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Università degli studi di Trieste DIPARTIMENTO DI FISICA Corso di Laurea in Fisica TESI DI LAUREA TRIENNALE La fisica degli tsunami: dalla fluidodinamica all'approccio modale Candidato: Relatore: Fabio Baldassi Do. Fabio Romanelli Anno Accademico 2014-2015 1

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Università degli studi di TriesteDIPARTIMENTO DI FISICA

Corso di Laurea in Fisica

TESI DI LAUREA TRIENNALE

La fisica degli tsunami: dalla fluidodinamicaall'approccio modale

Candidato: Relatore:

Fabio Baldassi Dott. Fabio Romanelli

Anno Accademico 2014-2015

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Indice

Introduzione iii

Fenomenologia iv

1 Trattazione idrodinamica......................................................................................................1

1.1 Equazione d'onda di shallow water................................................................................1

1.2 Dispersione.....................................................................................................................5

1.3 Effetto di shoaling...........................................................................................................8

2 Trattazione sismologica .................................................….......…………..................................9

3 Studi parametrici..................................................................................................................15

3.1 Proprietà di simmetria..................................................................................................15

3.2 Dip fissato a 90°............................................................................................................19

3.4 Dip fissato a 45°............................................................................................................23

3.4 Spessore Oceanico Variabile........................................................................................25

Conclusioni ..……………..………………………………...........................................................................28

Bibliografia ..............……............................................................................................................29

Ringraziament……....................................................................................................................30

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Introduzione

Questa tesi si propone di riassumere le caratteristche salient del fenomeno tsunami nella sua

descrizione più classica, i.e. fluidodinamica e nella sua formulazione sismologica, in cui

compare esplicitamente il meccanismo di eccitazione nel caso di un terremoto tsunamigenico:

i sistemi fluido (oceano) e solido (crosta) sono infatti accoppiat.

Inoltre si presenta qui uno studio parametrico, svolto utlizzando il programma di simulazione

tsu01mod, con il quale si esamina la dipendenza del potenziale tsunamigenico associato a un

terremoto, analizzando i relatvi segnali nel dominio dei tempi e delle frequenze.

In partcolare, si esaminano gli spettri di tsunami generat variando alcuni parametri che

descrivono il meccanismo focale (e.g. azimuth e profondità focale) rappresentatvo della

sorgente sismica.

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iii

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Fenomenologia

Gli tsunami, o maremot, sono onde di gravità generate dallo spostamento relatvamente

repentno di una grande massa d'acqua; avvicinandosi alla costa, possono raggiungere altezze

molto elevate ed essere devastant per i territori costeri interessat. Il termine tsunami deriva

dal giapponese "tsu" (porto) e "nami" (onda), proprio a descrivere la capacità che queste onde

"anomale" hanno di produrre danni lungo il litorale. Gli tsunami sono causat principalmente

da fort terremot sottomarini (o in prossimità della costa), meno frequentemente da frane

sottomarine o costere, da eruzioni vulcaniche e molto raramente dall'impatto di meteorit in

mare.

Le onde di maremoto si distnguono dalle comuni onde marine per alcune sostanziali

caratteristche. Queste ultme, prodotte dal vento (o da altri fenomeni metereologici),

muovono solamente gli strat più superficiali della colonna d’acqua e non provocano

moviment sostanziali in profondità. Al contrario, le onde di tsunami, interessano tutta la

colonna d’acqua, dal fondale alla superficie, e si propagano a velocità molto più elevate,

portando con sé un’enorme quanttà di energia.

Da un punto di vista fisico le onde di maremoto sono caratterizzate da lunghezze d’onda

dell’ordine delle decine o centnaia di chilometri, e viaggiano ad elevata velocità in mare

aperto, raggiungendo in alcuni casi anche i 700-800 km/h. Esse sono in grado di propagarsi

per migliaia di chilometri conservando pressoché inalterata la loro energia, e abbattendosi

quindi con eccezionale violenza anche su coste molto lontane dal punto di origine. Le onde di

tsunami, che in mare aperto hanno ampiezze molto ridotte (fino a qualche metro) che ne

rendono difficile l’individuazione, avvicinandosi alla costa subiscono una radicale

trasformazione. La loro velocità, essendo proporzionale alla profondità dell’acqua, si riduce

drastcamente e l’altezza dell’onda aumenta, fino a raggiungere altezze notevoli, anche

dell’ordine di alcune decine di metri. Talvolta, lo tsunami, si manifesta con un iniziale ritro

delle acque che preannuncia l’arrivo della cresta dell’onda, e la conseguente inondazione

(detta ingressione).

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iv

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Capitolo 1

Trattazione idrodinamica

Considerando la scala delle grandezze fondamentali che caratterizzano uno tsunami si è

portat a pensare che esso sia descrivibile tramite un modello relatvamente semplice.

Tipicamente la lunghezza d'onda di uno tsunami si aggira sulle centnaia di chilometri, mentre

l'ampiezza in mare aperto è dell'ordine del metro. Considerando che mediamente lo spessore

di un oceano è di circa 4 km, il rapporto tra lunghezza d'onda e profondità dello strato liquido

vale circa 100: lo tsunami è un fenomeno ondoso che interessa principalmente la direzione

parallela al fondale oceanico. Vale dunque l'approssimazione di shallow water (acqua bassa).

1.1 Equazione d'onda in shallow water

Questo paragrafo è dedicato alla derivazione della equazione d'onda in shallow water e

all'analisi delle sue soluzioni. Per ottenere tale equazione si considera un modello di oceano

piatto e bidimensionale, come quello rappresentato in fig. 1.1. Il caso più realistco presenta

l'aspetto della dispersione geometrica, di cui ovviamente bisogna tenere conto nelle

simulazioni. Si fa inoltre l'ipotesi di fluido incomprimibile, vale a dire che la densità è costante

nel fluido.

Gli assi cartesiani di riferimento x e z sono paralleli rispettivamente alla superficie libera

del fluido e alla vertcale, con z = 0 alla superficie di equilibrio. Il fondale oceanico è

parametrizzato da una curva z = -h(x) mentre Il campo η(x,t) definisce lo spostamento della

superficie libera da z = 0. Dunque, dato un qualsiasi tempo t, l'oceano occuperà una regione:

Ωt :=[−h(x )<(x , z)<η (x , z , t)]

Il moto dell'acqua in tale regione è descritto da un campo di velocità:

u(t , x , z)=u (u(t , x , z ) ,w(t , x , z ))

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Fig 1.1. Coordinate del sistema oceano-fondale

La superficie libera è data da z=η(x ,t) ; all'interfaccia aria-acqua la pressione idrostatca è

nulla. Alla base della derivazione dell'equazione d'onda in shallow water vi sono le seguent

equazioni:

equazione dei momentD uD t

+1ρ ∇ p+ g z= 0 (1.1)

in component:

∂ u∂ t

+u∂ u∂ x

+w∂ u∂ z

=− 1ρ∂ p∂ x (1.2)

∂ w∂ t

+u∂ w∂ x

+w∂ w∂ z

=− 1ρ∂ p∂ z

−g (1.3)

equazione di contnuità ∇⋅u=0 (1.4)

condizione di superficie liberaD η

Dt=∂η

∂ t+u⋅∇ η=w , z=0 (1.5)

condizione al contorno sul fondale u⋅∇ (z)=0, z=−h (x) (1.6)

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Si consideri la conservazione globale della massa; integrando l'equazione di contnuità su un

tratto vertcale di oceano si ottiene:

0 =∫−h

η

[∇⋅u ] dz =∫−h

η

[ ∂ u∂ x +∂ w∂ z ] dz =

= ∂∂ x ∫−h

η

u dz − [u ]z=η

∂η∂ x

+ [u]z=−h∂ (−h)∂ x

+

+ [w ]z=η − [w ]z=−h = ∂∂ x ∫−h

η

u dz −[u]z=η

∂η

∂ x+[w ]z=η

dove nella seconda riga è stata usata la condizione di fondale rigido (1.6). Con la condizione

alla superficie libera, l'ultma equazione diventa

∂η

∂ t+ ∂∂ x ∫−h

η

u dz = 0 (1.7)

Si assume adesso che la componente vertcale dell'accelerazione sia trascurabile, si applica

cioé l'approssimazione di grande lunghezza d'onda rispetto allo spessore dell'oceano

(perfettamente plausibile nel caso degli tsunami in mare aperto). Ciò non implica che

l'ampiezza delle perturbazioni sia trascurabile e quindi i termini non-lineari rimangono.

∫z

η ∂ p∂ z

dz =− ∫z

η

ρ g dz

p (x ,η , t)− p (x , z , t) =−ρ g (η (x , t)− z )

p (x , y , z , t) = ρ g (η (x , y , t)− z)

dove si è usata la condizione p(x, η, t) = 0.

Usando questa espressione per la pressione idrostatca e assumendo inltre che non ci siano

variazioni vertcali per il campo di velocità orizzontale u, l'equazione del momento per u

diventa:

∂ u∂ t

+ u∂ u∂ x

+ g∂ η∂ x

= 0 (1.8)

mentre la conservazione della massa data dalla (1.7) diventa:

∂ η

∂ t+ ∂∂ x

[(η + h) u]= 0 (1.9)

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la (1.8) e la (1.9) sono le shallow water equations: sono delle equazioni differenziali non-lineari

nelle variabili u, η (equazioni alle derivate parziali ellittiche); è possibile però linearizzarle

considerando piccole perturbazioni di un fluido in quiete, ovvero:

η = 0 + η' u = 0 + u'

Sosttuendo nelle equazioni di shallow water e trascurando i termini di secondo ordine (gli

apici sono omessi) si ricavano le seguent:

∂ η

∂ t+∂ (u h)∂ x

=0 , ∂ u∂ t

u + g∂ h∂ x

= 0 (1.10)

Da cui, moltplicando la prima relazione per √ g e la seconda per √h

∂∂ t

(η √ g) + ∂∂ x

(u √ h⋅√ g h)= 0 (1.11)

∂∂ t

(u √ h)+√ g h ∂∂ x

(η √ g)= 0 (1.12)

Derivando rispetto al tempo la (1.11) e sosttuendo la (1.12) alla derivata temporale di u così

ottenuta, si ricava infine l'equazione d'onda lineare 1D:

∂2

∂ t 2(η √ g)= ∇ [gh ∇ (η √ g)] (1.13)

La velocità è, generalizzando al caso tridimensionale, c ( x , y )=√ g h (x , y ) e dipende

dalla topografia locale (che nel caso di uno tsunami acquisisce una certa rilevanza solo in

prossimità di terre emerse). In genere per uno tsunami in mare aperto si fa l'approssimazione

h ≈ cost.

v tsu=√ gh (1.14)

In tali condizioni, uno tsunami viaggia in modo compatto, non è cioé soggetto al fenomeno

della dispersione (vedi paragrafo successivo).

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1.2 Dispersione

Un'onda che si sta propagando in un mezzo dispersivo può essere caratterizzata da due

velocità: la velocità di fase e la velocità di gruppo. La prima si riferisce alla velocità con cui una

singola componente di Fourier si propaga nello spazio mentre la seconda è associata alla

velocità dell'inviluppo dato dalla sovrapposizione di tutte le component.

Il formalismo di Fourier è quello che meglio si adatta ai fenomeni ondulatori, data la

natura armonica delle funzioni che ne costtuiscono la base nello spazio di Hilbert. Qui di

seguito se ne presentano le relazioni fondamentali, valide per funzioni a quadrato sommabile.

F [ f ] (ω)=∫−∞

+∞

f (t ) e−i ω t dt , F−1 [ f ] (t)=12 π∫−∞

+∞

f (ω ) e i ω t d ω

Ci si può servire di tali relazioni per verificare l'identtà:

f (t)=F−1 [F [ f ] ] (t )=12 π∫−∞

+∞

e i ω t F [ f ] (ω) d ω

Un qualsiasi segnale temporale può dunque essere espresso attraverso la sua trasformata di

Fourier. La rappresentazione del segnale nel dominio delle frequenze consente di evidenziarne

alcune caratteristche che nel dominio temporale non sono esplicite.

In generale la trasformata di Fourier di un segnale è una funzione complessa, che si può perciò

esprimere come un'ampiezza moltplicata per una fase: F(ω)= A(ω)e iΓ(ω)

f (t) =12 π∫−∞

+∞

A (ω) exp (i [ω t + k (ω)⋅r +ϕ(ω)]) d ω (1.15)

dove ω è la frequenza angolare, k è il numero d'onda e φ è la fase iniziale, che contene

l'informazione sul meccanismo di generazione dell'onda.

Superfici di fase costante viaggiano nello spazio con una velocità data dal rapporto:

c (ω) = ωk (ω) (1.16)

con k modulo del numero d'onda. Tale rapporto prende il nome di velocità di fase.

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Spesso però la grandezza che interessa non è la velocità di fase bensì quella di gruppo,

che descrive come si propaga l'energia complessiva del segnale nello spazio. La velocità di

gruppo in una banda di frequenza (ω0 ± Δω) si può valutare espandendo il numero d'onda in

serie di Taylor in un intorno di ω0, arrestandosi all'ordine più basso. Si sosttuisce quindi

l'espressione ricavata in (1.15), ottenendo:

u (r , t)≃12 π

∫−ω0−Δ ω

ω0+Δ ω

A (ω) exp (i [(ω−ω0)(t−[ dkd ω ]ω=ω0

)]++ i [ω0 t−k (ω0) r+ϕ (ω) ]) d ω

(1.17)

Il secondo termine esponenziale in (1.17) descrive un'onda armonica di frequenza ω0 che si

propaga con velocità di fase c(ω0) = ω0 / k(ω0) , mentre il primo descrive un gruppo di onde

che, assumendo (t−[ dkdω ]ω=ω0) costante, si propaga con una velocità di gruppo:

v g=[ dω

dk ]ω=ω0. Se un segnale trasporta energia su una vasta gamma di frequenze si può

ripetere il ragionamento e definire per ogni banda una velocità di gruppo:

v g=d ω

d k(1.18)

Nel caso di un oceano piatto di profondità uniforme h, le relazioni per velocità di fase e di

gruppo per un'onda superficiale di gravità sono, rispettivamente:

c (ω)=√ g h tanh [k (ω) h]k (ω) h

e u (ω)= c (ω)[ 12 +k (ω) h

g h tanh [k (ω) h] ] (1.19)

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Fig. 1.2 Andamento delle velocità di fase e di gruppo (sopra) e della lunghezza d'onda (sotto) per le onde di

gravità in funzione del periodo (Ward, 2010)

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1.3 Effetto di shoaling

In prossimità della costa la profondità degli oceani diminuisce e l'onda di tsunami

subisce un processo di amplificazione dell'ampiezza, detto shoaling, ben descritto dalla legge

di Green:

A∝b−1 /4 (1.20)

in cui A è l'ampiezza e b è lo spessore dell'acqua.

Partendo dalla conservazione dell'energia se ne può fornire una derivazione euristca

(Tao T., (2011)). L'energia entro una lunghezza d'onda è proporzionale al quadrato

dell'ampiezza moltplicato per la lunghezza d'onda. Quest'ultma a sua volta è proporzionale

alla velocità di propagazione che come si è visto va come la radice quadrata della profondità

oceanica.

Eλ ∝ A2⋅λ ∝A2⋅v∝ A2√ bMan mano che l'onda avanza, la conservazione dell'energia impone che:

Eλ ∝ A2√ b=C

dove C è una costante. Dunque si può concludure che:

A=C⋅b−1/4

ritrovando la (1.20).

Fig. 1.3. Effetto di shoaling sull'ampiezza dell'onda di tsunami (Ward, 2010)

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Capitolo 2

Trattazione sismologica

In questo approccio il fenomeno ondoso è trattato come una naturale estensione dei

modi sismici a un modello solido-liquido accoppiato, in presenza della gravità (e.g. Panza et al.,

2000). Il sistema è modellizzato da una struttura stratficata in cui, generalmente, gli strat di

materiale a densità più elevata si collocano più in profondità rispetto a quelli con densità più

bassa. In corrispondenza del fondale oceanico c'è un forte contrasto di impedenza che, unito

all'assenza di viscosità, determina la modalità di propagazione delle onde sismiche e di gravità

nell'acqua. Prima di procedere all'analisi del fenomeno tsunami è dunque opportuno fornire

una descrizione del meccanismo di eccitazione.

Una sorgente sismica tettonica (scorrimento sul piano di faglia) si rappresenta

comunemente nel seguente modo:

Fig. 3. Rappresentazione schematca di una faglia

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I parametri rilevant sono tre angoli: strike (φ), dip (δ) e rake (λ). Di solito, anziché

l'angolo di strike, si preferisce usare l'angolo di strike relatvo, ovvero l'angolo formato dalla

direzione sorgente-ricevitore con la direzione della faglia.

Tali angoli, insieme ad altre grandezze (e.g. magnitudo) definiscono il tensore dei

moment, che permette di rappresentare, con una doppia coppia puntforme una sorgente

sismica e il relatvo profilo di radiazione. Si trova che quest'ultmo, nel caso delle onde di

Tsunami, ha la stessa forma, data da:

χ (hs,φ )=d0+i(d1sinφ +d2cosφ )+d3 sin 2φ +d4 cos2φ (2.1)

in cui di sono funzioni degli angoli di dip e rake e delle autofunzioni.

Il modello a strat adottato per l'approccio modale è illustrato nella figura seguente

Fig. 1.4. Modello a strat

Se un'onda sismica si sta propagando in un mezzo solido, la principale forza di richiamo

coinvolta è l'interazione tra le partcelle adiacent, ovvero la forza elastca. Questo non è vero

quando si considera un mezzo fluido: per alcune frequenze di oscillazione la forza di richiamo

dominante può essere la gravità. Nel caso degli oceani la gran parte dei fenomeni ondosi che

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si osservano sono perlopiù dovut alla forza di gravità: il caso degli tsunami è di partcolare

rilevanza, date le proporzioni del fenomeno e le possibili conseguenze sull'uomo. Uno tsunami

si differenzia dalle comuni onde di superficie per il meccanismo di eccitazione: il primo è

dovuto ad una perturbazione estesa del fondo oceanico mentre le seconde sono eccitate dal

vento o comunque da perturbazioni del fluido vicino alla superficie libera.

Il metodo qui utlizzato per generare l'evoluzione temporale di uno tsunami è

un'estensione del metodo Haskell, già impiegato con successo nello studio delle onde di Love

e Rayleigh in strutture multstrato e per la generazione di sismogrammi sintetci (e.g. Panza et

al., 2001). Il procedimento consiste nella risoluzione delle equazioni del moto elastco nel

mezzo fluido a contatto con un semispazio stratficato solido che può presentare vari strat di

diverso spessore e densità. Anche il fluido può presentare una struttura stratficata e, a

differenza delle component solide, risente della forza gravitazionale che va dunque

opportunamente integrata nelle equazioni del moto.

Nel seguito si indica con u (x, t) il campo di spostamento associato ai punt del mezzo

interessato dalla perturbazione.

Equazioni del moto

nel mezzo liquido

α 2∇ (∇⋅u)−g z = ∂2u

∂ t2(2.2)

nel mezzo solido

α 2∇ (∇⋅u)−β 2

∇×(∇×u)=∂2u∂ t2

(2.3)

dove α è la velocità delle onde P, β è la velocità delle onde S e g è l'accelerazione di gravità,

supposta costante per il sistema.

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Condizioni al contorno

Sulla superficie libera del fluido, la pressione p, che nel liquido è dovuta sia alla forza

elastca sia alla pressione idrostatca, deve annullarsi; cioé

p[ z−l+w−l(z−l)]= p( z−l)+[ dpdz ]z−lw−l=−ρ−lα2−l ∇⋅u−l+ρ−lg [w−l ]zl =0 (2.4)

dove i termini di secondo ordine sono trascurat.

Sulle interfacce tra gli strat liquidi, la pressione e la componente vertcale del moto

devono essere contnue. È pratcamente equivalente applicare tale condizione alle interfacce

imperturbate: z= z−j anziché z= z−j+w (z− j)

−ρ− jα2− j∇⋅u− j+ρ− j g[w− j]z j=−ρ− jα

2− j−1∇⋅u−j−1+ρ− j−1 g[w− j−1]z j−1 (2.5)

Sul fondale (z = 0) si ha invece:

w−1(z0)=w1(z0)

−ρ−1α2−1∇⋅u−1(z0)=σ 1(z0)

0=τ 1(z0)

(2.6)

con σ e τ rispettivamente sforzo normale e sforzo di taglio.

Sulle interfacce tra gli strat solidi tutte le component dello spostamento e dello sforzo

sono contnue; cioé:

wm (zm)=wm+1 (zm)

um (zm)=um+ 1 (zm)

σ m (zm)=σ m+1 (zm)

τ m (zm)=τ m+ 1 (zm)

(2.7)

per 1 ≤ m ≤ N − 1 .

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Soluzioni

La soluzione dell'equazione del moto nel j-esimo strato liquido in termini di un'onda

armonica propagantesi lungo l'asse x con frequenza angolare ω e velocità di fase c, è (in

component)

u−j (x , y , z)=−i α j

2

ω c [A− j exp (−η2 (−j) zα− j )−

− B− j exp (−η1 (−j) zα− j )] exp [i (ω t − k x)]

(2.8)

w− j (x , y , z)=−α− j

2

ω c [η1 (−j) A− j exp (−η2 (−j) zα− j )−

−η2 (−j) B− j exp (−η1 (− j) zα− j )] exp [i (ω t− k x)]

(2.9)

in cui k è il numero d'onda orizzontale, i è l'unità immaginaria, e valgono le seguent:

η1 (− j)=−ω ψ− j−g

2α− j,

η2 (− j)= ω ψ− j−g

2 α− j,

ψ− j2=

α− j2

c2−1 +

g2

4 α− j2 ω

2

(2.10)

I coefficient A-j e B-j , conoscendo la forma delle autofunzioni e avendo introdotto le condizioni

al contorno, si possono determinare con metodi standard. Le soluzioni dell'equazione del

moto negli strat solidi sono molto simili a quelle viste per gli strat liquidi; presentano due

termini in più in cui compare la dipendenza dalle autofunzioni (modo di Rayleigh) frutto della

maggiore complessità del sistema che in questo caso è soggetto anche a sforzi di taglio,

mentre non è influenzato sensibilmente dalla forza di gravità

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Tsunami eccitat da sorgent sismiche

Per un modello oceanico lateralmente omogeno, una volta determinat autovalori ed

autofunzioni, è possibile calcolare il mareogramma sintetco dovuto all'eccitazione del modo

di tsunami da parte di una sorgente sismica a doppia coppia usando l'espressione asintotca

per un'onda armonica

U =exp (−i π / 4)

√8 π

exp [ i ω (t − X / c)]

√ XR χ

√ω c √ v g I 1u

√ v g I 1 (2.11)

dove vg è la velocità di gruppo, X è la distanza dall'epicentro, u = u(z, ω) = u(z, ω) ex + w(z, ω)

ez , R = |R(ω)| exp[i arg (R(ω))] è la trasformata di Fourier della funzione temporale della

sorgente, e χ è il profilo di radiazione, dato dalla (2.1).

L'aspetto notevole dell'approccio modale nei confront di uno tsunami è che, dat i

mareogrammi di un areale della sorgente, si può ricostruire il meccanismo di eccitazione. È

noto che esiste un'ambiguità sulla determinazione del meccanismo focale quando si vanno ad

esaminare i profili di radiazione delle onde di Rayleigh per cert valori dei parametri di faglia.

Data la somiglianza del modo di Tsunami con il modo di Rayleigh (i modi sono

strettamente "imparentat") è lecito supporre che tale ambiguità sia riscontrabile anche per le

onde di Tsunami.

Fig. 2.2 Autofunzioni del modo di tsunami per le component radiale (linee solide) e vertcale (linee tratteggiate)

nel liquido (a sinistra) e nel solido (a destra)

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Capitolo 3

Studi parametrici

In questa sezione si analizzano i segnali sintetci di uno tsunami nei domini del tempo e

della frequenza.

3.1 Proprietà di simmetria

Innanzitutto è stato svolto uno studio sulle proprietà di simmetria di uno tsunami,

osservandone l'evoluzione temporale per una distanza dall'epicentro fissata e variando

l'angolo di strike relatvo. Effettivamente è risultato che per alcuni meccanismi di eccitazione i

mareogrammi evidenziavano una certa periodicità.

Se si considera la relazione per lo spettro di radiazione, richiamata qui di seguito, è facile

osservare che nella maggiorparte dei casi esso assume una vistosa forma bilobata o

quadrilobata.

χ (hs ,φ )=d0+i(d1sinφ +d2cos φ)+d3 sin 2φ +d4 cos2φ

in cui:

d0=12B (hs) sin λ sin 2 δ ,

d1=−C (hs) sin λ sin 2δ ,

d2=−C (hs) cos λ cos δ ,

d3= A (hs) cos λ sin δ ,

d4=−12A (hs) sin λ sin 2 δ

(3.1)

A (hs)=−iku(hs) ,

B (hs)=−iku(hs)(3−4 β 2(hs)

α 2(hs) )−2[[∂ w∂ z ]

hs

−iku (hs)(1−2 β 2(hs)

α 2(hs) )] ,

C (hs)=[∂ u∂ z ]hs−ikw (hs)

(3.2)

Per un certo meccanismo di eccitazione (ovvero per dei fissat parametri di faglia) si avrà la

predominanza di alcuni termini che determineranno la forma dello spettro di radiazione.

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La distanza dall'epicentro alla quale si effettuano le misurazioni, è fissata a 500km, lo strike

relatvo e il rake sono uguali a 0° e 90° rispettivamente, mentre la magnitudo del sisma è pari a

8.

Tali valori rimangono gli stessi in tutti i casi a seguire, a meno che non sia specificato

diversamente. Avendo scelto lo strike nullo ci si è post su un massimo del profilo di

radiazione, in cui piccoli cambiament dei parametri produrranno delle variazioni evident. Il

meccanismo sismico è dunque un pure normal thrust e l'espressione per il profilo di

radiazione diventa:

χ (hs ,φ )=d0+d4 (3.3)

Sono stat presi in considerazione due casi con diverso dip: δ = 90° e δ = 45°. Per entrambi si è

adottata la stessa struttura a strat, così composta: un oceano di 4km e densità uniforme pari a

1.5 g/cm3 , seguito da uno strato solido di 10km con densità 2.9g/cm3 e dal semispazio con

densità 3.5g/cm3 . Le velocità di propagazione delle onde elastche sono: 1.5km/s nell'acqua,

7.2km/s per le onde P e 4.2km/s per le S nel primo strato solido, e, nello stesso ordine,

9.1km/s e 4.7km/s nel secondo strato solido.

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Ambiguità nella determinazione del meccanismo di eccitazione

Qui di seguito si mostrano le ampiezze spettrali di segnali generat variando solamente

l'angolo di dip.

Fig. 3.1. Spettri di ampiezza per dip = 45° e dip = 30°, a varie profondità dell'ipocentro

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Fig. 3.2 Spettri di ampiezza per dip = 15° a varie profondità dell'ipocentro

Si osserva che sono esattamente identci a meno di un fattore moltplicatvo: facendo i

rapport delle curve alla medesima profondità si otterrebbero dei valori costant che

corrispondono esattamente all'andamento della funzione trigonometrica che ha per

argomento l'angolo di dip (nel qual caso sin(2δ)).

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3.2 Dip fissato a 90°

Fig. 3.3. Spettri di ampiezza a varie profondità dell'ipocentro

Nella figura 3.3 si può notare come il massimo dello spettro si sposta verso le basse frequenze

all'aumentare della profondità dell'ipocentro. Si può inoltre notare che esistono almeno due

famiglie di curve: la prima comprende quelle da 5km fino a 13km, la seconda invece

comprende quelle da 14km fino a 17km. Il perché di tale distnzione è da ricercarsi nella

struttura della crosta: infatti a 14km di profondità c'è un salto di densità e quindi la forma delle

autofunzioni cambia notevolmente. All'interno di una stessa famiglia si notano cambiament

graduali, dovut alla diversa profondità a cui è calcolata la medesima autofunzione.

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Fig. 3.4. Rapporto degli spettri di ampiezza a varie profondità dell'ipocentro

In figura 3.4 sono riportat i rapport degli spettri di ampiezza del grafico precedente,

normalizzat rispetto alla curva a profondità 9km. É possibile notare anche qua le due famiglie,

distnguibili dal diverso comportamento in prossimità dello zero.

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Fig. 3.5 Mareogrammi per varie profondità dell’ipocentro

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I mareogrammi confermano quanto già detto per gli spettri di ampiezza: a maggiori profondità

della sorgente corrispondono frequenze più basse, infatti le oscillazioni si fanno mano a mano

più ampie. In corrispondenza di 14km di profondità si osserva di nuovo una brusca transizione

nel comportamento delle curve. A profondità maggiori si ha la quasi esclusiva eccitazione dei

modi a bassa frequenza, con graduale perdita di energia.

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Fig. 3.6. Mareogrammi a varie profondità dell’ipocentro

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3.3 Dip fissato a 45°

Fig. 3.7. Spettri di ampiezza a varie profondità dell'ipocentro

Fig. 3.8. Spettri di ampiezza a varie profondità dell'ipocentro, normalizzat rispetto alla curva relatva a 5km

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In figura 3.9 si osserva nuovamente la presenza di due famiglie di curve, mentre in figura 3.10

è molto evidente come i due tpi di curve si possano distnguere in base al diverso andamento

in prossimità dello 0.

Fig. 3.9. Spettri di ampiezza a varie profondità dell'ipocentro. Panoramica

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3.4 Spessore Oceanico Variabile

L'ultmo studio parametrico è stato svolto su tsunami generat da un sisma con ipocentro a

una profondità dal fondale oceanico fissata a 5km, variando invece lo spessore dell'oceano.

Fig. 3.10. Spettri di ampiezza a dip = 90° per vari spessori di oceano

Fig. 3.11. Spettri di ampiezza della Fig. 3.10 normalizzat rispetto alla curva relatva a 1km

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3.12. Spettri di ampiezza a dip = 45° per vari spessori di oceano

Fig. 3.13. Spettri di ampiezza della Fig. 3.12 normalizzat rispetto la curva relatva a 1km

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È interessante vedere che cosa accade nel dominio dei tempi: variando lo spessore oceanico e

mantenendo fissa la profondità dell'ipocentro nel solido ci si aspetta che i segnali prodotti

cambino notevolmente da uno all'altro. Si mostrano qui di seguito i mareogrammi nel caso in

cui dip = 90°.

Fig. 3.14. Mareogrammi per vari spessori di oceano

Si nota come per spessori maggiori la velocità dello tsunami sia aumentata, in accordo con la

relazione ricavata nel primo capitolo. Inoltre si vede l'influenza del diverso spessore oceanico il

quale agisce sulle frequenze di oscillazione.

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Conclusioni

Questo lavoro di tesi si poneva come obiettivo quello di riassumere le caratteristche di un

fenomeno fisico di notevole interesse, sia per complessità che per le possibili conseguenze

negatve sull'uomo. La complessità dello tsunami risiede nell'individuazione delle interazioni

rilevant che ne determinano l'evoluzione temporale; in questa tesi, avendo trattando segnali

sintetci, ci si è riservat dall'approfondire tutte le caratteristche che possono manifestarsi in

un caso più realistco. Ci si è invece concentrat sull'approssimazione di shallow water, la quale

rimane un validissimo modello per gran parte dell'esistenza di uno tsunami.

L’utlizzo del computer con la trattazione analitca modale ha permesso di svolgere in

tempi brevi tutti i calcoli necessari all'implementazione di un modello in cui si tenesse conto

del meccanismo di eccitazione, dato nella maggior parte dei casi da un terremoto

sottomarino. Grazie ad un programma adeguato è possibile quindi seguire l'evoluzione di uno

tsunami, date le condizioni iniziali relatve al meccanismo sismico. La simulazione dei

fenomeni geofisici è molto importante, sia come indispensabile supporto a una diagnosi della

struttura terrestre e sia come strumento di prevenzione dei danni alle persone e alle strutture

umane. Inoltre, come io stesso ho potuto verificare, una simulazione costtuisce un utle

strumento didattico, unita alla conoscenza del modello matematco utlizzato per la sua

implementazione.

Spero che questo lavoro sia servito a correggere o almeno chiarificare l'immagine,

spesso distorta nell'immaginario collettivo, che si ha di uno tsunami.

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Bibliografia

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realistc oceanic models", Internatonal Geophysics Journal, 141, pp. 498-508.

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Heterogeneous Media: Theory and Applicaton to Seismic Zonaton", Advances in Geophysics,

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https://terrytao.wordpress.com/2011/03/13/the-shallow-water-wave-equaton-and-tsunami-

propagaton/

Ward S. N., (2010). "Tsunami", da: Encyclopedia of Solid Earth Geophysics, Springer

Press.

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Ringraziament

Innanzitutto ringrazio il mio relatore, per me 'prof. Romanelli', per avermi supportato e

sopportato. Il mio pensiero va quindi alla mia famiglia, che mi è sempre stata vicino e

contnuerà a farlo: non finirò mai di ringraziarli. Un grosso grazie anche a tutti gli amici del

corso di fisica, dell'associazione TAO di Trieste e agli amici di Udine (e dintorni) con cui ho

trascorso moment belli, e magari anche brutti; la vostra presenza è importante. Porgo infine

un sincero ringraziamento a tutti coloro che hanno letto questa tesi.

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