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Alma Mater Studiorum · Università di Bologna

FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea in Fisica

Trasporto e focalizzazione mediante un

solenoide di un fascio di protoni

accelerato da un impulso laser

Tesi di Laurea in Meccanica Analitica

Relatore:Chiar.mo Prof.Giorgio Turchetti

Correlatore:Dott.Stefano Sinigardi

Presentata da:

Serena Fazzini

Sessione IIAnno Accademico 2011-2012

Abstract

In questa tesi viene analizzato il trasporto di un fascio di particelle caricheaccelerate da un impulso laser incidente su un bersaglio solido. L'accelera-zione avviene per mezzo dei forti campi elettrici che si vengono a creare acausa della separazione di carica generata nel plasma dall'impulso laser. Ilfascio ottenuto presenta uno spettro energetico esponenziale e una divergen-za angolare signicativa. Lo scopo di questa tesi è mostrare come tale fasciopossa essere collimato e reso monoenergetico sfruttando le proprietà focaliz-zanti di un solenoide al ne di renderlo adeguato per l'iniezione in una cavitàpost-accelerante.

I

Indice

Introduzione III

1 Accelerazione di ioni basata sull'interazione laser-plasma 1

1.1 Introduzione alla sica dei plasmi . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Interazione laser-plasma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2.1 Modello cinetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.3 Accelerazione di ioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.3.1 Regime di accelerazione TNSA . . . . . . . . . . . . . 9

2 Trasporto del fascio di protoni 14

2.1 Equazioni del moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152.1.1 Formulazione lagrangiana . . . . . . . . . . . . . . . . 162.1.2 Eetto di fringe eld . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172.1.3 Equazioni del moto nel limite di approssimazione paras-

siale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192.2 Mappe per il solenoide . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

2.2.1 Mappa con focalizzazione e rotazione di Larmor . . . . 212.2.2 Mappa con kick . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

2.3 Lenti magnetiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262.3.1 Condizione di parallelismo . . . . . . . . . . . . . . . . 272.3.2 Focalizzazione con lente sottile . . . . . . . . . . . . . . 272.3.3 Focalizzazione con lente spessa . . . . . . . . . . . . . 28

3 Risultati numerici per protoni da 30MeV 32

3.1 Sistema di trasporto per i protoni da 30 MeV . . . . . . . . . 353.2 Selezione in energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

3.2.1 Distribuzione dei protoni prima e dopo la selezione . . 393.3 Parametri caratteristici della distribuzione di carica . . . . . . 40

3.3.1 Sezione trasversa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

II

III

3.3.2 Emittanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

Conclusioni 46

A Schermo di Debye 47

B Derivazione alternativa dell'equazione del moto in approssi-

mazione parassiale 49

Bibliograa 50

Introduzione

Gli acceleratori di particelle sono da anni il mezzo principale di indagine nel-l'ambito della sica subnucleare. Per accelerare le particelle essi sfruttanoi campi elettrici all'interno di cavità a radiofrequenza, ma vi è una sogliadi danneggiamento dei materiali costituenti la cavità (detto limite di break-down) che limita l'intensità massima ad alcune centinaia di MV/m. Perraggiungere energie elevate occorre quindi che l'azione del campo elettricosia distribuita nello spazio e ciò comporta la costruzione di macchine sem-pre più imponenti e costose. Per rispondere all'esigenza di ottenere energiesempre più elevate a costi contenuti negli ultimi anni sono state ideate e stu-diate nuove tecniche di accelerazione basate sull'impiego di plasmi, nei qualii campi elettrici non sono limitati da alcuna soglia di breakdown, essendola materia già ionizzata. Il progresso in questo campo della sica è statoincessante a partire dal 1979, quando Tajima e Dawson proposero di utiliz-zare fasci laser focalizzati per eccitare onde di plasma longitudinali al ne diaccelerare gli elettroni. Allo stato attuale le tecniche per la produzione diprotoni aventi energia pari a qualche decina di MeV non sono ancora in gradodi competere con quelle convenzionali; si prevede tuttavia un futuro sviluppoapplicativo in ambito medico, per il trattamento di malattie tumorali. Ilvantaggio consiste nell'impiego di dispositivi più compatti e potenzialmentemeno costosi rispetto ai ciclotroni e ai sincrotroni attualmente destinati al-l'adroterapia.In questa trattazione verrà presa in esame l'accelerazione di protoni nelregime TNSA(Target Normal Sheath Acceleration), ossia nel regime di po-larizzazione lineare dell'impulso laser, incidente su una targhetta solida. Ilprocesso di accelerazione sfrutta impulsi laser ultrabrevi (fs ≤ τL ≤ ps, conτL durata dell'impulso) e ultraintensi (con potenze no al PW), di lunghezzad'onda dell'ordine del µm che, incidendo su un bersaglio solido di spessoremicrometrico, ne causano la ionizzazione con conseguente formazione delplasma. Il plasma prodotto è sovracritico, cosicchè l'onda elettromagnetica

IV

V

generata dal laser non può propagarvisi attraverso e l'effetto risultante è ilriscaldamento degli elettroni sulla supercie del bersaglio. Gli elettroni caldicosì prodotti si propagano in avanti e, raggiunta la supercie della targhettaopposta a quella irraggiata, costituiscono un campo elettrico accelerante per iprotoni ivi presenti. Lo spettro energetico degli ioni accelerati è esponenzialee lo spread angolare è signicativo, ragion per cui il fascio non è immediata-mente disponibile per l'utilizzo.Si rende dunque necessaria l'implementazione di un sistema di trasportobasato sull'impiego di collimatori e solenoidi per operare una selezione inenergia e poter inne disporre di un fascio di protoni monocromatico e bencollimato.Lo scopo di questa tesi è quello di presentare nel dettaglio la fase del trasporto.Pertanto verrà analizzata la propagazione di una singola particella, con breviaccenni ai fenomeni connessi alla collocazione della particella all'interno diuna distribuzione di carica. In particolare verrà mostrato come un solenoidepossa svolgere un'azione focalizzante sui fasci di particelle cariche con un mec-canismo analogo a quello esercitato da una lente sui raggi luminosi. Infattiil campo magnetico generato da un solenoide reale possiede una componenteradiale dovuta agli eetti di bordo che si manifestano quando il solenoide hauna lunghezza nita. La presenza del campo di bordo determina le proprietàfocalizzanti del solenoide, che possono essere sfruttate per collimare il fascio.Inoltre, poiché il punto di focalizzazione dipende dall'energia della particella,è possibile selezionare i raggi di una certa energia E0 posizionando un colli-matore nel loro punto di convergenza. In tal modo tutte le altre particellevengono schermate e il fascio uscente risulta monoenergetico, senza un'ecces-siva riduzione dell'intensità.La trattazione è organizzata in tre capitoli. Nel primo verranno espostebrevemente le principali proprietà di un plasma, la sua interazione con un'on-da elettromagnetica e il regime di accelerazione TNSA; nel secondo verrannodescritti analiticamente il trasporto e la focalizzazione del fascio medianteun solenoide; nel terzo ed ultimo capitolo verranno illustrati i risultati disimulazioni numeriche, prestando particolare attenzione al meccanismo dicollimazione e selezione dei protoni da 30MeV, essendo quelli di maggiore in-teresse per future applicazioni. L'obiettivo è quello di ottenere un fasciosucientemente intenso e collimato da poter essere iniettato in un linace post-accelerato ad energie di 60MeV, per il trattamento dei tumori piùsuperciali, o di 230MeV, per quelli collocati più in profondità.

Capitolo 1

Accelerazione di ioni basata

sull'interazione laser-plasma

1.1 Introduzione alla sica dei plasmi

Il plasma è un particolare stato della materia, le cui particelle costituentisono in buona percentuale in forma ionizzata. La concentrazione di particellecariche gioca un ruolo fondamentale nella descrizione dello stato di plasmaed ha una distribuzione di Boltzmann:

n = n0e− qΦ(r)

kBT (1.1)

dove kB è la costante di Boltzmann, q è la carica elettrica della particel-la considerata, Φ(r) è il potenziale elettrostatico dovuto alla distribuzionedelle n cariche. La dipendenza del grado di ionizzazione dalla temperaturafa sì che i plasmi siano spesso associati a gas a temperature molto elevate.Sebbene la loro formazione non possa essere ricondotta ad una vera e propriatransizione di fase in quanto non avviene in modo discontinuo, può essere in-terpretata come un' evoluzione dello stato gassoso che si realizza all' aumentodel rapporto tra forze dissociative e forze di coesione. Proprio la presenza dicariche libere fa sì che la dinamica del sistema sia dominata da forze coulom-biane a lungo raggio, che tendono a mantenere il sistema in una situazione diquasi-neutralità sviluppando un comportamento collettivo che sovrasta l'a-gitazione termica. Di fatto avvengono fenomeni di interazione a molti corpi,che possono essere interpretati secondo la teoria di campo medio: la singolacarica, quando non si trovi nelle immediate vicinanze di altre cariche così dasentirne la diretta inuenza coulombiana, si muove sotto l'azione del cam-

1

1.1 Introduzione alla sica dei plasmi 2

po elettromagnetico medio dovuto alla somma degli eetti di tutte le altrecariche del sistema. Per comprendere meglio la dinamica del fenomeno èutile introdurre n d'ora uno dei parametri fondamentali che caratterizzanolo stato di plasma: la cosiddetta lunghezza di Debye

λD =

√kBT

4πnq2(1.2)

All'interno di una sfera di raggio λD possono avvenire processi di singolaparticella, ossia urti; al di fuori della sfera di Debye il comportamento dielettroni e ioni è determinato dal campo medio, che dà origine ai cosiddettimoti collettivi. L'azione dei moti collettivi aumenta all'aumentare del numerodi particelle interagenti in quanto, sebbene le interazioni elettrostatiche alungo range decrescano con il quadrato della distanza, il numero di caricheaumenta con il cubo, se la distribuzione è uniforme. Di fatto, studiando lepiccole uttuazioni di carica che si possono vericare localmente e avvalendosidell'equazione di Poisson, si può dimostrare che l'ampiezza delle uttuazionidel potenziale che si viene a creare decade esponenzialmente con lunghezzacaratteristica 1

λD; il che indica che intorno ad ogni carica q il plasma crea una

nuvola di carica spaziale che riduce il potenziale elettrico coulombiano no adannullare l'eetto della carica singola su distanze superiori a λD. Tale eettoè noto come schermaggio di Debye[1,cap.1]. I calcoli espliciti sono svoltiin appendice A. Chiaramente, anchè si possa parlare di comportamentomedio, entro la sfera di Debye deve esserci un numero sucientemente elevatodi particelle cariche:

ND =4π

3nλ3

D 1. (1.3)

Ciò implica che nel plasma sussista un elevato grado di ionizzazione, ossiache l'energia termica sia molto più elevata rispetto alle forze coulombiane chefavoriscono la ricombinazione:

kBT

q2/r∝ kBT

q2n1/3= 4πλ2

Dn2/3 = (36π)1/3N

2/3D 1. (1.4)

Un altro parametro caratteristico dello stato di plasma è la frequenza tipicadi oscillazione del sistema, chiamata frequenza di plasma, che è proporzionaleal rapporto vt/λD tra la velocità termica con la quale si muovono le particellecariche e la lunghezza di Debye ed è denita da

ωp =

√4πq2n

m. (1.5)

1.2 Interazione laser-plasma 3

Come si può notare, la frequenza di plasma dipende inversamente dalla massadella particella carica; ciò implica che, sotto una perturbazione esterna, ilcomportamento del plasma sia determinato quasi totalmente dagli elettroniliberi.

1.2 Interazione laser-plasma

Un plasma attraversato da un'onda elettromagnetica si comporta come unmezzo otticamente attivo. Consideriamo un impulso laser che incide normal-mente sulla supercie del plasma; esso può essere descritto come un pacchettodi onde elettromagnetiche che è soluzione delle equazioni di Maxwell:

∇ · E = 4πρ ∇× E = −1

c

∂tB (1.6)

∇ ·B = 0 ∇×B =4π

cj +

1

c

∂tE (1.7)

Prendiamo in esame un plasma freddo, in cui gli eetti della pressione sonotrascurabili e le perturbazioni si propagano più velocemente della velocità ter-mica delle particelle in equilibrio. L'onda elettromagnetica interagisce sia congli ioni liberi che con gli elettroni; tuttavia, essendo la massa degli ioni moltogrande se confrontata con quella degli elettroni, la velocità impartita loro dal-l'onda risulta trascurabile. Dunque se il plasma è sucientemente ionizzato,solo gli elettroni liberi in esso presenti inuenzano in maniera apprezzabilela trasmissione dell'onda. Quindi l'equazione del moto è:

me∂v

∂t= eE (1.8)

L' interazione tra l' onda e gli elettroni può essere introdotta nelle equazionidi Maxwell tramite il termine densità di corrente j:

j = e(n0 + δn)v ' en0v (1.9)

dove abbiamo considerato che l'onda incidente induca una piccola pertur-bazione. Per semplicità supponiamo che si tratti di un' onda piana e indichia-mo con z l' asse che individua la sua direzione di propagazione, in modo taleche il campo elettrico assuma la forma

E = E0ei(kz−ωt) = Ee−iωt (1.10)

1.2 Interazione laser-plasma 4

Inserendo la (1.10) nella (1.8) e integrando, si ottiene:

v = − e

meiωEe−iωt (1.11)

che, sostituita nella (1.9) e quindi nella seconda delle (1.7) dà

∇×B =

(− 1

iωc

4πn0e2

me

− iω

c

)Ee−iωt = −iω

c

(1−

ω2p

ω2

)E (1.12)

Secondo la teoria dell' elettromagnetismo classico per mezzi dielettrici nonconduttori si ha

∇×B =1

c

∂D

∂t(1.13)

dove D = εE = η2E è l'induzione elettrica, ε la costante dielettrica delplasma e η il suo indice di rifrazione, la cui espressione risulta quindi

η =

√(1−

ω2p

ω2

)(1.14)

Possiamo notare che l'indice di rifrazione - e di conseguenza le velocità difase e di gruppo dell'onda1- è reale solo se ω ≥ ωp. Se ω ≤ ωp l'indice dirifrazione è immaginario puro e l'onda è evanescente, il che signica che vienequasi totalmente riessa dalla supercie del plasma. Sulla base di questeconsiderazioni possiamo individuare tre diversi regimi:

- plasma opaco per ω < ωp o n > nc

- plasma critico per ω ' ωp o n ' nc

- plasma trasparente per ω > ωp o n < nc

dove abbiamo indicato con n la densità elettronica e con nc la densità criti-ca, ovvero la massima concentrazione di carica alla quale l'onda può propa-garsi. La sua espressione esplicita si ottiene uguagliando la frequenza del-la radiazione elettromagnetica con quella del plasma e ricordando che ω =

2πc/λ:

nc =πmc2

λ2e2' 1021

λ2(µm)cm=3. (1.15)

1Per le denizioni di velocità di gruppo e di fase si rimanda rispettivamente alle formule

(1.17) e (1.24).

1.2 Interazione laser-plasma 5

La densità critica è uno dei parametri fondamentali di un plasma e risulteràcruciale nella descrizione dei meccanismi di accelerazione, come vedremo nelseguito.Prima di procedere con la trattazione, verranno spese alcune righe per ri-cavare la relazione di dispersione, necessaria per denire lo skin depth, quan-tità di fondamentale importanza quando si parla di plasmi opachi.L'indice di rifrazione è dato da

η =vGc

(1.16)

dove vG è la velocità di gruppo dell'onda e può essere ricavata confrontandola (1.16) con la (1.14)

vG =dω

dk= cη = c

(1−

ω2p

ω2

)1/2

(1.17)

da cui

kc =

∫ ω

ωp

ω′dω′

(ω′2 − ω2p)

1/2=

1

2

∫ ω2

ω2p

dω′2

(ω′2 − ω2p)

1/2= (ω2 − ω2

p)1/2 (1.18)

e inne la relazione di dispersione

k2c2 = ω2 − ω2p (1.19)

che può essere riscritta nella forma

k =1

c(ω2 − ω2

p)1/2 =

i

c(ω2

p − ω2)1/2. (1.20)

Si denisce skin depth `s la grandezza

`s =i

k=

c

(ω2p − ω2)1/2

(ω2p

ω2− 1

)−1/2

(n

nc− 1

)−1/2

. (1.21)

Sostituendo la (1.21) nella (1.10) si ha

E = E0e−iωte−z/`s (1.22)

che mostra come lo skin depth quantichi il potere penetrante dell'onda elet-tromagnetica incidente sul bersaglio di plasma. Si noti che se la perturbazioneesterna è debole, ossia ωp ω (o equivalentemente n nc)

`s ≈λω

2πωp=

c

ωp. (1.23)

1.2 Interazione laser-plasma 6

Dalla relazione di dispersione (1.19) si può inne ottenere la velocità di fasedell'onda elettromagnetica

vf =ω

k=

c√1− ω2

p

ω2

. (1.24)

1.2.1 Modello cinetico

Finora è stato adottato un approccio classico nello studio dello stato di unplasma, nel senso che si è scelto di descrivere il sistema da un punto di vistamicroscopico, intendendo il plasma come un insieme di particelle immersenello spazio vuoto. Tuttavia quando il numero N di particelle che compon-gono il sistema diventa arbitrariamente grande, è conveniente adottare unapproccio di tipo statistico.La descrizione completa dello stato di una particella richiede la conoscen-za istantanea della sua posizione e del suo impulso. Risulta, quindi, utileintrodurre lo spazio delle fasi di singola particella, ossia uno spazio a seidimensioni, individuate dalle tre coordinate spaziali e dalle tre componentidell'impulso. La transizione ad una trattazione statistica del problema con-siste nel fare il limite del continuo, ossia il limite per N → ∞. Assumiamo,quindi, una distribuzione continua di carica e introduciamo una funzione didistribuzione f(r,p, t), che fornisce il numero medio di particelle in una celladello spazio delle fasi. Il numero totale di particelle nell'intero volume Vdello spazio delle fasi sarà

N =

∫V

f(r,p, t)drdp (1.25)

Se ci poniamo nella situazione in cui N è conservato durante l' evoluzione delsistema, possiamo scrivere la seguente equazione di continuità di Liouville[2]

∂f

∂t+∇ · (fv) +∇p · (fF) = 0 (1.26)

dove F è la forza a cui è sottoposta la cella elementare dello spazio delle fasi(assumendo che tutte le particelle contenute nella stessa cella subiscano lastessa forza).L'equazione può essere semplicata nella forma

∂f

∂t+ v · ∇f + F∇pf = 0 (1.27)

osservando che

1.3 Accelerazione di ioni 7

- ∇ · v = 0, in quanto r e v sono variabili indipendenti;

- ∇p ·F = 0, poiché le forze in gioco non dipendono dalle velocità, eccettola forza di Lorentz, ma anche in tal caso si ha ∇p ·F = e

c

∑i∂(v×B)i∂pi

=0,in quanto la componente i-esima di v ×B non contiene pi.

Ricordando che le equazioni del moto per le particelle cariche relativistichesono

dr

dt=

p

dp

dt= eE +

e

mcγp×B (1.28)

la (1.27) per un plasma assume la forma

∂f

∂t+

p

mγ∇f + (eE +

e

mcγp×B)

∂f

∂p= 0 (1.29)

che è nota come equazione di Vlasov. Se indichiamo con fi la funzione didistribuzione degli ioni e con fe quella degli elettroni, le densità di carica edi corrente si esprimono

ρ = e

∫(fi − fe)dp j = e

∫v(fi − fe)dp (1.30)

Il set di equazioni (1.6), (1.7), (1.29), (1.30) costituisce le equazioni di Maxwell-Vlasov e permette di analizzare l'interazione laser-plasma.

1.3 Accelerazione di ioni

Mentre gli elettroni vengono accelerati sfruttando l'interazione dell'impulsolaser con un plasma sottocritico, per l'accelerazione degli ioni viene utiliz-zato un bersaglio solido, che crea un plasma sovracritico. Nel primo casoil plasma viene prodotto focalizzando un'onda elettromagnetica su un gase l'onda può propagarsi attraverso il plasma stesso, che per questo è dettotrasparente. Se, invece, l'onda elettromagnetica interagisce con un bersagliosolido, il plasma prodotto è sovracritico (n > nc) e l'interazione è superciale,in quanto l'impulso laser, penetrando nel plasma, decade esponenzialmenteentro uno spessore pari allo skin depth `s = c/ωp. Parte della luce incidenteviene quindi riessa, ma una frazione signicativa dell'energia può essere as-sorbita dal bersaglio e utilizzata per l'accelerazione.I meccanismi principali di accelerazione degli ioni sono sostanzialmente due:il TNSA(Target Normal Sheath Acceleration) e l'RPA(Radiation Pressure

1.3 Accelerazione di ioni 8

Acceleration)[1,cap.2],[3]. Nel TNSA la luce incidente è polarizzata linear-mente e l'accelerazione dei protoni è di tipo elettrostatico, mentre nell'RPAla polarizzazione è circolare e il processo di accelerazione è dominato dal-la pressione di radiazione. In entrambi i casi comunque l'impulso laser dilunghezza d'onda ottica interagisce con un bersaglio solido di spessore mi-crometrico e densità tipica n > 100nc. Il bersaglio ionizza istantaneamentee gli elettroni possono acquistare energie relativistiche. Per determinare seeettivamente il regime di interazione laser-plasma è relativistico, è utileintrodurre il parametro adimensionale

a0 =eA0

mec2(1.31)

che costituisce il valore massimo del potenziale vettore del laser normalizzatorispetto alla massa a riposo dell'elettrone. Il regime di accelerazione è nonrelativistico se a0 1 e relativistico se a0 ≥ 1. Tale parametro può essereinterpretato come il momento massimo dell'elettrone oscillante nel campo dellaser normalizzato rispetto alla sua massa a riposo e messo in relazione conl'ampiezza del campo elettrico del laser E0:

E0 = a0meωc

e(1.32)

e quindi con l'intensità I = cE20/8π e la lunghezza d'onda λ [4]:

a0 =eλ

mec2

√I

2

πc= 0,85× 10−9

√I

(Wcm2

)λ(µm). (1.33)

L'intensità necessaria per ionizzare un atomo di idrogeno può essere stimatautilizzando il modello di Bohr. Il raggio di Bohr è

aB =~2

mee2= 5,3× 10−9cm (1.34)

e il campo elettricoEa =

e

a2B

' 5,1× 109V/cm. (1.35)

Dunque l'intensità del campo elettromagnetico che tiene l'elettrone legato alnucleo è

Ia =cE2

a

8π' 3,51× 1016W/cm2. (1.36)

1.3 Accelerazione di ioni 9

Un'intensità del laser I > Ia garantisce la ionizzazione immediata del bersaglio2

e per I > 1018 W/cm2 si osserva un regime relativistico, come si può facil-mente dedurre dalla (1.33).Attualmente le massime intensità raggiunte superano i 1021 W/cm2, cui cor-rispondono campi elettrici no a 1012 V/m. Negli esperimenti più recenti iprotoni sono stati accelerati no ad energie di 15 ÷ 25 MeV. Raggiungereenergie massime di 60MeV (la soglia per la terapia) è ancora una sda erichiede l'ottimizzazione dei bersagli e una fase di post-accelerazione.Nella presente trattazione viene preso in considerazione il regime di accele-razione TNSA, in quanto è stato osservato sperimentalmente che allo statoattuale è il più eciente.

1.3.1 Regime di accelerazione TNSA

Il TNSA è un meccanismo di accelerazione degli ioni che si attiva qualora unimpulso laser polarizzato linearmente incida su un bersaglio solido di densitàelettronica altamente sovracritica (n nc) e spessore elevato rispetto allaskin depth (h `s). Essendo il plasma opaco, l'onda elettromagnetica vieneriessa sulla sua supercie e una frazione della sua energia viene assorbitadagli elettroni del plasma, che si scaldano (no a temperature dell'ordine delMeV) e diondono sia in avanti, verso la supercie posteriore, che all'indietro,verso la supercie anteriore della targhetta. Alcuni di questi elettroni acqui-stano energia cinetica suciente per abbandonare il bersaglio e si espandononel vuoto, ma la maggior parte resta connata sulla sua supercie e continuaa ricircolare all'interno del bersaglio. Gli ioni presenti sulla supercie vengonoaccelerati per eetto dei forti campi elettrici che si vengono a creare a causadella separazione di carica, come mostrato in gura (1.1). L'accelerazioneè dovuta in parte al campo elettrico longitudinale generato dalla nuvola dielettroni relativistici che diondono nel vuoto; tuttavia il meccanismo piùecace avviene sulla supercie posteriore del bersaglio dove il campo elettricolongitudinale raggiunge i TV/m, provocando la ionizzazione degli atomi el'accelerazione degli ioni. Gli ioni accelerati sono soprattutto i contaminantidepositati sulla supercie del bersaglio, quali idrocarburi e vapori d'acqua,più leggeri rispetto agli ioni del bersaglio stesso.Tipicamente solo una piccola frazione di elettroni viene riscaldata a tempera-ture dell'ordine del MeV e costituisce la cosiddetta popolazione calda. Sono

2In realtà la ionizzazione inizia ad intensità anche inferiori a causa degli eetti

multifotone [5].

1.3 Accelerazione di ioni 10

E

z

Figura 1.1: L'onda elettromagnetica incidente su un bersaglio solido sovracritico si smorza esponenzial-

mente e diventa evanescente. L'energia assorbita dagli elettroni del plasma genera una sepa-

razione di carica che a sua volta dà origine a intensi campi elettrici longitudinali in grado di

accelerare gli ioni superciali.

questi elettroni caldi che trasferiscono energia agli ioni (con un' ecienza di∼ 1− 10%). Quindi nel ricavare l'energia cinetica massima acquistata dagliioni verrà ignorata la componente fredda. La densità di elettroni caldi è datada

nh = n0h exp

(eΦ

kBTh

)(1.37)

dove

kBTh = Ke = mec2(γ − 1) = mec

2

(√1 + a2

0 − 1

)(1.38)

è l'energia cinetica degli elettroni relativistici.Verrà inoltre considerato un impulso laser che si propaga lungo l'asse z. L'e-quazione di Poisson per il potenziale generato dagli elettroni caldi, per z ≥ 0

è∂2Φ(z)

∂z2= 4πenh = 4πen0h exp

(eΦ(z)

kBTh

). (1.39)

Si può notare che per z → ∞ il potenziale diverge, per cui è opportunointrodurre un limite superiore d al range di integrazione per il quale valgaΦ(d) = 0. Dunque gli elettroni diondono da z = 0 a z = d. Ciò implica chenh(d) = n0h e nh(z > d) = 0. Se deniamo le quantità adimensionali

V =eΦ(z)

kBThζ =

z

λDα =

d

λD(1.40)

1.3 Accelerazione di ioni 11

con λ2D = kBTh/4πe

2n0h, l'equazione di Poisson (1.39) diventa

∂2V

∂ζ2= eV . (1.41)

Per risolvere l'equazione moltiplichiamo entrambi i membri per ∂V/∂ζ e in-tegriamo. Ricordando che Φ(d) = Φ′(d) = 0, ovvero V (α) = V ′(α) = 0, siottiene

1

2

(∂V

∂ζ

)2

= eV − 1 (1.42)

e quindi√

2

∫ ζ

α

dζ ′ =

∫ V

0

dx√ex − 1

(1.43)

Eettuando il cambio di variabile u = ex si ha

√2(ζ − α) = 2

∫ eV

1

d√u− 1

u(1.44)

e ponendo w =√u− 1 si ottiene inne

ζ − α√2

=

∫ √eV −1

0

dw

1 + w2= arctan

√eV − 1 (1.45)

la cui soluzione è

V = log

(1 + tan2

(ζ − α√

2

)). (1.46)

Tornando alle variabili originali si trova l'espressione per il potenziale

Φ(z) =kBThe

log

(1 + tan2

(d− zλD√

2

))(1.47)

e per il campo elettrico

E(z) = −Φ′(z) =kBTh

√2

eλD

(tan2

(d− zλD√

2

)). (1.48)

Ora possiamo nalmente calcolare l'energia cinetica massima acquistata dagliioni. Per ioni di carica Ze, inizialmente a riposo in z = 0, si trova

Emax = ZeΦ(0) = ZKe log

(1 + tan2

(d

λD√

2

)). (1.49)

1.3 Accelerazione di ioni 12

Per d = 2λD e a 1 si trova Ke ' a0mec2 e

Emax ' Za0mec2 log

(1 + tan2

√2). (1.50)

che in MeV corrisponde a

Emax(MeV) =Emax2mec2

' 2Za0 (1.51)

Emax è detta energia di cut-o ed è funzione dell'intensità I dell'impulsolaser. Ad esempio per intensità I ∼ 1021 W/cm2 e lunghezza d'onda λ ∼ µmdalla (1.33) si ottiene a0 ∼ 30 e dalla (1.50) si può stimare per i protoni(Z = 1) Emax ∼ 60MeV [6,pg.14-16],[7].

Gli ioni accelerati tramite il TNSA presentano uno spettro energetico espo-nenziale con uno spread angolare signicativo e ciò rappresenta la principaledicoltà, in quanto per la maggior parte delle applicazioni sono richiesti fa-sci di ioni monoenergetici. Per questo motivo è necessario implementare unsistema di trasporto basato sull'utilizzo di solenoidi o quadrupoli magneticiper collimare il fascio. Se indichiamo con N(E) il numero di protoni conenergia compresa nel range [0,E], lo spettro è dato da

dN

dE=N0

E0

e−E/E0 0 ≤ E ≤ Emax;dN

dE= 0 E > Emax (1.52)

dove E0 è l'energia media ed N0 il numero totale di protoni. E0 dipendedall'energia degli elettroni caldi e quindi dal parametro del laser a0:

E0 = Ke ' mec2a0 (1.53)

E0(MeV) =Ke

2mec2' a0

2(1.54)

Pertanto nel nostro modello unidimensionale si ha

EmaxE0

= 4. (1.55)

Utilizzando un modello più realistico, basato su simulazioni ed esperimenti,si trova Emax/E0 ' 7− 8. Supponiamo Emax = 60MeV ed E0 = 8MeV, conN0 = 1012. Il numero di protoni con energia compresa nel range [E, E+∆E]è

N([E,E + ∆E]) ' N0∆E

E0

e−E/E0 . (1.56)

1.3 Accelerazione di ioni 13

z F1

(a) Raggi paralleli.

z

(b) Raggi convergenti.

Figura 1.2: Rappresentazione schematica dell'utilizzo delle lenti per parallelizzare e focalizzare i raggi.

Quindi per E = 30MeV e ∆E = 1MeV, il numero di protoni eccede 108 edopo la post-accelerazione si riduce a 107, un valore non troppo elevato macomunque accettabile in vista di possibili applicazioni. Nel prossimo capito-lo verrà illustrato il processo di collimazione del fascio tramite l'applicazionedi un campo magnetico generato da un solenoide. Il principio di funziona-mento delle lenti magnetiche è analogo a quello che regola le traiettorie deiraggi luminosi nell'ambito dell'ottica geometrica: se il fascio passa nel fuocoanteriore della lente, i raggi uscenti sono paralleli all'asse ottico. Le situa-zioni di maggiore interesse per i fasci di protoni sono principalmente due, lacondizione di parallelismo per i raggi uscenti e quella di convergenza, comemostrato in gura (1.2).

Capitolo 2

Trasporto del fascio di protoni

Come già accennato in precedenza, lo spettro di energia degli ioni acceleratitramite il TNSA è esponenziale. L'esigenza di disporre di un fascio collimatoe monocromatico comporta la necessità di eettuare una selezione angolaree in energia dei raggi di ioni. A tale scopo può essere utilizzato un sistemacostituito da due collimatori e un solenoide, come illustrato in gura (2.1).Da questo momento in poi verranno considerati solo fasci di protoni, poiché

Impulso laser incidente su bersaglio solido

primo collimatore

secondo collimatore

Solenoide 1

Fascio protonico

D L D1

Figura 2.1: Sistema di collimazione del fascio di ioni. Il primo collimatore serve per ridurre la dispersione

angolare del fascio protonico appena prodotto. Segue un solenoide che focalizza ad una di-

stanza D1 i protoni aventi una determinata energia. Il secondo collimatore scherma gli altri

protoni.

sono principalmente gli ioni di idrogeno depositati sulla supercie del bersaglio,

14

2.1 Equazioni del moto 15

più leggeri, ad essere accelerati dalla separazione di carica.Prima di procedere con la descrizione del meccanismo di focalizzazione, verràesaminato il moto di una particella carica nel campo magnetico prodotto daun solenoide.

2.1 Equazioni del moto

Si consideri un solenoide di lunghezza L, il cui asse sia l'asse z del sistema diriferimento cartesiano. Sia inoltre B = B0ez il campo magnetico uniformeal suo interno. Naturalmente una particella carica in un campo magneticouniforme eettua una semplice rotazione. Le proprietà di focalizzazione delsolenoide sono determinate dalla presenza di un campo di bordo. A causa ditale campo, dovuto alle dimensioni nite del solenoide, è necessario ipotizzareche ci sia una componente non nulla del campo magnetico nella direzioneradiale, anchè sia soddisfatta la condizione divB = 0, che costituisce unadelle quattro equazioni di Maxwell.Utilizzando coordinate cilindriche

x = r cos (φ), y = r sin (φ), z (2.1)

assumendo che si abbia simmetria per rotazioni attorno all'asse z, ossia che

B = Br(r, z)er +Bz(z)ez (2.2)

e imponendo che il campo sia solenoidale (divB = 0), si trova

divB =1

r

∂r(rBr) +

1

r

∂Bφ

∂φ+∂Bz

∂z= 0. (2.3)

Se si suppone che la quantità rBr si annulli in r = 0 e si integra la (2.3), siottiene

rBr = −∫ r

0

r′B′z(z) Br = −r2B′z(z) (2.4)

dove B′z = ∂Bz

∂z.

Quindi la forza di Lorentz è data (in unità cgs) da

F =e

c(rer+rφeφ+zez)×(Brer+Bzez) =

e

c[rφBzer+(zBr−rBz)eφ−rφBrez]

(2.5)

2.1 Equazioni del moto 16

e le equazioni del moto assumono la forma

m(r − rφ2) =e

crφBz (2.6)

m

r

d

dt(r2φ) =

e

c(zBr − rBz) (2.7)

mz = −ecrφBr (2.8)

2.1.1 Formulazione lagrangiana

Il potenziale vettore è dato da

A =r

2Bzeφ. (2.9)

Infatti calcolandone il rotore si ottiene

rotA =1

r

er reφ ez∂r ∂φ ∂z0 rAφ 0

= −r2B′zer +Bzez = Brer +Bzez (2.10)

che è uguale alla (2.2). La lagrangiana del sistema può essere scritta nellaforma

L =m

2(r2 + r2φ2 + z2) +

e

cAφrφ (2.11)

e inserendovi l'espressione (2.9) per A diventa

L =m

2(r2 + r2φ2 + z2) +

e

2cr2φBz. (2.12)

Essendo la lagrangiana indipendente da φ, il momento coniugato pφ è unintegrale primo del moto e derivando la (2.12) rispetto a φ si ottiene la suaespressione

pφ = mr2φ+e

2cr2Bz. (2.13)

Se prima dell'ingresso nel solenoide la velocità trasversa del protone è nullavφ = rφ = 0, allora, essendo pφ conservato durante tutto il moto dellaparticella, risulta pφ = 0 e

φ = − e

2mcBz(z). (2.14)

Inserendo la (2.14) nell'equazione del moto radiale (2.6), si trova

mr −mr(eBz

2mc

)2

+e2B2

z

2mc2r = 0 (2.15)

2.1 Equazioni del moto 17

ossia

r +

(eBz

2mc

)2

r = 0 (2.16)

nella quale possiamo riconoscere l'equazione dell'oscillatore armonico nellacoordinata radiale. Poniamo Bz = B0f(z), dove f(z) = 0 fuori dal solenoide,f(z) = 1 dentro il solenoide e varia nella zona di transizione. Deniamoinoltre la frequenza di Larmor

ωL =eB0

2mc. (2.17)

Utilizzando queste notazioni, l'equazione (2.16) lungo la direzione radialeassume la forma

r + f 2(z)ω2Lr = 0. (2.18)

2.1.2 Eetto di fringe eld

Per osservare l'eetto del campo di bordo del solenoide sulla particella, èutile esprimere il campo magnetico in coordinate cartesiane

B = erBr + ezBz

= −(xrex +

y

rey

) r2B′z + ezBz

= −x2B′zex −

y

2B′zey +Bzez.

(2.19)

Di conseguenza la forza di Lorentz è data da

F =e

c

ex ey ezx y z

−xB′z/2 −yB′z/2 Bz

(2.20)

e le sue componenti sono

Fx =e

cyBz +

e

2cyzB′z

Fy = −ecxBz −

e

2cxzB′z

Fz =e

2cB′z(xy − yx).

(2.21)

Ponendo Bz = B0f(z) e utilizzando la (2.17) otteniamo inne

x = ωL(2f(z)y + f ′(z)yz)

y = −ωL(2f(z)x+ f ′(z)xz)

z = ωLf′(z)(xy − yx)

(2.22)

2.1 Equazioni del moto 18

dove i termini in rosso sono quelli dovuti all'eetto di fringe eld. Si notiche l'esistenza di un campo di bordo induce una dipendenza della forza dalladerivata del campo magnetico oltre che dal campo stesso.Il campo magnetico longitudinale generato da un solenoide ha un andamen-to del tipo descritto in gura (2.2) e la funzione più semplice in grado di

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

-5 0 5 10 15 20 25

f(z)

z(cm)

λ = 1λ = 0.5

λ = 0

Figura 2.2: Andamento del campo magnetico prodotto da un solenoide di lunghezza L = 20cm, normaliz-

zato a 1. La funzione (2.23) che lo descrive dipende da un parametro variabile λ. Nel limite di

sharp edge (λ→ 0) il prolo di campo tende ad assumere l'andamento della funzione gradino

(curva verde).

riprodurre analiticamente questo prolo di campo ha la forma

f(z) = H(z)−H(z − L) (2.23)

con

H(z) =1 + tanh ( z

2λ)

2=

1

1 + e−z/λ(2.24)

e

H ′(z) =1

1

cosh2 ( z2λ

)=

1

λ

e−z/λ

(1 + e−z/λ)2(2.25)

Il parametro λ misura l'estensione dell'intervallo di salita. Per λ → 0 lafunzione H tende ad assumere la forma della funzione gradino di Heaviside

Θ(z) =

0 per z < 0

1 per z > 0(2.26)

2.1 Equazioni del moto 19

e la sua derivata H ′ tende alla delta di Dirac: H ′(z)→ δ(z).Nella presente trattazione il moto della particella nel campo del solenoideverrà studiato nel limite in cui λ→ 0 (a tal proposito si rimanda alla sezione2.2) e la traiettoria della particella si mantiene sucientemente vicina all'assedel solenoide (condizione nota come approssimazione parassiale).

2.1.3 Equazioni del moto nel limite di approssimazione

parassiale

Cominciamo col restringere la nostra attenzione alle orbite di particelle chesi muovono vicino ad una traiettoria di riferimento individuata, nel nostrocaso, dall'asse z. Riferiamoci allo schema di gura (2.3). L'approssimazione

Figura 2.3: Traiettoria di un protone nel piano xz. Un moto analogo avviene nel piano yz.

parassiale consiste nel considerare |θx|, |θy| 1, ossia |x|, |y| |z|.Le equazioni del moto in forma cartesiana, secondo la (2.21) sono date da

mx =e

cyBz +

e

2cyzB′z

my = −ecxBz −

e

2cxzB′z

mz =e

2cB′z(xy − yx)

(2.27)

In approssimazione parassiale la componente della velocità lungo l'asse zviene considerata costante

z ' v0 (2.28)

2.1 Equazioni del moto 20

e quindi nell'ultima equazione il lato destro si pone uguale a zero (z = 0).Introduciamo l'ascissa curvilinea lungo l'orbita

s =

∫ t

0

vdt. (2.29)

Poiché

v = (x2 + y2 + z2)1/2 ' (x2 + y2 + v20)1/2 = v0

(1 +O

(x2 + y2

v20

))(2.30)

si has ' v0t = z. (2.31)

Dunque possiamo utilizzare la variabile z come variabile indipendente al postodel tempo; di conseguenza deniamo le nuove velocità adimensionali

x′ =dx

dz=

dx

v0dt=

x

v0

=1

β0

x

c

y′ =dy

dz=

dy

v0dt=

y

v0

=1

β0

y

c

(2.32)

dove β0 = v0/c. Notiamo inoltre che valgono le relazioni

x′ =pxpz' θx

y′ =pypz' θy

(2.33)

con pi(i = x, y, z) impulso della particella lungo l'asse i.Dividendo le equazioni del moto (2.27) per v2

0m e denendo la quantità

ΩL =eBz

2mc2= 0, 01597B0( Tesla)cm=1 Ω′L =

dΩL

dz=

eB′z2mc2

(2.34)

si ottiene

x′′ = 2ΩL

β0

y′ +Ω′Lβ0

y

y′′ = −2ΩL

β0

x′ − Ω′Lβ0

x.

(2.35)

A questo punto è utile introdurre la variabile complessa w = x− iy in mododa poter riscrivere le (2.35) nella forma più compatta

w′′ = 2ΩL

β0

iw′ + iΩ′Lβ0

w (2.36)

2.2 Mappe per il solenoide 21

e passare al sistema rotante denito da

w = wLeiΦ con Φ(s) =

∫ s

0

ΩL(s′)

β0

ds′. (2.37)

La derivata prima è

w′ = w′LeiΦ + i

ΩL

β0

wLeiΦ (2.38)

e la derivata seconda

w′′ = w′′LeiΦ + 2i

ΩL

β0

w′LeiΦ + i

Ω′Lβ0

wLeiΦ − Ω2

L

β20

wLeiΦ. (2.39)

Inserendo le (2.37), (2.38), (2.39) nella (2.36) e dividendo per eiΦ, le equazionidel moto diventano

w′′L + 2iΩL

β0

w′L + iΩ′Lβ0

wL −Ω2L

β20

wL = 2iΩL

β0

w′L − 2Ω2L

β20

wL + iΩ′Lβ0

wL (2.40)

ed inne semplicando

w′′L +Ω2L

β20

wL = 0. (2.41)

Il procedimento appena sviluppato per ricavare la (2.41) non è l'unico possi-bile. In appendice B è riportata una derivazione alternativa; si tratta di unasemplice variante basata su una diversa denizione della variabile s: s = ct.Un modo completamente diverso di arontare il problema della propagazionedei raggi in approssimazione parassiale consiste invece nello sviluppare unaformulazione hamiltoniana a partire dal principio di Maupertuis[8],[9].

2.2 Mappe per il solenoide

2.2.1 Mappa con focalizzazione e rotazione di Larmor

Scriviamo dunque la mappa per il solenoide nel limite in cui λ → 0, ossia ilcampo Bz = B0f(z) è considerato nel limite in cui

f(z) = Θ(z)−Θ(z − L) (2.42)

con Θ(z) denita dalla (2.26). L'eetto di focheggiamento resta comunqueperché

B′z = B0(δ(z)− δ(z − L)) (2.43)

2.2 Mappe per il solenoide 22

non è nullo ma ha un carattere impulsivo. Ricordiamo che

x′ =x

v0

=βxβz

=pxpz

y′ =y

v0

=βyβz

=pypz

(2.44)

dove l'uguaglianza con il rapporto tra i momenti è vera anche nel casorelativistico.

Mappa dentro il solenoide

La mappa tra s = 0 e s = L, ossia all'interno del solenoide, è data da

w(s) = eiΦ(s)wL(s) (2.45)

dove il termine esponenziale descrive l'eetto della rotazione, mentre wL(s)

tiene conto del focheggiamento e soddisfa l'equazione (2.41)

w′′L + kwL = 0 (2.46)

con

k =

(ΩL

β0

)2

=

(eB0

2mcv0

)2

e α ≡ Φ(s) =ΩL

β0

s =√ks (2.47)

La soluzione dell'equazione per 0 < s < L dà[wL(s)

w′L(s)

]= F

[wL(0)

w′L(0)

]F =

[cosα k−1/2 sinα

−k1/2 sinα cosα

](2.48)

e tornando alle coordinate reali si haxL(s)

x′L(s)

yL(s)

y′L(s)

=

[F 0

0 F

]x(0)

x′(0)

y(0)

y′(0)

(2.49)

A questo punto consideriamo l'eetto della rotazione, osservando che

w(s) = wL(s)eiα w′(s) = w′L(s)eiΦ + i√kwL(s)eiΦ. (2.50)

Introducendo la matrice di rotazione

R =

[cos Φ(s) sin Φ(s)

− sin Φ(s) cos Φ(s)

](2.51)

2.2 Mappe per il solenoide 23

possiamo riesprimere i risultati in forma reale nel modo seguente[x(s)

y(s)

]= R

[xL(s)

yL(s)

](2.52)

e per le derivate si trova[x′(s)

y′(s)

]= R

[x′L(s)

y′L(s)

]+ k1/2R

[yL(s)

−xL(s)

]. (2.53)

Si noti che, a dierenza di quanto avviene per la focalizzazione, la rotazionemescola tra loro le componenti x e y. Denendo C = cos Φ(s) e S = sin Φ(s),la forma nale della mappa può essere rappresentata nel seguente modo

x(s)

x′(s)

y(s)

y′(s)

=

C 0 S 0

−k1/2S C k1/2C S

−S 0 C 0

−k1/2C −S −k1/2S C

xL(s)

x′L(s)

yL(s)

y′L(s)

(2.54)

con xL(s)

x′L(s)

yL(s)

y′L(s)

=

C k−1/2S 0 0

−k1/2S C 0 0

0 0 C k−1/2S

0 0 −k1/2S C

x(0)

x′(0)

y(0)

y′(0)

. (2.55)

Mappa all'uscita dal solenoide

In questo caso dobbiamo tener conto che per s ≥ L la fase è data da

α ≡ Φ(s) =√kL (2.56)

e quindi è costante. Calcoliamo la mappa in s = L + ε con ε → 0. Larelazione (2.37) che descrive la rotazione di Larmor diviene

w(s) = wL(s)eiα (2.57)

e dunquew′(s) = w′L(s)eiα. (2.58)

Ciò signica che, essendo il termine esponenziale una semplice costante nu-merica, in s = L+ 0 la velocità è soggetta ad una pura rotazione nel passag-gio dal sistema di Larmor a quello sso. Possiamo interpretare la situazione

2.2 Mappe per il solenoide 24

come segue: nel passaggio da s = 0− a s = 0+ compare il contributo dovu-to alla δ nella derivata prima del campo; nel passaggio da s = L − 0 as = L+ 0 questo contributo scompare perché la derivata del campo fornisceun contributo impulsivo di segno opposto. In denitiva la mappa diventa

xL(L+ 0)

x′L(L+ 0)

yL(L+ 0)

y′L(L+ 0)

=

[F 0

0 F

]x(0)

x′(0)

y(0)

y′(0)

(2.59)

ed il passaggio al sistema sso conduce alla seguente equazione matricialex(L+ 0)

y(L+ 0)

x′(L+ 0)

y′(L+ 0)

=

[R 0

0 R

]xL(L+ 0)

yL(L+ 0)

x′L(L+ 0)

y′L(L+ 0)

. (2.60)

Introducendo la matrice J di permutazione

J =

1 0 0 0

0 0 1 0

0 1 0 0

0 0 0 1

(2.61)

tale che J2 = I si ha x

y

x′

y′

= J

x

x′

y

y′

(2.62)

e il risultato nale può essere espresso nel modo seguentex(L+ 0)

x′(L+ 0)

y(L+ 0)

y′(L+ 0)

= J

[R 0

0 R

]J

[F 0

0 F

]x(0)

x′(0)

y(0)

y′(0)

(2.63)

che, scritto in modo esteso, assume la formax(L)

x′(L)

y(L)

y′(L)

=

C 0 S 0

0 C 0 S

−S 0 C 0

0 −S 0 C

C k−1/2S 0 0

−k1/2S C 0 0

0 0 C k−1/2S

0 0 −k1/2S C

x(0)

x′(0)

y(0)

y′(0)

.(2.64)

2.2 Mappe per il solenoide 25

2.2.2 Mappa con kick

In questa sezione verrà considerato sempre il solenoide nel limite di sharpedge (che corrisponde a λ→ 0) e verrà illustrata una derivazione alternativache evita il passaggio al sistema rotante con la frequenza di Larmor. Nellimite in cui l'andamento del campo magnetico tende a quello della funzionegradino, posto s = z, la (2.34) assume la forma

ΩL(s) =eB0

2mc2[Θ(s)−Θ(s− L)] Ω′L(s) =

eB0

2mc2[δ(s)− δ(s− L)]. (2.65)

In questo caso, poniamo per comodità

ΩL0 =eB0

2mc2. (2.66)

Le equazioni da risolvere, a partire dalla (2.35), sono

x′′ = 2ΩL0

β0

y′[Θ(s)−Θ(s− L)] +ΩL0

β0

y[δ(s)− δ(s− L)]

y′′ = −2ΩL0

β0

x′[Θ(s)−Θ(s− L)]− ΩL0

β0

x[δ(s)− δ(s− L)]

(2.67)

La presenza della δ impone un salto nelle derivate prime. Infatti, integrandosu s in [−ε, ε] e mandando ε a zero, si trova che il primo termine sul latodestro non produce discontinuità in x′, y′, mentre il secondo, ove comparela δ, causa un salto in x′, y′. Dunque le soluzioni delle equazioni sono leseguenti[

x′(0+)

y′(0+)

]=

[x′(0−) + ΩL

β0y(0+)

y′(0−)− ΩL

β0x(0+)

] [x(0+)

y(0+)

]=

[x(0−)

y(0−)

](2.68)

Le coordinate x(s) e y(s) sono continue in s = 0 e possiamo indicare conx(0) e y(0) il loro valore.La propagazione in 0 < s < L avviene in un campo magnetico costante,poiché dalla (2.65) notiamo che Ω′L(s) = 0. Ricordiamo che eettuando ilcambio di variabili alla variabile complessa w = x−iy e ponendo r = xex+yeysi ottiene la (2.36), che nel caso presente diviene

w′′ = iΩw′ con Ω =2ΩL0

β0

=eB0

mc2β0

. (2.69)

La soluzione è data da

w = w(0) +w′(0)

(eiΩs−1

)(2.70)

2.3 Lenti magnetiche 26

e quindi, tornando alle variabili reali

r(s) = r(0) + (R(Ωs)− I)ez ×v(0)

v0Ω(2.71)

che può essere equivalentemente espressa in forma matriciale[x(s)

y(s)

]=

[x(0+)

y(0+)

]+

1

Ω

[cos (Ωs)− 1 sin (Ωs)

− sin (Ωs) cos (Ωs)− 1

] [−y′(0)

x′(0)

](2.72)

mentre per le derivate prime si trova[x′(s)

y′(s)

]=

[cos (Ωs) sin (Ωs)

− sin (Ωs) cos (Ωs)

] [x′(0+)

y′(0+)

]. (2.73)

Al termine del solenoide, in s = L, si ha di nuovo il contributo della δ ed ilsalto nella derivata prima. Scriveremo quindi la mappa seguente[

x′(L+ 0)

y′(L+ 0)

]=

[x′(L− 0)− ΩL

β0y(L− 0)

y′(L− 0) + ΩL

β0x(L− 0)

] [x(L+ 0)

y(L+ 0)

]=

[x(L− 0)

y(L− 0)

].

(2.74)Inne, all'uscita dal solenoide (s > L) la particella si propaga liberamente,per cui le velocità restano costanti[

x′(s)

y′(s)

]=

[x′(L+ 0)

y′(L+ 0)

](2.75)

e le coordinate x e y sono espresse dalle equazioni[x(s)

y(s)

]=

[x(L) + (s− L)x′(L+ 0)

y(L) + (s− L)y′(L+ 0)

]. (2.76)

2.3 Lenti magnetiche

Come già accennato, le situazioni di maggiore interesse sono la condizione diparallelismo per i raggi uscenti dal solenoide e la condizione di focalizzazioneche, come in ottica, può essere realizzata con lenti sottili oppure con lentispesse. Esaminiamo separatamente i tre casi.

2.3 Lenti magnetiche 27

2.3.1 Condizione di parallelismo

Supponiamo che la particella carica, in seguito al processo di accelerazione,si propaghi in un drift di lunghezza D prima di entrare nel solenoide. Siano,quindi, x(0) = y(0) = 0 e x′(0) = x′0, y

′(0) = y′0 le condizioni iniziali. Laforma della mappa all'uscita dal solenoide (2.64) ci dice che, se il termineche focalizza annulla x′, questo avviene anche per y′ e la successiva rotazionenel piano delle velocità non cambia il risultato. Dunque per ottenere lacondizione di parallelismo basta prendere in considerazione il moto nel pianoxz. Al termine del drift iniziale, in z = D, si ha[

x(D)

x′(D)

]=

[1 D

0 1

] [0

x′0

]=

[Dx′0x′0

](2.77)

e dopo aver attraversato il solenoide di lunghezza L si trova[x(D + L+ 0)

x′(D + L+ 0)

]=

[cosα k−1/2 sinα

−k1/2 sinα cosα

] [Dx′0x′0

](2.78)

da cui si ricava

x′(D + L+ 0) = (−k1/2D sinα + cosα)x′(0) α =√kL. (2.79)

Dunque la condizione di parallelismo x′(D+L+ 0) = y′(D+L+ 0) = 0 peri raggi uscenti dal solenoide è data da

Dk1/2 tan (k1/2L) = 1. (2.80)

Poiché i raggi diventano paralleli dopo aver attraversato il solenoide, in questocaso D è la distanza focale del solenoide.

2.3.2 Focalizzazione con lente sottile

La condizione per un nuovo fuoco si ottiene applicando di nuovo la propa-gazione all'uscita del solenoide ed imponendo che x si annulli. L'approssi-mazione di lente sottile consiste nel considerare un solenoide molto cortoe caratterizzato da un campo magnetico estremamente intenso. Poniamociquindi nel limite in cui L → 0 e k → ∞ in modo che il prodotto Lk resticostante. Dunque

√kL→ 0 e, denito f = 1/(kL), la (2.78) diviene[

x(D + 0)

x′(D + 0)

]=

[1 0

−1/f 1

] [D

1

]x′0 =

[D

1−D/f

]x′0 (2.81)

2.3 Lenti magnetiche 28

dove la distanza focale è data da

f =1

kL=

β2o

Ω2LL

=β2

0

4Ω2L. (2.82)

Si consideri ora la propagazione del fascio dopo la lente; a distanza D1 dallamedesima si trova[

x(D +D1)

x′(D +D1)

]=

[1 D1

0 1

] [D

1−D/f

]x′0 =

[D +D1 −D1D/f

1−D/f

]x′0. (2.83)

Si ha un nuovo punto focale dove è soddisfatta la condizione x(D +D1) = 0

e quindi1

D+

1

D1

− 1

f= 0 (2.84)

che è proprio l'equazione della lente sottile che si ha in ottica geometrica.Chiaramente la lente sarà convergente se D > f ; in tal caso i raggi verrannofocalizzati nel punto

D1 =

(1

f− 1

D

)−1

. (2.85)

Se, invece, D < f i raggi divergono in quanto D1 < 0; ciò signica che ilfuoco si trova a sinistra della lente e l'immagine prodotta è virtuale.

2.3.3 Focalizzazione con lente spessa

Si consideri un sistema costituito da un fascio puntiforme che nasce in z = 0

e che si propaga in un drift lungo D prima di attraversare un solenoide dilunghezza L, con campo B0 e sharp edge. Si supponga che all'uscita delsolenoide il fascio si propaghi in un secondo drift di lunghezza D1 al terminedel quale si focalizza per un'energia denita E0. Nel punto di focalizzazionez = D + L + D1 viene posizionato un collimatore con apertura di raggio r,come in gura (2.1). Vogliamo determinare le dimensioni trasverse del fascioin funzione della divergenza iniziale, ossia delle velocità x′0, y

′0, in modo da

stabilire se vi siano altre energie alle quali avviene la focalizzazione. Allane del primo drift, le equazioni per la coordinata x e la velocità x′ dellaparticella sono [

x(D)

x′(D)

]=

[1 D

0 1

] [0

x′0

]=

[D

1

]x′0. (2.86)

2.3 Lenti magnetiche 29

La focalizzazione con la matrice F , denita nella (2.48), porta a[x(D + L)

x′(D + L)

]=

[cosα k−1/2 sinα

−k1/2 sinα cosα

] [D

1

]x′0 =

= x′0

[D cosα + k−1/2 sinα

−k1/2D sinα + cosα

] (2.87)

dove α =√kL. Un risultato analogo si ha nel piano yy′, dove l'unica dif-

ferenza è che nel lato destro x′0 è sostituito da y′0. A questo punto si eettuala rotazione (2.52) nel piano xy[

x(D + L)

y(D + L)

]=

[cosα sinα

− sinα cosα

] [x(D + L)

y(D + L)

]=

= (D cosα + k−1/2 sinα)

[x′0 cosα + y′0 sinα

−x′0 sinα + y′0 cosα

] (2.88)

e la (2.53) nel piano x′y′[x′(D + L)

y′(D + L)

]= (−k1/2D sinα + cosα)

[x′0 cosα + y′0 sinα

−x′0 sinα + y′0 cosα

]. (2.89)

Applicando di nuovo le equazioni per la propagazione libera, dopo il secondodrift si ha quindi[x(D + L+D1)

x′(D + L+D1)

]=

[1 D1

0 1

] [D cosα + k−1/2 sinα

−k1/2D sinα + cosα

](x′0 cosα + y′0 sinα) =

= (x′0 cosα + y′0 sinα)

[A

−k1/2D sinα + cosα

](2.90)

e analogamente nel piano yy′ troviamo[y(D + L+D1)

y′(D + L+D1)

]= (−x′0 sinα + y′0 cosα)

[A

−k1/2D sinα + cosα

](2.91)

dove

A = D cosα + k−1/2 sinα−DD1k1/2 sinα +D1 cosα. (2.92)

Ne consegue che la condizione di focalizzazione x(D+L+D1) = y(D+L+

D1) = 0 diventa A = 0, ossia

D cosα + k−1/2 sinα−DD1k1/2 sinα +D1 cosα = 0 (2.93)

2.3 Lenti magnetiche 30

da cui si ricava il valore di D1 che determina la convergenza dei raggi

D1foc =D cosα + k−1/2 sinα

Dk1/2 sinα− cosα. (2.94)

Come si può notare facilmente dalla (2.94), il punto di focalizzazione dipendeda k ∝ 1

β20∝ 1

E0; pertanto particelle con energia dierente convergeranno in

punti diversi lungo l'asse z. La focalizzazione può quindi essere sfruttata pereettuare una selezione in energia ed ottenere inne un fascio monocromaticoo quasi. Infatti, se deniamo genericamente la quantità A secondo la (2.92),possiamo esprimere in sua funzione le coordinate x e y nel punto z = D +

L+D1

x(D+L+D1) = A(x′0 cosα+y′0 sinα) y(D+L+D1) = A(−x′0 sinα+y′0 cosα)

(2.95)da cui segue che√

x2(D + L+D1) + y2(D + L+D1) = |A|√x′20 + y′20 . (2.96)

Pertanto in un collimatore di raggio r passano solo le particelle per le quali

Impulso laser incidente su bersaglio solido

primo collimatore

secondo collimatore

Solenoide 1

Fascio protonico

D L D1

Solenoide 2

D L1

Figura 2.4: Sistema di collimazione e monocromatizzazione del fascio di ioni. Il primo collimatore serve per

ridurre la dispersione angolare del fascio appena prodotto. Segue un solenoide che focalizza ad

una distanzaD1 i protoni aventi una determinata energia E0, in rosso. Un secondo collimatore,

di raggio r scherma i protoni con A ≥ r(x′2

0 +y′20 )1/2

. Inne il solenoide 2 ha lunghezza tale da

produrre un fascio di raggi paralleli con energia E0.

2.3 Lenti magnetiche 31

è soddisfatta la disuguaglianza

|A| ≤ r

(x′20 + y′20 )1/2. (2.97)

Inoltre i raggi uscenti hanno una piccola divergenza, pertanto il fascio risultaanche collimato. Se si vuole eliminare completamente lo spread, si può farpassare il fascio attraverso un secondo solenoide, posizionato in modo taleche il suo fuoco cada nel punto zfoc = D + L + D1foc così da generare unfascio di raggi paralleli (vedi gura (2.4)).In realtà il fascio uscente dal collimatore non è perfettamente monocromaticoin quanto l'equazione (2.93), nell'incognita k, non ha una soluzione univocaper un valore ssato di D1. Ciò implica che nel punto zfoc non convergerannosolamente i raggi con energia E0. Se, ad esempio, E0 = 30MeV, si trova chevengono focalizzate nello stesso punto anche le particelle con E = 1,9MeV edE = 5MeV. L'impiego di un secondo solenoide di lunghezza tale che soddisla condizione di parallelismo (2.80) per i raggi con energia E0 permette diottenere un fascio monoenergetico (in quanto i raggi con energia E 6= E0 nonusciranno paralleli) oltre che collimato. Tuttavia ciò rende la realizzazionedel dispositivo molto più complessa e costosa. Una soluzione alternativaconsiste nell'utilizzo di un dipolo o più semplicemente di fogli che assorbanola componente di bassa energia.

Capitolo 3

Risultati numerici per protoni da

30MeV

L'implementazione di un sistema di trasporto in conformità a quanto descrit-to nel capitolo precedente è indispensabile per l'utilizzo del fascio protonico.La prospettiva più vicina è l'impiego dell'accelerazione laser per il tratta-mento delle malattie tumorali. L'adroterapia, basata sul bombardamentodelle cellule tumorali tramite protoni e ioni di carbonio, è attualmente unadelle tecniche più ecaci, in quanto la perdita di energia dell'adrone nell'in-terazione con la materia aumenta con il diminuire della sua energia cinetica,consentendo di evitare l'eccessivo danneggiamento dei tessuti sani vicino altumore. Il range dei protoni dipende dall'energia. Tumori superciali comequelli del fondo dell'occhio (la cui profondità è di circa 3 cm) richiedono ener-gie di 60MeV. Tuttavia, essendo lo spettro di energia dei protoni acceleratidi tipo esponenziale, l'intensità del fascio a energie così elevate, molto vicineal cuto nelle congurazioni realizzabili sperimentalmente al giorno d'oggi, ètroppo bassa per qualsiasi possibile applicazione. Pertanto un buon compro-messo tra elevata energia dei protoni accelerati ed elevata intensità del fascioconsiste nel selezionare i raggi da 30MeV ed eettuare successivamente unapost-accelerazione iniettandoli in un linac. Le dimensioni e il costo dell'ac-celeratore decrescono all'aumentare dell'energia di iniezione delle particellecariche. In questo capitolo verranno illustrati i risultati di simulazioni nu-meriche, implementate allo scopo di studiare il trasporto dei raggi da 30MeV.Il problema della post-accelerazione non verrà arontato in questa sede e sirimanda a [10].Si consideri un sistema come quello di gura (2.1), con drift iniziale D = 2 cm

32

33

e lunghezza del solenoide L = 30 cm. Sia inoltre B0 = 10T il campo ma-gnetico, nel limite di sharp edge. Per una particella relativistica di massa mvale la relazione

E = mc2

[√( p

mc

)2

+ 1− 1

](3.1)

dove E è l'energia cinetica della particella e p il suo impulso. Ne consegueche l'impulso normalizzato p può essere espresso nella forma

p =p

mc=

√2E

mc2

(1 +

E

2mc2

)1/2

(3.2)

e per un protone da 30MeV si ha E/4mc2 ∼ 0,01; pertanto la (3.2) puòessere approssimata con la formula classica

p =p

mc=

√2E

mc2∼ 0,252 9 (3.3)

e corrisponde alla quantità

p =γv

c= γβ ' β. (3.4)

Per protoni con impulso iniziale p0 = 0,252 9 e impulso trasverso p0x = p0y =

0,005 si ha un impulso longitudinale p0z =√p2

0 − p20x − p2

0y ' 0,252 8, che

dierisce per meno dello 0,1% da p0. Il punto di focalizzazione dipende dal-l'energia iniziale della particella; tuttavia, essendo in approssimazione paras-siale, la dipendenza dall'impulso trasverso è trascurabile e il punto di foca-lizzazione è dato dalla (2.94), con k = eB0

2mcv0. Pertanto particelle con stesso

p0z vengono focalizzate nello stesso punto, come mostrato in gura (3.1a);mentre particelle con stesso impulso trasverso ma diverso p0z vengono foca-lizzate in punti diversi lungo l'asse z (vedi gura (3.1b)). In gura (3.2) sonoinvece tracciate le traiettorie dei raggi da 30MeV che escono dal solenoideparallelamente all'asse z. Chiaramente per ottenere tale risultato è necessariomodicare la lunghezza del solenoide in modo tale che soddis la condizione(2.80), ossia

L =1√k

arctan

(1

D√k

)(3.5)

dalla quale si ricava L = 22,86 cm. In tal caso la sorgente si trova sul fuocodel solenoide. Il graco mostra anche l'andamento delle velocità normaliz-zate x′ e y′ in funzione di z e si può notare come si annullino all'uscita del

34

-0.6

-0.4

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

x,y(

cm)

z(cm)

x1y1x2y2x3y3

(a) La gura mostra le traiettorie nei piani xz e yz di tre particelle con diverso

impulso trasverso iniziale e stesso impulso longitudinale p0z = 0,252 8 che

si propagano in un drift di lunghezza D = 2 cm e vengono focalizzate da un

solenoide di lunghezza L = 30 cm e campo magnetico B0 = 10T. Gli impulsi

trasversi sono dati rispettivamente da p0x = −p0y = 0,005 (linea blu), p0x =

−p0y = 0,003 (linea rossa) e p0x = −p0y = 0,007 (linea verde).

-0.4

-0.3

-0.2

-0.1

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

x,y(

cm)

z(cm)

x1y1x2y2x3y3

(b) La gura mostra le traiettorie nei piani xz e yz di tre particelle aventi stesso

impulso trasverso p0x = −p0y = 0,005 ed energia cinetica rispettivamente

di 29MeV (linea rossa), 30MeV (linea blu) e 31MeV (linea verde), che si

propagano in un drift di lunghezza D = 2 cm e vengono focalizzate da un

solenoide di lunghezza L = 30 cm e campo magnetico B0 = 10T.

Figura 3.1: Traiettorie nei piani xz e yz

3.1 Sistema di trasporto per i protoni da 30 MeV 35

solenoide. Un sistema siatto permette di selezionare i protoni da 30MeV,tuttavia il fascio prodotto ha una dimensione trasversa troppo elevata perpoter essere iniettato in un linac (vedi sezione 3.3); pertanto è più ecienteun solenoide che renda i raggi convergenti.

-0.3

-0.2

-0.1

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

x,y,

x’,y

’(cm

)

z(cm)

xyx’y’

Figura 3.2: Il graco mostra le traiettorie x e y in funzione di z e le rispettive velocità normalizzate x′ e y′

per raggi di protoni da 30MeV che passano attraverso un solenoide di lunghezza L = 22,86 cm

e campo magnetico B0 = 10T

3.1 Sistema di trasporto per i protoni da 30

MeV

Il sistema di trasporto pensato per selezionare e collimare i raggi di protoni èdel tipo mostrato in gura (2.1). Come già aermato, la dispersione angolaredel fascio può essere piuttosto elevata. Per ridurre lo spread, viene utilizzatoun primo collimatore circolare, che seleziona solo le particelle con impul-so trasverso molto piccolo, in modo che valga l'approssimazione parassiale.Tipicamente

θ0 = (θ20x + θ2

0y)1/2 . 50mrad (3.6)

e quindi, in base alla (2.33), x′0,max = y′0,max ∼ 0,05 e p0x,max ∼ p0zx′0,max,

p0y,max ∼ p0zy′0,max. Dunque il raggio di apertura del collimatore è dato da

r =√

(x2 + y2)max = z√

(x′20 + y′20 )max = zθ0,max (3.7)

3.1 Sistema di trasporto per i protoni da 30 MeV 36

per cui, se il collimatore è posizionato nel punto di coordinata z = D/2 =

1 cm, deve avere un raggio di 0,5mm. Per energie inferiori a 0,5MeV lospread iniziale può raggiungere i 400mrad, ma per energie più elevate nonsupera i 100mrad, pertanto l'intensità del fascio non subisce una riduzionesignicativa in seguito alla selezione angolare. I protoni che riescono adattraversare l'apertura del collimatore, continuano a propagarsi liberamenteno al punto di coordinata z = D, dove iniziano a muoversi all'interno delcampo magnetico generato dal solenoide. Se si suppone che il campo ma-gnetico sia nel limite di sharp edge, l'eetto che la particella carica subisceal suo interno consiste in una focalizzazione in entrambi i piani delle fasi xx′

e yy′, seguita da una rotazione nei piani xy e x′y′. La mappa all'uscita dalsolenoide, in un punto z > D+L, è già stata ricavata nel paragrafo 2.3.3 edè data da

x(z) = AX (3.8)

x′(z) = BX (3.9)

y(z) = AY (3.10)

y′(z) = BY (3.11)

con A denito dalla (2.92): A = (D cosα + k−1/2 sinα − DD1k1/2 sinα +

D1 cosα); B = (−k1/2D sinα + cosα); X = (x′0 cosα + y′0 sinα); Y =

(−x′0 sinα + y′0 cosα). Imponendo A = 0 si trova la condizione di focaliz-zazione, da cui deriva la (2.94):

D1foc =D cosα + k−1/2 sinα

Dk1/2 sinα− cosα.

Se D = 2 cm, L = 30 cm e B0 = 10T, protoni con impulso longitudinalepz0 = 0,252 8 vengono focalizzati ad una distanza D1foc = 32,7 cm dall'uscitadel solenoide. In gura (3.3) sono riportate le loro traiettorie nei piani xz e yze le rispettive velocità normalizzate x′ e y′. Come si può notare dal graco, ilfascio uscente dal solenoide possiede ancora una piccola divergenza angolare,dell'ordine di 10mrad. Lo spread può essere ridotto a zero utilizzando un di-spositivo del tipo illustrato in gura (2.4). L'impiego di un secondo solenoidedi lunghezza opportuna permette di annullare le velocità x′ e y′ dei protoni,generando dei raggi paralleli all'asse z (gura (3.4)). Se il solenoide vieneposizionato ad una distanza D = 2 cm dal punto di focalizzazione, secondola (3.5), deve avere una lunghezza L1 = 22,86 cm.

3.1 Sistema di trasporto per i protoni da 30 MeV 37

-0.4

-0.3

-0.2

-0.1

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0 20 40 60 80 100

x,y,

x’,y

’(cm

)

z(cm)

xyx’y’

Figura 3.3: Il graco mostra le traiettorie e le velocità delle particelle da 30MeV attraverso un sistema

costituito da due collimatori e un solenoide (area tratteggiata) di lunghezza L = 30 cm e

campo magnetico B0 = 10T.

-0.4

-0.3

-0.2

-0.1

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0 20 40 60 80 100

x,y,

x’,y

’(cm

)

z(cm)

xyx’y’

Figura 3.4: Il graco mostra le traiettorie e le velocità delle particelle da 30MeV che vengono focalizzate

da un solenoide nel fuoco di un secondo solenoide, entrambi con campo magnetico B0 = 10T.

3.2 Selezione in energia 38

3.2 Selezione in energia

Chiaramente il collimatore posizionato in z = D/2 eettua solo una selezioneangolare dei protoni, impedendo che si propaghino particelle con un ecces-sivo momento trasverso; ma ciò non rende il fascio monoenergetico. Perselezionare i raggi da 30MeV viene posto un secondo collimatore nel puntodi coordinata zfoc = D+L+D1foc = 64,7 cm. Se il collimatore ha un'apertu-ra di raggio r = 0,5mm, le simulazioni numeriche mostrano che circa il 50%

delle particelle da 29 e 31 MeV riesce a superare la selezione; se ci si discostadall'energia di riferimento di una quantità ∆E = 2MeV, la percentuale diprotoni selezionati scende al di sotto del 15%. Dunque il campo magneticofocalizzante e il successivo collimatore consentono di ottenere un fascio mo-noenergetico, con uno spread inferiore al 4%1, che può essere ulteriormenteridotto variando l'ampiezza del collimatore o applicando un ltro per i piccoliangoli(gura (3.5)).

-0.4

-0.3

-0.2

-0.1

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0 20 40 60 80 100

x,y(

cm)

z(cm)

x1y1x2y2x3y3x4y4

Figura 3.5: Traiettorie di particelle da 30, 29, 37 e 25 MeV attraverso il sistema di due solenoidi. Come

si può notare, anche i protoni da 29MeV(linea gialla) riescono ad attraversare l'apertura del

collimatore (di raggio r = 0,5mm).

1La distribuzione di energia è piccata attorno al valore centrale 〈E〉 = 30MeV e lo

spread ∆E può essere stimato calcolando la dierenza tra 〈E〉 e il valore dell'energia a

metà altezza, ossia ∆E = |〈E〉 − E(ρ = 0, 5)| = 1MeV. In alternativa si può valutare la

varianza: ∆E = 〈(E − 〈E〉)2〉1/2 = 1,8MeV.

3.2 Selezione in energia 39

In realtà la situazione è resa più complessa dal fatto che la (2.94)

D1foc =D cosα + k−1/2 sinα

Dk1/2 sinα− cosα

nell'incognita k, non ha una soluzione univoca; pertanto nel punto zfoc =

64,7 cm non vengono focalizzati solo i raggi da 30MeV. La gura (3.7) mostrala presenza di altri due picchi rispettivamente a 1,9MeV e a 5MeV. Tut-tavia la distanza energetica dai 30MeV è sucientemente elevata da renderlifacilmente rimovibili. Le basse energie possono essere ltrate utilizzando unsecondo solenoide (gura (3.6)) oppure un assorbitore.

-0.4

-0.3

-0.2

-0.1

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0 20 40 60 80 100

x,y(

cm)

z(cm)

x1y1x2y2x3y3

Figura 3.6: Traiettorie di particelle da 30MeV(in verde), 5,1MeV(viola) e 1,91MeV(blu).

3.2.1 Distribuzione dei protoni prima e dopo la selezione

Prima di attraversare il secondo collimatore, il fascio ha una distribuzione dienergia esponenziale e una distribuzione angolare uniforme. Indicando conρ(E, θ0) la distribuzione totale, si ha

dN

dEdθ0

= N0ρ(E, θ0) (3.12)

con ∫ Emax

Emin

dE

∫ θ0,max

θ0,min

dθ0ρ(E, θ0) = 1 (3.13)

3.3 Parametri caratteristici della distribuzione di carica 40

dove N0 è il numero totale di particelle o meglio di quelle che hanno superatola selezione attraverso il primo collimatore. Per semplicità si assuma che ladistribuzione sia fattorizzabile in

ρ(E, θ0) = ρE(E)ρθ0(θ0) (3.14)

con

ρE(E) =1

E0

e−E/E0

e−Emin/E0 − e−Emax/E0

H[Emin,Emax](E) (3.15)

e

ρθ0(θ0) =1

θ0,max − θ0,min

H[θ0,min,θ0,max](θ0) (3.16)

dove H[a,b](x) = 1 se x ∈ [a, b] e H[a,b](x) = 0 se x /∈ [a, b].Se Emin E0 e Emax E0 lo spettro energetico assume la forma

ρE(E) =1

E0

e−E/E0 (3.17)

ed E0 = 〈E〉 è il valor medio della distribuzione. Per un fascio di protonidistribuiti esponenzialmente tra 0 e 60MeV l'energia media è compresa trai 7 e gli 8MeV. In generale l'energia media dipende dalla temperatura deglielettroni e vale la relazione

Emax〈E〉

∼ 7− 8 (3.18)

Lo spettro energetico all'uscita dal secondo collimatore è dato da

ρf (E) =

∫ θ0,max

θ0,min

dθ0Θ(r − Aθ0)ρE(E) = g(E)ρE(E) (3.19)

In gura (3.7) è gracata la funzione g(E) = ρf (E)/ρE(E) per due diversivalori dell'angolo minimo. Si osservi che all'aumentare di θ0,min diminuiscela larghezza dei picchi. Ciò rispecchia il fatto che le particelle con divergenzaangolare prossima a zero riescono a superare la selezione indipendentementedalla loro energia.

3.3 Parametri caratteristici della distribuzione

di carica

3.3.1 Sezione trasversa

Finora è stata considerata la propagazione di una singola particella. Tut-tavia bisogna tener presente che la particella non è isolata, ma è collocata

3.3 Parametri caratteristici della distribuzione di carica 41

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

0 10 20 30 40 50 60

ρ (E

)

E(MeV)

(a) Distribuzione con θ0,min = 0,001.

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

0 10 20 30 40 50 60

ρ (E

)

E(MeV)

(b) Distribuzione con θ0,min = 0,01.

Figura 3.7: Il graco mostra la frazione di particelle che, ad una data energia, hanno superato la selezione

attraverso il secondo collimatore. Lo spettro è ottenuto per una distribuzione angolare uni-

forme nel range [θ0,min, θ0,max = 0,05] e una distribuzione energetica esponenziale nel range

[Emin = 1,5MeV;Emax = 60MeV].

3.3 Parametri caratteristici della distribuzione di carica 42

all'interno di una distribuzione di carica. Pertanto in questa sezione verrannosvolte brevemente delle considerazioni legate all'evoluzione del fascio. Unadelle questioni più signicative quando si studiano i fenomeni connessi allapropagazione della distribuzione di carica è la valutazione delle dimensionitrasverse del fascio. Prendiamo inizialmente in esame un fascio monoener-getico. Come già accennato all'inizio del capitolo, anchè il fascio di protonipossa essere iniettato nel linac senza una consistente riduzione di intensità,deve avere una sezione trasversa molto piccola: tipicamente la dimensionedella cavità accelerante del linac è dell'ordine del cm. Se si assume che abbiaun diametro di 8mm [11], i raggi che distano per più di 4mm dal suo assenon riescono a penetrarvi. Un solenoide di lunghezza L = 22,86 cm pro-duce immediatamente un fascio di raggi paralleli. La dimensione trasversapuò essere stimata considerando i protoni con divergenza angolare inizialemassima θ0 = θ0,max = 0,05 rad. In tal caso, all'uscita del solenoide si haR =

√x2 + y2 = 0,8 cm (gure (3.8) e (3.9)), un valore troppo grande per

Figura 3.8: Sezione trasversa del fascio di protoni uscente da un solenoide di lunghezza L = 22,86 cm.

poter eettuare la post-accelerazione. Questo è uno dei motivi per cui èpreferibile focalizzare i raggi. La gura (3.10) mostra l'andamento di R inseguito alla focalizzazione tramite un solenoide di lunghezza L = 30 cm, dacui si vede che il linac deve essere posizionato ad una distanza inferiore aduna decina di centimetri dal punto di focalizzazione.2

2Non sono ancora stati eettuati studi approfonditi per ottimizzare il posizionamento

del linac.

3.3 Parametri caratteristici della distribuzione di carica 43

-0.6

-0.4

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

0 5 10 15 20 25 30 35 40

x,y(

cm)

z(cm)

x1y1x2y2x3y3

Figura 3.9: Traiettorie di particelle da 30MeV con diverso impulso trasverso, attraverso un drift di

lunghezza D = 2 cm e un solenoide di lunghezza L = 22,86 cm. La curva viola rappresen-

ta la traiettoria di protoni con divergenza angolare massima θ0 = 50mrad, che corrisponde

ad un impulso trasverso p0x = p0y = 0, 0088; per le altre due curve si ha rispettivamente

p0x = p0y = 0,005(verde) e p0x = p0y = 0,001(blu).

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

R(c

m)

z(cm)

R

Figura 3.10: Il graco mostra l'andamento di R in funzione di z per un fascio focalizzato da un solenoide

di lunghezza L = 30 cm e campo magnetico B0 = 10T.

3.3.2 Emittanza

Un altro parametro caratteristico della distribuzione di carica è l'emittanza,che permette di stimare la sua estensione nello spazio delle fasi e quindi divalutare la divergenza del fascio. Per calcolarla viene adottato un approcciodi tipo statistico; le coordinate x, y, z e gli impulsi px, py, pz della particella inun dato istante di tempo possono essere considerati delle funzioni uttuantie, in quanto tali, se ne possono calcolare i valori medi e le varianze. Il valor

3.3 Parametri caratteristici della distribuzione di carica 44

medio di una qualunque funzione f(r,p) è denito

〈f〉 =1

N

N∑i=1

f(ri, pi) (3.20)

dove la somma è eettuata su tutte le particelle che realizzano la distribuzionedata; e la varianza, intesa come deviazione di f dal suo valor medio, è datada

σf = 〈(f − 〈f〉)2〉1/2 = (〈f 2〉 − 〈f〉2)1/2. (3.21)

Introducendo gli scarti

qx = x− 〈x〉 qy = y − 〈y〉 (3.22)

qx′ = x′ − 〈x′〉 qy′ = y′ − 〈y′〉 (3.23)

e le varianze delle coordinate spaziali

σx =√〈q2x〉 σy =

√〈q2y〉 (3.24)

e dei momentiσx′ =

√〈q2x′〉 σy′ =

√〈q2y′〉 (3.25)

possiamo denire le emittanze

ε2x = σ2xσ

2x′ − 〈qxqx′〉2

ε2y = σ2yσ

2y′ − 〈qyqy′〉2.

(3.26)

Le medie sono calcolate in ogni istante di tempo; tuttavia se il fascio èmonocromatico la variabile temporale può essere sostituita dalla coordinataz, lungo la quale avviene il moto. In gura (3.11) sono gracati gli anda-menti delle varianze e delle emittanze per un fascio quasi monocromatico,con 29 < E < 31MeV, ossia E0 = 30MeV e ∆E = 1MeV. In tal caso〈z〉 = t〈v〉, se si assume che vz ≈ v = (2E/m)1/2. Lo spettro energetico èesponenziale (vedi (3.17)), con supporto nell'intervallo [E0 −∆E,E0 + ∆E];pertanto ponendo δ0 = ∆E/E0 e v0 = (2E0/m)1/2 si trova che

〈z〉 = v0t(1 +O(δ20)). (3.27)

L'emittanza misura l'area dell'ellisse che racchiude tutte le particelle del fa-scio nello spazio delle fasi e, se il fascio è monocromatico, rimane costantefuori dal solenoide: durante l'evoluzione del fascio cambia la forma dell'ellissenei piani (x, x′) e (y, y′) ma non la sua area[9],[12].

3.3 Parametri caratteristici della distribuzione di carica 45

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.5

0 20 40 60 80 100

σ(m

m)

<z>(cm)

σxσy

(a) Varianza in assenza del collimatore.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0 20 40 60 80 100

ε(m

m m

rad)

<z>(cm)

εxεy

(b) Emittanza in assenza del collimatore.

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.5

0 20 40 60 80 100

σ(m

m)

<z>(cm)

σxσy

(c) Varianza in presenza del collimatore.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0 20 40 60 80 100

ε(m

m m

rad)

<z>(cm)

εxεy

(d) Emittanza in presenza del collimatore.

Figura 3.11: I graci (a) e (b) riproducono rispettivamente l'andamento delle varianze e delle emittanze

per un fascio di protoni con energia compresa tra i 29 e i 31 MeV che si propaga in un drift

di lunghezza D = 2cm, e viene focalizzato da un solenoide di lunghezza L = 30 cm nel punto

zfoc = 64,7 cm. Nelle gure (c) e (d) si può notare come le dimensioni del fascio diminuiscano

in presenza di un collimatore nel punto zfoc.

Conclusioni

Nel presente lavoro si è studiato analiticamente e numericamente il trasportodei protoni accelerati da un impulso laser interagente con un plasma sovra-critico. È stato preso in esame un fascio di protoni accelerato nel regimeTNSA e si è visto che presenta uno spettro energetico esponenziale con uncuto, il cui valore dipende dall'intensità e dalla lunghezza d'onda dell'im-pulso incidente. Per un impulso laser con parametro caratterizzante a0 = 30

l'energia massima raggiunta è di 60Mev, la soglia per l'adroterapia. Tuttavial'intensità del fascio protonico vicino all'energia di cuto è molto bassa. Per-tanto si è preferito concentrare l'attenzione sui raggi da 30MeV, allo scopodi produrre un fascio sucientemente collimato e intenso da poter essere i-niettato in un linac e post-accelerato. Per raggiungere tale obiettivo è statoutilizzato un sistema costituito da un solenoide e da due collimatori. Unprimo collimatore, posto a pochi centimetri di distanza dalla sorgente è statoutilizzato per operare una selezione angolare sulle particelle cariche: sonostate selezionate le particelle con divergenza iniziale θ0 ≤ 50mrad in mododa lavorare in approssimazione parassiale. Si è visto quindi come il solenoidepossa fungere da lente megnetica, generando raggi paralleli o convergentie si sono analizzati i due casi. Nel primo il fascio uscente ha una sezionetrasversa troppo grande per poter essere iniettato nella cavità del linac senzauna signicativa perdita di intensità. Pertanto si è dedotto che il metododi trasporto più adatto consiste nell'impiego di una lente focalizzante. Ilrisultato è ottenuto sfruttando il campo magnetico di bordo del solenoide.Quindi è stata imposta la condizione di focalizzazione per i raggi da 30Meved è stato posizionato un secondo collimatore nel loro punto di convergenzain modo da schermare i protoni con energia dierente. L'esito nale è lafruibilità di un fascio quasi monoenergetico (con uno spread inferiore al 4%)e sucientemente collimato no ad una decina di centimetri di distanza dalpunto di focalizzazione. Per ridurre la divergenza si è considerata anche lapossibilità di usare un secondo solenoide che rendesse i raggi paralleli.

46

Appendice A

Schermo di Debye

Una delle caratteristiche peculiari dello stato di plasma è la condizione diquasi neutralità. In linea di principio, una carica elettrica all'interno di unplasma è in grado di interagire con tutte le altre, in quanto il potenzialeda essa generato decresce come 1/r, dunque molto lentamente. Tuttavia lecariche sono libere di muoversi, ne consegue che la regione di spazio attornoad una carica positiva tende ad essere occupata da cariche negative. Pertantoad una certa distanza la carica risulta quasi completamente schermata e il suopotenziale tende ad annullarsi. Per determinare il raggio rs della sfera entro laquale la carica totale Q(rs) ' 0, si consideri una uttuazione molto piccoladel potenziale sferico δΦ(r) generata dalla densità di carica δρext = qδ(r)

(dove δ(r) è la delta di Dirac). La presenza della carica q in r = 0 causa unaperturbazione dell'equilibrio e si genera una distribuzione spaziale di caricaδρsp = e(δni(r)− δne(r)), dove ni è la concentrazione di ioni positivi e ne laconcentrazione di elettroni. Dunque la densità di carica totale è

δρ = δρext + δρsp = qδ(r) + e(δni(r)− δne(r)) (A.1)

e il campo elettrico δE da essa generato soddisfa l'equazione di Poisson

∇ · δE = −∇2δΦ(r) = 4πδρ. (A.2)

Se assumiamo che la uttuazione locale indotta dalla carica q sia piccola,ossia che l'energia elettrostatica sia molto più piccola dell'energia termica∣∣∣eδΦ(r)

kBT

∣∣∣ 1 (A.3)

la (1.1) può essere approssimata al primo ordine con

n = n0

(1± eδΦ(r)

kBT

)(A.4)

47

48

dove il segno positivo è valido per gli elettroni e il segno negativo per i protoni.Sostituendola nella (A.2) si ha

∇2δΦ(r) = −4π

(qδ(r) +

e2n0

kBTiδΦ(r) +

e2n0

kBTeδΦ(r)

)(A.5)

che può essere scritta in forma ridotta come(∇2 − 1

λD

)δΦ(r) = −4πqδ(r) con

1

λ2D

=1

λ2Di

+1

λ2De

. (A.6)

Esplicitandola in coordinate sferiche si trova

1

r2

∂r

(r2∂(δΦ(r))

∂r

)=

1

λ2D

δΦ(r)− 4πqδ(r) (A.7)

ossiad2

dr2(rδΦ(r)) =

rδΦ(r)

λ2D

− 4πqrδ(r) (A.8)

la cui soluzione può essere facilmente calcolata, essendo l'ultimo termineidenticamente nullo:

δΦ(r) =q

re−r/λD (A.9)

L'eetto di schermo appare evidente se si calcola la carica contenuta all'in-terno di una sfera di raggio r

Q(r) =

∫V

δρ(r′)dV =

∫ r

0

4πδρ(r′)r′2dr′ =

∫ r

0

(−∇2δΦ(r′))r′2dr′

= −∫ r

0

(δΦ(r′)

λD

)r′2dr′ + q

∫V

δ(r′)dV

= − q

λ2D

∫ r

0

r′ exp

(− r′

λD

)dr′ + q

= q

(1 +

r

λD

)e−r/λD

(A.10)

da cui si può notare che la carica è praticamente nulla per valori di r pari aqualche unità di λD[2].

Appendice B

Derivazione alternativa

dell'equazione del moto in

approssimazione parassiale

Consideriamo s = ct e poniamo

x′ =dx

ds=x

c

y′ =dy

ds=y

c.

(B.1)

In tal caso, dalle (2.27), utilizzando la (2.34), si ha

x′′ = 2ΩLy′ + β0y

dΩL

dz

y′′ = −2ΩLx′ − β0x

dΩL

dz

(B.2)

e ponendo w = x− iy si ottiene

w′′ = 2iΩLw′ + iβ0

dΩL

dzw. (B.3)

Passiamo quindi al sistema rotante

w = wLeiΦ Φ(s) =

∫ β0s

0

ΩL(z)

β0

dz. (B.4)

La derivata prima èw′ = w′Le

iΦ + iΩLwLeiΦ (B.5)

49

50

e la derivata seconda

w′′ = w′′LeiΦ + 2iΩLw

′Le

iΦ + idΩL

dswLe

iΦ − Ω2LwLe

iΦ. (B.6)

Notiamo chedΩL

ds=

d

dsΩL(β0s) = β0

dΩL

dz. (B.7)

Sostituendo le precedenti espressioni nella (B.3) e dividendo per eiΦ si trova

w′′L + 2iΩLw′L + iβ0

dΩL

dzwL −Ω2

LwL = 2iΩLw′L − 2Ω2

Lw2L + iβ0

dΩL

dzwL (B.8)

e semplicandow′′L + Ω2

LwL = 0. (B.9)

Quest'ultima può essere riscritta nella forma

d2wLd(ct)2

+ Ω2LwL = 0 (B.10)

e si nota che dividendo per β20 coincide con la (2.41).

Bibliograa

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Particle Beams, (22):163169, 2004.

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[10] Giorgio Turchetti, Stefano Sinigardi, Pasquale Londrillo, FrancescoRossi, Dario Giove, Carlo De Martinis, and Marco Sumini. Transportand energy selection of laser generated protons and post-accelerationwith a compact linac. Inviato alla rivista Physical Review Special Topics:

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[12] Giorgio Turchetti. Mathematical models in beam dynamics. notepersonali.