unità 1 lo stato - staticmy.zanichelli.it · • comprendere che cos’è lo stato e ... ci...

20
2 UNITÀ Lo Stato 1 LEZIONI SCHEDE LEZIONE 1 La piazza e lo Stato LEZIONE 2 Gli elementi costitutivi dello Stato LEZIONE 3 Il territorio e il popolo LEZIONE 4 Forme di Stato e di governo EDUCAZIONE FINANZIARIA L’evasione fscale CITTADINANZA DIGITALE e-Government EDUCAZIONE FINANZIARIA Pil, ricchezza e benessere www. online.zanichelli.it/ iuristantum RICORDATI DI CONTROLLARE GLI AGGIORNAMENTI SUL SITO ONLINE DI IURIS TANTUM

Upload: vankhuong

Post on 15-Feb-2019

214 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

2

unità

Lo Stato1

LEZiOni

SCHEDE

LEZiOnE 1 La piazza e lo Stato

LEZiOnE 2 Gli elementi costitutivi dello Stato

LEZiOnE 3 Il territorio e il popolo

LEZiOnE 4 Forme di Stato e di governo

EDuCaZiOnE fInanzIarIa L’evasione fscaleCittaDinanZa dIgItaLe e-Government

EDuCaZiOnE fInanzIarIa Pil, ricchezza e benessere

www. online.zanichelli.it/iuristantum

ricordati di controllare gli aggiornamenti sul sito online di iuris tantum

Page 2: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

Conoscenze Abilità

3

Competenze di asse

unità 1

• Saper individuare le problematiche legate al territorio dello Stato anche alla luce degli attuali confitti generati dalla defnizione dei confni

• Saper distinguere le diverse posizioni legate alla cittadinanza anche alla luce delle attuali problematiche connesse agli ingenti fussi migratori

• Saper riconoscere la fsionomia politica e istituzionale di uno Stato attraverso l’analisi della sua forma di governo e del suo modo di rapportarsi con i cittadini

• Comprendere che cos’è lo Stato e il suo ruolo quale guida necessaria della comunità

• Conoscere gli elementi costitutivi dello Stato

• Conoscere le problematiche connesse alla cittadinanza quale status attributivo di posizioni giuridiche

• Conoscere le diverse forme che può assumere lo Stato nell’esercizio della sovranità

• Conoscere le diverse forme con le quali può essere ripartito il potere sovrano tra gli organi dello Stato

• Riconoscere i valori fondamentali posti dalla Costituzione alla base della nostra convivenza sociale

• Riconoscere le scelte operate dal nostro Stato nei rapporti con la comunità internazionale

• Collocare l’esperienza personale nel tessuto sociale della comunità nel rispetto dei valori espressi dalla Costituzione

Contenuti multimediali

100 domande per misurare la tua bravura

Esercita le competenze e impara a usare il Codice con

diritto

Se la natura avesse tante

leggi quante ne ha lo Stato, neppure Dio potrebbe governarla.

Ludwig Börne, Il pazzo nel cigno bianco

Page 3: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

Lo Stato

1

4

un

ità

1. Voci dalla piazza

In questo corso di diritto pubblico ci occuperemo essenzialmente dello Stato italiano. Vedremo di quali poteri dispone per esercitare le sue funzioni; quali sono i suoi organi politici e amministrativi; in che modo si rapporta con gli altri Stati e con gli organismi sovrannazionali.

Queste informazioni sono di grande utilità per ogni cittadino. Tutti dovremmo cono-scere come funziona il nostro Stato. Però, conoscerne solo il funzionamento è un po’ come leggere le istruzioni di un apparecchio elettronico. Prima di scoprire la funzione di ogni pulsante è bene capire a che cose serve l’apparecchio. Che cosa se ne dice in giro? Funziona bene? Funziona male? È da comperare?

Abbiamo provato a riassumere i commenti e le voci sullo Stato che emergono dalla società civile e quella che segue è una breve rassegna di quanto ciascuno può aver ascoltato in varie occasioni.

IO NON MI RICONOSCO IN QUESTO STATO!QUESTO NON È UNO STATO DEMOCRATICO!VOGLIAMO LA DEMOCRAZIA DELLE RETE!IN ITALIA CI SONO TROPPE LEGGI!LO STATO DEVE DARCI LAVORO!GLI IMPRENDITORI DELOCALIZZANO PERCHé LO STATO NON FUNZIONA!DEREGULATION PER LE IMPRESE!PIU IMPRESA PRIVATA E MENO STATO!LO STATO DEVE ESSERE IL REGOLATORE DELL’ECONOMIA!LO STATO DEVE RIDURRE LA SPESA PUBBLICA!LO STATO NON CONTRASTA L’EVASIONE FISCALE!LO STATO SOCIALE COSTA TROPPO!LO STATO DEVE CONTRASTARE LA SPECULAZIONE FINANZIARIA!

Ad ascoltare queste voci viene da pensare che se lo Stato fosse l’apparecchio elettroni-co di cui parlavamo sopra non lo compreremmo mai. Ma lo Stato non si può comprare o non comprare. Nello Stato ci viviamo e con questa realtà dobbiamo fare i conti.

Lez

ion

e

1 La piazza e lo Stato

Page 4: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

5

La piazza e lo Stato LEZiOnE 1

Prima di stracciarci le vesti, tuttavia è importante fare qualche breve rifessione per capire che cosa c’è di fondato in queste voci; che cosa c’è di esagerato o che cosa c’è di decisamente sbagliato. Potremmo avere delle sorprese.

Prima di iniziare questo cammino nelle “voci della piazza” dobbiamo, in via assoluta-mente propedeutica, dare una defnizione di Stato.

2. Lo Stato comunità e lo Stato apparatoCome abbiamo avuto modo di studiare nel primo biennio, nella nostra lingua la parola Stato assume due diversi signifcati a seconda che ci si riferisca allo Stato comunità o allo Stato apparato.

Stato comunità è chiamata la realtà geografco-politica costituita da un territorio su

cui vive stabilmente un popolo dotato di sovranità su se stesso.

Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia sono due Stati confnanti, o che l’Unione europea è composta di 28 Stati.

Stato apparato, invece, è chiamato l’apparato (Parlamento, Governo, Presidente del-

la Repubblica, ecc.) che entro i confni dello Stato comunità, concretamente esercita il

potere sovrano, cioè il potere di comando.

Ci riferiamo allo Stato apparato, per esempio, quando diciamo che lo Stato italiano impone ai propri cittadini il pagamento di notevoli tributi oppure quando sosteniamo che lo Stato opera bene o opera male.

Non c’è dubbio, pertanto, che quando ci domandiamo che cosa, di bello o di brutto, possiamo aspettarci dallo Stato, ci riferiamo implicitamente, ma inequivocabilmente allo Stato apparato e ai suoi organi.

3. “non mi riconosco in questo Stato!”L’Italia, tra i Paesi europei, è forse quello nel quale l’identifcazione con lo Stato è più debole che in altri. Abusivismo, evasione fscale, cattiva gestione del denaro pubblico, incuria per il territorio, fuga all’estero di imprese e di capitali sono comportamenti ri-provevoli che testimoniano, in chi li pone in atto, cinismo e indiferenza verso il Paese. Ma perché accade questo? Che cosa ci impedisce di considerarci una comunità che, collaborando rettamente e correttamente, può fare grandi cose?

Probabilmente ce lo impedisce la nostra storia politica. Dalla caduta dell’impero ro-mano fno alla metà dell’Ottocento (quando fnalmente abbiamo raggiunto l’unità e l’indipendenza) il nostro Paese è stato occupato da stranieri. E poiché gli stranieri non venivano per ben governare, ma per curare i propri interessi, era normale che lo Stato fosse vissuto dai cittadini come un corpo estraneo a cui si doveva obbedire per paura e non per volontaria adesione.

Tutto ciò non può costituire, però, una giustifcazione senza limiti di tempo. L’Italia è ormai da più di 150 anni un Paese libero e indipendente e da quasi 70 anni una repub-blica democratica. Che cosa manca perché si stabilisca una leale collaborazione tra lo Stato e i cittadini?

Ciò che manca, probabilmente, è uno Stato apparato ben funzionante capace di tra-smettere fducia nelle sue scelte e capace di essere corretto verso i cittadini. L’espe-rienza quotidiana, unita alle informazioni che ci giungono da inchieste giornalistiche e

Page 5: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

LO StatO

6

unità 1

giudiziarie ci dice che siamo ancora lontani da questo modello. E tuttavia ciò non può giustifcare il permanere nella società di comportamenti anarcoidi motivati dal fatto che una buona parte della rappresentanza politica non è costituita dalle persone più commendevoli. In un Paese democratico la classe politica è scelta periodicamente dai cittadini ed è selezionata tra i cittadini. Essa pertanto è lo specchio della collettività che l’ha eletta. E allora è la collettività che deve compiere un salto culturale se vuole cambiare lo Stato.

Che cosa signifca compiere un salto culturale?

Signifca, per esempio, partecipare più intensamente alla vita politica e battersi per modifcare le leggi ritenute ingiuste piuttosto che aggirarle. Come insegna l’espe-rienza, si comincia ad aggirare le leggi ingiuste, si prosegue con l’aggirare le leggi che non ci fa comodo rispettare, e si fnisce per eleggere una classe politica tolleran-te sulla quale riversare poi le colpe del cattivo funzionamento dello Stato assolvendo noi stessi.

Da questo circolo vizioso si esce soltanto se ogni persona, ogni giovane, ogni studente, comincia a domandarsi: che cosa faccio io perché lo Stato funzioni al meglio?

No, non lo è. O almeno non lo è più. Però sicuramente lo è stata per un tempo più lungo di qualsiasi altro Paese al mondo. Roma è stata un faro rimasto acceso per più di mille anni. E non per la forza delle sue legioni (nulla è più efmero della forza militare) ma per la sua cultura, per i suoi giuristi, per i suoi incredibili inge-gneri. E dopo Roma è stata la volta del papato. Possia-

mo essere molto critici, e bene a ragione, sulla storia dei papi, ma è innegabile che essi hanno posto anco-ra una volta l’Italia al centro dell’attenzione universale. Con la fne dei secoli bui dell’Alto e del Basso Me-dioevo hanno cominciato ad accendersi le luci dei grandi centri insuperati di cultura e di arte come la Roma rinascimentale, la Firenze dei Medici e poi

ancora Bologna, Mantova, Ferrara, Venezia, Napoli. A ben rifettere l’Italia non è una penisola che galleggia sul mare, ma sulla cultura e sull’arte. Naturalmente non stiamo evocando tutto ciò per suscitare vana gloria, ma per ricordare che il nostro Paese è stato anche capace di essere migliore. E magari potrebbe riuscirci ancora.

Questioni L’italia è il centro del mondo?

4. “Questo non è uno Stato democratico!”Immaginando di avere operato quel salto culturale di cui parlavamo nel paragrafo pre-cedente, proseguiamo il nostro viaggio critico nelle “voci della piazza” considerando una delle esclamazioni che si possono ascoltare con maggiore frequenza: “Questo non è un Paese democratico!”

La prima considerazione che ci viene in mente è che se in un Paese non ci fosse demo-crazia non ci sarebbe neanche la possibilità di protestare per la sua mancanza.

Che cosa è esattamente la democrazia?

La democrazia, che noi oggi consideriamo un valore assoluto e irrinunciabile, era considerata, fno a poco più di un secolo fa, un modello assolutamente negativo, una disgrazia da scongiurare nel modo più deciso perché, si sosteneva, dava al popolo ignorante, egoista, ingordo, un potere che avrebbe usato nel modo peggiore.

Page 6: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

7

La piazza e lo Stato LEZiOnE 1

Democrazia è un termine che deriva dal greco demos, che signifca popolo, e kratos,

che signifca potere.

La democrazia, pertanto, è un sistema nel quale il potere, cioè la sovranità, appartiene a tutto il popolo che ne delega l’esercizio ai propri rappresentanti liberamente eletti.

È suffciente che il popolo elegga i suoi rappresentanti perché si abbia una democrazia?

Certamente no. Anche negli Stati totalitari talvolta vengono indette elezioni politiche, ma essendovi un unico partito ed essendo vietata ogni forma di opposizione, il popolo non ha alcuna reale possibilità di scelta.

Elementi essenziali afnché uno Stato possa essere defnito democratico sono:

• il sufragio universale, cioè la possibilità per tutti i cittadini di votare liberamente e di essere eletti;

• il pluralismo politico, cioè la presenza di una pluralità di partiti, di associazioni, di mo-vimenti che si facciano portavoce delle richieste che vengono dalla società;

• la libertà di riunione, di associazione e di espressione del pensiero afnché sia favorita la più ampia circolazione delle idee;

• l’accettazione del metodo democratico, in virtù del quale le decisioni politiche ven-gano assunte a maggioranza, ma alla minoranza è garantita la libertà e la concreta possibilità di esprimere pubblicamente il proprio dissenso e di operare per diventa-re essa stessa maggioranza.

Io faccio parte del popolo, però non ho alcun potere di comando e devo solo obbedire alle leggi. Come si spiega questo fatto?

La democrazia può essere esercitata in modo diretto o indiretto.

La democrazia indiretta o rappresentativa prevede che il popolo elegga i propri rap-

presentanti i quali svolgeranno le funzioni che la Costituzione assegna loro. Questo

tipo di democrazia costituisce oggi il più difuso sistema di gestione del potere politico.

Per quanto riguarda il nostro Paese, il secondo comma dell’articolo 1 della Costituzione stabilisce che “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

La democrazia diretta è un sistema nel quale il popolo si pronuncia direttamente su

tutti i più importanti provvedimenti riguardanti la vita del Paese e nel quale i governan-

ti, dopo aver ascoltato il responso popolare, si limitano a darvi esecuzione.

Questo sistema è stato adottato per un arco di tempo non breve nelle antiche città greche e nella Roma repubblicana. Ma in quelle realtà storiche la consultazione popo-lare diretta era agevolata dal fatto che il numero dei votanti era piuttosto contenuto e ciò consentiva, in taluni casi, di riunirli nella piazza o nel foro e procedere direttamente alle deliberazioni.

Oggi nessuna piazza potrebbe contenere i cittadini di uno Stato di normali dimensio-ni. La possibilità di utilizzare la rete telematica potrebbe forse contribuire a superare

Pluralismo politico

Metodo democratico

Libertà di riunione,

associazione, espressione

Suffragio universale

Elementi essenziali per una democrazia

La democrazia consente, con il voto popolare, di cambiare periodicamente la classe dirigente che non abbia guidato il Paese in modo retto e responsabile. Se poi gli elettori non compiono le scelte migliori, la colpa non è della democrazia.

Page 7: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

LO StatO

8

unità 1

questo tipo di ostacolo, ma in realtà il sistema di democrazia diretta comporta anche altri problemi.

Uno di questi è la impossibilità di condurre una mediazione tra posizioni diverse. Al cit-tadino si chiede solo di dire sì o no su una certa proposta e questa rigida alternativa alla lunga diventa causa di frattura sociale. Un Paese funziona bene quando tra i cittadini vi è un ragionevole spirito collaborativo. E questo risultato si raggiunge non proponendo alternative drastiche ma operando una continua mediazione tra posizioni diverse. La po-litica, in tutti i Paesi civili è mediazione. E non traggano in inganno i confronti aspri tra esponenti politici a cui si assiste talvolta nei dibattiti televisivi. È ragionevole che ciascuno sostenga con vigore la propria posizione, ma è altrettanto ragionevole che poi si cerchi una soluzione accettabile al problema in discussione. In Italia, come vedremo meglio nell’Unità 4 le leggi, prima di essere votate nelle aule parlamentari, vengono esaminate da apposite commissioni che hanno proprio il compito di mediare tra le diverse proposte e trovare sulla legge la più ampia condivisione. Non per caso la maggior parte delle leggi in vigore sono state approvate dalla maggioranza in non totale dissenso con la minoranza.

Cercare sempre un accordo tra forze politiche diverse non signifca fare dei compro-messi?

Compromesso non è una parolaccia. Il termine indica un accordo con il quale ciascuna parte cede qualcosa alle ragioni dell’altra. E questo è un comportamento altamente responsabile che attenua le divisioni nella società. È utile capire che la democrazia, non deve essere confusa con il dispotismo della maggioranza per efetto del quale chi vince le elezioni comanda e gli altri obbediscono. Chi vince le elezioni deve sicura-mente assumersi la responsabilità delle scelte necessarie al governo del Paese, ma al tempo stesso non deve del tutto ignorare le istanze che provengono da quella parte della società che si riconosce nelle opposizioni.

5. ÒIn Italia ci sono troppe leggi!ÓSostenevano i giuristi latini: plurimae leges, pessima res publica (“molte leggi, pessimo Stato”). E questo sembra proprio il nostro caso. È indubitabile, infatti, che la quantità di leggi da cui siamo gravati stia superando il limite di tolleranza. Tuttavia una conside-razione si impone: poiché le leggi servono per risolvere i contrasti, più una società è litigiosa e irrispettosa, più diventa indispensabile regolare con norme sempre nuove il moltiplicarsi delle forme di confittualità. Al contrario, se una società è capace di autoregolarsi sulla base dei principi di normale correttezza, l’intervento dello Stato tende a ridursi.Pertanto se siamo un Paese litigioso (come testimoniano la statistiche giudiziarie) non possiamo addossare allo Stato tutta la responsabilità dell’eccesso normativo.

Ma per altro verso non possiamo neppure completamente assolverlo. Non tutte le leggi, infatti, sono volte a risolvere i contrasti. Molte, anzi moltissime, sono indirizzate a regolare l’attività dello Stato stesso: dalle contorte norme sul funziona-mento della burocrazia a quelle criptiche sul prelievo fscale.

Possiamo allora concludere che:

• lo Stato è efciente quando ha una visione chiara dei suoi obiettivi e riesce a costru-ire un sistema giuridico razionale, capace di regolare la vita sociale senza sofocarla;

Il referendum abrogativo

è un esempio di democrazia

diretta previsto dalla Costituzione italiana. Con il voto referendario tutti i cittadini sono chiamati a decidere se una determinata legge (o una sua parte) debba continuare a far parte dell’ordinamento oppure debba essere abrogata.

Page 8: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

9

La piazza e lo Stato LEZiOnE 1

• lo Stato è inefciente quando non riesce a programmare nel tempo il suo inter-vento e fnisce per tamponare con norme improvvisate e spesso contraddittorie la complessa e rapida evoluzione della società. In questo caso l’ordinamento giuridico smette di essere un insieme ordinato e coordinato di norme per diventare una selva inestricabile e ostile.

Chiarezza, ragionevolezza, equità e rispetto delle norme

Vorrei fare una rifessione. A me sembra che in Italia i giudici abbiano molto lavoro non tanto o non solo perché siamo un popolo litigioso, quanto per il fatto che fonte di contrasto è anche la poca chiarezza delle leggi che induce a ricorrere al magistrato per sapere chi ha ragione e chi ha torto.

È indubitabile che le norme dovrebbero essere non solo poche, ma anche chiare, ra-gionevoli ed eque.

Norme poco chiare generano incertezza nei cittadini, alimentano il ricorso alla Magi-stratura e agevolano chi è capace di aggirarle.

Norme ragionevoli sono quelle che non introducono obblighi inutili e divieti incom-prensibili. L’irragionevolezza delle norme induce fatalmente alla trasgressione e l’abitu-dine alla trasgressione è una malattia terribilmente perniciosa.

L’equità è un parametro a cui dovrebbe fare riferimento tutto l’ordinamento. Equo è un sistema giuridico che non gratifica alcune fasce sociali con ingiustificati pri-vilegi e non penalizza altre fasce sociali con ingiustificati sacrifici. L’equità delle norme è la condizione essenziale per la loro generale accettazione ed è garanzia di pace sociale.

Non meno importante di avere norme chiare, ragionevoli ed eque, è che lo Stato che le ha emesse sia anche capace di farle rispettare. È certo, infatti, che nessuno viva bene in un Paese nel quale la delinquenza organizzata controlla parte del territorio naziona-le, dove una gran parte dei cittadini non paga le imposte, dove molti datori di lavoro impiegano lavoro nero e in vaste aree della collettività il rispetto della legge è vissuto come opzionale.

6. “Lo Stato deve darci lavoro!”Accade spesso nel nostro Paese di leggere statistiche non confortanti sul livello di di-soccupazione e nei momenti più difcili accade anche di assistere a cortei di protesta nei quali si chiede lavoro e occupazione.Ma da che cosa dipende la mancanza di lavoro? Contro chi possono essere indirizzate le proteste?

Il principale indiziato, in genere, è lo Stato. E ciò solleva un’altra domanda. Che cosa può fare lo Stato per combattere la disoccupazione?

Potrebbe assumere persone nel pubblico impiego in misura maggiore di quante ser-vano ma, come suggerisce il buon senso (oltre ai conti economici), questa strategia non può essere attuata senza limiti. Più ragionevole allora, anche se più complesso, è cercare di favorire l’occupazione nel settore privato. Ma come?

Poche norme

Requisiti di un buon ordinamento

giuridico

Chiare

Ragionevoli

Eque

Equo viene dal latino aequus, che signifca

“uguale”, ma nella nostra lingua ha assunto piuttosto il signifcato di “giusto”, “imparziale”.

Nella seconda metà del Novecento si era andata sviluppando in Italia una politica sociale volta a garantire stabilità e

continuità nei rapporti

di lavoro. Caposaldo di tale politica era l’obbligo, pressoché generale, di stipulare contratti a tempo indeterminato, cioè senza una precisa scadenza.La conclusione di contratti a termine era possibile solo nei pochi casi previsti dalla legge o dai contratti collettivi di lavoro.

Page 9: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

Lo Stato

10

unità 1

La legislazione sul lavoro

Secondo una linea di pensiero generalmente accolta dagli imprenditori e dalle classi economiche più agiate, i datori di lavoro sono indotti ad aumentare l’occupazione se non sono vincolati da norme sul lavoro troppo restrittive, se possono avere mano libe-ra nella organizzazione aziendale (orari di lavoro, pause, straordinari) e sulle retribuzio-ni. Ma soprattutto se possono contare sulla mobilità del lavoro.

Mobilità del lavoro signifca possibilità di concludere contratti con un termine prede-

fnito e possibilità di licenziare uno o più dipendenti quando si ritiene di non averne più

bisogno.

Espressione signifcativa di questa linea di pensiero è stata soprattutto l’approvazione della legge sulla riforma del mercato del lavoro (legge n. 30 del 2003) con la quale sono state introdotte nel nostro ordinamento molte tipologie di contratto a termine che consentono di assumere lavoratori per tempi anche molto brevi (poche settimane, pochi mesi), salvo la possibilità di rinnovare o non rinnovare il contratto alla scadenza.

Ciò, come si sostiene, dovrebbe indurre gli imprenditori ad aumentare l’oferta di la-voro. Ma l’incremento della disoccupazione nel primo decennio del duemila e nella prima metà del decennio successivo, ha messo fondatamente in discussione questa strategia. Tanto più che, come appare evidente, la facile licenziabilità genera nel lavora-tore una incertezza per il futuro che si traduce in un incremento del risparmio a scopo precauzionale. All’aumento del risparmio consegue, inevitabilmente, una contrazione dei consumi che a sua volta si traduce in un freno nella produzione. Ma se non cresce la produzione non si vede come possa crescere l’occupazione.

La mobilità del lavoro può essere applicata, con qualche probabilità di successo, solo se attuata con molte cautele. In particolare, per renderla compatibile con lo sviluppo economico e sociale, è fondamentale che lo Stato:

• svolga un efcace controllo volto a evitare abusi da parte dei datori di lavoro;

• preveda sufcienti garanzie economiche per chi perde temporaneamente l’impiego;

• predisponga strumenti di riqualifcazione che consentano al lavoratore di acquista-re nuove professionalità che ne agevolino il reimpiego anche in settori produttivi diversi.

7. “Gli imprenditori delocalizzano perché lo Stato non funziona!”

Una causa della diminuzione di occupazione nel nostro Paese, sebbene non sia la prin-cipale, è la tendenza alla delocalizzazione che si sta verifcando da alcuni decenni.

Delocalizzazione è il termine con cui si indica il trasferimento delle attività produttive

dai Paesi di origine verso Paesi che ofrono maggiori opportunità di proftto.

PerchŽ si delocalizza?

È ragionevole credere che a spingere molti imprenditori a trasferire la produzione nei Paesi economicamente meno sviluppati (Paesi asiatici e dell’Est europeo) sia soprat-tutto il basso costo del lavoro, la debole presenza dei sindacati, la maggiore libertà di licenziamento, la presenza di norme sulla sicurezza, sulla salute in fabbrica e sulla difesa dell’ambiente molto più permissive che in Italia e, soprattutto, più facilmente eludibili.

I contratti a termine previsti dalla legge 30/2003

Page 10: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

11

La piazza e lo Stato Lezione 1

Che cosa può fare lo Stato per frenare le delocalizzazioni?

Lo Stato non può, con provvedimenti autoritativi, vietare il trasferimento delle imprese all’estero. Né può seguire quella corrente di pensiero economico che vorrebbe abbassare i salari e le garanzie dei nostri lavoratori per renderli competitivi con quelli dei Paesi meno sviluppati. A parte il cinismo della proposta, una diminuzione generalizzata dei salari cau-serebbe un crollo dei consumi interni con conseguenze disastrose per l’economia.

Ciò che invece può fare lo Stato, per favorire gli imprenditori che vogliano lavorare in patria, è creare le condizioni che agevolino la produzione sul territorio nazionale e rendano meno conveniente la delocalizzazione. E sicuramente, tra queste condizioni, vi è la creazione di una rete infrastrutturale efciente e una normativa sulle imprese semplice e non inutilmente penalizzante.

8. “Deregulation per le imprese!”

Una delle ragioni che scoraggiano gli investimenti produttivi nel nostro Paese e in-ducono molti imprenditori a trasferire altrove le loro aziende è la persistenza di una normativa molto contorta che contempla controlli, permessi, concessioni, limiti, divieti spesso assurdi e che periodicamente fa invocare una sorta di azzeramento normativo: basta regole! basta Stato!

Sebbene in tempi recenti siano state emanate leggi volte a introdurre elementi di sem-plifcazione nel rapporto tra Pubblica amministrazione, cittadini e imprese (→ Unità 6) le ragioni di insoferenza sono ampiamente condivisibili.Ciò non di meno il tema della deregolamentazione nei settori produttivi va considerato con ponderazione perché la mancanza di regole può produrre più disagi di quanti ne elimini. La tendenza di molti imprenditori a ridurre le spese per massimizzare i proftti ha procurato in passato (e seguita a procurare ancora oggi) danni sociali enormi. Pen-siamo ai liquami scaricati nei corsi d’acqua, alle immissioni di fumi tossici nell’atmosfe-ra, alla mancanza di sistemi di sicurezza sul lavoro, all’evasione fscale, al lavoro nero, e così via. Più che alla deregolamentazione, pertanto, sarebbe opportuno pensare a una regolamentazione, da parte dello Stato e degli altri enti pubblici, che sia corretta ed efcace come avviene nei Paese in cui è più forte il controllo democratico.

9. “Più impresa privata e meno Stato!”

Una delle questioni che più divide gli economisti è se lo Stato debba avere oppure no un ruolo attivo nello sviluppo economico.

Il dibattito su questo tema è sopito quando l’economia è in espansione, ma diventa molto acceso quando le imprese sono in difcoltà, i redditi delle famiglie diminuisco-no e la disoccupazione aumenta.

Che cosa può fare lo Stato per rilanciare la crescita economica e l’occupazione?

Chi ha già seguito, nel secondo biennio, il corso di economia politica, sa che su questo tema si fronteggiano due scuole di pensiero, quella neo liberista e quella keynesiana. Ram-mentiamo brevemente le proposte fondamentali della prima. Poi passeremo alla seconda.

Il liberismo, da cui poi

è derivato il neo liberismo,

cioè la nuova forma

di liberismo, è nato nel

Settecento con le opere dei

primi grandi economisti

classici: Adam Smith, Davide

Ricardo, Robert Malthus e più

tardi Jean-Baptiste Say

e altri.

Page 11: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

LO StatO

12

unità 1

Il neo liberismoPer la corrente di pensiero neo liberista lo Stato deve rimanere più estraneo possibile al processo produttivo e deve solo limitarsi a creare le condizioni utili per sostenere lo sforzo degli imprenditori che con i loro investimenti creano ricchezza e occupazione.

In particolare lo Stato:

• deve consentire la più ampia mobilità del lavoro;

• deve favorire il contenimento del costo del lavoro;

• non deve svolgere in modo diretto o indiretto attività imprenditoriale.

Vediamo di analizzare criticamente questi punti.

La mobilità del lavoro è una scelta di politica economica sulla quale abbiamo già espresso le nostre considerazioni nel paragrafo 6 e può essere accettata solo se è at-tuata con le cautele che abbiamo indicato.

La riduzione del costo del lavoro è, in linea di principio, una strategia sempre auspi-cabile perché rende le imprese più competitive. Purché non si traduca in una diminu-zione dei salari che avrebbe un efetto deprimente sui consumi. La linea seguita nei Paesi a più alta competitività è quella di aumentare gli investimenti nelle tecnologie capaci di accrescere la produttività del lavoro senza incidere negativamente sui salari.

L’esclusione dello Stato dalle attività produttive è un altro elemento qualifcante dell’economia liberista. Questo orientamento è stato accolto in Italia nell’ultimo de-cennio del Novecento e ha comportato l’avvio di un ampio processo di privatizzazioni, cioè di trasferimento ai privati di quelle che una volta erano le imprese pubbliche. Imprese che, se ben gestite, avrebbero procurato utili considerevoli e avrebbero incre-mentato le entrate pubbliche consentendo di abbassare la pressione fscale.

Il tema delle privatizzazioni seguita a incontrare grande favore nel nostro Paese, anche se una particolare rifessione si imporrebbe quando a passare di mano sono imprese che erogano servizi pubblici essenziali per la vita dei cittadini. Occorre infatti osservare che l’ente pubblico, per sua natura, non ha fne di lucro e ciò gli consente di tenere bassi i prezzi del servizio erogato al fne di renderlo accessibile a tutti, indipendente-mente dal reddito di ciascuno. Al contrario, l’impresa privata ha come obiettivo natu-rale la massimizzazione del proftto, e questa si ottiene, come sappiamo, riducendo i costi (talvolta anche quelli che riguardano la sicurezza dei lavoratori e degli utenti) e aumentando i prezzi di erogazione.

10. “Lo Stato deve essere il regolatore del sistema economico!”A cavallo tra le due guerre mondiali un brillante economista inglese, John Maynard Keynes osservò come la politica dei bassi salari fosse assolutamente controproducente per lo sviluppo economico e come essa fosse, al contrario, una delle cause delle ricor-renti crisi economiche. Il ragionamento di Keynes può essere sintetizzato come segue.

Il sistema produttivo funziona a pieno regime solo se tutto ciò che viene prodotto viene consumato. Ma se, per qualsiasi ragione, le famiglie riducono i loro consumi, il si-stema entra in crisi. A fronte di una diminuzione dei consumi le imprese sono costrette a ridurre la produzione e a licenziare lavoratori dipendenti. Per efetto dei licenziamenti i consumi scenderanno ancora e ciò indurrà le imprese a ridurre ulteriormente la pro-duzione. Il sistema si avviterà così in una spirale recessiva che produrrà dispersione di risorse, disoccupazione e tensioni sociali.

Produttività chiamiamo il rapporto tra prodotto ottenuto e quantità impiegata di un certo fattore.La produttività del lavoro si può aumentare impegnando il lavoratore in turni prolungati oppure introducendo in azienda innovazioni tecnologiche. Se, con un esempio antico, all’operaio di un’azienda agricola si mette in mano una zappa o un trattore, la sua produttività sarà notevolmente diversa.

Condizioni per il pieno sviluppo in un’economia

liberista

Esclusione dello Stato dalle attività produttive

Mobilità del lavoro

Riduzione del costo del lavoro

Page 12: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

13

La piazza e lo Stato lezione 1

Da questa non invidiabile situazione si esce solo se lo Stato, che i liberisti volevano al di

fuori del processo economico, interviene immettendo denaro nel sistema.

Immaginiamo che lo Stato italiano vari un piano per il rilancio dell’edilizia residenziale

pubblica. Stanzierà per questo un certo numero di miliardi di euro che andranno alle

imprese che dovranno costruire gli immobili. Ma per costruire immobili le imprese edili

dovranno rivolgersi ad altre imprese che producono macchine per il movimento della

terra, cemento, mattoni, proflati di ferro, fnestre, e così via. Queste imprese, per far

fronte alla nuova domanda di beni, dovranno riattivare la loro produzione acquistando

altri beni strumentali ma, soprattutto, assumendo nuovo personale. I nuovi assunti,

che ora hanno un reddito, potranno comperare un’auto nuova, andare al cinema, ce-

nare in pizzeria, e così via.

In questo modo si mette in moto un meccanismo virtuoso che produrrà una nuova

circolazione di denaro, nuovi consumi, nuova occupazione.

Sono un giovane disoccupato e mi domando che cosa aspetti lo Stato a

operare gli investimenti necessari a rilanciare la produzione e l’occupazio-

ne!

Per attuare l’intervento antirecessivo lo Stato deve reperire il denaro necessario, ma

non può farlo aumentando le imposte, perché così ridurrebbe la capacità di spesa

delle famiglie. Può farlo soltanto chiedendo denaro in prestito ai risparmiatori attraver-

so l’emissione di titoli di debito (Bot, Btp, Cct) che andranno rimborsati alla scadenza.

E qui si vede la diferenza tra una gestione responsabile dello Stato e una inefciente.

Lo Stato efciente, una volta riavviato il processo di crescita economica, si afretterà a

estinguere il debito per pareggiare i conti e tenersi pronto a intervenire nuovamente

al primo insorgere di una nuova crisi recessiva.

Lo Stato inefciente lascia invece che il suo debito si accumuli, fn quando arriva a un

livello che non consente più di contrarne altro.

Lo Stato italiano, collocandosi in quest’ultima categoria, ha accumulato negli anni un

debito pubblico che supera ormai la stratosferica cifra di duemila miliardi di euro. E ora

ha le mani legate.

A titolo esemplifcativo

supponiamo che giungano

a scadenza titoli per un

miliardo di euro. Se lo Stato

non ha questa somma do-

vrà emettere nuovi titoli per

un miliardo più gli interessi,

con cui rimborsare i vecchi.

E se alla nuova scadenza

non ha ancora questo

denaro, dovrà emettere una

ulteriore tranche di titoli con

l’aggiunta di altri interessi,

e così via in un crescendo

veramente preoccupante.

QUESTIONI Come rimborsa lo Stato i titoli che giungono a scadenza?

11. “Lo Stato deve ridurre la spesa pubblica!”

L’esortazione a ridurre la spesa pubblica incontra un generale favore. Tutti (o quasi)

sono per la riduzione della spesa pubblica, imputata di essere la causa principale del

defcit nel bilancio dello Stato.

Ancora una volta, però, prima di accettare posizioni radicali è bene sofermarsi a ri-

fettere.

Debiti sovrani sono chiamati

i debiti contratti dagli Stati per

fnanziare la spesa pubblica

attraverso la emissione di titoli

di Stato.

• Bot (buoni ordinari del

tesoro) sono i titoli emessi

dal Ministero del Tesoro

(oggi denominato

dell’Economia e delle

Finanze). Hanno scadenza

a tre, sei e dodici mesi

e per essi viene corrisposto

un interesse anticipato.

• Btp (buoni poliennali del

tesoro) sono titoli che

possono avere una

scadenza compresa

tra i due e i trenta anni

e attribuiscono il diritto

a un interesse fsso.

• Cct (certifcati di credito del

tesoro) sono titoli che

hanno scadenza tra i cinque

e i dieci anni e conferiscono

un interesse variabile.

Page 13: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

Lo Stato

14

unità 1

Che cosa è la spesa pubblica? Da quali voci è composta?

La spesa pubblica è la risultante di una serie infnita di spese che vanno dai detergenti per pulire le aule scolastiche agli arredi della Presidenza della Repubblica; dalle inden-nità dei parlamentari allo stipendio dell’usciere; dal grande acquedotto alla fontanel-la pubblica. Dire con esattezza perché aumenta la spesa pubblica signifca entrare in questo grande calderone e non è possibile farlo in questa sede. Possiamo tuttavia in-trodurre, con le necessarie esemplifcazioni, una fondamentale distinzione tra spesa pubblica produttiva e improduttiva.

Per spesa produttiva intendiamo soprattutto quella necessaria al buon funziona-mento dell’apparato statale, al buon funzionamento delle attività produttive e alla ef-cace erogazione di servizi pubblici.Questo tipo di spesa è destinata inevitabilmente ad aumentare perché con il tempo aumentano le aspettative degli utenti e l’apparato pubblico tende, con maggiore o mi-nore solerzia, a rispondere positivamente a tali richieste, aumentando i servizi pubblici, ampliando le infrastrutture produttive, accrescendo l’efcienza della Pubblica ammi-nistrazione. Non c’è dubbio che questi interventi comportino aggravio di spesa. Ma ridurli per risparmiare signifca avere servizi pubblici ancora più scadenti, infrastrutture ancora più obsolete, Pubblica amministrazione ancora meno efciente.

Per spesa improduttiva intendiamo quella che si traduce in puro sperpero di denaro pubblico. E su questo argomento ciascuno può trovare esempi nella propria esperien-za personale, nelle cronache giudiziarie o nelle inchieste giornalistiche.

Si può eliminare o almeno ridurre questo secondo tipo di spesa?

Negli ultimi anni sono state emanate alcune leggi che hanno avviato un processo di spending review, cioè di revisione dei criteri di spesa nella Pubblica amministrazione. Vedremo, nei prossimi anni, quali efetti produrranno. Tuttavia, non possiamo mancare di osservare che in simili situazioni leggi severe e magistrati attenti possono sicura-mente aiutare. Ma ancora più utile sarebbe una maturazione culturale che portasse tutti noi a considerare l’onestà come un comportamento normale, non come una virtù auspicabile negli altri.

12. “Lo Stato non contrasta l’evasione fscale!”

Ad aggravare il defcit dello Stato (cioè la diferenza tra quanto preleva attraverso il sistema fscale e quanto deve spendere per il corretto funzionamento del Paese) con-corre in larga misura l’evasione fscale.

È di chiara evidenza, infatti, che se tutti pagassero il dovuto, le entrate dello Stato au-menterebbero e una parte potrebbe essere impiegata per abbattere l’enorme debito pubblico accumulato.

Io invece sono per l’abolizione delle tasse!

Con legge costituzionale n. 1

del 2012 è stata inserita nella

nostra Costituzione una

norma che impone il principio

del pareggio tra entrate

e uscite nel Bilancio

dello Stato italiano.

Se non vi saranno

interpretazioni estensive

lo Stato italiano non avrà più

la possibilità di attuare una

manovra di deficit di bilancio.

A sollecitare l’approvazione

di questa norma è stato il fatto

che il nostro Stato non ha mai

attuato, in passato, una

manovra di rientro del

debito pubblico cosicché

questo si è andato

accumulando fino a

raggiungere l’incredibile cifra

di oltre duemila miliardi

di euro.

Page 14: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

15

La piazza e lo Stato LEZiOnE 1

Prima dell’unità d’Italia, nello Stato pontifcio non si pagavano tasse. Ma l’unico servizio pubblico che i cittadini ricevevano era il conforto spirituale.

Oggi viviamo una realtà molto diversa e prima di fare afermazioni irragionevoli è bene porsi alcune domande.

Un posto banco nella scuola pubblica costa alcune migliaia di euro l’anno, però ciascu-no studente paga solo pochi euro di iscrizione. Come è possibile?

Un posto letto in un ospedale pubblico costa alcune centinaia di euro al giorno, però nel nostro Paese tutti possono essere curati in ospedale senza pagare nulla. Come è possibile?

Ci sono persone, colpite nel fsico da un destino crudele, che non possono lavorare, eppure ricevono una pensione e la necessaria assistenza. Come è possibile?

Tutti noi viviamo in relativa sicurezza grazie alla vigilanza delle forze dell’ordine senza per questo pagare nulla, ma il mantenimento di un corpo di polizia costa parecchi milioni di euro l’anno. Come è possibile?

È possibile perché nelle società più evolute lo Stato, attraverso la Pubblica amministra-zione, ofre a tutti i suoi cittadini, siano essi ricchissimi, ricchi, poveri o poverissimi, una serie di servizi pubblici fnanziati attraverso l’imposizione fscale. Se nessuno pagasse le tasse questi servizi semplicemente non ci sarebbero.

Le responsabilità per l’inefcienza di molti servizi pubblici è in gran parte riconducibile a noi stessi. Vediamo perché.Innanzi tutto dobbiamo avere presente che l’eroga-zione di servizi pubblici (o quantomeno il controllo sulla loro efcienza) rientra generalmente nell’attività del Governo e degli altri enti pubblici, come le Regioni e i Comuni. Pertanto, se tali servizi sono resi in modo inefciente o con sperpe-ro di pubblico denaro, la responsabilità primaria va ricondotta agli organi che governano questi enti. Ma

poiché gli organi di governo regionali e comunali sono elettivi e anche il Governo centrale dipende dalle scel-te degli elettori, dobbiamo dedurne che la responsa-bilità per i disservizi ricade anche su di noi cittadini che, evidentemente, non ab-biamo accordato la nostra fducia alle persone migliori.In secondo luogo può infuire, sulla qualità del ser-vizio, la considerazione che i pubblici dipendenti hanno del loro ruolo nella società. Non è raro che alcuni non svolgano le loro funzioni con il corretto spirito di servizio, ma come esercizio

di un pubblico potere. E ciò rende spesso sgradevole il rapporto tra i cittadini e la Pubblica amministrazione.Ultimo per elencazione

ma non per ordine di im-portanza è l’atteggiamento dei cittadini verso la cosa pubblica. Un atteggiamento non sempre rispettoso che spesso vanifca l’efetto del servizio reso. Per esempio, è vero che le aule scolastiche hanno talvolta un aspetto deprimente. Ma, potremmo chiederci, chi sarà stato mai a renderle tali con grafti, scritte e incisioni?

Questioni Perché i servizi pubblici sono spesso inefcienti e di qualità scadente?

13. “Lo Stato sociale costa troppo!”Quello che gli Inglesi chiamano welfare state, cioè “Stato del benessere”, e che noi chiamiamo Stato sociale, si presenta come uno Stato democratico che si è dato come obiettivo quello di promuovere lo sviluppo economico e sociale garantendo a tutti i cittadini, anche a quelli appartenenti alle fasce economiche più disagiate, un livello accettabile di benessere.

Page 15: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

LO StatO

16

unità 1

Questa forma di Stato ha iniziato a delinearsi nella prima metà del Novecento, con l’avanzare dei principi di democrazia e solidarietà sociale.

Gli interventi dei moderni Stati sociali si snodano sostanzialmente lungo quattro di-rettrici:

• erogazione dei servizi pubblici essenziali;

• obbligatorietà delle assicurazioni sociali;

• politiche redistributive del reddito;

• progressività dell’imposizione fscale.

L’erogazione, da parte dello Stato in modo non speculativo dei servizi pubblici essenziali

come l’istruzione, la sanità, i trasporti, ha efetti positivi non solo per chi ne fruisce diret-tamente, ma per l’intera collettività. Non v’è dubbio, infatti, che sia vantaggioso per tutti vivere in un Paese culturalmente preparato, mediamente sano, dotato di una buona via-bilità, di trasporti efcienti, e così via.

L’obbligatorietà delle assicurazioni sociali comporta che ogni persona, indipenden-temente dal proprio reddito, sia garantita contro i grandi rischi connessi al sopraggiun-gere della vecchiaia, all’insorgere di malattie, o a forme di invalidità. L’universalità delle prestazioni è un tratto caratteristico e irrinunciabile dello Stato sociale.

Le politiche redistributive del reddito sono attuate dallo Stato attraverso l’eroga-zione di assegni di povertà, di invalidità, di disoccupazione. Si tratta di interventi non più assicurativo previdenziali, come quelli considerati sopra, ma più propriamente assistenziali (quando si protesta contro lo Stato assistenziale, pertanto, bisognerebbe sapere di che cosa si parla).

La quarta direttrice, infne, è costituita da una politica fscale fondata soprattutto sulla progressività delle aliquote e sulla personalità dell’imposta.

• Progressività signifca che l’aliquota (cioè la percentuale del prelievo) deve diminuire al diminuire del reddito imponibile.

• Personalità signifca che, a parità di reddito, versa meno imposte chi ha una condi-zione personale più disagiata dovuta, per esempio, alla presenza di familiari a carico o a problemi di natura sanitaria. In questo modo si attua una redistribuzione indiretta dei redditi: chi ha minore capacità contributiva paga meno imposte ma può usufrui-re dei servizi oferti dallo Stato nella stessa misura di chi ha maggiore reddito.

Quali effetti ha prodotto l’affermazione dello Stato sociale?

Nella sua fase iniziale e fno alla seconda metà del Novecento, lo Stato sociale ha sicura-mente favorito una crescita economica regolare e generalizzata. L’erogazione da parte dello Stato di servizi pubblici a condizioni non speculative ha favorito un aumento del reddito disponibile delle famiglie che si è tradotto in un aumento dei consumi e dei ri-sparmi. L’aumento dei consumi, a sua volta, ha stimolato la produzione e l’occupazione mentre l’aumento dei risparmi ha agevolato gli investimenti pubblici e privati.

Perché allora si sente spesso parlare di riforma, di contenimento, o addirittura di elimi-nazione dello Stato sociale?

Page 16: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

17

La piazza e lo Stato LEZiOnE 1

Perché lo Stato sociale ha un costo e la spesa pubblica necessaria per sostenere il costo sempre crescente dei servizi e dell’assistenza ha cominciato a dilatarsi. Per fnanziarla è stato necessario alzare la pressione tributaria e ciò (a torto o a ragione) ha fnito per scontentare un po’ tutti.Scontenta le imprese alle quali l’aumento delle imposte riduce i proftti. Scontenta le classi economiche più agiate che sopportano una elevata imposizione fscale per ser-vizi pubblici (scuola pubblica, sanità pubblica, pensioni sociali) di cui godono in misura molto limitata. Scontenta anche le classi economiche meno agiate che, quantunque siano le maggiori benefciarie degli interventi assistenziali e previdenziali, e dei servizi pubblici in generale, lamentano la scarsa efcienza nella loro erogazione.

Si è così venuta a creare una singolare convergenza tra ceti economici diversi contro lo Stato imputato di assorbire troppe risorse e di impiegarle in modo inefciente.

14. “Con la globalizzazione lo Stato ha perso potere!”Globalizzazione è un termine che designa, seppure in maniera molto generale e ap-prossimativa, un complesso processo di trasformazione che riguarda l’economia, la politica, la tecnologia, la cultura e che, da alcuni decenni, sta coinvolgendo il mondo intero.

Sotto l’aspetto strettamente economico questo processo trova impulso con la fne della Seconda guerra mondiale. In quel periodo si chiude, almeno nei Paesi occiden-tali, l’era dei nazionalismi e dei protezionismi e diventa patrimonio culturale comune il principio che solo la libera concorrenza può favorire la crescita economica. Le frontiere, prima protette da forti dazi, cominciano gradualmente ad abbassarsi e le merci e i ca-pitali cominciano a circolare sempre più liberamente tra gli Stati.Le grandi società industriali, minerarie, commerciali e di trasporto, cominciano a estendere la loro attività in altre Nazioni assumendo perciò la forma di società

multinazionali.

Nell’ultimo quarto del Novecento le società multinazionali hanno esteso le loro ramif-cazioni su tutti i continenti dislocando le loro attività produttive dove appariva via via più opportuno e più conveniente. Contemporaneamente l’accresciuta competizione internazionale spingeva le più grandi società a fondersi con altre formando gruppi di dimensioni colossali. Si calcola che oggi 60 mila societˆ madri, per lo più con sede negli USA, in Giappone e in Europa, controllino oltre mezzo milione di fliali estere.

Questo processo è un bene o un male?

La risposta è complessa. Se in un Paese una certa impresa si trova in difcoltà fnan-ziarie e minaccia la chiusura, il fatto di essere acquistata da una società straniera, che vi immetta capitali freschi e rilanci la produzione e l’occupazione, è sicuramente un evento positivo.

Il rovescio della medaglia è che la società acquistata, entrando a far parte di un gruppo multinazionale, perde la propria autonomia e le scelte che sarà obbligata ad assumere in futuro non risponderanno più alle sue specifche esigenze, ma alla stra-tegia generale del gruppo decisa dalla società madre. Può accadere così che, dopo il rilancio, si decida il ridimensionamento dell’impresa in questione o la sua chiusura, o il suo trasferimento.

Immaginiamo che la società giapponese A, che produce automobili, acquisti la maggioranza delle azioni della società italiana B che produce pneumatici e poi acquisti la maggioranza della società belga C che produce navigatori satellitari e ancora la maggioranza della società spagnola D che produce componentistica. Da questa serie di acquisti sarà nato un gruppo che opera su più Nazioni ed è controllato dalla società A. Se poi un’altra società madre, per esempio la statunitense K, che controlla un altro gruppo multinazionale che si occupa di aerei, acquistasse la maggioranza azionaria della società A si formerebbe un mega gruppo che controllerà una parte rilevante del mercato mondiale di automobili e aerei, al vertice del quale si troverà la società K.

Page 17: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

LO StatO

18

unità 1

Lo Stato non può intervenire in alcun modo?

In passato, quando lo Stato era il più grande imprenditore nazionale, la chiusura di qualche grande impresa e la conseguente perdita di occupazione poteva essere evita-ta facendo rilevare l’impresa in questione a un ente pubblico (generalmente l’IRI) che avrebbe dovuto rimetterla in sesto e renderla competitiva. Questa strategia, se fosse stata eseguita con onestà di intenti, avrebbe anche potuto essere salutare. Ma, come ci rivelano le cronache giudiziarie, una classe politica sicuramente non eccellente ha condotto queste operazioni con grandi proftti privati e enormi perdite pubbliche, concorrendo in modo determinante all’indebitamento dello Stato.

Ora nessuno rimpiange più quella stagione di sperperi, ma è anche vero che lo Stato, avendo smantellato gli enti pubblici economici, ha perduto la sua capacità di interve-nire nel tessuto economico del Paese.

Per quanto riguarda, poi, le imprese assorbite dalle grandi multinazionali straniere il potere di intervento statale è ancora più limitato, non esistendo alcuna possibilità di infuire su scelte operate da soggetti privati, magari dall’altra parte dell’oceano.

La globalizzazione della fnanzaCiò che oggi pone gli Stati in una posizione di estrema debolezza, più che la globaliz-zazione dell’economia reale, è la globalizzazione della fnanza. Con questa espressione intendiamo la possibilità, acquisita dalle grandi banche e dalle grandi agenzie fnanzia-rie internazionali, di spostare i loro capitali, senza alcuna limitazione, da un punto all’al-tro del globo e da un impiego all’altro avvalendosi di una rete telematica che consente acquisti e vendite ventiquattro ore su ventiquattro.

Un modo per impiegare questi capitali è acquistare e vendere titoli del debito pubbli-co che, come abbiamo visto nel paragrafo 10, vengono emessi periodicamente dagli Stati per fnanziare la spesa pubblica e per rimborsare, con il denaro incassato, i titoli che vengono via via a scadenza. Questo meccanismo funziona bene fn quando i titoli di nuova emissione vengono re-golarmente acquistati dagli operatori fnanziari. Ma se l’indebitamento di un Paese è così forte da generare il sospetto che questo possa diventare insolvente, gli operatori fnan-ziari potrebbero decidere di non acquistare più i suoi titoli. E allora cominciano i guai.

Che cosa può fare lo Stato in questa situazione?

Può fare una sola cosa: aumentare il tasso di interesse sui propri titoli in modo da con-vincere gli investitori a riconsiderare la loro scelta. In genere la manovra riesce, ma ha un costo non indiferente. Per pagare un elevato interesse e non aumentare il proprio indebitamento, lo Stato deve trovare il denaro al proprio interno. E può farlo solo ri-ducendo la spesa pubblica (quindi servizi pubblici meno efcienti) e aumentando le imposte che pagano cittadini e imprese.

L’Italia, come abbiamo avuto modo di dire, ha un debito pubblico elevatissimo che per almeno la metà è in mano a investitori stranieri. E questo ci rende fortemente dipendenti dalle loro scelte e dai loro umori. Se decidessero di voltarci irrevocabilmente le spalle, lo Stato non potrebbe più rimborsare i debiti in scadenza e sarebbe il defoult, cioè il fallimento.

Iri era l’acronimo di Istituto per

la Ricostruzione Industriale. Questo ente era sorto nel 1936 e cinquant’anni dopo, era diventato un gruppo composto da quasi 1000 società con mezzo milione di dipendenti. Nel 1992 il fatturato totale sfiorava gli ottantamila miliardi di lire, ma a cause di perdite di gestione per quasi cinquemila miliardi, in gran parte dovute a ingerenze della politica, è stato trasformato in società per azioni. Poi le varie società che lo componevano sono state progressivamente privatizzate.

Economia reale chiamiamo l’attività volta alla produzione di beni (quindi di res, di “cose”) e di servizi.

Economia finanziaria, invece, chiamiamo l’attività volta a ricavare profitto dall’acquisto e vendita di prodotti finanziari (titoli di Stato, azioni, obbligazioni) o da scommesse ad alto rischio.

Page 18: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

19

La piazza e lo Stato LEZiOnE 1

Ma alla fn fne se un Paese fallisse e non pagasse i grandi fnanzieri che detengono i suoi Bot o Btp, la gente comune che cosa perderebbe?

I titoli del debito pubblico sono posseduti non solo da grandi investitori, ma anche da gente comune (operai, impiegati, artigiani, piccoli professionisti) che vi hanno colloca-to i propri risparmi. Non rimborsare questi titoli signifca danneggiare non solo banche e istituti fnanziari, ma anche milioni di piccoli risparmiatori.Inoltre, è facile prevedere che se un Paese fallisse, la gente comune ne subirebbe per intero le disastrose conseguenze mentre i grandi fnanzieri potrebbero più agevol-mente trovare il modo di proteggere i loro capitali.

La domanda da porsi a questo punto è: siamo capaci di individuare con precisione e senza afdarci a valutazioni generiche (sono tutti uguali!) i responsabili di questo irre-sponsabile indebitamento del nostro Stato e di porli politicamente al bando?

15. “Vox populi vox dei?”Questa antica sentenza di tradizione medievale (“voce di popolo voce di Dio”) viene spesso pronunciata per afermare che le opinioni e i giudizi popolari devono ritenersi sempre veri e giusti.

Con tutto il rispetto per le sentenze medievali, ci sembra che questa meriti una rifes-sione.

Nelle pagine precedenti siamo partiti da alcune voces populi per vedere quanto sia complesso il rapporto tra Stato e cittadini e quanto sia controverso il ruolo che lo Stato deve assumere, i fni che deve raggiungere e i mezzi che deve impiegare. Abbiamo visto quali complessi legami uniscano redditi, consumi, produzione, occupazione, e quanto possano essere insidiosi gli efetti della fnanza globalizzata.

La rapida ricognizione dovrebbe essere servita per capire, quanto meno, che per valu-tare questi rapporti non è sufciente mettere insieme le poche informazioni che cia-scuno di noi ha e formulare ricette fondate sul buon senso.

Il buon senso, la vox populi, può diventare verità solo se è sorretta da informazioni ampie e precise che forniscano gli elementi indispensabili per una rifessione utile a maturare un giudizio consapevole.

Ci permettiamo allora di coniare una diversa sentenza, meno facile della prima ma probabilmente più utile: prima di parlare è meglio studiare.

Sperando che venga accolta, almeno in parte, iniziamo, nelle prossime Lezioni, a en-trare nella complessa macchina dello Stato per analizzarla criticamente e per scoprirne pregi e difetti.

Page 19: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

20

educazione finanziaria

L’evasione fiscale

Come agisce l’evasore

Esistono diverse strategie per

sottrarsi illegalmente agli obblighi

tributari: non rilasciare fatture o

scontrini fscali (pagamenti “in

nero”), emettere false fatture,

nascondere proventi o gonfare

i costi dell’attività d’impresa,

e così via. Alcuni evasori sfuggono

completamente agli obblighi

fscali, e sono detti perciò “evasori

totali”. Il comportamento degli

evasori alimenta un circolo vizioso:

se le tasse sono molto alte,

l’evasione tende ad aumentare;

ma è anche vero che le tasse sono

alte per compensare le mancate

entrate dovute all’evasione.

I 10 Paesi europei dove si evade di più (Valori su base annua)

Attraverso i tributi pagati dai cittadini,

lo Stato fnanzia molti importanti

servizi come la scuola, la sanità,

i trasporti, l’ordine pubblico.

Chi evade il fsco danneggia gravemente la

collettività, almeno per due ragioni: a causa delle

mancate entrate, lo Stato si trova a disporre di

minori risorse, con ripercussioni sulla qualità

e l’efcienza dei servizi. Ma non solo: l’evasore

genera ingiustizia sociale, dal momento che il

carico tributario fnisce per pesare sulle spalle

dei cittadini onesti, che pagano anche

per chi non lo fa.

Evasione e “free-riding”

L’evasore si comporta come

quello che gli economisti

chiamano free-rider, cioè chi

gode di beni e servizi senza

pagarne il costo (come

prendere l’autobus senza

pagare il biglietto). L’evasore

è un free-rider: se si ammala,

pretende di benefciare del

servizio sanitario senza aver

mai pagato le tasse che

servono a fnanziarlo.

I numeri della Guardia di finanzaDati sui primi 4 mesi del 2012

6 mld di € Nascosti al fsco

650 mln di € L’IVA evasa

2.192 Gli evasori totali scoperti

I DENUNCIATI

853 Per non aver presentato dichiarazione

530 Per occultamento o distruzione della contabilità

I SETTORI % evasione sul totale

25,0 Commercio all’ingrosso o al dettaglio

22,0 Costruzioni edili

11,0 Attività manifatturiere

5,7 Attività professionali, scientifche e tecniche

5,5 Alloggio e ristorazione

1ITALIA180,257 mld di €

2GERMANIA158,736 mld di €

3FRANCIA120,619 mld di €

4REGNO UNITO74,032 mld di €

5SPAGNA72,709 mld di €

I redditi non

dichiarati

nel 2011

mlddi euro

Page 20: unità 1 Lo Stato - staticmy.zanichelli.it · • Comprendere che cos’è lo Stato e ... Ci riferiamo allo Stato comunità, per esempio, quando diciamo che l’Italia e la Francia

21

La lotta all’evasione

La tracciabilità dei pagamenti rappresenta un’importante arma anti-evasione. Per questo è meglio pagare per via elettronica piuttosto che in contanti. Un modo per combattere l’evasione nella vita di tutti i giorni è quello di richiedere sempre scontrini e fatture. Per incentivare i cittadini a richiedere lo scontrino, alcuni Paesi hanno introdotto soluzioni ingegnose: lo scontrino con gratta e vinci incluso, o lo scontrino che vale come biglietto della lotteria. In Paesi afitti da grave evasione, come Taiwan, l’introduzione di queste strategie ha dato ottimi risultati.

Ma evadere conviene?

Il barista che non fa lo scontrino, l’artigiano che non rilascia fattura, magari ofrendo in cambio uno sconto sono esempi quotidiani di evasione fscale. Chi evade ritiene evidentemente di trarre un notevole vantaggio dal mancato pagamento delle imposte. Nell’immediato, probabilmente è così. Eppure, anche l’evasore fnisce per trovarsi alle prese con una sanità in ginocchio e trasporti inefcienti, una scuola priva di risorse e infrastrutture arretrate. Al netto, siamo così sicuri che l’evasore sia davvero furbo? Il vero vantaggio sarebbe quello di pagare tutti, e di conseguenza di meno, per avere in cambio servizi efcienti!

Tasso di evasione

nelle Regioni

italiane

L’evasione fscale nel nostro Paese è molto elevata, pari a circa il 20% del Pil, quasi il doppio della media europea. Gli evasori totali sono diverse migliaia: non presentano la dichiarazione dei redditi, risultano nullatenenti, ma spesso hanno un tenore di vita lussuoso. Questo, peraltro, contribuisce a farli scoprire dalla Guardia di fnanza che efettua appositamente controlli incrociando dati fscali e personali.

L’evasione fiscale nella UECifre in miliardi di euro

6BELGIO33,629 mld di €

7POLONIA30,620 mld di €

8SVEZIA30,569 mld di €

9OLANDA29,801 mld di €

10DANIMARCA19,922 mld di €

Meno del 20%

20%-30%

30%-40%

40%-50%

50%-60%

Pi• del 60%

8641.000

759 Fino a 1.000 miliardi di euro secondo la stima massima

Deficit 2010 Evasione tasse da economia sommersa

PIL 2009

12.271

Incidenzaeconomia sommersa

22,1%(2.258)