tracuzzi genio della pallacanestro «il suo patrimonio ... · tutto a giocatori privi della tecnica...
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Gaetano Gebbia, giovane atleta, tira sotto lo sguardo di Tracuzzi che, nella foto in alto, parla ai giocatori della Virtus Bologna. Sopra: il coach ragusano con II giudice Viola
Il libro-manuale di Gaetano Gebbia è un omaggio al mitico coach messinese
Tracuzzi genio della pallacanestro «Il suo patrimonio sempre attuale» Esercizi, schemi, grafici, testimonianze e foto per celebrare un numerai
Un'opera di puro amore, fondamentale per le nuove generazioni di allenatori
Paolo Cuomo
«Emozionante far conoscere la storia di questo sport attraverso le idee del precursore per eccellenza»
Oggi Vittorio Tracuzzi da San Filippo del Mela, provincia di Messina, avrebbe 92 anni e, ne siamo certi, non si divertirebbe tanto, sul suo seggiolino in prima fila, magari seduto accanto a Sandro Gamba e Gianni Corsolini, ad assistere ai continui "zompi" di
americani scarsi, a partite con un solo italiano sui cinque in campo, ad un gioco totalmente dipendente dal "pick and roll" e soprattutto a giocatori privi della tecnica di un tempo perché ifondamenta-li ormai non si insegnano più.
Nel 2016 saranno trent'anni che il "Trac" non c'è più (se ne andò 63enne il 21 ottobre del 1986) e al termine di un lavoro appassionato durato quasi 10 anni, uno dei suoi allievi prediletti, Gaetano Gebbia, ex coach della Viola e del settore giovani-
le azzurro ha realizzato il sogno di pubblicare un libro-manuale dal titolo "La pallacanestro di Vittorio Tracuzzi" (320 pagine, Basketcoach.net), con prefazione di Valerio Bianchini.
Un esaltante progetto che comprende tutto: lezioni, allenamenti, esercizi, schemi, grafici, brillanti idee solo scarabocchiate e ancora testimonianze di pregio, aneddoti, ricordi, foto storiche che il tempo non ingiallirà mai. Insomma, studiare oggi il verbo cesti-stico di Tracuzzi e capire le sue intuizioni, potrà essere utile ai giovani coach che vogliono fare carriera molto di più dei costosi corsi di perfezionamento.
- Gaetano, dieci anni per costruire questo omaggio a uno dei "padri" della pallacanestro italiana: il tuo emozionato ricordo di Tracuzzi.
«Per tutti noi della Virtus Ragusa, alla fine degli anni '70, lui era il "Messia" del basket, quasi non ci sembrava vero di essere allenati da un tale personaggio. E una figura così carismatica non poteva non influire su un giovane che era alla ricerca del suo futuro. Probabilmente senza quell'incontro il mio destino sarebbe stato diverso».
- Cosa ti ha spinto in questa operazione editoriale?
«Oltre ai motivi personali, credo sia bello far conoscere la storia della pallacanestro italiana, anche attraverso le opere di chi l'ha scritta. Purtroppo si fa in fretta a dimenticare. Invece esiste un patrimonio tecnico di estremo valore che andrebbe recuperato. Il massimo che si fa per quei personaggi che ci hanno lasciato è l'intitolazione di un palasport o di una manifestazione, consacrandoli ulteriormente all'oblio. Quanto sarebbe, invece, utile recuperare e far conoscere il credo tecnico di coach come Primo, Guerrieri, Sales, Mangano, Benvenuti, Me Gre-gor, Asteo e tanti altri ancora».
- Hai citato Massimo Mangano, un altro siciliano.
«Che da giovane, trasferitosi a Milano per collaborare con la rivista "Giganti del Basket", fece
una lunga intervista a Vittorio Tracuzzi, ricca di spunti e idee, in un momento in cui il Professore, era il 1976, aveva scelto il piccolo club di Casale Monferrato per esprimere il suo talento. Senza dimenticare che la Sicilia ha prodotto altri tecnici importanti: ricordo, tra coloro che ci hanno lasciato, Peppino Dispenzieri, Elio Alberti, Ignazio Bonanno».
- Il libro è un vero atto di amore, un certosino "mettere insieme" materiale da accademia cestistica.
«Molto impegnativo, non tanto nella raccolta dei documenti quanto nello studio degli stessi, la maggior parte dei quali scritti a mano, appartenenti a diverse epoche, oltre al materiale prodotto da altri allenatori che avevano conservato idee, esercizi e teorie del Professore. Cercando di strutturare il tutto per presentarlo in una veste moderna, arricchendolo con fotografie e diagrammi illustrativi. Con il valore aggiunto delle testimonianze di chi lo ha conosciuto, e che vanno al di là dell'anedottica, e con alcune "perle" di saggezza che ricorrono fra le pagine, quasi a ricordarne la presenza».
- Quanto di nuovo, in questa ricerca, hai scoperto che già non conoscessi?
«Moltissimo. Pur avendolo seguito nei pochi anni in cui ho avuto la fortuna di frequentarlo, dallo studio dei documenti e dalle testimonianze sono emersi elementi di assoluto interesse tecnico. Inutile dire che Tracuzzi era costantemente un inventore : ogni occasione era buona per trasmettere una nuova idea».
- Quanto è attuale la lezione tecnica di Tracuzzi.
«Nella misura in cui ripropone elementi essenziali nell'insegnamento del gioco e di cui oggi si avverte la necessità. Senonloavessi ritenuto attuale non lo avrei pro-nrKtn l\Tnn prn inl-prpssatn ad
un'operazione biografica che avrebbe coinvolto, prevalentemente, solo chi lo ha conosciuto e che sarebbe stata priva della possibilità di essere usufruita dalle nuove generazioni di allenatori».
- Si è sempre sostenuto, a ragione, che il Professore era avanti rispetto agli altri di 20 anni. In cosa consisteva questo suo essere uno straordinario precursore.
«Era uno studioso a 360 gradi, non si interessava solo della parte tecnica o della tattica, ma guardava tutti gli aspetti della prestazione e del gioco; da fine osservatore raccoglieva elementi dagli atleti e dalle partite che poi rielaborava con l'approccio di chi non aveva alcun timore nel perseguire nuove strade, anche a costo di andare incontro a fallimenti. Da questo punto di vista, oggi Tracuzzi sarebbe forse in difficoltà: strutture e formule dei campionati non consentono alcuna forma di sperimentazione. Gli allenatori sono costretti ad andare sull'usato sicuro, rischioso cercare avventure».
- Non si tratta solo di un manuale per generazioni di vecchi e nuovi coach, ma anche una testimonianza di umanità, rigore, coraggio, passione.
«L'obiettivo è quello di consegnare ai giovani tecnici un manuale di base per l'insegnamento della pallacanestro; dalle testimonianze di chi ha conosciuto il "Trac", emergono quei tratti della sua personalità che servono a comprendere meglio l'allenatore. Devo dire che tutti coloro che, interpellati, hanno offerto il loro contributo, lo hanno fatto non solo con grande disponibilità, ma anche con affetto e con l'orgoglio di far parte di questa iniziativa».
- Tracuzzi cosa penserebbe del basket di oggi?
«Impossibile dirlo, sicuramente sarebbe ancor di più una voce fuori dal coro, continuando però ad essere un riferimento per allenatori e giocatori. E forse anche per i dirigenti».
- L'immagine-simbolo che conserverai per sempre.
«Eravamo alla palestra "Ju-vara" di Messina, mi avvicinai per comunicargli che avevo accettato l'offerta della Viola. Mi raccomandò: "Dici sempre quello che pensi, ma dopo la scelta del capo allenatore diventa anche la tua scelta"». <
Il ricordo di Ettore Messina
«Quell'indimenticabile prima lezione» • «Quando Tonino Zorzi mi mandò nel 1978 al corso di aspirante allenatore tenuto da Vittorio Tracuzzi, mi disse solo: "Ascolta tutto, è un genio". È stata l'esperienza didattica più significativa della mia carriera, per la capacità di trasmettere agli allievi una visione d'insieme del gioco e la necessaria attenzione ai dettagli. Quan
do arrivai alla Virtus Bologna, come assistente di Alberto Bucci, mi ricordo che veniva ogni tanto a vedere gli allenamenti e mi colpiva come era rimasto legato ad Achille Canna ed a tutti gli uomini della Virtus degli anni '50. Anche per loro era il "genio". Non posso aggiungere di più, solo inchinarmi alla sua memoria».