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Utopia di Predazzo, a cura di Luca Mori ([email protected] ) 1 UTOPIA in Val di Fiemme Copertina dell’Utopia di Tommaso Moro (1516) APRILE 2016 Conversazione e trascrizione a cura di: Luca Mori ([email protected]) Incontro presso: Stadio del Salto: Loc. Stalimen (Predazzo) Per altre info: > Books & Papers: http://unipi.academia.edu/LucaMori > www.linkedin.com/in/lucamori > www.giocodelle100utopie.it Gruppo di bambini (età dalla classe prima della Scuola Elementare alla classe prima della Scuola Media): SIMONE, SAMUEL, MASSIMILIANO, JACOPO, ELISA, GRETA, AYISHA, MARTINA, SAMI, ZOE Affrontiamo in gruppo l’esperimento mentale dell’utopia: immaginando di avere scoperto un’isola sconosciuta e disabitata, ci chiediamo come dovremmo organizzarci per farne un posto in cui abitare con l’obiettivo di viverci davvero bene e felici. Utopia può voler dire: “luogo buono in cui vivere” o “in cui vivere bene” (eu-topos) e “luogo che non esiste (ou-topos)”: fondendo le due radici, “luogo in cui vivere bene che non esiste”. Resta indeciso se non esiste ancòra o se non può esistere, ma la sfida consiste nell’immaginare un luogo idealmente buono che potrebbe esistere. Ci chiederemo: Quali sono le prime cose di cui avremo bisogno, arrivando lì? Quali sono invece le cose che sarebbe meglio non portare sull’isola, per non rovinarla? Come devono essere sistemate le abitazioni? Cosa si deve fare per passare il tempo? Quali sono (se ci sono) le regole dell’isola e cosa si deve fare, se qualcuno non le rispetta? Come si prendono le decisioni? Gli adulti potranno venire e abitare sull’isola? Come ci si comporta se a un certo punto arrivano degli stranieri sconosciuti? Come ci si comporta se arrivano altri ospiti un po’ strani, con strane pretese? Per chi è curioso di utopie immaginate in altre regioni d’Italia, vedi: www.giocodelle100utopie.it Nota: tutte le parti tra «…» sono citazioni letterali di ciò che hanno detto i bambini, così come lo hanno detto. Le parti tra parentesi quadre […] sono introdotte nelle citazioni per chiarire alcuni passaggi.

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Utopia di Predazzo, a cura di Luca Mori ([email protected]) 1  

UTOPIA in Val di Fiemme

Copertina dell’Utopia di Tommaso Moro (1516)

APRILE 2016

Conversazione e trascrizione a cura di: Luca Mori ([email protected]) Incontro presso: Stadio del Salto: Loc. Stalimen (Predazzo)  

 Per altre info:

> Books & Papers: http://unipi.academia.edu/LucaMori > www.linkedin.com/in/lucamori

> www.giocodelle100utopie.it Gruppo di bambini (età dalla classe prima della Scuola Elementare alla classe prima della Scuola Media): SIMONE, SAMUEL, MASSIMILIANO, JACOPO, ELISA, GRETA, AYISHA, MARTINA, SAMI, ZOE Affrontiamo in gruppo l’esperimento mentale dell’utopia: immaginando di avere scoperto un’isola sconosciuta e disabitata, ci chiediamo come dovremmo organizzarci per farne un posto in cui abitare con l’obiettivo di viverci davvero bene e felici. Utopia può voler dire: “luogo buono in cui vivere” o “in cui vivere bene” (eu-topos) e “luogo che non esiste (ou-topos)”: fondendo le due radici, “luogo in cui vivere bene che non esiste”. Resta indeciso se non esiste ancòra o se non può esistere, ma la sfida consiste nell’immaginare un luogo idealmente buono che potrebbe esistere. Ci chiederemo: Quali sono le prime cose di cui avremo bisogno, arrivando lì? Quali sono invece le cose che sarebbe meglio non portare sull’isola, per non rovinarla? Come devono essere sistemate le abitazioni? Cosa si deve fare per passare il tempo? Quali sono (se ci sono) le regole dell’isola e cosa si deve fare, se qualcuno non le rispetta? Come si prendono le decisioni? Gli adulti potranno venire e abitare sull’isola? Come ci si comporta se a un certo punto arrivano degli stranieri sconosciuti? Come ci si comporta se arrivano altri ospiti un po’ strani, con strane pretese? Per chi è curioso di utopie immaginate in altre regioni d’Italia, vedi: www.giocodelle100utopie.it Nota: tutte le parti tra «…» sono citazioni letterali di ciò che hanno detto i bambini, così come lo hanno detto. Le parti tra parentesi quadre […] sono introdotte nelle citazioni per chiarire alcuni passaggi.

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«Chi voglia varcare senza inconvenienti una porta aperta deve tener presente il fatto che gli stipiti sono duri: questa massima […] è semplicemente un postulato del senso della realtà. Ma se il senso della realtà esiste, e nessuno può mettere in dubbio che la sua esistenza sia giustificata, allora ci dev’essere anche qualcosa che chiameremo senso della possibilità. Chi lo possiede non dice, ad esempio: qui è accaduto questo o quello, accadrà, deve accadere; ma immagina: qui potrebbe, o dovrebbe accadere la tale o talaltra cosa; e se gli si dichiara che una cosa è com’è, egli pensa: be’, probabilmente potrebbe anche essere diversa. Cosicché il senso della possibilità si potrebbe anche definire come la capacità di pensare tutto quello che potrebbe egualmente essere, e di non dar maggior importanza a quello che è, che a quello che non è» (R. Musil, L’uomo senza qualità, Einaudi, Torino 1972, pp. 12-13).

I primi bisogni Ecco che il viaggio inizia, come al solito chiedendoci, come Socrate nella Repubblica di Platone, quali saranno i primi bisogni da soddisfare, o le prime cose di cui avremo bisogno. Ecco come ne parlavano i personaggi del dialogo platonico: «Ma il primo e maggiore dei bisogni è quello di procurarsi il cibo in vista dell’esistenza, cioè della vita stessa». «Assolutamente». «Il secondo bisogno è quello dell’abitazione, il terzo dei vestiti e cose simili». «Sono questi». «Bene, dissi, come farà fronte la città a queste esigenze? Non ci sarà per la prima un contadino, per la seconda un muratore, per la terza un tessitore? E non vi aggiungeremo anche un calzolaio o qualcun altro che provveda alla cura del corpo?». «Certo». «Così la città, ridotta all’indispensabile, risulterebbe formata da quattro o cinque uomini». «A quanto pare» (Resp., 369d-e, trad. Vegetti). Vediamo cosa dicono i bambini riuniti a Predazzo sui primi bisogni. Simone: «Andare nel bosco, strappare dei rami e farci una casa». Elisa: «Avere un sasso alto e dopo tuffarsi nel mare». Alice: «Qualcosa da mangiare, acqua potabile». Martina: «Acqua potabile». Sami la pensa come Alice e Martina. Massimiliano: «I vestiti». Due osservazioni. La prima: in poche battute sono già state individuate le tre cose indicate da Platone come primi bisogni: abitazioni, cibo e vestiti. La seconda: l’insistenza sull’acqua non è così scontata, considerando le prospettive future del pianeta, la carenza di acqua già oggi in tante aree del mondo e i risultati di una ricerca dell’Ispra (Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale) pubblicati il 9 maggio 2016: nelle acque italiane stanno aumentando i pesticidi (+20% tra 2003 e 2014 nelle acque superficiali e +10% in quelle sotterranee: cfr. il Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque, periodo 2013-2014). Prosegue l’elenco dei primi bisogni:   Martina: «Andare a esplorare l’isola e scoprire quello che c’è». Simone conferma la necessità di esplorare l’isola, «per scoprire se c’è qualche pericolo ed è meglio riandarsene o restare». Elisa: «Io invece dico di portarsi tipo qualcos’altro che ci può servire [per dormire], tipo un letto di foglie». Massimiliano: «[Dovremmo trovare] dei sassi per fare il fuoco».

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Samuel: «Un’ascia». E con questo riferimento ad un attrezzo si apre un nuovo filone di bisogni. «Ah sì certo – commenta Simone – così è più facile strappare i rami per farsi la casa». Martina: «Una pila elettrica o qualcosa per fare luce quando è buio». Si citano attrezzature varie. Elisa pensa a «un arco per cacciare il cibo». Altri a un binocolo per esplorare, da utilizzare quando si caccia oper capire se devi andartene o no. Greta: «Una canna da pesca per pescare». Massimiliano: «Una bussola». Oltre agli archi con le frecce compaiono la lancia e il coltello. È Sami che menziona il coltello, ma Elisa ha un dubbio: «Cioè un coltello potrebbe… cioè… serve per mangiare, ma non [deve servire] per fare male agli animali». Elisa non è molto d’accordo neppure con l’idea di portare archi per procurarsi da mangiare. Ayisha suggerisce che forse potremmo diventare vegetariani. Martina al riguardo resta in dubbio. Zoe si dice d’accordo con tutti i bisogni detti dai compagni di viaggio: tra questi, non ce n’è uno più importante degli altri. Tutti sembrano fondamentali. A questo punto possiamo chiederci se ci sono cose che esistono e a cui siamo abituati che non dovrebbero essere portate sull’isola, per evitare di starci male. Massimiliano: «Il fucile». E intende dire le arme da fuoco in generale. Simone cita i mitra e i lanciafiamme. Greta: «[Non porterei] degli accendini, perché se accendiamo degli accendini o delle sigarette…». Il dubbio riguarda anche, e forse soprattutto, il fumare degli adulti. Elisa: «[Non dovremmo] costruire delle fabbriche, perché sennò l’aria diventerebbe tutta brutta e sporca». Ayisha: «I cellulari, perché sennò invece di andare in giro a esplorare l’isola passiamo sul cellulare tutta la giornata». Questa cosa può capitare: rimanere “incantati” dal cellulare. «Perché ti mandano i messaggi», dice Massimiliano. Simone: «Perché quando la mia mamma è al telefono che sta scrivendo, io le chiedo: “Vieni a giocare con me”… e lei…»… «è come ipnotizzata», suggerisce qualcuno. «Posso guardare un cartone? E lei non mi risponde…». «E allora tu ci vai [a guardare il cartone]», conclude Simone. «La mia mamma si imbambola col telefono e io con la tele e con i videogiochi», dice un bambino. Martina dice che lei porterebbe la tecnologia, ma non troppa. Il problema diventa il troppo. «Li possiamo anche togliere», i cellulari. Ma c’è della tecnologia che serve e della tecnologia che non serve no: ad esempio, serve la torcia. Sami propone di «non portare la Play, perché emette radiazioni la TV e quindi rovinerebbe il posto»; inoltre propone di «non portare né bazooka né la pistola né fucile a canna corta né a canna lunga». Massimiliano: «Non tagliare gli alberi perché sennò rovini l’isola». «Però si deve per farsi la casa», dice Simone. Allora una bambina stabilisce un principio generale, secondo cui occorre «cercare di non rovinare il più possibile la natura: ma per costruirci la casa, il nostro habitat, dobbiamo avere il materiale». Zoe è d’accordo con chi non porterebbe telefonini e videogiochi. Jacopo non porterebbe tutte quelle robe con il fuoco, le armi da fuoco eccetera. Samuel ribadisce: «Mi sembra giusto [non portare cellulari]»… per la paura che gli adulti poi non diano attenzione ai bambini. Il cellulare diventa un problema «sopratuttto se ti piace tanto», dice Simone.

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Segnalo qui di passaggio un modo in cui viene dibattuto l’argomento in altri contesti

In un numero sull’evoluzione umana, la rivista Le Scienze ha dedicato alcune pagine alle prospettive future della nostra specie. Qui, nell’articolo-intervista intitolato Il primate in rete, la psicologa Sherry Turkle ha sostenuto la tesi controintuitiva secondo cui le tecnologie “sociali” ci starebbero rendendo “meno sociali” (S. Turkle, intervistata da Mark Fischetti, Il primate in rete, «Le Scienze», 555, novembre 2014, pp. 101-103). Non si tratta di una cosa da poco, dal momento che la studiosa è considerata tra le massime esperte sugli effetti delle tecnologie digitali e, per le sue ricerche, è stata definita “antropologa del cyber-spazio”. Seguendo l’intervista, si trova la seguente domanda diretta sul tema: «Uno dei motivi dell’ascesa degli esseri umani è che funzionare per gruppi dà più possibilità di successo a ciascun loro membro. Lo spostamento verso la vita online metterà a rischio questi vantaggi?». Turkle risponde: «[…] il problema è proprio questo. Stiamo mettendo in pericolo il nostro vantaggio competitivo o lo stiamo aumentando? Molti miei colleghi direbbero che lo stiamo migliorando. Internet ci offre nuovi modi di stare insieme e formare alleanze. Ma credo che ci troviamo a un punto di flessione. Mentre ci innamoravamo del virtuale, abbiamo trascurato i luoghi in cui viviamo davvero. Dobbiamo trovare un equilibrio tra il fascino del virtuale e le realtà in cui viviamo, nel nostro corpo e su questo pianeta. È molto facile per noi guardare dall’altra parte. Vogliamo muoverci e migliorare le nostre comunità reali?» (ivi, p. 103). Un aspetto problematico della risposta, consiste nella contrapposizione tra “reale” e “virtuale”, tra l’essere “online” e l’essere “offline”. Più che il dualismo e la contrapposizione tra le due dimensioni, si tratta oggi di comprendere come queste si intersecano e possono coevolvere. Quando alla domanda se stiamo andando verso il meglio o verso il peggio rispetto all’esistente, i margini di cambiamento tuttora possibili impediscono di rispondere in modo definitivo, anche perché non esiste una sola via in cui andare e la via viene fatta, per così dire, “camminando”. Cfr. S. Turkle (2012), Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri (2011), trad. it., Codice Edizioni, Torino

Ma si potrebbe imparare a usarli bene, questi strumenti tecnologici dotati di schermi? Si può? Oppure sono più forti di noi? Oppure l’uso che ne facciamo si è talmente radicato in abitudine, che non sapremmo usarli altrimenti. Samuel: «Sarebbe anche meglio portarli, per guardare come si fa una casa o una zattera». «Beh, serve anche per cercare le informazioni, ma rischiamo anche di rimanere imbambolati», dice Martina. Ayisha: «Ma in questa isola appena trovata non ci sono pali del telefono». Simone: «Però a una cosa i telefoni su quest’isola possono servire tantissimo»… «Per chiamare i soccorsi?», chiede Sami. «Quello che ha detto Sami. Perché se metti un messaggio in una bottoglia e lo metti nel mare, forse ci impiega anche due settimane per arrivare a riva. E col telefono [arriva] subito. Però non [è così] se si è troppo lontani o cade la linea». Greta: «Io dico che si potrebbe ben portare i telefoni, però i videogiochi e queste cose no, non servono». I bambini dicono di essere disposti a rinunciare ai videogiochi sull’isola, per i motivi più diversi. Samuel pensa ad esempio a questa situazione: «Perché non so, se tu sei il capo del villaggio e ti stanno per attaccare e tu sei imbambolato…». L’esempio richiama all’esigenza di essere vigili, su quest’isola, in relazione ai pericoli che potrebbero esserci. Ma c’è anche l’aspetto, già toccato dell’attenzione che ci si dovrebbe dedicare reciprocamente. Elisa: «Tipo se la mamma ti chiede un favore e tu non gli dai ascolto…». Non è bello. Queste tecnologia possono portare a non darsi ascolto. Martina suggerisce un’altra cosa: «Che potremmo anche andare all’avventura e esplorare tutta l’isola. Quindi anche là ci divertiamo, invece di stare attaccati ai videogiochi, che non scopriamo niente. Per esempio facendo lo stesso livello che non riusciamo a superare». A forza di giocarci «ti vengono i crampi sulla schiena», dice Simone. Vengono anche al collo o problemi agli occhi, dicono altri.

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Martina: «[Sull’isola] si ha la possibilità di esplorare e di divertirsi anche con la fantasia: per esempio trasformare la natura in un paesaggio che si vuole, invece di stare là e sempre [davanti ai videogiochi]». Qui non si fa, anche se si abita in mezzo alla natura, «per tutti gli impegni e le cose del genere: per esempio hai dieci minuti di tempo e non fai in tempo ad andare nel bosco e poi hai subito un altro impegno quindi non ti conviene andare [nel bosco a esplorare]». Quindi questi dispositivi dotati di schermo – utili a fare chiamate, a connettersi con gli amici sui social network o a fare videogiochi – si usano per distrarsi tra un impegno all’altro… Un bambino è incerto: «perché a me piaccono troppo i videogiochi…». «Non vale la pena che li porti, perché poi si stanca la batteria e non ci sono prese per ricaricarla». Non si possono portare pali della luce in mezzo all’acqua. «però ci giocherei dieci minuti al giorno». Jacopo: «Io non li porterei perché sennò invece di andare a esplorare l’isola stai là imbambolato con i videogiochi». Massimiliano: «Non li porterei, perché sennò non esploro niente e poi quando arrivi a casa dici che ti sei annoiato tantissimo». Sami osserva che «si possono anche portare libri per le informazioni» [la possibilità di reperire informazioni erano uno dei motivi che Samuel citava a favore delle nuove tecnologie digitali: resta da riflettere sul differente accesso alle informazioni consentito da uno schermo collegato a Internet o da un libro. Quanti libri può contenere un normale dispositivo?]. In conclusione, telefoni, tablet e simili si possono portare soltanto per chiamare o per le informazioni. «O sennò ti porti un telefonino che c’è solo la cosa dei messaggi che è l’unica cosa che ti serve», dice Simone. O per le informazioni, dice Greta. O sennò per Google, dice Simone. «E niente PlayStore», precisa Sami. Sulle abitazioni Dopo avere inserito tra i primi bisogni anche scuola, famiglia e animali domestici, si inizia a discutere di come si potrebbe abitare sull’isola: come e dove andranno costruite le abitazioni? Sami: «Ce li inventiamo molto diversi [gli edifici]. Per esempio una casa fatta a scalini, rivolta a testa in giù, senza gravità». Simone: «Io direi di fare un villaggio tutti insieme, in una pianura, così si è più sicuri; ché se per caso dal bosco arrivano orsi, lupi… ci aiutiamo tutti insieme a combatterli». «Nella radura così ci sono meno animali feroci». Martina: «Io per esempio farei una specie di paese. Però se dobbiamo viverci come comunità, farei tanti paesini piccoli sparsi per l’isola e poi li farei cercando di risparmiare ad esempio il legno e cose del genere». Un’esigenza da tenere in considerazione sarà quella di risparmiare spazio. Elisa suggerisce «di fare delle case con le foglie delle capanne e di metterle in alto, così se vengono dei soldati almeno siamo in alto e qualcuno si arrampica sugli alberi per vedere». L’idea piace anche a Martina. Massimiliano, che è d’accordo con l’idea di abitare in un villaggio, propone di costruire palafitte: «Puoi costruire le palafitte, quelle sull’acqua, così non ti possono attaccare». Jacopo: «Anche a me piace l’idea di fare la casa sull’albero, come hanno detto la Martina e Elisa». E gli piace anche l’idea di abitare tutti vicini. Anche Zoe la pensa così: meglio abitare «con tutti gli altri», «perché così ci aiutiamo a vicenda». Questa sottolineatura sull’esigenza di aiutarsi a vicenda riprende quanto suggerito inizialmente da Simone. Samuel propone poi di «fare delle mura»: «intorno al villaggio, per difenderci dagli attacchi». Tutti sono d’accordo. «Questo è uno dei migliori sensi di protezione», osserva Simone. Riprendendo la proposta di Martina, di fare villaggi come piccoli paesini sparsi per l’isola, ne conseguirebbe anche questo: «Così almeno per esempio se sei in un lato nell’isola e l’altro villaggio è nell’altro lato, per esempio con i telefonini per mandarsi i messaggi importanti uno può dire: “Attenzione, qui c’è un lupo! Potrebbe anche arrivare da voi” e quindi attrezzarsi per proteggersi».

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Sami: «Oppure [è un’idea da considerare] anche stare separati, perché se si è tutti insieme e arriva un orso uccide tutti, invece separato attacca solo da una parte e l’altro ti avvisa così cerchi di difenderti». Però stando tutti insieme si è più protetti in quanto ci si aiuta a vicenda. Presto viene l’idea di costruire altre cose, oltre alle abitazioni. Un bambino propone a questo punto di costruire anche «un’armeria con dentro archi e frecce». Elisa: «Ci sarebbero case sugli alberi e dopo si scende e sotto la terra ci sarebbe dove si mette il cibo, così si tiene più fresco». Massimiliano: «Avere dei depositi sotto le case per tenere tutte le armi per difendersi dagli orsi e dai lupi». Martina: «Dei mulini per andare anche a macinare il grano, che serve… e anche, come ha detto Sami, per l’energia, per esempio dei mulini ad acqua». Massimiliano aggiunge che serviranno mulini e forni «per poter fare il pane e i cereali di grano». Ayisha: «Per passare il tempo certe persone fanno come delle guide, che possono mandare a gruppi le persone a esplorare il bosco». Elisa immagina di «fare dei giochi per passare del tempo, così se è d’inverno e non puoi uscire puoi giocare con quelli». Simone vorrebbe anche «dei posti per costruirsi giochi». Per costruirli da soli: non negozi di giocattoli già costruiti e confezionati. Elisa sogna anche di costruire edifici «dove trovarsi insieme con tanti giochi». Greta pensa a un’altra cosa: «Se ci sono dei paesini un po’ sparpagliati nell’isola, si può fare delle stradine per attaccarsi ai paesi… ma no, non d’asfalto, come le stradine del bosco». Non servirebbero le macchine. Ci si sposterebbe in altri modi. Martina: «Per esempio con la bicicletta, che non inquina, [con la quale] però fai molto più veloce che andare a piedi». Massimiliano aggiunge che sarebbe opportuno «costruire una falegnameria, così puoi costruirti una macchina di legno». Simone: «Io ho due mezzi di trasporto che non inquinano. Una è una slitta di legno, da spingere fino a quando non trovi una discesa e poi scivoli giù. E anche la macchina di legno che ha detto Massimiliano… fai un buco sotto [e la spingi]», così non servono la benzina e il petrolio. Elisa immagina subito dei percorsi per scivolare fatti con tavole foglie e legno e con certi sassi attaccati insieme con il cemento. Ma forse la macchina di legno non è una buona idea. Martina nota infatti che «se devi fare la fatica tu ad andare, ti conviene andare a piedi». Simone ci ripensa e abbandona l’idea. Si torna al tema della difesa con Sami: «Oppure puoi anche scavare tunnel e mettere sotto una botola perché così se ci attaccano [ci difendiamo]». Jacopo condivide quanto è stato detto: l’aspetto che l’isola sta prendendo lo convince. Samuel aggiunge che si dovrebbero «fare un porto e una miniera». A chi non lo sa, precisa che il porto è dove si mettono le navi: dove le navi possono arrivare e ripartire. Un bambino a questo punto pensa a una situazione di pericolo: «Se ci attaccano i pirati che ci vogliono uccidere, se hai due case, distruggono una casa e tu vai in una miniera e ti puoi difendere». L’idea che prevale è che ogni famiglia abbia una propria casa. Martina: «Per esempio, le case grandi per le famiglie. Poi per ogni paese una casa grande per i bambini o i ragazzi, dove si può stare tutti insieme, giocare e fare le proprie cose». Da queste parti non ci sono delle case così. Le regole o le leggi dell’isola. Simone inizia l’elenco riprendendo l’indicazione sulle cose più urgenti da fare una volta arrivati sull’isola: «Appena arrivati, cercare subito riparo». E dopo? «Procurarsi il mangiare». Qualcuno osserva che queste «non sono regole: è un obbligo, se vuoi vivere». Samuel prosegue l’elenco: «Non rubare, non uccidere».

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Massimiliano: «Non andare nelle case degli altri e rubare quello che non hai [te lo vai a procurare]». Ricordiamo anche che Massimiliano ci aveva anche detto di non esagerare tagliando gli alberi: anche questa era un’indicazione traducibile in una regola. Jacopo: «Costruirsi una casa». Più precisamente, l’idea è quella di costruire una casa per tutti. Elisa: «Se qualcuno attacca, difendere insieme. E se qualcuno muore durante la battaglia, curarlo… [curarlo se è ferito]. Non è che uno sta lì, se ci sono dei soldati che attaccano, e dice “io non faccio niente”. Ognuno dà la disponibilità per difendere l’isola». Greta: «Beh, io credo che bisognerebbe fare una regola che non si dovrebbe fare male agli animali; solo se… abbiamo bisogno da mangiare. Sennò non abbiamo nessun… non dobbiamo ucciderli». Ayisha: «Cercare di andare tutti d’accordo». Martina: «Come ha detto Ayisha, cercare di andare tutti d’accordo. E, per non rubare, essere pacifici gli uni con gli altri e essere tutti amici e non danneggiare la natura se non ce n’è bisogno». Sami: «La stessa cosa che ha detto Samuel, non rubare e non uccidere». Zoe: «Non uccidere troppi animali, solo se ti serve da mangiare». Capita che le regole, anche se ci sono, non vengano rispettate. Che fare in questo caso, sull’isola? Pensando a chi non rispetta le regole, Martina ha alzato la mano in un millesimo di secondo: «Cercando di farlo ragionare e, se non ragiona, o cercare di mandarlo via dall’isola, oppure mettendolo in prigione per un tot di tempo e tenendolo sempre bene: non come in certi film che non gli danno da mangiare e cercando pian piano che ragioni». Ayisha: «Come ha detto lei, se qualcuno non rispetta le regole metterlo in prigione; ma se quando poi viene liberato di nuovo continua, mandarlo via dall’isola». Elisa: «Se qualcuno danneggia le regole, gli spieghiamo; però se continua o gli diciamo: “Adesso non puoi più star qua perché non le rispetti”, o sennò va via come ha detto dalla barriera di muro e va dall’altra parte del ruscello a vivere». Si richiamano qui le mura a protezione del villaggio di cui aveva detto Samuel. In questo caso, chi non rispetta le regole viene mandato dall’altra parte dell’isola, «dalla parte più piccola» precisa Sami. Greta: «Io penso che se uno non rispetta la regola bisogna dirgli che non si dovrebbe fare e dovremmo tenerlo d’occhio. Se lo fa ancora, come dice Ayisha e Martina, dovremmo cacciarlo via dall’isola». Sami: «Però se non rispetta le regole e tutti gli dicono di andare via dall’isola, potrebbe anche ucciderli visto che non rispetta le regole. [Quindi suggerisco] quando [qualcuno] non rispetta le regole o di chiamare la polizia e cacciarlo dall’isola o metterlo in galera per sempre». Simone: «Io dico che se non rispetta le regole, lo facciamo ragionare; ma se non ragiona e continua a non rispettarle, o si caccia dal villaggio e si deve costruire un’altra casa [in un altro punto dell’isola] o si mette in galera o si caccia da tutta ma proprio tutta l’isola». Jacopo: «Se non rispetta le regole, lo facciamo ragionare; se non ragiona, come hanno detto Ayisha e Martina lo mandiamo via dal villaggio e lui si deve costruire un’altra casa». Massimiliano: «Gli dico quella cosa che ha detto Simone…». Martina: «Però, come ha detto Simone, se lo cacciamo dal villaggio e si deve costruire una casa da solo, potrebbe cambiare col tempo, … per esempio dopo tanto tempo gli cresce la barba e [potrebbe] fare finta di essere un’altra persona e rientrare nel villaggio per fare del male o vendicarsi. Quindi o si caccia dall’isola, o si fa ragionare. E se non ragiona, si caccia dall’isola». Simone: «Sto per dire che sarebbe meglio dargli un’altra possibilità». Sami: «Però se continua che fai?» Simone: «Però, alla terza possibilità, se lo fa ancora, proprio si caccia». Samuel ricorda a tutti l’esigenza «di fare le leggi più importanti e quelle meno importanti. Non so: se uno uccide una persona deve essere bandito, se doveva tagliare gli alberi e ha tagliato un albero in più come punizione farlo lavorare di più».

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Mentre Jacopo ogni tanto dice di fare qualche domanda difficile a Samuel, Zoe esprime la sua idea: «Metterlo in galera e dopo, se non ragiona, mandarlo via». E qui incontriamo un problema molto difficile: l’aspirazione diffusa a “farlo ragionare”, come può essere messa in pratica? Che si deve fare? Martina: «Si fa facendogli vedere che facendo del male… come sarebbe meglio non facendo quella cosa e invece facendola come potrebbe rovinare tutto». Elisa: «Cioè, tipo dirgli: “Ok te puoi restare con noi. Però se continui la seconda, la terza, la quarta e la quinta, alla quinta basta e te ne vai via”». Simone: «Io lo caccerei anche alla terza». Ayisha: «Beh, cercare di fargli capire che se continua così nessuno lo vuole e che invece tutte le persone che rispettano le regole sono insieme e sono tutte d’accordo». Ayisha insiste ancora su questo aspetto, già evidenziato nella regola: occorre essere d’accordo e quindi trovare dei modi per mettersi d’accordo. Sami: «Tipo se lui va in giro a rubare e ti ruba il cibo e ti fa i dispetti, fare la stessa cosa con lui così capisce che non è una cosa bella e la smette». Martina: «Per esempio, non devi alzare la voce, perché così poi cambia anche l’atmosfera e rischi di non essere più pacifico… [è meglio invece] stare tranquillo e mantenere la calma». Ayisha: «Portarlo prima nella prigione, fargli vedere che è un posto brutto e tutti quelli che si comportano male finiscono là; e poi portarlo in un altro posto più bello dove ci sono tutte le persone che si sono comportate bene…» Sami interviene: «… tipo una specie di Paradiso…». Ayisha prosegue precisando questo aspetto: «No… portarlo nel villaggio e fargli vedere che tutti quelli che rispettano le regole stanno bene». Il consiglio di Elisa: «La prima volta sei gentile, la seconda un po’ no, la terza un pochino meno, alla quinta non sei proprio gentile e alzi proprio la voce alla quinta». Zoe: «Occorre provare a spiegare»… questa cosa funziona meglio «perché così dopo sta con noi e ci aiuta». Ancora una volta, Zoe sottolinea questo aspetto dell’aiuto reciproco e in modo molto sintetico tocca un punto cruciale: bisogna pensare a come fare affinché chi non ha rispettato le regole, dopo, torni a stare con noi. Provare a spiegare/spiegarsi è una condizione per reintrodurre nel “noi” chi in qualche modo ne è stato escluso. Martina aveva parlato in precedenza di un’atmosfera sbagliata «dove si rischia di litigare». Questa atmosfera va evitata. Samuel guarda la questione da un lato differente e pensa: «La prima cosa [da fare è] chiedergli perché lo ha fatto». In altre parole: bisogna risalire alle condizioni che hanno motivato il gesto contro le leggi. A questo finora non avevamo pensato: si tratta di capire il perché e di lasciare che chi non ha rispettato le leggi si spieghi. Non siamo solo noi a dovere spiegare qualcosa a lui; è anche lui a dovere spiegare qualcosa a noi. Massimiliano aggiunge che bisogna «avere calma e pazienza e spiegargli… perché così non ti arrabbi con lui». Jacopo: «Cercando di farlo ragionare». Come? Ecco un modo: «Fargli vedere delle cose, che tipo quando ha rubato» ha provocato cose brutte. La strategia punta qui a estendere la consapevolezza della persona che non ha rispettato le regole alle conseguenze o agli effetti del suo gesto. Elisa: «Come ha detto Samuel, [si tratta] di capire [il motivo del gesto]. Se una gente non aveva più il cibo, dire: “Non si ruba quando non si ha più il cibo. Diccelo a noi che te lo faremo dare da qualcuno”». Martina aggiunge: «Fargli capire che ha sbagliato e dirglielo con calma… e se non si riesce a farlo ragionare si caccia dall’isola, sempre facendolo stare bene… perché sennò esce dalla prigione e cerca di fare del male e cerca di scappare sempre per non finire nella prigione».

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Si sfiora poi la questione del denaro Martina: «Per avere un’isola senza soldi bisognerebbe essere tutti disponibili, perché per esempio qualcuno che prende delle cose… lui ha una falegnameria e fa dei mobili… lui vuole i soldi per vivere… per prendere il materiale per continuare a fare le cose… però se si è tutti pacifici l’uno con l’altro, una persona dà cibo e acqua gratuitamente e poi la persona a cui è stata data questo cibo e acqua fa dei mobili [per gli altri] e è tutta una catena». E così sarebbe meglio, secondo Martina. Elisa: «Non farei i soldi, perché tipo come tanto tanto tempo fa, vai da chi ti dà la frutta… [e gli chiedi qualcosa] in cambio di qualcos’altro». Sami pensa al baratto. Greta è d’accordo. Perché sarebbe meglio un’isola senza soldi? Secondo Simone: «Anche per me è la stessa cosa [è meglio], perché per creare i soldi ci vogliono delle fabbriche e con le fabbriche si inquina e allora è meglio gli scambi. Tipo io vado dal falegname e gli chiedo mezzo tronco [dicendo che] in cambio taglierò la legna per te». Sami ritiene che sia «meglio scambiare le cose perché tu vai ad esempio dal pescivendolo e gli chiedi due chili di tonno o di branzino e in cambio gli dai del latte per bere». Insomma, con il baratto «è tipo come spendere, ma è meglio perché è senza soldi». Martina solleva un problema: «Per esempio, se uno deve fare il baratto e le persone pretendono che quella cosa gli viene data subito, allora non è bello perché deve aspettare ancora un po’: ad esempio per fare maturare il grano e deve aspettare di prenderla invece di prenderla subito… e poi dovrà restituirgli il favore». Ayisha preferirebbe comunque il baratto, «perché tanti problemi che ci sono nel mondo sono causati dai soldi. Quindi se avessimo il baratto non avremmo tanti problemi». Elisa: «Il baratto è meglio. C’è un contadino che deve vendere troppo grano e un falegname che ha troppo legno: il falegname vende un po’ di legno al contadino e il contadino un po’ di grano, così tutti e due hanno venduto qualche cosa e senza pagare si sono presi quello che volevano». Greta: «Però se tipo il falegname al mulino gli dà un po’ di legno e lui dovrebbe dargli un po’ di paglia, se la paglia non è ancora pronta da dargliela, allora… bisogna scriversi quello che… lo scambio, così si ricorda a chi deve dare». Riprendendo il problema sollevato da Martina e la sua idea, Greta contribuisce a delineare un sistema di baratto in cui è previsto lo scambio differito. Samuel aggiungerebbe ancora qualcosa, per fare funzionare il sistema: «Dare un prezzo alle cose. Nel senso, non so: mettere una legge che per un chilo di grano devi dare due pezzi di carne…». Gli scambi dovrebbero essere garantiti, per non litigare sulle equivalenza (cosa vale cosa?). Jacopo è d’accordo e ritiene che così si vivrebbe meglio: con uno scambio regolato, in cui sia chiaro cosa si deve avere in cambio di qualcos’altro. Quanto al denaro, fa venire voglia di rubare. Tra tutti i presenti, soltanto Massimiliano vorrebbe mantenere nell’isola il denaro: «così ti potresti comprare le cose per vivere». Secondo Massimiliano il denaro funziona meglio del baratto e degli altri sistemi di scambio. In fondo, anche il denaro è un mezzo di scambio ed è stato definito come l’equivalente universale: un oggetto che può essere scambiato con qualsiasi altra cosa perché tutti concordano sul suo valore. Il problema, rilevato qui da alcuni bambini e anche in altre città, è che il denaro fa venire voglia di avere sempre di più: si presta ad un’accumulazione che per altri oggetti e beni non sarebbe propriamente possibile. Greta propone allora una specie di sperimentazione: «Si potrebbe fare… [nell’isola] ci sono diversi paesini: allora si potrebbe fare che in un paesino si scambia e in un paesino c’è il denaro… e se [uno dei due sistemi] non funziona tanto, allora potrebbero [fare] la stessa cosa, [quella che funziona], dell’altro paesino». Simone: «Però se proprio vuoi i soldi devi provare a crearli senza inquinare. Li puoi fare con il sasso, non con la fabbrica, che inquina». In questo caso non mancano le scomodità, rilevate subito da Sami: «Se vinci all’Enalotto, come fai a portarteli a casa [i soldi], con la gru?».

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La questione del governo Non tocchiamo direttamente la questione del governo, che è stata sollevata in una forma classica dal “padre della storia”, Erodoto. In lui si trova il primo confronto tra pregi e difetti delle forme di governo basate sul potere dei molti, dei pochi o di uno solo [nelle Storie, III, §§80-82, dove Otane, Megabizio e Dario sostengono rispettivamente il governo del popolo (plēthos archon, 80,6), l’oligarchia (oligarchíē) e la monarchia (mounarchíē)]. Qui i naviganti verso l’isola di utopia stanno prendendo decisioni insieme e stanno provando anche il gusto di farlo. Seguendo l’esigenza sottolineata da Ayisha – mettersi d’accordo – stanno praticando o optando di fatto per una sorta di democrazia basata sullo scambio di idee, sulla libertà di parola e sul rispetto delle idee di minoranza (vedi il caso appena citato del denaro e della posizione di Massimiliano al riguardo). Gli adulti Consideriamo l’opportunità della presenza degli adulti sull’isola, ricordando un problema sollevato da Platone nella sua Repubblica (VII, 540d): secondo il filosofo, il modo più rapido e facile per attuare una nuova costituzione consisteva nell’applicarla in una città abitata da cittadini che non avessero superato i dieci anni d’età (dunque, prossimi all’età dei bambini che stanno ora conversando sull’utopia). Ciò che per Platone costituiva un problema era, in particolare, il pensiero che gli adulti avrebbero portato nella nuova polis le vecchie abitudini, impedendo di fatto di realizzare la nuova costituzione e di fondare una città veramente giusta, migliore di tutte quelle esistenti. Martina: «Gli adulti di solito sanno molte più cose [di noi], anche se hanno altre cose da imparare. Potrebbero aiutarci a difenderci e ci insegnano anche delle cose che al momento a noi non ci vengono in mente. Però sono stati gli adulti che hanno inventato le tecnologie, quindi servono, però cercando di non…». «Non usarli troppo», dice un bambino; «che non portino dentro cellulari», o il cemento, dicono altri. Sami aggiunge una considerazione: «Se ci sono i papà che fanno i muratori, si portano dietro le betoniere e asfaltano dove c’è il bosco e costruiscono le macchine e alla fine diventa non più un’isola ma tipo una città». Sami ancora: «Poi sono gli adulti che vanno in giro a rubare per i soldi». «O fanno andare i bambini a rubare…», aggiunge qualcuno. «Ma gli adulti ci servono sì, perché se viene qualcuno a rubare, gli adulti sono maggiorenni e possono fare qualcosa, mentre noi siamo piccoli e non possiamo fare niente.». Quindi per Sami, la presenza degli adulti «da un lato andrebbe bene e dall’altro no, perché rovinano l’ambiente». Elisa: «Gli adulti possono venire, basta che gli diciamo che devono rispettare le regole. Tipo si fa una scuola dove ci insegnano cosa mangiare: cosa sì, cosa no, come si fa e a distinguere tutto, se ne vanno dall’isola». È meglio «perché sennò come ha detto Sami possono un po’ renderla brutta [l’isola]». Ayisha: «Secondo me gli adulti ci dovrebbero essere, però lasciarci un po’ più di libertà e non dovrebbero danneggiare l’ambiente come fanno con le fabbriche…». Secondo i bambini, alcuni adulti ce la farebbero a cambiare abitudini: «Però [dovrebbe essere] un’isola come se fosse dei bambini e gli adulti [come fossero] ospiti, praticamente». Martina: «Come abbiamo detto prima che c’era la regola di non usare troppo la natura, questa se gliela imponiamo potrebbero rispettarla: per fare ad esempio la città, devono modificare il posto e farlo tutto pianeggiante o senza alberi…». Jacopo: «Li portiamo, però dopo ci insegnano tipo a fare una scuola dove ci insegnano a mangiare… e poi mandarli via». Quindi condivide l’idea di Elisa: si mandano via, «perché sennò tipo fanno diventare l’isola una città».

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Come se la saranno immaginata i genitori quest’isola? L’hanno immaginata come una città. «Mi sa di sì…», dice Jacopo: ci hanno fatto una specie di città. Ci saranno, dicono anche altri, tecnologie, macchine, ladri, semafori. Massimiliano la pensa così: «è meglio che non vengano. Perché sennò, se magari fanno finta di essere buoni e invece sono cattivi, magari ci derubano». Ci vorrebbero al massimo pochi adulti. Un maestro ad esempio. Ayisha: «Secondo me sull’isola degli adulti ci sono tutte le comodità che hanno anche qui, perché secondo me sono più pigri di noi». Elisa: «Forse gli adulti, non è che dobbiamo pensare che gli adulti fanno sempre cose, che trasformano tutto in città e così. Forse hanno fatto una isola bella… più bella della nostra… Mi sa che hanno fatto un’isola normale con delle capanne. Sì, però sarebbe bello se i genitori venissero a vivere con noi, ma mettiamo la regola di vivere nelle capanne, così sarebbe più libero». Martina: «Secondo me sarebbe un miscuglio [l’isola degli adulti], perché alcuni possono essere anche pigri e quindi cercano le comodità che abbiamo adesso, però pensano anche a un mondo migliore: perché tipo con la mia famiglia si parla anche quando si guarda il telegiornale che ci sono dei problemi nel mondo… [e gli adulti desiderano un mondo migliore]». Simone: «Voglio dire che secondo me nel mondo degli uomini ci sono anche tante fabbriche, inquinamento, che siccome loro vogliono avere soldi… a dire la verità, se nella natura i soldi non valgono niente…». Ma sull’isola i soldi non valgono niente! Quindi il comportamento potrebbe essere diverso! Quanto a Zoe, non ha dubbi: gli adulti sull’isola dovrebbero esserci eccome! Pensando all’isola immaginata dagli adulti, in sintesi, soltanto un bambino pensa che ci siano le industrie e le fabbriche; in 4 pensano che si siano tantissime automobili (1 poche, 5 che non ci siano); tutti pensano che gli adulti abbiano pensato all’agricoltura, mentre 7 pensano che ci siano telefonini, cellulari e tecnologie esattamente come ora. Stranieri in arrivo Mentre discutiamo di queste cose, succede una cosa imprevista. Un giorno alcuni bambini salgono sulla vetta più alta della montagna con di cannocchiali e binocoli per scutare il mare. A un certo punto, vedono in lontananza una nave: capiscono che si sta avvicinando all’isola, portando un buon numero di persone – uomini, donne, bambini – sconosciute. Che fare? Che fare? Ecco alcune idee: Simone: «Aspettiamo che arrivino e quando sono arrivati gli chiediamo: “cosa avete intenzione di fare su quest’isola?”. Se la loro opinione è brutta, allora diciamo che non possono stare qui. Ma se la loro opinione è bella e vogliono stare con noi e non vogliono fare male alla natura, li facciamo stare con noi». Ayisha: «Aspettiamo che la nave arrivi, vediamo chi sono e cosa vogliono fare, cerchiamo di capire perché sono arrivati fino alla nostra isola e, se avevano dei problemi, allora li accogliamo; però devono rispettare le ns idee e se non le rispettano li mandiamo via». Elisa: «O sono delle persone che sono andate via dalla guerra [immigrati…] e se hanno tipo delle ferite li curiamo e li aiutiamo finché stan meglio e dopo, quando stan meglio, vediamo se sono brave persone o no; se vediamo dopo un po’ che qualcosa sparisce li mandiamo via». Però altri richiedono una precisazione: non si mandano via gli innocenti. Non si generalizza: così, riprende Elisa, «se è soltanto uno [a rubare], lo mandiamo via. Se sono soltanto tre buoni, quei tre ce li teniamo e gli altri li mandiamo via». Jacopo: «Facciamo arrivare la nave, poi vediamo chi sono e cerchiamo di capire se sono cattivi o buoni: se tipo sono cattivi li mandiamo via, se sono buoni e hanno delle ferite e vengono dalla

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guerra li curiamo; poi se tipo tre sono buoni li teniamo quei tre e gli altri li mandiamo via». Come si fa a capire se sono cattivi o no? Sami suggerisce di procedere così: «Guardando se rubano… se rispettano le regole e se sono amichevoli oppure no… se vanno in giro». Si potrebbe anche fare un test, secondo Simone: «Si prende del cibo e si mettono in fila. Se uno sta lì fermo e non prende il cibo, vuol dire che è innocente; ma se uno subito va a prendere il cibo e scappa vuol dire che è colpevole». Massimiliano fa così la sua ipotesi: «Forse vengono ad esplorare la nostra isola… li accogliamo e se sono cattivi li mandiamo via e se sono buoni forse li teniamo». Quanto al test: «Quando è notte, mentre dormiamo, forse ci vogliono rubare delle cose o forse no. E quando la mattina ci svegliamo guardiamo se ci hanno rubato delle cose». Si verifica cosa succede di notte. Samuel: «Anch’io farei un test»… «gli farei delle domande». Sami: «Delle prove di resistenza a chi resiste a soldi e cibo». Ayisha: «Proverei a farli rimanere sull’isola per due settimane: la prima settimana metterei sempre qualcuno che fa la guardia e la seconda no. Se la prima settimana non succede nulla, con la guardia, e la seconda settimana quando non c’è nessuno che sta a controllare sparisce cibo e vestiti e cose così, allora li mandiamo via, altrimenti no». Martina: «[Io farei] tipo come ha detto Samuel delle domande. Poi come ha detto Sami un test. Poi la notte proviamo a vedere se succede qualcosa e se non succede niente proviamo a vedere come reagiscono. Uno si prende l’incarico di fare finta di rubare: ruba delle cose, però lo sa tutto il villaggio tranne quelle persone che vengono derubate, per vedere come reagiscono…». L’idea è questa: «Rubare qualcosa a loro, che gli sarà restituito…». Elisa: «Invece quel test che ha detto lui [Simone] non è proprio così giusto: perché se una persona resta là e non fa niente [nella fila per il cibo] può darsi che la notte rubi». Può darsi che finga… che prenda un arco e uccida una persona e rubi. Elisa: «O sennò si deve fare tanto oro, nella miniera che ha detto Samuel, e così se uno ne prende un po’… quelli che rubano, quelli che lo han preso, li mandiamo via… prima li mettiamo nelle camere di sorveglianza e se poi non succede nulla li togliamo». Zoe, con poche parole, dice la sua pensando a un altro test: «Vediamo se sono cattivi o buoni: mettiamo dei soldi in una ciotola e poi vediamo se ce li rubano o meno». Sami condivide: «Noi ci nascondiamo e guardiamo così non pensano che ci siamo e mettiamo delle telecamere e guardiamo quello che ruba, perché pensa che non ci sia nessuno». Le telecamere, sottolinea Elena, devono essere nascoste. Il problema dei muri è cosa attuale… Cfr. dati di maggio 2016 sugli Italiani e non solo. http://www.demos.it/a01257.php

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Altre idee sparse e consigli per gli adulti, per tutti gli adulti che vogliono un po’ contribuire all’utopia Massimiliano: Non costruire troppe fabbriche, sennò farebbero troppo fumo e la natura farebbe diventare l’aria sporca. Cambiare l’abitudine di costruire fabbriche e non inquinare la natura. Simone: Potete venire solo se non inquinate. Noi vi accoglieremo con tanto amore. Sono stati gli adulti a costruire le fabbriche… Perché? Perché avevano bisogno di case, cemento, mattoni di macchine. Sull’isola no [non si dovrebbe fare così], perché potrebbero inquinare ed anche molto Zoe: Per passare il tempo si potrebbe giocare con gli altri. Consigli per gli adulti: non buttare le carte per terra… è brutto e ogni tanto si trovano. Non stare tanto a guardare il telefono… ché si rovinano gli occhi. Martina: Ricordarsi di non fare la guerra, di rispettare gli altri, di essere sempre pacifici. Cercare di non cambiare le nostre regole [dell’isola] perché, anche se noi siamo piccoli, abbiamo comunque molte idee intelligenti e geniali. Difatti in alcuni luoghi si dice che i piccoli sono molto più intelligenti degli adulti. Tra tutte le idee che abbiamo immaginato, quale provare ad “agganciare” nel mondo in cui viviamo? 1. Cercare di essere sempre pacifici in modo da non fare la guerra, rubare, uccidere; 2. Togliere il troppo inquinamento, l’effetto serra sta facendo aumentare caldo appunto per l’inquinamento; 3. Adesso stanno cercando di fare nuove auto per inquinare di meno… questo processo funziona molto lentamente… Proseguire così, ma forse stiamo andando troppo lentamente rispetto alla gravità della situazione. Elisa: Le case sugli alberi, portarle qui… Una sola per me potrebbe bastare. Agli adulti: Non danneggiare la natura… (es. cacciano gli animali dove non si dovrebbe)

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Jacopo: Le case sull’albero, portarle qui. Agli adulti: Non inquinare l’ambiente e non rovinare la nostra isola. Direi che non portano asfalto e che non fanno robe brutte che noi non vorremmo che loro le facessero. Farei una scuola dove insegnerebbero tante cose: dopo gli adulti potrebbero andare via. Ayisha: portare dall’isola a qui le capanne del villaggio, fatto con legno e tetto di foglie; per bambini e anche adulti. Agli adulti: non inquinare l’ambiente, non portare tanti telefoni… o tanta tecnologia, perché se no poi si imbambolano e non andiamo a esplorare l’isola o a divertirci all’aperto… Lasciare più liberi i bambini e non mettere troppe regole… Lasciare l’isola a noi bambini e devono ascoltarci… Sami: portare dall’isola a qui: l’idea che non ci siano i soldi sarebbe la cosa più bella, perché ci sono ladri poveri e ricchi e non tutti sono felici con i soldi. Poi sarebbe bello avere il mare non inquinato; sarebbe bello non avere fabbriche, armi da fuoco e assassini. Agli adulti: Le regole sono di non cacciare senza alcun motivo, di non tirare i rifiuti nel mare… e di buttarli nel bidone; di non uccidere e non rubare… Non fare strade di asfalto e farle di ghiaia e di argilla… Non usare il petrolio in modo sbagliato; agire senza inquinare. Quanto ai telefonini, usarli poco, perché non danno mai ascolto agli altri; stanno lì imbambolati a non far niente a scrivere o a giocare. Non bere alcol e non fumare, perché poi si rovinano la vita. Samuel: Non usare troppa tecnologia… non inquinare troppo… non uccidere, non rubare… essere tutti bravi con gli altri e non ammazzare troppi animali… usare poche armi, non tagliare troppi alberi, non mettere fabbriche… Agli adulti in particolare: dare più buon esempio e cercare non essere avidi. Greta: Non bisogna tanto uccidere gli animali se non è necessario. Agli adulti: Non bisognerebbe portare i telefoni e poi il computer; perché non servono tanto e le macchine inquinano. Gli adulti si imbambolano: continuate a guardare il telefono, il computer e poi noi diciamo cose che voi neanche sentite… A volte sono impegnati e non mi ascoltano perché stanno facendo qualcosa di importante [in questo caso si può capire]. Ma solo certe volte è così.