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Val BavonaPremio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, diciassettesima edizione

Fondazione Benetton Studi Ricerche

Treviso 2006

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Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, 20064

1996La FresnedaSpagna Luogo di Filippo II (1527-1598)nei dintorni dell’Escorial.José Luis Aguirre Borrell, proprietario;Luis Cervera Vera, storico dell’arte.

1997Dessau-Wörlitzer GartenreichGermaniaRegno dei giardini del principe Franz von Anhalt (1751-1817).Kulturstiftung Dessau-Wörlitz, Giardineria.

1998Cerca do Mosteiro de TibãesMinho, PortogalloMonastero benedettino nei dintorni di Braga.Instituto Português do Património Arquitectónico.

1999Cave di CusaSicilia, ItaliaCave di pietra per i templi di Selinunte, secolo V a.C. Vincenzo Tusa, soprintendente BAA.

2000L’AgdalMarrakech, MaroccoOrto e frutteto fondato dagli Almohadi nel secolo XII d.C.Domaines Agricoles Royaux.

2001CastelvecchioVerona, ItaliaRinnovato come complesso museale periniziativa di Licisco Magagnato (1921-1987)e per opera di Carlo Scarpa (1906-1978).Comune di Verona, Direzione musei.

2002I Giardini del Castello di PragaRepubblica CecaRinnovati per iniziativa di Tomá� Garrigue Masaryk (1850-1937) e per opera di Jo�e Ple�nik (1872-1957).Amministrazione del Castello, Giardineria.

2003I sentieri di fronte all’AcropoliAtene, GreciaOpera di Dimitris Pikionis (1887-1968).Agni Pikionis.

2004Kongenshus MindeparkJutland, DanimarcaMemoriale degli agricoltori, opera di Carl Theodor Sørensen (1893-1979) e Hans Georg Skovgaard (1898-1969).Hedeselskab/Società della Brughiera.

2005Deir Abu MaqarWadi en-Natrun, EgittoMonastero copto di San Macario, fondato nel IV secolo e rifondato nel XXdal monaco Matta El Meskin.

2006Val BavonaCanton Ticino, SvizzeraUn luogo e una comunità della montagna.Fondazione Valle Bavona.

Premio Internazionale Carlo Scarpa

per il Giardino, 1990-2006

Il sigillo disegnato e firmato da Carlo Scarpaper il giardino-sepolcro di San Vitod’Altivole, Treviso (ottone brunito, mm 83 x 35 x 15), porta inciso sul fondo il nome del luogo designato dal premio eviene consegnato alla persona o all’istituzioneche ne è responsabile.Pubblichiamo di seguito, dalla prima edizionedel premio (1990) alla diciassettesima (2006),l’elenco dei luoghi designati, indicando il toponimo, la collocazione geografica, una sintetica descrizione e, in corsivo, la persona o l’istituzione alla quale è statoaffidato il sigillo.

1990Sítio Santo Antônio da BicaBarra de Guaratiba, Rio de Janeiro, BrasileCasa e laboratorio paesaggistico di Roberto Burle Marx (1909-1994).

1991premio speciale a Rosario Assunto

Filosofo italiano (1915-1994), protagonista della battaglia di idee per il paesaggio e il giardino.

1992SissinghurstKent, Regno UnitoCasa e giardino di Vita Sackville-West e Harold Nicolson.Pamela Schwerdt, Sibylle Kreutzberger,giardiniere responsabili dal 1959 al 1990.

1993Désert de RetzÎle de France, FranciaGiardino creato (negli anni 1774-1789) da Monsieur de Monville. Olivier Choppin de Janvry, presidente degli Amici del Désert de Retz.

1994Viale degli EroiTirgu Jiu, Oltenia, RomaniaOpera di Constantin Brancusi (1876-1957). Ministero della Cultura di Romania.

1995La Foresta della MemoriaEnskede, Stoccolma, SveziaCimitero, opera di Erik Gunnar Asplund (1885-1940) e Sigurd Lewerentz (1885-1975). Comune di Stoccolma, Dipartimento Cimiteri.

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Val Bavona 5

Giuria

Carmen Añón, paesaggista, docente nell’Università di Madrid, presidente onorario del Comitato internazionale per il giardinostorico dell’ICOMOS (International CouncilMonuments Sites).

Domenico Luciani, architetto, paesaggista, direttore della Fondazione Benetton Studi Ricerche,Treviso, coordinatore della giuria.

Monique Mosser, storica dell’arte, docente nella Scuolasuperiore di architettura di Versailles, CNRS, componente il Comitato internazionale per il giardino storico dell’ICOMOS.

Ippolito Pizzetti, paesaggista, saggista, docentenell’Università di Ferrara.

Lionello Puppi, storico dell’arte, professore emerito dell’Università di Venezia, presidente della giuria.

Membri onorari

Sven-Ingvar Andersson, paesaggista, professore emeritodell’Accademia Reale Danese di Belle Arti,Copenaghen, nella giuria dal 2002 al 2005;membro onorario dal 2006.

Thomas Wright, già consulente del National Trust e docentenell’Università di Londra (Wye College),nella giuria dal 1990 al 2000; membro onorario dal 2001.

Regolamento del premio

La Fondazione Benetton Studi Ricerche promuove annualmente una campa-

gna di attenzioni verso un luogo particolarmente denso di valori di na tura e di

memoria, campagna denominata Premio Internazionale Carlo Scarpa per il

Giardino.

Finalità

Il premio intende contribuire a elevare e diffondere la cultura di “governo del pae-saggio”; si propone come occasione e strumento per far conoscere, al di là dei con-fini delle ristrette comunità di specialisti, il lavoro intellettuale e manuale neces-sario per governare le modificazioni dei luoghi, per salvaguardare e valorizzare ipatrimoni autentici di natura e di memoria; lavoro ancora privo di statuto scien-tifico e di curriculum formativo, nel quale confluiscono le scienze, le tecniche, learti e i mestieri più diversi; lavoro che si svolge attraverso l’identificazione deisegni e dei caratteri costitutivi dei siti, la conterminazione dei loro ambiti; lavoroche prevede atti creativi, programmi lungimiranti di rinnovo, pratiche quotidianedi cura e manutenzione, norme che regolano la convivenza, nello stesso luogo, dipatrimoni naturali, sedimenti culturali e presenze umane; lavoro che rifugge daogni fenomeno effimero o ricerca d’effetto, e che trova il suo difficile parametronella lunga durata; lavoro che ricerca l’equilibrio tra conservazione e innovazione,in condizioni di continua mobilità del gusto e di permanente trasformazione delruolo che la natura e la memoria esercitano nelle diverse civilizzazioni e fasi sto-riche.

Motivazione

La giuria sceglie annualmente un luogo che presenti caratteri, meriti attenzioni,susciti riflessioni pertinenti alle finalità del premio e motiva per iscritto la propriascelta. Le decisioni della giuria sono insindacabili.

Agenda

La giuria propone e coordina, nel corso della campagna, le azioni che ritiene utilialla salvaguardia e alla valorizzazione del luogo segnalato rivolgendosi, ancheattraverso gli strumenti di comunicazione sociale, agli amministratori pubblici,alle comunità scientifiche, artistiche, tecniche, operative, e in generale a quantisono impegnati o interessati a promuovere l’elevazione del gusto, la formazione dinuove attitudini all’indagine e al progetto, la qualificazione delle modalità gestio-nali dei paesaggi e dei giardini. In particolare sono previste: la pubblicazione di undossier per la conoscenza del luogo, della sua storia, geografia e condizioni attua-li, dei suoi committenti, artefici e curatori; la raccolta di materiali bibliografici ecartografici pertinenti che saranno messi in consultazione nella biblioteca/centrodocumentazione della Fondazione Benetton Studi Ricerche; l’organizzazione di unincontro pubblico, nel corso del quale viene consegnato all’ente o alla personaresponsabile del governo del luogo un riconoscimento simbolico, costituito dal“sigillo” disegnato da Carlo Scarpa (1906-1978), l’inventore di giardini che dà ilnome al premio. Rosario Assunto (1915-1994),

filosofo, è stato presidente della giuria nel1990, presidente onorario dal 1991 al 1994.

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Motivazione della giuria

La giuria del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino ha decisodi dedicare l’edizione 2006 alla Val Bavona, luogo asperrimo di montagna,nel Canton Ticino, in Svizzera, solco breve e profondo, “orrido e a me no”,sca vato dal ghiacciaio, plasmato dall’acqua e dalla pietra con i tempi dellageologia, nel quale una comunità di un migliaio di abitanti ha saputo con-frontarsi con la potenza e con la durezza della natura definendo nel tempo leidee, i comportamenti, le misure e i manufatti di una antropologia dell’e-stremo. La forma e la vita della valle compongono un organismo geograficoe storico unitario, disegnato da figure diverse, ognuna delle quali è leggibi-le con particolare nettezza.

Il ghiacciaio. Lo si intuisce nel profilo a U della valle e lo si vede sul Ba sò dino(3.272 metri) e sulle altre montagne dove ancora resiste ai mutamenti cli ma -ti ci e alle ben note insidie epocali.

L’acqua. Da questi ghiacciai inizia il bacino stretto di 124 chilometri qua-drati, dei quali l’80 per cento è sopra i 1.400 metri di altitudine, e il corso ri -pido del fiume, che discende in una decina di chilometri, fino a immettersi, aquota 500, nel fiume Maggia, che a sua volta arriva dopo un’altra ventina dichilometri al Lago Maggiore, a quota 197. Il suono e la forza del fiume, chepare prenda il nome dalla sua schiuma bianca e tumultuosa (era chiamatoBa vone), ci arrivano, oggi che il greto è asciutto, dalla cascata di Foroglio,l’u nica sopravvissuta ai grandi lavori idroelettrici della metà del XX secolo.Lun go il corso del fiume troviamo tuttavia di continuo segni, simboli e at -trezzi di una civiltà materiale sobria e dignitosa, “rude e gentile”. Possiamoimmaginare l’impeto delle piene e il senso di pericolo che le accompagnavae che ci è stato de scritto da tante testimonianze dirette. Possiamo capirecome la memoria del fiume possa durare così a lungo, come la sua assenzacontinui ad essere in sopportabile, e come quell’improvviso silenzio seguitoalla moderna deviazione intubata possa costituire una ferita ancora oggi cosìaperta nella sensi bilità collettiva. Salendo a Robiei, dove i prati dell’alpe(alpeggio) hanno fatto spazio anche a un bacino idroelettrico, possiamo cono-scere, nelle turbi ne e nelle gallerie dentro la montagna, la nuova condizionedell’acqua nel mondo contemporaneo.

I monti: i due fianchi della valle. L’orientamento da nord-ovest a sud-est lirende assai diversi per sole, vento, frane, ma parimenti erti, e quasi im -praticabili. Eppure tutto l’organismo vitale si fonda sulla mobilità stagiona-le “verticale” attraverso sentieri e passaggi vertiginosi per la transumanza.Prima dell’inverno gli animali vengono fatti scendere a fondovalle e dopol’inverno vengono portati a quote com prese tra i 1.300 e i 2.300 a caricare glialpi, che erano 20 a fine Ottocento (con 449 mucche e 2.740 capre), mentreora ce n’è uno solo che resiste perché può usare u na funivia. Le terre: i nucleidell’insediamento umano nel fondovalle che sale per una decina di chilome-tri da quota 500 a quota 1.000, largo appena qualche cen tinaio di metri. Qui

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hanno trovato posto dodici terre, abitate dai terrieri nell’arco di tutto l’annofino al XVI secolo, e poi solo nella buona stagione, grumi di case raccolte neiposti che vedono il sole, con i loro edifici devozionali, con una radura intor-no, oltre la quale si ergono i monti, due foreste verticali di pietre, alberi, pic-cole strisce d’erba esposta in cenge vertiginose, corone, erba raccoltaanch’essa ad ogni co sto nonostante la “lista delle croci”. Le terre sono stac-cate l’una dall’altra quan to serve perché ognuna abbia i propri tratti fisio-nomici riconoscibili, quel po’ di prato che le è indispensabile e il proprionome: Mondada, Fon tana, Al ne do, Sabbione, Ritorto, Foroglio, Roseto,Fontanellata, Faedo, Bol la, Son ler to, San Carlo. Erano collegate fino allametà del XX secolo da una stra da di valle (per le mucche) e da altri percorsiminori, per mezzo di ma nufatti e artifici leggeri, passerelle provvisorie, con-cepite per essere travolte dal l’acqua o dalle pietre, e ricostruite subito dopo.

Terre, insediamenti misurati, collegamenti riattati dopo ogni piena e dopoogni frana, alpi re golati da ferree norme d’uso nelle loro varie stazioni ecorti (malghe), dai maggenghi ai pascoli alti e, tra le une e gli altri, sentieritanto rischiosi quanto indispensabili; questo insieme definisce nello spazio enel tempo la fisionomia sto rica, geografica, antropologica di un luogo chepone alle nostre generazioni, con tensione del tutto particolare nella crisi delmondo contemporaneo, l’interrogativo sui modi possibili di una salvaguardiae valorizzazione al riparo dalla prospettiva omologante delle brevi stagionituristiche e delle manifestazioni effimere.

La Val Bavona mette dunque in questione il rapporto, impervio anch’esso,tra conservazione e innovazione dei patrimoni di natura e di memoria. Al dilà dello stupefacente catalogo di beni naturali, storici, etnoantropolo gi ci che illuogo conserva in sé, le ragioni che rendono la Val Bavona un ca so degno di

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speciale attenzione, e che hanno determinato la decisione della giu ria, vannoinfatti cercate nel più prezioso dei suoi patrimoni, che consiste nel la presenzadi una comunità dotata di un livello raro di consapevolezza, per fino orgogliosadegli elementi di peculiarità e di diversità, i quali non ven go no vissuti comeantiche miserie di cui vergognarsi ma, al contrario, ven gono per cepiti edescritti come eredità da trasmettere, come valori, qua si come privilegi. Di quinasce l’autorevolezza degli organismi che ne sono re sponsabili, i Co muni e ipatriziati di Cavergno e Bignasco, la Fon da zione Val le Bavona, il Can tone, laConfederazione. Di qui la partecipazione allo sfor zo di definire stru menti rego-latori, norme d’uso del suolo e dell’ambiente, manuali di buone pra tiche per gliinterventi sui manufatti e sulle opere del l’arte e del lavoro. Di qui l’attenzionealle proposte e alle sperimentazioni che puntano a ricostruire bra ni di nuovaeconomia e di nuova antropologia della montagna; e dunque l’alpeggio, ilgoverno del bosco, le nuove ar ti, i nuovi me stieri, la manutenzione severa, lacentralità insomma di una presenza umana stabile e vigile.

Possiamo qui conoscere una comunità che pren de in carico le testimonian-ze di una civiltà materiale di cui è provvisorio responsabile, il cui valore nonviene da emergenze monumentali o committenze famose, ma dall’ingegno edal lavoro delle generazioni precedenti, dalla tensione irriducibile a nonabbandonare la montagna e a dare così senso alla vita e alla morte, dal carat-tere radicale del confronto con una na tura terribile e meravigliosa fino amostrare il sacro. Possiamo qui ascoltare una comunità che continua a can-tare la bellezza di uno stile di vita sobrio, fino all’assenza di energia elettri-ca nelle abitazioni, come utopia concreta, come modo semplice e quotidianodi continuare, conservare, innovare l’accanita ricerca di spazio vitale che haconnotato la propria storia, riuscendo a rendere utili perfino i grandi massifranati, con la terra portata so pra di essi per farne frammenti di orto e diprato, o con l’uso funzionale degli anfratti nei grondàn, cantìn, e negli splüi.

Vi è insomma in questo luogo, a custodia attiva dei suoi caratteri, una con-dizione singolare resa possibile dai legami profondi, dalla conoscenza criticadella propria storia, da una lunga e viva tradizione di intelligenze e di talen-ti, tra i quali spiccano le figure di Federico Balli (1854-1889), imprenditore esaggista, e di Plinio Martini (1923-1979), maestro elementare, poeta, scritto-re di alta qualità e di forte tensione civile. Questa tradizione non si è spenta,ed è oggi visibilmente operante. Agli eredi di questa tradizione, ai custodidi oggi, la giuria consegna il sigillo di Carlo Scarpa, riconoscimento perquan to hanno fatto e fanno, caloroso incoraggiamento a continuare. Affinchéque sta valle mostri come la forza della storia di lunga durata di un luogo,quan do sia davvero criticamente conosciuta e amata da chi vi è insediato ene è responsabile, possa costituire il timone meno incerto nella tempestadel le trasformazioni travolgenti del nostro tempo. E affinché ci aiuti a im -ma ginare come un altro mondo sia forse possibile.

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a p. 11:4. Il Canton Ticino, in un dettaglio tratto dallaCarta Nazionale della Svizzera, scala 1:100.000,Ufficio federale di topografia-Swisstopo, 2001(foglio n. 42, Oberwallis; foglio n. 43, Sopra Ceneri;foglio n. 47, Monte Rosa; foglio n. 48, SottoCeneri). La parte entro il tratteggio rinvia allacarta successiva, fig. 5.

Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, 200610

Svizzera

Canton Ticino

Valmaggia

Val Bavona

1. Le unità federate della Svizzera, corrispondentiagli omonimi cantoni, a eccezione di Basilea,Appenzell e Unterwalden, divisi ciascuno in duesemicantoni. Carta tratta da Svizzera, TouringClub Italiano, Milano 1997 (Guida d’Europa),p. 11.AR Appenzell AussherrhodenAI Appenzell InnerrhodenAG AargauBE BernBS Basel-StadtBL Basel-LandschaftFR FribourgGE GenèveGL GlarusGR GraubündenJU JuraLU LuzernNE Neuchâtel

2. Le aree linguistiche della Svizzera (carta tratta da Svizzera 1997, p. 14).

tedesco

francese

italiano

romancio

1

2

3

3. Carta della Svizzera tratta da Atlantedell’edilizia rurale in Ticino. Valmaggia, a cura diGIOVANNI BUZZI, Edizioni Scuola tecnicasuperiore del Cantone Ticino, Lugano 1997. Laparte entro il tratteggio rinvia alla cartasuccessiva, fig. 4.

a p. 12:5. La Valmaggia, in un dettaglio tratto dalla CartaNazionale della Svizzera, scala 1:100.000, Ufficiofederale di topografia-Swisstopo, 2001 (foglio n. 42,Oberwallis e foglio n. 43, Sopra Ceneri). La parteentro il tratteggio rinvia alla carta successiva, fig. 6.

a p. 13:6. La Val Bavona, in un dettaglio tratto dalla Carta Nazionale della Svizzera, scala 1:50.000,Ufficio federale di topografia-Swisstopo, 2003(foglio n. 265, Nufenenpass; foglio n. 266, ValleLeventina; foglio n. 275, Valle Antigorio; foglio n. 276, Val Verzasca).

NW NiwaldenOW ObwaldenSG Sankt GallenSH SchaffhausenSO SolothurnSZ SchwitzTI TicinoTG ThurgauUR UriVD VaudVS ValaisZG ZugZH Zurich

50 km0 25

50 km0 25

50 km0 25

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Val Bavona 11

0 10 km

4

Bavona

Valmaggia

Lavizzara

Val

Val

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cambi repentini delle condizioniatmosferiche con i quali bisogna semprefare i conti.Tornando alla profondità della ValBavona, è importante richiamarel’attenzione sui seguenti dati:• la Valmaggia, della quale la Bavona èuna valle laterale, si apre e si estendeverso nord-ovest da Locarno, situata a193 metri sul livello del mare (si vedanoin particolare le carte alle pp. 11-12);• a 22 chilometri in linea d’aria daLocarno si trovano Bignasco eCavergno, a quota 450 e all’imbocco dellaBavona, che si sviluppa pure verso nord-ovest;• a 11 chilometri di strada da Cavergno,si trova San Carlo, a quota 930, che èanche l’ultima delle dodici terre (nuclei)disseminate sul fondovalle (si veda lacarta a fianco);• a soli 4,5 chilometri di distanza c’è ilmassiccio del Basòdino con la vetta a3.270 metri.Con questi parametri non è difficile capireperché la Valmaggia, malgrado i 30chilometri quasi pianeggianti da Cavergnoa Locarno, sia normalmente consideratacome una delle valli più ripide delle Alpi –figuriamoci cosa si può dire della Bavona –e perché, per gli specialisti, costituisca uncorridoio per i venti che, insieme allafauna, sono all’origine di un curiososcambio di specie botaniche tra il nord e ilsud delle Alpi.A complicare le cose, la Val Bavona èuna valle glaciale (in forma di U), con ilfondovalle di 500-600 metri di larghezzaracchiuso da pareti rocciose, di 500-1.000

Cenni geografici e morfologici

a cura di LUIGI MARTINI

Della Val Bavona si è scritto in lungo ein largo; grazie alla fotografia sono stateesportate in tutto il mondo le immaginidei suoi siti più significativi; diversifilmati hanno documentato il vivere inquesta valle; si potrebbe pensare che siastato detto tutto, ma non è così. La Bavona è un angolo di mondotalmente particolare, che ci sarà semprenuovo spazio di ricerca e di scoperta perchi la sa percorrere, di fantasia per chi lasa vedere, di storia per chi sa cercare, diracconti per chi sa scrutare nelle vicendedei suoi abitatori.Dire degli alpi di Val Bavona senza unrichiamo, sia pure sintetico, allecondizioni geografiche e morfologiche incui si trovano è come parlare di fiorisenza specificare se sono alpini o digiardino.Dire degli alpeggianti bavonesi e delleloro attività di un tempo, senza un cennoalle loro dure lotte per l’esistenza, nonha senso, dal momento che oggi il loromodo di vivere è diventato incredibile.Per il lettore che non conosce la Bavona,e la vuole vedere da vicino, dirò che perquesta valle non esiste via di mezzo: o lasi accetta, e potrà anche entusiasmare, ola si rifiuta, come del resto fecero tantiemigranti, mai più tornati a casa.La valle è profondamente inserita anord-ovest del Ticino, con la sommitàsettentrionale a pochi chilometri dal SanGottardo, che notoriamente costituiscel’incrocio delle grandi valli trasversali elongitudinali delle Alpi centrali.Si tratta di un sito aperto ai quattroventi che spazzano l’Europa ecaratterizzato da una conseguentecostante instabilità meteorologica che,purtroppo, si sviluppa frequentementecon caratteri estremi di precipitazionimeteoriche – di neve anche nel pienodell’estate –, sbalzi di temperatura,

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7. Gli alpi e le terre della Val Bavona, dettagliotratto (e rielaborato) dalla Carta nazionale dellaSvizzera, scala 1:25.000, Ufficio federale ditopografia-Swisstopo, 2002 (foglio n. 1271,Basòdino; foglio n. 1251, Val Bedretto;foglio n. 1291, Bosco/Gurin; foglio n. 1252, Ambrì-Piotta; foglio n. 1272, Pizzo Campo Tencia;foglio n. 1292, Maggia).

0 1 km

alpe

terra

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Superficie della Val Bavona e uso del suoloIl grafico e la tabella qui pubblicati consentonoun’immediata visione della situazione in cui sitrovavano gli abitanti della Val Bavona(superficie totale 124 chilometri quadrati), i quali, per vivere, dovevano far capo a 1,7chilometri quadrati di terreno coltivo, situatotra i 450 e i 900 metri s.l.m., e a 15 chilometriquadrati di pascolo, tra i 900 e i 2.200 metri diquota, di cui il 65 per cento oltre i 1.400. Per raggiungere il 75 per cento del proprioterritorio utile, il bavonese doveva superareun dislivello di 1.100 metri di media.Gli abitanti della valle, nel territorio diCavergno, dovevano essere nel 1350 circa 250;nel 1420 circa 300, nel 1526 intorno ai 350 (con72 capifamiglia); mancano i dati per Bignasco(Presa), dove potevano essere una trentina.Con questi parametri non si può immaginareuna situazione molto migliore nemmeno primadel secolo XVI, nonostante il fondovalle fossemeno gannoso e il pascolo sfruttabilesuperasse i 2.200 metri quadrati. L’estremascarsità di superficie al piano, della quale lagran parte era destinata alla coltivazione deicereali, obbligava l’economia all’assillanteraccolta e preservazione del foraggio per ilperiodo invernale. Nessuno potevapermettersi il mantenimento di più di tre-quattro vacche e una trentina di capre. Il problema non era risolvibile a livelloindividuale, ma nell’ambito di un sistema cheobbligava a dipendere più dalle bracciadisponibili che dai mezzi finanziari.

Tabella e didascalia tratte da: LUIGI MARTINI, Alpi di Val Bavona, in Alpigiani, pascoli emandrie, a cura di BRUNO DONATI e AUGUSTOGAGGIONI, Armando Dadò editore, Locarno 19842,pp. 121-137, p. 25; grafico tratto da: LUIGI MARTINI,La transumanza e l’alpeggio in Valle Bavona,Fondazione Valle Bavona, Cavergno 2003.

Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, 200616

falciatura a mano del “fieno di bosco”che, stipato nei fienili o messo in reti ebuttato giù dalle cenge, dovevagiungere a valle per il nutrimentoinvernale del bestiame.A questo punto non è difficile capireche, oltre i tre mesi dell’alpeggio,necessitavano lunghi periodi dipermanenza sui monti, in pratica damarzo a fine ottobre, né immaginarel’andirivieni su questi pericolosi sentieridi persone, normalmente donne, concarichi di fieno, prodotti alpestri,rifornimenti; alle difficoltà di trasportosi aggiungevano i problemi ditrasferimento per il bestiame grosso, ivitelli, i maiali e, infine, i problemi dipassaggio sui riali che, a causa deitemporali, nel giro di pochi minuti sitrasformavano e asportavanofrequentemente i ponticelli a stanghe,divenendo insuperabili.Sono questi alcuni dei condizionamentiche impegnavano, ben oltre il periododell’alpeggio, le famiglie bavonesi incontinui frazionamenti, spostamenti digente e bestiame, trasporti tra gli alpi, imonti, le terre in valle e i due villaggi,che rendevano il loro vivere diversorispetto a quello nelle valli confinanti, eche ne giustifica pienamente la qualificadi transumanti.

metri di dislivello, poco meno cheverticali, che sono all’origine digigantesche pietraie postglaciali e ditante altre frane, più o meno recenti, chene fanno, per antonomasia, una valle disassi.In pratica, solo una diecina dei 124chilometri quadrati della superficietotale della valle sono vicini agli abitatidel “piano”, tutto il resto è in alto,accessibile solo superando quei continuiostacoli di pietra lungo sentieri che sisnodano su cenge a strapiombo sullavalle e attraverso scalinate nelle forre enegli intagli della roccia.Purtroppo questo retroterra di difficileaccesso costituisce anche l’80 per centodel suolo produttivo (si veda la fig. 8 a p. 17) e il bavonese, che lo sfruttava con imonti e gli alpi fino e oltre i 2.200 metridi quota, per ogni anfratto territoriale hadovuto cercarsi, tra frane, ripidi rialilaterali e il fiume di scontata violenza, unposto sicuro per l’insediamento invernaledi base. Oggi possiamo conoscere ilrisultato di queste ricerche visitando ledodici terre bavonesi: una sintesi digenialità insediativa, semplicitàedificatoria e razionalità urbanistica, checolpisce e sorprende ogni osservatoreattento.Tornando al retroterra bavonese econsiderata la ripidezza dei pendii, inparticolare sul fianco sinistro, il suolo sisfruttava con il pascolo in generale, piùcaprino che bovino e, sui monti, con la

COLTIVO PASCOLO BOSCO IMPRODUTTIVO TOTALEkmq kmq kmq kmq kmq %

m

oltre 2.200 – – – 47,1 47,1 38,0%

1.400-2.200 – 12,9 10,3 28,4 51,6 41,5%

950-1.400 0,2 2,3 3,2 5,9 11,6 9,3%

500-950 1,3 3,8 2,6 5,2 12,9 10,4%

450-500 0,4 0,1 0,2 0,3 1,0 0,8%

totali 1,9 19,1 16,3 86,9 124,2 100,0%km

profili trasversali della valle:a Foroglioa Rosetoa San Carlo

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roccia

roccia in bosco

pietraie su ghiacciaio

pietraie

ghiacciaio

lago

insediamento

diga

altre superfici

bosco

edifici

fiumi

8. Val Bavona, le componenti di uso del suolo.Carta tratta da Pre-studio di fattibilità per un parconazionale nel Locarnese, Regione Locarnese eVallemaggia (RLVM), Locarno 2002, studiorealizzato da: ing. Pippo Gianoni (capoprogetto),Dionea SA, Consulenze ambientali, pianificazione eingegneria forestale e arch. Fabio Giacomazzi-Studio d’Architettura, con la collaborazione delGruppo Parco della RLVM, p. 11; elaborazione subase Carta Nazionale della Svizzera, scala 1:50.000,Ufficio federale di topografia-Swisstopo, 2003.

8

9

0 1

9. Val Bavona, distribuzione dell’uso del suolo: tipidi bosco. Carta tratta da Pre-studio di fattibilitàper un parco 2002, p. 15; elaborazione su base Carta Nazionale della Svizzera, scala 1:50.000, Ufficio federale di topografia-Swisstopo, 2003.

pecceta

lariceto

abetina

bosco pioniere

castagneto

bosco misto di latifoglie

faggeta

ostrieto

bosco golenale

piantagione

3 km2

0 1 3 km2

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0 1 3 km2

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11

10. Val Bavona, le zone agricole e le aree congestione forestale definita. Carta tratta da Pre-studio di fattibilità per un parco 2002, pp. 13 e 17; elaborazione su base Carta Nazionaledella Svizzera, scala 1:50.000, Ufficio federale di topografia-Swisstopo, 2003.

superfici idonee all’agricoltura

alpeggi attivi

riserve forestali “orientate”

area di progetto fondovalle

300-500500-700700-900900-11001100-13001300-15001500-17001700-19001900-21002100-23002300-25002500-27002700-29002900-3100> 3100

11. Val Bavona, distribuzione delle quotealtitudinali. Carta tratta da Pre-studio di fattibilità per un parco 2002, p. 11.

Popolazione attuale della Val Bavona, 2006Gli abitanti nell’arco di tutto l’anno sono 818,di cui 318 nel Comune di Bignasco e 500 nelComune di Cavergno. Nell’inverno gliabitanti occupano le case primarie nei duecentri sede municipale. Nella bella stagione, a partire dalla processione di Gannariente(ogni prima domenica di maggio), lapopolazione si trasferisce anche nelle terree il numero complessivo aumenta, con gliabitanti delle case secondarie, fino a 1.500.

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Val Bavona 19

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0 1 3 km2

12. Val Bavona, attività produttive e insediamential 1998. Carta tratta da Pre-studio di fattibilità perun parco 2002, pp. 25, 33 e 35; elaborazione su baseCarta Nazionale della Svizzera, scala 1:50.000,Ufficio federale di topografia-Swisstopo, 2003.

insediamenti permanenti

insediamenti rurali tradizionali

altre strutture

nessuna indicazione

albergo

capanna

ostello

insediamenti turistici

impianti OFIMA (Officine Idroelettriche della Maggia)

presa d’acqua

galleria

pozzo piezometrico

condotta forzata

centrale

Gli impianti idroelettriciA partire dagli anni cinquanta, in tutta laValmaggia furono aperti i cantieri per gliimpianti delle Officine Idroelettriche dellaMaggia (OFIMA). In gran parte sotterranei, gliimpianti si sviluppano per oltre 60 chilometritra il bacino del Gries nell’alto Vallese e lacentrale Verbano a Brissago, sul LagoMaggiore. Nella parte alta, troviamo lecaptazioni d’acqua della Val Aegina, della ValBedretto e dell’alta Val Bavona. Raccolte suun’area alpina di 70 chilometri quadrati,queste acque sono utilizzate nelle centrali diAltstafel, Robiei e Bavona. Nella zonaintermedia, le captazioni dell’alta ValLavizzara alimentano il bacino d’accumulazionedel Sambuco e la sottostante centrale Peccia.

Gli afflussi nel bacino di compenso di Peccia,aggiunti ai deflussi delle centrali Bavona ePeccia, alimentano quella di Cavergno. In ValBavona gli impianti dell’OFIMA interessanosoprattutto la regione di Robiei, con i baciniartificiali del Cavagnoli (27 milioni di metricubi, a quota 2.300), di Robiei e di Zött (bacinidi compenso a quota 1.940). Le centrali diRobiei, di San Carlo e di Cavergno sononascoste in caverne scavate, grandi comecattedrali, nelle viscere della montagna. Nonsi vedono né canali né condotte forzate poichél’acqua scorre in gallerie. Per realizzare taliopere la Bavona fu dotata, dopo il 1950, dellastrada carrozzabile, fino a San Carlo, e dellateleferica che sale a Robiei, a quota 1.900,oggi adibita anche al trasporto dei turisti.

13. In primo piano il bacino di Robiei. Sullo sfondoil ghiacciaio del Basòdino (3.276 metri s.l.m.).

13

Testo tratto da Valle Bavona, FondazioneValle Bavona, Cavergno (2003), e OFIMA.L’energia dell’acqua, a cura delle OfficineIdroelettriche della Maggia SA, Locarno (1999).

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FEDERICO BALLIUna passeggiata nel fondovalle

S’è trovato che tutte le valli si rassomigliano al loro imbocco, e ciò in parteè vero. Così i pressi del Ponte dell’Arcazza in Valle Verzasca fanno mirabileriscontro con quelli del Cresmino in Valle Onsernone, in quel punto dove l’al-tezza del precipizio ci fa apparir mingherlino il campanile d’Intragna, chepur gode fama di essere il più alto fra tutti i campanili del Cantone.

A questo proposito, a me è frullato spesso pel capo uno strano rif lesso:eccolo tal quale. L’entrata di una valle qualsiasi richiama alla mente il carat-tere delle popolazioni che la abitano. Il vallerano infatti di primo abbordo tiappare di ruvide maniere, diffidente, interessato, scortese; ma, fattane piùampia conoscenza, ti troverai aver fra mano l’uomo più gioviale che imma-ginar si possa, servizievole, cordialmente generoso. Così è delle valli: alprimo entrarvi, un senso di tristezza sembra di assalirvi, alla vista di unanatura melanconica e quasi selvaggia; ma, man mano che vi fate addentro sispianano le rughe della vostra fronte, il vostro cuore si allarga, e, sorpresidai meravigliosi tesori che la natura offre alla vostra contemplazione, finiteper dare in un grido di entusiasmo e di piacere.

Senonché la Valle Bavona si presenta d’un tratto al visitatore sotto un a -spetto affatto nuovo, con un carattere proprio ed originalissimo, sicché an -che sotto questo riguardo una forza irresistibile lo attrae a percorrerla perintiero. Essa ha questa specialità, di balzarvi continuamente dall’orrido all’a -me no, di discoprirvi tratto tratto e successivamente meraviglie che sem -brano cozzar fra di loro, di tenere l’occhio sempre attento ed il cuore in con-tinuo sussulto pello alternarsi delle emozioni.

Lasciamo dunque alle nostre spalle le ultime case di Cavergno e, fatti po -chi passi all’ombra di allegro pergolato, ci troveremo sotto vetusti castani.La loro ombra sembra voler nasconderci certi enormi massi da cui sono tutticircondati e la di cui mole è tale da incutere spavento. Ma, via, la stradaappar spaziosa e battuta, le pareti dei macigni portano l’impronta dei se -coli... Avanti dunque senza paura. Il bosco continua ed i macigni s’accavalla-no l’un sull’altro, lasciando solo fra di loro degli interstizi o caverne, di cuil’uomo fece cantine o ripostigli. Eccovi appunto alla nostra destra, fra i cosìdetti pradom d’la Fola la “grotta delle capre”, così chiamata perché dàampio ricovero ad oltre un centinaio di codesti animali. Essa consiste in unvasto locale fermato da due massi solidamente piantati nel terreno e rico-perti da un altro di mole davvero sterminata1.

Ma procediamo, ché di codesti macigni troverem seminata l’intiera valle.Ecco ora una devota cappelletta, poi una seconda, poi una terza ancora, conbel porticato. Sì, anche di cappelle abbonda la Valle Bavona: vi furono eret-te dall’uomo quasi a trarne buon augurio e conforto in quel viaggio, che sicu-ro durante la bella stagione non è scevro di pericoli nelle altre. La quartaviene chiamata della Varda (guarda!) quasi a pietoso invito di guardarsi dal

1. Lunghezza metri 15,75; larghezza 21;altezza o spessore 8,30.

Brano tratto da: FEDERICO BALLI (1854-1889),Valle Bavona. Impressioni e schizzi dal vero,Candeletti, Torino 1885, ora in FEDERICOBALLI e GIUSEPPE MARTINI, Valle Bavona. Il passato che rivive, Fondazione ValleBavona-Armando Dadò editore, Cavergno-Locarno 1996 (capitolo II: Entrata della Valle-Cascata di Foroglio-Giardini pensili-Terradi San Carlo, pp. 34-38).

a p. 20:La Val Bavona.Dalla Carta storica Siegfried/Siegfriedkarten,scala 1:50.000, Topographischer Atlas der Schweiz(foglio n. 495, Basòdino, edizione 1932; foglio n. 499, Cerentino, edizione 1897).

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pericolo. Qui mi corre obbligo di pregarvi e non ricercare in queste cappellealtro effetto artistico fuorché il naturale contrasto che sorge spontaneo fraquelle semplici e gentili costruzioni e la natura selvaggia che le avvicina. Vo’dire che i dipinti e le sculture che ne adornano la maggior parte non hannonulla in sé che possa interessare occhio d’artista. Errore grave sarebbe tut-tavia l’arguirne, che dunque non alberghi alcun sentimento artistico neicavergnesi. Anzitutto, alla mancanza d’opere d’arte deve sembrare suffi-ciente scusa il rif lesso che codesta popolazione, laboriosa per natura, develottare con difficoltà d’ogni sorta onde ottenere qualche sorriso da una natu-ra singolarmente avara. Le arti, è noto, fiorirono in Atene e Roma, princi-palmente in epoche di pace. L’arte d’altronde non dà pane: non può dunquestare di casa là dove tutto va necessariamente impiegato a procurarsene laporzione indispensabile alla vita. Ma se il caso vi portasse una domenica aCavergno non tralasciate di recarvi in chiesa: e mi direte se il canto che vi sieseguisce – dalle donne in ispecie – non dimostri esistere ancora qui il sensoed il gusto del bello artistico.

Abbiamo fatto un solo quarto d’ora di cammino circondati da una naturabrulla, senza incontrare anima viva, assordati dall’unica voce del fiume ru -mo reggiante. Ed ecco, quasi per incanto, ammutolire le onde, l’orizzonteprima stretto fra le montagne farsi più ampio sul nostro capo, il castano farluogo al noce... Ne arriva all’orecchio il monotono tintinnio di una campa-netta, il nostro occhio riposa sopra campi e prati: eccoci di nuovo in mezzoagli uomini! Un gruppo di case attorniano infatti una chiesuola sopra allegropoggio: siamo a Mondada2, la prima terra di Val Bavona.

La strada si fa ripida ed il paesaggio ridiviene triste, ma per poco: eccoci

2. Monda nel vernacolo ticinese significaterreno coltivato a prateria; mondare delresto è impiegato in buona lingua asignificare l’operazione che consiste nelripulire un terreno onde ottenerne maggiorprodotto. Probabilmente dunque il nome diquesta terra della Mondada trae la suaorigine dall’avere i suoi abitatori dovutopurgare soventi le loro proprietà dalle pietrecadutevi dalla montagna. Il diligenteosservatore non tarderà infatti a rilevarecome buona parte dei prati di questa terrasono cinti o a meglio dire sostenuti da muraciclopiche, che dimostrano all’evidenza illavoro toccato all’uomo onde procurarsi inquesta località pochi palmi di terrenocoltivabile.

1. Giardino pensile su masso erratico nella terradi Mondada, 1932.

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infatti alla Fontana così detta da una sorgente d’acqua purissima che vizampilla. Anche qui bellissimi noci ombreggiano l’abitato: che più? propriosul limitare di un nuovo bosco in cui si inoltra il sentiero ci imbattiamo in unaallegra pergola. Oh! salutiamo quella vite che si spinse fin qui: salutiamolacome le ultime vestigia di una vegetazione che qui pure prosperò negli anti-chi tempi: come un documento storico rimasto a perpetuare la memoria diun grave disastro!

E non crediate già che queste parole siano l’effetto di accesa fantasia, no:qui pure in altri secoli il liquore di Noè rallegrò il cuore dell’uomo. Leggetepiuttosto l’antichissima iscrizione scolpita in un masso che fiancheggia ilsentiero e che è tutto ricoperto di licheni!

GIESUMARIA †

1594QUI FV BELACAMPAGNIA

Dunque trecento anni or sono la vista della campagna rallegrava lo sguardodel viandante: ora la strada ha pena a svolgersi di mezzo ai massi, e se nonfosse l’ombra di radi castani che ne ripara dai cocenti raggi del sole, ci cre-deremmo trasportati sul sentiero di lava che dall’Osservatorio conduce allabase del cono del Vesuvio! Valicando questa frana il pensiero è triste, comel’aspetto dei massi che di mole più colossale emergono dagli altri molti. Lamente, da codesta natura orrenda resa indisposta, ricorda con dispetto ilSasso del Diavolo di Göschenen, dalla impudente mania commerciale statoconvertito in una massa di cioccolata ad onore e gloria della réclame. Oh! no:siete squallide, siete orride, o balze della mia diletta Bavona; ma possa la

2. Masso erratico, con prato pensile, a Foroglio,1932.

3. Roseto, 1932.

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mia voce esservi di lieto presagio: voi non subirete l’onta dell’intonaco! equali noi vi vedemmo nella nostra giovinezza, fieri nella vostra nudità, vimostrerete alle generazioni che dopo di noi verranno!

La frana cessa, la succedono d’un tratto prati smaltati di fiori: il fiume scor-re tranquillo, dalle onde color di smeraldo: il nostro animo ritrova la consuetacalma. Il piede cammina a stento sopra un terreno sabbioso, quasi depositoalluvionale; donde forse il nome di Sabbione alla terra che abbiam lasciato adestra per recarci fra ameni boschetti di alni e noccioli al simpatico Ritorto3.

Ma affrettiamo il passo se pur vogliamo giungere ancora in tempo a gode-re uno degli spettacoli più interessanti che ci offra la Valle. Qual rumore nepercuote l’orecchio? Zitto, è la cascata di Foroglio. Ma dov’è? un enormemasso ce la nasconde: oh! questi massi cominciano a disturbare... zitti anco-ra, vi dico: non vedete la lunga scala che a quello s’appoggia? Animo, avantisu quei piuoli! Uno, due, tre... eccoci padroni del campo.

Le cascate, in genere, sono un po’ come le belle donne: vogliono esserevedute a toilette ultimata, e cioè in quelle date epoche in cui le loro onde sonopiù copiose. Quella di Foroglio però fa eccezione alla regola, sempre egual-mente ricca, sempre in carattere. La alimenta un fiume che attinge conti-nuamente ai laghetti della Crosa e feconda i pascoli di Calneggia. Il touristeche non ha fretta non dovrebbe omettere almeno una gita fino a Pontito(immediatamente sopra la cascata) da cui godrà un seducente panoramadella Valle che stiam descrivendo.

Anche la cascata di Foroglio però ha la sua buona dose di civetteria, i suoicapricci, e preferisce che l’amante venga a contemplarla di buon mattino,quando il sole, svegliando gradatamente la addormentata natura, scende giù

3. Dal nome di un torrente che poco lungesbocca da una profonda insenatura del montefatta a mo’ di gomito (ri-tört, ruscellocontorto).

4 5

4. Mondada; in primo piano una pila nei pressidel forno (agosto 2005).

5. Splüi a Sabbione, un tempo utilizzato comelocale per la tessitura (agosto 2005).

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giù pella montagna, sicché tutta la avvolga de’ suoi primi raggi. Né le sipotrebbe dar torto! La colonna d’acqua tersissima cade più che non precipi-ti dall’orlo di gran conca in una nera caldaia formata di enormi macigni. Condiabolico fragore urtando sul fondo, l’acqua è risospinta al cielo sotto formadi vaporosa nube: l’iride se ne impadronisce, e mille folletti con ridda infer-nale si rincorrono senza posa in quell’impalpabile atmosfera... La fotografiae neppure la più assortita tavolozza varrebbero a ritrarre adeguatamente ilmeraviglioso effetto di quell’ora, che dico? di quei pochi istanti!...

La terra che dà il nome alla cascata se ne sta poco da lei discosta, addos-sata alla montagna: le sue case si presentano aggruppate l’una all’altra, qua -si a mutua difesa dal pericolo: e pur troppo un pericolo e grave loro sovra-sta. Dal macigno sul quale ci troviamo tuttora è facile scorgere una grossafrana che ingombra tutta la riva sinistra del fiume. Anch’essa è di data anti-ca; però alcuni massi di un bel granito bianco spiccano fra mezzo a quelliricoperti dai licheni; essi un dì ne formavano un solo, che alla sua volta face-va parte del monte. Ma dirotte pioggie ne lo staccarono la notte sopra il 17settembre 1881, e lo mandarono a sfracellarsi sulla sottostante frana. L’urtofu tale che una parte di quel masso, quasi leggiera festuca, trovossi in un at -ti mo trasportata sull’opposta riva, proprio sul limitare delle case di Foroglio:figuratevi lo spavento di quei terrieri!

Ma, prima di scendere, esaminiamo il macigno che ci servì da palco. Qualesorpresa! senza accorgerci, eravamo in un orto; qui infatti delle cipolle, làdell’aglio, qui ancora parecchie piante di patate in piena fioritura... un verogiardino pensile, neh! vero? Rif lettete ora a quali stenti è condannata que-sta brava gente; talvolta il fiume, tal’altra il monte (quando entrambi non si

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6. Splüi a Sabbione (agosto 2005).

7. Sabbione (agosto 2005).

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dieno la mano) ne distruggono i raccolti non solo, ma il capitale stesso di pro-duzione, il suolo. Ed essa, fatto davvero di necessità virtù, raccoglie un po’di terra, la sparge sui massi distruggitori del suo podere, ed a forza di sudo-re e di costanza obbliga l’avversa natura a piegarsi dinanzi a sì ostinata epaziente audacia. Né qui è tutto; osservate il masso alla base; il vallerano hasaputo trar profitto persino della ineguaglianza delle sue faccie, e se ne èfatto un piccolo portico ed una cameretta – un vero lusso cittadino!

Diciamo dunque un “bravo” di cuore a così indefessi agricoltori e tiriamoltre. Ascesa la frana, un ponticello in legno ci trasporta sulla riva destra delfiume, dove un boschetto di giovani ontani ne prepara una grata frescura. Ilsentiero è piano, cosparso di piccolissima ghiaia, i rami s’intrecciano vaga-mente sul nostro capo; tutto insomma ci farebbe credere ne’ viali di un parcoreale. Dal vano tratto tratto lasciato dalle frondi ne sorride sulla opposta rivala terra di Roseto col suo piccolo ponte in pietra. Affrettiamo il passo, ché idintorni della terra di Fontanellata, guasti dai ciottoloni ammassativi daltorrente, sono squallidi e tristi! Ecco apparire Faedo4, terra fertile un dì, oraessa pure in continuo pericolo e priva di comunicazione, quando il fiumeingrossa. Nel 1878 il sovrastante torrente di Fujoi irruppe furiosamente al

4. Ossia faggeto, da numerosi e robusti faggiqui esistenti. Il Fagus Silvestris detto initaliano faggio ed in milanese fò, daicavergnesi vien chiamato fau.

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8. Paesaggio della Val Bavona a Fontana, 1932.

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piano, seco trascinando tale quantità di pietre da ostruire il corso del fiume.Formossene perciò un lago profondo dall’onda azzurra che noi giugnemmo intempo ad esaminare: e, non fosse stato il pericolo in cui versava la terra dellaBolla situata alla nostra mancina, avremmo di buon grado fatto voti perchéil lago si fosse mantenuto com’era, così bello, così pieno d’incanto!

La strada qui sale alquanto e s’inoltra in un bosco, gradito rifugio ai nume-rosi scoiattoli che sorpresi ed intimiditi dal nostro passo, ne guardano coi lorostupidi visini; ma poi, riconosciutici amici, squittiscono su pei rami e si danno,al par di scimmie, a far salti e capriole con tale ginnastica da far sbellicaredalle risa un anacoreta. Il sentiero declina e poi riprende l’ascesa, per giun-gere a Sonlerto5. Troviamo qui delle abitazioni costrutte assai solidamente edall’aspetto originale. V’è pure una sorgente freschissima che vuolsi esserela più leggiera della valle. Ma ciò che più ne sorprende si è di trovarvi, a forse900 metri sul livello del mare, un robusto gelso, di aspetto e forma singolariche contrastano assai colla severa vegetazione arborea che lo circonda.

L’oratorio contiene una tela, Il transito di San Giuseppe del Rinaldi daTremona, che merita qualche sguardo dagli intelligenti. L’architrave dellaporta del campanile porta la data del 1598.

5. Sonlerto da su ’n l’erta, sull’erta: questaterra siede infatti sul culmine di un poggio.

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99. Roseto, 1932.

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Scesi alquanto, il piede cammina agevolmente per buon tratto sopra moltiprati, ma poi, la strada ripiglia d’assalto una nuova frana di data antichissi-ma. Sonlerto vista da questo punto è di un effetto pittoresco. A mano manca,quasi nascosta dal bosco trovasi una cappella con un antico quadro: ci sem-brò di trovare molta espressione in alcune figure di quel dipinto. Dominal’intiera frana l’Oratorio di Gannariente6, il più vasto e forse il più ricco dellaValle. La tradizione vuole che questa frana ricopra un’intiera terra e che ilsolo fabbricato rimasto illeso sia l’Oratorio. Non mi venne fatto di raccoglie-re notizie positive in proposito: sta che la chiesuola sorge in mezzo a nerebalze e che la strada istessa è costretta ad aprirsi un varco per l’ampio por-

6. Gana o ganna in dialetto ticinesesignificano ammasso di pietre prodotto dascoscendimento.

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10. Le scalinate di Magnasca.

11. La piazzetta di Sonlerto.

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ticato. La popolazione recasi qui processionalmente fin da Cavergno il primodi maggio.

Più si procede e più aumentano le dimensioni degli sparsi massi: la vege-tazione si fa povera assai: qualche felce appena lambisce il sentiero e qual-che esile betulla getta uno sprazzo di luce fra l’aridezza delle balze. Que st’ul -timo tratto di cammino sembrami dovrebbe riuscire di un effetto fantastico,se eseguito in una bella notte, al chiaror della luna. Ma, ecco finalmente laterra di San Carlo (metri 960), nobilmente assisa so pra un colle. È questal’ultima e certo la più leggiadra delle terre di Valle Ba vo na: appartiene aibignaschesi che in certe epoche dell’anno vi si riversano in massa.

Val Bavona 29

12. Ponte a Faedo, 1932.

13. La processione di Gannariente, a Roseto.

14. Foroglio.

15. Il ponte di legno a Roseto (sullo sfondo).

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San Carlo è un eccellente luogo di soggiorno. L’aria vi è purissima, alimen tatadalle due fresche correnti di Valle d’Antabbia e Valle di Campo: l’acqua, d’ot-tima ed abbondante sorgente, di una freschezza tale poi da non potere a lungotenervi immerse le dita; la vista della valle incantevole e variata sempre aseconda dell’effetto di luce; infine le altissime montagne che circondano ilpaese lo proteggono persino dai venti. Sicché è a sperarsi che l’accorrere deiforestieri all’Hôtel du Glacier, permetterà fra breve a’ suoi proprietari di quistabilire una piccola dépendance per gli amanti della natura semplice e tran-quilla, e per quelli altresì che, diretti al Basòdino, qui intendessero con un po’di ristoro o di riposo riprender lena pel lungo e non agevole viaggio.

Anticamente la terra di San Carlo era fabbricata più in alto, proprio allefalde della catena di dirupi, in cima ai quali già si intravvede un po’ di ghiac-ciaio di Cavergno. Oggi ancora vi si trovano un Oratorio ed alcuni casolari,abbandonati in mezzo a folto bosco di aceri e betulle. Uno scoscendimento,di cui difficilmente ora si rinverrebbero le traccie, costrinse la popolazione atra sportare le sue tende sopra più mite e sicuro pendio. I terrieri7 di SanCar lo coltivavano nei loro terreni alternativamente la segale e la patata:quel la vi matura bene; questa, che fiorisce alla fine di luglio, dà un frutto sa -no e ricercato. Fa poi meraviglia il trovare qui molti ciriegi dall’abbondanteraccolto di marasche squisitissime.

Una prova della ottima temperatura di San Carlo si ha nella ricca vegeta-zione che tutta lo circonda e che permise lo stabilimento di una piccola indu-stria di utensili domestici, lavorati al trapano. Presso l’Oratorio s’erge mera-

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16. Sonlerto (gennaio 2006).

17. Ciossa ’d Tea, Sonlerto, stalla sottoroccia edeposito per generi alimentari (agosto 2005).

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7. Da un documento capitatomi fra manorilevai come a luogo di terrieri quei di SanCarlo si nomassero personieri, termine perme assai nuovo.

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vigliosamente un noce di forme smisurate, l’ultimo rimasto di parecchi e -sem plari che caddero sotto la scure degli speculatori. Persino il delta forma -to dallo sbocco della Valle d’Antabbia è tutto ricoperto da prosperose betul-le. Questa vegetazione, protetta dall’ispettorato forestale, non soddisfa peròle esigenze degli abitanti, i quali lamentano con ragione che, in presenza del -la evidente scarsità di pascolo, si insista invece nel procurar lor della legna,là dove essi ne tengono a dovizia.

Anche il cacciatore troverebbe a San Carlo il modo di occupare le ore d’o-zio, se non glielo vietasse – per ora – la legge federale sulle bandite.

Una cosa singolare è che il fiume qui non contiene alcuna sorta di pesce.Sembrommi dapprima che ciò potesse dipendere da un salto che l’acqua faalla base del piano di San Carlo; ma venni assicurato ciò doversi esclusiva-mente attribuire alla soverchia freddezza dell’acqua formata da diversiemissari del ghiacciaio, e punto temperata dalle sorgenti che più sotto necorreggono la temperatura.

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18. Ciossa ’d Tea, Sonlerto, planimetria (disegno di Marco Bianconi).

19. Sonlerto (agosto 2005).

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corsi d’acquaitinerario escursionistico esistente - ETVM

itinerario escursionistico da costruireitinerario di montagna - ETVM

itinerario alpino - ETVM

sentieri storici

Numerazione dei sentieri storici:1. Cavergno - Alpe Paraula2. Mulini - Monte di dentro3. Sabbione - Launc4. Ritorto - Launc5. Roseto - Alpe Oglie6. Faedo - Alpe Foioi7. San Carlo - Alpe Sevinera8. Foroglio - Alpe Nassa9. Gerra - Orsalietta10. Calnègia - Alpe Orsalia11. Foroglio - Cazzana12. Fontana - Alpe Cranzunasc13. Bignasco - Alpe Cranzunell14. Bignasco - Chint

Rete degli itinerari e sentieri storici nei comuni diBignasco e Cavergno. Documentazionecartografica fornita da Fondazione Valle Bavona,elaborazione su base Carta Nazionale dellaSvizzera, scala 1:50.000, Ufficio federale ditopografia-Swisstopo, 2003 (foglio n. 265,Nufenenpass; foglio n. 266, Valle Leventina; foglion. 275, Valle Antigorio; foglio n. 276, Val Verzasca).

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LUIGI MARTINIStoria, regole, parole degli alpi

Lo sfruttamento degli alpi migliori della Val Bavona ha radici sicuramenteprofonde nel tempo. Se è difficile far risalire un’attività del genere ai diver-si reperti trovati sugli alpi della valle e risalenti al 2000 a.C., è già più faci-le credere nel pascolo ovino, ovviamente solo sugli alpi migliori e più acces-sibili, riferendoci alle forbici per la tosatura delle pecore trovate nella necro-poli di Moghegno1 del II-III secolo d.C.

Certo è che Carlo Magno, nell’800, donò ai vescovadi di Como e Milano i di -ritti di sfruttamento dei migliori alpi valmaggesi che poi, per vie traverse ar -rivarono, nel 1200, alle famiglie borghesi di Locarno e da queste poi venduti,tra il 1400 e il 1560, a enti pubblici, allora comunità, o a privati della Valmaggia2.

L’alpeggo in Val Bavona entra poi chiaramente nella storia tramite quat-tro documenti della biblioteca Ambrosiana di Milano3 che accertano il cari-co di Antabia (allora Antamia) da parte di gente proveniente da Cannobiosul Lago Maggiore! Da questi documenti risulta inoltre che tale alpeggio èostacolato nella bassa Valmaggia da quelli di Moghegno, che in seguito, nel1296, acquistano i diritti su quell’alpe4, e dai cavergnesi che, a fine stagionee nella regione di Gannariente, rubarono bestie e anche le scarpe a queipoveri e malcapitati alpeggianti.

In questo contesto di sfruttamento, da parte di gente “venuta da fuori”, vainserito anche l’arrivo, verso il 1200, dei walser a Bosco Gurìn (allora Qua -rino) che probabilmente non giunsero, come si dice, in qualità di bonificato-ri di pascoli deserti, ma chiamati dai nuovi possessori dei diritti esistenti.

Gli stessi documenti citano, oltre Antabia, gli alpi “buoni” nella regione diRobiei e il tutto spiega la strana presenza dell’enclave di Bignasco in fondoalla valle, così come ci è giunta con la definizione confinaria tra Bignasco eCavergno del 1428.

Parallelamente a questo periodo e a seguito della privatizzazione del ter-ritorio nella valle, iniziata nel 1186 con la libertà concessa dall’imperatoreBarbarossa, si registra un costante aumento della popolazione che portaall’insediamento degli alpi più impervi, detti “grami” o “della fame”, a com-pleto sfruttamento territoriale. In ogni caso, a eccezione di Foioi del 1508 eBèdu del 1600, tutti gli alpi di Bavona sono documentati prima del 1415.

Al 1330 risalgono i primi documenti di Cavergno e Bignasco che dimostra-no, o meglio confermano, anche l’esistenza di certi alpi, nemmeno buoni maalmeno vicini. La prima pergamena di Cavergno, del 1340, tratta di una litetra Cavergno e Brontallo-Menzonio per la definizione dei confini di pascolodell’alpe di Paraula, un alpe misero ma almeno sito subito sopra il paese.

Verso il 1600, sempre per rispondere alle esigenze di spazio vitale, i confi-ni degli alpi più antichi, che arrivavano al piano, vengono arretrati, i loromaggenghi privatizzati e subito trasformati in monti con gli spazi coltividelimitati da recinzioni a difesa del vago pascolo.

1. Si veda, ad esempio, La necropoli romana diMoghegno 1995 (per le citazioni bibliografichecomplete si rinvia alle pp. 68-69).

2. Si veda Storia della Valmaggia di MartinoSignorelli (SIGNORELLI 1972).

3. I documenti sono stati pubblicati da CARLOALESSANDRO PISONI, Valmaggia: gli alpi delladiscordia, nella rivista «Verbanus», 12, 1991.

4. Si veda SIGNORELLI 1972, p. 288.

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È ovvio che la bonifica del suolo bavonese risultava ben più lenta della de -mo grafia, e così ha inizio l’emigrazione forzata, documentata dal 1450 a Ro -ma e a Perugia e che in seguito porterà la gente della valle in giro per tuttal’Europa. Ma se fin verso metà Ottocento si trattava di un’emigrazione piùo meno stagionale, intorno al 1850 diventa permanente e oltrepassa l’ocea-no; non sono più gli artigiani a partire, mantenendo un piede a casa, ma i gio-vani; viene così a mancare il passaggio d’informazione per la gestione delterritorio, hanno inizio gli straripamenti del fiume, scompaiono i prati al pia -

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1. Sentiero scavato nella roccia per raggiungere le cenge.

2-3. Fiorasca, il nucleo di Larecchia attraverso lestagioni. Si intravede il pianoro del corte di Cimadella Bèdu.

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no e mancano le forze per tentarne un recupero. Viene a mancare il foraggioraccolto sul fondovalle per l’inverno, si riduce il bestiame e, dopo il 1850, hainizio l’abbandono degli alpi peggiori, dal 1900 quello dei mediocri e, dopo lafine della guerra nel 1939, degli altri. Il tutto si conclude nel 1968 conFiorasca, Sologna, Antabia. Forse, se non fossero intervenuti i lavori idroe-lettrici, nella conca di Robiei l’alpeggio avrebbe resistito ancora alcuni anni,fatto è che l’OFIMA SA, la ditta esecutrice delle opere, riscattò tutti i diritti suRobiei e Lielpe che poi, a fine lavori, vennero consegnati in blocco al Pa tri -

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4. Gli impianti idroelettrici a Robiei, sullo sfondoil Basòdino (agosto 2005).

5. La conca di Robiei (luglio 2003).

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ziato di Bignasco, che ora ha iniziato, con ben altri criteri, la ripresa dell’al-peggio in quella regione. Si spera in bene!

Proprio a cavallo del 1850 intervenne pure la crisi genetica della vaccaallora disponibile; si dovevano allevare cinque vitelle per averne forse dueche figliavano. Si importarono allora i tori d’oltre Gottardo e si appesantì larazza. Alla fine dell’Ottocento si risistemarono, ove possibile, gli accessi, masu alcuni alpi e su tante pasture le vacche non potevano più salire e furonosostituite dalle capre. In un ambiente dall’equilibrio estremamente preca-rio, come quello della Val Bavona, la modifica non poteva passare senza con-seguenze e, in effetti, i boschi in quota, le pinete e i lariceti, che erano statisfruttati regolarmente dal Trecento in poi, con tante capre alla ricerca diforaggio persero la possibilità di rinnovarsi.

Circa i rapporti che potevano esistere con le valli confinanti, come la ValFormazza (Italia) a ovest della Val Bavona, vale la pena citare un documen-to del 1393. Si tratta di una lettera inviata da Cavergno e Bignasco al vica-rio di Domodossola, tramite quello di Locarno, per reclamare contro le “rob -barie” fatte dagli Ossolani a loro danno. In tale lettera si cita l’eventualità diricorrere al duca di Milano e, se le cose non si metteranno a posto, si minac-cia la costruzione di un castello al confine! Sul termine di “robbaria”, se daconsiderare furto o sequestro, si può discutere, ma il castello, dove voleva-no farlo? Si può dedurre che il traffico esisteva e che i passi alpini della ValBavona, tutti oltre i 2.400 metri di quota, erano ben frequentati!

L’esercizio dell’alpeggio e il diritto d’erba

Gli Statuti di Valmaggia del 1526 – dopo il passaggio dalla sudditanza ai mila-nesi a quella agli svizzeri – prevedono l’esercizio dell’alpeggio entro il 15 mag-

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6. Monte di Cavergno visto dalla Bèdu.In basso, il fondovalle dove sono i centri abitatidi Cavergno e Bignasco.

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gio e il 15 settembre5. Evidentemente in questo periodo è compresa la per-manenza nel maggengo dell’alpe, dal 15 maggio al 15 giugno, che negli alpi diVal Bavona è stato eliminato dal contesto del “diritto”, come già vi sto, versoil Seicento. Va quindi subito detto che la definizione del “diritto d’er ba”, per laValmaggia, presenta sfaccettature regionali specifiche, sia nel la definizionedel termine che nel contenuto, che ne rendono difficile il con fronto.

In Val Bavona l’alpeggio era basato sul “diritto d’erba”, che consisteva nel“diritto di pascolo con una vacca da latte” entro i confini ben definiti di unalpe e per il periodo di tre mesi. L’inizio della decorrenza del periodo, fissi itre mesi, era spostabile annualmente, con il consenso della Comunità e inrelazione alle condizioni specifiche di un alpe (quota del primo corte e pre-senza dell’erba) entro il mese di giugno.

I “diritti d’erba” possono essere privati o pubblici; nel secondo caso eprima del 1850 circa, erano della Comunità, in seguito furono suddivisi traComune, Patriziato o Parrocchia. Questi diritti erano messi all’incanto se -con do il regolamento dell’ente proprietario, normalmente la domenica primadi san Martino, e in genere assegnati per un periodo minimo di tre anni.Sempre in Val Bavona il carico dell’alpe era effettuato solo con il sistema acasadella, cioè per famiglia, e il termine di bogia si riferiva esclusivamenteal complesso del bestiame di un alpeggiante senza alcun aggancio allagestione comunitaria di tipo boggese praticato altrove. Anche questa erauna pratica locale che ha caratterizzato la produzione degli alpi in manieraindirizzata maggiormente alle esigenze familiari che alla messa in commer-

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5. Gli Statuti di Valmaggia, 1526, libro IV, 6.

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7. Corte grande d’Antabia.

8. Il circo glaciale dell’alpe Pertüs, in Valle di Prato (Lavizzara), dominato dalla Corona diRedorta.

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cio del prodotto. L’alpeggiante aveva le sue bestie e ne riceveva in prestito(a frücc) da altri proprietari (detti massèè) che nel corso della stagioneerano compensati con la früciàglia6. Le bestie dei massari fuori paese nonpotevano essere mantenute al pascolo in Bavona oltre i tre mesi concessi dal“diritto d’erba”. Pure, durante l’alpeggio, al piano potevano restare al pa -sco lo solo due capre per famiglia!

L’analisi degli affitti pagati per i diritti degli enti pubblici di Bignasco eCavergno dimostrano che l’alpeggio costituiva anche una valvola di riservaall’emigrazione stagionale verso l’Italia, l’Ungheria e a nord delle Alpi.Quando le difficoltà emigratorie, a causa di guerre o epidemie, aumentava-no i costi in generale, il prezzo dell’affitto degli alpi pubblici diminuiva: inbreve, di fronte alle difficoltà politiche o economiche europee gli emigrantirestavano a casa e riprendevano l’esercizio dei diritti privati e ogni famigliaandava all’alpe con le sue poche bestie. Così i numerosi diritti degli enti pub-blici non trovavano concorrenti perché all’alpeggiante potenziale veniva amancare la bogia, cioè la disponibilità del bestiame. L’entità del bestiamealpeggiato in Val Bavona, i dati sono rari, risulta dalla statistica di FedericoBalli (si veda la tabella, qui a p. 44) del 18857, escluso Agrone di Bignasco cheè fuori della Val Bavona, con 659 diritti d’erba riconosciuti e allora realizzatiin pratica con il carico di 437 vacche e 2.640 capre.

Altri dati interessanti per l’alpeggio in Valmaggia sono forniti da Merz8,ri feriti agli anni 1864-1909. Vengono riportati solo quelli inerenti al 1909, chedan no staggiato sugli alpi valmaggesi per 2.172 vacche da latte, 581 vacche

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6. La früciàglia era il compenso fornitodall’alpigiano al massaro per la messa adisposizione di bestiame da latte per la duratadei tre mesi dell’alpeggio:per la vacca: 2 chilogrammi di burro e 1,2chilogrammi di formaggio, 3/4 grasso per 1litro di latte al giorno, per tre giorni;per la capra: 5 chilogrammi di formaggio, 1/2grasso per un litro di latte al giorno, per tregiorni. In pratica il massaro, dando le bestie afrücc perdeva un terzo della produzioneannuale possibile. Come detto l’accordo potevaessere modificato con la correzione deiquantitativi del prodotto e inserendo laricotta. Burro e ricotta venivano poi salati daimassari stessi e conservati per l’inverno. La misura della produzione giornaliera dellebestie era effettuata un paio di volte nel corsodella stagione e, un tempo, segnata con alcunetacche su un bastoncino, consegnato almassaro. Alla fornitura del prodotto, le tacchevenivano contrassegnate da una croce, a mo’di ricevuta.

7. Si veda BALLI 1885, in BALLI-MARTINI1996, pp. 23-58.

8. FEDERICO MERZ, Gli Alpi del CantonTicino, 1909, pp. 88-201 e 123-125.

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a sciut te e manze, 7.442 capre, 118 pecore, 442 maiali. La produzione com -plessi va era di 999 quintali di formaggio (1.139 quintali nel 1895), 109 quin-tali di bur ro, 239 quintali di ricotta. Il tutto per un valore complessivo di167.851 franchi.

Restando in Bavona e richiamando il “diritto d’erba”, si constaterà che lostesso considera solo il pascolo; ma per passare al trattamento del latte ènecessario il fuoco in una baita e questo non è compreso nel diritto di pasco-lo ma nel “diritto d’alpe” che, a sua volta, considera la proprietà o disponibi-lità dei fabbricati e dell’attrezzatura.

Per “diritto d’erba” o “erbatico” s’intende:l’ascolare, che era il diritto di fare, oltre la via comune, tutte le strade neces-sarie per accedere all’alpe e alle pasture;il pascolare, che era il diritto assoluto di pascolo, ma non del taglio dell’er-ba, con una vacca da latte per tre mesi. Fuori dal periodo dell’alpeggio l’er-ba era pascolabile da tutti i vicini e possessori di diritti, ma solo con bestia-me di proprietà.

Con “diritto d’alpe” s’intende il “diritto d’erba” completato con:l’azione, che era il diritto di costruire gli stabili9 per l’esercizio del diritto d’er -ba, il taglio della legna10 per le necessità dell’alpe e del fieno per il giaciglio;il possesso che era la proprietà, in totale o “rata parte”, di stabili e dell’at-trezzatura d’alpe;il medario d’alpe11 che era il diritto per l’alpeggiante, di taglio del fieno inproporzione ai diritti posseduti o affittati.

La scienza del diritto d’erba di una vacca considerava poi le frazioni con:un piede, corrispondente a un quarto di diritto d’erba; un’unghia, corrispon-dente a un ottavo; mezza unghia, corrispondente a un sedicesimo; un quar-to d’unghia, corrispondente a un trentaduesimo. La matematica del dirittopuò sembrare strana ma era necessaria per ulteriori definizioni di carico delbestiame e di partecipazione all’utenza degli edifici; infatti, e semplificando,un diritto di vacca era trasformabile e completabile, a dipendenza dell’alpe,in quattro-sei capre, un terzo di manza e inoltre, dov’era ammesso, un quin-to di pecora; libero il carico di maiali (obbligatoria la ferratura), becchi, vitel-li. I capretti erano liberi su tutto il territorio.

Infine, e sempre nel contesto del diritto alpestre, è interessante sapereche gli impegni di manutenzione derivanti all’alpigiano per i “diritti d’erba”erano limitati agli interventi sul pascolo (mezza giornata di sgombero di pie-trame dai pascoli per ogni diritto) per il numero dei diritti usati, quelli peril “diritto d’alpe” limitati agli stabili.

Per la manutenzione dell’accesso all’alpe si calcolavano le spese, che poierano distribuite in proporzione ai diritti d’erba posseduti dai diversi pro-prietari indipendentemente dall’uso degli stessi. Anche questo era un siste-ma che incentivava la vendita dei diritti posseduti e in disuso a chi li potevaesercitare. Come si vede c’era da divertirsi anche soltanto per sapere cosasi poteva o si doveva fare e, si può star certi, nessuno tentava d’uscire daglischemi. Fortunati, perché indipendenti, erano quelli che potevano caricare

9. Il diritto di costruzione sugli alpi è definitosolo nel 1521, quando si risente dellapressione demografica e quindi del bisogno diedifici, sottraendolo al contesto del “dirittod’erba”. È la comunità giurisdizionale checoncede l’autorizzazione e decide dovecostruire, e dove tagliare il legnamenecessario. Risulta chiaro inoltre che lacostruzione è realizzata su sedime pubblico eche, caduta in disuso o dirupata, diventaproprietà dell’ente di giurisdizione.

10. Il diritto alla legna per i bisognidell’alpeggio, per le esigenze d’alpe, non èmai chiarito nel contesto di un diritto, e ditanto in tanto ci sono contestazioni da partedi Bignasco contro Cavergno e viceversa, peri diritti alpestri posseduti sul territoriodell’altro Comune. Nessuno ha maicontestato tale diritto, ma le discussionisorgevano su dove tagliare le piante, inquanto gli alpeggianti miravano al trasportodella legna verso l’alpe e le Comunità altaglio dei boschi da portare al piano. Erachiaro invece il fatto che nessuno potevaesportare legname da un alpe, fosse questopubblico o privato.

11. Il medaro o madèè era uno spazio diterreno, pubblico o privato, non accessibilealle vacche, al di fuori dello spazio accessibilecon la pascolazione di bestiame dalfondovalle. Si tratta quindi di spazi ridotti,relegati sulle cenge dove, una volta l’anno, sisegava con la roncola (la mèdu) e, ingenerale, il fieno raccolto era messo in reti ebuttato a valle. Era un lavoro per le donnerimaste al piano durante l’estate! I medaripubblici erano annualmente messi all’incantoe il diritto di taglio decadeva, per tutti, il 15agosto. Quindi, la mattina del 16, c’era larincorsa con le lanterne “a chi arriva prima”per impossessarsi del poco rimasto! Ilmedaro d’alpe si trova documentato solo dal1513, e consisteva in un medaro pubblicoriservato, ovviamente in zona, ai possessori ofittavoli di diritti alpestri. In pratica era lapossibilità, data anche all’alpigiano relegatosull’alpe, di racimolare un po’ di foraggio daportare al piano per l’inverno. Dopo ilSeicento è stato fissato il divieto di concederequesto diritto ai fittavoli forestieri.

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a p. 41:9. Il sentiero che porta a Larecchia, uno degliesempi meglio conservati dell’ingegnosità deglialpigiani (1998).

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un alpe da soli e questo spiega, almeno in parte, l’esistenza degli alpi “dafame” che in Bavona erano parecchi!

Il numero massimo delle bestie caricabili su un alpe, pari al numero tota-le dei diritti d’erba e corrispondente alla capienza dello stesso, era definitoco me stag giatura, stadezatura o stagio, ed è strano constatare che questava lu ta zio ne di base non abbia praticamente subito modifiche dal Cin que cen -to in poi, mal grado i cambiamenti intervenuti nella qualità del bestiame bo -vi no e caprino.

Per il carico di un alpe, uno o più alpeggianti, oltre ai propri diritti, neaffittavano da altri possessori, fino a raggiungere il numero di stagio; lastessa operazione era fatta per realizzare la disponibilità di cascine, cantine,canvetti che, come detto, non sempre corrispondevano ai diritti d’erba.

Un alpe poteva essere venduto in blocco, senza specifiche, o a frazione maallora, come riferimento, veniva specificato il numero dei diritti staggiati,oltre l’elenco degli stabili posseduti o rata parte degli stessi.

Così, ad esempio, un privato poteva acquistare: due diritti “d’erba” e unpiede in Sologna, cioè accessibilità e pascolo per due vacche e un quarto inSologna; due diritti e un’unghia con rata parte di stabili, cioè il pascolo perdue vacche e un ottavo in Antabia, e accesso a stabili che dovevano esseredefiniti, come si è visto, rispetto al totale dei diritti sugli edifici in oggetto econ il seguente criterio: in due proprietari, premessa l’autorizzazione dellaComunità di giurisdizione, costruivano un cascina che valutavano di cinquediritti; ognuno era interessato per la metà (due diritti e mezzo); uno dei com-proprietari poteva vendere, ma solo a un proprietario di diritti d’erba sul-l’alpe, tutta o in parte la sua quota. Se vendeva la metà, sull’atto di venditadovevano figurare: diritti uno e un quarto sui cinque della cascina.

Per le cantine si dava il numero dei baltri, gli assi su cui mettere il formag-gio, rispetto al numero di quelli contenuti; se si trattava del mu retto perime-trale sul quale appoggiare le conche del latte (la maltia) bisogna va specifica-re se a destra o sinistra o in fondo, col solito numero dei diritti!

Come si vede, nel dettaglio, le cose sono molto complicate, a causa di evi-denti ed esacerbate esigenze di sfruttamento individuale e collettivo cheperdurano fino al Novecento. Purtroppo restarono le contese sulla pascola-zione di certe zone a limite di confine tra i diversi alpi.

A esemplificazione delle condizioni di vita sugli alpi in Bavona si cita soloun documento del Settecento in cui figura la vendita, non della cascina osplugo, ma del «mezzo diritto di fuoco del fuoco di mezzo nello splugo diRandinascia [alpe di Robiei] con rata parte di letto e posto per il latte». Inpratica nello splugo, che esiste ancora, potevano coabitare almeno quattroalpigiani, il che la dice lunga sulle condizioni di vita di quella gente e su comemolte cose sono diventate difficili da capire.

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PLINIO MARTINIVita e abbandono degli alpi

In un suo libretto sulla Val Bavona, edito a Torino nel 1885, Federico Ballielenca venti alpi bavonesi (veramente il ventesimo, Agrone, si trova sopraBignasco, e quindi al di fuori dello stretto confine della valle), con un dirittodi alpeggio di 675 vacche, e con un’occupazione effettiva, in quegli anni, di449 vacche e 2.740 capre. Oggi in tutta la Val Bavona si carica un alpe solo,Formazzolo, con al massimo quaranta vacche e un centinaio di capre. L’al -peg gio, pur essendo un’occupazione assai redditizia, è in regresso in molteregioni alpine, soprattutto per difficoltà di reclutamento della manodopera;non credo però che esista un altro esempio così evidente di abbandono. Enon credo nemmeno che i bavonesi siano più rinunciatari degli altri monta-nari; il fatto è che in poche, o nessun’altra regione alpina, i pascoli alpestrisono così lontani dal fondovalle e situati in un ambiente altrettanto ostile.

La Val Bavona è l’immagine perfetta della valle glaciale, a forma di U, ilche la rende ripidissima, impervia; si apre soltanto fra i 1.800 e i 2.000 metri;i pascoli migliori restano così al di sopra della zona del larice, obbligando imontanari a lunghe ore di trasferimento e per il trasporto delle provviste edell’indispensabile legna1. D’altro canto, nessun alpe bavonese ha caratteri-stiche tali per cui varrebbe la pena (almeno oggi) di una razionale bonifica,con costruzione di sentieri, caseifici, stalle, teleferiche, lattodotti, pulitura dipascoli dalle pietre, ecc., in modo da rendere meno gravosa la vita dell’alpi-giano e più redditizio il suo lavoro.

Gli alpi di Val Bavona sono quindi destinati a un abbandono completo.Abbandono che è già in atto: i sentieri di molti alpi sono quasi completa-mente cancellati dagli arbusti e dalle frane; molte cascine2 sono scomparse,altre sono cadenti, e spesso la maleducazione e la pigrizia di certa gente chesi permette di bruciare il trave e la porta accelera l’opera del tempo; i pasco-li non più ripuliti anno per anno, diventano sempre più pietrosi; unica notaconsolante è il rapido ripopolarsi del camoscio, che nelle fitte boscaglie d’al-no verde, sotto i larici secolari o in mezzo alle felci, ai lamponi e agli altriarbusti che ricrescono con vigore indisturbato, trova il suo habitat preferi-to. (Ma c’è anche un’altra ragione: oggi che nelle case non c’è più fame, ilbracconaggio – o, meglio, la caccia in tempo proibito, perché definire brac-conieri i nostri vecchi mi sembra un insulto alla miseria – è quasi completa-mente scomparso). Paraula, Bedu, Chient, O glia ro, Foioi, Nassa, Orsalia,Orsalietta, Cazzana sono già oggi irraggiungibili per uno che non conoscabene il luogo e non possegga coraggio e resistenza fisica. Fra pochi annipotremo dire lo stesso di tutti gli alpi bavonesi, eccezion fatta per Robiei eLielpe, dove la costruzione delle dighe ha perlomeno facilitato l’accesso,aprendo al turismo una regione d’incomparabile selvaggia bellezza.Cancellati i sentieri e le cascine, scomparsi gli ultimi alpigiani, le personecioè che trenta, vent’anni fa erano solite caricare la maggior parte degli alpi

1. Per fare un esempio, in tutta la regionedegli alpi Robiei, Lielpe e Zotto, non esisteun larice. La legna era trasportata da Campo,a quota circa 1.500 metri. Il corte di Lielpeera a 2.003 metri, quello del Lago Bianco a2.100; Randinascia era a 2.158, l’Arzo a 2.225,ecc.: s’immagini il lettore la fatica soltantoper scaldare la caldaia e la cascina. Ilproverbio «Quelli che sono più vicini al fuocosi scaldano meglio» potrebbe essere natolassù.

2. Uso il termine cascina con accezionenostrana, al posto di baita. E così altritermini, come corte, monte, caricare l’alpe,ecc.

Pubblichiamo qui un brano di Plinio Martinidel 1970, tratto da Alpi di Val Bavona, Museodi Valmaggia, Cevio 1980 (estratto dallarivista «Pro Valle Maggia», annate 1970, 1971,1976 e ristampato a cura del Museo diValmaggia in occasione del ciclo di mostrededicato nel 1980 alla vita sull’alpe), pp. 7-10.I corsivi sono redazionali, così come laselezione di tabelle che accompagnano il testo.

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Val Bavona 43

bavonesi, non resterà che un vago ricordo di quella singolare transumanza,che fu una lotta eroica per la sopravvivenza; e si perderanno anche i nomidei luoghi. Lo scopo del mio lavoro è quindi di raccogliere, fin che siamo intempo, attraverso la voce degli ultimi protagonisti, le notizie più interes-santi su ciascun alpe, e un certo elenco di toponimi che potrebbero scompa-rire (si sa che essi sono ricchi di utilissime indicazioni per i filologi e gli sto-rici). Sarà un modesto lavoro di testimonianza, ma mi contento di poter pen-sare che, forse, fra cent’anni qualche studioso potrà fermare la sua attenzio-ne su queste note, con simpatia, con rispetto, e magari anche con un poco dimeraviglia.

1

1. La cascata di Foroglio.

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Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, 200644

DENOMINAZIONE TERRITORIO PROPRIETARI DIRITTO IN TOTALE TOTALE DENOMINAZIONIDELL’ ALPE SU CUI GIACE RAGIONE DI MUCCHE BESTIAME PASCOLATO DELLE DIVERSE STAZIONI

MUCCHE DI DIRITTO PER ALPE DELL’ALPEPER ALPE MUCCHE CAPRE

Paraula Cavergno Patriziato di Cavergno 7 7 4 70 Primo e Secondo CorteFiorasca Cavergno Dadò Ant. fu Giovanni 10 Cortini, Corte Grande e Piani

Dadò Eredi fu Alessio 10Dadò Giacomo 7Scudelari Giuseppe 5 32 20 180

Magnasca Cavergno Patriziato di Cavergno - 32 24 180 Matterascio, Lairé, Pianche,Malura, Laoncio e Valaa

Ogliaro Cavergno Tonini Eredi 8 8 6 100 Casella, Primo Corte e di Cimafu Gio. Antonio

Foioi Cavergno Patriziato di Cavergno 14 14 6 160 Primo, Secondo Corte e di CimaSevinera Cavergno Patriziato di Cavergno 8 Bonetta, Corte Grande,

e Bignasco Legato Elemosina 8 16 10 100 Corte di là e Castello di sopraVi si pascolano anche pecore

Piazza Bignasco Togni Eredi fu Gius. - 10 6 100 Piazza e Corte di CimaLielpe Bignasco Patriziato di Cavergno 50 50 40 100 Vansella, Corte Grande,

delle Piode, di Lago BiancoVi si pascolano anche pecore

Robiei Bignasco Patriziato di Cavergno 17Legato Elemosina 16Bignasco Com. o Patr. 29Zanini Agostino 2Zanini Pietro Antonio 4Zanini Filippo 2Zanini Eredi fu Michele 2Zanini Pietro 7 79 50 180 Gaggio, Zotto, Corte Grande,

Arzo e RandinasciaAntabia Bignasco Cavergno Leg. Elem. 72 Olmo, Moierolo, Corte Grande,

Bignasco Com. o Patr. 42 114 55 200 Piano delle CresteSologna Cavergno Cavergno Chiesa 22 1/2 Corte Grande, Sedone, Motto

Guglielmina Gio. Gius. 18 e PianaccioMarca Eredi fu Pietro 14Marca Gio. fu Gugliel. 4 1/2 59 45 200

Nassa Cavergno Dalessi Fratelli 10 10 8 80 Cortino di mezzo, di CimaCrosa Cavergno Cavergno Patriziato 3 Rongia, Corte Grande, Motto,

Cavergno Leg. Marca 37 40 25 200 Splughi, Piengia e CalnesciFormazzolo Cavergno Cavergno Patriziato 16 Gradisci, Corte Grande,

« Leg. Elem. 5 Gannaccia e di Cima« Chiesa S. Antonio 1« Dadò Giov. Pietro 8« Zanini Lor. 2« Tonini Gio. 6« Tonini Cel. 8

Bignasco Com. o Patr. 33 79 60 250Orsalia Cavergno Tonini Giovanni 4 Primo Corte, Corte di Mezzo,

Tonini Abbondio 8 1/4 di CimaDalessi Gio. Giuseppe 6 1/4Tonini Valentino 6 1/4 25 18 200

Orsalietta Bignasco Bignasco Com. Patr. 8 8 6 80 Primo Corte, di CimaCazzana Bignasco Bignasco Com. Patr. 10 10 6 80 Primo Corte, Pisone, di CimaCaranzunaccio Bignasco Bignasco Com. Patr. 14 40 30 100 Di Fondo, di Mezzo, di CimaCaranzunello Bignasco Cav. Leg. Elemosina 15

Bignasco Com. Patr. 11 26 18 80 Di Fondo, di Mezzo, di CimaAgrone Bignasco Bignasco Com. Patr. 16 16 12 100 Corte di Fondo e di Cima

TOTALE 675 449 2.740

I dati del presente quadro statistico mi furonogentilmente rimessi dal signor maestro G. Zanini, segretario del Municipio di Cavergno.

Statistica delle Alpi in Valle Bavona, 1885

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Una giovane donna di Cavergno, qualche settimana fa, dal sentiero della ValCalneggia mi mostrava un promontorio del corte Ganascia di Formazzolo, eperché da ragazza era stata su quell’alpe, mi raccontava come, al sabato, leie i suoi fratelli salissero su quel masso per guardar giù, e vedere il biancopuntino della gerla della loro madre che saliva incontro al padre con le prov-viste della settimana; loro dal masso chiamavano e piangevano, naturalmen-te senza essere uditi, per la gran distanza. Un’altra donna, questa più avan-ti negli anni, assicura che lei e i suoi quando salivano sull’alpe Chient nonmettevano mai le calzature, che lasciavano a Ritorto, e questo non tanto perla povertà (le calzature erano zoccoli e pedule fatti in casa) quanto piuttostoper la pericolosità del sentiero. Sono due particolari minimi, che valgonoperò un intero discorso sull’isolamento cui erano costretti gli alpigiani, esulla durezza e pericolosità di quella vita: certo, oggi, sul sentiero che quel-la bambina percorreva a piedi nudi, il novantanove per cento dei ticinesi nonoserebbe più avventurarsi. Doveva essere una vita di stenti, di fatiche quasiinumane, di grossi rischi affrontati con rassegnato coraggio; le disgrazie e lamorte erano sempre in agguato, e nostra nonna insegnava a mia madre:«Quando vedrai uno dei tuoi figli uscire dalla porta, guardalo bene, perchénon sarai sicura di rivederlo vivo».

Nostra nonna parlava così perché quattro dei suoi fratelli erano periti tra-gicamente sugli alpi; due sorelle erano rimaste storpie per la vita, e una,maldestra com’era, andò poi a morire nella caldaia del ranno bollente; poimia nonna aveva perso una figlia nella Bavona in piena, e un figlio, morto

Val Bavona 45

4 km3 210

confine nazionaleconfine di distrettoconfine di comuneconfine d’alpebocchetta/passo

villaggiofrazione/terramaggengocorteruderi di corte

1. Paraula2. Bèdu3. Fiorascca4. Magnascca5. Chiènt6. Oglièè7. Foioi8. Sevinèra9. Zota10. Lièlp11. Robièi

2. Gli alpi della Val Bavona (carta tratta daDONATI-GAGGIONI 1984, p. 126).

12. Antabia13. Schièda14. Solögna15. Nasa16. Crosa17. Formazöö18. Orsalia19. Orsalièta20. Cazana21. Caranzünasc22. Caranzünel

2

a p. 44:La tabella e le annotazioni di Federico Ballisono tratte da BALLI-MARTINI 1996.N.B. Questa statistica non menziona gli alpiBèdu, Chiènt e Zòta che erano i più impervi emiseri, quindi insignificanti. L’alpe diAgrone, trovandosi sopra Bignasco sulversante sinistro del fiume Maggia, non erain territorio bavonese.

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non si sa come in California; a questi aggiungi i nipoti... Forse è un caso limi-te; io so però che, quando mio padre era un ragazzo, più o meno tutte le fami-glie cavergnesi avevano conosciuto da vicino la disgrazia in montagna3. Enon c’era soluzione migliore: o affrontare quella vita, o emigrare; la secondaalternativa alla fine ebbe il sopravvento, con le conseguenze cui abbiamoaccennato. Oggi le cose sono cambiate, e non è un male che la nostra gente

Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, 200646

3. Le morti in montagna accadevano quasisempre durante la ricerca delle capreperdute, oppure per il taglio del “fieno dibosco”, l’erba cioè delle cenge e dei dirupi.Oggi sono gli escursionisti forestieri chevengono a morire sulle nostre montagne; nel1970 tre giovani si sono uccisi sui dirupi

Alpi di Val Bavona, 2006

CARICO ALTITUDINE SITUAZIONE INTORNO AL 1900 SITUAZIONE AL 2006alpe giurisdizione dall’anno all’anno da a ha pascolo ha bosco corti diritti proprietari proprietari carico accesso osservazioni

1. Caranzünél B 1346 1953 1.400 2.300 75 25 3 26 1 Patriz. B 0 normale Da Bignasco; edifici mantenuti.2. Caranzünàsc B 1346 1958 1.400 2.000 75 50 3 40 1 Patriz. B pecore normale Da Fontana; edifici mantenuti;

accesso alla Val Rovana.3. Cazzana B 1346 1902 1.200 1.900 36 12 3 10 1 Patriz. B 0 difficile Da Foroglio-Pontito; edifici in

stato precario. 4. Orsalièta B 1346 1900 1.400 1.900 16 0 2 8 1 Patriz. B 0 difficile* Da Foroglio-Gerra;

unico edificio privato.5. Orsalìa C 1346 1961 1.600 2.000 84 0 3 25 4 2 privati 0 difficile Da Foroglio-Calnègia; edifici

in stato precario.6. Formazöö C 1346 1972 1.700 2.300 150 0 4 79 8 3 privati 0 normale* Da Foroglio-Calnègia; edifici

in stato precario o privati; accesso a Val Rovana.

7. Crosa C 1346 1948 1.500 2.200 90 0 6 40 2 Patriz. C pecore normale* Da Calnègia, edifici in stato precario o privati; accesso aSologna-Antabia.

8. Nassa C 1346 1928 1.400 2.000 30 0 2 10 1 1 privato pecore difficile* Da Foroglio, edifici in stato precario; accesso a Crosa-Sologna-Antabia.

9. Solögna C 1408 1967 1.600 2.200 110 0 4 59 4 5 privati 0 normale* Da Roseto; edifici in stato precario o privati; accesso a Crosa-Antabia.

10. Scchièda* C 1575 1900 1.200 1.800 2 ? 0 difficile Da Sonlerto; accesso a Sologna-Antabia.

11. Antàbia B 1204 1968 1.680 2.500 260 0 4 114 2 Patriz. C pecore normale* Da San Carlo; accesso a capanna SAV di P. di Creste; edifici mantenuti.

12. Robièi B 1204 1962 1.600 2.300 128 0 5 79 8 Patriz. B normale normale* Da San Carlo; funivia, albergo, capanna CAS, edifici privati o in stato precario.

13. Lièlp B 1413 1959 1.500 2.200 135 0 4 50 1 Patriz. B normale normale* Da San Carlo; funivia; edifici privati o mantenuti; accesso Val Leventina.

14. Zota B 1413 1900 1.400 2.200 45 0 2 10 1 Patriz. B 0 difficile Da San Carlo-Campo; edifici distrutti; accesso a Val Lavizzara.

15. Sevinèra C/B 1350 1925 1.500 2.300 32 0 3 16 1 Patriz. C 0 difficile Da San Carlo; edifici in stato precario; accesso a Val Lavizzara.

16. Foiòi C 1508 1900 1.400 2.000 48 0 3 14 1 Patriz. C 0 difficile* Da Faedo; solo 1 edificio.17. Oglièe C 1407 1941 1.400 2.300 39 0 3 8 1 2 privati 0 normale Da Roseto; accesso con un

tratto pericoloso; edifici privati.18. Cchiènt* C 1765 1924 1.200 1.600 1 2 privati 0 difficile* Da Ritorto; edifici privati o in

stato precario; accesso a Magnasca.

19. Magnàsca C 1409 1918 1.500 2.000 42 0 6 32 1 1 privato 0 normale Da Sabbione; accesso a tratti pericoloso; edifici privati o distrutti.

20. Fioràsca C 1340 1965 1.400 1.900 40 0 3 32 4 2 privati 0 normale* Da Fontana; accesso a capanna SAV, a tratti pericoloso; accesso Val Lavizzara.

21. Bèdu* C 1600 1870 1.200 1.600 1 Patriz. C 0 difficile* Da Fontana; edifici in rovina.22. Paràula C 1340 1905 1.700 2.100 2 7 1 Patriz. C 0 difficile Da Cavergno-Monte di

Cavergno; edifici distrutti.

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non sia più costretta a quella vita; ecco perché non mi rincresce poi troppodi ritrovare i nostri monti ogni anno più abbandonati, i sentieri cancellati, ipascoli invasi dalle betulle o disseminati di pietre, il paesaggio mutato einselvatichito4.

Eppure i nostri alpigiani non erano degl’infelici. C’era l’aiuto di una fedeingenua, piuttosto biblica, addolcita semmai dalla maternità di Maria e dallapresenza consolante dell’angelo custode; c’erano i vincoli familiari, profon-damente sentiti, come capita sempre nelle famiglie povere e numerose; c’eral’ignoranza, la mancanza pura e semplice di notizie del resto del mondo, chegenerava una specie di rassegnazione fatalistica (i racconti degli emigrantidovevano essere piuttosto favolosi, i palazzi di Roma e di New York para-gonati alla chiesa del paese: quante volte più lunghi, più larghi, più alti? E lestrade, e la gente, e il mare, e tutto il resto, dove trovare i termini di con-fronto?); c’era infine un grande senso della comunità, così bene documenta-to dall’architettura rurale di Val Bavona, per cui l’aiuto vicendevole erasem pre assicurato e gradito: la durezza eccezionale dell’ambiente aveva al -me no sortita questa carità collettiva, abbastanza rara fra i nostri contadini,poveri sì, ma tuttavia proprietari di campi casupole gerbidi diritti d’erba percui litigare. D’altro canto l’interminabile giornata alpestre aveva pure i suoimomenti di riposo, né si può dire che fosse priva di affetti. La pioggia inces-sante, la tempesta e i fulmini, il freddo, la comparsa improvvisa della neve,la temuta siccità prolungata, la febbre che colpiva la mandra e guastava illatte, la caduta di una vacca in un burrone, la perdita e l’affannosa ri cerca diun gruppo di capre indisciplinate, erano tutte disgrazie temute e frequenti,e qualche volta bisognava scappare in basso con le bestie. Ma quando anda-va tutto bene, quella vita aveva pure i suoi angoli idillici, zoppiani, per ricor-dare il più noto dei libri scritti sull’argomento5.

valmaggesi, mentre una donna anziana èstata ritrovata quasi per miracolo, dopo duenotti d’addiaccio, nella regione del Cavagnoli,sopra i 2.500 metri d’altitudine. Tutti gli anniabbiamo invece dei morti valmaggesi nellestrade, soprattutto giovani: temporamutantur, direbbe Federico Balli.

4. Si dice spesso, e può anche essere vero, cheuna delle nostre ultime risorse possibili perimpedire lo spopolamento totale dei piccolicomuni di montagna, sia il turismo. Ora se,per attirare i turisti, noi vogliamo mantenereil nostro paesaggio così come è, con i suoimonti, le sue terre verdi, i castagneti, igerbidi, i corti degli alpi, credo che occorreràtrovare il mezzo di mantenere in vitaartificiosamente, l’agricoltura e la pastoriziadi tipo rurale... Forse un giorno dovremocreare dei contadini-impiegati-di-governo. Ilfatto è che non occorrono più di quindici oventi anni perché un monte abbandonatoridiventi fitta boscaglia.

5. “Zoppiani” come riferimento a GiuseppeZoppi di Broglio, autore de Il libro dell’Alpe(1922), descrizione idillica dell’alpeggio inBrunescio, Val Lavizzara.

Val Bavona 47

a p. 46:Tabella a cura della Fondazione Valle Bavona;riferimenti cartografici: Carta escursionistica ValleMaggia, 1:50.000; Carta nazionale della Svizzera,1: 25.000, fogli n. 1271 (Basodino), n. 1291 (BoscoGurin). Fonti: BALLI 1885, MERZ 1909 (con diversierrori), Luigi Martini.

legenda• alpe con *: considerato monte nel 1900 (né Balli né Merz forniscono dati). • giurisdizione B: Bignasco;

C: Cavergno.• Patriz. B: Patriziato di Bignasco;

C: Patriziato di Cavergno.• accesso normale: si intende sentiero di montagnaidentificabile; con *: è segnalato. • accesso difficile: sentiero difficile da identificare,facilmente confondibile con le piste tracciate daicamosci; presenza di sterpaglia; con *: a tratti su precipizi.

3. Alpe di Chiènt.

3

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costruzioni più singolari e quelle inprossimità degli abitati.Ma non se ne sospettava un numero cosìelevato né era prevedibile una talericchezza di forme e di soluzioni; nienteinsomma lasciava supporre l’eccezionalitàdella Valmaggia a questo proposito. Loscarso interesse mostrato dai ricercatoriper questi ambienti e l’esiguo spazio lororiservato nelle pubblicazioni facevanopensare a un tema minore, ainsediamenti e costruzioni non meritevolidi particolare attenzione, da considerarepiù come curiosità che come formesignificative dell’edilizia rurale e dellavita in montagna. Ma fin dalle prime fasidella ricerca ci si è resi conto che si stavamettendo mano a un tema avvincente, aun patrimonio di straordinario interesseper le sue componenti naturalistiche eantropiche, per la possibilità di scopriredati inediti e sorprendenti, per glistimoli che potevano scaturire da unaricerca multidisciplinare. Non solodiventava possibile scavare nel passatoregionale, ma anche dare un contributoper una migliore conoscenza del mondoalpino.Il titolo – Vivere tra le pietre – sintetizzaabbastanza bene i risultati della ricerca.Contiene infatti due terminiapparentemente antitetici e difficilmenteconciliabili: la vita, stato dinamico, incontinua evoluzione, è contrapposta allapietra, materiale inerte e improduttivo.La pietra non esclude la vita ma la rendedifficile e la costringe a particolari formedi adattamento. Le situazioni estremestimolano l’ingegno dell’uomo e

48 Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, 2006

1. Valmaggia, costruzioni sottoroccia. Dati eillustrazione tratti da Vivere tra le pietre 2004, p. 43.

a p. 49:2. Cascata della Val Calnègia (Foroglio), vallesospesa dove sono state inventariate centotrentunocostruzioni sottoroccia.

a p. 50:3. Uomini e animali a Splüia Bèla (970 m) nel 1983. Tre anni dopo sarà definitivamenteabbandonata.

splüi grondàn cantìn

Bassa valle 69 38 313 420Media valle 68 23 127 218Val Rovana 13 19 20 52Val Bavona 168 101 136 405Val Lavizzara 66 81 35 182

384 262 631 1.277

Pubblichiamo qui un brano tratto dallaPresentazione di Bruno Donati, allorapresidente del Museo di Valmaggia, alvolume da lui curato Vivere tra le pietre.Costruzioni sottoroccia: splüi, grondàn,cantìn, Museo di Valmaggia-Armando Dadòeditore, Cevio-Locarno 2004 (pp. 11-12). Il volume raccoglie i molteplici risultati diuna ricerca decennale (1994-2004), condottadal Museo insieme a diverse istituzioniculturali federali (come il Fondo nazionalesvizzero per la ricerca scientifica) e locali(innanzitutto l’Associazione dei Comunivalmaggesi con il progetto Vallemaggiapietraviva e la Fondazione Valle Bavona)sulle costruzioni sottoroccia checaratterizzano la Valmaggia. Alla medesimaricerca appartengono gli approfondimenti diTita Carloni e di Francesco Fedele,presentati di seguito. In particolare di Tita Carloni, ripubblichiamo un brevebrano da Un’architettura senza trattati(in Vivere tra le pietre 2004, pp. 21-31, p. 25); di Francesco Fedele un brano tratto da Note per una ecologia umana dellecostruzioni sottoroccia alpine (in Vivere tra le pietre 2004, pp. 239-261).

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Vivere tra le pietre

a cura di BRUNO DONATI

La roccia, elemento che costituisce lemontagne, spesso non affiora perchécoperta dal suolo e dal manto vegetale.In genere nelle valli l’insediamentodell’uomo è determinato più dal clima edalla presenza della terra e dell’acquache non da quella della roccia. Percontro, in alcune profonde valli delle Alpicentrali, il paesaggio è dominato dallapietra che forma pareti vertiginose,grandi franamenti pedemontani e unvasto greto sul fondovalle.La Valmaggia sembra essere ilbaricentro di questa realtà, quiparticolarmente accentuata dallecaratteristiche petrografiche delle Alpipenniniche, dalla presenza di grandidislivelli e dall’irruenza del fiume che lapercorre, considerato il più torrentiziod’Europa. Innumerevoli costruzionisottoroccia sono sparse su tutto ilterritorio valmaggese, fin nelle zone piùimpervie. Finora si conoscevano le

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risvegliano le sue capacità più nascoste,costringendolo a ricavarel’indispensabile da un ambiente povero edifficile. Sono situazioni che si incontranonelle regioni del Grande Nord, nellafascia tropicale secca e negliinsediamenti di alta montagna. In questerealtà non c’è spazio per la complessità eil superfluo; le tecniche sono semplici efunzionali, i bisogni essenziali, lecomunità solidali. Si è capito subito chelo studio delle costruzioni sottorocciatoccava gli aspetti appena citati e cheandava ben oltre i semplici elementicostruttivi di un’architettura primitiva.L’analisi si sarebbe infatti estesa acomponenti di tipo sociale, economico eambientale.Il lavoro è durato un decennio con alcuneinterruzioni, necessarie per trovarenuove fonti di finanziamento.Si cominciò nel 1994 incaricandoAlessandra Ferrini Giordano dieffettuare una ricerca bibliograficasull’argomento, ciò che permise diconstatare la quasi totale assenza dipubblicazioni specifiche.In particolare, per la regione ticinese sihanno essenzialmente contributisporadici consistenti in documentazionifotografiche occasionali, descrizionisoggettive e nostalgiche.Il progetto promosso dal museo, benchélimitato a un comprensoriorelativamente ristretto, trovava così una valida giustificazione eprometteva di fornire elementi nuovi e insospettati.Si passò poi a preparare gli strumentiper la raccolta dei dati sulle singolecostruzioni, sulla loro collocazionenell’ambiente, sulle componenti naturalie antropiche. Occorreva avantuttomettere a punto una scheda chepermettesse di inventariareaccuratamente le singole costruzioni, diindividuare le diverse tipologie, le lorocaratteristiche costruttive e le funzionicui erano adibite. Ulteriormente

perfezionata dopo i primi rilevamenti, lascheda è completata dalladocumentazione fotografica, talvoltaanche da schizzi e da descrizioniparticolareggiate, da notizie storiche eda testimonianze orali. Questo lavoro e ilsuccessivo rilevamento coinvolserodiversi collaboratori, in particolareFlavio Zappa, storico di formazione ebuon conoscitore del territoriovalmaggese, e Marco Bianconi, abiledisegnatore e attento osservatore.Grazie alla stima e alla credibilità che ilmuseo gode in valle è stato facileintessere una fitta rete di contatti con lapopolazione locale.Gli informatori fecero a gara nelsegnalare costruzioni, nel fornire utilitestimonianze, talvolta anche facendo daguida a chi lavorava sul terreno.Così, anche costruzioni lontane daisentieri battuti, sommerse dallavegetazione spontanea e dimenticatefurono riscoperte e studiate.Le segnalazioni si moltiplicarono el’inventario si arricchì di mese in mese,tanto che si riuscì a mettere insieme unelenco di oltre 1.600 costruzioni, 1.200delle quali vennero dettagliatamenterilevate. La documentazione iconograficaprodotta è raccolta in un archivio di circa12.000 immagini, a colori e in bianco enero. Completa l’inventario un centinaiodi disegni tecnici di costruzioni singole odi complessi significativi, opera di MarcoBianconi che con grande perizia hasaputo riprodurre in scala, in pianta e insezione, costruzioni di forma e didimensioni insolite. A questo punto siritenne il campionario sufficientementerappresentativo e si decise, benché amalincuore, di interromperel’esplorazione certi che un’ulteriorericerca non avrebbe offerto nuovisostanziali elementi. Solo in Val Bavonal’inventario è stato esaustivo, su esplicitarichiesta della Fondazione omonima chene ha commissionato e finanziato ilcompletamento.

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purtroppo) assai limitati, soprattutto perragioni pratiche e finanziarie. I ricercatorihanno trovato dentro e nei pressi disingole costruzioni sottorocciatestimonianze addirittura d’epocaneolitica. Sono inoltre abbastanzanumerosi i resti medioevali e le tracce, informa di incisioni nella pietra o di qualcheutensile, di utilizzazioni che si sonoprolungate per tutto il ’700, l’800 eaddirittura nei primi cinquant’anni del’900. Siamo cioè in presenza di formearchitettoniche arcaiche che hannoattraversato quasi indenni millenni esecoli, rimanendo del tutto indifferentirispetto agli eventi politici, sociali,culturali che hanno cambiato l’Europa:imperi, regni, repubbliche, ma anchescoperte, invenzioni, stili, ... cultura

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romana, migrazioni barbariche, mondoromanico, gotico, ... il rinascimento, ilbarocco, ... le rivoluzioni del XVIII e delXIX secolo... Niente: i rifugi valmaggesierano lì, dapprima forse solo visitati dapastori, cacciatori, cercatori del preziosoquarzo che magari finiva nelle vetrerie diVenezia o di qualche altra città d’arte. Epiù tardi regolarmente abitati, nei ritmidelle loro immutabili transumanze, daimembri di quella società di pastori-contadini che ha vissuto per secoli nelterritorio valmaggese producendo ilnecessario per il suo sostentamento eimportando da fuori solo gli attrezzi diferro, il sale, qualche raro tessuto oqualche modesto gioiello per le grandioccasioni, oltre a qualche gruzzologuadagnato in lontane migrazioni.

TITA CARLONI

L’incredibile durata

Le costruzioni sottoroccia di Valmaggia,come espressione del modo di farel’architettura senza alcun trattato e con lasola esperienza e conoscenza empirica deldato naturale, sono un’importantetestimonianza e permanenza di questoindirizzo dell’architettura.Da questo punto di vista l’età dellecostruzioni sottoroccia non haevidentemente l’importanza che essaassume sul piano soprattutto storico.È stato fatto un esteso e preziosocensimento, con la relativadocumentazione, ma gli scavi e le ricerchearcheologiche sono stati sinora (e

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stanno esplorando da alcuni anni ciò cheintorno al sense of place possono rivelarecerti siti preistorici, anzi interi paesaggiarcheologici della preistoria: siti epaesaggi in cui pietre o rocce sono unapresenza significativa. Senso del luogo erapporto uomo-roccia sembrano esserefatti apposta per essere indagaticongiuntamente. Quindi uomo, roccia,abitare umano. Inutile dire chel’argomento acquista supremo rilievonelle regioni montuose, dove l’elementoroccia non manca, e dove l’abitare umanonon è sempre la cosa più facile e ovvia. LeAlpi non soltanto ne sono esempio, maforniscono una specie di osservatorioprivilegiato.In un’area geografica non eccessivamenteestesa, infatti, sia la varietà delcomponente roccia, sia la mutevolezza e lalunga storia dell’abitare umano,concorrono a offrire un ricco e istruttivoassortimento dei rapporti uomo-roccianegli ambienti locali e nel tempo.

Alle nostre latitudini, quando si trattadell’abitare ciò che più importa è avere untetto sulla testa: un riparo. Paretiaggettanti, massi di forma e dimensionitali da sporgere un poco in guisa di tetto,sono stati sistematicamente prescelti. Inaltri casi, l’uomo si è creato un tettoscavando il terreno al di sotto di un massotabulare, di un conveniente lastrone, osemplicemente ampliando mediante scavol’anfratto già libero. Un tettuccio comeche sia è utile per un ricovero di brevedurata, ma un vero tetto diventaindispensabile per l’abitazione prolungatae permanente.“Sottoroccia” sembra essere il terminepiù opportuno per indicare questamodalità morfologica, tanto più che puòfungere da aggettivo come da sostantivo(un sottoroccia, il sottoroccia delGiuaninèt). Modalità o nozionemorfologica, si badi, cioè la proprietà delformare tetto e quindi riparo sotto unasporgenza rocciosa: l’utilità del termine

FRANCESCO FEDELE

Uomo, roccia, abitare umano

In seno al gruppo sociale e culturaleumano, gli aspetti del comportamento chepiù intrattengono relazioni reciproche conroccia e rocce sono l’abitare, il percorrere,e il simboleggiare. [...] Mi soffermeròsull’abitare umano. È nel gioco diinterrelazioni con l’abitare umano, infatti,che il rapporto uomo-roccia assurge aparticolare e spiccata complessità. Equesta complessità si presenta condiverse dimensioni: la tipologia pura esemplice del fenomeno, cioè l’elevatavariabilità di forme concrete; la duratastorica, osservabile nelle sue fantastichecontinuità o “costanti”, così come nellesue occasionali variazioni evolutive; einfine la dimensione che potremmo direecologica, riguardante in senso stretto ilcontesto ambientale e la cornice naturaledel modo di vita dell’uomo.C’è anche una dimensione psicologica (iprocessi psicologici individuali o di piccologruppo sono uno dei componenti delgruppo socioculturale umano). Ma questadimensione è particolarmente difficile daesplorare, e comunque può essereesplorata quasi esclusivamente nelpresente, non certo nel passato“preistorico” delle società umaneprelitterate o illitterate. Che il volumesulla Valmaggia [Vivere tra le pietre]faccia posto ad alcune testimonianze dicoloro che fino ad anni recenti fecero delle“rocce” la propria abitazione, è uncontributo di enorme interesse. Per metàpsicologico, per metà piuttosto ideologico,ossia attinente a quanto è condiviso dalgruppo, è un altro aspetto dell’abitareumano: il senso del luogo. Lo identificacosì una corrente filosoficacontemporanea, la geofilosofia,preoccupata della perdita di identità e di“località” causata dalla globalizzazioneavanzante. Anche antropologi earcheologi, specialmente di lingua inglese,

risiede appunto nell’evitare allusioni amorfologie definite, che possono essereinnumerevoli e che meritano – se si vuole– la costituzione di tipologie ad hoc.Quella del “sottoroccia” è da tempoimmemorabile una delle nozioni piùpervasive del comportamento ecologicoumano in relazione al dimorare o alsostare. Intuitivo il perché (avere untetto sulla testa, si diceva), e d’altrondel’uomo non è il solo animale a sostare o adabitare al riparo di una copertura.Distinguere tra dimorare e sostare hainteresse non soltanto comportamentalema anche ecologico, in quanto ben diversisono di solito gli aggiustamenti e lestrutture che l’uomo si è adoperato arealizzare per l’abitare durevole rispettoal ripararsi occasionale.C’è qui la differenza che intercorre tra ilpermanente e l’effimero: ciò che cambiatra l’un caso e l’altro è l’investimento diimpegno e di lavoro. Si commisurano leesigenze e le preferenze allo sforzo. Losforzo richiesto per soddisfarle è il fattorelimitante. Nelle società preindustriali enon urbane, ossia rurali, “tradizionali”,impegno e lavoro hanno moltaimportanza, se non altro nel senso che ècruciale per il vivere economizzare losforzo. Sforzo e lavoro ci sono, e come, manon debbono eccedere un determinato,preciso, delicato limite. La normaecologica vale anche per il procurarsil’abitazione o il ricovero, costruito o noncostruito, fatto di rocce o no.Ciò diventa non di rado estremo negliecosistemi esigenti e fragili dellamontagna. In montagna non c’è spazioper lo sforzo inutile o non necessario, cosìcome non c’è margine per lo spreco, siaesso di arnesi, di materiali, di risorse. Senon si economizza, se non si commisural’investimento di energia al risultato, alrendimento, al ritorno, può essere messaa repentaglio la sopravvivenza stessadella persona o del gruppo.L’atteggiamento antitetico nei riguardidello spreco (e del superfluo) è uno dei

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4-8. Le due cantine della Crasta, a Gerra, in Val Calnègia. Sezioni, vista dell’ingresso e planimetria (disegni di Marco Bianconi).

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Splüia Bèla è [...] un maggengo singolare, inmezzo a una frana ciclopica, dove la residenzadell’uomo e la stalla per le vacche sono scavatesotto lo stesso enorme masso, una per parte ecollegate fra loro da una sorprendente porticina.Altri massi di mole minore ospitano il porcile, lastalla per i vitelloni e la cantina, o formano grotteper il ruminante meriggiare delle capre. Una voltaho condotto qui Bruno Soldini, che poi si èdivertito a filmare il luogo in un ottimodocumentario sulla nostra transumanza; e qui mitorna sempre in mente la sortita di una vecchiacavergnese: il Signore i sassi li ha proprio lasciatitutti a noi. Non ci si dovrebbe meravigliare diveder uscire dall’antro maggiore il monocolo eferoce Polifemo; e invece con un po’ di fortuna puòcapitare d’incontrarvi Arnoldo Dadò, l’ultimoalpigiano di Val Bavona, di proporzioni piùdomestiche e di cuore gentile; il quale, senzasospendere un istante l’esercizio rapido e precisodella sua arte antica, che era appunto anche diPolifemo, ha trovato modo di ricordarmi fatti enomi che avevo dimenticati, e che ora sto scrivendo(da PLINIO MARTINI, 1976, in Alpi di Val Bavona,Museo di Valmaggia, Cevio 1980, p. 37).

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9. Planimetria di Splüia Bèla. Un’imponentelastra copre un ampio spazio lungo circa 30 metri(disegno di Marco Bianconi).

10. Splüia Bèla, vista dal sentiero della Val Calnègia.

11. L’entrata di Splüia Bèla.

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fattori che più radicalmente separano lenostre società urbane e del consumo dallecomunità contadine e alpestri del recentepassato.Nelle Alpi, in aggiunta a un buon tetto,l’inverno rigido naturalmente impone chela qualsivoglia dimora abbia altresì buonepareti. Il freddo esterno va controbattuto,il calore interno va conservato,economizzato. Uno dei metodi piùefficienti e più semplici per farlo è dicircondarsi di pareti di terra, per cui unospazio interrato o almeno seminterratooffre una soluzione relativamente idoneae svelta. In mancanza o nell’impossibilitàdi ciò, si può supplire foderando di terra ofango le pareti di materiale vegetaleleggero (ramaglie intrecciate, vimini,canne...), od otturando con terra gliinterstizi di pareti di pietra a secco, oricoprendo di zolle di terra ed erba leparti più esposte della dimora. Così èstato fino all’avvento dei muri a malta.Nella montagna anche bassa e ospitale,laddove economia e spazio lo hannopermesso, la questione del calore nellastagione fredda è stata affrontata per treo quattro millenni mediante la convivenzacon gli animali. Non è qui il caso dielaborare nei dettagli le numeroseimplicazioni sociali, mentali, sentimentali,che questa soluzione ha comportato nelleculture e nei secoli. Basti notare come,persino in abituri sotto masso dimetratura molto modesta, l’uomo abbiatrovato spazio per alcuni animali (il bue ela mucca, qualche capra e pecora),ponendo in effetto una stupefacentesimbiosi.Il proteggersi dalle precipitazioni, ilconvogliare all’esterno l’acqua (sia essapiovana o di fusione della neve), unacoibentazione sufficiente del vano abitato:queste esigenze elementari ma basilarihanno sempre condizionato la scelta e lapreparazione della dimora rupestre.Diciamo pure, l’umanizzazionedell’abituro in roccia o fra rocce.Determinanti ecologiche fondamentali

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dal rapporto insediativo di tipo rupestre.Laddove non c’è un sottoroccia solo, o unsingolo masso ospitale nel paesaggioaltrimenti informe, ma ve ne sono piùd’uno, concentrati nello stesso luogo, èovvio che il modellarsi del gruppo umanosulle rocce idonee all’abitare abbiaassunto carattere più multiforme. Non sitratta tuttavia soltanto di un incrementonumerico delle risorse rupestri, di unasemplice moltiplicazione di abitazioni ericoveri. Ciò che nello stesso tempoaumenta, e di molto, è la complessitàdell’articolazione tra dimora e dimora, traabituro e abituro, tra nucleo sociale enucleo sociale. Dal punto di vistatopografico e più ancora da quello deirapporti comunitari, sociali. In questosenso appunto, il quadro che offre laValmaggia è esemplare alla scala alpina.

che, per ciò stesso, scavalcano culture edepoche. Sia pure sulla falsariga disoluzioni obbligate e comuni, ogni gruppofamiliare, ogni comunità, ha modulato lapropria risposta a queste determinanti,dando luogo di regione in regione a unaschiera di piccole soluzioni ingegnose.Se nei riguardi dell’abitare umanointeressa il rapporto uomo-roccia in ge nerale, come si è detto, è il rapportouomo-rocce che in modo più ancoraaccentuato e specifico attingecomplessità, e si impone quindiall’attenzione in questo contesto. Dallaroccia al singolare alle rocce al plurale, enon per un mero gioco grammaticale. Sefissiamo l’attenzione sull’occupazionesottoroccia in contesto di rocce plurime,ciò permetterà di esaminare i massimi dicomplessità culturale raggiunti nelle Alpi

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«... anziché comparire isolati, massi e blocchiformano gruppi, accumuli, distese. Possonoformare interi piccoli territori. E in questa modalità danno forma a unpaesaggio spontaneo di particolare complessità[...] perché ha avuto relazioni strette e profondecon l’insediamento umano. La distesa o l’accumulo di massi è una forma di paesaggio così peculiare da meritare, secondome, un nome tecnico apposito, ma un nome cheper origine e impiego sappia alludere allarelazione con l’uomo: il nome proposto è illombardo ganda, sulla base della sua diffusione e arcaicità. Nomi locali sono stati spesso adottati cometermini morfologici in geografia e in geologia. Il nome ganda ricorre in più varianti locali, tracui il ticinese ganna» (da FRANCESCO FEDELE, inVivere tra le pietre 2004, p. 240).

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12. Le costruzioni dell’alpe mimetizzate tra imacigni della Ganascia.

13. Planimetria dei vani sottoroccia dellaGanascia a quasi 2.000 metri d’altitudine (disegnodi Marco Bianconi).

14. Ganascia, alpe Formazzöö, Val Calnègia.

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realizzato una pista fino a San Carlo,quando l’OFIMA SA, in previsione degliimpianti idroelettrici nell’alta valle e conben altri criteri costruttivi, ne assunse ilcompletamento, che avvenne nel giro didue anni.Se la strada costituì un grande sollievoper tutti, sia per chi era rimasto sulposto a gestire le ultime, ridotte, aziendefamiliari, sia per chi doveva spostarsi perraggiungere nuovi posti di lavoro, essarappresentò però anche un segno dellaradicale trasformazione in atto. Infatti,ad esempio, gli argini di contenimentodel fiume, avviati nel 1960, miravano allaprotezione della strada e solocasualmente presero in considerazione lacampagna, la cui salvaguardia era statainvece, da sempre, un problemaesistenziale. Eppure ci vollero ancoraalcuni anni per comprendere che quellastrada aveva aperto la valleall’introduzione di materiali inusuali eche laterizio e cemento avrebbero benpresto cancellato l’aspetto dei nucleiinsediativi! Si reagì con ritardo.In pratica, al 1950, i nuclei bavonesi,realizzati prima del Seicento comeabitazione primaria e che, a seguitodell’abbandono invernale della valle,avevano subito solo poche aggiunte etrasformazioni successive, mantenevanopraticamente intatto il volto di quello chea grandi linee poteva essere il villaggiovalmaggese prima dell’arrivo dellastrada nel 1830, quindi un primo aspettodi valore di testimonianza, ben oltre ilconfine della valle stessa. Ma la ValBavona recava in sé, anche se in partegià in rovina, anche un secondo aspettodi testimonianza: un accanitosfruttamento territoriale, senzaconfronti. E tutto ciò andavasalvaguardato.L’idea della necessità di un PianoRegolatore risale agli anni settanta delNovecento, ma gli studi inerentiiniziarono solo nel 1977 e si concluserocon l’approvazione del piano, da parte dei

Organismi, strumenti,

norme per il governo della

Val Bavona

La Valle Bavona è iscritta dal 1983,quale oggetto n. 1808, nell’Inventariofederale dei paesaggi, siti e monumentinaturali d’importanza nazionale, anorma dell’articolo 5 della legge federaledel 10 luglio 1966 sulla protezione dellanatura e del paesaggio (LPN). Ciòsignifica che:• i caratteri identitari della valle(paesaggio, patrimonio naturale,forestale, agricolo, edilizio, delle rocce edell’acqua, ecc.) meritano di essereconservati e, in ogni caso, rispettati nelloro insieme;• la Confederazione ha l’obbligo disalvaguardare le condizioni fissatedall’Inventario federale, tranne nel casoin cui alla conservazione si opponganointeressi equivalenti o superiori,anch’essi d’importanza nazionale. Lasvolta che definisce la responsabilitàpubblica per la tutela, la salvaguardia ela valorizzazione di questo specialemicrocosmo di montagna è dunque il1983. Ma le due vicende, quellapregressa, delle idee e delle esperienzeche precedono questa svolta, e quellasuccessiva degli strumenti che neconseguono, costituiscono a loro voltaun capitolo di interesse scientifico,culturale e antropologico del tuttoparticolare, al quale dedichiamo lepagine 56-65. Comprendono una schedadi Luigi Martini; alcuni brani tratti daValle Bavona, pubblicazione dedicatadal Dipartimento dell’ambiente (Sezionepianificazione urbanistica del CantoneTicino, Bellinzona, Comuni di Bignascoe Cavergno) nel 1986 al PianoRegolatore della Valle Bavona; alcunenorme relative al Piano del paesaggio;alcune delle più significativedisposizioni relative ai singoli elementicostruttivi, tratte dal Manuale per la

riattazione degli edifici, FondazioneValle Bavona, Cavergno 2000 (testi diGiovanni Buzzi, disegni di RenzoBagutti, prefazione dei Municipi diCavergno e Bignasco, in particolare pp. 5, 12-13, 26-27); una scheda diRenato Lampert sulla Fondazione Valle Bavona.

Il Piano Regolatore di salvaguardia

a cura di LUIGI MARTINI

I motivi che giustificarono l’applicazionedi un Piano Regolatore di salvaguardiagenerale della Val Bavona vanno cercatinel contesto dell’antico segno antropicolasciato dall’uomo alla conquista di unterritorio particolarmente difficile. Tale“conquista” era stata caratterizzata da:• un’attenta scelta dello spazio nel qualeinsediarsi;• un’accanita ricerca di terreno dabonificare e sfruttare;• un ostinato mantenimento del “sistemacollaudato”.Sono questi gli aspetti generali che, allafine dell’ultima guerra, ci hannoconsegnato una valle-museo colpita,senza possibilità di adeguamenti,dall’inevitabile tracollo di un sistemasuperato in tutti i sensi:• bestiame bovino non più adeguato allepasture e agli edifici di ricovero;• mezzi di trasporto inutilizzabili per lamancanza di strade;• possibilità di lavoro più redditizio,meno faticoso, meno rischioso;• esigenza di un vivere più agevole, incase più confortevoli.La mulattiera della valle, che durante laguerra era stata in qualche modosistemata per permettere il trasporto dicarbone e legname da Foroglio allaferrovia, era già una grazia ricevuta esolo nel 1950 si pensò alla costituzione diun Consorzio che studiasse la costruzionedi una vera strada da Cavergno.Nel 1956 tale Consorzio aveva appena

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ambientale.Va pure detto che la sensibilitàpaesaggistica non è alla portata di tuttie, di conseguenza, una anticipatapresentazione del Piano rischiava ilfallimento.Fatto è che il Piano venne accettato, conla previsione (all’articolo 55, qui a p. 61)dell’istituzione di una Fondazionepreposta alla salvaguardia e alfinanziamento degli interventi stessi,

due Comuni coinvolti, nel 1984. Il“ritardo”, rispetto a quanto succedevanel frattempo nella valle in fatto diinterventi, è spiegabile dal momento cheil piano, com’era concepito,rappresentava una novità a livellocantonale, e pertanto richiese anche lasoluzione di una serie di aspetti giuridici,tutt’altro che secondari, rispetto alleleggi federali e cantonali vigenti in temadi edificazione e di protezione

nonché di un gruppo di lavoro ad hoc chegarantisse alla Fondazione e ai Comuni – i soli responsabili dell’applicazione delPiano – la consulenza per la gestioneesecutiva delle norme, oltre iquadriennali avvicendamenti politici.L’istituzione del gruppo di lavoro ebbeesecuzione immediata, raggruppando lepersone, delegati federali, cantonali e deidue Comuni, che avevano collaborato conil pianificatore (Ufficio ingegnere Borella,Canobbio), alla stesura degli atti, deipiani e delle norme componenti il Piano.Scontata, per la fase iniziale dell’attivitàdel gruppo, l’attenzione rivolta ai nucleidella valle sottoposti, a causa dellastrada, a fortissime pressioni, riguardantiin particolare, solo per fare qualcheesempio:• la trasformazione della stalla in casa,come consentito dalla precedentenormativa edilizia;• la riattazione della casa coninserimento di finestre più grandi,aggiunta o chiusura del loggiato conmattoni per far posto a servizi igienici;• il “rappezzo” di utilizzo pratico (se nepotrebbe scrivere una filastrocca: daldavanzale in cemento al tavolo esterno instile barocco importato da Zurigo);• la demolizione della callaia perallargare il piazzale davanti la casa.Il gruppo si occupò anche dell’analisidegli atti costitutivi del Piano che, comedetto, erano stati impostati senzaadeguati criteri di riferimento.Se non fu difficile per il gruppoaffrontare, con l’acquisita cognizione dicausa, l’applicazione del Piano, ben piùcomplicata fu la gestione concreta deiprimi interventi indirizzati a far capiregli intenti del Piano medesimo, cosa ecome si voleva conservare, senzaincorrere nella museificazione dellaBavona.Queste difficoltà, più di dettaglio tecnicoche di principio o di contatto personalecon i proprietari, comportarono subito,ma senza uscire dagli schemi normativi

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geologica e botanica, di servizio, di svago,eccetera. Gli insediamenti umani in ValleBavona rispondono originariamente adun’esigenza di sfruttamento del territoriospinto a limiti estremi, legati allasopravvivenza stessa dell’uomo. E sonolimiti che valgono oggi come segno disfida quasi impossibile fra uomo e roccia,fra lavoro e montagna insidiosa: unatestimonianza da salvaguardare comevalore culturale. Questa necessitàpianificatoria di conservare il segno dellaciviltà alpina ha indotto alla suddivisionedel Piano in due zone distinte, al di soprae al di sotto dei 1.000-1.200 metrid’altitudine, con tipi diversi di intervento.Sopra quota 1.000-1.200 metri vienefacilitato il recupero degli insediamentiesistenti con l’accettazione, entro limitivolumetrici tradizionali, anche dellericostruzioni e con l’uso di un materialeleggero e facilmente trasportabile per lecoperture. Al di sotto dei 1.000-1.200 metri(beninteso al di fuori dei nuclei) ci si trovaessenzialmente in presenza di stalleisolate nel territorio, che concorrono acomporre il mosaico urbanistico dellavalle: l’intenzione è quella di mantenernela presenza, con una serie di vincolicostruttivi che ne conservino l’aspettooriginale pur accettando latrasformazione indispensabile. Lacopertura dei tetti può essere soltanto disasso. Al di sopra della quota citata,insomma, il Piano vuol favorire lapermanenza-limite dell’uomo con unaapertura di possibilità che stimolil’intervento, la presenza dell’uomo. Al disotto, si vuole il massimo rigore perconservare intatta la lezione urbanisticadei nuclei e del paesaggio che li ospita. Sipuò ancora osservare come in generalel’edificabilità nel territorio superi leconcessioni normali della legge federalesulla pianificazione del territorio, proprioper assicurare la priorità delmantenimento della vita sulla montagna,che è l’obiettivo culturale di fondo delPiano.

adottati, la ricerca di soluzioni dicompromesso e di adeguamenti daproporre per una futura revisione delPiano medesimo.Sulla base dell’esperienza maturata,anche la gestione dei limiti dicompetenza tra la consulenza del gruppoe le autorità comunali, gli atti inerenti ilretroterra bavonese, quello oltre ilfondovalle, che impervio com’è siproteggeva da solo, venneroattentamente esaminati, al fine ditrovare una suddivisione territoriale piùconfacente alla situazione bavoneserispetto a quella prevista dal Piano.Nel contempo si realizzava l’istituzionedella Fondazione Valle Bavona, il 9 giugno 1990, e il “gruppo ad hoc”venne sostituito da un Gruppo di lavoropermanente, con le stesse finalità delprimo. Grazie all’esperienza acquisita e allavoro di ricerca svolto, nonché a unamigliore disponibilità pubblica neiconfronti del Piano, il Gruppo di lavoro èstato ben presto in grado di proporre alleistituzioni competenti:• gli atti completi per una più attentadelimitazione dei nuclei;• una migliore suddivisione territoriale;• la revisione completa delle norme con irelativi allegati;• la redazione del Manuale per lariattazione dei rustici (si veda qui allepp. 62-63).

Definizioni e contenuti del Piano

PaesaggioIl paesaggio è il territorio che si estendeoltre i limiti dell’edificazione delle variefrazioni. Si tratta di un territorio variato,eterogeneo, composto di varie strutturemorfologiche, di diversa composizionegeologica e boschiva. E del restol’andamento altimetrico della Valle passadai 500 ai 3.270 metri sul livello del mare.Il piano distingue questo territorio inzone determinate definite dacaratteristiche specifiche: di protezione

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Piani di utilizzazioneQuesto capitolo definisce i criteri diintervento indicando gli elementi daproteggere. I piani stabiliscono i limiti diedificazione dei nuclei e specificano gliinterventi possibili nei fabbricati.È in questo capitolo che il singoloproprietario rileva le limitazioni piùconcrete alla propria “libertà teorica” diintervento. È dunque qui che risiede lanecessità di una sensibile comprensionedelle norme, intese quali strumento perdifendere un interesse collettivo ecomune che alla fine ridiscende apremiare, con vantaggi precisi, i singoliproprietari. I pianificatori sono coscientidella portata vincolante di questocapitolo e per questa ragione hannocercato di controbilanciare ogniinterdizione con la presenza di vantaggid’altro genere, alla ricerca di unequilibrio armonico fra necessità frenantie aperture di sviluppo.In sintesi, la “filosofia” che regge tuttequeste norme si fonda sui punti seguenti:• L’urbanistica delle frazioni dellaBavona testimonia modi di vita e ricordacapitoli di storia umana della civiltàalpina che vale la pena di conservarecome segni culturali difficilmenteriscontrabili in altre regioni delSopraceneri, dove questa vita rurale eratipica e generalizzata.• Questa organizzazione urbanistica sisitua dentro un ambiente chesostanzialmente non ha subito alterazionie costituisce quindi una parte integrantedel valore globale della valle comepaesaggio, insediamento, armonia frasegno dell’uomo e natura.• Naturalmente proteggererigorosamente la Valle Bavona significaoggi penalizzare in qualche modo unaregione che già per molto tempo erarimasta fuori dalle spinte dello sviluppo,in quanto regione povera e spessosubalterna dal resto dell’economiaticinese. La salvaguardia di un ambienteunico e irripetibile significa anche il

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blocco di iniziative private e dunquevantaggi economici.• Il Piano intende recuperare questosvantaggio obiettivo valorizzandoeconomicamente la proprietà privata conil mantenimento dell’attrattività deiluoghi (innegabile vantaggio a lungotermine) e concentrando le possibilitàedificatorie sugli stabili esistenti.Al fine di approntare tutti questistrumenti pianificatori di equilibrio (diconservazione, dunque, ma anche didinamismo) i pianificatori hanno eseguitoun rilievo completo dei fabbricatiesistenti e definito le tipologie di base. In particolare, sono stati analizzati glielementi architettonici per definire qualifossero quelli determinanti per ognitipologia, con uno studio specifico sulmateriale impiegato nelle varie tipologie.Dopo questa prima fase, è stata possibileuna prima definizione delle strutture edelle tipologie essenziali, con unacatalogazione degli stabili esistenti e

significativi. In sostanza, si è ottenutauna chiara lettura di ciò che esiste perdefinirne le possibili trasformazioni,aggiunte, modificazioni, al fine di unrecupero totalizzante.Fra le componenti tipologiche portanti,per esempio, v’è la presenza del loggiatoche, posto di frontone o di gronda, segnain modo inequivocabile l’abitazione e chenon può essere modificato nelledimensioni senza trasformarsi inelemento deturpante, squilibrato.Una delle preoccupazioni del Piano èquella di mantenere il rapportourbanistico fra case e stalle, due elementidi diversa tipologia. L’operazione èrisultata difficile proprio perché iproprietari faticano qua e là ad accettarequesta effettiva limitazione ditrasformazione. La richiesta dimantenimento delle stalle come talicostituisce di fatto un investimentopubblico. Importante anche quello che sipotrebbe chiamare “l’equilibrio visivo”

costituito dalle aperture: finestre,feritoie, porte. Le norme definiscono iparametri essenziali: poi l’operatoredovrà di volta in volta ricercare unrapporto ideale che vada oltre ilfabbricato per coinvolgere il vicinato.Per quanto concerne il materiale usato,genericamente esso viene definito “delposto”. È impossibile ricercare definizionipiù specifiche. La scelta è lasciata allasensibilità dell’artigiano, che dovrebbelavorare i materiali con la stessa cura esensibilità degli abitanti della Bavona didue o trecento anni orsono.Le tecniche di oggi, la possibilità ditrasporto e questioni economichedovrebbero comunque rispettare lalezione complessiva di un materiale chefa parte integrante dell’urbanistica, chene è segno inconfondibile. Anche lerecinzioni sono escluse, proprio perrispettare un dialogo aperto, solidale ecomunitario di vicinato, di nucleo, fedelealla tradizione del passato. Lasuddivisione in recinzioni privatesconfesserebbe lo spirito stessodell’abitare insieme, del nucleo comesomma comunitaria di cellule familiari.Naturalmente, anche qui la normastabilisce un principio. Le autoritàcomunali potranno stabilire quellederoghe che potrebbero essere permesse,sia perché ininfluenti sul paesaggio, siaper necessità di sicurezza.In conclusione, queste osservazioni dicommento rivelano come il Piano sia ilrisultato finale, schematizzato, di unalaboriosa riflessione che coinvolgeinteressi privati e pubblici, contraddizionidi obiettivi, maturazioni di mentalità,lavoro comunitario a livello di comuni, ditecnici, di proprietari. Un PianoRegolatore, per essere funzionante eattivo, deve sempre rimanere larisultanza di una volontà politica nelsenso dell’espressione più vasta possibiledell’interesse comunitario.

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le zone senza destinazione specificacomprendono alcune porzioni marginalicome le rive del fiume, i massi e più ingenerale le superfici improduttive;le zone pericolose specificano, nelleimmediate vicinanze degli abitati, le zonefranose, valangarie e gli scoscendimenticonosciuti.Nelle zone di protezione del paesaggio èescluso qualsiasi tipo di costruzione oimpianto in contrasto con le esigenze disalvaguardia degli spazi liberi consideraticome componenti dell’aspetto fisionomicodel paesaggio antropico.Sono pure protetti i percorsi pedonalisignificativi e segnatamente quelli checostituiscono le «carraie». Non è ammessa la loro demolizione masolo interventi di manutenzione eripristino con materiali preesistenti.I prati e i campi terrazzati, le cantine,gli alberi, i massi, le fontane e le cappelle sono protetti integralmentecome elementi costitutivi del paesaggionaturale e antropico dei nuclei eimmediate vicinanze.[...]

Le zone

Articolo 24. Interventi sui fabbricati,campo e modalità d’applicazione

1. I fabbricati esistenti possono esseretrasformati, riattati o ricostruiti inossequio alle disposizioni di caratteretipologico, architettonico e di materialiprescritti dalle presenti normative.L’ampliamento dei fabbricati destinatialla residenza è ammesso unicamente atitolo eccezionale e alla condizione che ilrestauro sia riferito per quanto possibilea un preciso modello tipologico. Per lestalle e le cascine valgono gli stessicriteri a eccezione del riferimentotipologico, e l’ampliamento in generale èescluso. Pure a titolo eccezionale, e allecondizioni sopramenzionate, è ammessal’edificabilità negli immediati dintornicontigui al fabbricato ma ubicati fuori

Esempi di norme del Piano

Paesaggio

Articolo 18. Zone di interessepaesaggistico

Tutto il comprensorio è dichiarato ed èdesignato come di interessepaesaggistico.I criteri di intervento nell’ambito dellemisure di carattere forestale, agricolo,ricreativo, idrologico e più in generale diripristino e cura del paesaggio dovrannobasarsi sui principi dell’ingegneriabiologica.Gli stessi dovranno essere limitati alminimo indispensabile e solo a protezionedi beni come case e strade in particolare. Sono ammesse nuove costruzioni distabili agricoli con volumetria estraneaalle preesistenze storiche alla condizionedi un opportuno inserimento nelpaesaggio ed è proibita la costruzione dielettrodotti e cavi aerei.Eventuali elettrodotti locali dovrannoessere interrati (cavi).Sono pure protetti, come valori ditestimonianza, i prati e i campi terrazzatitra Fontana e Mondada, nonché ilpaesaggio con «roggie» prima diFontanellata e a nord di Sonlerto nonchétutte le zone in riva ai fiumi. In queste zone il paesaggio non puòessere alterato e sono ammesseesclusivamente misure di cura e diripristino.Si richiamano inoltre le disposizioniparticolari di protezione del paesaggiopreviste nei singoli piani di utilizzazionea salvaguardia degli spazi liberi attornoai nuclei del fondovalle.

Articolo 21. Criteri generali di intervento

Zone di protezione del paesaggio:la zona forestale riprende e specificaquella indicata nel piano generale;la zona agricola comprende i pratidestinati alla foraggicoltura nonché lezone utilizzate come pascoli e orti;

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dalla zona nucleo del villaggio.Non sono ammesse nuove costruzionisalvo quelle previste come restauromorfologico (completamentodell’edificabilità) a San Carlo allecondizioni di ossequiare il posizionamentoindicato e le disposizioni di caratteretipologico, architettonico e di materialiprevisti per gli interventi sui fabbricatiesistenti.In generale non è ammessa lademolizione di fabbricati o di parti diessi, se non alla condizione di una lororicostruzione in base alle disposizionidelle presenti normative.

2. Per tipologia si intende laclassificazione dei fabbricati secondocaratteristiche e dimensioni delle piantee andamento del colmo del tettoriconoscibili come modelli di riferimento(si veda articolo 25).Come elementi architettonici sonodefiniti il tetto (falde, gronde, camini,ecc.), le facciate (con il rispettivodisegno), le aperture (in generale, esclusii loggiati e i porticati che sono elementiarchitettonici determinanti in modosostanziale la tipologia), le scale esterne,le pavimentazioni e le opere di cinta.Per materiale si intende il tipo, le dimensioni (con le eventualicombinazioni) come le piode per il tetto, il legname, il sasso per le facciate, il ferroper le inferriate, il vetro, ecc.

Articolo 25. Campo d’applicazione degli interventi e limiti

Gli interventi previsti all’articolo 24 siapplicano agli stabili già oggi destinatialla residenza, alle stalle e ai fabbricatisecondari (depositi, legnaie, ecc.) [...]Fanno eccezione le stalle in cui è stabilitoil vincolo di destinazione. Ogni interventosui fabbricati deve essere in generaleriferito a un modello tipologico cherispetti quello riconosciuto tipico per laValle, secondo lo schema di sviluppostorico allegato:

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tipologia/piante;tipologia/schizzo assonometrico.Per interventi non sostanziali suifabbricati (in generale che interessanouna minima parte del fabbricato o singolielementi architettonici) non èobbligatorio il riferimento tipologico mavalgono solo le disposizioni di caratterearchitettonico e sui materiali.A titolo eccezionale possono essereconcesse deroghe per elementiarchitettonici esistenti che venganomantenuti come allo stato attuale e allacondizione che non siano elementideturpanti.Con l’intervento, anche di lieve entità,sul fabbricato principale, tutte lestrutture deturpanti esistenti sul fondodevono essere eliminate (tettoie inlamiera, plastica, rivestimenti nonconformi, ecc.).Le strutture così eliminate possonoessere sostituite ossequiando ledisposizioni circa gli elementiarchitettonici e i materiali prescritti.Per le costruzioni esistenti senza unpreciso riferimento tipologico(costruzioni più recenti giudicate nellaloro globalità come elementi deturpantied estranei all’architettura rurale) nonsono più ammessi interventi di recuperodelle caratteristiche tipologiche dielementi architettonici e di materialidell’architettura tradizionale della Valle.[...]

Energia

Articolo 54. Energia

L’approvvigionamento in elettricità peruso domestico via cavo o condotta aereaè ammesso solo a San Carlo. Soluzionisingole (piccole centrali, generatorisilenziati, pannelli energetici) sonoammesse anche negli altri nuclei. La posadi pannelli energetici all’interno dellezone NV è, in via di principio, proibita.Soluzioni singole con pannelli didimensioni ridotte sono ammesse

all’interno della zona NV solo se invisibilida punti di osservazione paesaggistica.Non è ammessa la posa di antenneradio/TV all’interno della zona nucleo delvillaggio. Soluzioni comunitarie con posadi pannelli o antenne fuori dalla zona NV

sono preferibili alla condizione che sianocompatibili con le esigenze disalvaguardia paesaggistica e ambientalee che l’energia prodotta sia unicamenteutilizzata per l’illuminazione e l’accumulodi acqua calda. L’alimentazione dilavatrici è esclusa. La linea el’allacciamento telefonico sono ammessisolo via cavo sotterraneo.

Norme finali

Articolo 55. Fondazione controllorealizzazione

Il finanziamento degli interventi disalvaguardia e valorizzazione delpatrimonio edilizio naturalistico eagricolo della Valle Bavona è assuntodalla Fondazione Valle Bavona in cuisono rappresentati la Confederazione, il Cantone, i Comuni di Bignasco e diCavergno. Gli atti e gli impegni dellaFondazione sono parte integrante dellepresenti norme. L’ente responsabile orealizzatore del piano sono i Comuni. Per la gestione e il controllo in sedeesecutiva del PR/VB è istituito un gruppo«ad hoc» di consulenza per gli organicomunali e di quelli della Fondazione, che comprende rappresentanti della Confederazione, del Cantone e dei Comuni.

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Esecuzioni inaccettabilia. A destra il muro a secco tradizionale con lefughe profonde e irregolari. A sinistra un’aggiuntacostituita da pietre ben tagliate e frammiste ascaglie di tamponamento delle fughe. L’immaginedimostra come questo tipo di muratura – anche setecnicamente ineccepibile – è in netto contrasto conquella tradizionale.

b. Nella parte bassa della muratura le fughe sonostate sigillate con il cemento, senza una fondataragione costruttiva.

c. Mentre il muro a secco è stato ben conservato eancor meglio ricostruito, i conci d’angolo, le spallee le architravi delle finestre sono costituiti dapietre di cava troppo regolari. L’immagine che nederiva è quella di un’opera di difesa, o di palazzinaurbana, oppure di edificio sacro, in contrasto conl’insediamento rurale e le funzioni abitative delmanufatto.

Manuale per la riattazione

degli edifici

Da ormai una quindicina d’anni il PianoRegolatore della Valle Bavona (PR-VB)fissa normative e regole dicomportamento per gli interventi diriattazione del notevole patrimonioedilizio esistente. Le indicazioni costruttive, per lo piùsotto forma di descrizioni e di schizziillustrativi contenuti nell’attuale Piano,non risultano sufficientemente precise ecomplete per fornire criteri e modid’intervento sicuri e unitari.In questi anni si è constatato, in partecon una certa delusione, come troppalibertà di interpretazione porti spesso arisultati costruttivi insoddisfacenti operlomeno discutibili. Troppo sovente si vedono casi direstauro che poco o nulla hanno a chefare con la tipologia, la coerenzacostruttiva, l’uso appropriato deimateriali e delle tecniche di lavorazione,e il buon gusto, che invece caratterizzanola maggior parte degli edifici esistenti invalle. [...]La Fondazione Valle Bavona ha dunqueritenuto utile per tutti gli operatori delsettore (proprietari, progettisti, artigianie anche per le autorità di vigilanza)elaborare e pubblicare una piccola guidapratica per mostrare il modo piùappropriato d’intervenirecostruttivamente in valle. Un manuale semplice ed essenziale nelquale, con l’ausilio soprattutto difotografie e rinviando gli operatori aprecisi esempi sul posto, si spiegachiaramente quello che in merito ditecnica e dettagli costruttivi è corretto oè sbagliato fare nella riattazione degliedifici.

Diamo qui di seguito (pp. 62-63) due esempi(muri a secco, porticati e logge) tra quelliconsiderati dal Manuale (muri intonacati,timpani, tetti, elementi del tetto, aperture,porte, finestre, scuri esterni, inferriate,collarini, scale, arredi esterni, spazi pubblici).

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1. Il muro a secco caratteristico della Val Bavona (Faedo).

2. Quattro esempi di muri. Sopra: Sonlerto e Roseto; sotto: Ritorto e San Carlo.

I muri a seccoI muri a secco devono essere mantenuti, orealizzati, tenendo conto delle caratteristichedi irregolarità (forma e dimensione) del pietrame e delle fughe.

FormaIl pietrame usato è quello che proviene daidepositi detritici di falda o morenici,raramente di cava, e grossolanamentetagliato.Non si deve usare pietrame alluvionale, dicava e ancor meno quello finemente tagliato.

ComposizioneLa composizione delle pietre di variagrandezza deve seguire il principio dellairregolarità razionale, quest’ultima intesacome ricerca della stabilità dell’insieme.Gli angoli devono essere costituiti da pietrepiù grandi e più regolari, evitando peròeccessive enfatizzazioni.Importante è comunque riferirsi alla tecnicamuraria più diffusa nella località.

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I porticati e le loggeLe logge sono uno degli elementiarchitettonici maggiormente significatividella Val Bavona, in particolare quellecostituite da pilastri monolitici grezzi asezione rettangolare.

Logge poste sul lato di grondaQuesto tipo di loggia è generalmenteaccompagnata da portici parzialmente apertio quasi completamente chiusi.Nel limite del possibile si deve evitare la lorochiusura. Eccezionalmente è comunque proponibile larealizzazione di chiusure vetrate riducendo alminimo indispensabile la dimensione dei telaie la loro suddivisione. In questo caso è dunque ammissibile – se nonauspicabile – l’uso di telai metallici non lucidi.

Logge poste sul frontoneA Sonlerto e a Fontana esistono logge postesul frontone.In considerazione delle difficoltà diesecuzione e in mancanza di una soluzioneaccettabile, in questo caso la loggia non puòessere chiusa sul davanti ma soltanto incorrispondenza della facciata interna.

La costruzione e la ricostruzione dei loggiatidevono ossequiare le seguenti disposizioni:• il loggiato deve occupare l’intera larghezzadella facciata del frontespizio ed esserechiuso almeno su un lato;• la profondità dei loggiati dovrà essere dialmeno 2,20 metri dal filo interno delparapetto;• nella parte superiore del loggiato deveapparire la struttura del tetto eseguita inlegno e trattata al naturale;• i pilastri laterali in pietra che sostengono laradice devono avere uno spessore di almeno60 centimetri;• il parapetto deve avere un’altezza variabiletra i 45 e i 65 centimetri dal filo delpavimento, deve essere eseguito in sasso, incontinuità con la parte inferiore della facciatae rifinito con una copertina in gneisssolamente sgrossata, non sporgente e con unospessore da 6 a 8 centimetri;• di regola, la scala d’accesso deve esseresituata all’esterno e di lato. Le scale internesussidiarie sono ammesse a condizione chesiano previste all’interno dei locali abitati.Sono inoltre ammesse le scale che dalloggiato salgono al sottotetto.

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Esecuzioni inaccettabilid. Le dimensioni, le forme e i materiali di questaloggia sono sproporzionate e non rispettano innessun loro elemento l’edilizia locale.e. In questo caso la loggia è stata chiusa con telai dilegno vetrati, di per sé ben proporzionati ma chestravolgono completamente la tipologia della loggia.Esecuzioni tollerabilif. Una loggia ricostruita correttamente. Per l’esecuzione dei pilastri monolitici sarebbeopportuno impiegare materiale di recupero.g. Una loggia vetrata eseguita con telai di metallonascosti dietro i pilastri monolitici e la radice.

3-4. Loggia aperta sul frontone dell’edificio (assairara), e loggia sul lato di gronda.

5. La grande semplicità dei volumi e il lororapporto con il paesaggio circostante è lacaratteristica principale da conservare.

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consulenza, finanziamento, ricerca ediffusione.

1. La Fondazione come “promotore”In generale, l’attività della Fondazione siconcretizza in opere che riguardano gliaspetti naturali, agricoli e forestali dellavalle. Molto importante è il ruolo chel’ente assume nella promozione di unprogetto, nella gestione diretta delrelativo intervento e nella sorveglianzaesecutiva. Ogni azione è valutatapreventivamente e definita da studispecifici, siano essi rivolti a enti pubblicio privati.Alcuni esempi:• realizzazione a Robiei e Sabbione diuno stagno-biotopo con caratteredidattico;• interventi di ristrutturazioneconservativa degli stabili alpestri al cortegrande di Lielpe;• promozione dello sfalcio dei prati sulfondovalle e sui monti (contributi percirca 60.000 franchi svizzeri l’anno);• bonifica di prati di recenterimboschimento a Mondada, Fontana,Roseto, Faedo e San Carlo;• recupero ambientale della medievaleterra abbandonata della Presa di sotto;• riattazione di alcune tratte dei sentieristorici di accesso agli alpi di Foioi, Ogliè,Ritorto, Chient-Launch-Mater-Sabbionee Paraula;• organizzazione di campi di lavoro perapprendisti, studenti e volontari (con ilsostegno di Heimatschutz Svizzera e delGruppo Svizzero per le Regioni diMontagna);• promozione del progetto per il Percorsodidattico della transumanza Cavergno-Foroglio-Val Calnegia-Alpi Crosa eFormazzolo, progetto che nel 1990 haricevuto il Premio Svizzero dellaFondazione Henry Ford e che saràcompletato nel 2006.

2. La Fondazione come “consulente”È una componente molto importante della

La Fondazione Valle Bavona

a cura di RENATO LAMPERT

La Fondazione, dando corpo agli scopi eai compiti definiti nell’atto di fondazionedel 9 giugno 1990, ha condotto in questianni un’oculata politica di interventoterritoriale, improntata alla salvaguardiadegli importanti valori ambientali epaesaggistici della Bavona. I suoi entifondatori, e tuttora soci, sono laConfederazione Svizzera, il CantoneTicino, i Comuni di Bignasco e Cavergno,i Patriziati di Bignasco e Cavergno, laSocietà ticinese per l’arte e la natura (STAN).L’intervento territoriale in sé non basta,è necessaria anche cura nella gestione enella manutenzione di quanto si èrealizzato. Per far ciò la Fondazione hadovuto dotarsi di una struttura, non soloistituzionale, ma anche logistica eoperativa: il lavoro del Consiglio diFondazione e del Gruppo operativo è,infatti, sostenuto da un Segretariato e daun Centro di documentazione e di ricercache proprio nella primavera 2006 trovanonuova sede nello stabile appenaristrutturato dell’ex-Posta di Cavergno.In crescita costante anche il movimentofinanziario: il budget della FondazioneValle Bavona si è decuplicato.Complessivamente, alcuni milioni difranchi sono stati investiti nellaprotezione attiva a promozione dellaBavona: per buona parte la cifra ècostituita da contributi pubblici(Confederazione, Cantoni, Comuni) e, apartire dal 1994, dal Legato dei coniugiRosbaud (gestito da HeimatschutzSvizzera). Contributi finanziari che laFondazione ha investito per realizzarediverse iniziative e progetti interessantie importanti, buona parte dei quali sonooggi segnalati come esempi dirivitalizzazione sostenibile di una regionealpina e del suo territorio.Quattro sono gli indirizzi operativi cheorientano l’intensa attività dellaFondazione: promozione diretta,

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sua attività: in questo caso la Fondazioneopera per conto di un promotore esterno,un ente pubblico o un privato, il qualerealizza poi l’opera. Assieme a esso laFondazione definisce l’entità finanziaria ela portata tecnica dell’intervento.Alcuni esempi:• revisione del Piano regolatoreintercomunale Sezione Valle Bavona(pianificazione che nel 1986 avevaricevuto il Premio Svizzero di Pro Natura)per conto dei Comuni di Bignasco eCavergno, con consulenza perl’elaborazione del Piano del paesaggio;• elaborazione del Piano regionaleforestale e del Piano di gestione dellearee golenali d’importanza nazionalein collaborazione con l’autorità forestale egli enti locali;• consulenza per il progetto di ripresadell’alpeggio tradizionale (mucche ecapre) sul nuovo alpe di Robiei-Lielpe,opera realizzata dal Patriziato di Bignasco;• valutazione dei progetti di ricupero deilavatoi di Fontana, Sabbione e Roseto edegli accessi alle terre di Sonlerto,Fontana e Mondada per conto delPatriziato e del Comune di Cavergno;• collaborazione nel recupero del tessutoedilizio e ambientale a Faedo, dopo ildisastroso e tragico nubifragio del 31 agosto 1992.

3. La Fondazione come “finanziatore”In questo caso la Fondazione valutadapprima se l’intervento previsto èauspicabile, urgente e finanziariamentesostenibile. In un secondo tempointerpella, chiedendo i dovuti consensi peril finanziamento parziale dell’opera, glienti e le associazioni che elargiscono isussidi: la Confederazione, il Cantone, ilLegato Rosbaud, i Comuni, altri enti eassociazioni pubbliche e private.I progetti devono comunque ottemperareagli scopi e alle finalità della Fondazione,essere rispettosi dei valori ambientali eculturali e in regola con gli strumentipianificatori in vigore. Alcuni esempi:

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• dal 1991 la Fondazione elargisce uncontributo annuale ai contadini per losfalcio dei prati e delle aree aperte sumonti e alpi;• acquisto sulla piazza di Cavergno dellostabile dell’ex-Posta: nuova sede dellaFondazione e punto d’informazione invalle; • acquisto delle proprietà Begnudini nellapiazza di San Carlo (casa colonica, stalla,stallino, prato), destinate a divenirepunto informativo in valle;• acquisto di un terreno a Sabbione, dadestinare ad area di studio dell’ambientefluviale-golenale;• acquisto dello splüi annesso allacappella del Cantom a Gannariente;• aiuto al Patriziato di Bignasco per lariattazione delle coperture in piode dialcuni stabili situati sugli alpi diCaranzunel, Caranzunasch e Antabia, edell’oratorio di Campo;• aiuto al Patriziato di Cavergno eterrieri per la riattazione di fontane elavatoi a Roseto, Foroglio, Sabbione eFontana;• sostegno del progetto del Museo diVallemaggia per la ricerca e il rilievodegli splüi e delle costruzioni sotterranee;• collaborazione con l’APAV per lo strappodegli affreschi cinquecenteschi dellacappella di Presa; le opere sono oravisibili nell’oratorio di San Carlo;• sostegno al progetto del Patriziato diCavergno per il recupero conservativodegli stabili alpestri di Antabia;• sostegno di progetti specifici attraversoil Fondo Amici Valle Bavona.

4. La Fondazione come “ricercatore ed editore”La Fondazione è attenta infine alleattività di ricerca scientifica e di studio incorso sulla valle. Raccoglie documenti edati che interessano l’aspetto naturale,antropico, fotografico, cartografico esocio-culturale. Promuove e sostienepubblicazioni proprie o di terzi cheriguardino le scienze naturali, l’etnologia,

interna, e il funzionamento operativo epratico, non saranno modificati e pertantoè presumibile che, nelle grandi linee,l’attività finora svolta sarà confermata dainuovi programmi di lavoro. Il progettod’aggregazione dei Comuni di Cevio,Bignasco e Cavergno dovrebbeconfermare e rafforzare il ruolo dellaFondazione, in particolare nella protezioneattiva di questo territorio importante esignificativo, sia per la comunità locale siaper l’interesse collettivo. La trattazionedelle tematiche e degli argomenti specificidei quali si è detto, e che interessano inmodo prioritario le attività territorialidella valle, saranno ripresi giacché fannoparte integrante degli scopi e dei compitidella Fondazione. Il senso del rispetto del paesaggio e dellanatura, il sostegno alla pastorizia e ad altriusi della superficie boschiva, la difesa deltessuto e del patrimonio edilizio, lapromozione della conoscenza puntuale delterritorio tramite una migliore mobilitàpedestre e quindi l’apprezzamento dellepeculiarità naturali e paesaggistiche,architettoniche, storiche e cartografiche,saranno i temi principali di sviluppo deinuovi progetti. Il territorio bavonese èintegrato nel Progetto per un Parconazionale nel Locarnese (si veda inparticolare il Pre-studio di fattibilità perun parco 2002). L’attività pluriennale della Fondazionecostituisce un valido esempio per laprogrammazione delle attività diprotezione attiva e di sviluppo sostenibileper il restante territorio, tenendo contodelle indispensabili attività economiche,degli incentivi per il loro mantenimento, edella necessaria presenza dell’uomo che neha plasmato le caratteristiche che lodistinguono in un connubio inscindibile.Al di là del “Progetto Parco”, l’attivitàdella Fondazione rimane attuale e dasalvaguardare per tramandare alle futuregenerazioni una valle particolare,ambasciatrice di un mondo oggi in granparte scomparso o in via di estinzione.

l’architettura e la storia della Bavona.Alcuni esempi:• studi sul futuro dell’agricoltura in ValleBavona, sulla microagricoltura e sullapresenza di pecore in Val Calnegia, aRobiei e in Antabia;• allestimento del Piano forestaleregionale della Valle Bavona (con lasezione forestale cantonale e l’ingegner S. Mariotta);• studi sulla gestione dei boschi golenalid’importanza nazionale e sulla microfaunache popola questi ambienti (elaborato dr. A. Focarile);• pubblicazione dell’opuscolo divulgativoValle Bavona (1992, edizioni italiano-tedesco e francese-inglese);• pubblicazione del volume Valle Bavona,il passato che rivive, di Federico Balli eGiuseppe Martini (1996, ristampato nel2002 unitamente all’edizione in linguatedesca Valle Bavona, ein Hauchvergangenere Tage, presentata a Zurigoin collaborazione con HeimatschutzSvizzera, il 22 maggio 2003);• pubblicazione del volume Storie esentieri della Valle Bavona, di Aldo eNora Cattaneo (1998, esaurito);• pubblicazione del Manuale per lariattazione degli edifici (curato daGiovanni Buzzi, con disegni di RenzoBagutti, 1990);• promozione della collana “Basodino”,con la pubblicazione del primo quadernoLa transumanza e l’alpeggio in ValleBavona, di Luigi Martini (presentato il 24aprile 2003 a Cavergno); secondoquaderno Le giornate di Robiei (dedicatoai paesaggi idroelettrici, dicembre 2005);• realizzazione del sito internet:www.valle-bavona.ch (in italiano etedesco).Le pubblicazioni possono essere richiestealla Fondazione Valle Bavona (casellapostale 30, 6690 Cavergno o attraverso ilsito internet).

5. Il futuro della Fondazione Valle BavonaL’attuale e sperimentata organizzazione

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MICHELE FAZIOLIUna valle come museo, dunque? No di certo

La presenza dell’uomo nei villaggi della Bavona diventa per forza transu-mante. Egli deve abbassarsi a cercare slargo di prati e organizzazione nuovaa Cavergno. È appunto nel Seicento che Cavergno diventa nucleo abitativoprimario (prima frazione di Bignasco, poi Comune). Da quel momento i ba -vo nesi diventano soprattutto cavergnesi e nella storia dei luoghi e del pae-saggio umano questo fatto riveste un’importanza sostanziale. La trasforma-zione del vivere, l’avvento dei nuovi materiali, delle nuove tecniche edilizie,l’espansione abitativa, le demolizioni e le costruzioni nuove, tutto avviene aCavergno o a Bignasco, villaggi prioritari e sostanziali. I nuclei della Val Ba -vo na si trasformano in monti per un passaggio temporaneo di pascolo e difienagione, a mezza strada fra il villaggio in basso e gli alpi in alto. La fun-zione ridotta non richiede trasformazioni nuove: i villaggi della Bavona sicristallizzano in una sorta di bolla di vetro che conserva l’assetto originaledei villaggi abitati di un tempo. Basta, per loro, il cauto lavoro di manuten-zione, di vigile attenzione: qua un tetto da aggiustare, là un muro da rattop-pare, una porta da cambiare, magari una cascina nuova da costruire usandoi sassi di una vecchia e caduta, senza tecniche nuove, fidando nella ripetizio-ne sicura di modelli che bastano così come sono.

I grossi investimenti si fanno al villaggio, qui è sufficiente conservare unapresenza funzionale. A differenza dunque di moltissimi altri monti, i nucleidella Bavona sono antichi villaggi primari trasformati in monti soltanto suc-cessivamente. Questa specificità ne fa dei modelli perfettamente conservati(perché in qualche modo bloccati nella loro crescita) dell’organizzazione edi-lizia e civile del Seicento ticinese di montagna, e anche di tempi precedenti.Questa cristallizzazione causata da circostanze storiche (soprattutto econo-miche e sociali) è stata accentuata dalla permanenza, fino a pochi decenniorsono, di un’agricoltura di montagna ancora attiva che ha conservato lafunzione originale di transumanza. Vi si aggiunge la relativa vicinanza deinuclei della Bavona a Cavergno e Bignasco (e la facilità di viaggio, dentro unfondovalle abbastanza piano). È successo così che i valmaggesi abbiano con-servato massicciamente i propri monti e abbiano loro stessi, in questi ultimianni, operato una trasformazione residenziale senza vendere o svendere ter - re e case. La riattazione e la conservazione anche affettiva delle vecchie co -stru zioni ha dissuaso da ogni tentazione di insediamento nuovo quando ciòera ancora possibile. Oggi questo principio di fondo vale ancor più se unitoal rigoroso e legittimo vincolo pianificatorio per evitare contaminazione esquilibri.

Valle Bavona come museo, dunque? La questione si ripropone ancora unavolta. Museo no di certo, s’è detto, anche perché in valle c’è vita vissuta,mossa dal di dentro, ancora segnata dalla scadenza stagionale anche se conaltra funzione rispetto a quella di un tempo. D’altra parte la vicenda singo-

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1. Il nucleo abitativo di Sonlerto.

Brano tratto da Valle Bavona 1986, pp. 21-25.

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lare che ha tramandato sino ad oggi un’organizzazione architettonica cosìintatta, quasi congelata, non può essere annullata nel giro di pochi anni conuna sventatezza che risulterebbe anticulturale. La lettura originale e pre-ziosa della Bavona nel suo paesaggio naturale e umano deve quindi coniu-garsi con la vitalità del presente e dunque con nuove funzioni, nuove esi-genze, nuove propulsioni. Qui sta la scommessa pianificatoria di un proget-to urbanistico che si vuole, senza contraddizioni, conservatore e innovatore.

Un’altra annotazione concerne la ricchezza complessa della Valle Bavona,che si offre, a chi la vuole conoscere e apprezzare, in una sorta di duplicedimensione: e ognuna delle due risulta complementare all’altra. In basso c’èlo sgranarsi dei piccoli villaggi, un tempo radice fissa di vita e di abitazione;in alto lo svilupparsi, sempre più su, dei monti e degli alpi come tappe inter-mittenti e stagionali di una fatica che seguiva il corso dell’anno.

Sul fondovalle, dunque, la Bavona presenta il suo assetto insediativo pri-mario, perfettamente anche se semplicemente organizzato e conservato og -gi quasi prodigiosamente.

In alto, nei boschi, sui monti, sugli alpi, fra rocce, nevi e cime, la Bavonaoffre un cerchio di paesaggio che è ricco, maestoso, vario; una cornice natu-rale possente seminata dai segni del lavoro dell’uomo ai limiti – d’altitudinee di fatica – delle sue possibilità. In basso, nuclei di rara conservazione,costruiti dall’uomo pietra su pietra, con una maestria semplice e funzionale,solidale e comunitaria, che affonda le sue radici nei secoli. In alto, monti epascoli, alpi e sentieri arditi per necessità, pianori, foreste, laghetti, vette.Il patrimonio della Bavona sta qui, in questa stratificazione di presenza del-l’uomo sul fondo di una valle abitata con tenacia e sui pendii o le piane di unamontagna alta che invita l’uomo da secoli a conoscerla, a viverla, spesso asfidarla. Così, tutta insieme, nel suo seguito di lezioni lungo il crescere del-l’altitudine e della storia vera (quella della gente, appunto), va considerata,vista e possibilmente amata la Valle Bavona.

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2. Sabbione, uno degli incontri all’apertoorganizzati dall’Associazione Culturale CampoNomade Primaverile, giugno 2003.«L’idea del Campo Nomade Primaverile nascedall’attaccamento alla terra, dai ricordi vissutidell’infanzia, dalla coscienza storica di vissutodella mia gente ed è accompagnata dalla miavolontà di recupero di valori primari che sentoquando cammino e ascolto questi luoghiimpregnati di denso vissuto [...]. Concepiamoquesto luogo come un’opera d’arte totale,scambiando quelle che erano le fatiche per lasopravvivenza con l’operato degli artisti. Questo nuovo impegno non si dissocia da quellooriginale, ma si fonde col pensiero rivolto all’uomoe alla terra» (dalla dichiarazione di intenti diFranco Lafranca che, a partire dal 1997, haraccolto l’adesione di artisti e uomini di cultura edi scienze, tra i quali l’ingegnere Pippo Gianoni).

3. Uno dei “prati pensili” che costellano ilfondovalle, costruiti dall’uomo sopra un massodopo una frana.

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Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, 200668

BIANCONI 1982PIERO BIANCONI, Ticino ieri e oggi, ArmandoDadò editore, Locarno 1982.

BUTLER 1984SAMUEL BUTLER, Alpi e Santuari del CantonTicino, a cura di PIERO BIANCONI, ArmandoDadò editore, Locarno 1984 (prima edizioneAlps and Sanctuaries of Piedmont and theCanton Ticino 1881; ristampa 1991).

DONATI-GAGGIONI 1984Alpigiani, pascoli e mandrie, a cura diBRUNO DONATI e AUGUSTO GAGGIONI (disegnidi Jan Kristofori), Armando Dadò editore,Locarno 19842 (prima edizione 1983); in particolare: LUIGI MARTINI, Alpi di ValBavona, pp. 121-137; audiocassetta acclusaAlpigiani, pascoli e mandrie. Testimonianzeorali nel Canton Ticino, 21 stralci ditestimonianze, 1983.

2000 anni di pietra ollare 19852000 anni di pietra ollare. Origini,estrazione, lavorazione, prodotti,utilizzazione, Museo di Valmaggia, Cevio 1985.

Valle Bavona 1986Valle Bavona, Dipartimento dell’ambiente,Sezione pianificazione urbanistica delCantone Ticino, Bellinzona, Comuni diBignasco e Cavergno 1986 (pubblicazione dedicata al Piano regolatoredella Val Bavona).

2000 anni di pietra ollare 19862000 anni di pietra ollare, «Quadernid’informazione», 11, Dipartimentodell’Ambiente, Ufficio Monumenti Storici,Ufficio Musei, Bellinzona, aprile 1986.

GUICHONNET 1987Storia e civiltà delle Alpi, vol. II: Destinoumano, a cura di PAUL GUICHONNET, JacaBook, Milano 1987 (edizione originaleHistoire et Civilisations des Alpes, vol. II:Destin humain, Lausanne 1980).

BIANCONI 1988GIOVANNI BIANCONI, Valmaggia. Fotografie edisegni dell’autore, Armando Dadò editore,Locarno 19882 (prima edizione Arti GraficheLa Malcantonese, Agno 1969).

DONATI 1992ARMANDO DONATI, Monti, uomini e pietre,STAN-APAV, Locarno-Broglio 1992.

MARTINI 1992LUIGI MARTINI, Strade di ieri sentieri dioggi, «L’alpinista ticinese», FAT 1992.

Guida al Museo di Valmaggia 1994Guida al Museo di Valmaggia. Uomo enatura in una valle sudalpina/Mensch und

Bibliografia

Selezione di materiali bibliografici, ordinaticronologicamente, utilizzati in occasione dellacampagna di attenzioni dedicate alla Val Bavona, per la diciassettesima edizionedel Premio Internazionale Carlo Scarpa per ilGiardino, e disponibili presso la bibliotecadella Fondazione.

BALLI 1885FEDERICO BALLI, Valle Bavona. Impressionie schizzi dal vero, Candeletti, Torino 1885(ora in BALLI-MARTINI 1996).

ZOPPI 1941GIUSEPPE ZOPPI, Il libro dell’Alpe, L’Eroica,Milano 1941 (sesta edizione illustrata daGiovanni Tomamichel; nuova edizioneFirenze 1970).

RAMUZ 1943CHARLES FERDINAND RAMUZ, Derborence,Bompiani, Milano 1943.

GALLICIOTTI 1953Il flagello bianco nel Ticino, a cura di don FIORENTINO GALLICIOTTI, Arti GraficheArturo Salvioni & Co., Bellinzona 1953(«Documentario ampiamente illustratosull’inverno 1950-51 offerto dai villaggiticinesi colpiti in omaggio di riconoscenza allasolidarietà dei confederati in genere e deiticinesi in particolare, nel 150° dell’entratadel Ticino nella Confederazione»; ristampa2001).

MARTINI 1970PLINIO MARTINI, Il fondo del sacco, Edizioni Casagrande, Bellinzona 1970 (ventiduesima edizione 2005).

SIGNORELLI 1972MARTINO SIGNORELLI, Storia dellaValmaggia, Tipografia stazione SA, Locarno 1972.

BIANCONI 1976PIERO BIANCONI, La processione diGannariente, Armando Dadò editore,Locarno 1976.

MARTINI 1976PLINIO MARTINI, Requiem per zia Domenica,Il Formichiere, Milano 1976.

MARTINI 1980PLINIO MARTINI, Alpi di Val Bavona, Museodi Valmaggia, Cevio 1980 (estrattoristampato da «Pro Valle Maggia», annate1970, 1971, 1976, in occasione del ciclo dimostre dedicato alla vita sull’alpe dal Museodi Valmaggia nel 1980).

Natur in einem Sudalpinen Tal, Banca dellaSvizzera Italiana-Museo di Valmaggia, Cevio1994 (testi di Bruno Donati e GiuseppeMartini).

La necropoli romana di Moghegno 1995La necropoli romana di Moghegno. Scavo nelpassato di una valle sudalpina, Museo diValmaggia, Cevio 1995 (guida alla mostra acura di Simonetta Biaggio-Simona, concontributi di Hansjörg Brem e LuisaBertolaccini, Gabriele Carraro, RiccardoCarazzetti, Bruno Donati, Jörg WernerHansen).

BALLI-MARTINI 1996FEDERICO BALLI e GIUSEPPE MARTINI, ValleBavona. Il passato che rivive, FondazioneValle Bavona-Armando Dadò editore,Cavergno-Locarno 1996 (stampa 2002;contiene la ristampa di BALLI 1885).

BUZZI 1997Atlante dell’edilizia rurale in Ticino.Valmaggia, a cura di GIOVANNI BUZZI,Edizioni Scuola tecnica superiore delCantone Ticino, Lugano 1997, 2 voll.

CATTANEO 1998ALDO e NORA CATTANEO, Storie e sentieri diVal Bavona, Fondazione Valle Bavona-Armando Dadò editore, Locarno 1998.

SORCINELLI 1998PAOLO SORCINELLI, Storia sociale dell’acqua.Riti e culture, Milano 1998.

MARTINI 1999PLINIO MARTINI, Nessuno ha pregato per noi.Interventi pubblici, 1957-1977, a cura diILARIO DOMENIGHETTI, Armando DadòEditore, Locarno 19993 (in particolare: Casedi Val Bavona, pp. 81-84; Massi di ValBavona, pp. 99-101; Alpi di Val Bavona, pp. 188-220; L’abbandono degli Alpi, pp. 228-231; L’architettura rurale di ValBavona, pp. 249-252; L’architettura rustica diVal Bavona, pp. 259-264).

OFIMA (1999)OFIMA. L’energia dell’acqua, opuscolo a curadelle Officine Idroelettriche della Maggia SA,Locarno (1999).

CATTANEO 2000ALDO CATTANEO, Valle Bavona. Terra emontagne d’incanto, Salvioni arti graficheedizioni, Bellinzona 2000.

MATHIEU 2000JON MATHIEU, Storia della Alpi, 1500-1900.Ambiente, sviluppo e società, Edizioni Casagrande, Bellinzona 2000.

Valle Bavona. Manuale 2000Valle Bavona. Manuale per la riattazione

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degli edifici, Fondazione Valle Bavona, s.l.(Cavergno) 2000 (testi di Giovanni Buzzi,disegni di Renzo Bagutti, prefazione deiMunicipi di Cavergno e Bignasco).

VIAZZO 2001PIER PAOLO VIAZZO, Comunità alpine.Ambiente, popolazione, struttura socialenelle Alpi dal XVI secolo ad oggi, Museo degliUsi e Costumi della Gente Trentina-Caroccieditore, Roma 20012.

Pre-studio di fattibilità per un parco 2002Pre-studio di fattibilità per un parconazionale nel Locarnese, Regione Locarnesee Vallemaggia (RLVM), Locarno 2002, studio realizzato da ing. Pippo Gianoni(capoprogetto), Dionea SA, Consulenzeambientali, pianificazione e ingegneriaforestale e arch. Fabio Giacomazzi - Studiod’Architettura, con la collaborazione delGruppo Parco della RLVM.

Tra confine e cielo 2002Tra confine e cielo: Passo dopo passo tranatura e cultura; ELY RIVA, Passo dopopasso nell’infinito, Salvioni Edizioni,Bellinzona 2002, 2 voll. (testi di ERMINIOFERRARI e altri, Il cuore antico della valleBavona, ecc.).

Vallemaggia. Guida turistica 2002Vallemaggia. Guida turistica, VallemaggiaTurismo, Maggia 2002 (testi di Bruno Donati,Martino Giovanettina, Fabio Lafranchi,Gianluigi Rossi).

ZANZI-RIZZI 2002LUIGI ZANZI ed ENRICO RIZZI, I walser nellastoria delle Alpi. Un modello dicivilizzazione e i suoi problemi metodologici,prefazione di Luigi Bulferetti, Jaca Book,Milano 2002.

MARTINI 2003LUIGI MARTINI, La transumanza e l’alpeggioin Valle Bavona, Fondazione Valle Bavona,Cavergno 2003.

Valle Bavona (2003)Valle Bavona, Fondazione Valle Bavona,Cavergno s.d. (2003), (testo e disegni diGiuseppe Martini).

Studio di un caso 2004Studio di un caso: la Val Bavona,dattiloscritto (testo di Isabelle Kummli,adattamento di Flavio Zappa, marzo 2004).

Vivere tra le pietre 2004Vivere tra le pietre. Costruzioni sottoroccia.Splüi, grondàn, cantìn, Museo di Valmaggia,Cevio-Armando Dadò editore, Locarno 2004(direzione della ricerca e coordinamentoeditoriale di Bruno Donati).

BÄTZING 2005WERNER BÄTZING, Le Alpi. Una regioneunica al centro dell’Europa, Bollati Boringhieri, Torino 2005.

DONATI 2005BRUNO DONATI, Una comunità di montagnaconfrontata con i grandi lavori idroelettrici:Valmaggia 1949-1973, in GIANONI-JAKOB2005, pp. 35-44.

GIANONI-JAKOB 2005Le giornate di Robiei. Paesaggio ed energiatra passato, presente e futuro. Atti delseminario sui paesaggi dell’elettricità, 27-28giugno 2003, a cura di PIPPO GIANONI eMICHAEL JAKOB, Fondazione Valle Bavona,Cavergno 2005.

LUCIANI 2005DOMENICO LUCIANI, L’alpe tra la diga e ilghiacciaio, in GIANONI-JAKOB 2005,pp. 99-105.

SENN 2005RUEDI SENN, Dialogo fotografico e poeticonel mondo di pietra dellaVallemaggia/Fotografisch-poetischer Dialogin den Steinwelten des Maggiatals, ArmandoDadò editore, Locarno 2005 (con un testodi/mit einem Begleittext von Conradin Wolf,prefazione di/Vorwort von Giovanni Do, inparticolare sulla Val Bavona, pp. 64-83).

STALDER 2005ANDREAS STALDER, Indirizzi strategici per ipaesaggi delle aree di montagna – laposizione della Confederazione, in GIANONI-JAKOB 2005, pp. 71-77.

Elenco alfabetico delle abbreviazionibibliografiche

BALLI 1885BALLI-MARTINI 1996BÄTZING 2005BIANCONI 1976BIANCONI 1982BIANCONI 1988BUTLER 1984BUZZI 1997CATTANEO 1998CATTANEO 2000DONATI 1992DONATI 2005DONATI-GAGGIONI 1984GALLICIOTTI 1953GIANONI-JAKOB 2005GUICHONNET 1987Guida al Museo di Valmaggia 1994LUCIANI 2005MARTINI 1970MARTINI 1976MARTINI 1980MARTINI 1992MARTINI 1999MARTINI 2003MATHIEU 2000La necropoli romana di Moghegno 1995OFIMA (1999)Pre-studio di fattibilità per un parco 2002RAMUZ 1943SENN 2005SIGNORELLI 1972SORCINELLI 1998STALDER 2005Studio di un caso 2004Tra confine e cielo 2002Valle Bavona 1986Valle Bavona (2003)Valle Bavona. Manuale 2000Vallemaggia. Guida turistica 2002VIAZZO 2001Vivere tra le pietre 2004ZANZI-RIZZI 2002ZOPPI 19412000 anni di pietra ollare 19852000 anni di pietra ollare 1986

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Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, 200670

maggengo: pascolo alpino a media quotadove, in primavera, vengono portate legreggi in attesa che la neve sia scomparsa daipascoli a quota più alta.

maltia: mu retto perimetrale del canvetto (cfr.)sul quale appoggiare le conche del latte.

massaro (plurale massèè): proprietario dellebestie ricompensato per il periododell’alpeggio con la früciaglia (cfr.).

medaro, madèè: spazio di terreno, pubblico oprivato, non accessibile alle vacche, al di fuoridello spazio accessibile con la pascolazione dibestiame dal fondovalle, su cui si falcia ilfieno selvatico.

medario d’alpe: diritto per l’alpeggiante, di taglio del fieno in proporzione ai dirittiposseduti o affittati.

mèdu: roncola per tagliare il fieno.

monda: terreno coltivato a prateria.

monti: terreni in alta quota con gli spazicoltivi delimitati da recinzioni a difesa del vago pascolo.

piode: lastre di roccia utilizzate per lecoperture delle case.

pradom, predom (plurale pradoi): masso digrandi dimensioni.

ranno: miscela di cenere e acqua bollente, un tempo usata per fare il bucato.

riali: rigagnoli, fossatelli.

splüia (al femminile): grande grotta di unacerta importanza, con muri, porta e spessocon un nome, adibita ad abitazione, stalla oaltro.

splüi (al maschile): grotta piccola con muriadibita a stalla, fienile, cantina, ripostiglio.

stadezatura, staggiatura, stagio: il numeromassimo delle bestie caricabili (cfr. caricare)su un alpe.

terre: le frazioni della Val Bavona.

terrieri: gli abitanti delle terre (cfr.).

walser: membro della comunità di linguaalemanna proveniente dal Vallese einsediatasi nel Medioevo in alcune valli delversante meridionale delle Alpi (Valle delLys, Val Formazza, Valsesia, Valle Anzasca),mantenendo inalterate nel tempo tradizioni elingua.

Glossario

Alcune “parole chiave” connesse al contestoetnoantropologico, geografico, linguistico,storico della Val Bavona, senza pretesa diprecisione linguistico-filologica, ma solo comerapido strumento di consultazione, inrapporto ai testi pubblicati in questo dossier (fonti: Vivere tra le pietre 2004, pp. 341-344;CATTANEO 1998, pp. 217-218).

alpe: zona di alta montagna adibita a pascolo,sta per alpeggio: pascolo estivo del bestiamein montagna.

ascolare: il diritto di percorrere, oltre la viacomune, tutte le strade necessarie peraccedere all’alpe (cfr.) e alle pasture.

baltri: gli assi che in cantina sostengono leforme di formaggio.

bogia: complesso del bestiame di unalpeggiante senza alcun aggancio allagestione comunitaria.

canvetto, canvign: cantina piccola in cui sidepositavano le conche del latte.

caricare: misurare la quantità di animali datrasferire in alpeggio secondo le regole dellacomunità.

casadella: sistema di effettuare l’alpeggio perfamiglia.

cascina: baita.

cengia: terreno montano pianeggiante,circondato da dirupi.

ciossa: spazio racchiuso entro termininaturali o costruiti.

corona: serie di monti disposti in cerchio.

corte: malga.

crös: canalone profondo e talvolta percorso datorrente.

fau: faggio.

fola: apparecchiatura per la battitura ditessuti di canapa o lana.

frücc: prestito.

früciaglia: compenso dato ai proprietari dellebestie per il periodo dell’alpeggio.

gana, ganna: pietraia.

gerbido: terreno incolto, baraggia, magredo.

grònda, grondàn, grondana: sporgenza diroccia che crea uno spazio al riparo.

gana, ganna: pietraia, ammasso di pietreprodotto da scoscendimento.

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The International Carlo Scarpa

Prize for Gardens

Regulations

Every year the Fondazione Benetton

Studi Ricerche promotes a campaign

– the International Carlo Scarpa

Prize for Gardens – to attract

attention to a site which is

particularly rich in natural and

historical values.

Aim

The purpose of the Prize is to enhanceawareness and practice of “stewardshipof the landscape”. The Prize is conceivedas an opportunity and an instrumentthrough which a wider public, beyond thecommunity of specialist experts, can beacquainted with the intellectual andmanual skills required to manage thechanging landscape and to safeguardand promote the natural and historicalheritage it embodies. No scientificdefinition of the work has yet beendevised nor a training programme thatcombines the vast range of scientific,technical, artistic and craft knowledgeand skills required. “Stewardship of thelandscape” involves identification of thedistinctive nature and characteristics of asite and an appreciation of its trueextent; it involves acts of creation, far-sighted renewal programmes, a dailyroutine of care and maintenance andsensitive application of procedureswhereby expressions of the naturalheritage, cultural change and humancommunities can exist side by side in thesame place; it shuns the ephemeral andsuperficial effect and measures successin the long term; it seeks a balancebetween conservation and innovation,accepting that taste changes constantlyand that the role of nature and historymay differ radically from one civilizationor historical period to another.

Grounds for the Jury’s decision

Each year the Jury selects a place thatfeatures characteristics, deservesattention and prompts considerationsrelevant to the aims of the Prize. In itscitation the Jury explains the reasonsfor its choice. The Jury’s decision isfinal.

Programme

The Jury proposes and coordinatesthroughout the campaign those actions itconsiders useful for protecting andenhancing the site in question. Alsothrough means of socialcommunication, it addresses publicadministrations, the scientific, artistic,technical and operative communitiesand all those who are committed to orinterested in enhancing appreciation oflandscapes and gardens, developing newskills in investigation and planning aswell as improving managementprocedures of the same.The following are envisaged inparticular: the publication of a dossiergiving information about the site, itshistory, geography, present condition,original commissioners, those whocreated it and those now responsible forits upkeep; the collection of relevantbibliographical and cartographicalmaterials, which will be made availablefor consultation in the FondazioneBenetton Studi Ricerchelibrary/documentation centre; theorganisation of a public ceremonyduring which the body or personresponsible for the management of thesite will be presented with a symbolicaward consisting of the “seal” designedby Carlo Scarpa (1906-1978), thedesigner of gardens after whom thePrize is named.

Jury

Carmen Añón, Landscape architect, professor at theUniversity of Madrid, honorary president ofthe International Committee for HistoricGardens (ICOMOS).

Domenico Luciani, Architect, landscape expert, director of theFondazione Benetton Studi Ricerche,Treviso, coordinator of the Jury.

Monique Mosser, Art historian, professor at the AdvancedSchool of Architecture at Versailles, CNRS, member of the International Committee for Historic Gardens (ICOMOS).

Ippolito Pizzetti, Landscape expert, writer, professor at the University of Ferrara.

Lionello Puppi, Art historian, professor emeritus at theUniversity of Venice, president of the Jury.

Honorary members

Sven-Ingvar Andersson, Landscape architect, professor emeritus atthe Royal Danish Academy of Fine Arts ofCopenhagen, member of the Jury from 2002to 2005; honorary member from 2006.

Thomas Wright, formerly consultant to the National Trustand professor at the University of London (Wye College), member of the Jury from1990 to 2000; honorary member from 2001.

Rosario Assunto (1915-1994), philosopher, president of the Jury in 1990 and honorary president from 1991 to 1994.

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Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, 200672

Val Bavona

XVII International Carlo ScarpaPrize for Gardens. Jury’s Report

The jury of the International CarloScarpa Prize for Gardens has decided toaward the 2006 Prize to Val Bavona, ashort, rugged valley high in themountains of Canton Ticino, Switzerland,an “awesomely beautiful” place, gougedby the glacier, shaped by water andstone, in which a community (about athousand people) has come to terms withthe power and harshness of nature andover time has developed the ideas, theattitudes, the actions and the artefacts ofhuman life when pushed to its limits. Theshape and life of the valley comprise asingle geographical and historical entity,the component parts of which are visiblewith extraordinary clarity.The glacier: one senses its presence fromthe U-shaped cross-section of the valley;and in fact it is still there up on MountBasòdino (3,272 metres) and on the othermountains which have resisted climatechange and the ravages of time.Water: these glaciers give rise to thenarrow, 124-square-kilometre basin of thevalley, 80 % of which is over 1,400 metresabove sea level, and to the steep course ofthe river, which plunges 900 metres inthe space of ten kilometres before joiningthe River Maggia, which itself flows intoLake Maggiore at 197 metres asl, sometwenty kilometres further on. The riverbed is now dry but the noise and force ofthe water, whose tumultuous white sprayonce gave the river its name (Bavone),are still felt through the Foroglio Falls,the only survivor of the greathydroelectric projects of the mid-XX

century. Along the former course of theriver the signs, symbols and tools of asober and dignified material culture, atonce “rough and refined”, remain aconstant presence. We can imagine theviolence of the river in flood and theaccompanying sense of danger conveyed

by the accounts of many direct witnesses.We can understand how the memory ofthe river can be so abiding, how itsabsence continues to be unbearable andhow the sudden silence that followed thediversion of its waters must stillconstitute an aching void in the soul ofthe community. And climbing to Robiei,where the pastures of the alpe have beenflooded to make way for a hydroelectricreservoir, we can experience, through theturbines and tunnels within themountain, one of the contemporaryworld’s new forms of water.Given its north-west/south-east axis, thetwo sides of the valley, the monti, havevery different amounts of sun, wind andlandslides but they are equallyprecipitous and almost unnegotiable. Yetall life in the valley is based on the“vertical” seasonal transhumance of thelivestock along vertiginous paths andpassages; before winter sets in they arebrought down to the valley bottom and inspring they are taken back up to “charge”the mountain pastures at altitudes ofbetween 1,300 and 2,300 metres; in thelate 1800s there were 20 of thesepastures or alpi (with 449 cows and 2,740goats), and now there is just one, whichsurvives because it is served by acablecar. Spread out along the base of thevalley, which is a few hundred metreswide and in the space of about tenkilometres rises from 500 to 1,000 metresabove sea level, are the twelvesettlements called terre, inhabited by theterrieri throughout the year until the XVI

century and then only in the warmerseason, little clusters of houses with theirdevotional buildings perched on siteswhere the sun could be glimpsed,surrounded by clearings, beyond whichrise the sides of the valley, like twovertical forests of rock, with trees andlittle strips of earth ranged on exposedledges, corone, whose grass also had to beharvested despite the danger and thefrequent accidents. The terre, just far

enough from each other to merit separatenames – Mondada, Fontana, Alnedo,Sabbione, Ritorto, Foroglio, Roseto,Fontanellata, Faedo, Bolla, Sonlerto, SanCarlo –, a distinctive appearance and theindispensable minimum of commonpasture land, were connected until themid-XX century by a track (for the cows)and a system of minor pathwaysequipped with planks and other light,deliberately makeshift devices, designedto be swept away by floodwaters orlandslides and reconstructed straightafterwards.The unassuming terre and the replaceablelinks between them; the alpi and thestrict rules governing the use of the landand the corti (huts) from the May-haymeadows to the high pastures; thetreacherous yet indispensable pathsbetween them: a set of values and factsthat defines the historical, geographicaland anthropological identity of the placeand forcefully confronts the presentgenerations, particularly in the light ofthe crises facing the modern world, withthe issues of safeguarding anddevelopment and the thorny relationshipbetween conservation and innovation inthe context of the natural and historicalheritage. As well as the astonishing natural,historical and ethno-anthropologicalsignificance of the area, the reasons thatmake Val Bavona worthy of specialattention and that most profoundlyinfluenced the decision of the jury lie inthe all-important presence of acommunity with a rare degree ofawareness of the uniqueness of itsposition and a perception of thatdifference not as a shameful legacy ofancient misery but rather as something ofreal value, a privilege, to be appreciatedand passed on to future generations.Hence the authoritative position of thebodies responsible, the municipaladministrations and the patriziati ofCavergno and Bignasco, the Fondazione

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Valle Bavona, the Canton and theConfederation. Hence their joint effortsto devise planning regulations, legalframeworks for land use andenvironmental issues, best practicemanuals for restoration work onbuildings, works of art and traditionaltools and other items. Hence the searchfor ideas and projects designed to fosternew economic and anthropological modelsfor a mountain environment that do notdepend on the monoculture of tourism.And hence the upkeep of mountainpastures, enlightened forestry, new skills,new trades and scrupulous maintenance,all driven and guided by the vigilance of ashared approach. In Val Bavona, therefore, the communityand its representatives have accepted protempore responsibility for an inheritedmaterial culture, knowing that its valuelies not in monuments or the commissionsof wealthy patrons but in the ingenuityand hard work of past generations, intheir absolute determination not toabandon their mountain home and thus togive sense to life and death, and in theextreme intensity of their relationshipwith a nature which is at once awful andawe-inspiring. The community of ValBavona continues to celebrate the beautyof a lifestyle reduced to essentials (housesstill do without electricity) as a realutopia, a simple, practical way ofcontinuing, conserving and innovating theresolute search for living space that hascharacterized its history, finding a useeven for the great rocks dislodged inlandslides by using the earth theybrought down with them to createfragments of vegetable garden andpasture or by the exploitation of jaggedravines to make grondàn, cantìn andsplüi.In short, Val Bavona provides us with anexample of steadfast stewardship of thevalues it represents, a commitmentrooted in the profound links that unitethe community, in a critical awareness of

its shared history and in a long and livelytradition of intelligence and talentepitomized by the figures of FedericoBalli (1854-1889), an entrepreneur andessayist, and Plinio Martini (1923-1979), aprimary school teacher and poet, anexcellent writer and defender of civilvalues. The tradition lives on and remainsa visible force. The jury has thereforedecided to award the Carlo Scarpa sealfor 2006 to the heirs of this tradition, inrecognition of what they have done andare doing and as a warm encouragementto continue: to make Val Bavona livingproof of how the enduring history of aplace, when it is truly understood andloved by those who live there areaccountable for it, can provide the leastuncertain guidance in the whirlwind ofoverwhelming change that has sweptthrough our times; and to help us toenvisage how another world may actuallybe possible.

Val Bavona

XVII. Internationaler Carlo-Scarpa-Preis für Gartengestaltung.Begründung der Jury

Die Jury für den Internationalen Carlo-Scarpa-Preis für Gartengestaltung hatden Entschluss gefasst, den Preis für dasJahr 2006 an das Val-Bavona-Tal zuverleihen, einen Ort in der rauenGebirgslandschaft des Schweizer KantonsTessin, einen

”schauerlich-schönen“,

kurzen, in erdgeschichtlichen Zeiträumenvom Gletscher tief eingefurchten unddurch Wasser und Stein modelliertenTaleinschnitt, dessen Gemeinschaft (etwatausend Menschen) sich denHerausforderungen der Naturgewaltenund der harten Lebensumwelt gestelltund im Laufe der Zeit das Gedankengut,die Verhaltensformen, das richtige Maßund die geeigneten Objekte für einemenschliche Existenz unterExtrembedingungen entwickelt hat.

Gestalt und Sein dieses Tals stellen eineinheitliches geographisches undhistorisches Gebilde dar, das uns inunterschiedlichen, jeweils deutlichlesbaren Erscheinungsformenentgegentritt. Der Gletscher. Durch die U-Form desTals lässt er sich bereits erahnen. Zusehen ist der Gletscher auf dem Basòdino(3.272 Meter) und den anderen Gipfeln,wo er den Klimaveränderungen und denja ausgiebig bekannten Gefahren unsererZeit noch die Stirn bietet. Wasser. Am Fuße dieser Gletscherbeginnt ein schmales, 124Quadratkilometer großesWassereinzugsgebiet, das zu 80 Prozentoberhalb der Höhenmarke von 1.400Metern liegt, mit dem Flusslauf desBavona, der auf rund zehn Kilometernsteil abfällt und auf einer Höhe von 500Metern in den Maggia mündet, dessenWasser nach weiteren rund zwanzigKilometern auf einer Höhe von 197Metern in den Lago Maggiore fließen.Der Klang und die Kraft des Flusses, derseinen Namen anscheinend seinenrauschenden, weiß schäumenden Wassernverdankt (von italienisch

”bava“, Schaum

– d.Ü.), sind heute, da sein steiniges Betttrocken liegt, am Wasserfall Forogliospürbar, der als einziger von den großenBauvorhaben für die Errichtung vonWasserkraftwerken in der Mitte des 20.Jahrhunderts verschont geblieben ist.Entlang des Flusslaufes stoßen wirdennoch allenthalben auf die Zeichen,Sinnbilder und Objekte einer schlichtenund würdevollen,

”rauen und

ehrwürdigen“ materiellen Kultur. Gut vorstellbar sind der Einfluss desHochwassers und die ständig von diesemausgehende Bedrohung, die in vielendirekten Zeugnissen beschrieben ist. Eswird augenscheinlich, warum dieErinnerung an den Fluss noch so langefortlebt, warum sein Verschwinden nachwie vor nicht hingenommen werden kann,und warum diese plötzliche Stille nach

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(Corone), deren Gras um jeden Preis undtrotz aller Streichlisten gemäht undeingebracht wird. Die Weiler liegengerade weit genug auseinander, umeigene Namen (Mondada, Fontana,Alnedo, Sabbione, Ritorto, Foroglio,Roseto, Fontanellata, Faedo, Bolla,Sonlerto, San Carlo), unverkennbareGesichtszüge und gerade soviel Wiesehaben zu können, wie unbedingtvonnöten ist. Bis zur Mitte des 20.Jahrhunderts waren sie durch eineTalstraße (für Vieh) und kleinere Wegemiteinander verbunden, für die leichte,kurzlebige Bauwerke und Stegegeschaffen wurden, die so angelegt sind,dass sie von Wasser und Steinschlaghinweggerissen und danach sofort wiederaufgebaut werden können. Terre (Weiler) als maßvolleSiedlungsform, nach Hochwasser undMurgängen wieder herzurichtendeVerbindungswege, die durchunumstößliche Rechtsbräuche geregelteAlmwirtschaft auf den verschiedenenStafeln, in den Almhütten (Corti) und vonden Maiensäßen bis hin zu denObersäßen, die durch ebensobeschwerliche wie doch notwendige Wegemiteinander verbunden sind, stellen eineGanzheit dar, durch welche diehistorische, geographische undanthropologische Identität des Ortes inRaum und Zeit definiert wird, und dieunsere Generationen besonders inAnbetracht der Krise der heutigen Weltvor die Frage der Bewahrung undInwertsetzung stellt zum Schutz vor derdrohenden Uniformierung, die nur diekurze Fremdenverkehrssaison in ihrenbedeutungsarmen Äußerungen kennt.Das Val Bavona problematisiert also dasgleichermaßen unwegsame Verhältniszwischen Erhaltung und Erneuerung desErbes von Natur und Erinnerung. Neben einer beeindruckenden Liste vonNaturreichtümern und historischen undethnoanthropologischen Zeugnissen,durch die sich das Val-Bavona-Tal

auszeichnet, sind die Gründe,derentwegen dieser Ort besondereAufmerksamkeit verdient, und welchedie Jury zu ihrer Entscheidung bewogenhaben, in der Tatsache zu suchen, dassdas kostbarste Erbe dieses Ortes wohldarin besteht, dass die dortigeGemeinschaft ein nahezuunvergleichliches Bewusstsein, gar Stolzauf die Eigenheiten undAlleinstellungsmerkmale entwickelt hat,welche nicht als althergebrachtebeschämende Missstände erlebt, sondernals weiterzugebendes Erbe, als Werte, jafast schon als Privilegien wahrgenommenund beschrieben werden. Hieraufgründet das Ansehen derVerantwortungsträger, der Gemeindenund Patriziate von Cavergno undBignasco, der Fondazione Valle Bavona,des Kantons und der Eidgenossenschaft.Hierauf gründet die Partizipation an denBemühungen zur Schaffung vonSteuerinstrumenten, von Normen für dieNutzung von Boden und Umwelt, vonBest-Practice-Handbüchern für Eingriffean Objekten, Kunstwerken undZeugnissen der Arbeit. Hierauf gründetdas Interesse an Projekten undVersuchen zur Schaffung neuerWirtschaftsweisen und neuerLebensformen im Gebirge jenseits derTourismusmonokultur, alsoAlmwirtschaft, Waldwirtschaft, neueHandwerke und neue Berufsbilder,strenger Schutz und die zentraleBedeutung einer wachsamen Pflege. Eine Gemeinschaft nimmt sich also derZeugnisse einer materiellen Kultur, fürdie sie vorläufig in der Verantwortungist, in dem Bewusstsein an, dass der Wertdieser Zeugnisse nicht aus ihremDenkmalcharakter oder der Berühmtheitder jeweiligen Auftraggeber, sondern ausder Begabung und der Arbeit frühererGenerationen, aus dem unermüdlichenFesthalten am Leben im Gebirge und derdadurch möglichen Sinnstiftung fürLeben und Tod, aus der extremen

der in jüngster Vergangenheit erfolgtenVerrohrung eine noch heute imkollektiven Empfinden weit klaffendeWunde ist. Beim Aufstieg nach Robiei,wo die Almwiesen einem Stausee zurWasserkraftnutzung weichen mussten,wird in den ins Gebirge gegrabenenTurbinenräumen und Tunneln eine derneuen Daseinsformen des Wassers inunserer heutigen Welt erlebbar. Berge: Die beiden Talflanken, Monti,

”Berge“, genannt, gleichen sich trotz aller

aufgrund ihres Verlaufs von Nordwestennach Südosten hinsichtlichSonneneinstrahlung, Wind und Murenbestehenden Unterschiedlichkeit in ihrerSteilheit und Unwegsamkeit. Dennochbasiert der Lebensrhythmus auf derjahreszeitlichen Mobilität in der

”Vertikale“ mit schwindelerregenden

Pfaden und Übergängen für den vorWintereinbruch stattfindendenAlmabtrieb bis zum Talgrund und dieRückkehr des Viehs zur Sömmerung aufAlmen, die sich in Höhenlagen zwischen1.300 und 2.300 Metern befinden. Endedes 19. Jahrhunderts gab es 20 Almen(mit 449 Rindern und 2.740 Ziegen), vondenen heute nur noch eine einzigeübriggeblieben ist, die dank einesSeilbahnanschlusses weiterbesteht. Terre: Der wenige Hundert Meter breiteund sich vom ersten bis zum letztenWeiler (Terra) über rund ein DutzendKilometer erstreckende Talgrund istgerade groß genug, um zwölf WeilernPlatz zu bieten. Es handelt sich um kleineSiedlungen, die bis zum 16. Jahrhundertdas ganze Jahr hindurch, später nur nochsaisonal von den sogenannten Terrieribewohnt wurden, an von der Sonnebegünstigten Stellen befindlicheAnsammlungen von Häusern inmitteneiner Lichtung mit den zugehörigenBethäusern, um die herum die Talflankensteil aufragen wie zwei Wände ausSteinen und Bäumen mit kleinenGrasnarben inmitten vonschwindelerregenden Felsbändern

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Val Bavona

XVIIe Prix International Carlo Scarpa pour le Paysage.Rapport du Jury

Le jury du Prix International CarloScarpa pour le Paysage a décidé dedédier son édition 2006 au Val Bavona,une région montagneuse très rude duCanton du Tessin, en Suisse, un petitsillon profond, «hideux et plaisant» à lafois, creusé par les glaces, modelé parl’eau et la pierre au cours des périodesgéologiques, dans lequel une communauté(un millier de personnes) a su seconfronter avec la puissance et la violencede la nature, définissant dans le temps lesidées, les comportements, les modalités etles œuvres d’une anthropologie del’extrême. La forme et la vie de la valléecomposent un organisme géographique ethistorique unitaire, dessiné par desfigures diverses, chacune étant lisibleavec une netteté toute particulière.La glace. Elle s’infiltre dans le profil en Ude la vallée. On le voit sur le Basòdino(3.272 mètres) et sur les autres sommetsoù elle résiste aux variations climatiqueset aux bouleversements ponctuels.L’eau. Un bassin de 124 kilomètres carrésest né de ces glaces, dont 80 % sontsituées au-dessus de 1.400 mètresd’altitude, et un fleuve au cours rapide,qui descend sur une dizaine dekilomètres, pour finir par se jeter, à unealtitude de 500 mètres, dans le fleuveMaggia, qui, à son tour, arrive après unevingtaine de kilomètres au Lac Majeur, àune altitude de 197 mètres. Le bruit et laforce du fleuve, qui, paraît-il, a tiré sonnom de son écume blanche ettumultueuse (appelé Bavone), nousarrivent, depuis que la grève estasséchée, de la cascade de Foroglio,l’unique cascade ayant survécu auxgrands travaux hydroélectriques de lamoitié du XXe siècle. Le long du cours dufleuve nous pouvons cependant observer,de manière continue, des signes, des

symboles et des repères d’une civilisationmatérielle sobre et digne, «rude etdélicate». Nous pouvons imaginerl’impétuosité des crues et le sens dudanger qui les accompagnait et qui a étédécrit dans de nombreux témoignagesdirects. Nous pouvons comprendrecombien le souvenir du fleuve estdurable, combien son absence continue àêtre insupportable, et combien le silencesoudain qui fait suite à la déviationrécemment construite peut constituerune blessure encore ouverte aujourd’huidans l’imaginaire collectif. En montant àRobiei, où les prés alpins (les alpages) ontlaissé place à un bassin hydroélectrique,nous pouvons percevoir, dans les turbineset les galeries ouvertes à travers lamontagne, une des nouvelles conditionsde l’eau dans le monde moderne. Les montagnes. Les deux flancs de lavallée, les versants, que l’orientationnord-ouest/sud-est rend très différents enfonction du soleil, du vent et deséboulements, sont des parois escarpées etpresque impraticables. Pourtant, toutel’organisation vitale se fonde sur unemobilité saisonnière “verticale”, à traverssentiers et passages vertigineux, pour latranshumance des animaux qui avantl’hiver redescendent en fond de vallée, et,après l’hiver, sont conduits à nouveau surles alpages, compris entre 1.300 et 2.300mètres. Ils étaient 20 à la fin du XIXe

siècle (avec 449 vaches et 2.740 chèvres),alors qu’aujourd’hui un seul résistetoujours car il possède un téléphérique.La vallée, comprise entre 500 et 1.000mètres, est large de quelques centainesde mètres, et longue, de la première à ladernière terre, d’une dizaine dekilomètres, ce qui est indispensable pourlaisser la place aux douze terres, lesnoyaux qui étaient habités toute l’annéejusqu’au XVIe siècle, et ensuite seulementà la belle saison, des cabanes assembléesdans les lieux ensoleillés, avec leursédifices religieux, entourés d’uneclairière, au-delà de laquelle s’élèvent les

Situation der Auseinandersetzung miteiner erbarmungslosen und wundervollenNatur bis hin zum Erschauen desHeiligen erwächst. Hier erleben wir eineGemeinschaft beim Lobgesang auf dieSchönheit eines elementaren Lebensstils,bei dem es teils Wohnungen ohne Stromgibt, und der eine einfache und alltäglicheWeise der Weiterführung, Bewahrungund Erneuerung der hartnäckigen Suchenach Lebensraum ist, welche die eigeneVergangenheit geprägt hat, und durchwelche sogar große zu Tal gestürzteGesteinsmassen durch Erdauftrag zurSchaffung fragmentarischer Gärten undWiesen oder als grondàn, cantìn undsplüi nutzbar gemacht wurden. An diesem Ort wird die aktiveBewahrung der lokalen Eigenheitendurch einzigartige Umstände begünstigt,die durch die tiefen Bindungen, diekritische Bewusstheit der eigenenVergangenheit und eine lange und nochimmer lebendige Tradition geistigerGrößen möglich wurden, unter denenFederico Balli (1854-1889), Unternehmerund Autor, und Plinio Martini (1923-1979),Grundschullehrer, Dichter undSchriftsteller ersten Ranges mit starkbürgerlichem Hintergrund,hervorzuheben sind. Diese Tradition istnicht erloschen, und ihr Wirken ist nochheute spürbar. Den Erben dieserTradition, denen heute die Aufgabe desBewahrens angetragen ist, überreicht dieJury den Carlo-Scarpa-Preis alsAnerkennung für das, was von ihnengeleistet wurde und noch immer geleistetwird, und als Ermutigung für ihrweiteres Wirken, damit dieser Ortbeweisen möge, dass das kritischeBewusstsein und die Liebe zur langenGeschichte eines Ortes von Seiten deransässigen Gemeinschaft und derVerantwortungsträger als Ruder in denStürmen des Wandels unserer heutigenZeit taugt, und damit dieser Ort denGedanken stärken möge, dass eineandere Welt vielleicht doch möglich ist.

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Bavona un cas digne d’une attentionspéciale, et qui ont déterminé la décisiondes membres du jury, doivent êtrerecherchées dans le plus précieux de sespatrimoines, à savoir la présence d’unecommunauté dotée d’un niveau rare deconnaissance, orgueilleuse même deséléments de particularité et de diversité,lesquels ne sont pas vécus comme desmisères antiques dont il faille se sentirhonteux, mais sont au contraire perçus etdécrits comme une hérédité àtransmettre, comme des valeurs,quasiment comme des privilèges. De làdécoule la toute puissance des organismesqui en sont responsables, les communeset les notables de Cavergno et Bignasco,la Fondation Valle Bavona, le Canton, laConfédération. De là provient cettevolonté de tous de s’efforcer de définirdes instruments de régulation, desnormes d’usage du sol et del’environnement, des manuels de bonnepratique pour les interventions sur lesobjets artisanaux et sur les œuvres d’artet les ouvrages techniques. De làprovient cette attention aux propositionset aux expérimentations qui portent àreconstruire des morceaux d’une nouvelleéconomie et d’une nouvelle anthropologiede la montagne; et donc l’alpage, lagestion du bois, les arts nouveaux, lesnouveaux métiers, la manutention sévère,l’organisation centrale en fin de compted’une présence attentive.Une communauté, donc, et sesreprésentants, prennent en charge lestémoignages d’une civilisation matérielledont ils sont provisoirementresponsables, sachant que la valeur de cestémoignages ne provient pas d’urgencesabsolues ou de commandes célèbres, maisde l’ingéniosité et du travail desgénérations précédentes, de la volontéirréductible de ne pas abandonner lamontagne et de donner ainsi un sens à lavie et à la mort, du caractère extrême dela confrontation avec une nature terribleet merveilleuse jusqu’à en montrer le

caractère sacré. Nous pouvons ici écouterune communauté qui continue à chanterla beauté d’un style de vie essentiel,jusqu’à l’absence d’énergie électriquedans les habitations, comme une utopieconcrète, comme un mode simple etquotidien de continuer, conserver, innoverdans la recherche tenace d’un espace vitalqui a connoté sa propre histoire,réussissant à rendre utiles jusqu’auxgrands rochers d’éboulement, avec laterre portée au-dessus d’eux pour enfaire des fragments de jardins et de prés,ou avec l’usage fonctionnel des cheminstortueux dans les grondàn, cantìn, etdans les splüi.Il y a donc dans ce lieu, veillantjalousement sur ses coutumes, unesituation particulière rendue possible pardes liens durables, par la connaissanceapprofondie de sa propre histoire, par unelongue et vivante tradition d’intelligenceset de talents, parmi lesquels émergent lesfigures de Federico Balli (1854-1889),entrepreneur et savant, et de PlinioMartini (1923-1979), professeur à l’écoleélémentaire, poète, écrivain de grandequalité et doté d’un fort sens du civisme.Cette tradition ne s’est pas éteinte, etelle est aujourd’hui visiblement toujoursopérante. Aux héritiers de cettetradition, aux gardiens d’aujourd’hui, lesmembres du jury consignent le sceau deCarlo Scarpa, en signe de reconnaissancede tout ce qu’ils ont fait et font encore, etde chaleureux encouragement àcontinuer. Afin que cette vallée montre àquel point la force du temps long del’histoire en un même lieu, quand elle estvraiment connue et aimée avecdiscernement par qui y réside et qui enest responsable, peut constituer un timonmoins incertain dans la tempête desbouleversements de notre temps. Et afinqu’elle nous aide à imaginer comment unautre monde peut être possible.

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flancs de la vallée, comme deux forêtsverticales de pierres, d’arbres, et depetites étendues herbeuses linéaires,exposées en vires vertigineuses, commedes couronnes, herbe ramassée elle aussià tout prix malgré la “liste des croix”. Lesterres, séparées les unes des autres afinque chacune ait son propre nom –Mondada, Fontana, Alnedo, Sabbione,Ritorto, Foroglio, Roseto, Fontanellata,Faedo, Bolla, Sonlerto, San Carlo –, leurspropres traits physionomiquesreconnaissables avec ce petit bout de préqui leur est indispensable, étaient reliéesjusqu’à la moitié du XXe siècle par uneroute de vallée (pour les vaches), et pard’autres chemins moins importants quirequéraient des constructions et desartifices légers, passerelles éphémères,conçues pour être emportées par les eauxou par les pierres, et reconstruites justeaprès.Les terres, installations mesurées, liensrenoués après chaque crue et aprèschaque éboulement; les alpages réguléspar des normes d’usage immuables dansleurs différents états et dans les périodesd’estivage, des alpages de mai auxpâturages d’altitude, et, entre les unes etles autres, des sentiers aussi risquésqu’indispensables, un ensemble quidéfinit dans l’espace et dans le tempsl’identité historique, géographique etanthropologique du lieu, et qui pose à nosgénérations, avec une acuité touteparticulière dans la crise du mondecontemporain, des interrogations sur lasauvegarde et la valorisation de cethéritage au-delà des brèves saisonstouristiques et des manifestationséphémères. Le Val Bavona pose laquestion du rapport, insurmontableégalement, entre conservation etinnovation des patrimoines de la natureet de la mémoire. Au-delà du stupéfiant catalogue des biensnaturels, historiques, ethno-anthropologiques que ce lieu conserve enlui-même, les raisons qui rendent le Val

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p. 29, fig. 12: fotografia di Gustav RudolfZinggeler, Archivio federale dei monumentistorici, Berna; fig. 13: fotografia di GiuseppeMartini, tratta da BALLI-MARTINI 1996, p. 211; fig. 14: fotografia di Armando Dadò,tratta da BALLI-MARTINI 1996, p. 119; fig. 15: fotografia di W. Müller, tratta daBALLI-MARTINI 1996, p. 124;p. 30, figg. 16-17: fotografie di DomenicoLuciani;p. 31, fig. 18: disegno di Marco Bianconi,tratto da Vivere tra le pietre 2004, p. 125;fig. 19: fotografia di Domenico Luciani;p. 34, fig. 1: fotografia di Fiorenzo Dadò,tratta da MARTINI 1999, fig. 27 (dettaglio);p. 35, fig. 2: fotografia di Aldo Cattaneo,tratta da CATTANEO 1998, p. 134; fig. 3:fotografia di George Feistmann (1978), trattada DONATI-GAGGIONI 1984, p. 133;p. 36, fig. 4: fotografia di Monique Mosser;fig. 5: fotografia di Domenico Luciani;p. 37, fig. 6: fotografia di Aldo Cattaneo,tratta da CATTANEO 1998, p. 141;p. 38, fig. 7: fotografia di Aldo Cattaneo,tratta da CATTANEO 1998, p. 208;p. 39, fig. 8: fotografia di Armando Losa,tratta da Vivere tra le pietre 2004, p. 215;p. 41, fig. 9: fotografia di Aldo Cattaneo,tratta da CATTANEO 1998, p. 132;p. 43, fig. 1: fotografia di Armando Dadò,tratta da MARTINI 1999, fig. 28;p. 47, fig. 3: fotografia di Ely Riva, tratta daMARTINI 1999, fig. 64;p. 49, fig. 2: fotografia di Roberto Pellegrini,tratta da Vivere tra le pietre 2004;p. 50, fig. 3: fotografia di Philipp Giegel,tratta da Vivere tra le pietre 2004, p. 95;p. 52, fig. 4: fotografia di Roberto Pellegrini,tratta da Vivere tra le pietre 2004, p. 153;figg. 5-8: disegni di Marco Bianconi, tratti daVivere tra le pietre 2004, pp. 154-155;p. 53, fig. 9: disegno di Marco Bianconi, trattoda Vivere tra le pietre 2004, p. 205; fig. 10:fotografia di Aldo Cattaneo, tratta daCATTANEO 2000, p. 40; fig. 11: fotografia diMarco Mattei, tratta da Valle Bavona 1986, p. 46;p. 54, fig. 12: fotografia di Roberto Pellegrini,tratta da Vivere tra le pietre 2004, p. 209; fig. 13: disegno di Marco Bianconi, tratto daVivere tra le pietre 2004, p. 211; p. 55, fig. 14: fotografia di Roberto Pellegrini,tratta da Vivere tra le pietre 2004, p. 127; p. 57: fotografia di Franco Mattei, tratta daValle Bavona 1986, p. 49;p. 59: fotografia di Franco Mattei, tratta daValle Bavona 1986, p. 54;p. 66, fig. 1: fotografia di Franco Mattei,tratta da Valle Bavona 1986, p. 15;p. 67, fig. 2: fotografia di Domenico Luciani;fig. 3: fotografia di Franco Mattei, tratta daValle Bavona 1986, p. 44.

Referenze iconografiche

Le referenze sono ordinate secondo il numerodi pagina in cui compaiono le immagini. Lefonti bibliografiche comprese nellabibliografia vengono citate in forma breve.Non vengono qui fornite quelle referenze, inparticolare per la cartografia, già compresenelle didascalie.L’editore è disponibile a regolare eventualispettanze per le immagini di cui non sia statopossibile reperire la fonte, e ringrazia tutticoloro che hanno fornito materiali einformazioni utili, in particolare DorisAmacher (Bundesamt für Kultur, SektionHeimatschutz und Denkmalpflege); Rudolf Gschwind e Sergio Gregorio(Abteilung für Bild- und Medientechnologien,Philosophisch-Historische Fakultät derUniversität, Basilea); Felix Blatter e Sonja Frauchiger (Swisstopo Bundesamtfür Landestopografie, Berna).

In copertina e a p. 3: fotografia di GustavRudolf Zinggeler, Archivio federale deimonumenti storici, Berna (terra di Roseto,1932, dettaglio);p. 6: fotografia di Ely Riva, tratta daMARTINI 1999, fig. 60;p. 8, in alto a sinistra: fotografia di AldoCattaneo, tratta da CATTANEO 1998, p. 124; inbasso a sinistra: fotografia di Aldo Cattaneo,tratta da CATTANEO 2000, pp. 50-51;p. 9, in alto a destra: disegno di ArmandoLosa, tratto da Vivere tra le pietre 2004, p. 338; in basso a destra: fotografia diArmando Losa, tratta da Vivere tra le pietre2004, p. 133;p. 19, fig. 13: fotografia tratta da OFIMA(1999), pp. 12-13;p. 22, fig. 1: fotografia di Gustav RudolfZinggeler, Archivio federale dei monumentistorici, Berna;p. 23, figg. 2-3: fotografie di Gustav RudolfZinggeler, Archivio federale dei monumentistorici, Berna;p. 24, figg. 4-5: fotografie di DomenicoLuciani;p. 25, fig. 6: fotografia di Domenico Luciani;fig. 7: fotografia di Monique Mosser;p. 26, fig. 8: fotografia di Gustav RudolfZinggeler, Archivio federale dei monumentistorici, Berna;p. 27, fig. 9: fotografia di Gustav RudolfZinggeler, Archivio federale dei monumentistorici, Berna;p. 28, fig. 10: fotografia di Giuseppe Martini,tratta da BALLI-MARTINI 1996, p. 155; fig. 11:da MARTINI 1999, fig. 51;

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Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, 200678

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Val Bavona 79

Val Bavonapubblicazione a cura di Domenico Lucianicon la collaborazione di Patrizia Boschiero

La pubblicazione è stata resa possibile dalla preziosa collaborazione di: Fondazione Valle Bavona,con il presidente Giorgio Balestra e il segretario Renato Lampert, Alfredo Martini (sindaco di Cavergno), Luigi Martini, Remo Flocchini.Un vivo ringraziamento inoltre aBruno Donati, Pippo Gianoni, l’editore Armando Dadò,Aron Piezzi (Museo di Valmaggia, Cevio),Tita Carloni, Michele Fazioli, Francesco Fedele.

Nell’ambito della Fondazione Benetton Studi Ricerche:Patrizia Boschiero (coordinamento editoriale);Andrea Filippin (fotocomposizione,elaborazioni cartografiche); Luisa Barbieri e Simonetta Zanon (ricerche bibliografiche). Le traduzioni sono a cura di Anne-Laure Keizer, Jesko Kleine, John Millerchip.

La pubblicazione è distribuita in occasionedel Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, sabato 13 maggio 2006, Treviso, Teatro Comunale, gentilmenteconcesso dalla Fondazione Cassamarca,in una cerimonia pubblica coordinata daDomenico Luciani, con interventi di Luigi Martini (testimonianza diretta dellacomunità bavonese) e Carmen Añón(motivazione della giuria), con la consegna del sigillo scarpiano al presidente dellaFondazione Valle Bavona Giorgio Balestra, e l’esecuzione di brani corali, da parte del Coro Bavona diretto dal maestro Alfio Inselmini.

A partire dal 2006, centenario della nascita di Carlo Scarpa (1906-1978), le attivitàscientifiche legate al Premio che porta il suo nome si articolano ulteriormente con un seminario di approfondimento sul luogo designato e sulle prospettive della sua salvaguardia. Il seminario si svolge il mattino dello stesso giorno della cerimonia,nell’auditorium di palazzo Bomben in Treviso.

L’organizzazione degli eventi del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino è curata da Ida Frigo, della Fondazione Benetton Studi Ricerche,con la collaborazione dello studio Umbrella di Treviso per le relazioni esterne, e di Maurizio Spigariol per gli aspetti tecnici e logistici.

Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2006

Indice

Le precedenti edizioni del Premio, 4Regolamento e giuria, 5Motivazione della giuria, 7Documentazione cartografica, 10Cenni geografici e morfologici, Luigi Martini, 14Una passeggiata nel fondovalle, Federico Balli, 21Storia, regole, parole degli alpi, Luigi Martini, 34Vita e abbandono degli alpi, Plinio Martini, 42Vivere tra le pietre, Bruno Donati, 48L’incredibile durata, Tita Carloni, 50Uomo, roccia, abitare umano, Francesco Fedele, 51 Organismi, strumenti, norme per il governo della Val Bavona, 56

Il Piano Regolatore di salvaguardia, Luigi Martini, 56Definizioni e contenuti del Piano, 58Esempi di norme del Piano, 60Manuale per la riattazione degli edifici, 62La Fondazione Valle Bavona, Renato Lampert, 64

Una valle come museo, dunque? No di certo, Michele Fazioli, 66

Bibliografia, 68Glossario, 70

The International Carlo Scarpa Prize for Gardens. Regulations, 71Jury’s Report , 72Begründung der Jury, 73Rapport du Jury, 75

Referenze iconografiche, 77

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La pubblicazione fa parte della collana “Memorie”, diretta da Domenico Luciani e Lionello Puppi.

Finito di stampare il 5 maggio 2006in duemilatrecento copie

su carta Larius Matt Satin gr/m2 135 (interno)della Cartiera Burgo,

e su Modigliani bianco gr/m2 260 (copertina),della Cartiera di Cordenons,

nello stabilimento delleGrafiche V. Bernardi s.r.l., in Pieve di Soligo,

per conto diFondazione Benetton Studi Ricerche,

Treviso.

Distribuzione: il dossier può essere richiesto a

Fondazione Benetton Studi Ricerche via Cornarotta 9, 31100 Trevisotel. 0422.5121, fax 0422.579483

[email protected] www.fbsr.ito direttamente a

Grafiche V. Bernardi s.r.l. via Marie Curie 242 (zona artigianale)

31053 Pieve di Soligo (Treviso) tel. 0438.82060, fax 0438.841919

[email protected]