un fenomeno di correptio vocalica - humnet.unipi.it · valore aspettuale di perfetto, sia, oltre al...
TRANSCRIPT
UN FENOMENO DI CORREPTIO VOCALICA
IN UNA VARIETÀ DI KIKONGO. ROBERTO AJELLO, MASSIMILIANO BARBERA, GIOVANNA MAROTTA *
1. INTRODUZIONE
Nessuna delle numerose varietà di kikongo, lingua bantu del gruppo
occidentale, né la varietà di maggior prestigio detta kisansala, lingua
dell’antica corte dei re del Congo che aveva come suo centro di
irradiazione la capitale del regno Mbanza Kongo, dai portoghesi
ribattezzata San Salvador, né le altre varietà attualmente parlate nella
parte settentrionale dell’Angola e nelle aree meridionali delle due
repubbliche del Congo, ha ricevuto molta attenzione da parte dei
linguisti. Scarse e parziali sono state le descrizioni di questi idiomi.
Ma soprattutto colpisce il fatto che grammatiche e dizionari di
kikongo relativamente recenti omettano totalmente di dar notizia,
anche solo in forma dubitativa, di alcune caratteristiche di questa
lingua in tutte le sue varietà, che ad un ascolto superficiale risultano
immediatamente evidenti, ignorando addirittura indicazioni che
qualche precedente autore aveva pur fornito. Due omissioni sono
particolarmente incomprensibili: l’aver ignorato l’esistenza di
opposizioni tonali distintive e di opposizioni fonologiche di quantità
vocalica, nonostante che, quanto al primo punto, già nel 1922 K.E.
Laman, nel suo The Musical Accent or Intonation in the Kongo
Language, avesse segnalato l’esistenza di toni in questa lingua e H.
Carter abbia dedicato alla questione dei pitch phenomena della varietà
del kikongo chiamata zombo un ponderoso lavoro come Syntax and
Tone in Kongo, e, quanto al secondo punto, nonostante che un piccolo
dizionario, come quello di L. Dereau (1957), portasse già indicazioni
di opposizione quantitativa delle vocali in kikongo.
Bastino questi pochi esempi per mostrare quanto sia immediata
l’individuazione di coppie minime che si oppongano per la quantità
della vocale tonica:
/dila/ “piangere” ~ /di:la/ “mangiare al posto di”
/basa/ “scaffale” ~ /ba:sa/”tagliare, strappare”
/koka/”tirare trascinando per terra” ~ /ko:ka/”discendere”
/kula/”crescere” ~ /ku:la/”liberare”
/teka/”vendere” ~ /te:ka/ “apparire”
In attesa di dedicare uno studio specifico alla questione dell’esistenza
dei toni in kikongo, nel presente lavoro abbiamo inteso misurare la
quantità vocalica della vocale tonica in una serie di parole kikongo
pronunciate sia in isolamento sia inserite in frasi di matrice morfo-
sintattica simile ed abbiamo osservato un fenomeno che ci è sembrato
degno di attenzione: le vocali toniche lunghe subiscono un fenomeno
2
di abbreviamento quando il corpo della parola aumenta per aggiunta di
suffissi. Lo stesso fenomeno di correptio non si verifica, almeno
uditivamente, quando il corpo della parola aumenta per aggiunta di
elementi prefissali. Abbiamo pertanto preso in esame il caso di forme
verbali che al passato possono ricevere sia un solo morfema
desinenziale (/-idi/ o /-ele/, a seconda dell’armonia vocalica innescata
dal timbro della vocale tonica radicale, dove /-d-/ è l’esito di /-l-/
davanti alla vocale /-i/), che conferisce alla forma del passato un
valore aspettuale di perfetto, sia, oltre al medesimo morfema
desinenziale, anche il prefisso /wa-/ per la seconda e terza persona
singolare, che determina per la forma verbale un valore aspettuale
aoristico.
L’analisi ci è servita non solo per ottenere una conferma strumentale
dell’opposizione quantitativa della vocale tonica, ma anche per
riflettere su teorie consolidate come quella del piede trocaico.
Le registrazioni in camera silente sono state fatte utilizzando la
competenza nativa del dott. Ali Yambula Mbanzila, sacerdote della
diocesi di Matadi (RDC), di anni 40, parlante nativo di una varietà di
kikongo chiamata kimanyanga. Il presente studio vale quindi,
strettamente parlando, per il solo kimanyanga e non per altre varietà,
finché non verranno condotte analisi più ampie e diversificate per
aree.
3
2. IL CORPUS
La nostra indagine si basa sull’analisi di un corpus limitato, ma
coerente che risulta indicativo rispetto all’ipotesi di partenza. Lo
scopo è quello di mettere a fuoco il fenomeno di correptio vocalica
ipotizzato per la lingua Kikongo nel passaggio dalla forma base
(presente) del verbo alle forme morfologiche del passato che
prevedono tendenzialmente l’aumento sillabico: perfetto, con valore
compiuto, e aoristo, con valore puntuale.
Le registrazioni sono state effettuate in cabina silente con
apparecchiatura DAT in due sedute successive presso il Laboratorio di
Linguistica della Scuola Normale Superiore di Pisa. L’unico parlante
disponibile, lingua madre Kikongo, è stato invitato alla lettura di 35
frasi. Il numero totale individua dodici gruppi di tre frasi1, ciascuno
dei quali contestualizza le forme verbali sopra menzionate relative a
verbi basicamente bisillabici.
Quanto ai tre tempi verbali considerati si noterà che: il perfetto di
norma prevede l’aggiunta di un suffisso /-idi/ rispetto alla radice della
forma base2; l’aoristo aggiunge un prefisso /wa-/ alla forma perfettiva
nella II e III ps. sg.. Più precisamente, in relazione al perfetto, andrà
precisato che la forma soggiacente rimanda ad un suffisso originario
1 Solo per il verbo /be:ba/ (= ‘consumarsi’) non si dispone dell’occorrenza relativa alla forma dell’aoristo; per questa ragione le frasi sono 35 e non 36. 2 La norma ha valore generale; le forme del perfetto sono infatti soggette a un duplice fenomeno di armonizzazione del suffisso rispetto alle caratteristiche fonetiche della radice (Ajello e Bortolami 2003: 9), per cui il suffisso subisce l’influenza sia del vocalismo, sia del consonantismo della radice dando luogo a perfetti in /-ele/, /-idi/, /-ene/, /-ini/ (cfr. ultra).
4
*/V/ + /l/ + /V/ «con timbro della vocale mutante in base al vocalismo
della sillaba radicale tonica» (Ajello e Bortolami 2003: 9). In altre
parole la consonante /d/ subentrerebbe alla laterale davanti a /i/
introducendo una alternanza tra forme perfettive con desinenza /-idi/
ovvero /-ele/ (cfr. /»bo:ngele/ vs /»bo:ngidi/). Lo stesso fenomeno
giustifica anche gli esiti in nasale /-ini/, /-ene/ indotti da un processo
di assimilazione rispetto alla nasale semplice eventualmente presente
nella radice (p.es. si-ma “proibire” > si-mini “proibì” e ko-ma
“pregare” > ko-mene “pregò”. Talvolta i radicali contenenti nasale
dentale non aggiungono il suffisso, ma modificano il timbro delle
vocali (cfr. /»bwa:na/ > /»bwe:ne/).
Successivamente alla lettura in contesto di frase, si è proceduto alla
registrazione degli stessi verbi in lettura isolata direttamente dal
lessico della lingua Kikongo (Dereau 1957). Andrà precisato che
quest’ultima tranche di entrate lessicali include soltanto le forme del
presente e del perfetto.
Di seguito si fornisce in tabella l’elenco delle occorrenze analizzate
con l’indicazione del contesto di lettura (frase vs isolamento) di volta
in volta disponibile per le singole forme.
5
Tab 1 Elenco delle forme verbali prese in esame con indicazione del contesto di produzione (lettura isolata vs contesto di frase).
Presente (in isolamento e in frase)
Perfetto (in isolamento e in frase)
Aoristo (in frase)
/»ba:ndza/ ‘pensare’ /»ba:ndzidi/ /wa»ba:ndzidi/
/»bi:Nga/ ‘cercare’ /»bi: Ngidi/ /wa»bi: Ngidi/
/»bo:mba/ ‘confortare’ /»bo:mbidi/ /»bo:mbele/ /wa»bo:mbidi/
/»ba:sa/ ‘tagliare’ /»ba:sidi/ /wa»ba:sidi/
/»bo: Nga/ ‘prendere’ /»bo: Ngele/ /»bo: Ngidi/3 /wa»bo: Ngele/
/»bu:mba/ ‘assalire’ /»bu:mbidi/ /wa»bu:mbidi/
/»bu:nda/ ‘unire’ /»bu:ndidi/ /wa»bu:ndidi/
/»be:ba/ ‘consumarsi’ /»be:bele/4 -
/»be:la/ ‘essere malato’ /»be:lele/ /wa»be:lele/
/»bi:ka/ ‘smettere’ /»bi:kidi/ /»wabi:kidi/
/»bo:ka/ ‘gridare’ /»bo:kele/ /wa»bo:kele/
/»bu:ka/ ‘esplodere’ /ki»bu:kidi/ /kja»bu:kidi/5
3. METODO DI ANALISI.
I dati sono stati sottoposti ad analisi spettroacustica con software
Praat (versione 4.2.05). Il parametro utile ai fini di questo primo
stadio di indagine è appunto la durata dei segmenti vocalici, registrata
in millisecondi. L’inventario fonologico Kikongo include
l’opposizione tra vocali brevi e vocali lunghe: /a/, /e/, /i/, /o/, /u/ vs 3 In lettura isolata da lessico la forma disponibile è /»bo:ngele/ 4 La forma /»be:bele/compare in lettura isolata, mentre in contesto di frase compare il prefisso di concordanza con il nome soggetto della classe 8 nello schema raffigurato in Ajello & Bortolami (2003: 6): /ma»be:bele/. 5 In questo caso la forma /kja/- è dovuta al prefisso di accordo con il nome soggetto appartenente alla classe 5 dello schema proposto in Ajello & Bortolami (2003: 6).
6
/a:/, /e:/, /i:/, /o:/, /u:/6. In questa sede sono stati presi in esame
particolarmente lessemi verbali con vocale tonica lunga, al fine di
valutare al meglio la riduzione di durata all’interno del paradigma. Di
timbro medio-chiuso risultano le vocali /o/ ed /e/. Allo scopo di
chiarire alcuni aspetti relativi ai dati presentati di seguito, si ritiene
opportuno fornire alcune precisazioni:
1. la produzione dei fonemi lunghi (lessicalmente) presenta notevole
variabilità di lunghezza nella realizzazione del parlante in esame.
Questo è dovuto in certa misura al fatto che lo stesso soggetto sembra
prolungare oltre modo le vocali – indipendentemente dal fatto che la
sillaba sia chiusa o aperta – per i casi in cui la lunghezza vs brevità
individua, specie nella dizione isolata, delle coppie minime: una sorta
di effetto di enfasi grammaticale;
2. l’analisi acustica è stata effettuata a più riprese allo scopo di
ridurre al minimo eventuali margini di errore nella misurazione dovuti
alla segmentazione manuale delle stringhe fonetiche, specie nel caso
di contesti critici;
3. per quanto concerne le forme verbali con nasale seguita da C (ad
es. /»ba:ndza/ “pensare”), occorre sottolineare come l’analisi
spettroacustica permetta di individuare non tanto una consonante
nasale (/V/ + /N/ +/C/), quanto piuttosto un’unica struttura
consonantica /V/ + /NC/; depongono a favore di questa interpretazione
la durata della componente nasale notevolmente superiore a quella
6 Nel lessico di Dereau (1957) la trascrizione ortografica prevede la segnatura con il diacritico ˆ dei fonemi vocalici lunghi.
7
della fase consonantica orale successiva, per cui si rinvia a Speeter
Beddor & Onsuwan (2003) (cfr. fig. 1); altro elemento decisivo,
rilevabile nella struttura spettrale, è la cesura piuttosto netta rispetto
alla vocale precedente, che sembra risentire solo in misura limitata
degli effetti coarticolatori di nasalizzazione (si veda in merito la fig.
2).
Fig. 1 Timing segmentale e coarticolatorio in una sequenza VNCV nella lingua bantu Ikalanga (da Speeter Beddor & Onsuwan 2003); la durata della fase nasale (in nero) è superiore rispetto a quella orale successiva.
4. LE CONSONANTI PRENASALIZZATE
La presenza di consonanti prenasalizzate, che è stata individuata in
molte occasioni nelle lingue bantu, comporta frequentemente
l’allungamento della vocale che precede il segmento /NC/ (cfr.
Maddieson & Ladefoged 1993; Hubbard 1995). Questo aspetto
converge con i dati in nostro possesso: il prolungarsi della vocale
prima di /NC/ contraddice in effetti le aspettative di breve durata di
una vocale che fosse eventualmente collocata in sillaba chiusa. Il
confronto diretto tra la struttura spettrografica della forma ikalanga
/gamba/ (Speeter Beddor & Onsuwan 2003) e la forma kikongo
/ba:ndza/ (si vedano le figg. 2 e 3), permette di visualizzare notevoli
affinità in tal senso.
8
Fig. 2 Spettrogramma della parola /gamba/ (lingua Ikalanga);
da Speeter Beddor & Onsuwan 2003.
b a : n d z a
Fig. 3 Spettrogramma della forma verbale /ba:ndza/ (kikongo).
La nostra interpretazione porta a considerare le consonanti occlusive
prenasalizzate come segmenti a contorno (Kenstowicz 1994: 498-
499), unità complesse associabili al costituente Attacco nella struttura
sillabica.
A questo proposito prendiamo in esame alcuni aspetti fondamentali
per un inquadramento fonologico delle consonanti prenasalizzate, che
9
la letteratura scientifica ha analizzato di volta in volta come elementi
unitari ovvero come clusters, con differenti implicazioni a livello di
interpretazione fonologica (Hubbard 1995: 236):
In a given language there may be any of several reasons for
considering these sounds to be single units: they may have distribution
characteristic of single segments (appearing in enviroments where
clusters are prohibited), they may have the approximate duration of
single consonants, they may be treated as units by phonological rules,
they generally appear to be tautosyllabic and their two components
are always homorganic.
Nel nostro caso, alcuni fattori essenziali verificati in fase sperimentale
si sommano a quelli già menzionati in relazione alla struttura
spettroacustica (cfr. § 3):
1. /NC/ → /NC/ funziona nel sistema fonologico kikongo come una
consonante unica, occorrendo frequentemente sia all’interno (cfr.
forme verbali sopra citate), sia in principio di parola (ess. nke:nto
“donna, ragazza”; ntona “intelligenza”; mmbazi “esterno”);
2. la porzione nasale del segmento complesso manifesta correlazione
di omorganicità rispetto alla porzione orale contigua (cfr. /»ba:ndza/
“pensare” e /»bi: Nga/ “cercare”);
3. la diffusione nelle lingue bantu (ad es. Runyambo e Luganda) di
consonanti prenasalizzate, caratterizzate da fisionomia fonetico-
fonologica del tutto analoga a quella rilevata nei dati estratti dal nostro
10
corpus, sembra accreditare, a titolo di indizio collaterale, la nostra
interpretazione.
Prendiamo in esame l’ipotesi di partenza, in base alla quale dovremmo
poter considerare /NC/ piuttosto come /NC/; di conseguenza,
potremmo collocare la porzione nasale in Attacco di sillaba e associare
al Nucleo la vocale lunga precedente in strutture di parola del tipo:
(1) σ σ
A N A N
C V V C C V
/b a: n z a/
A un’interpretazione analoga si può arrivare anche formalizzando
sulla base del modello di Clements & Keyser (1983), che rappresenta
segmenti quali affricate e prenasali non come unità caratterizzate da
un cambio di tratti ([+nas, –son], nel caso delle consonanti
prenasalizzate), ma come segmenti multipli che occupano una
posizione unica nel timing tier, diversamente dalla semplice
successione /NC/ (Hubbard 1995: 237):
11
(2) x x x x x x x x x
│ │ │ │ │ │ │ │
b a n z a b a n z a
In questa prospettiva si chiarisce il meccanismo che nelle lingue bantu
porta all’allungamento della vocale precedente NC. Secondo Clements
(1986) è possibile formalizzare il processo fonologico, postulando una
struttura soggiacente in cui la nasale preconsonantica sarebbe
associabile alla posizione virtuale di una vocale (in quanto sonorante),
partendo da un presupposto di non accettabilità di sequenze CC nello
skeleton tier delle lingue bantu; lo schema praticabile sarebbe il
seguente:
(3) C V V C V
b a n z a
L’allungamento vocalico di compenso sarebbe indotto, dunque,
proprio dallo spostamento dell’elemento nasale dalla posizione di
Coda sillabica a quella di Attacco della sillaba successiva.
L’interpretazione sembra suffragata dalla diacronia, dal momento che
le consonanti prenasalizzate rinviano in genere a stadi di lingua
anteriori in cui una sequenza V+N ha visto poi cadere il Nucleo
vocalico precedente la nasale.
12
Se accettiamo, almeno come prove indirette, i dati registrati per altre
lingue bantu, possiamo tenere presente che, nel caso della lingua
Luganda (Hubbard 1995: 245), «native speakers, when asked to break
up words typically syllabify NC complexes as onsets, not Codas (i.e.
ku-ta-nda, not *ku-tan-da)». Di seguito (§ 7-9) verrà fornita una
dettagliata interpretazione fonologica del fenomeno all’interno
dell’assetto metrico della lingua kikongo.
5. I DATI.
I valori numerici che emergono dall’analisi condotta si presentano
sostanzialmente coerenti. Di seguito vengono riportate le tabelle
contenenti i valori medi e le deviazioni standard relativi alla lunghezza
della vocale tonica, tenuto conto delle variabili:
1. contesto di produzione (isolato vs frase);
2. lunghezza di parola (bi-, tri-, quadri-sillabo);
3. forma morfologico-temporale;
4. numero di occorrenze per ciascun elemento tabellizzato.
Il computo dei dati è stato effettuato in primis tenendo conto della
distribuzione delle diverse lunghezze sillabiche nelle tre forme
temporali (tabb.1-4); quindi si è considerato il comportamento dei
singoli fonemi ancora in relazione ai parametri relativi a contesto di
produzione e lunghezza sillabica della parola (tab. 6).
Presentiamo innanzi tutto le tabelle che riportano numero di
occorrenze, valori medi (ms) e deviazione standard relativi alla
lunghezza delle vocali toniche distinte in base alla forma morfologico-
13
temporale cui appartengono, alla lunghezza della parola, al contesto di
produzione. La distinzione tra forma base (con valore continuo) e
presente progressivo è esclusivamente funzionale al fatto che il verbo,
nel primo caso, si trova ad occorrere in isolamento, nel secondo caso
in contesto di frase, dove la particella /»weti/ conferisce sfumatura
aspettuale progressiva.
Tab. 2 Presente – durata vocale tonica.
forma base (valore continuo) contesto Lunghezza parola Isolato Bisillabo Media di durata segmento 262 presente progressivo contesto Lunghezza parola Dati Frase Bisillabo Media di durata segmento 284 Tab. 3 Perfetto – durata vocale tonica.
perfetto contesto Lunghezza parola Frase Isolato Trisillabo Media di durata segmento 229 203 Tab. 4 Aoristo– durata vocale tonica.
aoristo contesto Lunghezza parola Frase Quadrisillabo Media di durata segmento 174
Il focus della nostra indagine riguarda, come si è detto, la correlazione
di lunghezza all’interno del paradigma di verbi con vocale tonica
lessicalmente lunga. Occorre rilevare però come, nel corso di una
prima fase di analisi si sia potuto constatare che la riduzione della
durata vocalica colpisca talvolta anche alcuni segmenti lessicalmente
14
brevi all’interno di quel nucleo di parole isolate che abbiamo attinto al
lessico di Dereau; si veda in merito la tabella 5, dove vengono
presentati i dati relativi ai segmenti brevi analizzati. Come si può
osservare il comportamento delle vocali lessicalmente brevi risulta
ambiguo, dal momento che, nel passaggio dalla forma bisillabica a
quella trisillabica, l’accorciamento (ad es. /e/ in isolamento) alterna
con l’allungamento (ad es. /u/ in isolamento). Si rendono pertanto
necessarie ulteriori verifiche su un corpus più esteso.
Tab. 5 Fonemi /a/, /e/, /u/ tonici: durata media (ms).
/a/ /e/ /u/ Frase Isolato Frase Isolato Frase Isolato
monosillabo 180 170 - - - - bisillabo - 130 140 - 115 trisillabo 210 - 130 110 100 145 quadrisillabo - - 110 - 137 137
Per quanto concerne i segmenti vocalici lessicalmente lunghi, occorre
sottolineare il fatto che in questo contesto il parlante sembra talvolta
iperarticolare, specie nel caso di lettura isolata. La correlazione di
lunghezza risulta particolarmente evidente in strutture di parola
bisillabiche: in questi casi, infatti, la durata delle vocali lunghe è
notevolmente variabile nella dizione del soggetto in esame. Questo
dato si direbbe non inficiare il valore del confronto reciproco delle
lunghezze vocaliche nelle tre forme morfologiche, visto che il corpus
è stato organizzato in maniera tale da equilibrare numericamente le
occorrenze per i tre gruppi di dati. Si è infatti sottolineato come la
15
lunghezza vocalica fonologica passi per via lessicale dalle forme del
presente alle forme del passato.
Altro elemento di interesse è la posizione prosodicamente prominente
che il verbo assume all’interno della frase, fattore che senz’altro
influenza (prolungandola) la durata della vocale tonica. L’effetto di
prominenza, verisimilmente dovuta, almeno in certa misura, all’enfasi
della lettura mirata, individua un peculiare andamento ritmico per cui
il sintagma verbale (verbo con affissi e particelle) risulta circoscritto
da fratture tonali collocate sia prima, sia dopo l’occorrenza del verbo;
la pausa che precede il verbo e segue il sintagma nominale soggetto è
tendenzialmente più lunga della pausa successiva. Le analisi
sintattiche e tipologiche hanno dimostrato, del resto, come all’interno
della frase il SN soggetto occupi una posizione a sé rispetto al SV, che
incorpora verbo e SN oggetto.
Nella tabella 6 si presentano numero di occorrenze, valori medi (ms) e
deviazione standard relativi ai fonemi vocalici lunghi tonici distinti in
base alla forma morfologico-temporale cui appartengono, alla
lunghezza della parola, al contesto di produzione. Un elemento che
influenza (innalzandoli) i valori di deviazione standard è il fatto che
spesso la funzione venga applicata soltanto a due o tre occorrenze (per
il singolo fonema appunto). In questi casi non si può parlare
propriamente di standard, né tanto meno di deviazione standard,
mentre sembra accettabile, per un eventuale confronto delle durate tra
fonemi diversi, piuttosto il calcolo della media.
16
Tab. 6 Fonemi /a:/, /e:/, /i:/, /o:/, /u:/ tonici: durata media (ms).
/a:/ /e:/ /i:/ /o:/ /u:/ Frase Isolato Frase Isolato Frase Isolato Frase Isolato Frase Isolato
Presente 300 330 330 327 240 275 309 260 258 266 Perfetto 240 240 250 240 165 250 227 187 175 235 Aoristo 185 225 140 175 160
I dati salienti in nostro possesso riguardano, come si è accennato, i
fonemi vocalici lunghi che costituiscono le 35 occorrenze in contesto
di frase; a questa cifra si sommano 24 forme (forma base + perfetto)
prodotte in lettura isolata. Posta questa premessa, la lettura dei valori
reperiti mette in evidenza una dinamica sistematica per cui il fonema
tonico in bisillabo presenta la durata più elevata, che costantemente
supera i 250 ms; i trisillabi riducono lo span temporale della tonica,
che talora risulta ulteriormente ridotto – sia pure in misura minore –
nei quadrisillabi. Di seguito si propongono, a titolo di esempio, le
immagini spettrografiche e il corrispettivo file audio relativi a due
paradigmi verbali (presente e perfetto).
17
Fig. 4 Oscillogramma e spettrogramma della forma / bo:mba/.
Fig. 5 Oscillogramma e spettrogramma della forma /bo mbidi/
18
Fig. 6 Oscillogramma e spettrogramma della forma /bu:ka/.
Fig. 7 Oscillogramma e spettrogramma della forma /bukidi/.
19
Infine, visualizzando in prospettiva sinottica (cfr. tab.7) le durate
relative per forma morfologica in funzione del numero di sillabe della
parola, perveniamo a conclusioni coerenti:
Tab. 7 Valori medi (ms) e deviazione standard (σ) delle vocali toniche nelle tre forme morfologico-temporali considerate.
Contesto Durata
Bisillabi piani (presente)
Trisillabi sdruccioli (perfetto)
Quadrisillabi sdruccioli (aoristo)
isolato media (ms) 262 229 -
frase media (ms) 284 203 174
La durata della vocale tonica lunga subisce dunque un processo di
accorciamento sistematico e significativo nel passaggio dalla forma
verbale bisillabica piana a quella trisillabica e quadrisillabica
sdrucciole.
6. ASPETTI DELLA PROSODIA DEL KIKONGO
Dopo la presentazione dei dati raccolti, cerchiamo di delineare un
primo quadro dell’assetto metrico della lingua kikongo. L’aggettivo
metrico viene qui usato in senso tecnico, con specifico riferimento a
quel modulo della fonologia generativa non lineare che si occupa della
fenomenologia accentuale delle lingue naturali.7 Come abbiamo già
7 Cfr. Hogg & Mc Cully (1987), Goldsmith (1990), Kenstowicz (1994).
20
avuto modo di osservare (cfr. § 1), il nostro contributo rappresenta il
primo tentativo sia di descrizione che di interpretazione di questo
aspetto della fonologia del kikongo, se si eccettua la monografia di
Carter (1973). Nonostante la relativa esiguità del corpus di
rilevazione, e pur nel ricorso limitato, sia in termini qualitativi che in
termini quantitativi, al mitico ‘parlante nativo’, riteniamo che alcune
tendenze prosodiche possano comunque essere delineate, il che
dovrebbe costituire un punto di partenza per analisi successive, più
ampie ed esaustive.
Prima di illustrare la nostra proposta di interpretazione della struttura
metrica, sarà opportuno prendere in esame alcuni aspetti fondamentali
della prosodia del kikongo. Va innanzitutto osservato che questa
lingua manifesta contrasti tonali evidenti, anche sulla base della
semplice analisi uditiva, corroborata del resto dall’analisi acustica.
Riteniamo, ad una prima analisi, che il kikongo sia una lingua tonale
in senso classico, cioè che utilizza le differenze di frequenza a fini
distintivi. La categoria di accento in una lingua tonale ha uno statuto
diverso da quello che detiene in una lingua non tonale. Anche dal
punto di vista fisico, il parametro primario per veicolare la
prominenza risulta la frequenza, con durata ed intensità con valore
sussidiario.
Sulla base dell’analisi svolta, pare inoltre di poter affermare che nella
varietà di kikongo presa in esame sia attivo il contrasto fonemico di
quantità vocalica: vocali lunghe e vocali brevi si oppongono infatti
con valore distintivo con un buon rendimento funzionale; ciò emerge
21
chiaramente anche dal Dizionario di Dereau (1957), in cui le vocali
lunghe vengono indicate graficamente in modo sistematico e, per
quanto abbiamo finora potuto verificare, corretto, mediante l’uso
dell’accento circonflesso. Tutti i timbri vocalici che appartengono
all’inventario fonologico del kikongo (/a e o i u/) conoscono
l’opposizione /V ~ Vì/ (cfr. supra, § 1).
L’unità prosodica di base è la mora, non la sillaba, il che è del tutto
compatibile con il fatto che il kikongo sia una lingua tonale.
La struttura sillabica appare relativamente semplice e poco marcata,
contrassegnata da un template (C)V; infatti:
a) non sono ammesse consonanti geminate;
b) l’Attacco può essere associato ad una sola consonante semplice o
complessa; il dato pare essere confermato dai prestiti entrati nelle
prime attestazioni scritte di questa lingua (sec. XVII); ad es. kuluzu
“croce” < portoghese cruz; divulu “libro” < portoghese livro (cfr.
Ajello & Bortolami 2002-2003);
c) il Nucleo può essere associato ad un segmento vocalico unico (sia
breve che lungo), oppure ad un dittongo, sia ascendente che
discendente;
d) non sono ammesse C in Coda, se consideriamo le sequenze NC
come consonanti prenasalizzate, che proiettano un unico slot sul
livello scheletrico astratto, associato al costituente Attacco (cfr. § 4).
22
7. L’ASSETTO METRICO
Per quanto concerne la struttura metrica, la lingua kikongo risulta
caratterizzata dai seguenti parametri prosodici:
a) testa a sinistra
b) [+Quantity Sensitivity]
c) piede limitato
Il parametro testa fa riferimento alla posizione occupata dalla sillaba
accentata nell’ambito del piede metrico: iniziale o finale; una lingua
può quindi avere un ritmo trocaico, se la testa si trova all’inizio del
piede metrico, oppure un ritmo giambico, se la testa è collocata alla
fine. Nel caso del kikongo, viene selezionato il parametro ‘testa = a
sinistra’, quindi, il ritmo trocaico. Le basi lessicali sono infatti
accentate di norma sulla prima sillaba radicale; ad es. bómba
“confortare”, perfetto bómmbidi; búka “curare”, perfetto búkidi.
Il fatto che in kikongo l’accento lessicale non sia distintivo, ma
fondamentalmente fisso nell’ambito della radice (in posizione iniziale)
non può che confermare l’assunzione del parametro testa nei termini
sopra enunciati. Né può costituire eccezione a tale assunto il caso in
cui ad una base bisillabica si aggiungano prefissi o suffissi clitici:
l’accento di parola resta infatti associato alla base lessicale e gli affissi
restano atoni; ad es. búmba “assalire”; Perfetto búmbidi. Vi sono
tuttavia anche elementi morfologici dotati di accento e di tono, come
23
ad es. wa, il prefisso che conferisce valore aoristico alla forma verbale
del Perfetto, che pare dotato di tono ascendente autonomo.
Per le sillabe atone delle forme suffissali si può ricorrere alla nozione
di extrametricalità. Una sillaba extrametrica è per definizione
invisibile alle regole accentuali; pertanto non conta nell'algoritmo
metrico. In kikongo, l’extrametricalità può essere invocata per
interpretare forme verbali come bíngidi “ha cercato”, bwélele “ha
aggiunto”. Lo status morfosintattico e prosodico della sillaba finale,
un suffisso enclitico, fornisce ulteriore giustificazione per una tale
assunzione:
(4) a. bí ndi di b. bwé le le
| | | | | | σf σd <σ> σf σd <σ> | | Pd Pd | |
Pa Pa8
Sull'extrametricalità vige la condizione di 'perifericità': la sillaba
extrametrica deve occupare una posizione marginale nel costituente
prosodico (tipicamente, la parola prosodica; cfr. Kenstowicz 1994:
567). Inoltre, in una stessa struttura metrica, non possono esserci due o
più elementi extrametrici, ma soltanto uno. Entrambe le restrizioni
sono rispettate nel caso del kikongo.
8 In questo, come negli schemi seguenti, σf = sillaba forte, cioè tonica, σd = sillaba debole, cioè atona, Pd = Piede metrico, Pa = Parola.
24
Nei domini metrici superiori a quello del piede, e specificamente
nell’ambito della parola fonologica, come pure del sintagma
fonologico, la testa si trova invece a destra. Questo significa che il
Designed Terminal Element, vale a dire la sillaba tonica che è
dominata sempre e soltanto da nodi forti nell’albero metrico, è di
norma l’ultima tonica. Sul costituente che si trova a destra nella catena
lineare cade pertanto l’accento primario, mentre su quello che sta a
sinistra cade l’accento secondario. Così, ad es. [«mwa:na »nke:nto] “la
ragazza”, [«weti »ba˘sa] “sta tagliando”.
Il parametro relativo alla sensibilità alla quantità fa riferimento al
legame che può instaurarsi nelle lingue naturali tra la struttura interna
della sillaba, ed in particolare il suo peso, e l’assegnazione
dell’accento lessicale. Le lingue in cui i princìpi che sovrintendono
alla struttura metrica hanno accesso alla struttura sillabica selezionano
il parametro [+QS] (= Quantity Sensitivity). In tali sistemi, le sillabe
pesanti sono tendenzialmente accentate, cioè sono associate a
posizioni forti nell’albero metrico, mentre quelle leggere sono atone
(cfr. Goldsmith 1990: 178). In termini negativi, il parametro prevede
che una posizione metricamente debole non possa dominare una
sillaba pesante.
In kikongo, la posizione forte nell’albero metrico può essere associata
sia ad una sillaba leggera che ad una sillaba pesante, ma l’elemento
fondamentale è che una sillaba pesante non è mai dominata da una
posizione debole. Del resto, in questa lingua l’unità metrica primaria
25
non è la sillaba, bensì la mora, come spesso accade nei sistemi tonali
(cfr. supra).
In sintesi, il kikongo può dirsi sensibile alla quantità, sia perché
l'attrazione dell'accento sulle sillabe pesanti si esercita in maniera
sistematica, nel senso che il contrasto di quantità vocalica è limitato
alle sole sillabe toniche, sia soprattutto perché non si danno casi di
associazione di sillabe pesanti a nodi deboli del piede metrico.
8. LIMITATEZZA DEL PIEDE ED EXTRAMETRICALITÀ
Il parametro di limitatezza (boundedness) fa riferimento all’ampiezza
del piede metrico. Nelle lingue in cui viene selezionato il parametro
[-bounded], il piede può avere estensione sillabica variabile;
viceversa, nelle lingue [+bounded], il piede ha un’ampiezza
determinata, che deve essere fissata nella grammatica.
La teoria metrica ha previsto inizialmente sia piedi limitati che
illimitati (cfr., ad es. Halle e Vergnaud 1987). In realtà, nella prassi
concreta sono stati di norma proposti soltanto piedi limitati e con
ampiezza pari a due sillabe oppure a due more (cfr. Hayes 1994;
Kager 1995). Le ragioni per l'adozione del binarismo sono varie:
tipologicamente, si osserva che le lingue naturali adottano più
frequentemente strutture accentuali binarie che ternarie;
nell’acquisizione linguistica, il ritmo binario precede quello ternario
(cfr. Vihman 1996). Inoltre, dal punto di vista teorico, l'adozione del
binarismo è in pieno accordo con la sintassi, ove viene adottata la sola
ramificazione binaria.
26
Per quanto riguarda il kikongo, l’adozione del parametro [+ bounded]
con limitatezza pari a due more sembra essere empiricamente
motivata, per le seguenti ragioni:
a) nell’ambito del lessico indigeno, i piedi metrici sono di tipo
trocaico;
b) nella lingua funziona l’equivalenza prosodica tra una sillaba
pesante e due sillabe leggere;
c) i monosillabi sono sempre lunghi, essendo la Rima associata ad un
dittongo (ad es. sya “estrarre vino di palma”, fwa “morire”, bau
“loro”).
Consideriamo la struttura metrica di una forma quale bélele “ha
disprezzato”: la base è qui data dalla radice verbale bél-a, cui sarà
assegnata la struttura trocaica, nei termini di un trocheo quantitativo
composto da due sillabe leggere, e quindi da due more, mentre alla
sillaba finale del suffisso enclitico di perfetto sarà riconosciuto lo
status di sillaba extrametrica, collocata in posizione legittima, in
quanto periferica sul lato destro della sequenza lineare:
(5) be le le | | | σ σ <σ> | Pd
27
In alternativa, si potrebbe rinunciare alla nozione di extrametricalità e
pensare che nel caso di forme come bélele, si tratti di un’unica
struttura metrica, con la conseguenza di riconoscere il piede dattilico
al fianco di quello trocaico.
In effetti, non sono mancate proposte teoriche in tal senso, con
applicazione a diverse lingue naturali (cfr. Haraguchi 1991, Burzio
1994, Marotta 1999), che puntano verso il superamento della
restrizione binaria sui piedi metrici. Tali proposte sono tuttavia
maturate all’interno di analisi condotte su dati empirici relativi a
lingue quali l’italiano o lo spagnolo, per le quali l’adozione del
binarismo stretto appare problematica, in virtù del diverso statuto
dell’unità prosodica di mora.
Non è questo il caso del kikongo, dove la nozione di extrametricalità
pare essere sufficientemente motivata tanto sul piano empirico quanto
su quello teorico.
D’altra parte, l’extrametricalità dovrà essere sospesa in tutti quei
contesti in cui entrerebbe in conflitto con il principio di esaustività,
che richiede che ad ogni lessema venga assegnato un accento, e di
conseguenza una struttura metrica, indipendentemente e prima
dell’applicazione dell’extrametricalità (cfr. Hayes 1995: 110 sgg.).
È questo il caso delle parole monosillabiche, come pure dei bisillabi
costituiti da due vocali brevi, strutture rispettivamente H e LL,9 nelle
quali il mancato computo dell’ultima sillaba contrasta con la
9 Qui come in seguito, L = light, H = heavy, ad indicare il peso rispettivamente leggero o pesante della sillaba; ricordiamo che la sillaba leggera conta per una mora, mentre quella pesante per due more.
28
minimalità del piede trocaico, pari a due more. Si osservi tuttavia che
la subordinazione dell’extrametricalità ai vincoli di esaustività e di
bimoraicità li rende ben formati e compatibili con l’assetto prosodico
generale della lingua.
Ad es. nel caso delle forme syá “estrarre il vino di palma”, struttura H,
e béla “disprezzare”, struttura LL, la rappresentazione metrica dovrà
essere necessariamente la seguente, se si vuole mantenere la
minimalità del piede trocaico pari a due more:
(6) a) syá b) bé la | | | |
µ µ µ µ \ | | Pd Pd
Viceversa, nel caso dei bisillabi con vocale lunga o dittongo, strutture
HL, l’extrametricalità si applicherà senza problemi; ad es. per bé˘la
“essere malato”, come per lwáka “paura”:
(7) a) bé˘ la b) lwá ka | \ | | | | µ µ <µ> µ µ <µ> | / | / Pd Pd
29
9. LA CORREPTIO VOCALICA
Una volta assunta per la lingua kikongo (almeno nella varietà in
esame) la massimalità del piede trocaico pari a due more, il fenomeno
di accorciamento vocalico rilevato nelle forme verbali trisillabiche
andrà interpretato semplicemente come strategia non marcata per
rendere tali forme compatibili con i parametri vigenti. Il mancato
accorciamento della vocale radicale creerebbe infatti strutture
trimoraiche, non tollerate dal sistema metrico kikongo:
(8) a) ba˘ nza b) *ba˘ nzi di | \ | | \ | | µ µ <µ> µ µ µ <µ> | / \ Pd Pd
La struttura in (8b) è agrammaticale, in quanto crea un piede
bisillabico, ma trimoraico; la correptio ripristina il trocheo
quantitativo che rispetta i vincoli prosodici, con minimalità e
massimalità pari a due more:
(9) a) ba˘ nza b) ba nzi di | \ | | | | µ µ <µ> µ µ <µ> | / | Pd Pd
30
Osserviamo en passant che il trocheo del kikongo è un vero e proprio
trocheo quantitativo à la Mester (1994), più di quanto lo sia il piede
trocaico che vige in latino, che ammette anche piedi bisillabici
trimoraici (cfr. Marotta 2000). Il vincolo di bimoraicità è dunque
stringente in kikongo più che in latino, anche perché il parametro di
sensibilità alla quantità è qui sempre rispettato, non essendo ammesse
strutture del tipo LH , come invece accade in latino (ad es. in pater,
amo˘).
Concludiamo questa sezione del nostro lavoro ricordando che in molte
lingue si osserva l’accorciamento vocalico in parole trisillabiche
rispetto a forme correlate di tipo monosillabico o bisillabico, un
fenomeno noto in letteratura come Trisyllabic Shortening.
Tipico è il caso dell’inglese (cfr. Goldsmith 1990: 246; passim); ad es.
le classiche coppie divine, serene, opaque versus divinity, serenity,
opacity: un piede monosillabico, ma bimoraico, con dittongo lungo
(H), da un lato, un trocheo bisillabico e bimoraico, con vocale tonica
breve e sillaba finale extrametrica (LL<L>), dall’altro.
Il fenomeno di correptio illustrato per la varietà di kikongo in esame
appare dunque non marcato, anche su base tipologica: essendo
l’ampiezza massima del piede pari a due more, l’aggiunta di una
sillaba ad una forma bisillabica determina l’accorciamento di una
vocale lunga radicale, per il rispetto del vincolo di bimoraicità.
31
10. CONCLUSIONI
L’analisi metrica svolta, pur se riferita ad un corpus ridotto di dati, ci
induce a considerare il kikongo come lingua a struttura trocaica. In
riferimento ai parametri adottati di norma nell’analisi metrica non
lineare, il trocheo del kikongo risulta caratterizzato da testa a sinistra,
ampiezza pari a due more e sensibilità alla quantità. Come abbiamo
visto, in maniera del tutto non marcata, vige in kikongo
l’extrametricalità, governata sulla base di un vincolo morfologico,
essendo riservata a sillabe precedute da confine morfologico.
Le ipotesi avanzate in questa sede potranno essere convalidate oppure
smentite da ulteriori e più ampi studi sul sistema metrico-prosodico
del kikongo. In particolare, una questione che andrà affrontata in
maniera sistematica in futuro riguarda il rapporto tra accento, durata e
tonalità. Pur nella consapevolezza dei limiti di quest’analisi, resta
l’auspicio di aver contribuito alla descrizione della prosodia della
lingua kikongo, ancora quasi del tutto inesplorata.
*Il lavoro è stato concepito e sviluppato concordemente dai tre autori.
Ai soli scopi accademici valgano le seguenti attribuzioni:
R. Ajello: § 1 e Appendice; M. Barbera: § 2-3-4-5; G. Marotta: § 6-7-
8-9-10.
32
BIBLIOGRAFIA
Ajello, R. e Padre G. Bortolami (2002-2003), “Per un’analisi
linguistico-antropologica del primo testo scritto in lingua kikongo”, in
G. Marotta (a cura di), Atti del Convegno di Studi in memoria di T.
Bolelli, Studi e Saggi Linguistici XL-XLI, pp. 3-17.
Bentley, W.H. (1887), Dictionary and Grammar of the Kongo
Language, as spoken at San Salvador, the Ancient Capital of the Old
Kongo Empire, West Africa. London, Baptist Missionary Society.
Bentley, W.H. (1895), Appendix to the Dictionary and
Grammar of the Kongo Language, as spoken at San Salvador, the
Ancient Capital of the Old Kongo Empire, West Africa. London,
Baptist Missionary Society.
Burzio, L. (1994), Principles of English Stress, Cambridge,
C.U.P.
Carter, H. (1973), Syntax and tone in Kongo, London, School
of Oriental and African Studies, University of London.
Clements, H. e Keyser, S.J. (1983), CV phonology, Cambridge,
Mass., MIT Press.
Clements, G. N. (1986), Compensatory lengthening and
consonant gemination in Luganda, in Wetzels, L. e Sezer, E. (eds.),
Studies in compensatory lengthening, Dordrecht, Foris.
Del Fabbro, R. e Petterlini, F. (1977), Gramática kikongo,
Padova, Laboratorio di Restauro, Legatoria e Stamperia di Santa
Giustina.
33
Dereau, L. (1957), Lexique kikongo-français, français-kikongo,
d'apres le dictionnaire de K. E. Laman. Namur, A. Wesmael-Charlier.
Goldsmith, J.A. (1990), Autosegmental and metrical
phonology, Oxford, Blackwell.
Guthrie, M. (1971), The Western Bantu Languages, in:
Sebeok, Thomas A. (ed.), Current Trends in Linguistics, vol. 7, The
Hague, Paris, Mouton.
Heine, B e Nurs, D. (2004), Les langues africaines, Paris,
Karthala.
Halle, M. e Vergnaud, J.-R. (1987), An essay on stress,
Cambridge (Mass.), M.I.T. Press.
Haraguchi, S. (1991), A theory of stress and accent, Dordrecht,
Foris.
Hayes, B. (1995), Metrical stress theory. Principles and case
studies, Chicago, University of Chicago Press.
Hogg, R. e McCully, C.B. (1987), Metrical Phonology. A
Coursebook, Cambridge-New York, C.U.P.
Hubbard, K. (1995), “Prenasalized consonants and syllable
timing: evidence from Runyambo and Luganda”, in Phonology,
vol.12, pp. 235-256.
Huffman, M.K. e Krakow, R.A. (1993), Phonetics and
Phonology. (Vol.5) Nasals, Nasalisation, and the Velum, San Diego,
Academic Press.
Fr. Jean (19382), Leçons de kikongo. Grammaire et exercices,
Tumba, Imprimerie de l’Ecole Normale.
34
Kager, R. (1995), The metrical theory of word stress, in J.
Goldsmith (ed.), The handbook of phonological theory, Cambridge
(Mass.)-Oxford, Blackwell, pp. 367-402.
Kenstowicz, M. (1994), Phonology in generative grammar,
Cambridge (Mass.)-Oxford (UK), Blackwell.
Laman, K.E. (1922), The Musical Accent or Intonation in the
Kongo Language, Stockholm.
Laman, K.E. e Westling, M.(1950), Vocabulaire kikongo-
francais, francais-kikongo, Leopoldville, Libraire evangelique au
Congo.
Liberman, M. e Prince, A. (1977), “On Stress and Linguistic
Rhythm”, Linguistic Inquiry 8, pp. 249-336.
Maddieson, I e Ladefoged, P. (1993), “Phonetics of partially
nasalized consonants”, in Nasals, Nasalization, and the Velum,
Huffman, M. e Krakow, R. (Eds.), New York, Academic Press, pp.
251-301.
Marotta, G. (1985), Modelli e misure ritmiche. La durata
vocalica in italiano, Bologna, Zanichelli.
Marotta, G. (1999), “Degenerate Feet nella fonologia metrica
dell’italiano”, in P. Benincà, A. Mioni & L. Vanelli, (a cura di), Atti
del XXXI Congresso della Società di Linguistica Italiana, Fonologia e
morfologia dell'italiano e dei dialetti d'Italia, Roma, Bulzoni, pp. 97-
116.
Mester, A.R. (1994), “The Quantitative Trochee in Latin”,
Natural Language and Linguistic Theory 12, pp. 1-62.
35
Petterlini, F. (a cura di) (1977), Dicionário kikongo-português,
português-kikongo, Padova, Laboratorio di Restauro, Legatoria e
Stamperia di Santa Giustina.
Speeter Beddor, P e Onsuwan, C. (2003), Perception of
Prenasalized Stops, in Proceedings of 15th ICPhS, Barcellona.
Vihman, M.M. (1996), Phonological Development: The
Origins of Language in the Child, Oxford, Blackwell.
36
APPENDICE: IL CORPUS DI FRASI10
1 a- Mwa:na bakala weti ba:nza mwa:na nke:nto
“il ragazzo sta pensando alla ragazza”.
b- Mwa:na bakala banzidi mwa:na nke:nto
“il ragazzo pensò alla ragazza”.
c- Mwa:na bakala wabanzidi mwa:na nke:nto
“il ragazzo pensò alla ragazza”.
2 a- Mwa:na bakala weti bi:nga mwa:na nke:nto
“il ragazzo sta cercando la ragazza”.
b- Mwa:na bakala bingidi mwa:na nke:nto
“il ragazzo ha cercato la ragazza”.
c- Mwa:na bakala wabingidi mwa:na nke:nto
“il ragazzo cercò la ragazza”.
3 a- Mwa:na bakala weti bo:mba mwa:na nke:nto
“il ragazzo sta confortando la ragazza”.
b- Mwa:na bakala bombidi mwa:na nke:nto
“il ragazzo ha confortato la ragazza”.
c- Mwa:na bakala wabombidi mwa:na nke:nto
“il ragazzo confortò la ragazza”.
10 Si fa presente che nella trascrizione dei segmenti vocalici lunghi/brevi si è seguita la notazione di Dereau (1957), salvo disconferma derivante dalla nostra analisi empirica.
37
4 a- Mwa:na bakala weti ba:sa nkuni
“il ragazzo sta tagliando per lungo la legna”.
b- Mwa:na bakala basidi nkuni
“il ragazzo ha tagliato per lungo la legna”.
c- Mwa:na bakala wabasidi nkuni
“il ragazzo tagliò per lungo la legna”.
5 a- Mwa:na bakala weti bo:nga tadi
“il ragazzo sta prendendo una pietra”.
b- Mwa:na bakala bongidi/bongele tadi
“il ragazzo ha preso una pietra”.
c- Mwa:na bakala wabongidi/wabongele tadi
“il ragazzo prese una pietra”.
6 a- Mwa:na bakala weti bu:mba mwa:na nke:nto
“il ragazzo sta assalendo la ragazza”.
b- Mwa:na bakala bumbidi mwa:na nke:nto
“il ragazzo ha assalito la ragazza”.
c- Mwa:na bakala wabumbidi mwa:na nke:nto
“il ragazzo assalì la ragazza”.
7 a- Mwa:na bakala weti bu:nda nguba ye madezo
“il ragazzo sta unendo arachidi e fagioli”.
b- Mwa:na bakala bundidi nguba ye madezo
“il ragazzo ha unito arachidi e fagioli”.
38
c- Mwa:na bakala wabundidi nguba ye madezo
“il ragazzo unì arachidi e fagioli”.
8 a- Madya meti be:ba mu lo:nga
“il cibo si consuma nel piatto”.
b- Madya mabebele mu lo:nga
“il cibo si consumò nel piatto”.
9 a- Mwa:na bakala weti be:la mu nzo yayi
“il ragazzo è malato in casa”.
b- Mwa:na bakala belele mu nzo yayi
“il ragazzo era malato in casa”.
c- Mwa:na bakala wabelele mu nzo yayi
“il ragazzo fu malato in casa”.
10 a- Mwa:na bakala weti bi:ka musa mpaka
“il ragazzo smette di fare discussione”.
b- Mwa:na bakala bikidi musa mpaka
“il ragazzo ha smesso di fare discussione”.
c- Mwa:na bakala wabikidi musa mpaka
“il ragazzo smise di fare discussione”.
11 a- Mwa:na bakala weti bo:ka mu nzo yayi
“il ragazzo sta gridando in casa sua”.
39
40
b- Mwa:na bakala bokele mu nzo yayi
“il ragazzo ha gridato in casa sua”.
c- Mwa:na bakala wabokele mu nzo yayi
“il ragazzo gridò in casa sua”.
12 a- Kyula kieti bu:ka mu nzo
“un rospo sta esplodendo in casa”.
b- Kyula kibukidi mu nzo
“un rospo è esploso in casa”.
c- Kyula kiabukidi mu nzo
“un rospo esplose in casa”.