È logico concludere che ➅ [l’assassino è proprio il cuoco.]

Quest’argomentazione riposa su due ovvia premesse implicite:

➆ [L’assassino è uno tra il maggiordomo, la cameriera, il cuoro, l’autista.] ➇ [L’omicidio ha avuto luogo a casa.]

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Soluzioni agli esercizi supplementari 3

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Dalla premessa 7 insieme alla 1 si deriva l’asserzione 2. Da quest’ultima, insieme alle premesse 3 e 8, si deduce che il cuoco è l’unica persona sospetta a non avere un alibi (asserzione 4), da cui si inferisce la conclusione 6. La conclusione è sup-portata indipendentemente dalla premessa 5. Si tratta quindi di un’argomenta-zione complessa il cui ultimo passo è convergente:

1 + 7 ↓ 2 + 3 + 8

↓ 4 5

6

(12) ➀ [La serie dei numeri interi è infinita.] ➁ [Se non fosse infinita, allora ci sarebbe un numero più grande di tutti gli altri.] Ma, ➂ [per le leggi dell’aritmetica, si può applicare l’operazione di addizione a un numero arbitrariamente grande, lo si chiami n, per ottenere n + 1.] Poiché ➃ [n + 1 è più grande di n,] ne segue che ➄ [non c’è un numero intero più grande di tutti gli altri.] Questo dimostra che ➀ [la serie degli interi è infinita.]

Argomentazione complessa non convergente:

3 + 4 ↓ 2 + 5 ↓ 1

(13) ➀ [La scala Richter misura l’intensità di un terremoto in potenze di 10.] ➁ [Una scossa che misura 6 gradi è 10 volte più potente di una che ne misura 5,] e ➂ [una che misura 7 gradi rilascia 10 volte più energia di una che ne misura 6 e 100 volte più di una che ne misura 5.] ➃ [Scosse famose come quella di San Francisco del 1906 (8,6 gradi) o quella dell’Alaska nel 1964 (8,3 gradi) sono quindi almeno mil-le volte più devastanti di una scossa che misuri appena 5 gradi.]

In quest’argomentazione, le asserzioni 2 e 3 sono introdotte al solo fine di spie-gare e illustrare il significato dell’asserzione 1 e non aggiungono nulla alla struttu-ra logica del discorso. Pertanto il diagramma è semplicemente:

1 ↓ 4

(14) ➀ [I genitori che hanno subito molestie da piccoli sono spesso più violenti, con i propri figli, dei genitori che non ne hanno subite.] Questo dimostra che ➁ [subire molestie da piccoli porta a ulteriori molestie nei confronti della generazione suc-cessiva.] Di conseguenza, ➂ [l’unico modo per fermare il ciclo delle molestie ai minori è fornire assistenza per i minori molestati prima che questi possano diven-tare genitori e perpetuare questo triste e grave problema.]

1 ↓ 2 ↓ 3

(15) Supponiamo che ➀ [ci sia un tavolo da biliardo perfettamente quadrato] e che ➁ [una palla sia colpita dalla metà di una sponda con una traiettoria dritta e

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un’angolazione di 45 gradi rispetto alla sponda.] Si capisce che ➂ [la palla colpirà la sponda adiacente con un’angolazione di 45 gradi.] ➃ [In seguito la palla rim-balzerà con un’angolazione uguale, ma nella direzione opposta a quella di arrivo.] Quindi ➄ [si inclinerà con un’angolazione di 45 gradi e colpirà nel mezzo la sponda opposta a quella da cui era partita.] Ne segue che, per lo stesso principio, ➅ [colpirà nel mezzo la sponda successiva con un’angolazione di 45 gradi] e quindi ➆ [ritornerà al punto di partenza.]

1 + 2 ↓ 3 + 1 ↓ 5 + 1 ↓ 6 + 1 ↓ 7

(1) La maiuscola di ‘x’ è ‘X’. (2) Quando si parla di ‘amore’, si parla semplicemente di una parola di 5 lettere. (3) Roma è conosciuta con il nome di ‘Città Eterna’. Il Vaticano è a Roma. Il Vati-

cano, quindi, è nella Città Eterna. (4) Il Capitolo 1 di questo libro riguarda la struttura delle argomentazioni. (5) In logica formale, le lettere ‘P’ e ‘Q’ sono spesso usate per designare asserzioni. (6) Se usiamo la lettera ‘P’ per designare l’asserzione ‘Piove’ e ‘Q’ per designare

‘Fuori fa freddo’, allora l’argomentazione ‘Piove, quindi fuori fa freddo’ si sim-bolizza così: ‘P, quindi Q’.

(7) ‘Roma’ designa Roma, e ‘‘Roma’’ designa ‘Roma’, ma Roma non designa Roma. [Esistono infinite altre soluzioni corrette. È sufficiente che le coppie di virgolette intorno alla prima occorrenza di ‘Roma’ siano una in più rispetto alla seconda occorrrenza, le coppie di virgolette intorno alla terza occorrenza di ‘Roma’ siano una in più rispetto alla quarta occorrrenza, e le coppie di virgolette intorno all’ul-tima occorrenza di ‘Roma’ siano in numero uguale o maggiore rispetto alla pe-nultima.]

Capitolo 2 (esercizi alle pp. 43–46)

(1) Deduttiva. (2) Deduttiva. (3) Deduttiva. (4) Induttiva (debole); i fumatori potrebbero patire una morte dolorosa anche se

non si ammalassero di enfisema. (5) Induttiva (forte); date le premesse, è molto improbabile (benché in linea di prin-

cipio possibile) che una nazione scateni un attacco nucleare. (6) Induttiva. Le premesse non dicono che lo starnuto avviene subito, quindi può

anche essere che io abbia respirato del pepe poco prima di mezzanotte e abbia starnutito dopo mezzanotte. Si tratta comunque di una possibilità estrema, per cui la forza dell’argomentazione è decisamente alta.

(7) Induttiva (forte). (8) Induttiva (debole); la prima premessa non dice che solo i conservatori sono con-

vinti assertori della legge e dell’ordine.

Esercizio 2.1

Esercizio 1.2

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Soluzioni agli esercizi supplementari 5

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(9) Induttiva (debole); non essere convinti dell’innocenza di una persona non equi-vale a ritenerla colpevole.

(10) Induttiva (forte). (11) Induttiva (piuttosto forte). (12) Induttiva. Supponiamo che siano rimaste solamente due persone al mondo, una

totalmente calva e l’altra con un solo capello. In tal caso le premesse sarebbero vere e la conclusione falsa, quindi l’argomentazione non può essere deduttiva. L’argomentazione, tuttavia, è abbastanza forte, dal momento che la maggior par-te delle circostanze in cui le premesse sono vere, è vera anche la conclusione.

(13) Deduttiva. (14) Deduttiva. (15) Induttiva (forte). (16) Induttiva (moderatamente forte).

(1) ➀ [Il tema di Ettore e quello di Alessandro sono pressoché identici.] Evidente-mente, ➁ [uno dei due ha copiato.]

1 ↓ I (forte) 2

(2) Dal momento che ➀ [mi hai detto che ci saremmo incontrati al drive-in] e ➁ [tu non c’eri], ➂ [sei un bugiardo.] Quindi ➃ [non posso credere a nulla di quello che dici.] Ecco perché ➄ [con te non posso sentirmi a mio agio.]

1 + 2 ↓ I (debole) 3

↓ I (piuttosto debole) 4

↓ I (piuttosto forte) I (debole) 5

(3) ➀ [L’argomentazione precedente è infondata per due ragioni.] Anzitutto, ➁ [al drive-in io c’ero], ma evidentemente ➂ [non mi hai visto,] quindi ➃ [una delle tue premesse è falsa.] E poi ➄ [il tuo ragionamento non è valido.]

2 + 3 D ↓ 4 5 D D D

1

(4) ➀ [È da tre giorni che piove.] ➁ [Domani farà sicuramente bello.]

1 ↓ I (debole) 2

(5) ➀ [Le previsioni meteorologiche dicono che pioverà,] ➁ [il cielo appare molto minaccioso,] e ➂ [la lancetta del barometro sta scendendo rapidamente:] tutti fe-nomeni fortemente correlati alla pioggia. Quindi ➃ [sta per piovere.] Ma ➄ [se pioverà non potremo certo fare un picnic nel prato.] Quindi, ➅ [il picnic dovrà essere cancellato.]

Esercizio 2.2

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1 2 3 ↓ I (deboli, ma congiuntamente forti)

4 + 5 ↓ D I (forte) 2

(6) ➀ [Tutti i cittadini maggiorenni hanno diritto di votare, a meno che siano men-talmente disabili o siano stati condannati per un crimine.] ➁ [Luca è un cittadino maggiorenne], e ciononostante ➂ [dice di non avere diritto al voto.] ➃ [Luca non è mentalmente disabile.] Quindi, ➄ [o ciò che dice è falso, o è stato condannato per un crimine.] Ma ➅ [Luca mi ha anche detto di non essere mai stato arrestato,] ed ➆ [è impossibile essere condannati per un crimine senza essere arrestati.] Quindi, ➇ [almeno una delle cose che Luca ha detto è falsa.]

1 + 2 + 3 + 4 ↓ D

5 + 6 + 7 ↓ D D 8

(7) ➀ [Non vi è alcun modo per stabilire se la coscienza sopravviva alla morte fisica,] quindi possiamo solo concludere che ➁ [non sopravviverà.] Ma ➂ [noi non siamo altro che coscienza,] dal momento che ➃ [senza coscienza non siamo in grado di esperire alcunché, nemmeno l’oscurità.] Quindi ➄ [noi non sopravviviamo alla morte.] ➅ [Ogni sistema morale fondato sull’idea di una punizione o di un pre-mio ultraterreno è 〈quindi〉 fondamentalmente sbagliato.]

1 4 I (debole) ↓ ↓ I (debole)

2 + 3 ↓ D 5

↓ I (debole) I (debole) 6

(1) Bassa pertinenza e bassa probabilità induttiva. (2) Alta pertinenza e probabilità induttiva; in effetti, ammesso che il parlante abbia

degli amici, l’aggiunta della seconda premessa rende l’argomentazione deduttiva. (3) Pertinenza nulla e probabilità induttiva bassissima. (4) Bassa pertinenza e bassa probabilità induttiva. (5) Buona pertinenza e bassa probabilità induttiva; tuttavia si potrebbe pensare che

l’argomentazione poggi su una premessa implicita in base alla quale l’amico in questione non ha il coraggio di dire come stanno le cose, nel qual caso l’argo-mentazione sarebbe deduttiva.

(6) La conclusione è logicamente necessaria, quindi l’argomentazione è deduttiva e ha probabilità induttiva massima; la pertinenza delle premesse è irrilevante.

(7) La premessa è logicamente impossibile, quindi l’argomentazione è deduttiva e ha probabilità induttiva massima; la pertinenza della premessa è irrilevante.

(4), (1), (3), (6), (2), (5). L’argomentazione più forte, la (4), è deduttiva; in quella più debole, la (5), le premesse inplicano deduttivamente la negazione della conclusione.

(1) Quest’argomentazione è ragionevolmente buona, ma non può essere considerata conclusiva: (a) entrambe le premesse sono vere; (b) la probabilità induttiva è piut-

Esercizio 2.3

Esercizio 2.4

Esercizio 2.5

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tosto debole, visto che i nove pianeti conosciuti costituiscono un campione mol-to esiguo (e non casuale) su cui basare l’ampia generalizzazione della conclusio-ne; (c) le premesse sono pertinenti; (d) non siamo a conoscenza di evidenza con-traria.

(2) Questa non è una cattiva argomentazione, ma benché in effetti la conclusione ri-sulti falsa: (a) entrambe le premesse sono vere; (b) la probabilità induttiva è alta; (c) le premesse sono pertinenti; (d) sappiamo che Ronald Reagan ha recitato in diversi film, e tanto basta a inficiare l’inferenza. Per valutare l’argomentazione nel suo complesso, si tratta di vedere se quest’ultima informazione è stata volu-tamente taciuta o semplicemente ignorata.

(3) Quest’agomentazione è decisamente debole e non giustifica la conclusione: (a) non sappiamo se le premesse siano vere; (b) la probabilità induttiva è bassa (e tradisce una fallacia dello scommettitore; si veda il Paragrafo 8.4); (c) le premesse sono pertinenti; (d) l’argomentazione è vulnerabile a fronte di nuova evidenza: si tratta di vedere chi siano i nemici e quale sia la loro politica militare.

(4) Questa è un’agomentazione deduttivamente valida e fondata, quindi giustifica appieno la conclusione: (a) le premesse sono tutte vere (si noti che se n è negati-vo, il numero degli interi positivi minori di n è zero, quindi finito); (b) la probabi-lità induttiva è massima; (c) le premesse sono pertinenti; (d) in quanto deduttiva, l’argomentazione non è vulnerabile a fronte di nuova evidenza.

(5) Questa è un’agomentazione induttiva piuttosto debole ai fini della conclusione: (a) non sappiamo se la prima premessa sia vera; (b) la probabilità induttiva è piuttosto bassa, considerato che abbiamo avuto modo di osservare una quantità di materia che potrebe rivelarsi molto limitata (soprattutto nell’ipotesi in cui la prima premessa sia vera); (c) le premesse sono pertinenti; (d) l’argomentazione è chiaramente vulnerabile a fronte di nuove scoperte scientifiche.

(6) Questa è un’argomentazione deduttiva, ma è infondata e come tale fallisce nel suo intento di stabilire la verità della conclusione: (a) la prima premessa è falsa; (b) la probabilità induttiva è massima; (c) le premesse sono pertinenti; (d) in quanto deduttiva, l’argomentazione non è vulnerabile a fronte di nuova evidenza (ma abbiamo già evidenza a sufficiena per non accettare la prima premessa).

Capitolo 3 (esercizi alle pp. 91–92)

(1) ∼P (2) P & ∼Q (3) P → Q (4) Q → P (5) P → Q (6) P ↔ Q (7) ∼P & ∼Q oppure, in alternativa, ∼ (P ∨ Q); questi due modi di formalizzare l’as-

serzione sono equivalenti e ugualmente corretti (si veda l’Esercizio risolto 3.10). (8) ∼ (P & Q) (9) P ∨ Q (10) Q → ∼P (11) P ∨ (Q & R) (12) P → (Q & R) (13) ∼P & (Q & R) (14) R → (∼P → ∼Q) (15) (∼R & ∼Q) → (P & S), oppure ∼ (R ∨ Q) → (P & S) (16) (P & S) → (∼Q & ∼R)

Esercizio 3.1

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(17) (R & Q) & (∼P & ∼S) (18) (R & Q) ↔ ((P ∨ S) & ∼ (P & S)) (19) (S → (R ∨ P)) & (∼S → (P & Q)) (20) ((R ∨ Q) → P) & ((∼P & (∼Q & ∼R)) → S)

(1) Non è una fbf. Le parentesi vanno introdotte solo insieme a operatori binari (regola 3).

(2) Non è una fbf. Due o più lettere enunciative possono produrre una fbf solo in combinazione con un operatore binario (regola 3).

(3) ‘P’ è una fbf per la regola 1, così ‘(P → P)’ è una fbf per la regola 3. (4) A rigore non è una fbf: mancano le parentesi. Però possiamo usare formule di

questo tipo “ufficiosamente”. (5) ‘P’ e ‘Q’ sono fbf per la regola 1, e ‘∼P’ è una fbf per la regola 2. Quindi ‘(∼P &

Q)’ è una fbf per la regola 3. Ne segue che ‘∼∼∼ (∼P & Q)’ è una fbf per re ap-plicazioni successive della regola 2.

(6) Non è una fbf: nessuna regola ci autorizza a introdurre una doppia coppia di pa-rentesi.

(7) Questa non è una fbf, ma lo sarebbe se aggiungessimo una coppia di parente-si attorno all’intera formula. Infatti ‘P’ e ‘Q’ sono fbf per la regola 1, quindi ‘(P & Q)’ è una fbf per la regola 3 e di conseguenza ‘∼ (P & Q)’ è una fbf per la regola 2. Anche ‘R’ è una fbf per la regola 1, quindi ‘∼R’ è una fbf per la regola 2. Ne segue che la congiunzione ‘(∼ (P & Q) & ∼R)’ sarebbe una fbf per la regola 3. La formula data può quindi essere accettata “ufficiosamente”.

(8) ‘P’ è una fbf per la regola 1, così ‘(P ↔ P)’ è una fbf per la regola 3. Applicando nuovamente la regola 3, si ottengono prima ‘(P ↔ (P ↔ P))’ e infine ‘(P ↔ (P ↔ (P ↔ P)))’, che quindi è una fbf.

(9) Non è una fbf: manca una parentesi a destra. (10) Non è una fbf: la regola 3 ci autorizza a unire soltanto due lettere enunciative al-

la volta, quindi la sottoformula ‘(Q ∨ R ∨ S)’ non è ben formata.

(1) Tautologica, come mostra la seguente tavola di verità:

P P → P V V V V F F V F

(2) Contingente, come mostra la seguente tavola di verità:

P P → ∼ P V V F F F F V V

(3) Inconsistente, come mostra la seguente tavola di verità:

P ∼ (P → P) V F V V V F F F V F

(4) Contingente, come mostra la seguente tavola di verità:

P Q P → Q V V V V V V F V F F F V F V V F F F V F

o

Esercizio 3.2

Esercizio 3.3

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(5) Contingente, come mostra la seguente tavola di verità:

P Q (P ∨ Q) → P V V V V V V V V F V V F V V F V F V V F F F F F F F V F

(6) Tautologica, come mostra la seguente tavola di verità:

P Q (P & Q) → P V V V V V V V V F V F F V V F V F F V V F F F F F F V F

(7) Contingente, come mostra la seguente tavola di verità:

P Q P ↔ ∼ (P ∨ Q) V V V F F V V V V F V F F V V F F V F V F F V V F F F F V F F F

(8) Contingente, come mostra la seguente tavola di verità:

P Q ∼ ((P & Q) ↔ (P ∨ Q)) V V F V V V V V V V V F V V F F F V V F F V V F F V F F V V F F F F F F V F F F

(9) Inconsistente, come mostra la seguente tavola di verità:

P Q R (P & Q) & ∼ (P ∨ R) V V V V V V F F V V V V V F V V V F F V V F V F V V F F F F V V V V F F V F F F F V V F F V V F F V F F F V V F V F F F V F V F F F F F V F F F F F F V V F F F F F F F V F F F

(10) Tautologica, come mostra la seguente tavola di verità:

P Q R (P → (Q & R)) → (P → R) V V V V V V V V V V V V V V F V F V F F V V F F V F V V F F F V V V V V V F F V F F F F V V F F F V V F V V V V V F V V F V F F V V F F V F V F F F V F V F F V V F V V F F F F V F F F V F V F

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10 Varzi / Nolt / Rohatyn • Logica 2/ed

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(1) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∼P 2 ∼ (P→ ∼P) 3 P 2 ∼→ 4 ∼∼P 2 ∼→ 5 X 1,3 ∼ (oppure 1,4 ∼ )

(2) Non valida; l’albero di refutazione presenta due cammini aperti:

1 P ∨ Q 2 ∼ (P & Q)

q p 3 P 1 ∨ Q 1 ∨ e i e i 4 ∼P 2 ∼& ∼Q 2 ∼& ∼P 2 ∼& ∼Q 2 ∼& 5 X 3,4 ∼ X 3,4 ∼

(3) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 P → ∼Q 2 ∼∼ (P & Q) 3 P & Q 2 ∼∼ 4 P 3 & 5 Q 3 & e i 6 ∼P 1 → ∼Q 1 → 7 X 4,6 ∼ X 5,6 ∼

(4) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 P 2 ∼ ((P → (Q & P)) → (P & Q)) 3 P → (Q & P) 2 ∼→ 4 ∼ (P & Q) 2 ∼→

q p 5 ∼P 3 → Q & P 3 → 6 X 1,5 ∼ Q 5 & 7 P 5 & e i 8 ∼P 4 ∼& ∼Q 4 ∼& 9 X 1,8 ∼ X 1,8 ∼

(5) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 P ∨ Q 2 ∼P 3 ∼Q 4 ∼R e i 5 P Q 1 ∨ 6 X 2,5 ∼ X 3,5 ∼

Esercizio 3.4

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(6) Non valida; tutti i cammini dell’albero di refutazione sono aperti:

1 (Q & R) → P 2 ∼Q 3 ∼R 4 ∼∼P 5 P 4 ∼∼

q p 6 ∼ (Q & R) 1 → P 1 → e i 7 ∼Q 6 ∼& ∼R 6 ∼&

(7) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∼ (P ∨ Q) 2 R ↔ P 3 ∼∼R 4 R 3 ∼∼ 5 ∼P 1 ∼∨ 6 ∼Q 1 ∼∨ e i 7 R 2 ↔ ∼R 2 ↔ 8 P 2 ↔ ∼P 2 ↔ 9 X 5,8 ∼ X 4,7 ∼

(8) Non valida; l’albero di refutazione presenta un cammino aperto:

1 ∼ (P & Q) 2 R ↔ P 3 ∼∼R 4 R 3 ∼∼

q p 5 ∼P 1 ∼& ∼Q 1 ∼& e i e i 6 R 2 ↔ ∼R 2 ↔ R 2 ↔ ∼R 2 ↔ 7 P 2 ↔ ∼P 2 ↔ P 2 ↔ ∼P 2 ↔ 8 X 5,7 ∼ X 4,6 ∼ X 4,6 ∼

(9) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 P ↔ Q 2 Q ↔ R 3 ∼ (P ↔ R)

q p 4 P 1 ↔ ∼P 1 ↔ 5 Q 1 ↔ ∼Q 1 ↔ e i e i 6 ∼Q 2 ↔ Q 2 ↔ Q 2 ↔ ∼Q 2 ↔ 7 ∼R 2 ↔ R 2 ↔ R 2 ↔ ∼R 2 ↔ 8 X 5,6 ∼ e i X 5,6 ∼ e i 9 P 3 ∼↔ ∼P 3 ∼↔ P 3 ∼↔ ∼P 3 ∼↔ 10 ∼R 3 ∼↔ R 3 ∼↔ ∼R 3 ∼↔ R 3 ∼↔ 11 X 7,10 ∼ X 4,9 ∼ X 4,9 ∼ X 7,10 ∼

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(10) Non valida; l’albero di refutazione presenta un cammino aperto:

1 P → (R ∨ S) 2 (R & S) → Q 3 ∼ (P → Q) 4 P 3 ∼→ 5 ∼Q 3 ∼→

q p 6 ∼P 1 → R ∨ S 1 → 7 X 4,6 q p 8 ∼Q 2 ↔ Q 2 ↔ R 6 ∨ S 6 ∨ 9 ∼R 2 ↔ R 2 ↔ ∼ (R & S) 2 → Q 2 → 10 X 5,6 ∼ e e i X 5,9 ∼ 11 P 3 ∼R 9 ∼& ∼S 9 ∼& 12 P 3 X 8,11 ∼

(1) L’argomentazione ha la forma:

V → ∼A |– ∼A → ∼V

Questa forma non è valida, poiché il suo albero di refutazione presenta un cam-mino aperto:

1 V → ∼A 2 ∼ (∼A → ∼V) 3 ∼A 2 ∼→ 4 ∼∼V 2 ∼→ 5 V 4 ∼∼ e i 6 ∼V 1 → ∼A 1 → 7 X 5,6 ∼

(2) L’argomentazione ha la forma:

I → V |– ∼ I → ∼V

Questa forma non è valida, poiché il suo albero di refutazione ha entrambi i cammini aperti:

1 I → V 2 ∼ (∼ I → ∼V) 3 ∼ I 2 ∼→ 4 ∼∼V 2 ∼→ 5 V 4 ∼∼ e i 6 ∼ I 1 → V 1 →

(3) L’argomentazione ha la forma:

C → ∼ I |– C → ∼ I

Questa forma è banalmente valida, poiché la premessa coincide con la conclu-sione.

(4) L’argomentazione ha la forma:

(C ∨ V) & ∼ (C & V) |– V ↔ ∼C

Esercizio 3.5

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Questa forma è valida, come mostra la seguente tavola di verità:

C V (C ∨ V) & ∼ (C & V) |– V ↔ ∼C V V V V V F F V V V V F F V F V V F V V V F F F V F F V F V V V V F F V V V V F F F F F F V F F F F F V

(5) L’argomentazione ha la forma:

I, I → V, V ↔ ∼A, ∼A → ∼C, C |– ∼ I

Questa forma è valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 I 2 I → V 3 V ↔ ∼A 4 ∼A → ∼C 5 C 6 ∼∼ I

q p 7 ∼ I 2 → V 2 → 8 X 1,7 ∼ e i 9 ∼Q 2 ↔ ∼∼A 4 → ∼C 4 → 10 X 5,6 ∼ e i X 5,9 ∼ 11 V 3 ∼↔ ∼V 3 ∼↔ 12 ∼A 3 ∼↔ ∼∼A 3 ∼↔ 13 X 9,12 ∼ X 7,11 ∼

Capitolo 4 (esercizi alle pp. 119–120)

(1) F → V, ∼V |– ∼F

1 F → V A 2 ∼V A 3 F H (per ∼ I) 4 V 1, 3 →E 5 V & ∼V 2, 4 &I 6 ∼F 3–5 ∼ I

(2) F → ∼∼V, F |– V

1 F → ∼∼V A 2 F A 3 ∼∼V 1, 2 →E 4 V 3 ∼E

(3) F → ∼∼V |– ∼V → ∼F

1 F → ∼∼V A 2 ∼V H (per →I) 3 F H (per ∼ I) 4 ∼∼V 1, 3 →E 5 ∼V & ∼∼V 2, 4 &I 6 ∼F 3–5 ∼ I 7 ∼V → ∼F 2–6 →I

Esercizio 4.1

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(4) F → P, ∼P |– ∼F Quest’argomentazione ha la stessa forma della (1); la sua dimostrazione è quindi identica a quella già fornita (con ‘P’ al posto di ‘V’).

(5) ∼C → ∼F |– ∼ (F & ∼C)

1 ∼C → ∼F A 2 F & ∼C H (per ∼ I) 3 ∼C 2 &E 4 ∼F 1, 3 →E 5 F 2 &E 6 F & ∼F 4, 5 &I 7 ∼ (F & ∼C) 2–6 ∼ I

(6) (∼F & V) → ∼P, P, V |– F

1 (∼F & V) → ∼P A 2 P A 3 V A 4 ∼F H (per ∼ I) 5 ∼F & V 3, 4 &I 6 ∼P 1, 5 →E 7 P & ∼P 2, 6 &I 8 ∼∼F 4–7 ∼ I 9 F 8 ∼E

(7) (V & P) → F, F → C, P |– V → C

1 (V & P) → F A 2 F → C A 3 P A 4 V H (per →I) 5 V & P 3, 4 &I 6 F 1, 5 →E 7 C 2, 6 →E 8 V → C 3–7 →I

(8) F ↔ (V & P), ∼P |– ∼F

1 F ↔ (V & P) A 2 ∼P A 3 F H (per ∼ I) 4 F → (V & P) 1 ↔E 5 V & P 3, 4 →E 6 P 5 &E 7 P & ∼P 2, 6 &I 8 ∼F 3–7 ∼ I

(9) F ↔ (V & P) |– V → (P → F)

1 F ↔ (V & P) A 2 V H (per →I) 3 P H (per →I) 4 V & P 2, 3 &I 5 (V & P) → F 1 ↔E 6 F 4, 5 →E 7 P → F 3–6 →I 8 V → (P → F) 2–7 →I

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(10) ∼F ↔ (∼V ∨ ∼P), V & P |– F

1 ∼F ↔ (∼V ∨ ∼P) A 2 V & P A 3 ∼F → (∼V ∨ ∼P) 1 ↔E 4 ∼F H (per ∼ I) 5 ∼V ∨ ∼P 3, 4 →E 6 ∼V H (per →I) 7 ∼V → ∼V 6–6 →I 8 ∼P H (per →I) 9 V H (per ∼ I) 10 P 2 &E 11 P & ∼P 8, 10 &I 12 ∼V 9–11 ∼ I 13 ∼P → ∼V 8–12 →I 14 ∼V 5, 7, 13 ∨E 15 V 2 &E 16 V & ∼V 14, 15 &I 17 ∼∼F 4–16 ∼ I 18 F 17 ∼E

(1) ∼P |– P → Q

1 ∼P A 2 P H (per →I) 3 ∼Q H (per ∼I) 4 P & ∼P 1, 2 &I 5 ∼∼Q 3–4 ∼I 6 Q 5 ∼E 7 P → Q 2–6 →I

(2) P ↔ Q |– ∼P ↔ ∼Q

1 P ↔ Q A 2 P → Q 1 ↔E 3 ∼Q → ∼P 2 TRAS 4 Q → P 1 ↔E 5 ∼P → ∼Q 4 TRAS 6 ∼P ↔ ∼Q 3, 5 ↔I

(3) ∼P ∨ Q |– ∼ (P & ∼Q)

1 ∼P ∨ Q A 2 ∼P ∨ ∼∼Q 1 DN 3 ∼ (P & ∼Q) 2 DM

(4) P ↔ (Q ∨ R), R |– P

1 P ↔ (Q ∨ R) A 2 R A 3 Q ∨ R 2 ∨I 4 (Q ∨ R) → P 1 ↔E 5 P 3, 4 →E

(5) P → Q, P → ∼Q |– ∼P

1 P → Q A 2 P → ∼Q A 3 P H (per ∼ I)

Esercizio 4.2

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4 Q 1, 3 →E 5 ∼Q 2, 3 →E 6 Q & ∼Q 4, 5 &I 7 ∼P 3–6 ∼ I

(6) P ↔ Q, Q ↔ R |– P ↔ R

1 P ↔ Q A 2 Q ↔ R A 3 P → Q 1 ↔E 4 Q → R 2 ↔E 5 P → R 3, 4 SI 6 Q → P 1 ↔E 7 R → Q 2 ↔E 8 R → P 6, 7 SI 9 P ↔ R 5, 8 ↔I

(7) P → Q |– (P & R) → (Q & R)

1 P → Q A 2 P & R H (per →I) 3 P 2 &E 4 Q 1, 3 →E 5 R 2 &E 6 Q & R 4, 5 &I 7 (P & R) → (Q & R) 2–6 →I

(8) P → Q |– (P ∨ R) → (Q ∨ R)

1 P → Q A 2 P ∨ R H (per →I) 3 P → Q 1 RE 4 R H (per →I) 5 R → R 4–4 →I 6 Q ∨ R 2, 3, 5 DC 7 (P ∨ R) → (Q ∨ R) 2–6 →I

(9) (P → Q) & (P → R) |– P → (Q & R)

1 (P → Q) & (P → R) A 2 (∼P ∨ Q) & (∼P ∨ R) 2 IM (due volte) 3 ∼P ∨ (Q & R) 3 DIST 4 P → (Q & R) 4 IM

(10) P → Q, (P → Q) → (Q → P) |– P ↔ Q

1 P → Q A 2 (P → Q) → (Q → P) A 3 Q → P 1, 2 →E 4 P ↔ Q 1, 3 ↔I

(1) |– P → P

1 P H (per →I) 2 P → P 1–1 →I

(2) |– P → (Q → (P & Q))

1 (P & Q) → (P & Q) IT Esercizio 4.3(1) 2 P → (Q → (P & Q)) 1 ESP

Esercizio 4.3

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Soluzioni agli esercizi supplementari 17

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(3) |– P → ((P → Q) → Q)

1 (P → Q) → (P → Q) IT Esercizio 4.3(1) 2 ((P → Q) & P) → Q 1 ESP 3 (P & (P → Q)) → Q 2 COM 4 P → ((P → Q) → Q) 3 ESP

(4) |– (P → Q) → (∼Q → ∼P)

1 (P → Q) → (P → Q) IT Esercizio 4.3(1) 2 (P → Q) → (∼Q → ∼P) 1 TRAS

(5) |– (P & Q) ∨ (∼P ∨ ∼Q)

1 (P & Q) ∨ ∼ (P & Q) IT 4.36 2 (P & Q) ∨ (∼P ∨ ∼Q) 1 DM

(6) |– Q → (P ∨ ∼P)

1 P ∨ ∼P IT 4.36 2 Q → (P ∨ ∼P) 1 Esercizio risolto 4.28 1

(7) |– (P & ∼P) → Q

1 ∼ (P & ∼P) IT 4.33 2 ∼Q → ∼ (P & ∼P) 1 Esercizio risolto 4.28 3 (P & ∼P) → Q 2 TRAS

(8) |– P ∨ (P → Q)

1 P ∨ ∼P IT 4.36 2 (P ∨ ∼P) ∨ Q 1 ∨I 3 P ∨ (∼P ∨ Q) 2 ASSOC 4 P ∨ (P → Q) 3 IM

(9) |– ∼P ∨ (Q → P)

1 ∼P ∨ (∼P → ∼Q) IT Esercizio 4.3(8) 2 ∼P ∨ (Q → P) 1 TRAS

(10) |– (P → Q) ∨ (Q → P)

1 Q ∨ ∼Q IT 4.36 2 ∼P ∨ (Q ∨ ∼Q) 1 ∨I 4 (∼P ∨ (Q ∨ ∼Q)) ∨ P 3 ∨I 4 (∼P ∨ Q) ∨ (∼Q ∨ P) 4 ASSOC (due volte) 5 (P → Q) ∨ (Q → P) 6 IM (due volte)

(1) ∼ (P & Q) ↔ (∼P ∨ ∼Q)

1 ∼ (P & Q) H (per →I) 2 ∼P ∨ ∼Q 1 Esercizio risolto 4.23 3 ∼ (P & Q) → (∼P ∨ ∼Q) 1–2 →I 4 ∼P ∨ ∼Q H (per →I) 5 ∼ (P & Q) 4 Esercizio risolto 4.21 6 (∼P ∨ ∼Q) → ∼ (P & Q) 4–5 →I 7 ∼ (P & Q) ↔ (∼P ∨ ∼Q) 3, 6 ↔I

1 Se parte di una derivazione è già stata dimostrata, scriviamo direttamente la sua conclusione indi-cando soltanto i numeri delle righe in cui compaiono le formule utilizzate come premesse e citando l’Esercizio (risolto o supplementare) corrispondente.

Esercizio 4.4

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(2) ∼ (P ∨ Q) ↔ (∼P & ∼Q)

1 ∼ (P ∨ Q) H (per →I) 2 ∼P & ∼Q 1 Esercizio risolto 4.24 3 ∼ (P ∨ Q) → (∼P & ∼Q) 1–2 →I 4 ∼P & ∼Q H (per →I) 5 P ∨ Q H (per ∼ I) 6 P H (per →I) 7 ∼P 4 &E 8 P & ∼P 6, 7 &I 9 P → (P & ∼P) 6–8 →I 10 Q H (per →I) 11 ∼ (P & ∼P) H (per ∼ I) 12 ∼Q 4 &E 13 Q & ∼Q 10, 12 &I 14 ∼∼ (P & ∼P) 11–13 ∼ I 15 P & ∼P 14 ∼E 16 Q → (P & ∼P) 10–15 →I 17 P & ∼P 5, 9, 16 ∨E 18 ∼ (P ∨ Q) 5–17 ∼ I 19 (∼P & ∼Q) → ∼ (P ∨ Q) 4–18 →I 20 ∼ (P ∨ Q) ↔ (∼P & ∼Q) 3, 19 ↔I

(3) (P ∨ Q) ↔ (Q ∨ P)

1 P ∨ Q H (per →I) 2 Q ∨ P 1 Esercizio risolto 4.16 3 (P ∨ Q) → (Q ∨ P) 1–2 →I 4 Q ∨ P H (per →I) 5 P ∨ Q 4 Esercizio risolto 4.16 6 (Q ∨ P) → (P ∨ Q) 4–5 →I 7 (P ∨ Q) ↔ (Q ∨ P) 3, 6 ↔I

(4) (P & Q) ↔ (Q & P)

1 P & Q H (per →I) 2 Q & P 1 Esercizio risolto 4.3 3 (P & Q) → (Q & P) 1–2 →I 4 Q & P H (per →I) 5 P & Q 4 Esercizio risolto 4.3 6 (Q & P) → (P & Q) 4–5 →I 7 (P & Q) ↔ (Q & P) 3, 6 ↔I

(5) (P ∨ (Q ∨ R)) ↔ ((P ∨ Q) ∨ R)

1 P ∨ (Q ∨ R) H (per →I) 2 P H (per →I) 3 P ∨ Q 2 ∨I 4 (P ∨ Q) ∨ R 3 ∨I 5 P → ((P ∨ Q) ∨ R) 2–4 →I 6 Q ∨ R H (per →I) 7 Q H (per →I) 8 P ∨ Q 7 ∨I 9 (P ∨ Q) ∨ R 8 ∨I 10 Q → ((P ∨ Q) ∨ R) 2–4 →I 11 R H (per →I) 12 (P ∨ Q) ∨ R 11 ∨I 13 R → ((P ∨ Q) ∨ R) 2–4 →I 14 (P ∨ Q) ∨ R 6, 10, 13 ∨E

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15 (Q ∨ R) → ((P ∨ Q) ∨ R) 6–14 →I 16 (P ∨ Q) ∨ R 1, 5, 15 ∨E 17 (P ∨ (Q ∨ R)) → ((P ∨ Q) ∨ R) 1–16 →I 18 (P ∨ Q) ∨ R H (per →I) 19 P ∨ Q H (per →I) 20 P H (per →I) 21 P ∨ (Q ∨ R) 20 ∨I 22 P → (P ∨ (Q ∨ R)) 20–21 →I 23 Q H (per →I) 24 Q ∨ R 23 ∨I 25 P ∨ (Q ∨ R) 24 ∨I 26 Q → (P ∨ (Q ∨ R)) 23–25 →I 27 P ∨ (Q ∨ R) 19, 22, 26 ∨E 28 (P ∨ Q) → (P ∨ (Q ∨ R)) 19–27 →I 29 R H (per →I) 30 Q ∨ R 29 ∨I 31 P ∨ (Q ∨ R) 30 ∨I 32 R → (P ∨ (Q ∨ R)) 2–4 →I 33 P ∨ (Q ∨ R) 18, 28, 32 ∨E 34 ((P ∨ Q) ∨ R) → (P ∨ (Q ∨ R)) 18–33 →I 35 (P ∨ (Q ∨ R)) ↔ ((P ∨ Q) ∨ R) 17, 34 ↔I

(6) (P & (Q & R)) ↔ ((P & Q) & R)

1 P & (Q & R) H (per →I) 2 P 1 &E 3 Q & R 1 &E 4 Q 3 &E 5 P & Q 2, 4 &I 6 R 3 &E 7 (P & Q) & R 5, 6 &I 8 (P & (Q & R)) → ((P & Q) & R) 1–7 →I 9 (P & Q) & R H (per →I) 10 P & Q 9 &E 11 Q 10 &E 12 R 9 &E 13 Q & R 2, 4 &I 14 P 10 &E 15 P & (Q & R) 13, 14 &I 16 ((P & Q) & R) → (P & (Q & R)) 9–15 →I 17 (P & (Q & R)) ↔ ((P & Q) & R) 8, 16 ↔I

(7) (P & (Q ∨ R)) ↔ ((P & Q) ∨ (P & R))

1 P & (Q ∨ R) H (per →I) 2 P 1 &E 3 Q ∨ R 1 &E 4 Q H (per →I) 5 P & Q 2, 4 &I 6 (P & Q) ∨ (P & R) 5 ∨I 7 Q → ((P & Q) ∨ (P & R)) 4–6 →I 8 R H (per →I) 9 P & R 2, 8 &I 10 (P & Q) ∨ (P & R) 9 ∨I 11 R → ((P & Q) ∨ (P & R)) 8–10 →I 12 (P & Q) ∨ (P & R) 3, 7, 11 ∨E 13 (P & (Q ∨ R)) → ((P & Q) ∨ (P & R)) 1–12 →I

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14 (P & Q) ∨ (P & R) H (per →I) 15 P & (Q ∨ R) 14 Esercizio risolto 4.17 16 (P & Q) ∨ (P & R) → (P & (Q ∨ R)) 14–15 →I 17 (P & (Q ∨ R)) ↔ ((P & Q) ∨ (P & R)) 13, 16 ↔I

(8) (P ∨ (Q & R)) ↔ ((P ∨ Q) & (P ∨ R))

1 P ∨ (Q & R) H (per →I) 2 P H (per →I) 3 P ∨ Q 2 ∨I 4 P ∨ R 2 ∨I 5 (P ∨ Q) & (P ∨ R) 3, 4 &I 6 P → ((P ∨ Q) & (P ∨ R)) 2–5 →I 7 Q & R H (per →I) 8 Q 7 &E 9 P ∨ Q 8 ∨I 10 R 7 &E 11 P ∨ R 10 ∨I 12 (P ∨ Q) & (P ∨ R) 9, 11 &I 13 (Q & R) → ((P ∨ Q) & (P ∨ R)) 7–12 →I 14 (P ∨ Q) & (P ∨ R) 1, 6, 13 ∨E 15 (P ∨ (Q & R)) → ((P ∨ Q) & (P ∨ R)) 1–14 →I 16 (P ∨ Q) & (P ∨ R) H (per →I) 17 ∼ (P ∨ (Q & R)) H (per ∼ I) 18 ∼P & ∼ (Q & R)) 17 Esercizio risolto 4.24 19 ∼P 18 &E 20 P ∨ Q 16 &E 21 Q 19, 20 Esercizio risolto 4.30 22 P ∨ R 16 &E 23 R 19, 22 Esercizio risolto 4.30 24 Q & R 21, 23 &I 25 ∼ (Q & R) 18 &E 26 (Q & R) & ∼ (Q & R) 24, 25 &I 27 ∼∼ (P ∨ (Q & R)) 17–26 ∼ I 28 P ∨ (Q & R) 27 ∼E 29 ((P ∨ Q) & (P ∨ R)) → (P ∨ (Q & R)) 16–28 →I 30 (P ∨ (Q & R)) ↔ ((P ∨ Q) & (P ∨ R)) 15, 29 ↔I

(9) (P → Q) ↔ (∼Q → ∼P)

1 P → Q H (per →I) 2 ∼Q H (per →I) 3 P H (per ∼ I) 4 Q 1, 3 →E 5 Q & ∼Q 2, 4 &I 6 ∼P 3–5 ∼ I 7 ∼Q → ∼P 2–6 →I 8 (P → Q) → (∼Q → ∼P) 1–7 →I 9 ∼Q → ∼P H (per →I) 10 P H (per →I) 11 ∼Q H (per ∼ I) 12 ∼P 9, 11 →E 13 P & ∼P 2, 4 &I 14 ∼∼Q 11–13 ∼ I 15 Q 14 ∼E 16 P → Q 10–15 →I 17 (∼Q → ∼P) → (P → Q) 9–16 →I 18 (P → Q) ↔ (∼Q → ∼P) 8, 17 ↔I

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(10) (P → Q) ↔ (∼P ∨ Q)

1 P → Q H (per →I) 2 ∼P ∨ Q 1 Esercizio risolto 4.22 3 (P → Q) → (∼P ∨ Q) 1–2 →I 4 ∼P ∨ Q H (per →I) 5 ∼P H (per →I) 6 P → Q 5 Esercizio 4.2(1) 7 ∼P → (P → Q) 5–6 →I 8 Q H (per →I) 9 P → Q 8 Esercizio risolto 4.28 10 Q → (P → Q) 8–9 →I 11 P → Q 4, 7, 10 ∨E 12 (∼P ∨ Q) → (P → Q) 4–11 →I 13 (P → Q) ↔ (∼P ∨ Q) 3, 12 ↔I

(11) (P → Q) ↔ ∼ (P & ∼Q)

1 P → Q H (per →I) 2 P & ∼Q H (per ∼ I) 3 P 2 &E 4 Q 1, 3 →E 5 ∼Q 2 &E 6 Q & ∼Q 4, 5 &I 7 ∼ (P & ∼Q) 2–6 ∼ I 8 (P → Q) → ∼ (P & ∼Q) 1–7 →I 9 ∼ (P & ∼Q) H (per →I) 10 P H (per →I) 11 ∼Q H (per ∼ I) 12 P & ∼Q 10, 11 &I 13 (P & ∼Q) & ∼ (P & ∼Q) 9, 12 &I 14 ∼∼Q 11–13 ∼ I 15 Q 14 ∼E 16 P → Q 10–15 →I 17 ∼ (P & ∼Q) → (P → Q) 9–16 →I 18 (P → Q) ↔ (∼P ∨ Q) 8, 17 ↔I

(12) ((P & Q) → R) ↔ (P → (Q → R))

1 (P & Q) → R H (per →I) 2 P → (Q → R) 1 Esercizio risolto 4.15 3 ((P & Q) → R) → (P → (Q → R)) 1–2 →I 4 P → (Q → R) H (per →I) 5 P & Q H (per →I) 6 P 5 &E 7 Q → R 4, 6 →E 8 Q 5 &E 9 R 7, 8 →E 10 (P & Q) → R 5–9 →I 11 (P → (Q → R)) → ((P & Q) → R) 4–10 →I 12 ((P & Q) → R) ↔ (P → (Q → R)) 3, 11 ↔I

(13) P ↔ (P & P)

1 P H (per →I) 2 P & P 1, 1 &I 3 P → (P & P) 1–2 →I 4 P & P H (per →I) 5 P 4 &E

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6 (P & P) → P 4–5 →I 7 P ↔ (P & P) 3, 6 ↔I

(14) P ↔ (P ∨ P)

1 P H (per →I) 2 P ∨ P 1 ∨I 3 P → (P ∨ P) 1–2 →I 4 P ∨ P H (per →I) 5 P 5 &E 6 P → P 5–5 →I 7 P 4, 6, 6 ∨E 8 (P ∨ P) → P 4–7 →I 9 P ↔ (P ∨ P) 3, 8 ↔I

(1) |– (P & Q) ↔ ∼ (∼P ∨ ∼Q)

1 ∼ (P & Q) ↔ (∼P ∨ ∼Q) IT Esercizio 4.4(1) 2 ∼∼ (P & Q) ↔ ∼ (∼P ∨ ∼Q) 1 Esercizio 4.2(2) 3 (P & Q) ↔ ∼ (∼P ∨ ∼Q) 2 DN

(2) |– (P ∨ Q) ↔ ∼ (∼P & ∼Q)

1 ∼ (P ∨ Q) ↔ (∼P & ∼Q) IT Esercizio 4.4(2) 2 ∼∼ (P ∨ Q) ↔ ∼ (∼P & ∼Q) 1 Esercizio 4.2(2) 3 (P ∨ Q) ↔ ∼ (∼P & ∼Q) 2 DN

(3) |– (P & Q) ↔ ∼ (P → ∼Q)

1 (P & Q) ↔ ∼ (∼P ∨ ∼Q) IT Esercizio 4.5(1) 2 (P & Q) ↔ ∼ (P → ∼Q) 1 IM

(4) |– (P ∨ Q) ↔ (∼P → Q)

1 (∼P → Q) ↔ (∼∼P ∨ Q) IT Esercizio 4.4(10) 2 (∼P → Q) ↔ (P ∨ Q) 1 DN 3 (P ∨ Q) ↔ (∼P → Q) 2 Esercizio risolto 4.11

(5) |– P ↔ ((P & Q) ∨ (P & ∼Q))

1 P H (per →I) 2 Q ∨ ∼Q IT 4.36 3 P & (Q ∨ ∼Q) 1, 2 &I 4 (P & Q) ∨ (P & ∼Q) 3 DIST 5 P → ((P & Q) ∨ (P & ∼Q)) 1-4 →I 6 (P & Q) ∨ (P & ∼Q) H (per →I) 7 P & (Q ∨ ∼Q) 6 DIST 8 P 7 &E 9 ((P & Q) ∨ (P & ∼Q)) → P 6-8 →I 10 P ↔ ((P & Q) ∨ (P & ∼P)) 5, 9 ↔I

(6) |– ∼ (P → Q) ↔ (P & ∼Q)

1 (P → Q) ↔ ∼ (P & ∼Q) IT Esercizio 4.4(11) 2 ∼ (P → Q) ↔ ∼∼ (P & ∼Q) 1 Esercizio 4.2(2) 3 ∼ (P → Q) ↔ (P & ∼Q) 2 DN

(7) |– (P ↔ Q) ↔ ((P & Q) ∨ (∼P & ∼Q))

1 P ↔ Q H (per →I) 2 P → Q 1 ↔E

Esercizio 4.5

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3 P → (P & Q) 2 ASS 4 Q → P 1 ↔E 5 ∼P → ∼Q 4 TRAS 6 ∼P → (∼P & ∼Q) 5 ASS 7 P ∨ ∼P IT 4.36 8 (P & Q) ∨ (∼P & ∼Q) 3, 6, 7 DC 9 (P ↔ Q) → ((P & Q) ∨ (∼P & ∼Q)) 1–8 →I 10 (P & Q) ∨ (∼P & ∼Q) H (per →I) 11 P & Q H (per →I) 12 P 11 &E 13 Q → P 12 Esercizio risolto 4.28 14 Q 11 &E 15 P → Q 14 Esercizio risolto 4.28 16 P ↔ Q 13, 15 ↔I 17 (P & Q) → (P ↔ Q) 11–16 →I 18 ∼P & ∼Q H (per →I) 19 ∼P 18 &E 20 ∼Q → ∼P 19 Esercizio risolto 4.28 20 P → Q 20 TRAS 21 ∼Q 18 &E 22 ∼P → ∼Q 21 Esercizio risolto 4.28 23 Q → P 22 TRAS 24 P ↔ Q 20, 23 ↔I 25 (∼P & ∼Q) → (P ↔ Q) 18–24 →I 26 P ↔ Q 10, 17, 25 ∨E 27 ((P & Q) ∨ (∼P & ∼Q)) → (P ↔ Q) 10–26 →I 28 (P ↔ Q) ↔ ((P & Q) ∨ (∼P & ∼Q)) 9, 27 ↔I

(8) |– ∼ (P ↔ Q) ↔ ((∼P & Q) ∨ (P & ∼Q))

1 ∼ ((∼P & Q) ∨ (P & ∼Q)) H (per →I) 2 ∼ ((Q & ∼P) ∨ (P & ∼Q)) 1 COM 3 ∼ (∼ (Q →P) ∨ ∼ (P →Q)) 2 IE Esercizio 4.5(6) (due v.) 4 (Q → P) & (P → Q) 3 IE Esercizio 4.5(1) 5 Q → P 4 &E 6 P → Q 4 &E 7 P ↔ Q 5, 6 ↔I 8 ∼ ((∼P & Q) ∨ (P & ∼Q)) → (P ↔ Q) 1–7 →I 9 P ↔ Q H (per →I) 10 P → Q 9 ↔E 11 Q → P 9 ↔E 12 (Q → P) & (P → Q) 10, 11 &I 13 ∼ (∼ (Q →P) ∨ ∼ (P →Q)) 12 IE Esercizio 4.5(1) 14 ∼ ((Q & ∼P) ∨ (P & ∼Q)) 13 IE Esercizio 4.5(6) (due v.) 15 ∼ ((∼P & Q) ∨ (P & ∼Q)) 14 COM 16 (P ↔ Q) → ∼ ((∼P & Q) ∨ (P & ∼Q)) 9–15 →I 17 (P ↔ Q) ↔ ∼ ((∼P & Q) ∨ (P & ∼Q)) 8, 16 ↔I 18 ∼ (P ↔ Q) ↔ ∼∼ ((∼P & Q) ∨ (P & ∼Q)) 17 Esercizio 4.2(2) 19 ∼ (P ↔ Q) ↔ ((∼P & Q) ∨ (P & ∼Q)) 18 DN

(9) |– (P & ∼P) ↔ (Q & ∼Q)

1 ∼ (P & ∼P) H (per →I) 2 ∼ (Q & ∼Q) IT 4.33 3 ∼ (P & ∼P) → ∼ (Q & ∼Q) 1-2 →I 4 ∼ (Q & ∼Q) H (per →I) 5 ∼ (P & ∼P) IT 4.33 6 ∼ (Q & ∼Q) → ∼ (P & ∼P) 4-5 →I

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7 ∼ (P & ∼P) ↔ ∼ (Q & ∼Q) 3, 6 ↔I 8 ∼∼ (P & ∼P) ↔ ∼∼ (Q & ∼Q) 7 Esercizio 4.2(2) 9 (P & ∼P) ↔ (Q & ∼Q) 8 DN (due volte)

(10) |– (P ∨ ∼P) ↔ (Q ∨ ∼Q)

1 P ∨ ∼P H (per →I) 2 Q ∨ ∼Q IT 4.36 3 (P ∨ ∼P) → (Q ∨ ∼Q) 1-2 →I 4 Q ∨ ∼Q H (per →I) 5 P ∨ ∼P IT 4.36 6 (Q ∨ ∼Q) → (P ∨ ∼P) 4-5 →I 7 (P ∨ ∼P) ↔ (Q ∨ ∼Q) 3, 6 ↔I

Capitolo 5 (esercizi alle pp. 149–150)

(1) Ogni I non è P. ∴ Qualche I è non-P.

(Usiamo ‘I’ per ‘individuo’ e ‘P’ per ‘perfetto’, ovvero, in forma canonica, ‘cosa perfetta’.) La premessa è un’asserzione categorica della forma E, che ha il se-guente diagramma di Venn:

La conclusione, che è della forma I con predicato complementare, ha invece il diagramma seguente:

(si veda l’Esercizio risolto 5.9). Poiché il primo diagramma non dice nulla circa la porzione del cerchio I esterna a P, mentre nel secondo vi compare un ‘×’, l’infe-renza non è valida. (Lo sarebbe se si assumesse che ogni termine designa un in-sieme non vuoto, come nella logica aristotelica. In tal caso, infatti, l’insieme I dovrebbe contenere almeno un elemento e, data la premessa, dovrebbe per forza di cose trovarsi nella parte contrassegnata dal segno ‘×’.)

(2) Ogni I non è P. ∴ ∼(Ogni I è P).

Come in (1), la premessa è della forma E. La conclusione è la negazione di una forma A, il cui diagramma è:

Esercizio 5.1

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(si veda l’Esercizio risolto 5.12). Ci troviamo pertanto nella medesima situazione di (1): l’inferenza non è valida.

(3) Ogni I non è P. ∴ Ogni I è non-P.

Anche in questo caso la premessa è della forma E, come in (1). La conclusione è un’asserzione della forma A con predicato complementare e afferma che l’insie-me I è un sottoinsieme del complemento dell’insieme P; il suo diagramma si ot-tiene quindi oscurando l’area comune ai due cerchi:

(si veda l’Esercizio risolto 5.10). Poiché questo diagramma coincide esattamente con quello della premessa, le due asserzioni sono equivalenti e l’inferenza risulta valida.

(4) Ogni I non è P. ∴ Qualche I non è P.

In questo caso la conclusione è un’asserzione categorica della forma O, il cui dia-gramma è:

Poiché la premessa è immutata, ci troviamo ancora una volta nella situazione di (1) e (2): l’inferenza non è valida.

(5) Ogni V è S. ∴ Qualche V è S.

(Usiamo ‘V’ per ‘verità autocontraddittoria’ e ‘S’ per ‘cosa sorprendente’.) La premessa è un’asserzione categorica della forma A, il cui diagramma si ottiene oscurando la parte del cerchio V esterna al cerchio S:

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La conclusione è la subalterna della premessa: un’asserzione della forma I il cui diagramma contiene un ‘×’ a indicare che gli insiemi V e S hanno almeno un elemento in comune:

La diversità dei diagrammi dimostra che l’inferenza non è valida (benché fosse ritenuta tale nella logica aristotelica).

(6) Ogni M è non-P. ∴ ∼(Qualche M è P).

(Usiamo ‘M’ per ‘miracolo’ e ‘P’ per ‘cosa possibile’.) La premessa è un’asserzio-ne della forma A con predicato complementare, il cui diagramma, come si è vi-sto in (3), si ottiene oscurando l’area comune ai due cerchi:

La conclusione è la negazione di un’asserzione della forma I, ossia di ‘Qualche M è P’. Il diagramma di ‘Qualche M è P’ ha un ‘×’ nell’area comune, e per rappre-sentare la negazione bisogna convertire l’area così contrassegnata in un’area o-scurata. Poiché ciò che si ottiene è un diagramma identico a quello della premes-sa, l’inferenza è valida.

(7) Ogni non-P è M. ∴ ∼(Qualche P è M).

(Qui usiamo ‘M’ per ‘cosa che mi piace’ e ‘P’ per ‘numero pari’ e interpretiamo la conclusione, ‘Non mi piacciono i numeri pari’, come ‘Non c’è alcun numero pari che mi piaccia’.) La premessa è un’asserzione categorica della forma A con soggetto complementare e afferma che il complemento dell’insieme P è inclu-so nell’insieme M. Il suo diagramma si ottiene quindi oscurando quella parte del-l’area esterna al cerchio P che non rientra nel cerchio M, cioè l’area esterna a en-trambi i cerchi:

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(si veda l’Esercizio risolto 5.6). Per contro, la conclusione è la negazione di un’asserzione della forma I, come in (6), e ha il diagramma seguente:

Dato che i diagrammi rappresentano situazioni completamente differenti, l’infe-renza non è valida. Si noti che nella formalizzazione abbiamo identificato ‘numero dispari’ con ‘numero non pari’. Questo è giustificato, dal momento che si tratta di termini complementari, ma naturalmente avremmo anche potuto identificare ‘numero pari’ con ‘numero non dispari’ e formalizzare l’inferenza così:

Ogni D è M. ∴ ∼(Qualche non-D è M).

Il responso, comunque, non sarebbe cambiato. In questo caso, infatti, il dia-gramma della premessa sarebbe:

mentre la conclusione avrebbe il diagramma seguente:

(8) Questa non è un’inferenza diretta ma un’argomentazione (valida) in cui premes-sa e conclusione sono in forma condizionale.

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(9) Ogni R non è E. ∴ Ogni R è non-E.

(‘R’ per ‘referendum’ e ‘E’ per ‘cosa che darà gli esiti desiderati’.) Quest’inferenza è un esempio di obversione e pertanto è valida. Sia la premessa che la conclusio-ne hanno lo stesso diagramma:

(10) Ogni non-C è E. ∴ Ogni non-E non è non-C.

(‘C’ per ‘persona competente’ e ‘E’ per ‘persona che commette errori’.) Anche quest’inferenza, nella quale la conclusione è ottenuta dalla premessa per contrap-posizione e obversione, è valida. Le due asserzioni hanno lo stesso diagramma:

(1) Ogni I è E. Ogni D non è E. ∴ Ogni I non è D.

(Usiamo ‘I’ per ‘persona incompetente’, ‘E’ per ‘persona che commette errori’, e ‘D’ per ‘persona diligente’.) Il diagramma seguente dimostra che si tratta di un sillogismo categorico valido:

Si noti che, diversamente dall’esercizio 5.1(10), qui abbiamo trattato ‘incompe-tente’ alla stregua di un termine semplice. Ciò è dovuto al fatto che nel testo ci siamo limitati a considerare sillogismi in cui non compaiono termini comple-mentari (Paragrafo 5.4). Se volessimo anche qui rappresentare ‘incompetente’ come complementare di ‘competente’, usando ‘non-C’ al posto di ‘I’, il diagram-ma richiederebbe una cornice esterna:

Esercizio 5.2

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Anche così, tuttavia, la validità del sillogismo risulterebbe confermata, poiché rappresentando le premesse si rappresenta automaticamente la conclusione.

(2) Ogni M è A. Ogni A è D. ∴ Ogni M è D.

(Usiamo ‘M’ per ‘cosa detta da Mario’, ‘A’ per ‘cosa assurda’, che equivale ad ‘as-surdità’, e ‘D’ per ‘cosa deplorevole’.) Questo è un sillogismo categorico valido, come mostra il diagramma:

(3) Questo non è un sillogismo categorico, dato che le premesse non sono asserzio-

ni categoriche. (Si tratta tuttavia di un’argomentazione valida.)

(4) Qualche P è F. Qualche P è B. ∴ Qualche F è B.

(Usiamo ‘P’ per ‘persona’, ‘F’ per ‘fumatore’, cioè ‘cosa (persona) che fuma’, e ‘B’ per ‘bevitore’, cioè ‘cosa (persona) che beve’.) Questo è un sillogismo categorico, ma il diagramma mostra che non è valido: la conclusione richiede che ci sia al-meno un ‘×’ all’interno dell’area comune ai cerchi F e B.

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(5) Ogni R è T. Ogni F non è T. ∴ Ogni F non è R.

(Qui usiamo ‘I’ per ‘cosa (persona) che riceverà l’incarico’, ‘T’ per ‘cosa (persona) in grado di portare a termine l’incarico’, e ‘F’ per ‘filosofo’.) Il diagramma mostra che si tratta di un sillogismo categorico valido.

(6) Ogni G non è M.

Qualche G è P. ∴ Ogni P non è M.

(Usiamo ‘G’ per ‘giocatore’, ‘M’ per ‘cosa (persona) che si è fatta male’, e ‘P’ per ‘cosa (persona) che era in panchina’.) Il diagramma mostra che il sillogismo non è valido: la conclusione vorrebbe che l’area comune tra P e M sia oscurata.

(7) Ogni B è F.

Ogni D non è B. ∴ Qualche D non è F.

(Usiamo ‘B’ per ‘cosa bella’, ‘F’ per ‘cosa che deve finire (o che avrà termine)’, e ‘D’ per ‘dittatura’.) Il diagramma mostra che il sillogismo non è valido: la verità della conclusione richiede un ‘×’ nell’area del cerchio D esterna al cerchio F.

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(8) Ogni E è N. Ogni P non è N. ∴ Ogni P non è E.

(Usiamo ‘E’ per ‘elettrone’, ‘N’ per ‘cosa che ha carica negativa’, e ‘P’ per ‘posi-trone’.) Il sillogismo ha la stessa forma di quello in (6) e anche in questo caso il diagramma ne dimostra la validità.

(9) Ogni E è N.

Ogni P non è N. ∴ Qualche P non è E.

Le premesse sono identiche a quelle del sillogismo in (8), quindi il diagramma è identico. In questo caso, però, la conclusione vorrebbe un ‘×’ nell’area del cer-chio P esterna a E. Siccome quell’area è vuota, il sillogismo non è valido.

(10) Ogni R è S.

Qualche S è B. ∴ Qualche R è B.

(Usiamo ‘R’ per ‘suo regalo’, ‘S’ per ‘sorpresa’, e ‘B’ per ‘cosa bellissima’.) Il dia-gramma mostra che il sillogismo non è valido: le premesse sono compatibili con l’esistenza di un elemento comune agli insiemi R e B, ma non la garantiscono.

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(1) Ogni S è P. ∴ Ogni S non è non-P.

Quest’inferenza è un esempio di obversione per la forma A. La conclusione è otte-nuta dalla premessa invertendo la qualità (da affermativa a negativa) e sostituen-do il predicato P con il suo complementare: si afferma che l’insieme S è disgiun-to dal complemento dell’insieme P. Pertanto, il suo diagramma si ottiene oscu-rando la porzione del cerchio S esterna al cerchio P. Poiché il risultato coincide con il diagramma della premessa, l’inferenza è valida.

(2) Ogni S è P. ∴ Ogni non-P è non-S.

Quest’inferenza è un esempio di contrapposizione per la forma A. La conclusione è ottenuta dalla premessa sostituendo il soggetto con il complementare del predi-cato e il predicato con il complementare del soggetto: si afferma che il comple-mento dell’insieme P è incluso nel complemento dell’insieme S, cioè che è di-sgiunto da S. Pertanto, il suo diagramma si ottiene oscurando la porzione esterna al cerchio P che giace all’interno del cerchio S. Il risultato è esattamente il dia-gramma di un’asserzione della forma A, cioè della premessa, come in (1), quindi l’inferenza è valida.

(3) Ogni S non è non-P. ∴ Ogni S è P.

Quest’inferenza consiste delle stesse asserzioni della (1), sebbene l’ordine sia scambiato. Poiché si è visto che i loro diagrammi coincidono, l’inferenza è vali-da. (È un altro esempio di obversione.)

(4) Qualche S è P. ∴ Qualche S non è non-P .

Quest’inferenza è un esempio di obversione per la forma I. Il diagramma della conclusione si ottiene indicando con un ‘×’ che l’insieme S ha almeno un ele-mento che non si trova nel complemento dell’insieme P. Poiché ciò equivale a scrivere ‘×’ nell’area comune ai due cerchi, il risultato coincide con il diagramma della premessa, dimostrando che l’inferenza è valida.

(5) Qualche S non è non-P. ∴ Qualche S è P.

Esercizio 5.3

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Quest’inferenza consiste delle stesse asserzioni della (4), sebbene l’ordine sia scambiato. Poiché si è visto che i loro diagrammi coincidono, l’inferenza è vali-da. (È un altro esempio di obversione.)

(6) Qualche S non è P. ∴ Qualche non-P non è non-S.

Quest’inferenza è un esempio di contrapposizione per la forma O. Il diagramma della conclusione si ottiene indicando con un ‘×’ che il complemento dell’insie-me P contiene almeno un elemento che non appartiene al complemento dell’in-sieme S, e quindi che appartiene a S. Poiché il risultato coincide con il diagram-ma della premessa, l’inferenza è valida.

(7) Qualche S è P. ∴ ∼ (Ogni S non è P).

Quest’inferenza è un esempio di negazione della contraddittoria per la forma I. Il diagramma della conclusione si ottiene dal diagramma per la forma E, di cui è la negazione, rimuovendo l’ombtreggiatura dall’area comune ai due cerchi e sosti-tuendola con un ‘×’. Il risultato coincide con il diagramma della premessa, già fornito in (4), quindi l’inferenza è valida.

(8) ∼ (Ogni S non è P). ∴ Qualche S è P.

Quest’inferenza consiste delle stesse asserzioni della (7), sebbene l’ordine sia scambiato. Poiché si è visto che i loro diagrammi coincidono, l’inferenza è va-lida.

(9) Ogni S non è P. ∴ ∼ (Qualche S è P).

Quest’inferenza è un esempio di negazione della contraddittoria per la forma E. Il diagramma della conclusione si ottiene dal diagramma per la forma I, di cui è la negazione, rimuovendo il segno ‘×’ e oscurando l’area comune ai due cerchi. Il risultato coincide con il diagramma della premessa, quindi l’inferenza è valida.

(10) ∼ (Qualche S è P). ∴ Ogni S non è P.

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Quest’inferenza consiste delle stesse asserzioni della (9), sebbene l’ordine sia scambiato. Poiché si è visto che i loro diagrammi coincidono, l’inferenza è va-lida.

(1) Qualche S non è P. ∴ Qualche P non è S.

Il confronto del diagramma della premessa (a sinistra) con il diagramma della conclusione (a destra) dimostra che l’inferenza non è valida.

(2) Qualche S è P. ∴ Qualche non-P è non-S.

Il confronto del diagramma della premessa (a sinistra) con il diagramma della conclusione (a destra) dimostra che l’inferenza non è valida.

(3) ∼(Qualche S non è P). ∴ Qualche S è P.

Il confronto del diagramma della premessa (a sinistra) con il diagramma della conclusione (a destra) dimostra che l’inferenza non è valida.

(4) Ogni S è P ∴ ∼(Ogni S non è P)

Il confronto del diagramma della premessa (a sinistra) con il diagramma della conclusione (a destra) dimostra che l’inferenza non è valida. Si noti che i dia-grammi coincidono con quelli di (3): si tratta infatti di due inferenze costituite da asserzioni equivalenti ottenute per negazione della contraddittoria (si veda l’Esercizio 5.3(7)).

Esercizio 5.4

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(5) ∼(Qualche S è P). ∴ Qualche S non è P.

Il confronto del diagramma della premessa (a sinistra) con il diagramma della conclusione (a destra) dimostra che l’inferenza non è valida.

(1) La forma EIO della prima figura è la seguente:

Ogni G non è H. Qualche F è G. ∴ Qualche F non è H.

Il diagramma determinato dalle premesse è riportato di seguito. Poiché il segno ‘×’ si trova all’interno del cerchio F ma all’esterno del cerchio H, il diagramma rappresentata correttamente anche la conclusione. Ciò dimostra la validità della forma in esame.

(2) La forma EAE della seconda figura è la seguente::

Ogni H non è G. Ogni F è G. ∴ Ogni F non è H.

Il diagramma determinato dalle premesse è riportato di seguito. Poiché l’area comune ai cerchi F e H è oscurata, indicando che non contiene alcun elemento, il diagramma rappresentata correttamente anche la conclusione. Ciò dimostra la validità della forma.

Esercizio 5.5

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(3) La forma EIO della seconda figura è la seguente:

Ogni H non è G. Qualche F è G. ∴ Qualche F non è H.

Il diagramma determinato dalle premesse di questa forma è identico a quello in (1). (Ciò è dovuto al fatto che la prima premessa è identica e la seconda è equiva-lente, essendo ottenuta per conversione.) Poiché anche la conclusione è identica, se ne deduce che la forma è altrettanto valida.

(4) La forma AOO della seconda figura è la seguente:

Ogni H è G. Qualche F non è G. ∴ Qualche F non è H.

Il diagramma determinato dalle premesse è riportato di seguito. Poiché il segno ‘×’ si trova all’interno del cerchio F e all’esterno del cerchio H, il diagramma rappresentata correttamente anche la conclusione. Ciò dimostra la validità della forma.

(5) La forma IAI della terza figura è la seguente:

Qualche G è H. Ogni G è F. ∴ Qualche F è H.

Il diagramma determinato dalle premesse è riportato di seguito. In questo caso notiamo che il segno ‘×’, che in base alla prima premessa potrebbe giacere da ambo i lati della linea di confine, deve per forza trovarsi all’interno del cerchio F. Dal momento che appartiene anche ad H, se ne deduce che il diagramma rap-presentata correttamente la conclusione, dimostrando la validità della forma in esame.

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(6) La forma AII della terza figura è la seguente:

Ogni G è H. Qualche G è F. ∴ Qualche F è H.

Il diagramma determinato dalle premesse rappresentata correttamente anche la conclusione, quindi la forma è valida.

(7) La forma EIO della terza figura è la seguente:

Ogni G non è H. Qualche G è F. ∴ Qualche F non è H.

Il diagramma determinato dalle premesse è identico a quello in (1). Poiché anche la conclusione è identica, se ne deduce che la forma è altrettanto valida.

(8) La forma AEE della quarta figura è la seguente:

Ogni H è G. Ogni G non è F. ∴ Ogni F non è H.

Il diagramma determinato dalle premesse rappresentata correttamente anche la conclusione, quindi la forma è valida.

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(9) La forma IAI della quarta figura è la seguente:

Qualche H è G. Ogni G è F. ∴ Qualche F è H.

Il diagramma determinato dalle premesse è identico a quello in (5). Poiché anche la conclusione è identica, se ne deduce che la forma è altrettanto valida.

(10) La forma EIO della quarta figura è la seguente:

Ogni H non è G. Qualche G è F. ∴ Qualche F non è H.

Il diagramma determinato dalle premesse è identico a quello in (1). Poiché anche la conclusione è identica, se ne deduce che la forma è altrettanto valida.

(1) La forma AAI della terza figura è la seguente:

Ogni G è H. Ogni G è F. ∴ Qualche F è H.

Il diagramma determinato dalle premesse, ciascuna delle quali è un’asserzione universale (affermativa), è riportato di seguito. Poiché non vi compare alcun ‘×’, e in particolar modo alcun ‘×’ nella parte comune ai cerchi F e H, ne segue che il diagramma non rappresenta correttamente la conclusione, quindi la forma in esame è invalida. Si noti tuttavia che se l’insieme G fosse necessariamente non-vuoto, come si presuppone nella logica aristotelica, la parte comune a G e a F conterrebbe almeno un elemento, e quest’elemento sarebbe per forza di cose incluso in H. In tal caso, la conclusione sarebbe vera e la forma argomentativa risulterebbe valida.

(2) La forma EAO della terza figura è la seguente:

Ogni G non è H. Ogni G è F. ∴ Qualche F non è H.

Il diagramma determinato dalle premesse è riportato di seguito. Poiché non vi compare alcun ‘×’, e in particolar modo alcun ‘×’ nella parte del cerchio F che giace all’esterno del cerchio H, ne segue che il diagramma non rappresenta cor-rettamente la conclusione, quindi la forma è invalida. Anche in questo caso, tut-tavia, la forma risulterebbe valida nella logica aristotelica. Infatti, se l’insieme G fosse necessariamente non-vuoto, la parte comune a G e a F conterrebbe alme-no un elemento, e quest’elemento sarebbe per forza di cose esterno ad H, ren-dendo vera la conclusione.

Esercizio 5.6

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(3) La forma AAI della quarta figura è la seguente:

Ogni H è G. Ogni G è F. ∴ Qualche F è H.

Il diagramma determinato dalle premesse, riportato di seguito, non contiene al-cun ‘×’, e in particolar modo alcun ‘×’ nella parte comune ai cerchi F e H. Ne se-gue che il diagramma non rappresenta correttamente la conclusione, quindi la forma è invalida. Sarebbe valida nella logica aristotelica in quanto l’insieme H conterrebbe almeno un elemento, e quest’elemento sarebbe per forza di cose in-cluso in F, rendendo vera la conclusione.

Capitolo 6 (esercizi alle pp. 190–192)

(1) Ca & Cb (2) Cb & Ib (3) ∀x(Cx → Abx) (4) ∀x(Abx → Cx) (5) ∀x((Cx & Axx) → Dax) (6) Ib & ∀x(Cx → Dbx) (7) Cb & ∃x(Ix & Dxb) (8) ∀x((Cx & Abx) → Aax) (9) ∀x((Cx & Aax) → Abx) (10) ∀x(Cx → (Aax ↔ Abx)) (11) ∀x((Cx & Abx) → Aax). Quest’enunciato è una variante grammaticale di (8). (12) ∀x∀y(((Cx & Ix) & (Cy & ∼ Iy)) → Pbxy) (13) ∃x∀y((Cy & Iy) → Axy) (14) ∼∀x∀y((Cy & Iy) → Axy) (15) ∼∀x(Ix → ∀y(Cy → Axy))

Esercizio 6.1

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(16) ∀x(Ix → ∃y(Cy & Axy)) (17) ∃x(Ix & ∀y(Cy → Dxy)) (18) ∀x((Cx & Abx) → ∀y(Iy → Dxy)) (19) ∃x(Ix & ∀y((Cy & Aby) → Dxy)) (20) ∀x(Cx → (∀y(Iy → Dyx) ↔ Abx)) (21) ∀x(Cx → (Abx ↔ ∀y(Iy → Dyx))) (22) ∃x((Cx & (Abx & ∀y(Iy → Ayx))) & Dax) (23) ∀x((Ix & ∀y(Cy → Dxy)) → ∀yDxy) (24) ∼∃x(Ix & ∼∃y(Cy & Dxy)) (25) ∀x((Ix & ∼∃y(Cy & Axy)) → Dbx) (26) ∀x((Ix & ∀y(Cy → Axy)) → Dbx) & ∀x((Ix & ∼∃y(Cy & Axy)) → Dbx) (27) ∀x(Cx → Pabx) (28) ∀x(∼x = b → Pabx) (29) Cb & ∀x((Cx & ∼x = b ) → Pabx) (30) ∀x(Cx → (Dax ↔ ∼x = b )) (31) ∀x((Cx & Ix) → (∼Dax ↔ x = b )) (32) ∃x(Ix & ∀y(Axy ↔ y = x)) (33) ∀x((Ix & Dax) → x = b ) (34) ∀x((Cx & Ix) → (x = a ∨ x = b )) (35) (Ca & Cb) & ∀x(Ix → ∀y((Cy & (∼ y = a & ∼ y = b )) → (Pxay & Pxby)))

(1) Non è una fbf. Le fbf atomiche non vanno racchiuse tra parentesi (regola 1). (2) È una fbf atomica per la regola 1. (3) ‘Fab’ e ‘Ga’ sono fbf atomiche per la regola 1, quindi ‘(Fab → Ga)’ è una fbf per

la regola 3. (4) Non è una fbf. La variabile ‘y’ non è associata ad alcun quantificatore. (5) Per la regola 1, ‘Fab’ è una fbf atomica. Quindi ∼Fab è una fbf per la regola 2.

Due applicazioni della regola 4 mostrano che anche ‘∃x∃y ∼Fxy’ è una fbf. (6) Non è una fbf. Le parentesi vanno introdotte solo insieme a operatori binari. (7) Non è una fbf. La terza occorrenza della variabile ‘x’ non è associata ad alcun

quantificatore. (8) Non è una fbf. Le parentesi vanno introdotte solo insieme a operatori binari (re-

gola 3). (9) ‘Fb’ e ‘a = b’ sono fbf atomiche, rispettivamente per la regola 1 e per la regola di

formazione degli enunciati di identità. Di conseguenza, ‘(Fb → a = b)’ è una fbf per la regola 3, da cui segue che ‘∀x(Fx → a = x)’ è una fbf per la regola 4.

(10) ‘Fb’ e ‘a = b’ sono fbf atomiche (vedi (9)). Ne segue che anche ‘∼a = b’ e quindi ‘(Fb → ∼a = b)’ sono fbf, rispettivamente per la regola 2 e la regola 3. Una dop-pia applicazione della regola 4 consente di concludere che ‘∀x∀y(Fx → ∼ y = x)’ è una fbf.

(1) V (Carola non è tra gli F). (2) V (Carola è più alta di Davide, quindi l’esempio ‘Rca’ è vero rispetto alla a-va-

riante ottenuta interpretando ‘a’ come nome di Davide). (3) F (entrambi gli F sono più alti di Carola, quindi l’esempio ‘Fa & Rca’ è falso ri-

spetto a ogni a-variante del modello dato). (4) F (nessuno è più alto di se stesso, quindi l’esempio ‘∀yRay’ è falso rispetto a

qualunque a-variante). (5) F (Davide non è più alto di nessuno, quindi l’esempio ‘∃yRay’ è falso rispetto a

qualunque a-variante).

Esercizio 6.2

Esercizio 6.3

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Soluzioni agli esercizi supplementari 41

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(6) V (ci sono due elementi che non sono F, Carola e Davide, e per entrambi ci so-no persone più alte, quindi l’esempio ‘∼Fa → ∃yRya’ è vero rispetto a qualunque a-variante).

(7) V (le persone più alte di Carola sono esattamente gli F, quindi l’esempio ‘∀y(Rya ↔ Fy)’ è vero rispetto alla a-variante ottenuta interpretando ‘a’ come nome di Carola).

(8) V (l’esempio ‘((Fa & (Fb & Fc)) & (Rab & Rac))’ è vero rispetto alla variante ot-tenuta interpretando ‘a’ come nome di Aldo e ‘b’ e ‘c’ come nomi di Bruno).

(9) V (l’esempio ‘∀y(∼a = y → Ray)’ è vero rispetto alla a-variante che coincide col modello dato, dove la costante ‘a’ è interpretata come nome di Aldo).

(10) F (l’esempio ‘∃y(∼a = y & Ray)’ è falso rispetto alla a-variante ottenuta interpre-tando la costante ‘a’ come nome di Davide).

(1) Universo: l’insieme {Aldo, Bruno} a Aldo b Bruno F l’insieme {Aldo} Rispetto a questo modello, la premessa ‘Fa’ è vera mentre la conclusione ‘Fb’ è falsa.

(2) Stesso modello descritto in (1): la premessa ‘Fa’ è vera mentre la conclusione ‘∀xFx’ è falsa.

(3) Universo: l’insieme {Aldo, Bruno} a Aldo F l’insieme {Bruno} Rispetto a questo modello, la premessa ‘∃xFx’ è vera mentre la conclusione ‘Fa’ è falsa.

(4) Stesso modello descritto in (1) oppure in (3): in entrambi i casi, la premessa ‘∃xFx’ è vera mentre la conclusione ‘∀xFx’ è falsa.

(5) Universo: l’insieme {Aldo, Bruno} a Aldo F l’insieme {Aldo} G l’insieme {Bruno} Rispetto a questo modello, la premessa ‘∃x(Fx → Ga)’ è vera mentre la conclu-sione ‘∃xFx → Ga’ è falsa.

(6) Stesso modello descritto in (5): la premessa ‘∀xFx → Ga’ è vera mentre la con-clusione ‘∀x(Fx → Ga)’ è falsa.

(7) Stesso modello descritto in (5) (indipendentemente dall’interpretazione della co-stante ‘a’): la premessa ‘∀x( Fx ∨ Gx)’ è vera mentre la conclusione ‘∀xFx ∨ ∀xGx’ è falsa.

(8) Universo: l’insieme {Aldo, Bruno} F l’insieme vuoto G l’insieme {Bruno} Rispetto a questo modello, la premessa ‘∀x( Fx → Gx)’ è vera mentre la conclu-sione ‘∃x( Fx & Gx)’ è falsa.

(9) Universo: l’insieme {Aldo, Bruno} a Aldo b Bruno F l’insieme {Aldo, Bruno} Rispetto a questo modello (dove Aldo e Bruno sono persone diverse), le pre-messe ‘Fa’ e ‘Fb’ sono vere mentre la conclusione ‘a = b’ è falsa.

Esercizio 6.4

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(10) Stesso modello descritto in (9): la premessa ‘Fa ↔ Fb’ è vera mentre la conclu-sione ‘a = b’ è falsa.

(1) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∼∃xFx 2 ∼∼Fa 3 ∀x∼Fx 1∼∃ 4 ∼Fa 3 ∀ 5 X 2,4 ∼

(2) Non valida; l’albero di refutazione si risolve in un cammino aperto:

1 ∼∀xFx 2 ∼∼Fa 3 ∃x∼Fx 1∼∀ 4 ∼Fb 3 ∃ 5 Fa 2 ∼∼

(3) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 Fa 2 ∼∃xFx 3 ∀x∼Fx 2∼∃ 4 ∼Fa 3 ∀ 5 X 1,4 ∼

(4) Non valida; l’albero di refutazione si risolve in un cammino aperto:

1 Fa 2 ∼∀xFx 3 ∃x∼Fx 2∼∀ 4 ∼Fb 3 ∃

(5) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∼ (∀xFx ↔ ∼∃x∼Fx) q p

2 ∀xFx 1 ∼↔ ∼∀xFx 1 ∼↔ 3 ∼∼∃x∼Fx 1 ∼↔ ∼∃x∼Fx 1 ∼↔ 4 ∃x∼Fx 3 ∼∼ ∃x∼Fx 2 ∼∀ 5 ∼Fa 4 ∃ ∀x∼∼Fx 3 ∼∃ 6 Fa 2 ∀ ∼Fa 4 ∃ 7 X 5,6 ∼ ∼∼Fa 6 ∀ 8 X 6,7 ∼

(6) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∼ (∃xFx ↔ ∼∀x∼Fx) q p

2 ∃xFx 1 ∼↔ ∼∃xFx 1 ∼↔ 3 ∼∼∀x∼Fx 1 ∼↔ ∼∀x∼Fx 1 ∼↔ 4 ∀x∼Fx 3 ∼∼ ∀x∼Fx 2 ∼∃ 5 Fa 2 ∃ ∃x∼∼Fx 3 ∼∀ 6 ∼Fa 4 ∀ ∼∼Fa 5 ∃ 7 X 5,6 ∼ ∼Fa 4 ∀ 8 X 6,7 ∼

Esercizio 6.5

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(7) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∼∃xFx 2 ∼∀x(Fx → Gx) 3 ∀x∼Fx 1 ∼∃ 4 ∃x∼ (Fx → Gx) 2 ∼∀ 5 ∼ (Fa → Ga) 4 ∃ 6 Fa 5 ∼→ 7 ∼Ga 4 ∼→ 8 ∼Fa 3 ∀ 9 X 6,8 ∼

(8) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∃x∃y(Fx & Gy) 2 ∼∃x(Fx & ∃yGy) 3 ∀x∼ (Fx & ∃yGy) 2 ∼∃ 4 ∃y(Fa & Gy) 1 ∃ 5 Fa & Gb 4 ∃ 6 Fa 5 & 7 Gb 5 & 8 ∼ (Fa & ∃yGy) 3 ∀

q p 9 ∼Fa 8 ∼& ∼∃xGx 8 ∼& 10 X 6,9 ∼ ∀x∼Gx 9 ∼∃ 11 ∼Gb 10 ∀ 11 X 7,11 ∼

(9) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∃x(Fx & ∃yGy) 2 ∼∃x∃y(Fx & Gy) 3 ∀x∼∃y(Fx & Gy) 2 ∼∃ 4 Fa & ∃yGy 1 ∃ 5 Fa 4 & 6 ∃yGy 4 & 7 Gb 6 ∃ 8 ∼∃y(Fa & Gy) 3 ∀ 9 ∀y∼ (Fa & Gy) 8 ∼∃ 10 ∼ (Fa & Gb) 9 ∀

q p 11 ∼Fa 10 ∼& ∼Gb 10 ∼& 12 X 5,11 ∼ X 7,11 ∼

(10) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∀xFx ∨ ∀xGx 2 ∼∀x(Fx ∨ Gx) 3 ∃x∼ (Fx ∨ Gx) 2 ∼∀ 4 ∼ (Fa ∨ Ga) 3 ∃ 5 ∼Fa 4 ∼∨ 6 ∼Ga 4 ∼∨

q p 7 ∀xFx 1 ∨ ∀xGx 1 ∨ 8 Fa 7 ∀ Ga 7 ∀ 9 X 5,8 ∼ X 6,8 ∼

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(11) Non valida; l’albero di refutazione presenta un cammino aperto:

1 ∀x(Fx ∨ Gx) 2 ∼ (∀xFx ∨ ∀xGx) 3 ∼∀xFx 2 ∼∨ 4 ∼∀xGx 2 ∼∨ 5 ∃x∼Fx 3 ∼∀ 6 ∃x∼Gx 5 ∼∀ 7 ∼Fa 5 ∃ 8 ∼Gb 7 ∃ 9 Fa ∨ Ga 1 ∀ 10 Fb ∨ Gb 1 ∀

q p 11 Fa 9 ∨ Ga 9 ∨ 12 X 7,11 ∼ e i 13 Fb 10 ∨ Gb 10 ∨ 14 X 8,13 ∼

(12) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∀x(Fx → ∀yGy) 2 ∼∀x∀y(Fx → Gy) 3 ∃x∼∀y(Fx → Gy) 2 ∼∀ 4 ∼∀y(Fa → Gy) 3 ∃ 5 ∃y∼ (Fa → Gy) 4 ∼∀ 6 ∼ (Fa → Gb) 5 ∃ 7 Fa 6 ∼→ 8 ∼Gb 6 ∼→ 9 Fa → ∀yGy 1 ∀

q p 10 ∼Fa 9 → ∀yGy 9 → 11 X 7,10 ∼ Gb 10 ∀ 12 X 8,11 ∼

(13) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∼∀x∃y x = y 2 ∃x∼∃y x = y 1 ∼∀ 3 ∼∃y a = y 2 ∃ 4 ∀y∼ a = y 3 ∼∃ 5 ∼ a = a 4 ∀ 6 X 5 ∼=

(14) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∼∀x∀y((Fxy & x = y) → Fyx) 2 ∃x∼∀y((Fxy & x = y) → Fyx) 1 ∼∀ 3 ∼∀y((Fay & a = y) → Fya) 2 ∃ 4 ∃y∼ ((Fay & a = y) → Fya) 3 ∼∀ 5 ∼ ((Fab & a = b) → Fba) 4 ∃ 6 Fab & a = b 5 ∼→ 7 ∼Fba 5 ∼→ 8 Fab 6 & 9 a = b 6 & 10 ∼Faa 7,9 = 11 Faa 8,9 = 12 X 10,11 ∼

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Soluzioni agli esercizi supplementari 45

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(15) Valida, come mostra il seguente albero di refutazione:

1 ∀x(Fx → Gx) 2 Fa 3 ∼ (∼Gb → ∼b = a) 4 ∼Gb 3 ∼→ 5 ∼∼b = a 3 ∼→ 6 b = a 5 ∼∼ 7 Fa → Ga 1 ∀

q p 8 ∼Fa 7 → Ga 7 → 9 X 2,8 ∼ Gb 6,8 = 10 X 4,9 ∼

Capitolo 7 (esercizi alla p. 216)

(1) ∼Fa |– ∼∀xFx 1 ∼Fa A 2 ∀xFx H (per ∼ I) 3 Fa 2 ∀E 4 Fa & ∼Fa 1, 4 &I 5 ∼∀xFx 2–4 ∼ I

(2) ∼∃xFx |– ∼Fa

1 ∼∃xFx A 2 Fa H (per ∼ I) 3 ∃xFx 2 ∃I 4 ∃xFx & ∼∃xFx 1, 3 &I 5 ∼Fa 2–4 ∼ I

(3) ∀xFx |– (Fa & Fb) & (Fc & Fd)

1 ∀xFx A 2 Fa 1 ∀E 3 Fb 1 ∀E 4 Fc 1 ∀E 5 Fd 1 ∀E 6 Fa & Fb 2, 3 &I 7 Fc & Fd 4, 5 &I 8 (Fa & Fb) & (Fc & Fd) 6, 7 &I

(4) ∀xFx |– ∃xFx

1 ∀xFx A 2 Fa 1 ∀E 3 ∃xFx 2 ∃I

(5) ∀x(Fx ∨ Gx), ∼Fa |– Ga

1 ∀x(Fx ∨ Gx) A 2 ∼Fa A 3 Fa ∨ Ga 1 ∀E 4 Ga 2, 3 SD

(6) ∀x(Fx ↔ P), P |– Fa

1 ∀x(Fx ↔ P) A 2 P A

Esercizio 7.1

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3 Fa ↔ P 1 ∀E 4 P → Fa 3 ↔E 5 Fa 2, 4 →E

(7) ∀x∼Fx |– ∀x(Fx → Gx)

1 ∀x∼Fx A 2 Fa H (per →I) 3 ∼Fa 1 ∀E 4 Ga 2, 3 CON 5 Fa → Ga 2–4 →I 6 ∀x(Fx → Gx) 5 ∀I

(8) ∀x∼Fx |– ∀x(Fx → ∼Gx)

1 ∀x∼Fx A 2 Fa H (per →I) 3 ∼Fa 1 ∀E 4 ∼Ga 2, 3 CON 5 Fa → ∼Ga 2–4 →I 6 ∀x(Fx → ∼Gx) 5 ∀I

(9) ∀x(Fx ∨ Gx) |– ∀x(Gx ∨ Fx)

1 ∀x(Fx ∨ Gx) A 2 Fa ∨ Ga 1 ∀E 3 Ga ∨ Fa 2 COM 4 ∀x(Gx ∨ Fx) 3 ∀I

(10) ∀x(Fx ∨ Gx) |– ∃x(Fx ∨ Gx)

1 ∀x(Fx ∨ Gx) A 2 Fa ∨ Ga 1 ∀E 3 ∃x(Fx ∨ Gx) 2 ∃I

(11) ∀x(Fx → Gx) |– ∀x(∼Gx → ∼Fx)

1 ∀x(Fx → Gx) A 2 Fa → Ga 1 ∀E 3 ∼Ga → ∼Fa 2 TRAS 4 ∀x(∼Gx → ∼Fx) 3 ∀I

(12) ∀x(Fx → Gx) |– ∀x Fx → ∀xGx

1 ∀x(Fx → Gx) A 2 ∀x Fx H (per →I) 3 Fa 2 ∀E 4 Fa → Ga 1 ∀E 5 Ga 3, 4 →E 6 ∀xGx 5 ∀I 7 ∀x Fx → ∀x Gx 2–6 →I

(13) ∀x(Fx → Gx) |– ∀x∼Gx → ∀x∼Fx

1 ∀x(Fx → Gx) A 2 ∀x∼Gx H (per →I) 3 ∼Ga 2 ∀E 4 Fa → Ga 1 ∀E 6 ∼Fa 3, 4 MT 7 ∀x∼Fx 6 ∀I 8 ∀x∼Gx → ∀x∼Fx 2–7 →I

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(14) ∀xFx |– ∀xGx → ∀x(Fx & Gx)

1 ∀xFx A 2 ∀xGx H (per →I) 3 Fa 1 ∀E 4 Ga 2 ∀E 5 Fa & Ga 3, 4 &I 6 ∀x(Fx & Gx) 5 ∀I 7 ∀xGx → ∀x(Fx & Gx) 2–6 →I

(15) ∼∃x(Fx & Gx) |– ∀x(∼Fx ∨ ∼Gx)

1 ∼∃x(Fx & Gx) A 2 ∀x∼ (Fx & Gx) 1 SQ 3 ∼ (Fa & Ga) 2 ∀E 4 ∼Fa ∨ ∼Ga 3 DM 5 ∀x(∼Fx ∨ ∼Gx) 4 ∀I

(16) ∼∀x(Fx & Gx) |– ∃x(∼Fx ∨ ∼Gx)

1 ∼∀x(Fx & Gx) A 2 ∃x∼ (Fx & Gx) 1 SQ 3 ∼ (Fa & Ga) H (per ∃E) 4 ∼Fa ∨ ∼Ga 3 DM 5 ∃x(∼Fx ∨ ∼Gx) 4 ∃I 6 ∃x(∼Fx ∨ ∼Gx) 2, 3–5 ∃E

(17) ∃xFx |– ∃x∃y(Fx & Fy)

1 ∃xFx A 2 Fa H (per ∃E) 3 Fa & Fa 2, 2 &I 4 ∃y(Fa & Fy) 3 ∃I 5 ∃x∃y(Fx & Fy) 4 ∃I 6 ∃x∃y(Fx & Fy) 1, 2–5 ∃E

(18) ∃x∀yRyx |– ∀y∃xRyx

1 ∃x∀yRyx A 2 ∀yRya H (per ∃E) 3 Rba 2 ∀E 4 ∃xRbx 3 ∃I 5 ∀y∃xRyx 2 ∀I 6 ∀y∃xRyx 1, 2–5 ∃E

(19) ∀x∀yRxy |– ∀xRxx

1 ∀x∀yRxy A 2 ∀yRay 1 ∀E 3 Raa 2 ∀E 4 ∀xRxx 3 ∀I

(20) ∀x∀y(Rxy → ∼Ryx) |– ∀x∼Rxx

1 ∀x∀y(Rxy → ∼Ryx) A 2 ∀y(Ray → ∼Rya) 1 ∀E 3 Raa → ∼Raa 2 ∀E 4 ∼Raa ∨ ∼Raa 3 IM 5 ∼Raa 4 TAUT 6 ∀x∼Rxx 5 ∀I

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(21) ∀x(Fx → (Gx ∨ Hx)), ∀x ∼Gx |– ∀x(Fx → Hx)

1 ∀x(Fx → (Gx ∨ Hx)) A 2 ∀x ∼Gx A 3 Fa H (per →I) 4 Fa → (Ga ∨ Ha) 1 ∀E 5 Ga ∨ Ha 3, 4 →E 6 ∼Ga 2 ∀E 7 Ha 5, 6 SD 8 Fa → Ha 3–7 →I 9 ∀x(Fx → Hx) 8 ∀I

(22) ∀x∀y∀z((Rxy & Ryz) → ∼Rxz) |– ∀x∼Rxx

1 ∀x∀y∀z((Rxy & Ryz) → ∼Rxz) A 2 ∀y∀z((Ray & Ryz) → ∼Raz) 1 ∀E 3 ∀z((Raa & Raz) → ∼Raz) 2 ∀E 4 (Raa & Raa) → ∼Raa 3 ∀E 5 Raa → ∼Raa 4 TAUT 6 ∼Raa ∨ ∼Raa 5 IM 7 ∼Raa 4 TAUT 8 ∀x∼Rxx 9 ∀I

(23) Fb, ∼Fa |– ∼∀x∀y x = y

1 Fb A 2 ∼Fa A 3 ∀x∀y x = y H (per ∼ I) 4 ∀y a = y 3 ∀E 5 a = b 4 ∀E 6 Fa 1, 5 =E 7 Fa & ∼Fa 2, 6 &I 8 ∼∀x∀y x = y 3–8 ∼ I

(24) ∀x(x = a ∨ x = b), ∃xFx, ∼Fa |– Fb

1 ∀x(x = a ∨ x = b) A 2 ∃xFx A 3 ∼Fa A 5 Fc H (per ∃E) 6 c = a ∨ c = b 1 ∀E 7 c = a H (per →I) 8 Fa 5, 7 =E 9 Fb 3, 8 CON 10 c = a → Fb 7–9 →I 11 c = b H (per →I) 12 Fb 5, 11 =E 13 c = a → Fb 11–12 →I 14 Fb 6, 10, 13 ∨E 15 Fb 2, 5–14 ∃E

NB: Per un errore di stampa, in questo esercizio il testo reca due volte il problema numero (1) men-tre manca un problema corrispondente al numero (6). Ce ne scusiamo con il lettore.

(1) |– ∼∃x(Fx & ∼Fx)

1 ∼ (Fa & ∼Fa) IT 4.33 2 ∀x∼ (Fx & ∼Fx) 1 ∀I 3 ∼∃x(Fx & ∼Fx) 2 SQ

Esercizio 7.2

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(2) |– ∃xFx ∨ ∃x∼Fx

1 Fa ∨ ∼Fa IT 4.36 2 ∃x(Fx ∨ ∼Fx) 1 ∃I 3 ∃xFx ∨ ∃x∼Fx 2 Esecizio risolto 7.14

(3) |– ∃xFx ∨ ∀x∼Fx

1 ∼ (∃xFx ∨ ∀x∼Fx) H (per ∼ I) 2 ∼∃xFx & ∼∀x∼Fx 1 DM 3 ∼∃xFx 2 &E 4 ∼∀x∼Fx 2 &E 5 ∃xFx 4 SQ 6 ∃xFx & ∼∃xFx 3, 5 &I 7 ∼∼ (∃xFx ∨ ∀x∼Fx) 1–6 ∼ I 8 ∃xFx ∨ ∀x∼Fx 7 ∼E

Si confronti questa derivazione con quella dell’Esercizio risolto 7.21, nella quale non si fa uso di SQ.

(4) |– ∼∃x∀y(Rxy ↔ ∼Ryy)

1 ∃x∀y(Rxy ↔ ∼Ryy) H (per ∼ I) 2 ∀y(Ray ↔ ∼Ryy) H (per ∃E) 3 Raa ↔ ∼Raa 2 ∀E 4 Raa → ∼Raa 3 ↔E 5 ∼Raa → Raa 3 ↔E 6 ∼Raa ∨ ∼Raa 4 IM 7 ∼Raa 6 TAUT 8 Raa 5, 7 →E 9 P & ∼P 7, 8 CON 10 P & ∼P 1, 2–9 ∃E 11 ∼∃x∀y(Rxy ↔ ∼Ryy) 1–10 ∼ I

(5) |– ∀x∃y x = y

1 ∃y a = y IT 7.30 2 ∀x∃y x = y 2 ∀I

(7) |– ∀x∀y(x = y ↔ y = x)

1 ∀x∀y(x = y → y = x) IT 7.32 2 ∀y(a = y → y = a) 1 ∀E 3 a = b → b = a 2 ∀E 4 ∀y(b = y → y = b) 1 ∀E 5 b = a → a = b 4 ∀E 6 a = b ↔ b = a 3, 5 ↔I 7 ∀y(a = y ↔ y = a) 6 ∀I 8 ∀x∀y(x = y ↔ y = x) 7 ∀I

(8) |– ∀x∀y(x = y → (Fx ↔ Fy))

1 a = b H (per →I) 2 Fa H (per →I) 3 Fb 1, 2 =E 4 Fa → Fb 2–3 →I 5 Fb H (per →I) 6 Fa 1, 5 =E 7 Fb → Fa 5–6 →I 8 Fa ↔ Fb 4, 7 ↔I 9 a = b → (Fa ↔ Fb) 1–8 →I

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10 ∀y(a = y → (Fa ↔ Fy) 9 ∀I 11 ∀x∀y(x = y → (Fx ↔ Fy)) 10 ∀I

(1) |– ∀xFx ↔ ∀yFy

1 ∀xFx H (per →I) 2 Fa 1 ∀E 3 ∀yFy 2 ∀I 4 ∀xFx → ∀yFy 1–3 →I 5 ∀yFy H (per →I) 6 Fa 5 ∀E 7 ∀xFx 6 ∀I 8 ∀yFy → ∀xFx 5–7 →I 9 ∀xFx ↔ ∀yFy 4, 8 ↔I

(2) |– ∃xFx ↔ ∃yFy

1 ∃xFx H (per →I) 2 Fa H (per ∃E) 3 ∃yFy 2 ∃I 4 ∃yFy 1, 2–3 ∃E 5 ∃xFx → ∃yFy 1–4 →I 6 ∃yFy H (per →I) 7 Fa H (per ∃E) 8 ∃xFx 7 ∃I 9 ∃xFx 6, 7–8 ∃E 10 ∃yFy → ∃xFx 6–9 →I 11 ∃xFx ↔ ∃yFy 5, 10 ↔I

(3) |– ∃xFx ↔ ∼∀x∼Fx

1 ∃xFx H (per →I) 2 Fa H (per ∃E) 3 ∀x∼Fx H (per ∼ I) 4 ∼Fa 3 ∀E 5 Fa & ∼Fa 2, 4 &I 6 ∼∀x∼Fx 3–5 ∼ I 7 ∼∀x∼Fx 1, 2–6 ∃E 8 ∃xFx → ∼∀x∼Fx 1–7 →I 9 ∼∀x∼Fx H (per →I) 10 ∼∃xFx H (per ∼ I) 11 Fa H (per ∼ I) 12 ∃xFx 11 ∃I 13 ∃xFx & ∼∃xFx 10, 12 &I 14 ∼Fa 11–13 ∼ I 15 ∀x∼Fx 14 ∀I 16 ∀x∼Fx & ∼∀x∼Fx 9, 15 &I 17 ∼∼∃xFx 10–16 ∼ I 18 ∃xFx 10 ∼E 19 ∼∀x∼Fx → ∃x Fx 9–18 →I 20 ∃xFx ↔ ∼∀x∼Fx 8, 19 ↔I

(4) |– ∀x∼Fx ↔ ∼∃xFx

1 ∀x∼Fx H (per →I) 2 ∃xFx H (per ∼ I) 3 Fa H (per ∃E) 4 ∼Fa 1 ∀E 5 P & ∼P 3, 4 CON

Esercizio 7.3

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6 P & ∼P 2, 3–5 ∃E 7 ∼∃xFx 2–6 ∼ I 8 ∀x∼Fx → ∼∃xFx 1–7 →I 9 ∼∃xFx H (per →I) 11 Fa H (per ∼ I) 12 ∃xFx 11 ∃I 13 ∃xFx & ∼∃xFx 9, 12 &I 14 ∼Fa 11–13 ∼ I 15 ∀x∼Fx 14 ∀I 16 ∼∃xFx → ∀x∼Fx 9–15 →I 17 ∀x∼Fx ↔ ∼∃xFx 8, 16 ↔I

(5) |– ∀xFx ↔ ∼∃x∼Fx

1 ∀xFx H (per →I) 2 ∃x∼Fx H (per ∼ I) 3 ∼Fa H (per ∃E) 4 Fa 1 ∀E 5 P & ∼P 3, 4 CON 6 P & ∼P 2, 3–5 ∃E 7 ∼∃x∼Fx 2–6 ∼ I 8 ∀xFx → ∼∃x∼Fx 1–7 →I 9 ∼∃x∼Fx H (per →I) 11 ∼Fa H (per ∼ I) 12 ∃x∼Fx 11 ∃I 13 ∃x∼Fx & ∼∃x∼Fx 9, 12 &I 14 ∼∼Fa 11–13 ∼ I 15 Fa 14 ∼E 16 ∀x Fx 15 ∀I 17 ∼∃x∼Fx → ∀xFx 9–16 →I 18 ∀xFx ↔ ∼∃x∼Fx 8, 17 ↔I

(6) |– ∀x∀y(Fx & Gy) ↔ ∀y∀x(Fx & Gy)

1 ∀x∀y(Fx & Gy) H (per →I) 2 ∀y(Fa & Gy) 1 ∀E 3 Fa & Gb 2 ∀E 4 ∀x(Fx & Gb) 3 ∀I 5 ∀y∀x(Fx & Gy) 4 ∀I 6 ∀x∀y(Fx & Gy) → ∀y∀x(Fx & Gy) 1–5 →I 7 ∀y∀x(Fx & Gy) H (per →I) 8 ∀x(Fx & Ga) 7 ∀E 9 Fb & Ga 8 ∀E 10 ∀y(Fb & Gy) 9 ∀I 11 ∀x∀y(Fx & Gy) 10 ∀I 12 ∀y∀x(Fx & Gy) → ∀x∀y(Fx & Gy) 7–11 →I 13 ∀x∀y(Fx & Gy) ↔ ∀y∀x(Fx & Gy) 6, 12 ↔I

(7) |– ∃x∃y(Fx & Gy) ↔ ∃y∃x(Fx & Gy)

1 ∃x∃y(Fx & Gy) H (per →I) 2 ∃y(Fa & Gy) H (per ∃E) 3 Fa & Gb H (per ∃E) 4 ∃x(Fx & Gb) 3 ∃I 5 ∃y∃x(Fx & Gy) 4 ∃I 6 ∃y∃x(Fx & Gy) 2, 3–5 ∃E 7 ∃y∃x(Fx & Gy) 1, 2–6 ∃E 8 ∃x∃y(Fx & Gy) → ∃y∃x(Fx & Gy) 1–7 →I 9 ∃y∃x(Fx & Gy) H (per →I)

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52 Varzi / Nolt / Rohatyn • Logica 2/ed

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10 ∃x(Fx & Ga) H (per ∃E) 11 Fb & Ga H (per ∃E) 12 ∃y(Fb & Gy) 11 ∃I 13 ∃x∃y(Fx & Gy) 12 ∃I 14 ∃x∃y(Fx & Gy) 10, 11–13 ∃E 15 ∃x∃y(Fx & Gy) 9, 10–14 ∃E 16 ∃y∃x(Fx & Gy) → ∃x∃y(Fx & Gy) 9–15 →I 17 ∃x∃y(Fx & Gy) ↔ ∃y∃x(Fx & Gy) 8, 16 ↔I

(8) |– ∀x∃y(Fx & Gy) ↔ ∃y∀x(Fx & Gy)

1 ∀x∃y(Fx & Gy) H (per →I) 2 ∃y(Fa & Gy) 1 ∀E 3 Fa & Gb H (per ∃E) 4 ∀x(Fx & Gb) 3 ∀I 5 ∃y∀x(Fx & Gy) 4 ∃I 6 ∃y∀x(Fx & Gy) 2, 3–5 ∃E 7 ∀x∃y(Fx & Gy) → ∃y∀x(Fx & Gy) 1–6 →I 8 ∃y∀x(Fx & Gy) H (per →I) 9 ∀x(Fx & Ga) H (per ∃E) 10 Fb & Ga 9 ∀I 11 ∃y(Fb & Gy) 10 ∃I 12 ∀x∃y(Fx & Gy) 11 ∀I 13 ∀x∃y(Fx & Gy) 8, 9–12 ∃E 14 ∀x∃y(Fx & Gy) → ∃y∀x(Fx & Gy) 8–13 →I 15 ∃x∃y(Fx & Gy) ↔ ∃y∃x(Fx & Gy) 7, 14 ↔I

Capitolo 8 (esercizi alle pp. 240–242)

(1) Quest’argomentazione incorre in una fallacia induttiva. La forma è quella dell’analogia impropria: benché che la somiglianza tra i due casi in esame sia per-tinente (in entrambi i casi si fa uso di esche fresche) si tratta comunque di una somiglianza molto parziale e pertanto l’analogia risulta azzardata.

(2) La domanda iniziale è usata con chiaro intento retorico e può essere equiparata all’affermazione ‘La tua critica alla mia logica è inappropriata’. Ci troviamo quin-di dinnanzi a un tu quoque, variante della fallacia ad hominem.

(3) Fallacia di composizione. (4) Falsa causa. (5) Fallacia dello scommettitore. Non c’è nessun motivo di ritenere che l’uso delle

armi nucleari siano eventi dipendenti l’uno dall’altro in questo modo. (6) Anche questa è una fallacia dello scommettitore: sebbene la probabilità induttiva

dell’argomentazione sia superiore rispetto a quella di (5), il nesso tra la premessa e la conclusione è comunque debole.

(7) L’argomentazione si regge sulla premessa implicita in base alla quale chi non ha un alibi è colpevole, e poiché evidentemente le cose non stanno necessariamente in questi termini, incorre in una fallacia di falsa dicotomia.

(8) Fallacia di composizione. (9) Fallacia dello scommettitore. (10) Falsa causa. (11) Fallacia di composizione. (12) Fallacia di divisione. (13) Abuso ad hominem.

Esercizio 8.1

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Soluzioni agli esercizi supplementari 53

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(14) Analogia impropria. (15) Fallacia ad hominem con conclusione del tutto irrilevante. C’è anche un indizio di

falsa dicotomia. L’argomentatore sta forse assumendo che non si può interpella-re nessun altro a parte gli americani e gli italiani?

(1) Nonostante la ‘morale’ sia dichiarata, la struttura di quest’argomentazione non è del tutto trasparente. La possiamo riformulare esplicitandone il formato analo-gico come segue:

Alcuni cavalli sono sicuri, mentre altri sono perdenti in partenza. Alcuni matrimoni sono sicuri, mentre altri sono perdenti in partenza. Bisogna guardare bene i cavalli prima di fare scommesse.

∴ Bisogna guardare bene i ‘partecipanti’ al matrimonio prima di fare scom-messe.

La prima cosa da notare è che il linguaggio è estremamente vago. Cosa significa ‘fare scommesse su un matrimonio’? Chi fa queste scommesse? La coppia stes-sa? Gli invitati? I parenti? Quali sono i matrimoni ‘perdenti’? Inoltre, l’argomen-tazione incorre in una fallacia di analogia impropria: il paragone su cui si regge è debole e non chiaramente pertinente (anche a causa della vaghezza della conclu-sione).

(2) Quest’argomentazione ha una conclusione implicita: Quelli che non combattono il comunismo contribuiscono a rinforzarlo. Rossi non combatte il comunismo.

∴ Rossi contribuisce a rinforzare il comunismo. Formalmente, l’argomentazione è valida, ma la premessa da cui prende le mosse tradisce una fallacia di falsa dicotomia.

(3) In questo caso, l’argomentazione segue già il formato canonico:

Dante, Leonardo da Vinci e Fellini erano tutti italiani. Dante, Leonardo da Vinci e Fellini anche grandi artisti e letterati.

∴ Gli italiani sono un popolo più creativo degli altri. Dato che le premesse riguardano casi molto speciali, l’argomentazione commette una fallacia di analogia impropria, e dato che tre casi non sono sufficienti a giu-stificare una conclusione di carattere generale (riguardante tutti gli italiani), c’è anche una fallacia di generalizzazione indebita. L’argomentazione incorre inoltre in una ignoratio elenchi: nella migliore delle ipotesi, le premesse forniscono suppor-to a una conclusione che riguarda gli italiani, ma non giustificano in alcun modo un confronto con gli altri popoli.

(4) In formato canonico:

Se il governo non mette fine al terrorismo adesso, finirà per estendersi a tutto il mondo.

Se il terrorismo si estenderà a tutto il mondo, ci sarà un conflitto nucleare. Non possiamo permetterci un conflitto nucleare.

∴ Il governo deve fermare il terrorismo ora. Questa è un’argomentazione a catena (slippery slope) e come tale incorre in una

fallacia formale. (5) Questa è un’argomentazione complessa consistente in due passi:

La provvidenza esiste. ∴ Dio esiste. ∴ Dio ha un piano provvidenziale per l’umanità.

Così riformulata, si capisce che il ragionamento incorre in una petitio principii: benché non identiche, la premessa iniziale e la conclusione finale esprimono la medesima tesi.

Esercizio 8.2

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(6) Questo passo contiene la seguente argomentazione: Il fondatore della BEST era un venditore di auto usate. I venditori di auto usate non sono persone affidabili.

∴ Non bisogna associarsi alla BEST. La seconda premessa, che nel testo è lasciata implicita, tradisce un pregiudizio

sui venditori di auto usate. Ci troviamo quindi in presenza di una delle varianti della fallacia ad hominem: la colpa per associazione.

(7) La struttura principale dell’argomentazione è piuttosto semplice: Una volta legalizzato l’aborto, si finirà inevitabilmente con l’avere pornogra-

fia infantile, violenza e sfruttamento dei minori. Queste cose non devono succedere

∴ L’aborto deve restare illegale. L’enunciato rimanente, ‘La mancanza totale di rispetto per la vita sfocia in man-

canza totale di rispetto per gli esseri viventi’, è offerta forse come giustificazione per la prima premessa. Se è così, allora l’inferenza da questo enunciato alla prima premessa è semplicemente un non sequitur. La porzione rappresentata sopra è so-stanzialmente un’argomentazione a catena la cui prima premessa è certamente discutibile e la cui validità è pure contestabile su base deontica.

(8) L’argomentazione ha la forma seguente: È nostra tradizione soddisfare i clienti. Nessuno si è mai lamentato del nostro servizio. Non vi pentirete di avere fatto il vostro acquisto da noi.

∴ Se passate dal centro commerciale, dovete fermarvi al nostro negozio. Benché non sia deduttivamente valida, l’inferenza è ragionevolmente forte e co-

munque immune dalle fallacie discusse in questo capitolo.

(9) L’argomentazione è già in forma canonica:

Se l’arma dell’assassino fosse stata una pistola, la polizia avrebbe trovato della polvere vicino al cadavere.

La polizia ha trovato diverse tracce di polvere sul tappeto vicino al punto in cui la vittima è caduta.

∴ L’arma dell’omicidio è stata una pistola. La prima premessa è un condizionale; la seconda premessa e la conclusione cor-

rispondono rispettivamente al conseguente e all’antecedente del condizionale. Sebbene il condizionale non sia in forma indicativa, è evidente che ci troviamo in presenza della fallacia formale nota come affermazione del conseguente.

(10) Anche in questo caso l’argomentazione si presenta già in forma canonica: Dalla seconda guerra mondiale in poi, la maggior parte degli americani ha

vissuto in città. Dopo il 1946, la maggior parte degli americani ha cominciato a mangiare

cereali tostati per colazione. ∴ Perciò, la migrazione verso la città è responsabile del cambiamento nelle abi-

tudini alimentari degli americani. Quest’argomentazione incorre in una fallacia della falsa causa.

(11) Riformuliamo la seconda e la terza premessa in modo da esplicitarne il contenu-to eliminando gli elementi strettamente retorici:

Fintanto che sono io a pagare le tue tasse universitarie, non ti sarà permesso laurearti in filosofia.

Se ti laurei in economia, pagherò io le tue tasse universitarie. Per te è meglio che sia io a pagare le tasse.

∴ Ti devi laureare in economia.

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L’argomentazione che ne risulta è piuttosto convincente, ma incorre comunque in una fallacia di pertinenza: anche assumendo per buona la terza premessa, non ne segue che altre considerazioni possano spostare l’ago della bilancia in favore di una laurea in filosofia.

(12) Questa è un’argomentazione complessa:

Affermare che lo studio delle argomentazioni è parte indispensabile dell’istru-zione di ciascuno concorre alla salvaguardia del posto di lavoro dei logici.

∴ I logici sostengono questa tesi. I logici non rappresentano la maggioranza degli studenti, dei genitori, o degli

insegnanti stessi. ∴ Non abbiamo motivo di pensare che lo studio delle argomentazioni sia una

parte indispensabile dell’istruzione. L’argomentazione tradisce un ad hominem, e precisamente un’accusa d’interesse: il

fatto che la tesi in questione risulti vantaggiosa per coloro che la sostengono non significa che abbia poco credito. Nella seconda parte si cade inoltre in un ad po-pulum, dal momento che si suppone che l’opinione della maggioranza sia più cor-retta trascurando del tutto l’autorevolezza degli esperti di logica rispetto alla que-stione sul tappeto.

(13) Questo passaggio suggerisce due argomentazioni: Timmy Expert pensa che la squadra degli Orsi ripeterà l’esito dello scorso

campionato. ∴ Conviene scommettere sugli Orsi.

Timmy Expert sostiene che chi fuma rischia di contrarre il cancro. ∴ È meglio smettere di fumare.

Entrambe le argomentazioni fanno appello all’autorità e commettono quindi una fallacia ad verecundiam. La gravità della fallacia dipende dalle competenze di Timmy Expert: se è un vero esperto in materia di sport, allora la prima argo-mentazione può avere una certa forza ma la seconda risulta del tutto inaccettabi-le (indipendentemente dalla plausibilità della conclusione); viceversa, se Timmy Expert fosse un medico, la pertinenza della premessa sarebbe decisamente mag-giore nella seconda argomentazione. In assenza di informazioni sulle competen-ze e la credibilità di Timmy Expert, entrambe le argomentazioni risultano fallaci.

(14) La struttura di quest’argomentazione è esplicita: Un’indagine approfondita tra gli studenti del 2000 ha rivelato che l’81 per

cento crede in Dio, il 91 per cento crede nell’importanza della famiglia, e il 95 per cento rispetta entrambi i propri genitori.

L’indagine dimostrava che più di tre quarti delle matricole (77 per cento) hanno messo la carriera professionale tra i primi obiettivi da raggiungere.

∴ Il ritorno ai valori morali tradizionali è responsabile della nuova enfasi voca-zionale dei giovani della nostra università.

Nonostante il linguaggio usato indichi una certa accuratezza metodologia, il nes-so tra i dati riportati nelle due premesse è estremamente debole. È perfettamen-te possibile che l’ ‘enfasi vocazionale’ degli studenti universitari sia dovuta a fat-tori che non hanno nulla a che vedere con il ritorno ai valori tradizionali. L’argo-mentazione incorre pertanto in una fallacia di falsa causa. Si noti inoltre che nella prima premessa non viene fatta menzione del numero di studenti intervistati: si parla di indagine ‘approfondita’, ma in assenza di dati precisi c’è il rischio di una fallacia induttiva.

(15) Questo passaggio contiene un’argomentazione convergente che può essere op-portuno scomporre nei suoi due rami principali:

Se permettiamo che l’istruzione avvenga in una lingua oppure in un’altra, potremmo doverne introdurre una terza o una quarta.

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Non dobbiamo introdurre una terza o una quarta lingua. ∴ Non possiamo permettere che il nostro sistema scolastico diventi bilingue.

Se non restiamo monolingue, dovremo dire ai rappresentanti di certe comu-nità etniche che la loro lingua non è degna di essere insegnata nelle scuole mentre abbiamo già garantito ai figli di altri quello stesso privilegio.

Non possiamo in buona coscienza dire ai rappresentanti di certe comunità etniche che la loro lingua non è degna di essere insegnata nelle scuole, men-tre abbiamo già garantito ai figli di altri quello stesso privilegio.

∴ Non possiamo permettere che il nostro sistema scolastico diventi bilingue.

In apparenza entrambe le argomentazioni seguono uno schema deduttivamente valido, ma l’uso di espressioni normative (‘possiamo’, ‘dobbiamo’) tradisce in ciascun caso uno slippery slope, che è un tipo di fallacia formale.

(16) Questa è un’argomentazione convergente: In Italia un individuo medio (adulto o bambino) sta davanti al tubo catodico

in media 6,5 ore ogni giorno dell’anno. La televisione è passiva, in quanto non richiede di pensare né di fare alcuno

sforzo. La televisione, come il sonno, è rilassante per le nostre menti. Durante le 6,5 ore la stupida scatola ci ipnotizza e ottunde la nostra capacità

di giudizio critico; ci rende incapaci di pensare e ragionare. La televisione prosciuga il tempo libero degli italiani.

∴ La causa dell’allarmante declino della letteratura in Italia è da attribuire alla televisione.

Sebbene nessuna delle ragioni addotte sia sufficiente a giustificare la conclusione, globalmente il ragionamento ha una certa forza. Ciò nonostante, c’è il rischio di una fallacia di falsa causa: uno studio approfondito potrebbe rivelare che il decli-no della letteratura in Italia è da attribuirsi a fattori significativamente diversi (per esempio un progressivo peggioramento nella qualità dell’educazione scolastica).

(17) Questo passo piuttosto complesso suggerisce l’argomentazione seguente: Con la distruzione della dinastia crolla l’antica tradizione familiare. Crollando la tradizione, i discendenti della famiglia rimangono coinvolti in

pratiche contrarie alla religione. Quando nella famiglia predomina l’irreligione, le donne si corrompono e

nasce una prole indesiderata. L’aumento di una popolazione indesiderata è causa di una vita infernale per

la famiglia e per coloro che ne distruggono la tradizione (tra le altre cose, le offerte di cibo e acqua a loro vantaggio vengono completamente interrotte) e porta alla distruzione di tutti i progetti di vita in comune.

Questo è un risultato inaccettabile. ∴ Bisogna evitare di distruggere la dinastia.

Così riformulata, la struttura è quella di una tipica argomentazione a catena (slip-pery slope) e come tale incorre in una fallacia formale.

(18) Questa è un’argomentazione convergente: Chi commette un reato per la prima volta di solito commette un furto insi-

gnificante. Spesso, chi commette un reato per la prima volta è un adolescente che va

ancora a scuola. A volte si tratta di un reato poco grave: una corsetta con la macchina di papà. Lo stimolo per questi reati è semplicemente l’eccitazione che deriva dall’idea

dell’arresto e dalla faccenda delle impronte digitali. Generalmente, i genitori restano sconvolti e pagano la cauzione.

∴ È giusto che chi ha il compito di far rispettare la legge tenda ad andarci pia-no con gli incensurati.

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Per quanto la struttura convergente tenda ad accrescere la plausibilità della con-clusione, ci troviamo dinnanzi a un chiaro caso di fallacia ad misericordiam.

(19) L’argomentazione ha la seguente forma canonica: Mentre le ultime centrali nucleari sono state dismesse a partire dall’ultima

perdita radioattiva, i residenti del luogo stanno ancora ricavando energia da fonti alternative.

Il clima è buono e il paesaggio gradevole, e ci sono opportunità di svago e ricreazione.

∴ I cittadini non dovrebbero preoccuparsi troppo se di tanto in tanto si riattiva il reattore di una singola centrale.

Il fatto che la perdita radioattiva non abbia provocato un disastro non è un buon motivo per concludere che non si debbono nutrire preoccupazioni a riguardo. Siamo in presenza di una fallacia di pertinenza, sebbene di difficile classificazio-ne: vi sono tracce di ad misericordiam e molto probabilmente evidenza soppressa.

(20) Questa è un’argomentazione analogica: Il professor X fu licenziato in tronco per essersi rifiutato di dare un voto

sufficiente agli studenti che facevano sport, nonostante le pressioni dell’alle-natore della squadra di football.

Nel caso di Jan Kemp, discusso nel 1986 alla corte della Georgia, a un inse-gnante che era stato licenziato per aver bocciato studenti che facevano sport furono risarciti la paga e i danni.

Il lavoro di Kemp consisteva nel dare ripetizioni di inglese agli studenti membri della squadra di football, mentre X è un fisico nucleare.

A entrambi fu chiesto di venir meno ai propri principi. Entrambi rifiutarono.

∴ La corte dovrebbe reinsediare il professor X e ricompensarlo adeguatamente per aver preferito perdere il proprio posto di lavoro piuttosto che venir me-no ai propri principi.

L’analogia è piuttosto forte e rilevante (c’è una differenza in quanto X insegnava fisica mentre Kemp insegnava inglese, ma non è una differenza significativa). L’argomentazione tacitamente assume che la decisione della Georgia fu corretta. Se l’assunzione è vera e non vengono ignorati dati significativi, allora questa è una buona argomentazione induttiva.

Capitolo 9 (esercizi alle pp. 271–274)

(1) (g), (e), (i), (a) e (d), (b), (c), (f), (h). Le asserzioni (a) e (d) sono di forza uguale in quanto sono logicamente equivalenti (la seconda è la doppia negazione della prima).

(2) (b), (d), (e), (a), (c), (f). (3) (b), (a), (e), (c) e (d). Qui (d) ha la stessa forza di (c): negare che tutti i neonati sono

maschi equivale infatti ad asserire che alcuni neonati sono femmine e, dato che non ci sono altre possibilità, quest’ultima asserzione trasmette la stessa quantità di informazione di (c).

(4) (a), (d), (c), (b), (e), (f).

(1) (c), (a), (b). (2) (e), (d), (c), (b), (a). (3) (e), (c), (b), (a), (f), (d). (4) (b), (a), (e), (c), (d), (f). (5) (e), (d), (b), (a), (c).

Esercizio 9.1

Esercizio 9.2

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(1) Solo I è presente in tutti e quattro i casi, ciascuno dei quali vede il verificarsi dell’effetto E, quindi I è l’unica tra le cause sospette che possa essere necessaria per E (metodo dell’accordo).

(2) L’unica tra le cause sospette che possa essere necessaria per E è H (metodo dell’accordo).

(3) Nessuna delle cause sospette è necessaria per E, dal momento che ciascuna è as-sente in uno dei casi in cui E si verifica (metodo dell’accordo).

(4) L’unica tra le cause sospette che possa essere necessaria per E è G (metodo del-l’accordo).

(5) Il terzo caso esclude che H possa essere una causa sufficiente per E, e poiché nel secondo caso G è assente, se l’elenco contiene esattamente una causa sufficiente non può che trattarsi di F (metodo della differenza).

(6) G è l’unica tra le cause sospette che possa essere necessaria e sufficiente per E (metodo congiunto dell’accordo e della differenza).

(7) Le osservazioni non sono compatibili con l’assunzione per cui l’elenco contiene esattamente una causa necessaria e sufficiente per E (di sicuro F, H e I non sono né necessarie né sufficienti; G potrebbe essere necessaria, ma non sufficiente).

(8) G è l’unica tra le cause sospette che possa essere necessaria e sufficiente per E (metodo congiunto dell’accordo e della differenza).

(9) Nell’ipotesi in cui l’elenco contenga esattamente una variabile da cui dipende E, non può che trattarsi di H (metodo della variazione concomitante).

(10) L’unica variabile da cui può dipendere E è F (metodo della variazione con-comitante).

Capitolo 10 (esercizi alle pp. 297–298, selezione)

(5) Supponiamo che P(A) = P(B) = 1. In tal caso, per l’Esercizio risolto 10.11 si sa che P(A & B) = P(B) = 1.

(10) Supponiamo A che sia tautologica. In tal caso, per A2, P(A) = 1, e per l’Eser-cizio risolto 10.11, P(A & B) = P(B). Quindi, per la definizione di ‘ | ’, abbiamo

P(A | B) = P(A & B)

P(B) = P(B) P(B) = 1.

(15) Supponiamo che A sia una conseguenza vero-funzionale di B & C. In tal caso si verifica facilmente che (A & B) & C è conseguenza vero-funzionale di B & C. Inoltre, B & C è conseguenza vero-funzionale di (A & B) & C, cosicché (A & B) & C e B & C sono vero-funzionalmente equivalenti. Di conseguenza, per l’Eser-cizio risolto 10.5, P((A & B) & C) = P(B & C). In tal modo, applicando la defini-zione di ‘ | ’ otteniamo

P(A & B | C) = P((A & B) & C)

P(C) = P(B & C)

P(C) = P(B | C).

(20) (A & (B & C)) è vero-funzionalmente equivalente a ((A & B) & C). Quindi, ap-plicando la definizione e l’Esercizio risolto 10.5 abbiamo:

P(A & B | C) = P(A & (B & C))

P(B & C) = P((A & B) & C)

P(B & C) =

P((A & B) & C) P(C)

P(B & C)

P(C)

= P(A & B | C)

P(B | C) .

(1) Per l’Esercizio risolto 10.14, P(A | A) = 1, e siccome A → A è una tautologia, l’assioma A2 garantisce che P(A → A) = 1. Le due probabilità sono dunque i-dentiche.

Esercizio 9.3

Esercizio 10.1

Esercizio 10.2

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Soluzioni agli esercizi supplementari 59

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(2) Per l’Esercizio risolto 10.15, P(∼A | A) = 0. D’altro canto, poiché A → ∼A è vero-funzionalmente equivalente a ∼A, l’Esercizio risolto 10.5 ci dice che P(A → ∼A) = P(∼A). Se A non è una tautologia, questo valore può essere mag-giore di 0 e, quindi, di P(∼A | A).

(3) Poiché B & ∼B è contraddittoria, l’Esercizio risolto 10.3 implica che P(B & ∼B) = 0, sicché il valore di

P(A | B & ∼B) = P(A & (B & ∼B))

P(B & ∼B)

risulta indeterminato. D’altro canto, (B & ∼B) → A è una tautologia, quindi l’as-sioma A2 garantisce che P((B & ∼B) → A) = 1.

(4) Applicando la definizione classica di probabilità otteniamo P(A1) = P(A2) = 1 ⁄ 6 e P(A1 & A2) = 0. Quindi:

P(A1 | A2) = P(A1 & A2)

P(A2) = 0.

D’altro canto, per l’Esercizio risolto 10.2 si ha che P(∼A2) = 1 – P(A2) e quindi, usando l’Esercizio risolto 10.26:

P(A2 → A1) = P(∼A2) + P(A2)· P(A1 | A2) = (1 – 1 ⁄ 6) + 1 ⁄ 6· 0 = 5 ⁄ 6.

(3) Q e ∼Q sono mutuamente esclusive ed esaustive. Di conseguenza, per il teorema di Bayes,

P(Q | N) = P(Q)· P(N | Q)

P(Q)· P(N | Q) + P(∼Q)· P(N | ∼Q) = 0.7· 0.001

(0.7· 0.001) + (0.3· 0.99) = 0.00235

Se supponiamo che P(Q) = 0.3 e P(∼Q) = 0.7, la risposta è 0.00043. Il cambia-mento nelle probabilità a priori è drastico, ma il cambiamento in P(Q | N) è piut-tosto piccolo: Q è ancora molto improbabile, date le osservazioni N. In effetti, Q rimane molto improbabile, dato N, per un’ampia gamma di valori delle probabi-lità a priori.

(5) A1 è vero-funzionalmente equivalente a A1 & (A1 ∨ A2 ∨ A3). Quindi, applican-do la definizione e l’Esercizio risolto 10.5

P(A1 | A1 ∨ A2 ∨ A3) = P(A1 & (A1 ∨ A2 ∨ A3))

P(A1 ∨ A2 ∨ A3) = P(A1)

P(A1 ∨ A2 ∨ A3).

Dal momento che A1 ∨ A2 e A3 sono mutuamente esclusive, come pure A1 e A3, con due applicazioni di A3 otteniamo:

P(A1 ∨ A2 ∨ A3) = P(A1) + P(A2) + P(A3)

Ora, le probabilità di A1, A2 e A3 sono di 1 ⁄ 6 ciascuno. Di conseguenza, il valore desiderato è:

1 ⁄ 6 1 ⁄ 6 + 1 ⁄ 6 + 1 ⁄ 6 = 1 ⁄ 3.

(10) Questa probabilità è indefinita, dato che P(A1 & ∼A1) = 0 (Esercizio risolto 10.3).

(5) Usando ‘A1’ per ‘La prima carta è un asso’ e ‘A2’ per ‘La seconda carta è un as-so’, la probabilità che stiamo cercando è P(A1 ∨ A2), che è, per l’Esercizio risolto 10.5,

P((A1 & A2) ∨ (A1 & ∼A2) ∨ (∼A1 & A2)).

Dato che i disgiunti in questo caso sono mutuamente esclusivi, due applicazioni di A3 danno subito:

Esercizio 10.3

Esercizio 10.4

Esercizio 10.5

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P(A1 & A2) + P(A1 & ∼A2) + P(∼A1 & A2)

che per l’Esercizio risolto 10.19 diviene: P(A1)· P(A2 | A1 ) + P(A1 )· P(∼A2 | A1) + P(∼A1 )· P(A2 | ∼A1 )

ossia: 4 ⁄ 52·

3 ⁄ 51 + 4 ⁄ 52· 48 ⁄ 51 + 48 ⁄ 52·

4 ⁄ 51 = 12 ⁄ 2652 + 192 ⁄ 2652 + 192 ⁄ 2652 = 396 ⁄ 2652 = 33 ⁄ 221

(10) Se sono stati estratti due assi e due re, ci sono due assi e due re tra le restanti 48 carte. In tal modo ci sono 4 possibilità su 48 di estrarre un asso o un re. La pro-babilità di estrarre un asso o un re, dato che due assi e due re sono stati estratti, è dunque 4 ⁄ 48 = 1 ⁄ 12.

(5) Sia Tn la probabilità che l’esito dell’nesimo lancio sia testa. Vogliamo determinare P(T1 ∨ T2 ∨ T3). Per l’Esercizio risolto 10.2, questa probabilità è uguale a 1 – P(∼ (T1 ∨ T2 ∨ T3)) e quindi, per l’Esercizio risolto 10.5, a 1 – P(∼T1 & ∼T2 & ∼T3). Poiché i lanci sono indipendenti, due applicazioni dell’Esercizio risolto 10.22 danno:

P(∼T1 & ∼T2 & ∼T3) = P(∼T1)· P(∼T2)· P(∼T3) = 1 ⁄ 2· 1 ⁄ 2·

1 ⁄ 2 = 1 ⁄ 8

Quindi, P(T1 ∨ T2 ∨ T3) = 1 – 1 ⁄ 8 = 7 ⁄ 8.

(10) Usando la notazione della risposta a (5), la probabilità che vogliamo determinare è P((T2 & ∼T3) ∨ (∼T2 & T3) | T1). Dato che i lanci sono indipendenti, ciò equiva-le a determinare P((T2 & ∼T3) ∨ (∼T2 & T3)). I disgiunti in questo caso sono mu-tuamente esclusivi e così, per A3, otteniamo

P(T2 & ∼T3) + P(∼T2 & T3)

e dunque, poiché i lanci sono indipendenti, per l’Esercizio risolto 10.22:

P(T2)· P(∼T3) + P(∼T2)· P(T3) = 1 ⁄ 2· 1 ⁄ 2 + 1 ⁄ 2·

1 ⁄ 2 = 1 ⁄ 2.

Capitolo 11 (esercizi alle pp. 332–333)

(1) |– ∃x x = a

1 ∀x∀y(x = y ↔ ∀P(Px ↔ Py)) LL 2 ∀y(a = y ↔ ∀P(Pa ↔ Py)) 1 ∀E 3 a = a ↔ ∀P(Pa ↔ Pa) 2 ∀E 4 Fa → Fa IT Esercizio 4.4(1) 5 Fa ↔ Fa 4, 4 ↔I 6 ∀P(Pa ↔ Pa) 5 ∀I 7 ∀P(Pa ↔ Pa) → a = a 3 ↔E 8 a = a 6, 7 → E 9 ∃x x = a 8 ∃I

La strategia è identica a quella dell’Esercizio risolto 11.9. In effetti, il teorema de-siderato potrebbe anche dedursi direttamente da quel risultato, come mostrato di seguito:

1 ∀x x = x IT 11.9 2 a = a 1, ∀I 3 ∃x x = a 3 ∃I

(2) |– a = b → b = a

1 a = b H (per →I) 2 ∀x∀y(x = y ↔ ∀P(Px ↔ Py)) LL

Esercizio 10.6

Esercizio 11.1

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Soluzioni agli esercizi supplementari 61

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3 ∀y(a = y ↔ ∀P(Pa ↔ Py)) 2 ∀E 4 a = b ↔ ∀P(Pa ↔ Pb) 3 ∀E 5 a = b → ∀P(Pa ↔ Pb) 4 ↔E 6 ∀P(Pa ↔ Pb) 1, 5 →E 7 Fa ↔ Fb 6 ∀E 8 Fb ↔ Fa 7 Esercizio risolto 4.11 9 ∀P(Pb ↔ Pa) 1, 5 →E 10 ∀y(b = y ↔ ∀P(Pb ↔ Py)) 2 ∀E 11 b = a ↔ ∀P(Pb ↔ Pa) 10 ∀E 12 ∀P(Pb ↔ Pa) → b = a 11 ↔E 13 b = a 9, 12 →E 14 a = b → b = a 1–13 →I

(3) |– (Fa & a = b) → Fb

1 Fa & a = b H (per →I) 2 Fa 1 &E 3 a = b 1 &E 4 a = b ↔ ∀P(Pa → Pb) IT 11.10 5 a = b → ∀P(Pa → Pb) 4 ↔E 6 ∀P(Pa → Pb) 3, 5 →E 7 Fa → Fb 6 ∀E 8 Fb 2, 7 →E

9 (Fa & a = b) → Fb 1–8 →I

(4) |– (a = b & b = c) → a = c

1 a = b & b = c H (per →I) 2 a = b 1 &E 3 b = c 1 &E 4 a = b ↔ ∀P(Pa → Pb) IT 11.10 5 a = b → ∀P(Pa → Pb) 4 ↔E 6 ∀P(Pa → Pb) 3, 5 →E 7 Fa → Fb 6 ∀E 8 b = c ↔ ∀P(Pb → Pc) IT 11.10 9 b = c → ∀P(Pb → Pc) 4 ↔E 10 Fb → Fc 9 ∀E 11 Fa → Fc 7, 10 SI 12 ∀P(Pa → Pc) 11 ∀I 13 a = c ↔ ∀P(Pa → Pc) IT 11.10 14 ∀P(Pa → Pc) → a = c 13 ↔E 15 a = c 12, 14 →E

16 (a = b & b = c) → a = c 1–15 →I

(5) |– ∃P(Pa & ∼Pb) → ∼a = b

1 a = b ↔ ∀P(Pa → Pb) IT 11.10 2 a = b → ∀P(Pa → Pb) 4 ↔E 3 ∼∀P(Pa → Pb) → ∼a = b 2 TRAS 4 ∃P∼ (Pa → Pb) → ∼a = b 3 SQ 5 ∃P∼∼ (Pa & ∼Pb) → ∼a = b 4 IM 6 ∃P(Pa & ∼Pb) → ∼a = b 5 DN

(1) |– ∀x∃y y = f(x)

1 f(a) = f(a) =I 2 ∃y y = f(a) 1 ∃I 3 ∀x∃y y = f(x) 2 ∀Ι

Esercizio 11.2

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(2) |– ∀x∀y x = y → ∀x f(x) = x

1 ∀x∀y x = y H (per →I) 2 ∀y f(a) = y 1 ∀E 3 f(a) = a 2 ∀E 4 ∀x f(x) = x 3 ∀Ι

5 ∀x∀y x = y → ∀x f(x) = x 1–4 →I

(3) |– ∀x∀y(∼ f(x) = f(y) → ∼x = y)

1 a = b H (per →I) 2 f(a) = f(a) =I 3 f(a) = f(b) 1, 2 =E

4 a = b → f(a) = f(b) 1–3 →I 5 ∼ f(a) = f(b) → ∼a = b 4 TRAS 6 ∀y(∼ f(a) = f(y) → ∼a = y) 5 ∀Ι 7 ∀x∀y(∼ f(x) = f(y) → ∼x = y) 6 ∀Ι

(4) |– ∀xFg(x) → ∀xFg(g(x))

1 ∀xFg(x) H (per →I) 2 Fg(g(a)) 1 ∀E 3 ∀xFg(g(x)) 2 ∀I

4 ∀xFg(x) → ∀xFg(g(x)) 1–3 →I

(5) |– ∀x∀y((x = f(y) & y = g(x)) → x = f(g(x)))

1 a = f(b) & b = g(a) H (per →I) 2 a = f(b) 1 &E 3 b = g(a) 1 &E 4 a = f(g(a)) 2, 3 =E 5 (a = f(b) & b = g(a)) → a = f(g(a)) 1–4 →I 6 ∀y((a = f(y) & y = g(a)) → a = f(g(a))) 5 ∀I 7 ∀x∀y((x = f(y) & y = g(x)) → x = f(g(x))) 6 ∀I

(1) Nella notazione ufficiale, il teorema da dimostrare è:

|– ∼ s0 = ss0

1 ∀x ∼0 = sx A1 2 ∼0 = s0 1 ∀E 3 ∀x∀y (sx = sy → x = y) A2 4 ∀y (s0 = sy → 0 = y) 4 ∀E 5 s0 = ss0 → 0 = s0 5 ∀E 6 ∼ s0 = ss0 2, 5 MT

(2) Nella notazione ufficiale, il teorema da dimostrare è:

|– (s0 ⋅ s0) = s0

1 ∀x∀y (x ⋅ sy) = ((x ⋅ y) + x) A6 2 ∀y (s0 ⋅ sy) = ((s0 ⋅ y) + s0) 1 ∀E 3 (s0 ⋅ s0) = ((s0 ⋅ 0) + s0) 2 ∀E 4 ∀x (x ⋅ 0) = 0 A5 5 (s0 ⋅ 0) = 0 4 ∀E 6 (s0 ⋅ s0) = (0 + s0) 3, 5 =E 7 ∀x (0 + x) = x IT 11.17 8 (0 + s0) = s0 7 ∀E 9 (s0 ⋅ s0) = s0 6,8 =E

Esercizio 11.3

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(3) Nella notazione ufficiale, il teorema da dimostrare è:

|– (ss0 ⋅ ss0) = ssss0

1 ∀x∀y (x ⋅ sy) = ((x ⋅ y) + x) A6 2 ∀y (ss0 ⋅ sy) = ((ss0 ⋅ y) + ss0) 1 ∀E 3 (ss0 ⋅ ss0) = ((ss0 ⋅ s0) + ss0) 2 ∀E 4 ∀y (ss0 ⋅ sy) = ((ss0 ⋅ y) + ss0) 1 ∀E 5 (ss0 ⋅ s0) = ((ss0 ⋅ 0) + ss0) 4 ∀E 6 (ss0 ⋅ ss0) = (((ss0 ⋅ 0) + ss0) + ss0) 3, 5 =E 7 ∀x (x ⋅ 0) = 0 A5 8 (ss0 ⋅ 0) = 0 7 ∀E 9 (ss0 ⋅ ss0) = ((0 + ss0) + ss0) 6, 8 =E 10 ∀x(0 + x) = x IT 11.17 11 (0 + ss0) = ss0 10 ∀E 12 (ss0 ⋅ ss0) = (ss0 + ss0) 9, 11 =E 13 ∀x∀y (x + sy) = s(x + y) A4 14 ∀y (ss0 + sy) = s(ss0 + y) 13 ∀E 15 (ss0 + ss0) = s(ss0 + s0) 14 ∀E 16 (ss0 + s0) = s(ss0 + 0) 14 ∀E 17 (ss0 + ss0) = ss(ss0 + 0) 15, 16 =E

18 ∀x (x + 0) = x A3 19 (ss0 + 0) = ss0 18 ∀E

20 (ss0 + ss0) = ssss0 17, 19 =E 21 (ss0 ⋅ ss0) = ssss0 12, 20 =E

(4) |– ∀x∃y y = sx

1 ∀x(0 + x) = x IT 11.17 2 (0 + sa) = sa 1 ∀E 3 ∃y y = sa 2 ∃I 4 ∀x∃y y = sx 3 ∀I

(5) |– ∀x ∼x = sx

1 ∀x ∼0 = sx A1 2 ∼0 = s0 1 ∀E 3 ∼a = sa H (per →I) 4 ∀x∀y(sx = sy → x = y) A2 5 ∀y(sa = sy → a = y) 4 ∀E 6 sa = ssa → a = sa 5 ∀E 7 ∼ sa = ssa 3, 6 MT 8 ∼a = sa → ∼ sa = ssa 3–7 →I 9 ∀x(∼x = sx → ∼ sx = ssx) 8 ∀I 10 ∀x ∼x = sx 2, 9 IND

(6) |– ∀x (0 ⋅ x) = 0

1 ∀x (x ⋅ 0) = 0 A5 2 (0 ⋅ 0) = 0 1 ∀E

3 (0 ⋅ a) = 0 H (per →I) 4 ∀x∀y (x ⋅ sy) = ((x ⋅ y) + x) A6 5 ∀y (0 ⋅ sy) = ((0 ⋅ y) + 0) 4 ∀E 6 (0 ⋅ sa) = ((0 ⋅ a) + 0) 5 ∀E 7 (0 ⋅ sa) = (0 + 0) 3, 6 =E 8 ∀x (x + 0) = x A3 9 (0 +0) = 0 8 ∀E 10 (0 ⋅ sa) = 0 7, 9 =E

11 (0 ⋅ a) = 0 → (0 ⋅ sa) = 0 3–10 →I

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12 ∀x ((0 ⋅ x) = 0 → (0 ⋅ sx) = 0) 11 ∀I 13 ∀x (0 ⋅ x) = 0 2, 12 IND

(7) Nella notazione ufficiale, il teorema da dimostrare è:

|– ∀x (ss0 ⋅ x) = (x + x)

1 ∀x (x ⋅ 0) = 0 A5 2 (ss0 ⋅ 0) = 0 1 ∀E 3 ∀x (x + 0) = x A3 4 (0 + 0) = 0 3 ∀E 5 (ss0 ⋅ 0) = (0 + 0) 2, 4 =E

6 (ss0 ⋅ a) = (a + a) H (per →I) 7 ∀x∀y (x ⋅ sy) = ((x ⋅ y) + x) A6 8 ∀y (ss0 ⋅ sy) = ((ss0 ⋅ y) + ss0) 7 ∀E 9 (ss0 ⋅ sa) = ((ss0 ⋅ a) + ss0) 8 ∀E 10 (ss0 ⋅ sa) = ((a + a) + ss0) 6, 9 =E 11 ∀x∀y (x + sy) = s(x + y) A4 12 ∀y ((a + a) + sy) = s((a + a) + y) 11 ∀E 13 ((a + a) + ss0) = s((a + a) + s0) 12 ∀E 14 (ss0 ⋅ sa) = s((a + a) + s0) 10, 13 =E 15 ((a + a) + s0) = s((a + a) + 0) 12 ∀E 16 (ss0 ⋅ sa) = ss((a + a) + 0) 14, 15 =E 17 ∀x (x + 0) = x A3 18 ((a + a) + 0) = (a + a) 17 ∀E 19 (ss0 ⋅ sa) = ss(a + a) 16, 18 =E 20 ∀y (a + sy) = s(a + y) 11 ∀E 21 (a + sa) = s(a + a) 20 ∀E 22 (ss0 ⋅ sa) = s(a + sa) 10, 21 =E 23 ∀y (sa + sy) = s(sa + y) 11 ∀E 24 (sa + sa) = s(sa + a) 23 ∀E 25 ∀y∀x (x + y) = (y + x) IT 11.19 26 ∀x (x + sa) = (sa + x) 25 ∀E 27 (a + sa) = (sa + a) 26 ∀E 28 (sa + sa) = s(a + sa) 24, 27 =E 29 (ss0 ⋅ sa) = (sa + sa) 22, 28 =E

30 (ss0 ⋅ a) = (a + a) → (ss0 ⋅ sa) = (sa + sa) 6–29 →I 31 ∀x ((ss0 ⋅ x) = (x + x) → (ss0 ⋅ sx) = (sx + sx)) 30 ∀I 32 ∀x (ss0 ⋅ x) = (x + x) 5, 31 IND

(1) |– ∀x∀y(x < y ↔ y > x)

1 b > a → b > a IT Esercizo 4.3(1) 2 b > a ↔ b > a 1, 1 ↔I 3 a < b ↔ b > a 2 D> 4 ∀y(a < y ↔ y > a) 3 ∀I 5 ∀x∀y(x < y ↔ y > x) 4 ∀I

(2) |– ∀x∀y(x < y → x ≤ y)

1 a < b → (a < b ∨ a = b) IT 4.34 2 a < b → a ≤ b 1 D≤

3 ∀y(a < y → a ≤ y) 2 ∀I 4 ∀x∀y(x < y → x ≤ y) 3 ∀I

(3) |– ∀x∀y(x > y → x ≥ y)

1 ∀x∀y(y < x → y ≤ x) IT Esercizio 11.4(2) 2 ∀x∀y(x > y → y ≤ x) 1 D> 2 ∀x∀y(x > y → x ≥ y) 1 D≥

Esercizio 11.4

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Soluzioni agli esercizi supplementari 65

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(4) |– ∀x x ≤ x

1 a = a =I 2 a = a → (a = a ∨ a < a) IT 4.34 3 a = a ∨ a < a 1, 2 →E 4 a < a ∨ a = a 3 COM 5 a ≤ a 4 D≤ 6 ∀x x ≤ x 5 ∀I

(5) |– ∀x∃y y > x

1 ∀x ∼0 = sx A1 2 ∼0 = s0 1 ∀E 3 ∀x∀y (x + sy) = s(x + y) A4 4 ∀y (a + sy) = s(a + y) 3 ∀E 5 (a + s0) = s(a + 0) 4 ∀E 6 ∀x (x + 0) = x A3 7 (a + 0) = a 6 ∀E 8 (a + s0) = sa 5, 7 =E 9 ∼0 = s0 & (a + s0) = sa 2, 8 &I 10 ∃z(∼0 = z & (a + z) = sa) 9 ∃I 11 a < sa 10 D< 12 sa > a 11 D> 13 ∃y y > a 12 ∃I 14 ∀x∃y y > x 13 ∀I

(1) La forma dell’argomentazione può essere rappresentata come segue:

B ιx(Sx & Pxm) |– ∃x(Sx & Pxm)

Ecco la dimostrazione:

1 B ιx(Sx & Pxm) A 2 ∃x(((Sx & Pxm) & ∀y((Sy & Pym) → x = y)) & Bx) 1 Definizione 3 ((Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y)) & Ba H (per ∃E) 4 (Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y) 3 &E 5 Sa & Pam 4 &E 6 ∃x(Sx & Pxm) 5 ∃I 7 ∃x(Sx & Pxm) 2, 3–6 ∃E

(2) B ιx(Sx & Pxm) |– ∀x∀y(((Sx & Pxm) & (Sy & Pym)) → x = y)

1 B ιx(Sx & Pxm) A 2 ∃x(((Sx & Pxm) & ∀y((Sy & Pym) → x = y)) & Bx) 1 Definizione 3 ((Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y)) & Ba H (per ∃E) 4 (Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y) 3 &E 5 ∀y((Sy & Pym) → a = y) 4 &E 6 (Sb & Pbm) → a = b 5 ∀E 7 (Sc & Pcm) → a = c 5 ∀E 8 (Sb & Pbm) & (Sc & Pcm) H (per →I) 9 Sb & Pbm 8 &E 10 a = b 6, 9 →E 11 Sc & Pcm 8 &E 12 a = c 7, 11 →E 13 a = b & a = c 10, 12 &I 14 (a = b & a = c) → b = c IT Eserc. 11.1(4) 15 b = c 13, 14 →E 16 ((Sb & Pbm) & (Sc & Pcm))→ b = c 8–15 →I 17 ((Sb & Pbm) & (Sc & Pcm))→ b = c 2, 3–16 ∃E

Esercizio 11.5

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18 ∀y(((Sb & Pbm) & (Sy & Pym))→ b = y) 17 ∀I 19 ∀x∀y(((Sx & Pxm) & (Sy & Pym)) → x = y) 18 ∀I

(3) B ιx(Sx & Pxm) |– ∀x((Sx & Pxm) → Bx)

1 B ιx(Sx & Pxm) A 2 ∃x(((Sx & Pxm) & ∀y((Sy & Pym) → x = y)) & Bx) 1 Definizione 3 ((Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y)) & Ba H (per ∃E) 4 (Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y) 3 &E 5 Ba 3 &E 6 ∀y((Sy & Pym) → a = y) 4 &E 7 (Sb & Pbm) → a = b 4 &E 8 (Sb & Pbm) H (per →I) 9 a = b 7, 8 →E 10 Bb 5, 9 =E 11 (Sb & Pbm) → Bb 8–10 →I 12 (Sb & Pbm) → Bb 2, 3–11 ∃E 13 ∀x((Sx & Pxm) → Bx) 12 ∀I

(4) ∼B ιx(Sx & Pxm), ∃x((Sx & Pxm) & Bx) |– |– ∃x∃y(((Sx & Pxm) & (Sy & Pym)) & ∼x = y)

1 ∼B ιx(Sx & Pxm) A 2 ∃x((Sx & Pxm) & Bx) A 3 ∼∃x(((Sx & Pxm) & ∀y((Sy & Pym) → x = y)) & Bx) 1 Definizione 4 ∀x∼ (((Sx & Pxm) & ∀y((Sy & Pym) → x = y)) & Bx) 3 SQ 5 (Sa & Pam) & Ba H (per ∃E) 6 ∼ (((Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y)) & Ba) 4 ∀E 7 ∼ ((Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y)) ∨ ∼Ba 6 DM 8 Ba 5 &E 9 ∼∼Ba 8 DN 10 ∼ ((Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y)) 7, 9 SD 11 ∼ (Sa & Pam) ∨ ∼∀y((Sy & Pym) → a = y) 10 DM 12 Sa & Pam 5 &E 13 ∼∼ (Sa & Pam) 12 DN 14 ∼∀y((Sy & Pym) → a = y) 11, 13 SD 15 ∃y∼ ((Sy & Pym) → a = y) 14 SQ 16 ∼ ((Sb & Pbm) → a = b H (per ∃E) 17 (Sb & Pbm) & ∼a = b 16 IE Eserc. 4.5(6) 18 Sb & Pbm 17 &E 19 (Sa & Pam) & (Sb & Pbm) 12, 18 &I 20 ∼a = b 17 &E 21 ((Sa & Pam) & (Sb & Pbm)) & ∼a = b 19, 20 &I 22 ∃y(((Sa & Pam) & (Sy & Pym)) & ∼a = y) 21 ∃I 23 ∃y(((Sa & Pam) & (Sy & Pym)) & ∼a = y) 15, 16–22 ∃E 24 ∃x∃y(((Sx & Pxm) & (Sy & Pym)) & ∼x = y) 23 ∃I 25 ∃x∃y(((Sx & Pxm) & (Sy & Pym)) & ∼x = y) 2, 5–24 ∃E

(5) ∼B ιx(Sx & Pxm) |– |– ∃x((Sx & Pxm) & ∀y((Sy & Pym) → x = y)) → ∃x((Sx & Pxm) & ∼Bx)

1 ∼B ιx(Sx & Pxm) A 2 ∼∃x(((Sx & Pxm) & ∀y((Sy & Pym) → x = y)) & Bx) 1 Definizione 3 ∀x∼ (((Sx & Pxm) & ∀y((Sy & Pym) → x = y)) & Bx) 2 SQ 4 ∃x((Sx & Pxm) & ∀y((Sy & Pym) → x = y)) H (per →I) 5 (Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y) H (per ∃E) 6 ∼ (((Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y)) & Ba) 3 ∀E 7 ∼ ((Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y)) ∨ ∼Ba 6 DM 8 ∼∼ ((Sa & Pam) & ∀y((Sy & Pym) → a = y)) 5 DN

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Soluzioni agli esercizi supplementari 67

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9 ∼Ba 7, 8 SD 10 Sa & Pam 5 &E 11 (Sa & Pam) & ∼Ba 9, 10 &I 12 ∃x((Sx & Pxm) & ∼Bx) 11 ∃I 13 ∃x((Sx & Pxm) & ∼Bx) 4, 5–12 ∃E 14 ∃x((Sx & Pxm) & ∀y((Sy & Pym) → x = y)) → ∃x((Sx & Pxm) & ∼Bx)

4–13 →I

(1) |– P → P

1 P → P IT 11.27 2 P → P IT 11.27 2 P → P 1, 2 SI

(2) |– P → P

1 P → P IT 11.27 2 P → P SA4 3 P → P 1, 2 SI

(3) |– P → P

1 P → P IT 11.31 2 P → P SA3 3 P → P 1, 2 SI

(4) |– ∼P ↔ ∼P

1 P ↔ ∼∼P SA1 2 ∼P ↔ ∼∼∼P 1 Esercizio 4.2(2) 3 ∼P ↔ ∼P 2 DN

(5) |– ∼P ↔ ∼P

1 ∼P ↔ ∼∼∼P SA1 2 ∼P ↔ ∼P 1 DN

(6) |– ∼∼(P ∨ ∼P)

1 P ∨ ∼P IT 4.36 2 (P ∨ ∼P) → (P ∨ ∼P) IT Esercizio 11.6(1) 3 (P ∨ ∼P) 1, 2 →E 4 (P ∨ ∼P) 3 N 5 ∼∼(P ∨ ∼P) 4 SA1

Al passo 5 usiamo SA1 come un’equivalenza per operare la sostituzione nel mo-do indicato nel Paragrafo 4.6 (si veda l’Esercizio risolto 11.27).

(7) |– (P & Q) ↔ (P & Q)

1 P & Q H (per →I) 2 P 1 &E 3 (P & Q) → P 1–2 →I 4 ((P & Q) → P) 3 N 5 ((P & Q) → P) → ((P & Q) → P) SA2 6 (P & Q) → P 4, 5 →E 7 (Q & P) → Q IT riga 6 8 (P & Q) → Q 7 COM 9 (P & Q) H (per →I) 10 P 6, 9 →E 11 Q 8, 9 →E 12 P & Q 10, 11 &I

Esercizio 11.6

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13 (P & Q) → (P & Q) 9–12 →Ι 14 P → (Q → (P & Q)) IT Esercizio 4.3(2) 15 (P → (Q → (P & Q))) 19 N 16 (P → (Q → (P & Q))) → (P → (Q → (P & Q))) SA2 17 P → (Q → (P & Q)) 15, 16 →E 18 (Q → (P & Q)) → (Q → (P & Q)) SA2 19 P → (Q → (P & Q)) 17, 18 SI 20 P & Q H (per →I) 21 P 20 &E 22 Q → (P & Q) 19, 21 →E 23 Q 20 &E 24 (P & Q) 22, 23 →E 25 (P & Q) → (P & Q) 20-24 →I 26 (P & Q) ↔ (P & Q) 17, 29 ↔I

La strategia generale consiste in un’applicazione di ↔I. Per ottenere il primo dei due condizionali richiesti (righe 9–13) c’è bisogno di ‘(P & Q) → P’ e ‘(P & Q) → Q’, che dimostriamo come teoremi alle righe 6 e 8 servendoci di un’applicazione di N alla riga 4. Per ottenere il secondo dei condizionali (righe 20–25) serve P → (Q → (P & Q)), che dimostriamo alla riga 19 servendoci di un’applicazione di N alla riga 15. Si noti che, per evitare una tediosa duplica-zione del lavoro, alla riga 7 applichiamo IT citando un teorema dimostrato in questo stesso esercizio alla riga 6: ciò è legittimo, dato che qualunque formula che in una dimostrazione non dipende da ipotesi è un teorema a tutti gli effetti.

(8) |– (P & Q) → (P & Q)

1 ∼P → (∼P ∨ ∼Q) IT 4.34 2 ∼P → ∼(∼∼P & ∼∼Q) 1 DM 3 ∼P → ∼(P & Q) 2 DN (2 volte) 4 (∼P → ∼(P & Q)) 3 N 5 (∼P → ∼(P & Q)) → (∼P → ∼(P & Q)) SA2 6 ∼P → ∼(P & Q) 4, 5 →E 7 ∼Q → ∼(Q & P) IT riga 6 8 ∼Q → ∼(P & Q) 7 COM 9 (P & Q) H (per →I) 10 ∼∼(P & Q) 9 SA1 11 ∼∼P 6, 10 MT 12 P 11 SA1 13 ∼∼Q 8, 10 MT 14 Q 13 SA1 15 P & Q 12, 14 &I 16 (P & Q) → (P & Q) 9–15 →I

In questo caso, per la dimostrazione del condizionale desiderato mediante →I (righe 9–16) c’è bisogno dei condizionali che dimostriamo come teoremi alle ri-ghe 6 e 8, partendo da un’applicazione di N alla riga 4.

(9) |– (P ∨ Q) → (P ∨ Q)

1 P ∨ Q H (per →I) 2 P ∨ ∼∼Q 1 SA1 3 ∼∼P ∨ ∼∼Q 2 SA1 4 ∼(∼P & ∼Q) 3 DM 5 (∼P & ∼Q) → (∼P & ∼Q) IT Esercizio 11.6(8) 6 ∼(∼P & ∼Q) 4, 5 MT 7 ∼∼(P ∨ Q) 6 DM 8 (P ∨ Q) 7 SA1

9 (P ∨ Q) → (P ∨ Q) 1–8 →I

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Soluzioni agli esercizi supplementari 69

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(10) |– (P ∨ Q) ↔ (P ∨ Q)

1 (P ∨ Q) ↔ ∼∼(P ∨ Q) SA1 2 (P ∨ Q) ↔ ∼(∼P & ∼Q) 1 DM 3 (P ∨ Q) ↔ ∼(∼P & ∼Q) IT Esercizio 11.6(7) 4 (P ∨ Q) ↔ (∼∼P ∨ ∼∼Q) 3 DM 5 (P ∨ Q) ↔ (P ∨ Q) 4 SA1 (2 volte)