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CE 19
UNITÀ G DEMOGRAFIA E CULTURE
LABORATORIO DELLE COMPETENZE
Traduci e commenta il testo di Amnesty International
In questo testo Amnesty International descrive uno dei drammi dell’emigrazione, di cui in genere si sa poco o niente. Dopo averlo tradotto, riassumilo per iscritto con parole tue, aggiungendovi alcune considerazioni.
ta di guadagnare abbastanza e poter an-che aiutare i famigliari rimasti in patria. Altri emigrano per sottrarsi a persecu-zioni e guerre. Emigrano anche persone che, pur non essendo povere, vogliono migliorare la propria condizione lavo-rativa e sociale: sono emigranti qua-lificati (come ricercatori e ingegneri) che, dall’Asia meridionale e orientale e dall’Europa, soprattutto orientale, van-no negli Stati Uniti, nella UE e in Giap-pone. Oltre un terzo degli immigrati nei paesi economicamente più sviluppati ha un livello d’istruzione universitario. Con il loro lavoro, gli immigrati contri-buiscono allo sviluppo economico dei paesi in cui vivono. In genere, però, essi continuano a essere impiegati a livelli inferiori alla loro qualifica o costretti a lavorare al nero.
L’emigrazione clandestina è gestita da organizzazioni criminali, che realizzano profitti di miliardi di dollari annui con questi traffici illegali. Esse speculano sul dramma di milioni di persone che, pur di sfuggire alla povertà, intraprendono
questi «viaggi della speranza» che sono molto pericolosi: si calcola che, nel Me-diterraneo, siano annegate oltre 10 000 persone nel tentativo di raggiungere
l’Europa e, quindi, una vita migliore. Inoltre, coloro che riescono a emigra-re clandestinamente finiscono spesso in condizioni di vera e propria schiavitù.
0 10 20 30 40 50
Stati Uniti
FederazioneRussa
Germania
Arabia Saudita
Regno Unito
Francia
Canada
Australia
Spagna
Emirati Arabi Uniti
2013
2000
1990
Europa
Asia
Nord America
Africa
Oceania
America Latinae Caraibi
0
2013
20 40 60 80
2000
1990
I dieci paesi del mondo con il maggior numero di immigrati nel 1990, 2000 e 20133
Gli immigrati nel mondo nel 1990, 2000 e 2013 (in milioni)2
Migrants in Mexico: Invisible journeysThousands of people from Central America make their way
across Mexico every year, hoping to escape grinding poverty and
insecurity back home and make better lives for themselves and
their families in the USA. Many of them travel on foot or on the
top of freight trains. Their journey is full of dangers.Kidnapping is a constant fear. Thousands of women, men and
children are abducted every year. Victims whose desperate rela-
tives cannot raise the ransom face torture or death. Rape is wide-
spread. Killings are frequent. Nobody knows how many migrants
die on the journey.
Criminal gangs carry out most of these attacks, but Mexican po-
lice officers and other officials have been implicated in assaults,
working with criminal gangs to extort money from migrants.
Despite government commitments to improve migrants securi-
ty, those who commit these crimes are almost never brought to
justice.Many families may never know what happened to the sons,
daughters or other family members who set out in search of a
better future. Hundreds of migrants have disappeared in Mexico
on their way to the USA.
H3
CE 38
Gli investimenti diretti esteri – i capitali investiti dai gruppi multinazionali in at-tività economiche all’estero, attraverso proprie filiali o società in joint venture – sono fortemente aumentati negli ultimi decenni, poiché le multinazionali delo-calizzano molte attività produttive. Esse vengono trasferite prevalentemente dai paesi sviluppati ad alcuni paesi in via di sviluppo o con economie in transizio-ne, che offrono un più basso costo del lavoro (a pari qualifica e produttività), una minore tassazione, accesso diretto a mercati in espansione e altri vantag-gi. Lo stock (il totale accumulatosi) de-gli investimenti diretti esteri è cresciu-to, nel periodo 1980-2012, da circa 500 a circa 24 000 miliardi di dollari.
Le principali zone che producono per l’esportazione (Export processing zones) sono quelle dell’Asia orientale e meridio-nale. Al primo posto si collocano quel-le della Cina, concentrate lungo le coste. Ciascuna zona è specializzata in un dato tipo di produzione: tessili, scarpe, gio-cattoli, apparecchi elettronici e altri. La loro capacità produttiva è impressionan-te: esportano ogni anno, ad esempio, ol-tre un miliardo di cellulari e 20 miliardi di capi di abbigliamento. Zone analoghe, create in diversi altri paesi (come in Mes-sico, lungo il confine con gli USA) offro-no agli investitori stranieri la possibilità di produrre una vasta gamma di manu-fatti con il proprio marchio in proprie fabbriche, oppure in joint venture con imprese locali, o in fabbriche che lavo-rano su commissione. Di conseguenza, una parte crescente delle esportazioni di
LA GLOBALIZZAZIONE DI PRODUZIONI E MERCATI Il sistema di produzione e distribuzione è profondamente cambiato negli ultimi decenni in seguito al forte aumento degli investimenti diretti esteri delle multinazionali per la delocalizzione di attività produttive.
milia
rdi d
i dol
lari
22 000
24 000
20 000
18 000
16 000
14 000
12 000
10 000
8000
6000
4000
2000
0
23 600
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
Aumento dello stock* degli investimenti diretti esteri nel periodo 1980-2012 (miliardi di dollari)
* Totale accumulatosi fino all’anno indicato
1996 2012
27%
65%
35%
70%
31%
65%
41%
70%
Aumento della quota delle esportazioni dei paesi dell’Asia orientale e meridionale e di altri paesi in via di sviluppo in percentuale sul totale mondiale nel 1996 e nel 2012 (miliardi di dollari)
Navi e imbarcazioni
Componenti di computer
Componenti di apparecchi di
telecomunicazione
Transistore diodi
La crescita dello stock degli investimenti esteri nell’ultimo trentennio1
L’aumento delle esportazioni dei paesi in via di sviluppo suddiviso per tipologie di prodotto2
H4
CE 40
Il mercato mobiliare è incentrato sulla
Borsa valori, il luogo dove si comprano
e si vendono i valori mobiliari:
1) le azioni (stocks), quote del capitale
delle società per azioni;
2) le obbligazioni (bonds), titoli di cre-
dito emessi da società private o enti
pubblici per ottenere prestiti a medio e
lungo termine, che vengono rimborsati
a determinate scadenze insieme agli in-
teressi;
3) i titoli di stato, obbligazioni emesse
dal Tesoro per provvedere alla coper-
tura del fabbisogno statale, rimborsabi-
li con gli interessi a breve, medio o lun-
go termine;
4) i derivati, strumenti finanziari il cui
valore è basato su quello di altri beni
(azioni, obbligazioni, valute, materie
prime, etc.), come ad esempio i futures basati sui prezzi delle materie prime.
Vi sono nel mondo circa cento Bor-
se valori che, collegate attraverso reti
telematiche, funzionano come un’uni-
ca Borsa mondiale. La maggiore Borsa
valori del mondo è la NYSE Euronext,
nata dalla fusione tra la New York Stock Exchange (nota come «Wall Street») e
l’Euronext, un gruppo che gestisce di-
verse Borse europee (a Parigi, Amster-
dam, Bruxelles, Lisbona, Londra). Il va-
lore complessivo delle azioni quotate
nelle Borse di Stati Uniti, Unione euro-
pea, Cina, Giappone, Canada e altri die-
ci paesi supera quello del prodotto lor-
do mondiale.
Il mercato valutario è quello in cui si
comprano e si vendono monete in base
al cambio (prezzo al quale viene scam-
biata la moneta di un paese con quel-
la di un altro paese). Per questo è det-
to anche «mercato dei cambi». Poiché i
cambi variano in continuazione, grossi
capitali vengono incessantemente tra-
sferiti da una moneta all’altra. Il merca-
to valutario ha un’estensione geografica
mondiale. Le contrattazioni si svolgo-
no ventiquattr’ore su ventiquattro, te-
nendo ovviamente conto dei fusi ora-
ri: quando chiude il mercato asiatico
apre quello europeo, successivamente
il mercato statunitense e quindi di nuo-
vo quello asiatico. Gran parte delle ne-
goziazioni si svolge non in strutture fisi-
LA GLOBALIZZAZIONE FINANZIARIA Nel mercato finanziario globale circolano enormi capitali che vengono investiti soprattutto in due suoi settori: il mercato mobiliare e il mercato valutario.
20 000 Stati Uniti
16 000 Unione europea
2200 Canada
400 Messico
1400 Brasile
900 Sudafrica
1300 Svizzera
1500 Russia
1200 Corea del Sud
700 Taiwan
1300 Australia
600 Arabia Saudita
1800 India
8000 Cina
(compresa Hong Kong)
4500 Giappone
Valore delle azioni quotate nelle principali Borse: il loro valore supera quello del prodotto lordo mondiale (in miliardi di dollari)1
CE 45
UNITÀ H ECONOMIA E COMUNICAZIONI
sono gli Stati Uniti, con quasi 250 milio-
ni di autoveicoli. Al secondo è la Cina,
con un numero di autoveicoli salito a
circa la metà di quello degli Stati Uni-
ti e in fortissimo aumento. Proseguen-
do a questo ritmo, la Cina potrebbe di-
venire nel giro di qualche anno il paese
con il maggior numero di autoveicoli. Il
fatto che circoli nel mondo oltre un mi-
liardo di autoveicoli comporta una serie
di conseguenze: un maggiore consumo
energetico, poiché il trasporto su stra-
da assorbe (a parità di carico trasporta-
to) molta più energia di quello su rota-
ia e attraverso le vie navigabili interne;
maggiori danni all’ambiente e alla salu-
te, dovuti agli scarichi degli autoveicoli.
Nelle regioni meno sviluppate, mentre
le metropoli sono soffocate dal traffico,
vaste zone rurali abitate sono prive non
solo di moderni sistemi di trasporto, ma
anche di strade: quasi la metà della po-
polazione dell’Asia meridionale e i due
terzi di quella dell’Africa subsahariana
non dispongono di strade utilizzabili in
ogni stagione.
LABORATORIO DELLE COMPETENZE
Ricerca il numero di autoveicoli ogni 1000 abitanti e illustralo con un istogramma
Nella cartina è indicato il numero di au-toveicoli (automobili, autobus e autovei-coli commerciali) nelle diverse regioni del mondo. Unisci alla cartina un istogramma a colonne orizzontali in cui illustri il nu-mero di autoveicoli ogni 1000 abitanti in quindici paesi delle diverse regioni: Alge-ria, Australia, Bangladesh, Bulgaria, Burki-na Faso, Cile, Cina, Germania, Giappone, India, Italia, Kenya, Kuwait, Russia, Stati Uniti. Metti i paesi in ordine decrescente (dall’alto in basso) in rapporto al numero di autoveicoli ogni 1000 abitanti. I dati li trovi nel sito (in inglese) della Banca mondiale, nella pagina intitolata Motor vehicles (for 1,000 people): http://data.worldbank.org/indicator/IS.VEH.NVEH.P3.
in milioni nel 2010
260Nord America (Messico escluso)
243Europa
Occidentale
246Asia (salvo Russia
asiatica)
98
91
Numero di autoveicoli nelle diverse regioni del mondo
Europa dell’Est e Russia
America Latina e Caraibi(Messico compreso)
32Medio Oriente
27Africa
19Oceania
Ningbo & Zhoushan (Cina)
Guangzhou (Cina)
Qingdao (Cina)
Dalian (Cina)
Tangshan (Cina)
Yingkou (Cina)
Tianjin (Cina)
Shanghai (Cina)
Rotterdam (Paesi Bassi)
Singapore
I 10 maggiori porti
del mondo (milioni di tonnellate
di merci caricate e scaricate nel 2012)
744736
538476
442434
402373365
301
Atlanta (Stati Uniti)
Pechino (Cina)
Londra/Heathrow(Regno Unito)
Tokyo (Giappone)
Chicago (Stati Uniti)
Los Angeles (Stati Uniti)
Parigi/C. De Gaulle(Francia)
I 10 maggiori aeroporti del mondo
(milioni di passeggeriarrivati o partiti nel 2012)
95
8270
6767
64
62
Atlanta (Stati Uniti)
Pechino (Cina)
Londra/Heathrow(Regno Unito)
Tokyo (Giappone)
Chicago (Stati Uniti)
Los Angeles (Stati Uniti)
Parigi/C. De Gaulle(Francia)
Dallas (Stati Uniti)
Soekarno- Hatta(Indonesia)
Dubai (Emirati Arabi Uniti)
I 10 maggiori aeroporti del mondo
(milioni di passeggeriarrivati o partiti nel 2012)
95
8270
6767
64
62
5958
58
Atlanta (Stati Uniti)
Pechino (Cina)
Londra/Heathrow(Regno Unito)
Tokyo (Giappone)
Chicago (Stati Uniti)
Los Angeles (Stati Uniti)
Parigi/C. De Gaulle
I 10 maggiori aeroporti del mondo
(milioni di passeggeriarrivati o partiti nel 2012)
95
8270
6767
64
62
Atlanta (Stati Uniti)
Pechino (Cina)
Londra/Heathrow(Regno Unito)
Tokyo (Giappone)
Chicago (Stati Uniti)
Los Angeles (Stati Uniti)
Parigi/C. De Gaulle(Francia)
Dallas (Stati Uniti)
Soekarno- Hatta(Indonesia)
Dubai (Emirati Arabi Uniti)
I 10 maggiori aeroporti del mondo
(milioni di passeggeriarrivati o partiti nel 2012)
95
8270
6767
64
62
5958
58
I principali porti e aeroporti del mondo2
CE 47
UNITÀ H ECONOMIA E COMUNICAZIONI
l’80% degli spostamenti di turisti av-
viene all’interno di una stessa regione,
il 20% tra una regione e l’altra. I viag-
gi intercontinentali sono però in for-
te aumento. Tra i paesi con il maggio-
re afflusso di turisti dall’estero è in testa
la Francia: essa registra oltre 80 milioni
di arrivi annui. Al secondo posto gli Sta-
ti Uniti, seguiti da Cina, Spagna e Italia.
Il turismo di massa, mentre da un lato
reca vantaggi economici, dall’altro
comporta un crescente impatto am-
bientale. Particolarmente gravi sono le
conseguenze nei paesi in via di svilup-
po: in diversi (Tunisia, Thailandia, Fi-
lippine e altri), la cementificazione di
larghi tratti di costa per costruirvi ho-
tel ha sconvolto gli equilibri naturali.
Le strutture ricettive (alberghi e villag-
gi turistici) sono controllate dai princi-
pali tour operators dei paesi sviluppati.
Di conseguenza, la maggior parte di ciò
che i turisti spendono qui torna nei pae-
si sviluppati. Coloro che lavorano negli
alberghi, nei villaggi turistici e nelle va-
rie attività collegate al turismo sono in
genere sottopagati. Si aggiunge a que-
sto il fenomeno dello sfruttamento del-
la prostituzione, anche minorile, diffu-
so nelle località turistiche. Il turismo di
massa, gestito da grandi tour operators che creano nei paesi poveri «paradisi»
artificiali a uso e consumo dei turisti dei
paesi ricchi, provoca un vero e proprio
shock sociale e culturale, che non vie-
ne nemmeno compensato da un’equa
distribuzione del reddito generato. Da
qui l’esigenza di un tipo diverso di tu-
rismo: un turismo responsabile, attento
sia a preservare l’ambiente sia al benes-
sere della popolazione locale.
LABORATORIO DELLE COMPETENZE
Hotel a Mombasa in Kenya, Africa1
Completa il paragrafo con un brano sui flussi economici del turismo internazionale
Aggiungi al paragrafo un brano in cui spieghi quali sono i dieci paesi i cui turisti spendono di più per i viaggi all’estero e i dieci paesi che hanno le maggiori entrate per l’arrivo di turisti dall’estero. I dati, in miliardi di dollari, li trovi nelle due tabelle, tratte da Tourism Highlights 2013 Edition della World Tourism Organization, agenzia delle Nazioni Unite. Evidenzia alcuni dei più significativi cambiamenti avvenuti tra il 2011 e il 2012.
I dieci paesi i cui turisti spendono di più per i viaggi all’estero
Cina
Germania
Stati Uniti
Regno Unito
Federazione Russa
Francia
Canada
Giappone
Australia
Italia
72,6
85,9
78,2
51,0
32,9
44,1
33,3
27,2
26,7
28,7
102
83,8
83,5
52,3
42,8
37,2
35,1
27,9
27,6
26,4
2011 2012
I dieci paesi che hanno le maggiori entrate per l’arrivo di turisti dall’estero
Stati Uniti
Spagna
Francia
Cina
Macao (Cina)
Italia
Germania
Regno Unito
Hong Kong (Cina)
Australia
115,6
59,9
54,5
48,5
38,5
43
38,9
35,1
27,7
31,5
126,2
55,9
53,7
50
43,7
41,2
38,1
36,4
32,1
31,5
miliardi di dollari
miliardi di dollari 2011 2012
ppar
t/Sh
utte
rsto
ck
I1
CE 54
I combustibili fossili continuano ad ave-
re un ruolo dominante: essi forniscono
oltre l’80% della produzione mondiale
di energia primaria, ossia quella ricavata
dalle fonti energetiche utilizzabili diret-
tamente come si trovano in natura, dal-
le quali deriva una vasta gamma di fonti
energetiche secondarie (ad esempio, la
benzina ricavata dal petrolio grezzo). Il
combustibile fossile più usato è il petro-
lio, che fornisce circa il 32% dell’energia
prodotta nel mondo. Trasportabile su
lunghe distanze per mezzo di oleodotti
e petroliere, permette di realizzare una
grande varietà di prodotti. Al secondo
posto è il carbone fossile: usato soprat-
tutto nelle centrali termoelettriche, for-
nisce circa il 29% dell’energia prodotta
nel mondo. Al terzo posto, con circa il
21%, è il gas naturale: trasportabile su
lunghe distanze attraverso gasdotti, e in
forma liquefatta con navi gasiere, vie-
ne usato sia nelle centrali termoelettri-
che e in altre industrie, sia nelle abita-
zioni. Circa il 13% viene fornito da fonti
energetiche rinnovabili: biomasse (re-
sidui della lavorazione del legno, pian-
te appositamente coltivate, rifiuti agri-
coli e urbani), dalla cui combustione si
ricava elettricità, e da altre fonti energe-
tiche ‒ idrica, geotermica, solare, eolica
‒ anch’esse utilizzate per produrre elet-
tricità. Circa il 5% viene fornito da cen-
trali nucleari che producono elettricità.
Le disparità nei consumi energetici pro capite rispecchiano le grandi dispari-
tà socioeconomiche esistenti nel mon-
do: basti pensare che il consumo ener-
getico pro capite negli Stati Uniti è più
di cinquanta volte quello dell’Eritrea. In
generale, più alto è il reddito pro capi-
te di un paese, maggiore è il consumo di
energia commerciale (quella che si ven-
de e si compra), e viceversa. Di conse-
guenza i paesi a reddito alto, pur aven-
do una popolazione equivalente solo a
un sesto di quella mondiale, consuma-
no quasi la metà di tutta l’energia com-
merciale usata nel mondo. Ma, anche
IL QUADRO ENERGETICO MONDIALE La produzione mondiale annua di energia è raddoppiata in quattro decenni, arrivando a circa 14 miliardi di tep (tonnellate equivalenti di petrolio), e nel 2030, secondo le proiezioni, salirà a 18 miliardi di tep.
in m
iliar
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te e
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alen
ti di
pet
rolio
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
1980 1990 2000 2010 20202015 2030
Carbone fossile
Petrolio Gas naturale
Nucleare Energia idrica
Biomasse (legna, residui agricoli, piante per la produzione di etanolo) e rifiuti
Energia geotermica, solare, eolica e altre
Proiezioni
7032
6183
5113
4073
3811
2757
2029
1371
978
721
614
579
381
205
129
Stati Uniti
Finlandia
Russia
Repubblica Ceca
Germania
Italia
Cina
Brasile
Egitto
Nigeria
India
Costa d’Avorio
Etiopia
Bangladesh
Eritrea
*in kg equivalenti di petrolio nel 2012
La produzione mondiale di energia primaria per tipo di fonte nel periodo 1980-20301
Consumo energetico pro capite annuo di alcuni paesi*2
CE 75
UNITÀ L SOCIETÀ E DIRITTI
sono molto più bassi (a pari qualifica e
produttività) rispetto a quelli dei paesi
sviluppati: lo dimostra questo grafico del
Dipartimento del lavoro degli Stati Uni-
ti. Anche se calcolati in base al potere
d’acquisto, i salari di questi paesi restano
a livelli notevolmente inferiori poiché il
costo della vita, soprattutto nelle grandi
città, non è proporzionalmente più bas-
so. Per di più, in quasi tutti questi pae-
si, la maggior parte degli occupati svolge
un «lavoro informale», ossia in nero. Va
inoltre tenuto presente che nelle statisti-
che non appare il costo umano: il sacri-
ficio di chi lavora nelle fabbriche per l’e-
sportazione, con giornate lavorative che
arrivano a 12 ore o più. Non esiste in ge-
nere alcuna forma di previdenza sociale
e le attività sindacali sono di fatto proi-
bite. Si aggiunge a ciò l’inosservanza del-
le norme di sicurezza: frequenti sono gli
incidenti mortali e vere e proprie stragi,
come quella verificatasi nel 2013 a Dac-
ca (Bangladesh) dove sono morti oltre
1000 operai, travolti dal crollo dell’edi-
ficio in cui fabbricavano capi d’abbiglia-
mento di note marche statunitensi ed
europee per un salario equivalente a cir-
ca 25 euro al mese.
LABORATORIO DELLE COMPETENZE
178
128100
9675
5853
34
3127
23
186
54
*Il confronto viene effettuato assumendo il salario
medio lordo degli Stati Uniti come base 100
Norvegia
Germania
Stati Uniti
Italia
Spagna
Corea del Sud
Argentina
Repubblica Ceca
Brasile
Taiwan
Polonia
Messico
Filippine
Cina
India
Redigi una scheda sul «lavoro informale»
Traduci questo testo in inglese dell’Organizzazione internazionale del lavoro sul «lavoro informale» (al di fuori delle leggi e delle norme contrattuali). Redigi quindi una scheda in cui spieghi l’ampiezza del fenomeno nei paesi in via di sviluppo, corredandola con un istogram-ma che mostra quale percentuale degli occupati non-agricoli si trova in tale condizione in ciascuna regione e in Cina.
Informal employmentInformal employment accounts for a substantial portion of em-
ployment today. It encompasses persons in employment who
are not subject to national labour legislation or entitled to social
protection and employment benefits. Informal employment can
exist in both the informal and the formal sector of the economy.
In most developing countries informal employment is a larger
component of the workforce than formal employment. Esti-
mates show that it comprises more than half of non-agricultural
employment in most developing countries: 82 per cent in South
Asia, 66 per cent in sub-Saharan Africa, 65 per cent in East
and Southeast Asia (excluding China) and 51 per cent in Latin
America. In the Middle East and North Africa, while the average
in 45 per cent, the range is from 31 per cent in Turkey to 57 per
cent in the West Bank and Gaza. In addition, statistics from six
cities in urban China show that 36 per cent of non-agricultural
employment is informal.
L’edificio in cui si fabbricavano capi d’abbigliamento per l’esportazione, crollato a Dacca nel 20134
Salari medi lordi orari delle industrie manifatturiere in diversi paesi nel 2012*3
Anw
ar H
ussa
in/C
orbi
s
CE 81
UNITÀ L SOCIETÀ E DIRITTI
non hanno quindi la possibilità di pro-durre il necessario per vivere, né hanno denaro sufficiente per acquistare il cibo di cui hanno bisogno. La fame è diffu-sa anche tra gli abitanti delle bidonvil-le nelle grandi città. In paesi dove gran parte della popolazione è sottoalimen-tata, vaste estensioni di terra arabile vengono destinate non a colture per l’a-limentazione interna, ma a colture per l’esportazione: cacao, caffè, tè, canna da zucchero, banane, ananas, semi oleo-si, cotone, tabacco, fiori e altre. L’Africa subsahariana, dove oltre un quarto della popolazione è affetto da sottoalimenta-zione cronica, esporta prodotti agricoli per un valore superiore a quello dei pro-dotti agricoli (soprattutto alimentari) importati. Questa scelta di politica agri-cola, che favorisce le élite locali a scapito della maggioranza, è incoraggiata dalle multinazionali, che producono colture da esportazione in molti paesi asiatici, africani e latino-americani.
Per ridurre ed eliminare la fame, occor-rono nelle regioni meno sviluppate ri-forme agrarie che assicurino una più equa distribuzione della proprietà del-la terra. Per tale obiettivo si battono i movimenti dei contadini senza terra, in Brasile e in diversi altri paesi. Occorre allo stesso tempo che i piccoli contadini abbiano accesso ai crediti e ad altre age-volazioni statali, così che possano pro-durre per il proprio fabbisogno alimen-
tare e per accrescere il proprio reddito. Allo stesso tempo, i paesi sviluppati do-vrebbero cambiare le loro politiche nei confronti dei paesi con deficit alimenta-re. Grazie alle loro moderne agricolture, Stati Uniti, Unione europea, Canada e Australia dispongono di eccedenze agri-cole, soprattutto cereali, che forniscono ai paesi con deficit alimentare. Questi, però, ne ottengono solo una piccola par-te sotto forma di aiuto gratuito o a prezzi agevolati. Il resto lo acquistano sui mer-cati internazionali, controllati in gran parte dalle multinazionali dei paesi svi-luppati grazie anche al fatto che esse go-
dono di forti sussidi statali. Gli stessi aiu-ti alimentari, salvo nei casi di emergenza, comportano una serie di conseguenze negative, in quanto sono spesso vinco-lati a condizioni favorevoli agli interessi dei paesi sviluppati e delle loro multina-zionali, scoraggiano la produzione loca-le e favoriscono le speculazioni. Per con-tribuire veramente ad eliminare la fame nel mondo, i paesi sviluppati dovrebbe-ro aiutare i contadini delle regioni meno sviluppate ad accrescere la produzione per il consumo alimentare interno che è l’unico mezzo in grado di garantire uno sviluppo duraturo.
LABORATORIO DELLE COMPETENZE
Documentati sull’uso dell’ingegneria genetica in agricoltura
L’ingegneria genetica permette di modificare piante e animali, inserendo nel patrimonio genetico dell’organismo ospite pezzi di Dna di organismi diversi: si ottengono così gli OGM (Organismi ge-neticamente modificati). Le multinazionali che creano e brevettano gli OGM sostengono che, estendendone l’uso, si può accrescere la produzione alimentare a tal punto da eliminare la fame nel mondo. L’obiettivo del complesso genetico-industriale – sostengono invece molti scienziati e ambientalisti – non è quello dichiarato di miglio-
rare le condizioni di vita, eliminando la fame nel mondo, ma quello di modificare la vita così da poterla brevettare, trasformandola in proprietà privata e fonte di profitti. Documentati sul tema: argomenti a favore degli OGM li puoi tro-vare nel sito http://www.isaaa.org/; argomenti contro gli OGM li puoi trovare nel sito http://www.greenpeace.org/italy/it/campa-gne/ogm/. Il tema si presta a un dibattito in classe, organizzato dall’insegnante.
Mondo
Africa
1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010
120
110
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90
80
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Aumento della produzione alimentare nel mondo e in Africa nel 1990-2010 (Indice 2005=100)2