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Rosetta Zordan, Il quadrato magico, Fabbri Editori © 2004 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education 1 Susanna Tamaro Va’ dove ti porta il cuore Opicina 1 , 16 novembre 1992 Sei partita da due mesi e da due mesi, a parte una cartolina nella quale mi comunicavi di essere ancora viva, non ho tue notizie. Que- sta mattina, in giardino, mi sono fermata a lungo davanti alla tua ro- sa. Nonostante sia autunno inoltrato, spicca con il suo color porpo- ra 2 , solitaria e arrogante 3 , sul resto della vegetazione ormai spenta. Ti ricordi quando l’abbiamo piantata? Avevi dieci anni e da poco avevi letto il Piccolo Principe 4 . Te l’avevo regalato io come premio per la tua promozione. Eri rimasta incantata dalla storia. Tra tutti i personaggi, i tuoi preferiti erano la rosa e la volpe; non ti piacevano invece i baobab, il serpente, l’aviatore, né tutti gli uomini vuoti e presuntuosi che vagavano seduti sui loro minuscoli pianeti. Così una mattina, mentre facevamo colazione, hai detto: «Voglio una rosa». Davanti alla mia obiezione 5 che ne avevamo già tante, hai risposto: «Ne voglio una che sia mia soltanto, voglio curarla, farla diventare grande». Naturalmente, oltre alla rosa, volevi anche una volpe. Con la furbizia dei bambini avevi messo il desiderio semplice davanti a quello quasi impossibile. Come potevo negarti la volpe dopo che ti avevo concesso la rosa? Su questo punto abbiamo discusso a lungo, alla fine ci siamo messe d’accordo per un cane. La notte prima di andare a prenderlo non hai chiuso occhio. Ogni mezz’ora bussavi alla mia porta e dicevi: «Non riesco a dormire». La 5 Tracce di sé – La lettera 1. Opicina: località in provincia di Trieste. 2. porpora: rosso in- tenso. 3. arrogante: presun- tuosa, superba. 4. il Piccolo Principe: capolavoro della lette- ratura infantile, scritto da Antoine de Saint- Exupéry. Il piccolo principe è un bambino che vaga per gli spazi, dopo aver abbandonato il minuscolo pianeta in cui vive, per sfuggire a una rosa che lo tiran- neggia. Nel suo viaggio spaziale, visita sei pia- neti e incontra strani personaggi. 5. obiezione: opposi- zione, contestazione. Le pagine che ti presentiamo sono tratte da un romanzo scritto sotto forma di lettera. Vagando nella solitudine della sua casa, con il vento del Carso fuori che incalza e l’autunno che spegne lentamente i colori del giardino, un’anziana donna, spinta dal ti- more di non avere più molto da vivere, decide di scrivere una lun- ga lettera alla giovane nipote lontana. È, a suo modo, una lettera d’amore, un tentativo di ricucire un rapporto compromesso da incomprensioni e impazienze dovute in parte alla notevole differenza di età (la nonna ha ottant’anni mentre la nipote è appena uscita dall’adolescenza), in parte alla difficile storia che le accomuna e che le ha legate fin dall’infanzia della nipote. La nonna vuole soprattutto ricordare alla nipote, con tutto l’affet- to, la comprensione e la tenerezza che sente per lei, che non ci sono nemici peggiori di quelli annidati all’interno del proprio cuo- re e che l’unico viaggio che vale la pena di fare è al centro di se stessi, alla ricerca di quella voce originaria che ognuno di noi cu- stodisce nella profondità del proprio essere.

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Rosetta Zordan, Il quadrato magico, Fabbri Editori © 2004 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education

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Susanna Tamaro

Va’ dove ti porta il cuore

Opicina1, 16 novembre 1992

Sei partita da due mesi e da due mesi, a parte una cartolina nellaquale mi comunicavi di essere ancora viva, non ho tue notizie. Que-sta mattina, in giardino, mi sono fermata a lungo davanti alla tua ro-sa. Nonostante sia autunno inoltrato, spicca con il suo color porpo-ra2, solitaria e arrogante3, sul resto della vegetazione ormai spenta.Ti ricordi quando l’abbiamo piantata? Avevi dieci anni e da pocoavevi letto il Piccolo Principe 4. Te l’avevo regalato io come premioper la tua promozione. Eri rimasta incantata dalla storia. Tra tutti ipersonaggi, i tuoi preferiti erano la rosa e la volpe; non ti piacevanoinvece i baobab, il serpente, l’aviatore, né tutti gli uomini vuoti epresuntuosi che vagavano seduti sui loro minuscoli pianeti. Così unamattina, mentre facevamo colazione, hai detto: «Voglio una rosa».Davanti alla mia obiezione5 che ne avevamo già tante, hai risposto:«Ne voglio una che sia mia soltanto, voglio curarla, farla diventaregrande». Naturalmente, oltre alla rosa, volevi anche una volpe. Conla furbizia dei bambini avevi messo il desiderio semplice davanti aquello quasi impossibile. Come potevo negarti la volpe dopo che tiavevo concesso la rosa? Su questo punto abbiamo discusso a lungo,alla fine ci siamo messe d’accordo per un cane.La notte prima di andare a prenderlo non hai chiuso occhio. Ognimezz’ora bussavi alla mia porta e dicevi: «Non riesco a dormire». La

5 Tracce di sé – La lettera

1. Opicina: località inprovincia di Trieste.

2. porpora: rosso in-tenso.3. arrogante: presun-tuosa, superba.4. il Piccolo Principe:capolavoro della lette-ratura infantile, scrittoda Antoine de Saint-Exupéry. Il piccoloprincipe è un bambinoche vaga per gli spazi,dopo aver abbandonatoil minuscolo pianeta incui vive, per sfuggire auna rosa che lo tiran-neggia. Nel suo viaggiospaziale, visita sei pia-neti e incontra stranipersonaggi.5. obiezione: opposi-zione, contestazione.

Le pagine che ti presentiamo sono tratte da un romanzo scrittosotto forma di lettera. Vagando nella solitudine della sua casa,con il vento del Carso fuori che incalza e l’autunno che spegnelentamente i colori del giardino, un’anziana donna, spinta dal ti-more di non avere più molto da vivere, decide di scrivere una lun-ga lettera alla giovane nipote lontana.È, a suo modo, una lettera d’amore, un tentativo di ricucire unrapporto compromesso da incomprensioni e impazienze dovutein parte alla notevole differenza di età (la nonna ha ottant’annimentre la nipote è appena uscita dall’adolescenza), in parte alladifficile storia che le accomuna e che le ha legate fin dall’infanziadella nipote.La nonna vuole soprattutto ricordare alla nipote, con tutto l’affet-to, la comprensione e la tenerezza che sente per lei, che non cisono nemici peggiori di quelli annidati all’interno del proprio cuo-re e che l’unico viaggio che vale la pena di fare è al centro di sestessi, alla ricerca di quella voce originaria che ognuno di noi cu-stodisce nella profondità del proprio essere.

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mattina alle sette avevi già fatto colazione, ti eri vestita e lavata; conil cappotto addosso mi aspettavi seduta in poltrona. Alle otto e mez-za eravamo davanti all’ingresso del canile, era ancora chiuso. Tuguardando tra le grate dicevi: «Come saprò qual è proprio il mio?».C’era una grande ansia nella tua voce.Siamo tornate al canile per tre giorni di seguito. C’erano più di due-cento cani là dentro e tu volevi vederli tutti. Ti fermavi davanti aogni gabbia, stavi lì immobile e assorta in un’apparente indifferen-za. I cani intanto si buttavano tutti contro la rete, abbaiavano, face-vano salti, con le zampe cercavano di divellere le maglie6. Assieme anoi c’era l’addetta del canile. Credendoti una ragazzina come tuttele altre, per invogliarti ti mostrava gli esemplari più belli: «Guardaquel cocker», ti diceva. Oppure: «Che te ne pare di quel lassie?».Per tutta risposta emettevi una specie di grugnito e procedevi senzaascoltarla.Buck l’abbiamo incontrato al terzo giorno di quella via crucis7. Sta-va in uno dei box sul retro, quelli dove venivano alloggiati i cani con-valescenti. Quando siamo arrivate davanti alla grata, invece di cor-rerci incontro assieme a tutti gli altri, è rimasto seduto al suo postosenza neanche alzare la testa. «Quello», hai esclamato tu indicando-lo con un dito. «Voglio quel cane lì.» Ti ricordi la faccia esterrefattadella donna? Non riusciva a capire come tu volessi entrare in pos-sesso di quel botolo8 orrendo. Già, perché Buck era piccolo di tagliama nella sua piccolezza racchiudeva quasi tutte le razze del mondo.La testa da lupo, le orecchie morbide e basse da cane da caccia, lezampe slanciate quanto quelle di un bassotto, la coda spumeggiantedi un volpino e il manto nero e focato9 di un dobermann. Quandosiamo andate negli uffici per firmare le carte, l’impiegata ci ha rac-contato la sua storia. Era stato lanciato fuori da un’auto in corsa al-l’inizio dell’estate. Nel volo si era ferito gravemente e per questo mo-tivo una delle zampe posteriori pendeva come morta.Buck adesso è qui al mio fianco. Mentre scrivo ogni tanto sospira eavvicina la punta del naso alla mia gamba. Il muso e le orecchie so-no diventati ormai quasi bianchi e sugli occhi, da qualche tempo, glisi è posato quel velo che sempre si posa sugli occhi dei cani vecchi.Mi commuovo a guardarlo. È come se qui accanto ci fosse una par-te di te, la parte che più amo, quella che, tanti anni fa, tra i duecen-to ospiti del ricovero, ha saputo scegliere il più infelice e brutto.In questi mesi, vagando nella solitudine della casa, gli anni di in-comprensioni e malumori della nostra convivenza sono scomparsi.I ricordi che ci sono intorno a me sono i ricordi di te bambina, cuc-ciolo vulnerabile10 e smarrito. È a lei che scrivo, non alla personadifesa e arrogante degli ultimi tempi. Me l’ha suggerito la rosa. Sta-mattina, quando le sono passata accanto mi ha detto: «Prendi dellacarta e scrivile una lettera». So che tra i nostri patti al momento del-la tua partenza c’era quello che non ci saremmo scritte e a malin- 2

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6. divellere le maglie:strappare i fili metallicidella rete.

7. di quella via cru-cis: di quel calvario, diquella tribolazione do-vuta al fatto di andare etornare.

8. botolo: cane piccoloe tozzo.

9. focato: macchiato dirosso.

10. vulnerabile: fragi-le, facilmente feribile.

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cuore lo rispetto. Queste righe non prenderanno mai il volo perraggiungerti in America. Se non ci sarò più io al tuo ritorno, ci sa-ranno loro qui ad aspettarti. Perché dico così? Perché meno di unmese fa, per la prima volta nella mia vita, sono stata male in modograve. Così adesso so che tra tutte le cose possibili c’è anche que-sta: tra sei o sette mesi potrei non essere più qui ad aprirti la porta,ad abbracciarti.Vedi, io mi sono trovata a farti da madre già in là negli anni, nell’etàin cui di solito si è soltanto nonni. Questo ha avuto molti vantaggi.Vantaggi per te, perché una nonna mamma è sempre più attenta epiù buona di una mamma mamma, e vantaggi per me perché, inve-ce di rimbecillirmi come le mie coetanee, con prepotenza sono statanuovamente trascinata nel flusso della vita. A un certo punto, però,qualcosa si è rotto. La colpa non era né mia né tua ma soltanto del-le leggi di natura.L’infanzia e la vecchiaia si assomigliano. In entrambi i casi, per mo-tivi diversi, si è piuttosto inermi11, non si è ancora – o non si è più –partecipi della vita attiva e questo permette di vivere con una sensi-bilità senza schemi, aperta. È durante l’adolescenza che comincia aformarsi intorno al nostro corpo un’invisibile corazza. Si forma du-rante l’adolescenza e continua a ispessirsi per tutta l’età adulta. Poiperò con il passare del tempo, come un vestito portato troppo a lun-go, nei punti di maggiore uso inizia a logorarsi, a un tratto per unmovimento brusco si strappa. In principio non ti accorgi di niente,sei convinta che la corazza ti avvolga ancora interamente finché ungiorno, all’improvviso, davanti a una cosa stupida senza sapere per-ché ti ritrovi a piangere come un bambino.Così quando dico che tra me e te è insorto un divario12 naturale, in-tendo proprio questo. Nel tempo in cui la tua corazza ha comincia-to a formarsi, la mia era già a brandelli. Tu non sopportavi le mie la-crime e io non sopportavo la tua improvvisa durezza. Sebbene fossipreparata al fatto che avresti cambiato carattere con l’adolescenza,una volta avvenuto il cambiamento mi è stato molto difficile sop-portarlo. All’improvviso c’era una persona nuova davanti a me equesta persona non sapevo più come prenderla.L’energia necessaria per tenerti testa non riuscivo a trovarla da nes-suna parte. Se mai arriverai a ottant’anni, capirai che a quest’età cisi sente come foglie alla fine di settembre.Mi viene in mente il giorno della partenza, come eravamo nervose,eh? Tu non avevi voluto che ti accompagnassi all’aeroporto, e adogni cosa che ti ricordavo di prendere mi rispondevi: «Vado in Ame-rica, mica nel deserto». Sulla porta, quando ti ho gridato con la miavoce odiosamente stridula: «Abbi cura di te», senza neanche voltar-ti mi hai salutata dicendo: «Abbi cura di Buck e della rosa».Sul momento, sai, sono rimasta un po’ delusa da questo tuo saluto.Da vecchia sentimentale quale sono mi aspettavo qualcosa di diver- 3

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11. inermi: indifesi, di-sarmati.

12. è insorto un di-vario: è sorta una di-versità, una differenza.

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so e più banale come un bacio o una frase affettuosa. Soltanto la se-ra quando, non riuscendo a prendere sonno, mi aggiravo in vestagliaper la casa vuota, mi sono resa conto che curare Buck e la rosa vo-leva dire curare la parte di te che continua a vivermi accanto, la par-te felice di te. E mi sono anche resa conto che nella secchezza13 diquell’ordine non c’era insensibilità ma la tensione estrema di unapersona pronta a piangere. Ti ricordi cosa ti dicevo negli ultimi tem-pi? Le lacrime che non escono si depositano sul cuore, con il tempolo incrostano e lo paralizzano come il calcare incrosta e paralizza gliingranaggi della lavatrice.Lo so, i miei esempi tratti dall’universo della cucina invece di fartiridere ti fanno sbuffare. Rassegnati: ognuno trae ispirazione dalmondo che conosce meglio.Ora devo lasciarti. Abbi cura di te. Ogni volta in cui, crescendo,avrai voglia di cambiare le cose sbagliate in cose giuste, ricordati chela prima rivoluzione da fare è quella dentro se stessi, la prima e la piùimportante. Lottare per un’idea senza avere un’idea di sé è una del-le cose più pericolose che si possa fare.E quando poi davanti a te si apriranno tante strade e non saprai qua-le prendere, non imboccarne14 una a caso, ma siediti e aspetta. Re-spira con la profondità fiduciosa con cui hai respirato il giorno in cuisei venuta al mondo, senza farti distrarre da nulla, aspetta e aspettaancora. Stai ferma, in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi tiparla, alzati e va’ dove lui ti porta.

(da Va’ dove ti porta il cuore, Baldini & Castoldi, Milano, rid.)

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13. secchezza: brevità,stringatezza.

14. non imboccarne:non intraprenderne.