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UNIVERSITÀ DEL SALENTO FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA IN FISICA Test del nuovo "front-end" dell'esperimento Auger Laureando: Angelantonio De Benedetto Relatore: Prof. Giovanni Marsella Anno Accademico 2013-2014

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UNIVERSITÀ DEL SALENTO

FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI

CORSO DI LAUREA IN

FISICA

Test del nuovo "front-end" dell'esperimento Auger

Laureando:

Angelantonio De Benedetto Relatore: Prof. Giovanni Marsella

Anno Accademico 2013-2014

Indice INTRODUZIONE 1 I RAGGI COSMICI 1.1 Extensive Air Showers 1.1.1 Il modello di Heitler di sciami elettromagnetici 1.1.2 Hadronic Showers 1.2 Metodi di rivelazione 2 L'OSSERVATORIO PIERRE AUGER 2.1 Ricostruzione dell'evento sciame con gli FD 2.2 Ricostruzione dell'evento con gli SD 2.3 Elettronica del rivelatore di superficie 2.3.1 Calibrazione del rivelatore di superficie 2.3.2 Sistema di trigger del rivelatore di superficie 3 TEST DEL NUOVO FRONT-END 3.1 Architettura dell'interfaccia di "front-end" 3.1.1 L'ADA4927 3.1.2 Filtro anti-aliasing 3.1.3 L'AD9628 3.1.4 Inserimento della tensione di offset 3.2 Acquisizione del segnale dal PMT 3.2.1 Sistema di acquisizione 3.2.2 Acquisizione e risultati 3.3 Verifica del funzionamento dell'ADC 3.4 Calibrazione dell'ADC 3.5 Nuovo circuito con front-end e ADC sulla stessa board CONCLUSIONI Bibliografia

INTRODUZIONE I raggi cosmici furono scoperti nel 1912 dallo scienziato Victor Hess che a bordo di un pallone aerostatico effettuò varie misurazioni sulla naturale radioattività della Terra. Hess riuscì così a registrare la presenza di particelle cariche sino ad una quota di circa 2000 metri, osservando che il livello di ionizzazione diminuiva con l’altitudine. Al di sopra dei 2000 metri, però, egli registrò un aumento della radiazione ionizzante, e osservò tale fenomeno fino alla massima altitudine raggiunta dal pallone aerostatico, circa 5350 metri. Hess pensò che quell’aumento fosse la conseguenza di radiazioni che entravano nell’atmosfera dallo spazio. Fece un esperimento durante un’eclissi solare e scoprì che i valori non diminuivano: quindi le radiazioni dovevano provenire da qualcos’altro che non fosse il sole. In effetti, noi oggi sappiamo che molta parte di questa radiazione cosmica ha origine ben oltre il sistema solare. Negli anni Trenta il dibattito intorno alla natura dei raggi cosmici si fece più acceso: secondo la teoria di Robert Millikan essi erano raggi gamma provenienti dallo spazio (da qui il nome di raggi cosmici), ma nuove prove dimostravano che essi in realtà erano particelle energetiche. Nel 1938, Pierre Auger, che aveva posizionato dei rilevatori di particelle sulle Alpi, notò che due rilevatori molto distanti tra loro, segnalavano entrambi l’arrivo di particelle nello stesso momento. Auger aveva scoperto extensive air showers, sciami di particelle subatomiche secondarie originate dalla collisione di particelle primarie di alta energia con le molecole dell'aria. Sulla base di queste misurazioni Auger arrivò alla conclusione che aveva osservato sciami con energia di 1015eV (dieci milioni di volte superiore rispetto a quelle conosciute sino a quel momento). Negli anni Quaranta proseguirono gli esperimenti sulla rivelazione della struttura degli sciami di Auger, con la costruzione dei primi array di rivelatori correlati per l'osservazione degli sciami, e nel 1949 Enrico Fermi fornì una spiegazione per l’accelerazione dei raggi cosmici. Nei primi anni Sessanta John Linsley e collaboratori scoprirono il primo raggio cosmico con energia intorno ai 1020eV nell'array di Volcano Ranch, nel New Mexico, USA. Kenneth Greisen, Vadem Kuzmin e Georgi Zatsepin dimostrarono che i raggi cosmici di alta energia interagiscono con la radiazione cosmica di fondo (CMB) che permea l'universo, scoperta da Arno Penzias e Robert Wilson, e che questa interazione porta ad una riduzione dell'energia dei raggi cosmici. Quindi, non era possibile che particelle che avevano viaggiato per distanze intergalattiche, potessero avere energie superiori a 5×1019eV. Gli esperimenti proseguirono: ad Haverah Park, in Inghilterra vennero studiati i raggi cosmici attraverso un array di oltre 200 rivelatori Cherenkov, per vent’anni dal 1967 al 1987. L’evento collegato al raggio cosmico di maggiore energia venne registrato nel 1991, quando un gruppo di ricerca statunitense, the Fly’s Eye osservò un evento di energia di 3×1020eV . Altri gruppi di ricerca, AGASA in Giappone e Yakutsk in Russia, registrarono eventi con una energia di 2×1020 eV. Nel 1995 un gruppo internazionale di ricercatori inizia a progettare un nuovo osservatorio per la rilevazione dei raggi cosmici, the Pierre Auger Project, chiamato cosi in onore dello scopritore degli air shower. Nel 1999 viene inaugurato il nuovo osservatorio, localizzato vicino alle città di Malargüe e San Rafael nella provincia di Mendoza in Argentina.[24]

In questo lavoro vengono presentati i test eseguiti sul nuovo Front End progettato per l'upgrade dell'elettronica del progetto Auger ed i relativi test effettuati. Il primo capitolo è dedicato ad una breve introduzione ai raggi cosmici, descrivendone lo spettro energetico, i possibili siti in cui possono essere generati e accellerati. Vengono poi introdotti in dettaglio gli Extensive Air Shower (EAS) analizzando nel particolare il modello di Heitler per gli scimi elettromagnetici e gli sciami adronici. Infine vengono descritti i principali metodi di rivelazione dei raggi cosmici. Nel secondo capitolo è presentato l'esperimento Auger, descrivendo in dettaglio i rivelatori impiegati e le tecniche di ricostruzione degli EAS tramite i rivelatori di fluorescenza, i rivelatori di superficie e l'approccio ibrido che attraverso la combinazione delle informazioni dei diversi rivelatori di AUGER, permette di ricostruire un sottocampione di eventi con estrema precisione. Particolare attenzione è dedicata all'elettronica dei rivelatori di superficie, essendo quest'ultima l'oggetto di questa tesi. Infine nel terzo capitolo sono descritte le caratteristiche del nuovo Front End progettato per l'upgrade di Auger, i dispositivi realizzati dal gruppo di Lecce, ed il sistema di test approntato e i risultati ottenuti in laboratorio.

Capitolo 1

I RAGGI COSMICI I raggi cosmici sono costituiti essenzialmente da nuclei carichi che hanno origine al di fuori del sistema solare. L'energie totali rivelate di questi nuclei vanno dal GeV fino ad oltre 1011 GeV. Lo spettro di energia dei raggi cosmici si estende per più di 14 ordini di grandezza, da 106 eV fino oltre i 1020 eV.

figura 1.1 spettro di energia dei raggi cosmici oltre 101 1eV moltiplicato per E2. Le posizioni del punto di ginocchio e di caviglia sono indicate dalle frecce grigie. Gli esperimenti che hanno fornito

i dati del grafico sono indicati nello stesso, cosi come l'energie raggiunte nell'esperimento del Large Hadron Collider (LHC)

La figura 1.1 mostra lo spettro di energia dei raggi cosmici per energie al di sopra dei 1011 eV. Il flusso dei raggi cosmici come funzione dell'energia, è moltiplicato per E2, per evidenziare la forma dello spettro.

Si distinguono tre zone in cui si osserva un cambio di pendenza dello spettro, in funzione dell'energia: il punto di ginocchio (knee) intorno ai 1015 eV, il punto di caviglia (ankle) a circa 3×1018 eV (3 EeV), e il punto di GZK-cut-off intorno ai 3×1019 eV. Lo spettro dei raggi cosmici segue una legge di potenza con indice spettrale α = 2.7 al di sotto del punto di ginocchio. Oltre il punto di ginocchio, l'indice spettrale aumenta con un incremento Δα = 0.3. Oltre il punto di caviglia, la legge di potenza dello spettro diventa più piatta con un valore del'indice spettrale simile a quello prima del punto di ginocchio. Quando l'energia cresce di un ordine di grandezza, al di sotto del punto di ginocchio, il flusso decresce di un fattore 50, invece oltre il punto di ginocchio, l'energia decresce di un fattore 100. Il modello standard nel campo dei raggi cosmici, prevede che le particelle aventi energie al di sotto ed intorno al punto di ginocchio, siano accelerate da oggetti astrofisici galattici, principalmente da resti di supernova (supernova remnants) e forse da forti sistemi binari (binary systems). Il punto di ginocchio è probabilmente il risultato ottenuto dal raggiungimento della massima energia di questi acceleratori. Particelle oltre il punto di caviglia, si pensa che abbiano un origine extragalattica, esse potrebbero essere accelerate da nuclei galattici attivi (AGN), da radio galasse, in gamma-ray bursts (GRB), o in altri sistemi astrofisici particolarmente energetici. Non è ovvio dove siano accelerate le particelle che si trovano nella regione oltre il punto di ginocchio e al di sotto del punto di caviglia. Probabilmente sono la combinazione di sorgenti galattiche molto efficienti. [13]

1.1 EXTENSIVE AIR SHOWERS Le Extensive Air Showers (EAS), sono cascate di particelle a seguito dell'interazione di un atomo con l'atmosfera. Dopo questa prima interazione, l'atmosfera agisce come un calorimetro di densità variabile con un spessore verticale di più di 11 lunghezze di interazione e 26 di lunghezza di radiazione. Un protone avente un valore di energia di 1019 eV che colpisce verticalmente la parte alta dell'atmosfera, produce al livello del mare (densità atmosferica di 1033g/cm2), circa 3×1010 particelle (con energia in eccesso di 200 KeV). Il 99% di queste, sono fotoni ed elettroni/positroni in un rapporto di circa 6 ad 1. La loro energia è solitamente nel range che va da 1 a 10 MeV ed essi trasportano l'85% dell'energia totale. Le restanti particelle sono muoni con una energia media di circa 1 GeV (trasportano circa il 10% dell'energia totale), pioni aventi energia di qualche GeV (circa il 4% dell'energia totale) e in piccole proporzioni, neutrini e barioni. L'area coperta dallo shower ( considerando più di 1 muone per m2) al suolo è di qualche km2. Le proprietà di base dello sviluppo della cascata, possono essere estratte da un modello semplificato dovuto a Heitler.[13]

1.1.1 IL MODELLO DI HEITLER DI SCIAMI ELETTROMAGNETICI Nel suo modello, Heitler descrive l'evoluzione della cascata elettromagnetica, come un perfetto albero binario.

figura 1.2 schema del modello di Heitler dell'evoluzione di una cascata elettromagnetica

In figura 1.2 è rappresentata schematicamente l'evoluzione di Heitler per una cascata elettromagnetica Ad ogni step tutte le particelle interagiscono e producono due particelle secondarie di uguale energia. Questa descrizione suppone che ad ogni step, gli elettroni dimezzino la loro energia attraverso emissione bremsstrahlung di un singolo fotone, mentre i fotoni producono una coppia elettrone/positrone di uguale energia. In questo semplice approccio, tutte le sezioni d'urto dei processi sono considerate indipendenti dall'energia e le perdite di energia per collisione sono ignorate. Lo step della lunghezza di interazione , nella cascata, è dato dalla lunghezza di radiazione del mezzo ( 37 g/cm2 nell'aria) come ln 2. Dopo step, il numero di particelle è 2 e la loro energia individuale è uguale a ⁄ . Questo sviluppo continua fino a che l'energia individuale scende al di sotto del valore critico, dove il rate di energia persa dagli elettroni attraverso bremsstrahlung è uguale al rate di energia persa per ionizzazione. Questa energia è circa 80 MeV nell'aria. A questo punto la cascata elettromagnetica ha raggiunto il massimo sviluppo, e il numero di particelle è dato dal rapporto tra l'energia originaria e quella critica. Questo modello semplificato, riproduce correttamente tre proprietà delle cascate elettromagnetiche:

1) Il numero di particelle al massimo sviluppo della cascata, è proporzionale all'energia del raggio cosmico primario entrante:

2) L'evoluzione della profondità massima dello sciame (shower), misurata in g/cm2 è data da

ln( ⁄ ) dove è il punto in cui ha inizio la cascata.

3) L'elongation rate, il rate dell'evoluzione di con l'energia è definito come:

2.3

è dato dalla lunghezza di radiazione del mezzo. Questo elongation rate è circa 85 g/cm2 nell'aria. Dettagliate simulazioni di cascate elettromagnetiche confermano queste proprietà, sebbene il numero di particelle al massimo sia sovrastimato di circa un fattore compreso tra 2 e 3. Inoltre il modello di Heitler prevede un rapporto tra elettroni e fotoni uguale a due, mentre le simulazioni e misure dirette di cascate, mostrano un rapporto dell'ordine di un sesto. Questo è in particolare dovuto al fatto che molteplici fotoni sono emessi durante emissione bremsstrahlung e che gli elettroni perdono energia molto più velocemente rispetto ai fotoni.[13]

1.1.2 SCIAMI ADRONICI Il modello di Heitler può essere adottato per descrivere gli sciami adronci (hadronic showers ). In questo caso il parametro rilevante è la lunghezza di interazione adronica . Ad ogni step di larghezza ln2 è dato per scontato che l'interazione adronica produca 2 pioni carichi e neutri. Mentre π0 decade immediatamente e alimenta la parte elettromagnetica dello sciame, π+ e π− interagiscono più avanti. La cascata adronica continua a crescere alimentando la parte elettromagnetica ad ogni step, fino a che i pioni carichi raggiungono un energia tale che il decadimento è più probabile rispetto ad una nuova interazione. Uno schema di una cascata adronica è mostrato in figura 1.3

figura 1.3 schema dell'evoluzione di una cascata adronica. Ad ogni step, circa un terzo dell'energia è trasferita dalla cascata adronica a quella elettromagnetica

In questo modello, la lunghezza di interazione e la molteplicità del pione (3 ) sono indipendenti dall'energia. L'energia è ugualmente condivisa dai pioni secondari. Per pioni di energia compresa tra 1 GeV e 10 TeV, una molteplicità di carica di 10 ( 5) è un valore appropriato. Un terzo dell'energia disponibile comprende la componente elettromagnetica, mentre i restanti due terzi continua come adroni. Pertanto più ci vorrà per i pioni di raggiungere il valore critico di energia (20 GeV nell'aria, al di sotto della quale essi decadono in muoni), maggiore sarà la componente elettromagnetica. Di conseguenza in lunghi sviluppi di sciami, l'energia dei muoni per decadimento dai pioni sarà piccola. In aggiunta, a causa del profilo di densità dell'atmosfera, è maggiore in alto, al di sopra del suolo che al livello del mare e sciami profondi produrranno meno muoni.

Questa positiva correlazione introduce un collegamento tra l'interazione della sezione d'urto del raggio cosmico primario con l'aria e la quantità di muoni al suolo. Per ottenere il numero di muoni nello sciame, si può assumere che tutti i pioni decadano in muoni, quando essi raggiungono l'energia critica.

2 dove ⁄ 3⁄ , è il numero di step necessari affinchè i pioni raggiungano il valore . Introducendo 2 3⁄ , (0.85 per = 5) si ha che:

⁄ .

Diversamente dal numero di elettroni, la molteplicità dei muoni non cresce linearmente con l'energia del primario ma con un rate lento. Il preciso valore di dipende dalla media della molteplicità del pione usata e dipende anche dal fatto che le interazioni adroniche sono anelastiche. Dettagliate simulazioni danno valori di compresi tra 0.9 e 0.95. La determinazione del massimo dello sciame è più complicata nel caso dello sciame adronico, rispetto al caso di sciame puramente elettromagnetico L'ampia sezione d'urto e la grande molteplicità, riducono ad ogni step il valore di , finchè l'evoluzione dell'energia di queste quantità non modifica il rate of change di con l'energia, una quantità conosciuta come elongation rate. In aggiunta, la posizione del massimo dello sciame e l'elongation rate subiscono delle modifiche anche a causa delle interazioni adroniche anelastiche. Una rappresentazione corretta del trasferimento di energia, dalla componete adronica a quella eletrromagnetica, ad ogni step, insieme ad una corretta sovrapposizione di ogni sub-showers elettromagnetico, in modo da calcolare , va oltre lo scopo di adottare un modello semplice, ma può essere fatto attraverso una simulazione. Un'approssimazione basata su un'unica evoluzione di una cascata elettromagnetica originata dalla prima interazione non è inferiore al valore di circa 100g/cm2 di una simulazione completa. Una buona approssimazione dell'elongation rate, può essere ottenuta introducendo la dipendenza dall'energia per la sezione d'urto e per la molteplicità. Consideranto la sezione d'urto protone-aria di 500mb a 1018 eV ed un tasso di variazione di circa 50mb per decade di energia, si ottiene:

≃ 90 9 log ⁄ g/cm2 Assumendo che la prima interazione origini 2 cascate elettromagnetiche di energia 6⁄ con

∝ ⁄ ⁄ per l'evoluzione della molteplicità della prima interazione con l'energia, si può calcolare l'elongation rate:

logln 2 ln 6⁄

log

oppure

9 ln 2 ≃ 62 g/cm2 Questo risultato è in buon accordo con la simulazione. La rapida variazione del trasferimento di energia negli sciami adronici fu notato da Linsley (1977), che introdusse l'elongation rate theorem il quale afferma che l'elongation rate degli sciami elettromagnetici ( ) è un limite superiore dell'elongation rate degli sciami adronici. Questa è una conseguenza diretta della grande molteplicità adronica che fa aumentare il rate di conversione di energia del primario in particelle secondarie. Per estendere questa descrizione a primari nucleari si

può usare il modello di sovrapposizione. In questo contesto, l'interazione nucleare di un nucleo con numero atomico A, è vista come una sovrapposizione delle interazione degli A nucleoni aventi energia ⁄ . Il rapido sviluppo implica che i pioni nella cascata adronica, raggiungano presto il loro valore critico, e pertanto l'aumento del relativo numero di muoni rispetto alla componente elettromagnetica. Da queste supposizione di può osservare direttamente che:

1) Gli sciami indotti da nuclei con numero atomico si svilupperanno più in alto nell'atmosfera. L'offset rispetto allo sciame prodotto dal protone è dato da:

ln

2) Gli sciami originati da nuclei con numero atomico A avranno un grande numero di muoni:

3) L'evoluzione della sezione d'urto del primario e la molteplicità in funzione dell'energia, per i nuclei, è la stessa per i protoni.

4) La fluttuazione della posizione di da uno sciame all'altro è più piccola per i nuclei pesanti che per i nuclei leggeri.

Tutti i risultati e le proprietà proposti sono qualitativamente confermate da dettagliate simulazioni.[13]

1.2 METODI DI RIVELAZIONE Le varie tecniche di rivelazione dei raggi cosmici, sono adoperate in funzione dell'energia dei raggi cosmici che si vogliono rivelare. Come si osserva dallo spettro di energia (figura 1), all'aumentare dell'energia del raggio cosmico, diminuisce il flusso. Le misure dirette sono effettuate attraverso:

palloni aerostatici satelliti

A causa della decrescita, i raggi cosmici aventi energie superiori ai 1014 eV sono difficili da misurare, attraverso esperimenti effettuati su palloni aerostatici e satelliti. Il flusso dei raggi cosmici aventi tali energie, è di circa 3 particelle per ora per steriadante per metro quadro, ( ). Andando oltre il punto di ginocchio, il flusso dei raggi cosmici scende al di sotto di poche decine di particelle per m2 per anno ( ), quindi non è più possibile rivelare le particelle incidenti sopra l'atmosfera, prima che esse interagiscano. Perciò si effettuano misure indirette della particella primaria, sfruttando gli EAS per risalire alle proprietà della particella incidente, energia, massa, carica, ecc. In queste misurazioni, l'atmosfera, agisce come un calorimetro e diventa parte del sistema di rivelazione. Quindi si deve tenere conto delle condizioni atmosferiche, le quali devono essere attentamente monitorate e registrate assieme ai dati dello sciame. Le misurazioni indirette sono effettuate da rivelatori a terra tipo:

Telescopi di fluorescenza, i quali sfruttano la luce di fluorescenza emessa molto rapidamente ed in modo isotropo, dagli atomi di azoto, eccitati dalle particelle cariche prodotte nello sviluppo dello sciame. La fluorescenza dà quattro fotoni per elettrone per metro al livello del suolo, e la luce emessa è tipicamente nel range UV di 300-400 nm.[14]

telescopi Cherenkov, sfruttano l'emissione Cherenkov in atmosfera

rivelatori di onde radio, rivelano le onde radio generate dallo sciame

array di rivelatori di superficie, i quali acquisiscono la parte dello sciame che raggiunge il suolo. Essi coprono un'area in modo direttamente proporzionale al flusso dei raggi cosmici, nella regione dello spettro che si vuole studiare. Poche migliaia di m2 sono sufficienti per la regione di ginocchio, intorno ai 1015 eV, mentre migliaia di km2, sono necessari per effettuare studi intorno alla zona di cut-off, ad energie oltre 1019 eV. La distanza tra un rivelatore e l'altro è anche in funzione del range di energia a cui si è interessati. Nel caso di raggi cosmici aventi energia di 1018 eV, i rivelatori devono stare ad una distanza tra loro, dell'ordine di 1 km.

Capitolo 2

L'OSSERVATORIO PIERRE AUGER L'Osservatorio Pierre Auger è stato progettato per effettuare studi di alta statistica sui raggi cosmici di alta energia.[1] Il progetto di collaborazione Pierre Auger, è composto da più di 500 membri provenienti da 19 diversi paesi. L'osservatorio, che è il più grande al mondo, si trova nella parte meridionale della provincia di Mendoza, in Argentina. L'osservatorio comprende diversi strumenti che lavorano in simbiosi:[2]

un array di 1660 [3] rivelatori di superficie (SD) Cherenkov ad acqua (WCD) disposti su una griglia esagonale [9] ad una distanza di 1500m ciascuno, coprente una superficie di 3000km2

26 telescopi di fluorescenza (FD), raggruppati in quattro siti. Il campo visivo di ogni telescopio ha un angolo azimutale di 30° ed un angolo in elevazione compreso tra 1.5° e 30° [4].

un subarray, l'Infill, con 71 rivelatori Cherenkov ad acqua su una fitta griglia di 750m comprente circa 30km2. Questo subarray è parte dell'estensione AMIGA

tre High Elevation Auger Telescopes (HEAT) collocato nell''unico sito di fluorescenza dedicato all'osservazioni di fluorescenza degli sciami di più bassa energia.

un subarray di 124 sensori radio (AERA, Auger Engineering Radio Array) che lavorano nel range dei MHz e coprono una superficie di 6km2

un subarray di 61 sensori radio (EASIER, Extensive Air Shower Identification with Electron Radiometer) che lavorano nel range dei GHz e coprono una superficie di 100km2

due GHz imaging radio telescope AMBER e MIDAS con rispettivi campi visivi di 14°x14° e 10°x20°

figura 2.1 Nella città di Malargüe si trova la stazione centrale. Ogni punto rosso indica un

rivelatore di superficie. Inoltre sono indicati i quattro siti di fluorescenza (Los Leones, Coihueco, Los Morados e Loma Amarilla)

In figura 2.1 [23] sono mostrati i quattro siti dei rivelatori di fluorescenza mentre i punti rossi sono i rivelatori di superficie, e l'intera area ricoperta dai punti rossi rappresenta l'array di superficie. Ciascun rivelatore di fluorescenza (FD) è collocato in cima a piccolo rilievo sul perimetro dell'array di rivelatori di superficie ed è costituito da sei telescopi indipendenti, ognuno con un campo visivo di 30° × 30° di angolo azimutale e di elevazione. I rivelatori guardano verso l'interno dell'array, in modo che la combinazione dei sei telescopi fornisca una copertura con un angolo azimutale di 180°.

figura 2.2 disposizione dei telescopi all'interno dell'edificio del sito di osservazione

figura 2.3 schema di un singolo telescopio di fluorescenza Il telescopio è alloggiato in una costruzione a clima controllato. La luce fluorescente che passa attraverso un filtro UV-passing (che assorbe la luce visibile e trasmette i fotoni UV), e attraverso l'anello correttore è focalizzata da uno specchio avente una superficie di 10m2 su una camera di 440 pixel costituita da sensori di luce fotomoltiplicatori. L'apertura, l'anello correttore, lo specchio e la camera di PMT costituiscono una camera Schmidt modificata, che parzialmente corregge l'aberrazione sferica ed elimina l'aberrazione coma. Gli impulsi di luce arrivati ai pixel sono digitalizzati ogni 100ns, ed una gerarchia di livelli di trigger culmina nella rivelazione e la registrazione degli sciami.[11] L'efficienza dell'emissione ( il rapporto tra energia emessa come luce di fluorescenza e quella depositata) è scarsa (meno dell'1%), pertanto le osservazioni possono essere effettuate solo nelle notti chiare senza luna (da questo risulta un duty cycle medio, del 10%) e sciami di bassa energia possono essere a mala pena osservati. Alle alte energie, l'enorme numero di particelle nello sciame, produce abbastanza luce da essere rilevata perfino a grandi distanze.[14] L'array di rivelatori di superficie, è costituito da rivelatori di superficie di tipo Cherenkov ad acqua distanziati di 1500 m, l'uno dall'altro.

figura 2.4 Foto e componenti principali di un rivelatore di superficie Ciascuna delle oltre 1600 stazioni di rivelazione (tank) ha una forma cilindrica, ed è composta da un serbatoio del diametro di 3.6m, avente un rivestimento sigillato ed una superficie riflettente all'interno, riempito con 12000 litri di acqua purificata. La luce Cherenkov prodotta dal passaggio di particelle attraverso l'acqua, è vista da tre tubi fotomoltiplicatori (PMTs) del diametro di 9 pollici che sono distribuiti in modo simmetrico a distanza di 1.20m dal centro del tank e guardano verso il basso l'acqua, attraverso delle finestre. La parte alta del tank è abbastanza complessa in quanto deve avere la rigidità necessaria per montare componenti esterni come i pannelli solari e per permettere alle persone di salire in cima, e deve fornire lo spazio necessario all'interno del tank per l'assemblaggio e il cablaggio dei fotomoltiplicatori. Il tank non supera l'altezza di un 1.6m. Il rivestimento del tank è di polietilene ad alta densità ed è opaco, inoltre è di colore beige per integrarsi con l'ambiente circostante. La stazione è alimentata da un sistema di batterie connesse a due pannelli solari[5], che fornisce l'energia necessaria per i PMTs e l'elettronica costituita da un processore, da un ricevitore GPS da un radio trasmettitore e da un power controller. Come si osserva dalla figura, il box della batteria è posizionato sul lato sud del tank, affinchè sia protetto dalla luce diretta del sole e mantenga una bassa temperatura. In questo modo si garantisce un aumento della vita delle batterie. I pannelli solari, sono installati sul tank in modo che essi guardino a nord e sono inclinati di 55° rispetto alla posizione di upward-looking, per ottimizzare l'esposizione alla luce solare nel periodo invernale.[1]

2.1 Ricostruzione dell'evento tramite FD In figura 2.5 è mostrata la geometria della rivelazione di uno sciame attraverso un telescopio di fluorescenza.

figura 2.5 geometria della rivelazione di uno sciame con un telescopio di fluorescenza

Essa è definita nel piano rivelatore-sciame (SDP), dalla distanza più vicina allo sciame ,dal tempo lungo l'asse dello sciame alla distanza di avvicinamento e dall'angolo , l'angolo compreso tra il piano del suolo e l'asse dello sciame. Questa geometria è di solito ricostruita in due step.[13] Nel primo, si determina il piano rivelatore-sciame (SDP). Nel successivo step si ricostruisce l'asse dello sciame usando il singolo telescopio FD. Per ogni i-esimo pixel, un tempo medio , corrispondente all'arrivo della luce dello sciame nel campo visivo del pixel, può essere misurato tramite FADC. I parametri , e sono in relazione con il tempo atteso , di arrivo della luce all'i-esimo pixel:

, tan2

Dove è la direzione dell'i-esimo pixel proiettato sull'SPD, è il tempo impiegato dal fronte dello sciame per raggiunge la posizione di maggiore avvicinamento, invece è la velocità della luce. Il miglior fit dei tre parametri si ottiene minimizzando la somma dei , , .[5] Comunque, a meno che la velocità angolare dello sciame nella camera ed il suo rate di variazione, possano essere misurati, c'è una degenerazione tra il parametro e l'angolo . Questa degenerazione conduce ad una scarsa risoluzione di puntamento. La risoluzione geometrica rimane di pochi gradi.[13] Il miglior modo per risolvere questa ambiguità è di effettuare delle misurazioni. Questo può essere fatto in due modi.

Nel primo modo si può usare un secondo telescopio che osserva lo sciame da un posizione differente. Con l'intersezione dei due SDP si ottiene la geometria dell'asse dello sciame a meno di una frazione di grado. Questo metodo è chiamato ricostruzione stereo. Nel secondo metodo si ottiene il parametro dalle misure dirette del tempo di arrivo dello sciame al suolo. Questa è la tecnica ibrida usata dal rivelatore Auger. Anche in questo caso la geometria può essere ottenuta a meno di una frazione di grado. Dalla misurazione della variazione di emissione di fluorescenza come funzione della slant depth X,

si riesce a misurare lo sviluppo del profilo longitudinale dello sciame.[11]

La maggior parte della luce di fluorescenza emessa lungo l'asse dello sciame, è proporzionale al numero di elettroni nello sciame. Lo sviluppo longitudinale dell'EAS è descritto, di solito, da una funzione a quattro parametri, la funzione di Gaisser-Hillas la quale dà il valore di dello sciame in funzione della profondità atmosferica [13]. rappresenta il numero di particelle cariche.

Dove 70 g/cm2, è la profondità nella quale si ha la prima interazione ed è la posizione del massimo dello sciame.[14] L'energia totale elettromagnetica si ottiene integrando la funzione :

dove è una costante che esprime il rate di energia media di ionizzazione persa dallo sciame ed è dell'ordine di 2.2 MeV/(g/cm2). Per ottenere l'energia totale della particella primaria, deve essere aggiunta all' , l'energia "persa"dallo sciame. Questa è l'energia che è trasferita agli adroni, muoni e neutrini durante lo sviluppo dello sciame.[15]

2.2 Ricostruzione dell'evento tramite SD Nel caso dell'array di rivelatori di superficie, la ricostruzione dei parametri riguardante la geometria della particella primaria, è basata sui tempi di arrivo del segnale del fronte dello sciame su ciascun rivelatore. La posizione del core dello sciame è determinata usando una funzione di distribuzione laterale (LDF) che descrive la diminuzione del segnale in funzione della distanza, con un andamento di una legge di potenza.[5] Invece la direzione dell'asse dello sciame è ricostruita effettuando un fit delle densità dei segnali misurate considerando la funzione LDF, la cui forma esplicita dipende da ogni esperimento.[14] Nella figura 2.6 è mostrato un esempio di rivelazione con l'array di superficie. Nella parte alta a destra è mostrata l'intero array di superficie e l'impronta dello sciame, ogni punto rappresenta un rivelatore ognuno distante dall'altro di 1.5 km. Nella parte in basso è mostrata in dettaglio l'impronta dello sciame, con i livelli di densità di particelle. La curva rappresenta la LDF adeguata ed i punti rossi le misure di densità in funzione della distanza dal core dello sciame.[13]

figura 2.6 esempio di una rivelazione usando l'array di rivelatori di superficie La ricostruzione dei parametri riguardanti l'energia, è basata sulla distribuzione delle densità dei segnali in funzione della distanza laterale dall'asse dello sciame, ed un'ottima stima dell'energia è ottenuta attraverso il parametro S(1000), che indica la densità del segnale della particella misurata a 1000 metri dal core. Lo studio della composizione chimica del primario, si ottiene considerando il numero di muoni prodotti dallo sciame, registrati dai rivelatori. Sciami generati da nuclei pesanti produrranno più muoni rispetto agli sciami prodotti da nuclei leggeri. Le grandezze alla base dei differenti metodi usati dall'Osservatorio Auger per dedurre il contenuto dei muoni dello sciame sono: il segnale totale muonico e il suo profilo temporale (dato dalle tracce del FADC), il numero di muoni al suolo e l'RMS( ). Grazie ad una semplice supposizione (muoni che viaggiano in linee rette alla velocità della luce), è possibile mostrare che c'è una ed una sola corrispondenza tra i tempi di arrivo al suolo e il punto in cui i muoni sono stati prodotti lungo l'asse dello sciame.

L'insieme delle posizioni nelle quali i muoni sono creati, dà origine ad una distribuzione denominata MPD (distribuzione della profondità di produzione dei muoni), il cui fit con una funzione Gaisser-Hillas permette di ricavarne il massimo. La profondità di questo massimo, conosciuta come , dipende dalla natura della particella che ha generato l'EAS. Tuttavia per costruire le MPD, si devono usare le stazioni poste ad almeno 1700 m dal core dello sciame al suolo. Grazie ad una acquisizione più veloce ed una migliore separazione delle parte elettromagnetica e muonica dei segnali fornite da differenti aggiornamenti, la costruzione dell'MPD può essere fatta usando stazioni che si trovano ad almeno 1000 m di distanza dalla posizione del core. Questo implica che, indipendentemente dall'energia, la risoluzione in migliora dal 15 al 20% e per eventi intorno a 50 EeV la risoluzione su ammonta a 40 g/cm2. Si può misurare il segnale prodotto dal muone a distanza di 1000 m dal core dello sciame combinando la struttura temporale e spettrale delle tracce del FADC registrate dai rivelatori di superficie. Tipicamente i muoni arrivano prima e lasciano segnali più stretti rispetto alle particelle elettromagnetiche. Queste caratteristiche sono usate per misurare la frazione di muone ≡ ⁄ ( è il segnale totale muonico ed è il segnale totale), attraverso due metodi:

Metodo dello smoothing: un filtro passa-basso separa gradualmente le basse frequenze dei segnali EM dai segnali ad alta frequenza dei muoni. La traccia originale del FADC viene appiattita in una finestra temporale che è in funzione dell'angolo zenitale ed è definita mediante l'uso di simulazioni. Le differenze positive tra la traccia appiattita e la traccia originale sono assegnate ai muoni. La procedura di appiattimento del segnale viene ripetuta quattro volte. Il segnale totale dei muoni corrisponderà alla somma di tutte le differenze positive trovate.

Metodo multivariato: qui la è ottenuta attraverso una combinazione lineare delle seguenti variabili: angolo zenitale, la distanza della stazione dall'asse dello sciame, la frazione del segnale dei bin al di sopra dei 0.5 VEM (vertical equivalent muon) ed il rapporto ⟨ ⟩ ⟨ ⟩⁄ , dove , … , è il vettore segnale. I coefficienti della combinazione lineare sono stimati mediante simulazioni.

Per i due metodi l'errore complessivo è inferiore a ±5% e la risoluzione è dell'8%, a prescindere dal modello e dalla particella primaria.[22] Dal gennaio 2004, l'osservatorio acquisisce eventi ibridi, i quali sono eventi in cui lo sciame viene rivelato simultaneamente dal rivelatore di fluorescenza e dall'array di rivelatori di superficie.[12] La modalità di acquisizione ibrida, permette di avere una accurata ricostruzione geometrica dello sciame, e permettere di raggiungere una risoluzione di 50 m, per la rivelazione della posizione del core, ed una risoluzione di 0.6° per la direzione di arrivo dei raggi cosmici.[21]

2.3 ELETTRONICA DEL RIVELATORE DI SUPERFICIE I segnali in uscita dal fotomoltiplicatore sono processati e digitalizzati localmente, prima di essere inviati al CDAS (central data acquisition system).[8]

figura 2.7 Diagrammi a blocchi dell'elettronica I segnali in uscita dall'anodo e dal dinodo del PMT sono filtrati da un filtro passa basso anti-aliasing di tipo Bessel a 5 poli, con una frequenza di taglio a 20MHz e sono digitalizzati con una frequenza di campionamento di 40MHz attraverso un FADC (Flash Analog-Digital converters) a 10 bit.[6] Come si osserva dal diagramma a blocchi (figura 8) ogni fotomoltiplicatore è connesso a due FADC, uno all'uscita dell'anodo e l'altro all'uscita del dinodo. In questo modo il segnale in uscita dal PMT è misurato da due FADC e la nominale dinamica di range raggiunta è di 15 bit.[8] Il segnale campionato dal FADC è riferito per unità di canali (ch), con un range di 0-1023, corrispondente ad un range di input di 0-2V. Ogni bin del FADC corrisponde a 25ns.

2.3.1 CALIBRAZIONE DEL RIVELATORE DI SUPERFICIE Come precedentemente accennato, la luce Cherenkov prodotta dal passaggio di particelle attraverso l'acqua, è letta da tre fotomoltiplicatori (PMTs). I fotomoltiplicatori scelti nel progetto sono gli XP1805 Photonis del diametro di 9 pollici. Ai fotomoltiplicatori è richiesta la rivelazione dal segnale di un singolo muone che attraversa il tank (mip) fino a circa 105 pe, valore corrispondente agli sciami di più alta energia. Pertanto i PMT devono avere una risposta lineare su un ampio range di correnti dell'anodo, in modo da misurare accuratamente l'energia di questi sciami di alta energia. Questo è raggiunto mediante l'uso di due uscite poste alla base del PMT: l'anodo e l'ultimo dinodo amplificato (circa un fattore 30). Il guadagno operativo nominale dei PMTs è 2x105 e può essere esteso a 106. [20] Sulla base di simulazioni, il picco massimo di corrente in uscita dal fotocatodo dovrebbe essere considerato intorno ai 250 nA. Per avere una risposta lineare del PMT fino a questo valore, un basso guadagno operativo, 2x105, è richiesto per avere una corrente massima di 50 mA per l'anodo.[18] Durante la ricostruzione dello sciame, il segnale registrato dal tank, è convertito in unità di VEM. Il VEM (vertical equivalent muon) rappresenta il segnale prodotto in media, da un muone che attraversa verticalmente il tank, dall'alto verso il basso, producendo luce Cherenkov. Come si osserva in figura 2.8, dai dati acquisiti di muoni verticali, su un tank di test, si ha un 1 VEM, in questo caso, uguale a circa 2.3x107 [16], in corrispondenza del picco nell'istogramma di carica.

figura 2.8 picco nella distribuzione di carica equivalente ad 1 VEM

Il PMT ed il front-end sono regolati in modo tale che il guadagno è impostato per avere un valore di

(impulso di corrente VEM) a 50 FADC counts sul canale del dinodo, il quale risulta un guadagno medio di circa 3.4x105 per una media npe/VEM di circa 94 pe. Questo significa che il dinodo satura per impulsi di circa 20 VEM, e l'anodo per impulsi di circa 600 VEM.[20] Il picco dello spettro di carica del muone è localizzato nella parte bassa della dinamica di range (uscita del dinodo).[18]

La calibrazione assoluta, fa riferimento al segnale medio prodotto dai muoni verticali che attraversano il tank, di cui la maggior parte è relativistica ed emette una quantità costante di luce Cherenkov nel tank. Quindi dai dati sui muoni verticali acquisiti dal tank, il picco che si ha dall'istogramma di carica, deve corrispondere a quello dovuto ad 1 VEM. [16] Inoltre tramite la calibrazione assoluta si ha la conversione del segnale del dinodo in VEM. Per ottenere la calibrazione assoluta per l'intera dinamica di range, è richiesta una buona linearità dei PMT e dell'elettronica.[18] Gli obiettivi della calibrazione effettuata sul rivelatore di superficie sono: - Bilanciare i singoli PMTs in modo che essi producano (in media) lo stesso segnale in uscita dal canale ad alto guadagno (dinodo) - Ottenere le costanti di calibrazione necessarie per convertire il segnale del FADC in un segnale equivalente prodotto da muoni verticali - Misurare l'attenuazione del canale a basso guadagno (anodo) rispetto al canale ad alto guadagno (dinodo) [16] Gli impulsi generati dai singoli muoni, non sono visibili sul canale a basso guadagno. Quindi è necessario avere dei segnali da 20 a 50 VEM, i quali, comunque, non saturano il canale ad alto guadagno, ma allo stesso tempo sono visibili attraverso il canale a basso guadagno.[16] Idealmente, la migliore misura del rapporto tra dinono e anodo (D/A) dovrebbe essere abbastanza semplice in quanto consisterebbe nel prendere il picco del segnale del dinodo e dividerlo per il picco del segnale dell'anodo, e mediando su un numero alto di segnali. Comunque questo non è possibile, in quanto il dinodo è amplificato da due stadi di amplificatori, i quali ritardano di 4-6ns il segnale rispetto a quello dell'anodo. Questo impedisce il confronto diretto tra i picchi dei due segnali. Quindi si fa riferimento ad impulsi aventi una forma simile a quelli del muone, usando muoni atmosferici oppure tramite l'uso di un LED all'interno del tank.[17]

2.3.2 SISTEMA DI TRIGGER DEL RIVELATORE DI SUPERFICIE Ogni stazione di rilevazione ha due livelli di trigger, i quali vengono applicati prima di trasmettere i dati al sistema di acquisizione centrale. Il trigger dell'array di rilevatori di superficie è di tipo gerarchico. Due livelli di trigger (chiamati T1 e T2) sono generati da ogni rilevatore di superficie. I trigger T2 sono combinati con quelli degli altri rilevatori ed esaminati, e questo porta all'array di trigger T3, il quale avvia l'acquisizione e la memorizzazione dei dati. Il trigger T1, di ogni rilevatore Cherenkov, innesca l'acquisizione dei dati, i quali sono memorizzati localmente, temporaneamente, in attesa di un possibile T3. Esistono due modalità di trigger T1. Nella prima modalità, T1 è un trigger di soglia semplice (TH) il quale richiede che i segnali dei 3 PMTs coincidano, ciascuno con un valore al di sopra di 1.75

. (picco di ampiezza riferito ad 1 VEM) Questo è particolarmente efficace per la rilevazione di sciami molto inclinati i quali hanno attraversano un ampio strato di atmosfera e sono di conseguenza prevalentemente muonici. Il trigger TH-T1 è usato per ridurre il rate, dovuto ai muoni atmosferici, da circa 3kHz a circa 100Hz. La seconda modalità di trigger T1 è chiamata Time-over-Threshols, (ToT) e richiede che almeno 13

bin di una finestra di 120 bin ( bin relativi al FADC) siano al di sopra della soglia di 0.2 : su tre PMTs appartenenti allo stesso rilevatore di superficie, due devono soddisfare questa condizione. Il ToT trigger è cosi ottimizzato per la rilevazione di sciami di bassa energia nelle vicinanze del core, dominati da componenti elettromagnetiche, o di sciami di alta energia dove il core è distante. Il trigger T2 è eseguito all'interno del tank, e seleziona tra gli eventi che hanno superato il T1, quelli riconducibili agli EAS, riducendo in questo modo a circa 20Hz il rate di eventi per rivelatore. Questa riduzione è fatta per far fronte alla larghezza di banda del sistema di comunicazione tra i rilevatori e la sede centrale. I trigger T2 sono inviati al CDAS per generare il trigger di array. Tutti i ToT-T1 trigger sono promossi al livello T2, mentre i trigger TH-T1 devono superare un'ulteriore soglia: viene richiesto che i segnali dei 3 PMTs coincidano, ciascuno con un valore al di

sopra di 3.2 . Il terzo livello di trigger T3, basato sulla combinazione temporale e spaziale di T2, ha luogo al CDAS (central data acquisition system) ed avvia l'acquisizione dei dati dall'array. Una volta che T3 è formato, tutti i segnali degli FADC dei rivelatori passanti il T2, sono inviati al CDAS. Ai trigger T1,T2, T3, seguono i trigger T4 e T5. Il trigger T4 (physics trigger) è necessario per selezionare gli sciami effettivi dall'insieme dei dati T3 memorizzati, mentre il T5 (fiducial trigger), sorge principalmente per eventi che cadono ai confini dell'array, dove una parte dello sciame potrebbe essere persa.[10] In ordine di correlare i dati presi dalle differenti stazioni di rivelazione, una base temporale comune è stabilita usando un sistema GPS. Il rilevatore di superficie è equipaggiato anche con un modulo di slow control, il quale legge i dati provenienti dai sensori presenti nel rilevatore e da remoto effettua attività di controllo. Il sistema di monitoraggio include la misurazione delle tensioni del PMT, delle correnti e delle temperature dell'elettronica associata, il monitoraggio del livello dell'acqua e della temperatura dell'aria all'interno del tank, il controllo del pannello solare e della batteria ed il monitoraggio delle tensioni e delle temperatura della stazione elettronica.[8]

Capitolo 3

IL NUOVO “FRONT-END” Un nuovo upgrade è necessario al fine di aumentare la dinamica di range, e migliorare la risoluzione nella rivelazione dei picchi di muoni nel tank, in modo da permettere una migliorare ricostruzione della geometria e dell'energia degli eventi di più alta energia, e di migliorare gli studi riguardanti la composizione del primario, includendo i dati proveniente dai rivelatori più vicini al core dello sciame. L'elettronica proposta prevede una digitalizzazione del segnale a 12 bit a una frequenza di

campionamento di 120 MHz, con circa 0.5 LSB di rumore, ( ∼ 500

considerando 2 ed 12) ed una banda passante di 60 MHz. Inoltre prevede l'acquisizione del segnale proveniente solamente dall'anodo del PMT, il quale verrà suddiviso su due canali, uno non amplificato e l'altro amplificato di un fattore 32, al fine di ottenere la dinamica necessaria per il progetto, ed è previsto anche l'inserimento di un piccolo PMT (SPMT) per estendere la dinamica di range. In questo capitolo viene presentata la nuova interfaccia elettronica di front-end e vengono mostrati i vari test fatti sull'interfaccia. Nello specifico, verrà mostrata l'architettura dell'interfaccia di front-end, il sistema di acquisizione del segnale in uscita dall'anodo del PMT, le verifiche sul funzionamento e la calibrazione effettuate sull'ADC e le nuove configurazioni per l'inserimento dell'offset e per ridurre il rumore sul canale amplificato.

3.1 ARCHITETTURA DELL'INTERFACCIA DI “FRONT-END” L'interfaccia elettronica di front-end è costituita da un covertitore single ended a differenziale, un filtro antialising, uno splitter del segnale in un canale ad alto guadagno ed uno a guadagno unitario. Il tutto è realizzato utilizzando l'amplificatore operazionale ADA4927-2 dell'Analog Devices ed un filtro passa basso differenziale passivo anti-aliasing a 5 poli a 60 MHz. Essa ha il compito di trasformare il segnale single ended, proveniente dal PMT, in un segnale differenziale e di distribuirlo su due rami, in uno il segnale viene amplificato di un fattore 32, nell'altro non viene amplificato. Infine, il segnale in uscita dai due rami viene inviato all'ADC.

figura 3.1 schema a blocchi dell'interfaccia di front-end

Come si osserva dalla figura 3.1, il circuito riceve in entrata il segnale single-ended proveniente dall'anodo del PMT, e tramite il primo ADA4927 il segnale viene convertito in un segnale differenziale. Successivamente il segnale differenziale passa attraverso il filtro passivo differenziale anti-aliasing e viene distribuito su due rami. Sul primo ramo il segnale non viene amplificato e viene inviato al canale A (CHA) dell'ADC, mentre sul secondo ramo il segnale viene amplificato di un fattore 32, da i due ADA4927, ed inviato al canale B (CHB) dell'ADC. Il circuito è alimentato con le tensioni di +3V e -3V. Di seguito è riportato lo schema (figura 3.2), in cui vengono mostrati i quattro ADA4927. Da notare i due rami che prendono il segnale in uscita dal filtro anti-aliasing, e l'immagine di una prima versione prototipo dell'interfaccia di front-end per effettuare i test.

figura 3.2 Schema e prototipo dell'interfaccia di front-end

input segnale 

3.1.1 L'ADA4927 L'ADA4927 è un amplificatore differenziale a retroazione di corrente avente basso rumore, bassissima distorsione, alta velocità e, inoltre, permette di effettuare la conversione di un segnale da single-ended a differenziale, e l'amplificazione di segnali differenziali. Nel progetto è stato utilizzata la versione ADA4927-2. Il primo degli ADA4927-2 è utilizzato per la conversione del segnale da single-ended a differenziale e per distribuire il segnale, non amplificato, sul primo canale dell'ADC. Invece il secondo ADA4927-2 è utilizzato per amplificare il segnale differenziale di un fattore 32 e distribuirlo sul secondo canale dell'ADC.

figura 3.3 diagramma funzionale a blocchi dell'ADA4927-2

3.1.2 FILTRO ANTI-ALIASING

figura 3.4 schema del filtro anti-aliasing

Poichè il segnale differenziale deve essere campionato, è necessario l'utilizzo di un filtro anti-aliasing. Come richiesto dalle specifiche di progetto è stato progettato un filtro di tipo Bessel.

Il filtro passivo (schema in figura) passa basso differenziale è a 5 poli con frequenza di taglio a 60 Mhz. Un filtro passivo permette di realizzare le specifiche di progetto con un ottima stabilità del dispositivo ed un basso livello di segnale. Di seguito è riportata la risposte in frequenza del filtro.

figura 3.5 risposta in frequenza del filtro anti-aliasing

Dal grafico si osserva che la frequenza di taglio del filtro è di circa 62 MHz con una attenuazione di 30 dB/octave. In figura è rappresentata la prima parte del circuito, con il primo ADA4947 impiegato per la conversione del segnale da single-ended a differenziale, connesso al filtro anti-aliasing.

3.1.3 L'AD9628 Il convertitore analogico digitale (ADC) usato per l'acquisizione del segnale differenziale, è l'AD9628 dell'Analog Devices. L'ADA9628 è un convertitore analogico digitale, monolitico a 12 bit, a doppio canale e viene fatto lavorare ad una frequenza di campionamento di 125MHz. L'AD9628 ha un ingresso differenziale con una dinamica di 2Vp-p (picco-picco). Essendo l'ADC a 12 bit, l'intervallo 0-2V è suddiviso in 4095 livelli (212 -1) il che porta ad una risoluzione di circa 500μV Di seguito è riportato il diagramma funzionale a blocchi dell'ADC in esame.

figura 3.6 diagramma funzionale a blocchi dell'AD9628

3.1.4 INSERIMENTO DELLA TENSIONE DI OFFSET Per acquisire correttamente il segnale proveniente dall'anodo del PMT (figura 3.8), è necessario sbilanciare le due tensioni continue in ingresso in modo da spostare la linea di riferimento. Assumendo lo stesso valore di tensione di common mode (VCM) ai due ingressi, si ha una linea di riferimento a zero, il che porta ad avere la dinamica di input di 2Vpp compresa in un range da +1V a -1V, il quale non permette la corretta ricostruzione del segnale in uscita dall'anodo del PMT. Per sbilanciare i due ingressi, e quindi per spostare la linea di riferimento, si è deciso di aggiungere al segnale differenziale una tensione continua (tensione di offset). Per eseguire i test sull'interfaccia elettronica di front-end, le resistenze di precisione (R33 ed R36, in figura 3., sono state sostituite con dei trimmer, in modo da poter variare le due tensioni di offset e quindi impostare la linea di riferimento a diversi valori di tensione.

figura 3.7 schema riguardante l'inserimento dell'offset

figura 3.8 tipico segnale del PMT sui due canali dell'ADC

( amplificato a sinistra e non amplificato a destra)

3.2 ACQUISIZIONE DEL SEGNALE DAL PMT

Al fine di osservare il comportamento dell'ADC con le due tensioni di offset in presenza del segnale del PMT, è stato preparato in laboratorio un sistema in grado di generare ed acquisire il segnale in uscita dall'anodo del PMT.

3.2.1 Sistema di acquisizione Il sistema di acquisizione è costituito da:

Sistema costituito da PMT di test e LED all'interno di un box chiuso, in modo che il PMT non sia esposto alla luce;

HV control box per l'alimentazione del PMT;

light control box per l'alimentazione e controllo dei LED all'interno del box e per la generazione del segnale di trigger;

interfaccia di front-end le cui uscite sono collegate agli ingressi dell'ADC;

evaluation board dell'Analog Devices, sui cui è montato l'ADC;

High Speed Converter Evaluation Platform (HSC-ADC-EVALC) dell'Analog Devices, connessa all' evaluation board e collegata al computer tramite USB. L'HSC-ADC-EVALC, che permette di acquisire dati digitali ad alte velocità, da 644 MSPS a 800 MSPS, utilizza una Virtex-4 FPGA della Xilinx, che può essere programmata attraverso il software VisualAnalog, per effettuare molteplici conversioni dati e contiene al suo interno una memoria FIFO che permette l'acquisizione di record di dati fino a 64 kB. È installato sulla HSC-ADC-EVAL, il processore Cypress che controlla la porta USB, il quale permette di comunicare con il computer e fornisce l'interfaccia SPI (Serial Port Interface), usata per la configurazione dei parametri dell'ADC. In figura 3. è mostrato il diagramma funzionale a blocchi;

Generatore di impulsi (8112A Pulse Generator) che prende in entrata il segnale di trigger del light control box per generare un segnale di trigger da inviare all'ingresso dell' HSC-ADC-EVALC;

Alimentatore con valori di tensione impostati a +3V e -3V per il funzionamento dell'interfaccia elettronica di front-end.

In figura 3.9 è raffigurato l'insieme front-end, evaluation board ed HSC-ADC-EVALC

figura 3.10 diagramma a blocchi funzionale dell'HSC-ADC-EVALC connessa all'evaluation board

front‐end 

evaluation board HSC‐ADC‐EVALC 

Uscita USB 

input segnale 

anodo 

input segnale trigger 

FPGA  Cypress USB controller 

cavi che collegano le uscite del 

front‐end agli ingressi dell'ADC 

3.2.2 Acquisizione e risultati Una volta predisposto il sistema di acquisizione, si è proceduto nell'acquisizione del segnale dall'anodo del PMT. Anzitutto è stato alimentato il PMT, con una tensione tale da avere un picco del segnale che ricopra la dinamica dell'ADC. Successivamente sono stati impostati i parametri del LED : rate di ripetizione ad un valore che consente di osservare l'impulso del segnale generato dal PMT in ogni acquisizione e la tensione di alimentazione del LED ad un valore tale da generare pochi fotoni. Si è agito, poi, sul generatore di impulsi, fissando l'ampiezza del segnale richiesta dall'HSC-ADC-EVALC ed impostando una lunghezza del gate di 4μs, in quanto si vogliono acquisire 512 punti ad una frequenza di campionamento di 125 MHz ( 512 8512 4 dove è il tempo di campionamento). Si è agito sui trimmer, per spostare la linea di riferimento, portandola intorno ad un valore di 800mV. Ed infine è stata avviata l'acquisizione del segnale, usando il software VisualAnalog. Come si osserva dal grafico in figura 3.11 , lo spostamento della linea di riferimento ha permesso di acquisire correttamente il segnale.

figura 3.11 segnale in uscita dall'anodo del PMT, acquisito con il software VisualAnalog e graficato utilizzando il software ROOT

L'acquisizione ed il salvataggio dei dati, gestiti tramite il software VisualAnalog, sono stati elaborati attraverso il software ROOT. Il software ROOT fornisce un insieme di OO frameworks con tutte le funzionalità necessarie per gestire ed analizzare grandi quantità di dati. Inoltre include metodi per la creazione di istogrammi in un numero arbitrario di dimensioni, per effettuare fit, minimizzazioni, grafici ed altro.

Inoltre l'interprete di C++, CINT, all'interno, permette lo scripting, e le creazioni di macro in linguaggio C++. Nel dettaglio è stata costruita una macro ROOT, con le seguenti specifiche: - Visualizzazione degli eventi di entrambi i canali nella stessa finestra - Visualizzazione dei singoli eventi di una acquisizione - Visualizzazione e costruzione dell'istogramma di ampiezza del segnale Ed un'altra macro ROOT specifica per ognuno dei due canali: - Visualizzazione dei singoli eventi di una acquisizione - Visualizzazione e costruzione dell'istogramma di ampiezza del segnale - Visualizzazione e costruzione dell'istogramma di carica Oltre a questa sono state costruite altre macro ROOT, per esempio per graficare i dati in uscita dal Logic Analyzer (paragrafo 3.3), leggendo direttamente il file di testo generato dal Logic Analyzer. Oppure la creazione di una macro per effettuare il grafico nel caso della calibrazione, su cui applicare gli strumenti di ROOT per il fit. (paragrafo 3.4) Di seguito sono mostrate le interfacce grafiche delle macro usata per l'analisi dei dati acquisiti dal PMT.

figura 3.12 interfaccia grafica della macro ROOT specifica per il singolo canale

figura 3.13 interfaccia grafica della macro ROOT che permette di visualizzare gli eventi di entrambi i canali nella stessa finestra

3.3 VERIFICA DEL FUNZIONAMENTO DELL'ADC

Per verificare il funzionamento dell'ADC è stato utilizzato il Logic Analyzer TLA715 della Tektronix. Tramite il Logic Analyzer è possibile analizzare i bit in uscita dall'ADC. Si è agito sull'evaluation board, scollegandola dalla scheda HSC-ADC-EVALC e connettendo le uscite dei bit dell'ADC e l'uscita del clock, ai cavi del Logic Analyzer, come mostrato nella figura 3.14.

figura 3.14 uscite del Logic Analyzer collegate all'uscita dei bit e del clock dell'ADC montato sull'evaluation board

È stato inviato in ingresso dell'ADC, attraverso lo schedino di front-end, un segnale a dente di sega costruito con l' AWG710, Arbitrary Waweform Generator della Tektronix, con una ampiezza tale da coprire i valori dell'intervallo compreso tra i valori 4095 e 0 di ADC count. Tramite il Logic Analyzer sono stati acquisiti i valori di ADC count e graficati usando il software ROOT. Come si osserva dal grafico in figura 3.15 non sono presenti salti di bit dovuti ad un malfunzionamento dell'ADC e dal confronto con il segnale letto con l'oscilloscopio si è osservato che il segnale era stato campionato correttamente. Quindi è stato osservato che l'ADC funziona correttamente. Successivamente è stata collegata l'evaluation board alla scheda HSC-ADC-EVALC ed è stato acquisito lo stesso segnale tramite il software VisualAnalog. Confrontando i dati acquisiti con il software VisualAnalog si è osservato che erano compatibili con quelli acquisiti con il Logic Analyzer, quindi è stato controllato che il segnale campionato, letto e ricostruito dal software è in effetti il segnale inviato all'ADC. Da questo risultato, si è ritenuto di continuare ad utilizzare il software VisualAnalog per l'acquisizione ed il salvataggio dei dati in uscita dall'ADC, per i successivi test.

ADC 

cavi del logic analyzer, collegati 

all'uscita dei bit dell'ADC 

cavo del logic analyzer, collegato 

all'uscita del clock del ADC 

figura 3.15 segnale acquisito con il Logic Analyzer e graficato con il software ROOT

3.4 CALIBRAZIONE DELL'ADC Verificato il corretto funzionamento dell'ADC, si è proceduto nell'effettuare la calibrazione dell'ADC. La caratteristica di trasferimento di un ADC può essere espressa dalla seguente relazione, N = kVin + N0 dove N è il valore numerico in uscita, Vin il segnale analogico in entrata e k e N0 sono delle costanti dove N0 rappresenta l'errore di offset, dato dal valore di LSB in uscita dall'ADC quando Vin è zero. Nel caso di un ADC ideale la caratteristica di trasferimento è data da una relazione del tipo N=αVin, quindi diversamente dal caso reale N0 è uguale a zero, inoltre anche le costanti α e k sono differenti, essere rappresentano i guadagni dei rispettivi ADC. Per effettuare la calibrazione è stato usato come segnale differenziale in ingresso all'ADC, le due tensioni di offset che tramite un partitore sono state inviate ai due in ingressi di ciascun canale dell'ADC. La calibrazione è stata effettuata nel seguente modo:

Agendo sui due trimmer sono stati scelti i livelli delle due tensioni di offset in modo tale da ottenere un valore ΔV sui due canali di circa 1V. (tensioni lette tramite multimetro digitale)

La tensione ΔV campionata dall'ADC è stata acquisita tramite il software VisualAnalog La procedura è stata ripetuta, variando ogni volta le due tensioni di offset, fino ad arrivare ad

una tensione ΔV di circa -1V. Nel variare ogni volta le due tensioni, è stato rispettato per ogni step una differenza tra il valore precedente ΔV e quello in esame, di circa (40±5)mV.

Una volta costruita la tabella contenente i valori delle tensioni ΔV e di ADC count con i rispettivi errori, è stato fatto il fit lineare attraverso dal quale sono stati ottenuti i valori di G e k.

Dal grafico in figura 3.16 si può osservare la risposta lineare dell'ADC e l'assenza di salti di bit.

figura 3.16 retta di calibrazione dell'ADC

3.5 CIRCUITO CON FRONT-END ED ADC SULLA STESSA BOARD Al fine di eseguire ulteriori test, e per avere un riduzione del rumore rispetto al vecchio layout, è stata progettata una nuova scheda, la quale comprende l'elettronica per i funzionamento dell'ADC. L'ADC non è più montato sull'evaluation board. Tra le novità di questa configurazione c'è la possibilità di agire sui parametri dell'ADC tramite SPI (serial port interface), attraverso il software SPI Controller. Il software SPI controller, comunica con il cypress usb controller il quale va a modificare i parametri dell'ADC. In questo modo non si utilizza la programmazione della FPGA per modificare i parametri dell'ADC., test diretti sul bus SPI. Inoltre anche in questa nuova board è stato verificato il corretto funzionamento dell'ADC con il Logic Analyzer. Nella figura 3.18 si possono osservare i cavi del Logic Analyzer alle uscite dei bit dell'ADC e del clock.

figura 3.17 nuova board collegata all'HSC-ADC-EVALC

figura 3.18 uscite del Logic Analyzer collegate all'uscita dei bit e del clock dell'ADC montato sulla nuova board

ADC 

front‐end 

zona del circuito 

dedicata all'offset 

input segnale 

FPGA CYPRESS USB controller 

cavi del logic analyzer, 

collegati all'uscita dei bit 

cavo del logic analyzer, collegato 

all'uscita del clock del ADC 

È in corso anche una nuova modifica per quanto riguarda l'inserimento delle tensioni di offset, le quali verrebbero inserite all'ingresso degli ultimi ADA4927 dei due rami, questa configurazione è in fase di test, comunque dai primi test sembra essere una scelta migliore, rispetto a quella precedente. Si è osservato che l'accoppiamento in DC con l'input dell'ADC e con la tensione di common-mode VCM si comporta meglio con l'offset. Nell'attuale configurazione, in cui il filtro anti-aliasing differenziale è comune ai due rami, il canale ad alto guadagno è affetto da un rumore di circa 10mVpp (figura 3.19 ) Un'ipotesi al fine di ridurre il rumore, è quella di avere un filtro anti-aliasing differenziale, su ognuno dei due rami come rappresentato in figura 3.20. Dopo aver effettuato misure di rumore in questa nuova configurazione, è stata osservata in effetti una diminuzione del rumore di un fattore 2. Il valore del rumore del canale ad alto guadagno risulta di circa 5mVpp.

figura 3.19 rumore sul canale amplificato

figura 3.20 diagramma a blocchi della configurazione

in cui ogni canale ha un filtro anti-alising

CONCLUSIONI In questo lavoro, è stata presentata e sono stati eseguiti dei test sulla nuova interfaccia elettronica di front-end per l'upgrade dell'elettronica del progetto Auger. Nel dettaglio è stata discussa la problematica riguardante la necessità di inserire una tensione di offset all'ingresso dell'ADC, in modo da sbilanciare i due ingressi dell'ADC, per sfruttare l'intera dinamica per l'acquisizione del segnale in uscita dall'anodo del fotomotiplicatore. Inoltre è stato verificato il funzionamento dell'ADC, mediante l'utilizzo del Logic Analyzer il quale permette di acquisire i dati in uscita dall'ADC. Successivamente è stato campionato un segnale noto ed i dati acquisiti dal Logical Analyzer sono stati graficati con il software ROOT. Dal confronto dei dati graficati, con i risultati dati dal segnale letto con l'oscilloscopio, si è osservato che il segnale era stato campionato correttamente. Successivamente è stata fatta una calibrazione dell'ADC, in modo da verificare ulteriormente l'ipotesi del corretto funzionamento. Successivamente si è proceduto a confrontare i dati acquisiti tramite il software VisualAnalog con quelli ricavati attraverso il Logic Analyzer. Dal confronto è emerso che i dati del software VisualAnalog erano compatibili con quelli del Logic Analyzer, e che quindi il segnale campionato, letto e ricostruito dal software, è in effetti il segnale inviato all'ADC. Da questo risultato, si è ritenuto di continuare ad utilizzare il software VisualAnalog per l'acquisizione ed il salvataggio dei dati in uscita dall'ADC, per i successivi test. Infine è stato discusso in breve un nuovo prototipo dell'interfaccia di front-end, in cui ADC e front-end sono inseriti nella stessa board, e si è accennato alla verifica del funzionamento dell'ADC su questa nuova board. Sono state accennate due configurazioni, migliori delle scelte precedenti: una riguardante l'inserimento dell'offset e l'altra per ridurre il rumore presente sul canale ad alto guadagno.

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