una grande gioia - il santuario della guardia · che sarà di tutto il popolo. una grande gioia...

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che sarà di tutto il popolo. Una grande gioia osservatorio - memoria - comunicazione - proposta Mensile del Santuario di Nostra Signora della Guardia - Genova Periodico ROC - La Madonna della Guardia - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 - MP/GENOVA NO/51/2011 - n. 11/12 anno 119 - Mensile - Poste Italiane S.p.A. Taxe perçue - Tassa riscossa - CMP GE Aeroporto ... e c’era la Madre di Gesù Gv. 2,1 11-12/novembre-dicembre 2014

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Page 1: Una grande gioia - Il Santuario della Guardia · che sarà di tutto il popolo. Una grande gioia osservatorio - memoria - comunicazione - proposta Periodico ROC - La Madonna della

che sarà di tutto il popolo.

Una grande gioia

osservatorio - memoria - comunicazione - proposta

Mensile del Santuario di Nostra Signora della Guardia - Genova

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... e c’era la Madre di GesùGv. 2,1

11-12/novembre-dicembre 2014

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7 la chiesa diffusa nel mondo america latina, dalla chiesa dei forti a quella dei deboli gianfranco parodi

8 la famiglia attraverso l’arte famiglia ed educazione enrico quaglia

9 editoriale “piccoli gruppi” insieme, una “compagnia” per la speranza marco granara

10 osservatorio se non ritornerete come bambini... ivana zanobelli

lasciarsi sorprendere da dio anna gatti

natale. per ricominciare! don andrea perini

18 le ragioni del credere famiglia, genova, futuro. parlando con il card. bagnasco... mirco mazzoli

26 cronache

30 il ricordo e la preghiera

il Sommario

Associato all’U.S.P.I.Unione StampaPeriodica Italiana

Stampa B.N. MARCONI s.r.l.Passo Ruscarolo, 71 - 16153 GenovaTel. 010.651.59.14

La Madonna della Guardia - Anno 119o n. 11/12Autorizzazione n. 2/84 del 17.1.1984del Tribunale di Genova

4 PAGINE CENTRALI

4 scrivere e rispondere marco granara

23 pregare con i salmi... enrico quaglia

25 la gioia del vangelo marcello monticone

testimoni 14 anna gatti, nucci scipilliti

due minuti per pensare 24 nucci scipilliti, laura siccardi

piccole storie 25 anna gatti

Anno della Famiglia. Anziani e malati: Osservatorio flash dalla Guardia...

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Q

a Proposito

uando il canto degli angeli è svanito,e la cometa ha già lasciato il cielo, quando i re sono tornati a casa,e con le greggi sono ormai i pastori,allora inizia il lavoro del Natale:ritrovare chi si è perso,prendersi cura di chi soffre, nutrire chi ha fame,sollevare chi è prigioniero,ricostruire le nazioni, portare la pace tra i fratelli,fare musica nel cuore.

(Anonimo) Auguri a tutti i lettori de laGuardia!

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scrivere e rispondere

Da un fatto brutto può nascere del buono?

Caro Don Marco, scrivo da Genova per raccontare una storia vera, che fa onore a questa gioventù, alla quale, nonostante tanti sforzi, noi genitori non riusciamo a dare aiuto per il suo futuro; abbiamo sempre speranza che qualcosa cambi, che chi può si renda conto di quanto i giovani siano una ricchezza e una risorsa, ma purtroppo veniamo puntualmente delusi... e dobbiamo conservare un atteggiamento di apparente ottimismo per incoraggiare i nostri figli a non rinunciare ai loro progetti, a provarci sempre e a convincerli che forse la prossima volta sarà quella buona. Sono mamma di due bravi giovani, che come tanti altri hanno prestato il loro contributo per aiutare la nostra bella città a rialzarsi dal fango della recente alluvione, almeno materialmen-te. Ma la ragazza, appena trentenne, è stata messa a una dura prova. Dopo tanta gavetta era riuscita a trovare un lavoro vero, con un contratto inizialmente a part time, ma con prospet-tiva di poter trasformarsi a tempo pieno, quindi garantirle uno stipendio dignitoso, sul quale poter costruire qualche progetto di vita futura, un’attività che le piaceva e che le permetteva di mettere a frutto le competenze acquisite in parecchi anni di studio. Purtroppo l’acqua e il fango hanno spazzato via tutto... quando ho visto le immagini del suo ufficio ho soltanto pensato a ringraziare Dio che questa catastrofe sia avvenuta di notte, perché se così non fosse stato certamente mia figlia e i suoi colleghi, come tante altre persone, non ci sarebbero più. Comunque non è incoraggiante pensare che, tutto sommato, è andata bene, quando una vita umana è stata sacrificata e tante persone si sono trovate da un momento all’altro senza nulla tra le mani di ciò che avevano costruito con anni di fatica. I datori di lavoro di mia figlia forse proveranno a rialzarsi, ma lo faranno inizialmente a perso-nale ridotto, e quindi, dandole un bacino e con le lacrime agli occhi, le hanno dovuto comu-nicare che forse per lei non ci saranno possibilità di riassunzione. Lei ha capito perfettamente il loro disagio nel doverle dare questa notizia, ma ha apprezzato la loro sincerità, e ha dato senso al suo dispiacere con la speranza che almeno i suoi colleghi più anziani, che con quello stipendio devono mantenere una famiglia, possano avere il futuro assicurato. A distanza di un mese, tutti i giorni va a scavare in mezzo al fango per cercare di recuperare e ripulire quel poco che resta di un’azienda che per lei era la seconda famiglia, ma lo fa col cuore, per i suoi colleghi e loro contraccambiano con la loro amicizia e la loro vicinanza. Ha iniziato ad inviare curriculum sperando almeno in qualche colloquio, ma la città è troppo ferita e le prospettive sono veramente poche. Da parte mia, questa esperienza che sto vivendo al suo fianco, mi fa apprezzare ancor di più la mia famiglia. Ogni sera, quando siamo tutti e quattro a tavola, cerchiamo di farle capire quanto siamo orgogliosi del suo comportamento e, ognuno a modo suo, proviamo a darle un po’ di speranza e di serenità. È allora che ringrazio il Signore, perché da un fatto brutto può nascere qualcosa di veramente buono!

Mamma Paoletta – Genova

I maligni potrebbero dire: “Ecco una famiglia da Mulino Bianco”. Io invece, con mamma Paoletta, ringrazio il Signore di questa bella testimonianza. In un tempo di arrabbiati distributori di negati-vità, finalmente la lettura realistica e completa della realtà stessa. Davvero la “Provvidenza” – creduta e alimentata da una completa visione cristiana della vita – sa e saprà trarre il bene anche dal male e gli avvenimenti difficili della vita sono così già superati in bellezza. Se i maligni vogliono chiamare questa alienazione religiosa, io preferisco chiamarla Fede. Grazie, mamma Paoletta! Vostra figlia, capace di lavoro, responsabilità, serietà e obiettività, ha davvero il suo futuro assicurato. In tutti i sensi.

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risponde mons. marco granara, rettore del santuario

[email protected]

Figli con noi, ma non come noi?

Ancora una volta è Natale. Scarteremo i regali e dimen-ticheremo il festeggiato. Ma ormai è così: la maggior parte della nostra famiglia, figli e nipoti che pure discendono da me e mia moglie e che abbiamo cercato di educare nella fede, si è allontanata da Dio e dalla Chiesa, è distratta, spenta, affaccendata nel gran casino della vita. Tutti bravi, tutti amati da noi sempre e comunque e riamati da loro, ma hanno scoperto che si vive lo stesso senza pregare. Si vive o si sopravvive? Approfondire questa domanda è tanto sco-modo che svicolano. E così festeggiano il Natale senza gioia vera. Con noi, ma non come noi. Che ci resta da fare per recuperare?Giuliano e Gemma O. - Novi Ligure

Forse avrete letto la lettera che precede e che ci arriva da “mamma Paoletta”. È una te-stimonianza di segno opposto al vostro rammarico. E così alcuni sembrano riuscire in un compi-to così importante, altri meno. Molti come voi affermano con sincerità che “abbiamo cercato di educare nella fede i nostri figli”. E tuttavia è altissima la percentuale di “non riuscita” di quel tipo di educazione. Ho detto “altissima percentuale”...

Il fenomeno - senza scoraggia-menti o rassegnazioni - vale la pena sia analizzato meglio, al di là di “colpe” vere o presunte di singole famiglie. Se una Fede cristiana non regge all’impatto con l’emergere di nuovi costu-mi culturali, vuol dire che c’è qualcosa che non va non solo nei singoli soggetti, ma nell’in-sieme della comunità cristiana. Gesù ci aveva detto di non aver paura quando saremo portati davanti ai vari “tribunali della storia”: lo Spirito del Padre suo ci avrebbe dato luce e forza per rispondere alle situazioni più diverse. Non sarà allora il caso di chiederci che tipo di fede si ri-trova a vivere da decenni (e for-se da secoli) la grande maggio-ranza dei sedicenti “cristiani”? Ci siamo “trovati cristiani” alla nascita, perché nati in un contesto supposto “cristiano”, o “cristiani” siamo diventati per una non scontata maturazione graduale, fatta di consapevolez-za e di coerenza? Secondo me - ma anche secondo la Chiesa del nostro tempo nelle sue espres-sioni più autorevoli - questo è “il” problema più grande della Chiesa dell’età moderna. Per affrontare qualsiasi contesto culturale o il fascino delle sug-gestioni razionalistiche della modernità senza complessi di inferiorità - noi e i nostri figli - dobbiamo ripartire da un atto di umiltà, chiedere perdono ai nostri ragazzi delle nostre in-congruenze e non pretendere

che prendano per buona una proposta di fede che - diciamo-celo onestamente - non soddisfa da tempo neppure noi vecchiot-ti. Poi si può ripartire, magari insieme ai nostri figli, magari sollecitati dalle loro criticità, ma mai rassegnati a vivere “un po’ come viene”, rifiutando Dio e poi, magari, ricorrendo agli oroscopi e alle cartomanti. Dai! Costi quel che costi! È una bella sfida per tutti...

Quale speranza reale?

Sono un po’ scoraggiato...

Caro don, la Chiesa esorta incessantemente ad un mon-do migliore, in cui l’amore di Dio sia al centro e l’uomo ed il creato godano della loro piena dignità. Per quanto di loro competenza, anche le istituzioni laiche, per esem-pio gli organismi internazio-nali quali l’ONU, indicano che l’umanità deve adope-rarsi per porre fine alle gran-di sofferenze quali le guerre e la fame. Però mi chiedo: è credibile che un giorno il mondo cambi davvero? La vita umana e l’ambiente sono oggetti di disprezzo in molti paesi; la povertà e l’in-giustizia sembrano destinate a rimanere tali per i secoli a venire. Quale speranza reale?

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scrivere e rispondere

Sono solo belle parole? Scu-sami: dopo anni di impegno civile ed ecclesiale, sono un po’ scoraggiato, come avrai capito.

Ettore D.G. – Genova

Comprensibilissimo il tuo sco-raggiamento... Vorrei proporti di leggere l’inizio del cap. 19 del I Libro dei Re, v. 1-8. Io ci ritorno spesso! Anche il gran-de profeta Elia, “desideroso di morire”, dice: “Ora basta, Si-gnore!”, di fronte alla comples-sità del compito e alla lentezza della traduzione degli ideali in “fatti”... Ma, non c’è altro da fare. Ideali precisi, chiari, ro-busti, motivati e la traduzione degli stessi in fatti. Gesù poi ci parlerà di “lievito nella pasta”, di “sale non insipido capace di dar gusto a tutto”, di “picco-li semi che diventano albero”. E ci dà la certezza dei “frutti”, dai quali si potrà valutare, del resto, il valore di tutto l’impian-to. Ma è proprio qui la questio-ne: fino a che punto le “ragioni della Speranza” sono precise, chiare, robuste e motivate? La stragrande maggioranza di noi che ci diciamo troppo facilmen-te “cristiani” non crede forse di poter vivere “di rendita”? La Speranza non coincide sempre con la riuscita delle speranze umane. Anzi, è proprio quando queste vengono a scemare che “tengono” le “ragioni” della Speranza cristiana. Mille cose, allora, sono urgenti. Mille le riforme dei passaggi fondamen-

tali del vivere umano: fami-glia, cultura, lavoro, economia, scuola, politica, diritto, magi-stratura... Ma la prima “ope-ra sociale” è la ricostruzione delle radici dell’uomo, l’uomo nel suo profondo. E questa noi la chiamiamo “evangelizza-zione”. In troppi, anche nella nostra Chiesa, siamo distratti da altre urgenze. Vorremmo co-struire la casa partendo dai tetti e dagli esterni. No, è questione di fondamenta. Da fondare “sulla roccia”. Di qui... non si scappa!

Si può mai “garantire”

la vita eterna?

Rev. Rettore, da un po’ di tempo in qua ho più paura dell’Inferno di qualche anno fa. Sarà che questo Papa ogni tanto ci torna su, sarà che gli anni passano... Comunque sia, mi chiedo spesso se an-che io meriterò la vita eter-na. Ho i miei peccati piccoli e grandi sulla coscienza e soprattutto so quante volte ho mancato di carità verso il prossimo. Per quanto me ne penta, ogni tanto ci ricasco. Non ho grandi ricchezze, ma non mi manca nulla mentre altri muoiono di fame. E mi sembra che Dio me lo rim-provererà. Per quanto ci pen-si, a dare tutto ai poveri non ci riesco. Mi vien da chiedere

come nel Vangelo: Signore, che cosa devo fare per avere la vita eterna? Temo la rispo-sta. Mi dia un aiuto.

Gian Giacomo Fr. Ventimiglia (IM)

Non tema mai le risposte di Dio ai suoi dubbi. Mai! E non parli più, per favore, di “meri-to”. Dio, il nostro Dio, quello di Gesù Cristo, vuole salvare tutti e... “gratis”. Lei sta parlando il linguaggio del “bottegaio”. Anche Pietro diceva a Gesù: “Ma chi si potrà salvare?” Poi tentava di fare i conti con lui, ostentando quanto egli aveva “lasciato” per seguirlo... È lì che Gesù lo stoppa subito, di-cendogli che non sono questi i conti da fare con Dio, perché “se tu mi avrai dato uno io ti darò cento, già qui in terra e, in futuro, la vita eterna”. Gratis! Inoltre, si fidi della precisazio-ne che fa Gesù in merito alla “volontà del Padre mio. Lui, il Padre mio, vuole che nulla vada perduto di ciò che è suo e vuole che io lo risusciti nell’ulti-mo giorno”. Siamo noi, cristia-ni “moralisti dell’alambicco”, che spesso abbiamo imposto pesi che poi noi non spostiamo neppure con un dito e abbiamo giudicato e condannato senza misericordia invece che cercare, guarire e salvare. Se lei riusci-rà - Papa Francesco sembra che stia lottando solo per questo - a ritrovare “questo Dio”, sarà sicuro per se stesso e darà una mano ad altri. Senza paure!

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gianfranco parodi

L’ipocrisia dei colonizzatori arrivava al punto di voler imporre loro anche la religio-ne cristiana. Si può immaginare con quale entusiasmo quella povera gente accettasse di condividere la religione dei propri aguzzi-ni. Negli anni sorse un curioso fenomeno di identificazione dei santi cristiani con le divi-nità africane (candomblè). Accadeva cioè che mentre formalmente gli schiavi si univano ai bianchi per festeggiare certi santi, in cuor loro onoravano la divinità africana che più “somigliava” al festeggiato. Questa religione fu molto osteggiata dalla Chiesa e dai governi ma resistette e viene tuttora praticata da mol-ti discendenti degli antichi schiavi.

Oggi la Chiesa cattolica in America La-tina è molto impegnata nel campo so-ciale. Esponenti di ordini religiosi (gesuiti, domenicani, francescani, benedettini) sono conosciuti per le loro battaglie a difesa dei più deboli e dell’ambiente, quest’ultimo in particolare sempre più compromesso dagli interessi dei latifondisti e delle multinazio-nali che non esitano a mettere in atto inti-midazioni anche gravi verso i loro oppositori e a limitare il consenso popolare all’impegno sociale della Chiesa cattolica: ciò anche at-traverso massicci investimenti in appoggio a sette religiose dotate di notevoli risorse finan-ziarie, che attirano un numero crescente di fedeli e offrono una religione basata sull’ac-cettazione delle sofferenze terrene e quindi anche dell’ingiusto sfruttamento.

Continuando il nostro discorso sulla Chiesa dell’America Latina, un’espe-

rienza che vale la pena ricordare è quella dei Gesuiti e delle loro “Reducciones”. Nel tenta-tivo di offrire una possibilità di riscatto per le popolazioni Guaranì destinate alla schiavi-tù, a partire dal 1600 l’ordine di Sant’Ignazio costituì delle colonie, in cui alle comunità locali erano assicurate condizioni di vita di-gnitose e dove, col lavoro degli indigeni e con la tecnologia insegnata dai missionari, veniva garantita una completa autosufficien-za. Ovviamente un adeguato spazio era riser-vato all’educazione religiosa e ancora oggi sono visibili le rovine delle grandiose chiese costruite dai Gesuiti. Negli anni attorno al 1750, però, per questioni squisitamente po-litiche, l’ordine gesuitico fu soppresso sia in Portogallo che in Spagna. Anche le “ri-duzioni” furono soppresse e le popolazioni che in esse vivevano furono massacrate. La Chiesa e la società del Sud America ebbero però da affrontare anche altri problemi, oltre a quelli vissuti dagli indigeni: in primo luogo la colossale tratta di africani che, stipati in condizioni orribili su navi da carico, ve-nivano trasferiti nel nuovo continente come forza lavoro per i latifondi. Ovviamente il numero di quelli che arrivavano vivi nelle nuove terre, date le condizioni impossibili dei viaggi, era molto esiguo. I sopravvissuti venivano subito venduti ai grandi lati-fondisti che li impiegavano in condizioni di schiavitù totale, alla stregua di animali.

la Chiesa diffusa nel mondo

America Latina, dalla Chiesa dei forti

a quella dei deboli

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II primi educatori dei figli sono i genito-ri. È questa una responsabilità che papà

e mamma sentono sempre di più sia sul pia-no umano che religioso. La Chiesa, nella sua storia, ha sempre avuto attenzione alla for-mazione e alla scuola e diversi santi si sono occupati della crescita dei giovani. Possia-mo ricordare San Giovanni Bosco che ha realizzato anche a Genova un suo Oratorio e Don Francesco Montebruno, fondatore degli Artigianelli, che si occupò della forma-zione dei ragazzi genovesi più poveri e che fu, tra l’altro, molto attivo al Santuario della Madonna della Guardia.

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testo di enrico quaglia e foto di stefano perfumo

la Famiglia attraverso l’Arte

L’amore si compiace della verità: “Bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri... il vostro parlare sia sempre con grazia, condito con sapienza” (Ef 4, 25-15).Da “IL DECALOGO PER LA COPPIA” della Guardia

(da 1 Cor 13,4-8)

A sinistrA: L’educazione dei giovani.Il cortile dell’Oratorio di Sampierdarena di Genova.

Per gentile concessione dell’ Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Genova.

Il Santo educatore Don BoscoChiesa di S. Siro di Genova.

Famiglia ed educazione

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marco granara

editoriale

Come riprendere? Così.Molti salgono già abitual-mente al Santuario con fre-quenza mensile e anche maggiore. A questi e ad altri voglio proporre di cerca-re nel proprio ambien-te tre, quattro persone e chiedere loro di salire in-sieme, mensilmente alla Guardia, anche in giorni feriali, alla Messa delle 10. A conti fatti, se da ogni Vica-riato genovese o limitrofo (i Vicariati sono 26, coi limitro-fi si arriverebbe facilmente ad oltre 30) si potesse garantire la salita di “una macchinata”, come dire appena 5 persone ogni giorno, queste stes-se potrebbero essere presto “cinghia di trasmissio-ne” tra il Santuario e il loro ambiente. Sarebbe l’inizio di un capillare “ricostruire con Maria” di tutto il nostro ter-ritorio. Già abbiamo contat-tato alcuni e le prime risposte sono incoraggianti. Quanto sopra evidentemen-te esclude chi ha impegni di lavoro. Per costoro abbiamo pensato a una seconda ipotesi: la valorizzazione di ogni

29 del mese (anniversario dell’Apparizione e del Man-dato di Maria) con una cele-brazione serale dopo il la-voro. Che bello pensare che “gruppetti” di colleghi d’am-biente, di lavoro, di vicinato... possano solidarizzare e salire insieme. Non solo il cosiddet-to “territorio” è da ricostruire, ma ogni “ambiente di vita”.

Chi ci legge - anche tu - sen-ta queste due proposte come una “chiamata” vera e propria di Maria. Io, che sono solo un “portavoce” della Madonna della Guar-dia, ci credo e ci conto molto. Per chi vuole saperne di più, legga anche le Cronache in fondo di questo numero e mi contatti personalmente. Se i “gruppetti”, in ogni Vicariato o Zona, saranno più d’uno, potremmo dire che è rinata di fatto la “Nuova Com-pagnia della Guardia”, che per diversi secoli passati è stata il braccio di Maria per raggiungere TUTTI i suoi figli. Un sogno? Se ci stai anche tu, il “sogno” è già un po’ “realtà”.

“Piccoli gruppi” insieme,

una “Compagnia” per la speranza

Tempi duri, quelli che stiamo vivendo. Non

siamo poi troppo lontani dalla situazione di Chiesa e Società della fine del ‘400, quando Dio affrontò la riforma di un mondo alla deriva come il nostro, affidando - anche alla Guardia attraverso Maria - il compito della ricostruzione a “piccoli gruppi” di uo-mini davvero credenti in Lui, che vuole che “nulla” e “neppure uno dei suoi figli” vada perduto. Ebbene: noi crediamo che, solo andando per questa strada, piccoli gruppi di umili credenti, uniti ad altri in ogni ambiente a formare una “compagnia” di ricostruttori, cambieranno, per lievitazione naturale e spontanea, gli ambienti di vita e il mondo. E così - ca-parbiamente per fede - sono qui a riproporre lo stesso percorso di quei “piccoli gruppi” uniti nelle locali “Compagnie della Guar-dia” a quanti sono affeziona-ti alla Madonna della Guardia, al suo mandato iniziale e al suo Santuario che lo deve portare avanti.

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Le parole più belle del Natale nei pensieri dei bambini e l’invito di Gesù ad essere come loro.

ricaveremo idee filosofiche, pensieri complessi o parti-colarmente profondi, ma la freschezza, l’entusiasmo, il coinvolgimento di questi ‘pensierini’ ci aiutano a ca-pire che essere bambini ha a che vedere con l’essen-zialità e la verità.

PACE: oggi è un giorno di pace - io amo la pace - io faccio sempre pace con mia sorella - io faccio la pace con tutti i bambini - io disegno la pace - per me la pace indica Gesù.

AMICIZIA: per me l’amici-zia è una cosa bella - è una cosa che adoro moltissimo - io faccio amicizia con mia so-rella - io la faccio con i com-pagni di scuola - io con tutti i bambini - per me significa pace.

FAMIGLIA: è una cosa d’o-ro - è bellissima - per me è

“Se non ritornerete come bambini…”.

Il Vangelo ci sorprende anco-ra perché, di solito, noi dicia-mo: “Non fare il bambino!” e “Non sei più un bambino!”, in-tendendo che essere bambini fuori tempo è ridicolo, se non penoso. Eppure, soprat-tutto a Natale, l’esortazione di Gesù acquista tutta la sua profondità nell’attesa di un Dio che assume la for-ma più comprensibile al nostro cuore: quella di un bambino inerme che ha bisogno di attenzione e cura perché Lui, Dio, possa ac-cogliere noi totalmente. Come la mettiamo allora con la frase di Gesù?

Proviamo ad entrare in pun-ta di piedi in una classe di ca-techismo dove la catechista Gabriella ha invitato i suoi bambini di terza elementare ad esprimersi su un grappolo di parole chiave. Non ne

ivana zanobelli

il mondo - mi piace la mia famiglia, anche la mia mam-ma e il mio papà - io amo la mia famiglia - io sono amico di tutte le famiglie - per me la famiglia viene dal cuore - per me tutte le famiglie sono belle.

FRATELLANZA: viene dal cuore – la mia amica Giada è come una sorella - mia sorella è un’amica - io gioco sempre con Gaia (che è cinese di ori-gine) e sembra mia sorella - la fratellanza è come il mondo - Dio ci vuole tutti fratelli - per me sono tutti fratelli.

SEMPLICITÀ: è come una canzone - mia mamma è semplice - secondo me chi si veste semplice è bello - io ho visto una persona semplice che era buona e gentile - la semplicità viene dal cuore.

GESÙ BAMBINO: è intorno a me e nel mio cuore - per

Se non ritornerete come bambini... no n capirete il Natale!

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osservatorioE adorarono il Bambino...

me è generoso, ha un cuore enorme - è sempre accanto a me quando ho delle difficol-tà - aiuta tutti quando hanno bisogno - ci aiuta e ci proteg-ge - è una cosa unica.

E per la catechista Ga-briella cosa vuol dire “ri-tornare come bambini”?“Quando ci avviciniamo al Natale chiedo sempre alle per-sone con entusiasmo: ‘Non è bello, non siete contenti che arri-va Natale?’ E ci rimango male se mi sento rispondere: ‘Un tempo, forse, quando c’erano i bambini piccoli, ma adesso con tutti i problemi che ci sono…’ Mi intristisce la risposta per-ché sentire il Natale come festa o meno è esprimere anche come vivi, se sei ca-pace di sperare e di accogliere il giorno della vita. Non es-sere più capaci di meravi-glia e di speranza è essere vecchi. Diventare piccola per me che sono catechista vuol

dire essere capace di aprirmi agli altri perché ho impara-to che, se sei aperto e di-sponibile, l’altro è felice, cambia espressione, fiori-sce in viso. Dai bambini ho imparato il loro modo di fare che li rende disposti ad ac-cettare anche le persone più problematiche e i difetti degli adulti. Certo Gesù con quel-la frase si riferisce al nostro rapporto con lui, ci invita a non fare i furbi, a non sentirci onnipotenti, a riconoscerci, invece, piccoli davanti alla sua grandezza. Per me tutta-via il ritornare come bambini significa soprattutto vivere l’innocenza e la capacità di meravigliarsi. Nella mia esperienza anche il più scal-manato e iperattivo dei bam-bini, quando si riesce ad aiu-tarlo a concentrarsi, si lascia catturare: allora i suoi occhi si illuminano e si fanno più belli e lui diventa presente a se stesso e agli altri.

Se non ritornerete come bambini... no n capirete il Natale!

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Lasciarsi sorprendere

da Dioanna gatti

Stavamo attraversando la città in macchina e

dietro, nei loro seggiolini, sedevano le due nipotine, curiose e interessate a tutto quello che vedevano. Tran-sitammo davanti ad una fontana zampillante e la più grande - 3 anni - rivolta alla sorellina se ne uscì con que-sta frase: “Vedi Ele, questo è il mondo. Guarda come è bello”! Lo confesso: mi com-mossi per quella sua capaci-tà di guardare ogni cosa con stupore e gioia e pensai con rimpianto che noi adulti questa dote l’abbiamo persa, forse perché crediamo di aver già visto tutto e di sapere tut-to, spesso navigati e disillusi. Benedetti i bambini! Con la loro semplicità ci portano ventate d’aria fresca, ci fanno riflettere e ci insegnano a vi-vere in modo più vero. D’al-tronde Gesù non ha detto: “Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno di Dio”? Qual-cosa da imparare da loro evi-dentemente c’è. Non che il bambino sia per questo un angioletto: capricci e litigi

sono all’ordine del giorno, però ha naturalmente in sé la semplicità di chi non cono-sce secondi fini o malizia, sa cogliere le piccole meraviglie della vita (che bello toccare le cornine della lumaca e veder-le sparire!) non ha pregiudi-zi, non sa cosa sia il “diverso” (“Mamma, Fathia ha i capelli lunghi come me, siamo ugua-li” solo che Fathia li ha neri e lei biondi, ma che impor-ta?); non sa fingere, non por-ta maschere, è di un candore proverbiale e qualche volta imbarazzante (“Papà, guarda quel signore, ha la schiena fatta a monte”), ma non ha catti-veria, neanche quando litiga con i compagni, perché dopo poco è di nuovo amico e non porta rancore; ogni giorno è un nuovo inizio tutto da vivere, una scoperta di cose nuove, di sorprese gioiose. Tutto è meraviglia. Quan-te volte invece noi grandi cominciamo la giornata già stanchi e disincantati, chiu-si in noi stessi, incuranti dei sentimenti altrui, in una mo-notonia senza sorprese. Papa Francesco durante la Giorna-ta Mondiale della Gioventù

in Brasile ha invitato i giova-ni a lasciarsi sorprendere da Dio e a essere gioiosi: “Dio riserva sempre il meglio per noi. Ma chiede che noi ci lasciamo sorprendere dal suo amore, che accogliamo le sue sorprese”. Fidiamoci di Dio come il bambino si fida di chi gli vuol bene.

È Natale. Nel presepe con-templiamo il mistero di un Dio bambino, cerchia-mo di rivivere lo stupore che certo hanno provato pa-stori e magi: un Bambino per il quale si sono mosse schiere di angeli ed è spuntata una nuova stella si è affidato a noi, si è “consegnato nelle mani degli uomini” come dirà lui stesso più avanti (Mc. 9,31). E noi, come lo accogliamo? La prima volta che la mia ni-potina vide una statua della Madonna della Guardia col Bambino in braccio avrà avu-to circa un anno. La guardò e mi disse: “Nonna, ma quel bambino è nudo, avrà freddo. Andiamo a prendergli un vesti-tino”. Forse è il cuore più che la mente che ci fa ca-pire il mistero.

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scegliere di chi fidarci e spesso affidiamo le nostre vite a chi “vende desideri e speranze in confezioni spray” (come can-ta Renato Zero in “Mi vendo”!).

Siamo chiamati a tornare bambini per scegliere con de-cisione di affidarci a Dio e al suo progetto. Dio non delude e non tradisce! Questo tema potrebbe esse-re particolarmente utile in Avvento per la nostra me-ditazione. Potremmo infatti avvertire l’invito di Gesù a tornare come bambini per porci accanto a lui, essere dei suoi amici, compagni nell’av-ventura della vita fin da pic-coli. Ma ancor di più potrem-mo cogliere l’opportunità per ricominciare; tornare bambini è infatti scegliere di reimpostare la vita non secondo i criteri istintivi di egoismo e di dominio, ma secondo il Vangelo: metterci accanto alla culla di Gesù per crescere, non in concorrenza, ma con Lui e come Lui.

*parroco, Genova

dell’attenzione, che pretende in modo esclusivo, quando la presenza di un fratellino/sorel-lina gli danno la sensazione di dover scendere dal trono dal quale credeva di poter go-vernare indisturbato la fami-glia e il mondo.

MA ALLORA PERCHÉ TORNARE BAMBINI?

Perché essi hanno, a differenza dei grandi, una caratteristi-ca che facilmente si perde crescendo. Forse anche per questo Antoine de Saint-Exupéry ne “Il Piccolo Prin-cipe” raccomanda ai bambini di essere “indulgenti coi gran-di” (cap. IV). Istintivamen-te, i bambini sanno della propria debolezza: dunque si fidano e si affidano! L’invito di Gesù allora appare chiaro: crescendo, demo-ralizzati, delusi e traditi, noi grandi perdiamo la capacità di fidarci ed affi-darci. Soprattutto abbiamo smarrito la capacità di

La frase del Vangelo stu-pisce sempre tutti ad

una prima lettura per vari mo-tivi. Metto in evidenza quali sono per me le due cause più significative di perplessità ri-spetto all’enunciato di Gesù. In effetti perché mai tornare piccoli quando abbiamo tutti sotto gli occhi l’egoismo che caratterizza i nostri bambini? Non resisto alla tentazione di precisare che ci troviamo at-torno anche bambini che anagraficamente hanno superato i quarant’anni, ma non hanno sviluppato una maturazione coerente all’età. Il bambino “prende” tutto quanto: informazioni, sorrisi, immagini, affetto… gratifican-do i suoi generosi donatori con semplici sorrisi. Crescen-do il bambino arriva a “pre-tendere” la cura, l’assistenza, sviluppa l’idea, oggi tanto pubblicizzata, che tutto sia dovuto perché - ecco la parola magica - è un “suo diritto”. Il bambino, infine, diventa talvolta insopportabi-le quando si vede esautorato

Natale. Per ricominciare!

Affidarsi a Gesù bambino è ammettere la propria debolezza (come i bambini).

don andrea perini *

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Annalena Tonelli è stata una missionaria laica e

quello che colpisce di più scorrendo la sua vita è il con-trasto tra la sua figura dolce e delicata, apparentemente fragile e il suo spirito così intrepido e audace che la portava a operare senza paura in contesti difficilissimi. Par-lando di sé dice: “Scelsi, che ero una bambina, di essere per gli altri, i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati e così sono stata e confido di continuare fino alla fine della mia vita”. Da ragazza, nella sua Forlì comincia a occuparsi dei poveri, dei bambini del brefotrofio e di quelli con disabilità, poi nel 1969, a 25 anni, vola in Kenya. La piaga della tubercolosi, che portava i malati ad essere cacciati dalla comunità, la spinge, lei laureata in Legge, a comin-ciare a studiare medicina e a mettere a punto una profilassi per la tubercolosi adottata poi dall’Organizzazione Mon-diale della Sanità che nel 1976 le affida un progetto pilota per la cura della Tbc tra i nomadi. Il suo inizio in Africa non è facile: “Tutto mi era contro allora, ero giovane, dunque non degna né di ascolto, né di rispetto. Ero bianca dunque disprezzata... Ero cristiana, dunque oltraggiata, rifiutata, temuta. E poi non ero sposata, un assurdo in quel mondo dove il celibato non esiste e non è un valore, anzi è un non valore”. In effetti la sua posizione è insolita: laica, senza famiglia,

anna gatti, nucci scipilliti

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senza avere alle spalle un ordine religioso o un’organiz-zazione che le sia di sostegno, opera nel silenzio vivendo come i poveri con cui ha scelto di stare. Il silenzio lo infrange solo quando c’è da denunciare soprusi come nel 1984 quando l’esercito del Kenya cerca di annientare una intera tribù di somali. La sua denuncia ha effetto, ma la sua posizione diventa critica ed è costretta dopo 17 anni di permanenza a lasciare il paese. Si trasferisce in Somalia dove continua a oc-cuparsi dei malati di tuberco-losi, “la gente più abbandonata, più respinta, più rifiutata in quel mondo”. Più volte aggre-dita e minacciata, si salva da un’esecuzione con la fuga, ma un anno dopo ritorna, questa volta nel nord, a Borama: crea un ospedale d’avanguardia e una scuola per sordomuti, promuove campagne contro le mutilazioni genitali femminili, fa informazione sul problema dell’Aids, combatte contro

Testimoni di un mondo migliore

Annalena “dei poveri” l’ignoranza convinta che solo l’istruzione può migliorare la situazione economica e sociale. La comunità locale che le vuol bene prega perché si conver-ta all’Islam: “Me ne parlano spesso con delicatezza, ma aggiungono sempre che Dio sa e io andrò in paradiso anche se rimarrò cristiana”, racconta; e a proposito dei musulmani dice: “Ringrazierò sempre Dio per il dono dei miei nomadi del deserto. Musulmani, loro mi hanno insegnato la fede, l’ab-bandono, la resa a Dio, una resa che non ha nulla di fatalistico, una resa arroccata in Dio, una resa che è fiducia e amore. I miei nomadi del deserto mi hanno insegnato a tutto fare, tutto operare nel nome di Dio”. Ma i tradizionalisti e gli estre-misti islamici non sopportano questa “infedele” che viene a minare il loro ordine e il loro potere: il 5 ottobre 2003 un colpo di pistola mette fine alla sua vita. Aveva scritto: “La vita mi ha insegnato che la mia fede senza l’amore è inu-tile, che la mia religione non ha tanti e poi tanti comandamenti, ma ne ha uno solo”.

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I

marco granara

Non c’è dubbio, gli anziani sono la maggioranza tra i pellegrini del

Santuario. Sono i più fedeli raccoglitori e conservatori della memoria. Saranno anche trasmettitori alle nuove generazioni? Questo forse è “il” problema. Solo nostalgici capelli bianchi o motivati testimoni di valori? Rassegnati e assuefatti lodatori di un tempo passato o memorie vivaci, calamite di fu-turo? Guai a disattendere l’attenzione su di loro! Anzi! E se fosse proprio questa “fa-scia debole” chiamata a ricostruire pre-sente e futuro? Così, da sempre e da subito, alla Guardia si è cercato e si cerca di valoriz-zare la presenza degli anziani. Gli Esercizi spirituali più curati, qui da noi, sono da quasi vent’anni proprio quelli per l’“Età del-la Sapienza”. L’abbiamo voluta chiamare così la fin troppo scontata e abusata “Terza età”. Sì, perché alla Guardia si crede al valore delle persone anziane... Senza dar nulla per sconta-to e senza retorica.

Dalla Guardia - dopo gli “Esercizi”, la Gior-nata diocesana a loro dedicata a metà set-tembre e la Festa dei nonni del 29 luglio – gli anziani possono tornare a casa consci del

2014 - Anno della Famiglia

loro valore e della loro responsabilità. Portano con sé un oggetto particolare, il Testi-mone, un piccolo cilindro di plastica, molto simile al testimone che si passano gli atleti cor-ridori della staffetta. Il simbolo è evidente: ogni testimone è carico di tutti i valori essenziali (non certo ultimo quello della Fede) e, tenuto saldamente in pugno e passato coerentemente da una generazione all’altra, fa “vincere” la grande corsa della vita.

Una “scenetta” sempre più frequente - bella e un po’ patetica insieme - che si può trovare alla Guardia. Piccole comunità familiari - due geni-tori, un bimbo/a, i quattro nonni consuoceri - tutti in una vera e propria “adorazione” del pargoletto. A volte sono bimbi arrivati fuori tempo massimo, dopo anni di attesa... E ora sono qui, tutti a ringraziare per il grande dono ricevuto. Difficile valutare le singole situazio-ni: figli da sempre e da subito desiderati ma che sembravano non poter arrivare. Ma anche figli spesso dei calcoli sociali, rimandati fino all’età dell’infertilità per motivi di lavoro o di altre priorità esistenziali. E poi, con la gioia, il ruolo dei nonni, il sostegno al lavoro ancora

Anziani e malati:Osservatorio flash

dalla Guardia...

(continua a pag. II)

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II

(segue da pag. I)

precario dei figli e tante altre conseguenze. Si po-trebbe parlare di “nonni a scuola di vita”, magari loro malgrado.

E poi i drammi - veri e propri drammi - quelli dei fallimenti matrimoniali dei figli, sem-pre più numerosi, vissuti molto malamente dagli anziani. Quante lacrime nei nostri “confessio-nali”!!! Quante lacrime per i conflitti tra le due famiglie e i rispettivi consuoceri, quante gelosie mal gestite, ruoli non rispettati, prevaricazioni di ogni genere... Sacche di sofferenza incredibile per tutti. Per molti anziani, la convinzione fina-le del fallimento totale, quel “vedere tutto e solo nero” che distrugge gli anni che dovevano essere del riposo e del godimento dei frutti della fatica di una vita. Tutto questo spesso vissuto in solitu-dine. Una strofa del nostro “Canto della Guardia” si esprime così: “Noi ti portiam la triste anima af-faticata, l’umanità malata si riconduce a te e lacrime non viste, riversa qui ai tuoi piè... Madonna della Guardia. Madre che tanto puoi... prega, prega, prega il divin tuo figlio...”

Il “quadretto” più bello, davvero commovente che abitualmente si trova alla Guardia, è quel-

lo che vede figli o giovani nipoti accompa-gnare dalla Madonna il congiunto anzia-no, ormai pressoché disabile. Mi prende sempre una tenerezza struggente di fronte a questa sce-na: da una parte, la gioia evidente dell’anziano di essere ancora una volta arrivato dalla “sua Madonna” (“Sarà l’ultima volta”... spesso hanno a dire) e dall’altra la delicatezza, il riguardo pros-simo alla venerazione da parte dei giovani. Bel-lissima sintesi di mille valori! La resa prati-ca del principio del Corpo di Cristo mistico diventato reale in una ri-concezione dei ruoli e dei valori.

Due volte all’anno - in genere prima l’UNITAL-SI e a settembre l’OFTAL - ci sono al Santuario giorni di pausa e di pace per gli ammalati di ogni genere portati alle “case di Maria” dalle rispettive associazioni. Giorni di grazia, non solo per i disabili che - si vede proprio - se li godono appieno, ma giorni di grazia per il Santuario e per tutti i pellegrini che li incontrano. “Gli ultimi saranno i primi” aveva detto Gesù. E lo dice anco-ra con la sua Chiesa, quando i più deboli - anzia-ni e ammalati - diventano non solo “assistiti” ma veri e propri protagonisti.

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III

Famiglia, centrale di affetti anche nella malattia

Èsera avanzata. Sto partecipando ad una giornata di formazione personale e ho tra

le mani un Libro di Preghiere. Lo sfoglio, ne leg-go una in particolare. Anzi la recito, come si usa recitare un’orazione: senza retorica, lievemente sforzando la testa per capire, per immedesimarsi, per lodare il Signore con il cuore. È di San Gio-vanni Paolo II, tratta dalla Preghiera per la fami-glia: “Fa’ che ogni famiglia umana sulla terra diventi (…) sorgente di divina carità, un vero santuario della vita e dell’amore, per le generazioni che sempre si rin-novano (…) Fa’ che l’amore, rafforzato dalla grazia del sacramento del matrimonio, si dimostri più forte di ogni debolezza e di ogni crisi, attraverso le quali, a volte, passano le famiglie”. Quale miglior viati-co per parlare di un tema concretissimo quale la famiglia di fronte alla malattia e all’età anziana? Famiglia come sorgente di vita, come luogo privilegiato degli affetti, come occasione per mettere alla prova la pazienza, i legami af-fettivi più prossimi. Con una condizione: non mitizzare la forza degli affetti, la bellezza dell’e-tà infantile, la delicata amorevolezza dell’età an-ziana. Quanti bambini ed anziani egoisti, noiosi, poco accondiscendenti, permalosi, gelosi! Quan-te malattie vissute da famiglie sole, fragili e vulnerabili, senza servizi, senza attenzioni soli-daristiche da parte del vicinato e del territorio in genere, rese sterili ed infeconde di relazioni affet-tive, sopraffatte da fatica, angoscia, desolazione, esposte al rischio dello sfilacciamento, di un… non ritorno. Conosco però - e credo proprio che tutti voi ne conosciate - famiglie straordina-riamente unite, che in presenza di patologie

infantili invalidanti o di anziani non autosuf-ficienti hanno trovato in quelle difficoltà occa-sione di rafforzamento del vincolo coniugale e genitoriale.

Ancora un’osservazione: è corretto avvicina-re malattia ed età anziana? Non c’è forse il rischio di patologizzare gli anziani? Essere anziani non è una malattia da debellare con un farmaco, è uno stadio della vita da accompa-gnare e di cui prendersi cura perché l’anziano sia seguito con partecipazione e dedizione. Da picco-lo mi raccontavano la storia tristissima di un an-ziano che in casa era maltrattato, era umiliato: per lui una tazza sbrecciata, intanto…. Ed un giorno il nipotino, di fronte all’ennesimo sopruso compiu-to dai genitori nei confronti di quel nonno, prese la ciotola e la nascose dicendo: “La userò poi, quan-do voi sarete diventati vecchi”. Il racconto era forse ispirato da una cultura fatta di tristezza e violenze psicologiche, seppure a fin di bene, per educare, però quell’immagine mi è servita per crescere, cercando di rispettare i miei anziani e di educare al riguardo i miei figli. Ed adesso sono in attesa per me dell’esito di quegli insegnamenti, di quel-le testimonianze di quelle chiacchierate al lume dell’abat-jour della loro cameretta. La sottoline-atura da fare risulta sempre la stessa: famiglie centrali di affetti, di auto e mutuo aiuto, di solidarietà vissuta quotidianamente. Se-guendo l’invito di Papa Francesco, non mi farò rubare la speranza da chi, senza speranza, punta ad un mondo dove la disperazione segni in modo irrevocabile la fine dell’umanità.

giovanni ricci

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intervista di mirco mazzoli a s.e. il card. angelo bagnasco

Famiglia, Genova, futuro.Parlando con il Card. Bagnasco...

Intervista all’Arcivescovo di Genova, tra Sinodo, Assemblea dei Vescovi italiani e una città che vuole riconquistare il suo domani.

14novembre, Cu-ria Arcivescovile

di Genova, Episcopio. Il gior-no dopo l’Assemblea straor-dinaria della Conferenza Epi-scopale Italiana (CEI) ad Assisi, il Card. Angelo Bagna-sco, presidente della CEI e Arcivescovo di Genova, rice-ve volentieri ‘laGuardia’ per un’intervista. Quasi due ore di colloquio per parlare di fa-miglia e di Genova. Eminenza, come sappia-mo l’Arcidiocesi di Geno-va ha dedicato due Anni Pastorali consecutivi alla famiglia. Siamo a metà del percorso: come sta andando? Cosa si at-tende l’Arcivescovo dai prossimi mesi? Innanzitutto è importante ricordare che il biennio sulla famiglia della nostra Dioce-si si inserisce nel Decennio dell’educazione che la Chie-sa italiana sta vivendo fino

al 2020. Il biennio è dunque una traduzione, una declina-zione locale di questo impor-tante percorso che tutta la Chiesa italiana sta compien-do. È molto importante avere sullo sfondo questo orizzonte perché la prospettiva non sia parziale ma integrata. Det-to ciò, sono molto contento di come è andato lo scorso anno e di come è ripartito il secondo. Sono tre gli obietti-vi che abbiamo di fronte: la preghiera per la famiglia; la riflessione sulla realtà fami-liare, innestata nel Vangelo e secondo la Dottrina della Chiesa e la Tradizione; la pre-disposizione di risposte con-crete ai principali problemi della coppia e della famiglia. Si tratta principalmente di sei grandi sfide: come favori-re l’educazione affettiva degli adolescenti, come sostenere i genitori nell’educazione in-tegrale dei figli, come meglio preparare i nubendi al ma-

trimonio, come aiutare le fa-miglie che sono in difficoltà economica, come accompa-gnare le coppie e le famiglie che affrontano momenti di crisi sempre possibili e, sesto punto ma non certo ultimo, come promuovere la famiglia in quanto soggetto sociale, attraverso ampie reti nazio-nali ed internazionali che hanno capacità di rappre-sentanza e di interlocuzione presso i soggetti nazionali, decisori delle politiche e delle regole del vivere sociale. For-se è un progetto ambizioso da parte della nostra Arcidio-cesi pensare di poter rispon-dere con iniziative concrete a tutto questo, ma credo che quello presente sia un tempo propizio per alzare lo sguar-do, puntare in alto, tanto più come cristiani che sanno di non essere mai abbandonati da Dio.

Parlando in particolare

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le ragioni del credereCon il pastore

Famiglia, Genova, futuro.Parlando con il Card. Bagnasco...

di coppie e famiglie che vivono situazioni di crisi e che magari si lasciano raggiungere con diffi-coltà per-ché non frequen-tano la Chiesa o se ne al-lontanano per il di-sp ia -c e -

re, quale aiuto si può pensare di offrire? Nel corso della sua prolusio-ne all’Assemblea di Assi-si, Lei ha accennato ad esempio a centri di ascol-to dedicati. Direi questo: nessuna inizia-tiva è un punto nel deserto, si tratta di sfide immerse in un contesto mondiale in ter-mini sia di problematicità sia

di risposta, e ce lo ha di-mostrato una volta

di più il redente Sinodo straordi-nario sulla fa-miglia, che è stato davvero una grande grazia. Dun-que, quanto f a c c i a m o e potre-mo fare a Genova si c o n f r o n -ta con altre

e s p e r i e n z e ,

soprattutto sul territorio na-zionale e si innesta in quanto già esiste nella nostra stessa Diocesi. I centri di ascolto per la famiglia a cui ho fatto riferimento nella mia prolu-sione sono una delle espe-rienze mirate che possono essere messe in atto e si può certamente dar vita anche a nuove proposte a livello di vicariati, compatibilmente con le forze in campo. Sen-za dimenticare però quanto già da anni stiamo facendo e dobbiamo continuare a fare valorizzandolo sempre più: penso ad esempio alla storica attività dei Consultori fami-liari di ispirazione cristiana e a Genova in particolare al CIF (Centro Italiano Femmi-nile).

Ha accennato al Sinodo straordinario sulla fa-miglia su cui si è detto e scritto molto. Se dovesse

(continua a pag. 20)

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raccontarne una estre-ma sintesi ai genovesi, cosa direbbe? Che tutto il mondo è paese. Questo per stare all’estrema sintesi che lei mi ha chiesto. Poi ovviamente l’espressio-ne popolare va argomen-tata. Il Sinodo ha offerto ai Vescovi di tutto il mondo la possibilità di confrontare la situazione della famiglia nelle loro Chiese particolari e abbiamo potuto constatare che i valori, le problemati-che, i bisogni, le urgenze, le richieste e le ricchezze delle famiglie sono sostanzialmen-te gli stessi in tutto il mon-do, pur con tutte le varianti, per esempio la possibilità di contrarre seconde nozze nel-la tradizione ortodossa per la quale tuttavia va sempre ricordato che il primo ma-trimonio resta il più impor-tante, o la famiglia/clan nelle Chiese africane. C’è un tratto particolare della famiglia italiana? La si accusa di familismo,

di essere un po’ chiusa in se stessa e iperprotettiva tanto che i ragazzi non se ne stac-cano facilmente. È un’accusa che le viene rivolta special-mente dall’Occidente anglo-sassone e può anche conte-nere qualche intenzionalità positiva, ma non le giunge dal resto del mondo, da quei continenti che sono oggi il vero baricentro mondiale, dove la famiglia continua ad essere il fulcro della vita e della cultura della società. In ultima analisi, direi che dob-biamo essere fieri del senso di famiglia che caratterizza l’I-talia e che tra l’altro, in que-sto tempo di crisi, dimostra una volta di più il suo ruolo fondamentale e insostituibile nella tenuta sociale.

A questo proposito: la Chiesa vede nel tentativo di riconoscere forme di unione che non siano il matrimonio tra l’uomo e la donna un attacco alla cultura della famiglia. Nella sua prolusione ad

Assisi, Lei ha ribadito che “e irresponsabile indebo-lire la famiglia, creando nuove figure (…) per scal-zare culturalmente e so-cialmente il nucleo por-tante della persona e dell’umano”. La doman-da è: perché la volontà di due persone, eterosses-suali od omosessuali, di formare una coppia rico-nosciuta dallo Stato do-vrebbe minacciare la vo-lontà di un uomo e di una donna di unirsi in matrimonio? Lei che ne pensa?

Eminenza, non ci crede-rà ma avrei scommesso su questa risposta. E dunque?

Quando ricevo critiche su questo argomento, ri-spondo con difficoltà. Non è come quando si parla di sostituire ‘genito-re A e B’ a papà e mamma: raramente trovo qualcu-no che giudichi positiva-

(segue da pag. 19)

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Con il pastore le ragioni del credere

mente questa proposta e non la avverta come una negazione pericolosa…E perché? Perché si nega una evi-denza di natura.Ah sì? E che cos’è natura? Scu-si le mie domande, ma vede: è qui che dobbiamo arrivare. Ad un deficit di formazione culturale. Molti credenti non sanno cosa rispondere quan-do si parla di questi temi, non capiscono le posizioni della loro stessa Chiesa perché non le hanno mai approfondite. Ovviamente non è colpa solo di chi non le approfondisce ma anche di noi pastori e di un clima nel quale si ritiene che ogni insegnamento mo-rale, soprattutto da parte del-la Chiesa, sia una lezione, che nessuno vuol sentirsi som-ministrare. Ma non si tratta di fare la lezione a qualcuno quanto piuttosto di non di-sgiungere la fede dalla ragio-ne. Se la fede non è pensata, come ci ha ricordato papa Be-nedetto XVI, se non è amica

della ragione e non diventa cultura, resta solo sentimen-to. Abbiamo tolto alla fede il pensiero e la ragionevolezza e questo ci permette di confi-narla ad esperienza privata, di non socializzarla. È una fede che non si incarna. Il pun-to dolente è proprio questo: abbiamo impostato la nostra vita di fede sulla testimonian-za delle opere ma è un ap-proccio incompleto, perché la testimonianza senza cultu-ra rimane muta. Il risultato è che, quando su temi quali il matrimonio, le unioni di fat-to, la natura e i diritti naturali ci chiedono conto del pensie-ro della Chiesa, che è il pen-siero di Cristo, ci rassegnia-mo a dare risposte confuse o a non darne affatto. Vede: la parola non si improvvisa ma ciò significa fare fatica, legge-re, informarsi, confrontarsi, conoscere il pensiero di Cri-sto che la Chiesa tramanda.

Quindi, perché le altre unioni minacciano la fa-miglia?

Tornando al punto: la socie-tà sa che, quando si parla di famiglia, si parla anche di se stessa perché la famiglia è un bene in sé e per tutti, è il grembo della vita e senza di essa, senza nuove generazio-ni che nascono da essa, la so-cietà non ha futuro. Essendo la famiglia poi il grembo che non solo genera ma educa al prendersi cura, a stare insie-me, ad ascoltarsi tra gene-ri e tra età, essa è fattore di stabilità per tutta la società. Una famiglia instabile rende la società instabile. Una fa-miglia che è se stessa, ren-de stabile la società ancora più e ancora prima di ogni legge. È per questo motivo che lo Stato riconosce nella famiglia basata sul matri-monio un soggetto di dirit-to, cioè non semplicemente due persone che sono sin-golarmente depositarie di diritti, ma una sola coppia e poi, con il dono dei figli, una sola famiglia a cui si ri-conoscono diritti e doveri

(continua a pag. 22)

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(segue da pag. 21)

propri e verso cui lo Stato si impegna. Perché li si ricono-sce alla famiglia e non a due persone che semplicemente vivono insieme? Proprio per-ché queste due persone non offrono la stessa stabilità che il matrimonio assume come impegno pubblico, davanti alla società, con il progetto di fare figli, se il Signore li dona, e di educarli. Ora: gli altri tipi di coppie, e non parliamo solo delle coppie tra perso-ne omossessuali, ma anche tra uomo e donna non uniti

in matrimonio, vogliono gli stessi diritti riconosciuti alla famiglia senza assumersi gli stessi doveri di stabilità, di procreazione, di educazio-ne. Ecco perché qualunque forma di convivenza al di là della famiglia è un indeboli-mento della famiglia. A ciò si aggiunge poi la consapevo-lezza che ogni legge finisce per ‘fare cultura’. Nel sentire generale tutto diventa equi-valente: andiamo incontro ad un futuro ormai prossimo in cui, nel pensar comune,

il matrimonio equivarrà ad altre forme di convivenza, perché lo stabilisce la Legge. Il matrimonio, invece, è un progetto pubblico; l’unione tra due persone è affare dei singoli.

Eminenza, concludo con una domanda su Geno-va. Le recenti alluvioni hanno acuito il senso di un presente che arranca e di un futuro difficile da immaginare. Bassa natalità, poco lavoro,

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Pregare con i Salmi, pregare con la vita

MI GUIDERAI CON IL TUO CONSIGLIOE POI MI ACCOGLIERAI NELLA TUA GLORIA.CHI ALTRI AVRÒ PER ME IN CIELO?FUORI DI TE NULLA BRAMO SULLA TERRA.

(Salmo 73,24-25)

Tutte le cose terrene: potere, ricchezze, vanità, sono destinate a finire.

Solo Dio è l’Eterno. Per questa ragione dobbiamo sempre ricordarci che è Lui la nostra meta e la vera felicità senza fine.

a cura di Enrico Quaglia

territorio in crisi. Quali spazi per la speranza?Come cristiani sappiamo che il Signore non ci abbandona e ci sostiene. Come cittadini e come persone, a prescin-dere da uno sguardo di fede, dobbiamo riconoscere alcuni elementi di positività. Il pri-mo è ancora una volta, come ho già detto all’inizio, la te-nuta della famiglia, che è un aspetto peculiare della nostra famiglia italiana: tenuta eco-nomica ma anche morale ed emotiva. Le famiglie giovani in difficoltà trovano nelle fa-miglie originarie il sostegno economico ma anche quel-lo interiore e spirituale e la spinta per affrontare le fati-che. È un sostegno per certi aspetti ancora più importan-te di quello economico. Poi vorrei ricordare il patrimonio di professionalità, di storia, di produttività che appartie-ne a Genova e le è ricono-sciuto in tutto il mondo, e

parlo di grandi ma anche di medie e piccole aziende. Tut-te eccellenze, però, che dob-biamo trattenere in casa. Al-tro punto di ancoraggio per la speranza di questa città è offerto dalla Chiesa stessa, la rete ecclesiale, le associazio-ni, i gruppi, gli enti di cari-tà, che spesso sono elemen-ti quasi esclusivi del welfare cittadino. La Chiesa non sol-tanto cerca di rispondere ai bisogni ma anche all’uomo bisognoso: è una distinzione importante, perché ci aiu-ta a farci carico della perso-na in quanto tale, ci spinge ad assumerla in una rete di rapporti, a ricostruire con lei nuove relazioni, dove il pac-co viveri, la mensa, l’aiuto economico, la ricerca di un lavoro assumono efficacia. Tornando all’occupazione, non possiamo ignorare che alcuni segnali di speranza si sono già attuati: ad esempio la Fincantieri di Sestri Ponen-

te che non ha chiuso, l’Ansal-do Energia che ha promosso un’operazione di sviluppo e di crescita che fa ben sperare, l’eccellenza dell’IIT - Istituto Italiano di Tecnologia. Eppu-re continuano a preoccupare la disoccupazione ed il ri-schio di perdere una genera-zione di giovani. Ripetendo quel che ho detto ad Assisi, per contrastare tutto questo occorre una rifondazione della politica che vuol dire, in grande sintesi, rispondere alla domanda sul perché stia-mo e lavoriamo insieme. Ciò riguarda la politica ma anche tutte le altre espressioni della società civile. Stiamo insieme e facciamo fatica: ma per es-sere che cosa? Per diventare cosa? Senza questa risposta non c’è rifondazione della politica. Ma se riusciremo a risponderci, confermeremo la nostra speranza ed essa ci porterà nel futuro, malgrado le difficoltà del presente.

Con il pastore le ragioni del credere

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ACQUA SALATAU n giovane stava attraversando un periodo della sua vita in cui gli sembrava che, sotto

tanti aspetti, le cose non gli stessero andando affatto bene. Si sentiva profondamente infelice, non trovava consolazione in nulla e si domandava a chi avrebbe potuto rivolgersi per avere un conforto. Ad un tratto gli tornò alla mente un suo vecchio professore del liceo. Cer-tamente di questa persona conservava un buon ricordo, per lui e per i suoi compagni aveva sempre avuto parole buone e sagge, molto sagge. Pensò che nella situazione in cui si trovava, sarebbe stata probabilmente l’unica persona in grado di essergli d’aiuto e decise quindi di an-dare a trovarlo nella casa in campagna in cui si era ritirato. Il professore fu contento di rive-derlo e il giovane non ebbe difficoltà a confidargli quanto si sentisse infelice. Il professore lo ascoltò con attenzione e infine gli disse: “Voglio offrirti da bere.” Così dicendo gli porse un bicchier d’acqua, e lo invitò a bere dopo avervi versato un’abbondante cucchiaiata di sale. “Com’è?”, gli chiese. “È terribile!” non poté fare a meno di rispondere il giovane con una smorfia di disgusto. Allora il professore prese lo stesso quantitativo di sale che aveva messo nel bicchiere, lo incartò e lo mise in tasca al ragazzo. “Adesso vieni con me - gli disse - andiamo a farci una bella passeggiata.”Proseguirono in silenzio e poco dopo arrivarono sulla riva di un lago dalle acque limpidissime e incontaminate. A questo punto il professore disse: “Prendi il sale che ti ho dato e buttalo nel lago.” Il giovane obbedì. “Adesso fammi il favore di bere un po’ d’acqua di questo lago.” Il gio-vane ne bevve un lungo sorso di gusto e quando ebbe finito, il professore gli chiese: “Com’è?” “Buona!” rispose. “Non aveva sapore di sale?” “Niente affatto!”Allora il professore si sedette accanto al suo ex alunno, gli mise affettuosamente una mano sulla spalla e gli disse: “Il dolore nella vita è come il sale, né più, né meno. La quantità di do-lore nella vita rimane la stessa, esattamente la stessa. Ma l’intensità con cui il dolore si fa sen-tire dipende dal contenitore in cui noi lo mettiamo. Così, quando sei nel dolore, la sola cosa che puoi fare è aumentare il tuo senso della misura delle cose. Non essere più un bicchiere. Diventa un lago!”

nucci scipilliti, laura siccardi

2 minuti per pensare

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Piccole storie per grandi cuoriIl 5 novembre è stata ricevuta da Papa Francesco Estela de Carlotto,

la 84nne presidente delle “Abuelas de Plaza de Mayo”, le corag-giose nonne argentine che con le loro marce silenziose fecero conoscere al mondo il dramma dei desaparecidos. Estela era al sommo della felicità perché ha potuto presentare al Papa quel nipote finalmente trovato dopo 36 lunghi anni di ricerche. È il figlio che sua figlia Laura par-torì nel 1978 mentre era prigioniera della dittatura militare. Il bimbo fu subito sottratto alla madre, che fu uccisa dai militari poco dopo il parto. Era purtroppo una pratica non infrequente in quel periodo e l’associazio-ne delle nonne di Plaza de Mayo è sorta proprio per ritrovare questi bimbi spariti nel nulla, fatti nascere per darli a famiglie vicine al regime. Ad oggi ne sono stati rintracciati 114, ma di tanti altri ancora mancano notizie e le nonne di Plaza de Mayo non si arrendono: “Per quanto riguar-da i nostri nipoti continuiamo a cercarli con tutto l’amore e la perseveranza possibile, perché è un loro diritto recuperare la propria identità, la propria storia e la propria famiglia, così come è un nostro diritto poterli riabbracciare anche se ora sono già adulti” ha detto Estela interpretando la volontà di tutte.

marcello monticone

sottolineando “la Gioia del Vangelo”

Papa Francesco chiede di essere “evangelizzatori che

si aprono senza paura all’azio-ne dello Spirito Santo”. Cioè a quell’impulso interiore che dà coraggio, fantasia, moti-vazioni all’azione persona-le e comunitaria, che è altra cosa da un insieme di compiti vissuti con noia o ripetitività. Quali motivazioni? “La prima motivazione per evangelizzare - ricorda il Pontefice - è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto”, l’incontro personale con il suo annuncio e cioè il Vange-lo, contemplarlo con amore, diventarne discepoli fedeli e sicuri della Sua presen-za. Il Papa ci invita a sentirci popolo, a sentire la passione per il popolo di Dio, a toccare

Evangelizzatori “con Spirito”la sua miseria; ci invita “a dare ragione della nostra speranza ma non come nemici che puntano il dito e condannano”, con dol-cezza e rispetto, consapevo-li che ogni volta che entriamo in contatto con gli altri nell’a-more scopriamo qualcosa di nuovo riguardo Dio.

L’evangelizzazione non è un’appendice che possiamo staccarci quando ritenuta inu-tile, è parte della nostra vita di fede. È privarsi delle comodi-tà acquisite, dei piaceri che il mondo ci offre a caro prezzo, fuggire dagli atteggiamenti auto distruttivi, dal pensiero che nulla può cambiare, con-formandosi al mondo. Quan-do si fa fatica a vedere crescere

i germogli abbiamo bisogno della certezza interiore che Dio può agire in qualsia-si circostanza. La preghie-ra e l’intercessione sono il migliore metodo per cercare questa certezza e per fa sì che l’amore di Dio si manifesti con maggiore chiarezza nel popo-lo: l’esempio è Maria, che ha incarnato perfettamente il senso dell’intercessione, la donna che cammina nella fede ed è un punto di riferi-mento per la Chiesa. Termi-na qui il nostro viaggio, lungo un anno, nell’Evangelii Gaudium di Papa Francesco. Ci eravamo posti l’obiettivo di stimolare il desiderio di appro-fondire i molteplici argomen-ti contenuti in questa Lettera Apostolica: ci siamo presi que-sto impegno con voi e speria-mo di averlo mantenuto.

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Pellegrinare è un “camminare in-sieme” al seguito del “Modello

Gesù”, verso una “meta alta” proposta da Dio, nostro Padre, accompagnati da Maria, dai santi testimoni e dai Pastori che la Chiesa ci offre in ogni tempo. È il vero “simbolo/tipo” della vita. Da oltre cinque secoli, mi-lioni di umili persone sono così salite alla Guardia. Ancora oggi, Maria e il Suo Santua-rio, chiamano a metterci in cammino... Ecco alcune proposte!

PELLEGRINAGGIO TIPO È quello del 1° Sabato del mese. Tutto il popolo di Dio (laici, sacerdoti, religiosi, gio-vani e anziani...), guidato dall’Arcivescovo, si mette in cammino e in preghiera. La preghie-ra del “popolo per il popolo”, così era stato definito dall’Arcivescovo Dionigi Tettaman-zi che l’aveva iniziato. Partenza alle ore 7.30, 1 chilometro prima del Santuario. A se-guire S. Messa, momento conviviale e ritorno a casa. Aperto a tutti.

PELLEGRINAGGIO PERSONALE E/O FAMILIARESi può fare sempre, in qualunque giorno e ora. Può essere di poche ore, una giornata o anche più giorni. Esperienza di sobrietà e di condivisione della vita della piccola comuni-tà del Santuario. Un Sacerdote e una Religio-sa di riferimento. Una sosta per “ossigenarsi l’anima” e ripartire più forti.

PELLEGRINAGGIO MENSILE DI “GRUPPETTI DI ZONA”Una “novità” alla quale teniamo tanto. È la proposta, rivolta a “piccoli gruppi di ami-ci” (una “macchinata”, almeno 5 persone... o anche di più) provenienti dai vari “Vica-riati/Decanati/Zone”, di salire al San-tuario, con fedeltà, una volta al mese:

Proposte di PELLEGRINAGGIO

cronaca

accoglienza e condivisione di obiettivi alle 9, Messa alle 10, breve sosta e ritorno. Una sosta ossigenante, importante per chi la fa e non meno per il Santuario. Gradualmente, “il gruppetto” potrebbe diventare un gruppo di raccordo tra il Santuario, le sue proposte e le zone di provenienza. Un gruppo una volta al mese, in giorno concordato. Questa propo-sta ha già avute le prime risposte incoraggian-ti... Da certe zone è già in vista l’adesio-ne non di uno ma di più “gruppi di amici”. Essendo l’invito anche per i giorni feriali, ri-duce l’adesione prevalentemente ai pensio-nati o a chi ha lavoro autonomo o casalingo. Per chi lavora fuori casa invece, ecco la pro-posta successiva...

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PELLEGRINAGGIO SERALE DEL 29 DI OGNI MESEranno, potranno essere gruppetti /cinghia di raccordo tra la Madonna della Guardia e i più svariati ambienti di vita da loro rap-presentati.

Maria “della Guardia” continua a dire come a Pareto: “Ho bisogno del tuo aiuto per ricostrui-re”, ma anche: “Accostati a me senza paura”. Un’umile Madonna che “dà” e che “chiede”. Per saperne di più, ci si può mettere in contatto con il Rettore, don Marco ([email protected] – 3351346764).

La sera, dopo l’orario di lavoro, ogni 29 del mese (memoria dell’Apparizione di Maria alla Guardia) una sosta di riflessione e di preghiera. Dalle ore 19.30 accoglien-za, sobria cena/spuntino, riflessione e pro-cessione alla Cappella dell’Apparizione. Ripartenza per casa entro e non oltre le 22.00. È ovviamente per tutti. Si auspica-no il formarsi di “piccoli gruppi di ami-ci d’ambiente”, che vogliano trovare in questo incontro un momento forte per la loro testimonianza. Anche questi, se lo vor-

Sono ormai sempre di più coloro che desiderano una fine d’anno “alternativa” a botti e consumi. Da anni ormai, qui al Santuario, la sera della vigila di Capodanno

si fa così: ognuno fa cena dove crede - a casa o con amici – e poi, verso le 23, si ritrova al Santuario per un incontro di riflessione e di preghiera che culminerà con la S. Messa proprio allo scoccare di Mezzanotte. Subito dopo tutti i presenti si uniscono nell’Augurio di Buon Anno presso le sale del Pellegrino. Se anche voi volete impostarla così... perché no?

Fine anno “speciale” alla Guardia...

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cronaca

Terribile, drammatico novembre, questo del 2014. La nostra città di Geno-

va, la nostra Regione e, in seguito, anche altre, hanno subìto lutti e disastri ambientali ed eco-nomici. Anche il nostro Santuario è stato coin-volto - e lo è tuttora mentre stiamo scrivendo - per il crollo della strada principale di accesso a 2 chilometri circa dalla vetta e in altri tre po-sti più in basso e la mancanza di risorse pub-bliche rende impossibile, al momento, la soluzione del problema. Speriamo di esse-re smentiti nei prossimi giorni, mentre andia-mo in stampa con questo numero... Il Papa stesso ha espresso la sua partecipazione e ha affidato esplicitamente Genova e i ge-novesi alla protezione della Madonna della Guardia. E Lei? Noi siamo convinti che l’apparente “silenzio” di Maria su tutto quanto accade e, anzi, il suo apparente distac-co da quanto sta avvenendo anche intorno al suo Santuario, prelude ad un bene maggio-re, che noi dobbiamo e vogliamo capire e at-

Un tempo di “grandi acque”... anche per il nostro Santuario

tuare. Certo è un grande male ciò che sta acca-dendo ma in esso potremo ancora una volta far rinascere il bene se nella fragilità del territorio sapremo considerare una “fragili-tà” molto più grande e radicale, la nostra; se al posto della nostra presunta “sufficienza” riflet-teremo sulla nostra insufficienza e prendere-mo atto, purtroppo forzatamente, che dobbia-mo far convergere le responsabilità e le risorse di tutti per garantire l’“essenziale” a tutti. Ser-ve una Fede più matura, che si traduca pre-sto in ulteriore solidarietà e responsabili-tà. Questo il cronista vuol dire ai lettori de “laGuardia” del vicinato, d’Italia e di tutto il mondo. Il Santuario stesso, mentre si sente di poter onestamente tendere la mano a chi può capire e dare, sa di poter continuare ad of-frire a tutti quello “spazio di Speranza” e di fiducia nel futuro che, nel passato drammatico di tante vicende, ha sempre ga-rantito a tutti i suoi pellegrini. La Madonna c’è e non volge gli occhi altrove...

“Natale alla Guardia”: Messa di Mezzanotte e visita/pellegrinaggio ai Presepi...

Contando sulla transitabilità di due delle tre vie di accesso al Santuario - vedi cro-

naca precedente - crediamo che come sempre saranno in molti i pellegrini della Notte di Natale al Santuario, genovesi ma anche altri liguri e piemontesi che non vorranno in-terrompere una bella tradizione che si rinno-va ormai da molti anni. In questi mesi di av-vicinamento al Natale, il Santuario della Guardia ha proposto diverse iniziative le-gate al Presepe, per invitare i pellegrini alla contemplazione della Sacra Famiglia. In par-ticolare ricordiamo l’esposizione dei pre-sepi dei singoli fedeli, visitabili fino a Do-menica 11 Gennaio, giorno in cui saranno premiati i tre presepi più votati ed il concor-so fotografico su Facebook (www.facebo-ok.com/groups/natalecolpresepe/), aperto fino al 24 dicembre, sempre dedicato all’arte del presepe fatto in casa.

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■ I coniugi Viacopo Renzo e Prola So-nia invocano la benedizione della Ma-donna della Guardia sul loro 50mo di Matrimonio e sulla loro famiglia.■ Mercoledì 1 ottobre - Parrocchia S. Giovanni Battista di Recco, circa 60pp, celebra la S. Messa don Pasquale Re-vello, parroco.■ Giovedì 2 ottobre - Pellegrinaggio di inizio dell’Istituto S. Marta (elementari e medie). ■ Sabato 4 ottobre 2014 - Ciclopelle-grinaggio da Pontedecimo al Santuario; Gruppo giovani Parrochia S. Erasmo di Voltri per bivacco; Parrocchia S.M. Assunta di Bargagli con Don Roberto; gruppo di Famiglie di Arenzano e al po-meriggio oltre 200pp. con mons. Giorgio Noli S. Messa 17:00. ■ Domenica 5 ottobre - Parrocchia S. Erasmo di Ge Voltri con don Michele Tixi; Associazione “Famiglie per l’ac-coglienza; Famiglia Boccardo a 30 anni dalla morte del nonno benefattore del Santuario; ACR Sori; Gruppo Foulard Bianchi, circa 30pp; Vicariato Ponte X e Mignanego, con piccolo pellegrinag-gio dall’Apparizione; Parrocchia Ruta di Camogli 50 pp. con don Luciano De Nevi e corale.■ Giovedì 9 ottobre - Gruppo da Cam-poligure, circa 35pp.■ Venerdì 10 ottobre - Parrocchia S. Siro di Genova; Gruppo di Torino circa 30pp.■ Sabato 11 ottobre - 45° di Matrimonio di Giorgio e Piera; 60° di Matrimonio di Luigi Giusto e Maria Luisa Foschini; Ri-tiro Az. Cattolica regionale, fino al 12/10. ■ Domenica 12 ottobre - Pellegrinag-

gio dei BERSAGLIERI (30/40pp); 40° di Matrimonio Sessarego Giacomino e Oggero Maria Pia; 25° anniversario di matrimonio di Giancarlo e Maria Lucia.■ Sabato 18 ottobre - 50° di matrimo-nio di Rota Zito; di Tito e Maria Franca; di Attilio e Giovanna; e 25° di matrimonio di Ennio e Angela.■ Domenica 19 ottobre - Scuola San Pio X, circa 100pp; Parrocchia Sacra Famiglia, circa 45pp. con Don Fernan-do; iniziano gli Esercizi spirituali per sa-cerdoti e diaconi. ■ Sabato 25 ottobre - Parrocchia di Castel Fiorentino - 1 pull. con Don Francesco Bolognesi; Parrocchia S. M. Assunta in Carignano, circa 100pp con Mons. Mario Cappurro; gruppo Cresi-mandi, circa 20pp, con Don Giorgio Ri-varola.■ Domenica 26 ottobre - Gruppo amici di Alessandria; Gruppo Camminatori di Voghera; Parrocchia S. Chiara d’Assisi in Marciana Marina all’Isola d’Elba. ■ Venerdì 31 ottobre - Scuola AFR (Associazione Formazione Ravasco).■ Martedì 4 novembre - Scout GE 8 (S. Fruttuoso), circa 40pp, per bivacco.■ Mercoledì 5 novembre - Cursillo de Cristianitad. ■ Sabato 8 novembre - Ritiro Cresi-mandi S. Giuseppe al Lagaccio con don Paolo Benvenuto; Parrocchia S. Barto-lomeo (Certosa).■ Domenica 9 novembre - Parrocchia S.Vincenzo M. - La Spezia.■ Sabato 29 novembre - Gruppo Scout GE 18, circa 30pp, per bivacco. ■ sabato 6 dicembre - Gruppo di Co-munione e Liberazione.

Notizie in

poche righe

Il Santuario della Guardia è ancora e sempre aperto e accessibile, anche se

con qualche difficoltà maggiore. Il nostro Rettore ha detto in questi giorni: “Vorrà dire che avremo un po’ meno ‘turisti’ e più ‘pelle-grini’”. Non si faccia girare l’impressio-ne e la voce che “alla Guardia non si può andare”. Una strada - quella da Bolza-neto/Geo - è preclusa a macchine e pullman a tutt’oggi 1 dicembre 2014. Sono aperti e transitabili da auto e piccoli pullmini altri due accessi: da Scarpino e da Cam-

Notizie – speriamo provvisorie – ai pellegrini... pomorone/Gazzolo/Lencisa. Siamo at-tenti e grati a quanti - fra le pubbliche autorità regionali, provinciali e comunali - sanno valu-tare l’importanza e l’urgenza di provvedere alla viabilità per il Santuario. Non ci sono solo pellegrini di mezzo, ma anche almeno sei eser-cizi commerciali, con relativo personale che sta boccheggiando. La valenza “naziona-le” e oltre del nostro santuario ci pare dovrebbe segnare un punto di attenzione ulte-riore, certamente per i valori religiosi, ma an-che per altri aspetti validi per tutti.

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il ricordo e la preghiera

Natale Olmino 80 anniLivellato-Ceranesi (GE)

Anna Maria Luraschi 95 anniGenova

Antonio Bruzzone 79 anniGenova-Prà

Maria Bruzzone 81 anniComago-S. Olcese (GE)

Agostino Delfino 86 anniGenova-S. Gottardo

Luigi Tola (Gigi) 74 anniGenova-Sestri Ponente

Giuseppina Rasore 87 anniManesseno-S. Olcese (GE)

Luigi Merello 87 anniGenova-Prà

Elisabetta Vignolo 90 anniGenova-Voltri

Ivano Cornero 82 anniPrarolo-Isola del Cantone (GE)

Ilde Maria Oberti 76 anniCasella (GE)

Armando Dapelo 87 anniSerra Riccò (GE)

Clara Frixione 74 anniGenova-Pontedecimo

Franco Passalacqua 70 anniLevà-Sori (GE)

Lucia Nobile 71 anniGenova-Sestri Ponente

Lidia Fraguglia 78 anniCaffarena Propata (GE)

Rosetta Lombardo 92 anniGiovi (GE)

Paolo Sobrero 84 anniOvada (AL)

Elena Serratto 69 anniRoccaforte Ligure (AL)

M.Francesca Noli (Lilli) 92 anniSerra Riccò (GE)

Giuseppe Meloni 97 anniGenova-Sestri Ponente

Gilberto Ferrando 75 anniCampomorone (GE)

Doretta Ferrando 63 anniCampomorone (GE)

Osvalda Marcelli 95 anniS. Olcese (GE)

Pasquale Libertino 57 anniGenova

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Direttore ResponsabileFernando Primerano

Responsabile di redazioneMirco Mazzoli

Fotografiearchivio fotografico

RedazioneVia Serra, 6 A - 16122 GenovaAnna Maria Carosio, Anna Gatti, Ilaria Giusto, Renata Montaldo, Marcello Monticone, Gianfranco Parodi, Enrico Quaglia, Nucci Scipilliti, Laura Siccardi, Ivana Zanobelli.

OrariIl Santuario è aperto tutti i giorni dalle ore 7,30 alle 12 e dalle 14 alle 19,00. Nei giorni festivi dalle ore 7 alle 19,00 ininterrottamente (nell’ora solare la chiusura è alle 18,30).

Sante MesseOra Solare festivi: ore 8 - 10 - 11 - 12 - 16. feriali: ore 10 - 16. sabato: ore 10 - 11 - 16. vigilia dei festivi: ore 16.

Ora Legale festivi: ore 8 - 10 - 11 - 12 - 17. feriali: ore 10 - 17. sabato: ore 10 - 11 - 17. vigilia dei festivi: ore 17.

Rosariodomenica e festivi ore 10 e ore 16 alla Cappella dell’Ap-parizione. Tutti i giorni feriali in Basilica ore 15,30 (ora solare), ore 16,30 (ora legale).

Indirizzo Santuario N.S. della Guardiapiazza Santuario, 4 - 16014 Ceranesi (GE)

Per arrivare al Santuario con il servizio A.T.P.

informazioni utiliAbbonamenti a “laGuardia” 2015

Conto Corrente Postale n. 387167IBAN: IT30 I 07601 01400 000000387167 intestato a: Santuario di N.S. della Guardia via Serra, 6 A - 16122 Genova

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... e c’era la Madre di GesùGv. 2,1

osservatorio - memoria - comunicazione - proposta

Mensile del Santuario di Nostra Signora della Guardia - Genova

Ecumenismo.Abbracciarsi in nome di Cristo.

1/gennaio 2014

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Telefoni Prefisso da tutta Italia Genova compresa: 010; prefisso internazionale dall’estero: +39 010.

Centralino 010 72351 - 331 1919304 Segreteria 010 7235810/813 (dalle ore 9 alle 12 e dalle ore 14 alle 18)

Fax segr. 010 7235805 Suore 010 7235833 (abitazione) Rettore 010 7235811 (solo ore pasti)Vice Rettore 010 7235809E-mail Santuario: [email protected] Rettore: [email protected] internet: www.santuarioguardia.it

Per soggiornare al Santuario• Il Santuario è attrezzato per accogliere persone

singole, famiglie e gruppi anche numerosi. La ge-stione dell’accoglienza è affidata a Cooperative di servizi: informazioni e prenotazioni si possono avere presso la segreteria del Santuario.

BOLZANETO FF.SS. - SANTUARIO (in vigore dal 15 settembre 2014 a giugno 2015)

FESTIVI da Bolzaneto: 08.30 - 10.40 - 13.35 - 16.20 dal Santuario: 09.50 - 12.10 - 14.25 - 17.45FERIALI da Bolzaneto: 08.30 - 15.15 dal Santuario: 11.15 - 17.00

Per informazioni: Tel. 010 7177210 oppure www.atp-spa.it

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Termina con que-sto numero di di-

cembre la nostra carrellata di quarta di copertina che voleva

evidenziare il protagonismo del-le Famiglie nella Storia interna-zionale della Guardia. Alla base di ogni santuario e/o opere annesse c’è sempre una famiglia che si unisce ad altre famiglie locali e con queste fa il primo nucleo - il “lievito”, di-rebbe Gesù - un “gruppo d’ambiente”. In questo numero che chiude l’an-nata abbiamo evidenziato e spinto la possibilità di riprendere e continuare con lo stesso criterio. L’abbiamo ripresa anche sul Calendario che troverete allegato a questo numero di fine 2014. Due o più famiglie insieme!!! Un gruppo di amici che, insieme ad altri gruppi della stessa zona, può rimettere in moto la umile e gloriosa Compa-gnia della Guar-dia che, da secoli, è alla base dello sviluppo, certo non solo strut-turale, della grande “Impresa Ricostruttrice di Maria”. Fa’ in modo che anche il nome della tua famiglia sia così scritta, non sulle lapidi marmoree del Santuario, ma nella sua storia viva, fatta di gente ricostruita dal tuo impegno solidale. Dai! Aspet-tiamo la tua adesione. Buon 2015! Con Maria... l’Impresaria!

laGuardia16122 GENOVA - ANNO 119 - N. 11/12 NOVEMBRE/DICEMBRE 2014PERIODICO ROC - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1 - MP/GENOVA NO/51/2011 POSTE ITALIANE S.P.A. TAXE PERÇUE - TASSA RISCOSSA - CMP GE AEROPORTO

Mensile del Santuario di Nostra Signora della Guardia - Genova

Genova Aeroporto