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Macchiamara associazione culturale, per il Molise
Via Campanile, 24 - 86191 Bagnoli del Trigno (IS) C.F. 90035500942 +393388287353 [email protected] www.macchiamara.it
Tosatori bagnolesi in Puglia
Nell’ultima pagina dello Stato delle anime della Parrocchia di S. Maria Assunta in Bagnoli per l’anno
1795, conservato presso il locale archivio parrocchiale1 è riportato il seguente appunto:
Domenico Costanza, figlio delli quondam [cioè: defunti] Costantino e Casimira Moccia coniugi,
marito di Carminella Manzo, andò con gli altri tosatori di pecore in Puglia nel mese di Marzo
1795, facendo da Caporale Crescenzo Trotta. Detto Domenico cadde malato, disse di volersi
andare a salassare nello spedale di Foggia, o altro, e si partì. Fatte le ricerche non si è potuto
trovare non si sa se morto in qualche … o per strada; ciò ci riferiscono detto Crescenzo Trotta,
Crescenzo Sfirra, ed altri di detta compagnia, è morto ma dove non si sa perché più non è
rimpatriato.
La tragica notizia della scomparsa di Domenico Costanza diligentemente riportata dal parroco di S.
Maria Assunta, don Andrea Pascasio, nel lontano 12 aprile 1795 ci informa, indirettamente ma con
precisione, di alcuni aspetti importanti della realtà lavorativa e sociale bagnolese, e più in generale
molisana, del tempo.
L’appunto ci conferma che anche i Bagnolesi erano coinvolti nelle migrazioni stagionali legate alla
transumanza delle greggi tra Abruzzo e Puglia che ad ogni autunno comportava la discesa nel Tavoliere
di milioni di capi di bestiame e decine di migliaia di pastori ed altri lavoratori agricoli, che sarebbero poi
tornati sui pascoli montani e ai loro paesi di origine alla primavera successiva.
Da ricerche di storia del Molise antiche e più recenti sappiamo già che ciascuna delle diverse aree del
territorio molisano riforniva specifici settori della molteplice manodopera necessaria alla transumanza
oltre a quella più specificatamente dedicata alla cura delle pecore: boscaioli, carbonari, osti, bettolieri,
scalpellini, tavernari, fornai, panettieri, ramai, calzolai, falegnami, scopettieri, funari, imbastari,
fiscellari, agrimensori componevano quel composito e variopinto mondo continuamente in movimento
lungo i tratturi distesi tra Abruzzo e Puglia. Dai paesi dell’Alto e Altissimo Molise e da quelli abruzzesi
provenivano, soprattutto i pastori e le altre figure professionali legate alla trasformazione del latte (
casieri, casari, ecc.). Dai centri del Basso Molise, limitrofi alla Capitanata ˗ come si chiamava allora la
pianura foggiana ˗ partivano soprattutto mietitori e altri lavoratori agricoli dediti alla coltivazione del
latifondo cerealicolo estensivo, anch’essa attività stagionale come la transumanza. Dai paesi del Molise
centrale, del Medio Trigno, oltre a molti pastori, mietitori, artigiani (gli arrotini di S. Elena, i caldarari di
Agnone e Frosolone), partivano soprattutto gli addetti ai servizi per la transumanza come, ad esempio,
i vetturari (cioè gli addetti alle vetture, le bestie da soma per il trasporto di tutto l’armamentario
necessario alla vita seminomade propria della transumanza) di Pescolanciano citati dall’abate Longano
1 Archivio storico parrocchiale di S. Maria Assunta di Bagnoli del Trigno, b. 34, vol. 16, Stato delle anime, 1795.
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alla fine del Settecento2; così come i tosatori di pecore di Bagnoli. Era in verità, come ci dice sempre
Longano, tutta l’area del Molise centrale, con i paesi di Bagnoli, Caccavone, Civitanova, Torella, Molise,
Pietracupa, Castropignano, tutti centri allineati lungo i tratturi Celano – Foggia e Lucera – Castel di
Sangro, a fornire in particolare tosatori.
Dalla data della partenza dei tosatori bagnolesi, il mese di Marzo, deduciamo che questa categoria di
lavoratori non scendeva in Puglia al seguito delle greggi, che in pianura passavano tutto l’inverno
partendo tra il 29 settembre, festa della dedicazione al patrono dei pastori, S. Michele Arcangelo, della
Basilica a Monte Sant'Angelo di Foggia e il 25 Novembre, giorno dedicato a Santa Caterina, per tornare in
montagna l'8 maggio, anniversario dell'apparizione di San Michele al Gargano. I tosatori si recavano negli stacci
del Tavoliere soltanto all’inizio della primavera, appunto tra Marzo e Aprile quando, con l’arrivo dei primi caldi la
tosatura degli animali si rendeva necessaria e c’era dunque lavoro per loro.
Apprendiamo anche che i tosatori bagnolesi erano organizzati in squadre – quelle di mietitori si
chiamavano paranze – reclutate e coordinate da un caporale. La condizione sociale del caporale era
evidentemente diversa, di più alta collocazione, nella gerarchia sociale della comunità locale rispetto a
quella dei semplici tosatori. Una condizione di prestigio, legata al “capitale sociale” che egli possedeva
in virtù delle relazioni, economiche e sociali, che riusciva a costruire con gli armentari – i grandi
proprietari di greggi - e i loro massari che gestivano le masserìe di pecore nelle diverse locazioni in cui
le greggi transumanti venivano distribuite nella pianura foggiana. Era infatti il caporale ad assumere a
cottimo i lavori, in questo caso quelli di tosatura, e poi a pagare lui direttamente i suoi uomini che
reclutava nel proprio paese di origine.
Ma chi erano, più precisamente, il tosatore di pecore Domenico Costanza, l’altro membro della
squadra Crescenzo Sfirra e il caporale Crescenzo Trotta che, alla fine del Settecento, da Bagnoli si
avventuravano ad ogni stagione nel malarico e pericoloso Tavoliere di Puglia? Lo Stato delle anime del
1795 ci aiuterà ancora a saperne di più.
Domenico Costanza era figlio di Costantino e Carmina Moccia e nel 1795, l’anno in cui sarebbe
morto, aveva 35 anni. Risulta registrato alla casa n. 62 della parrocchia di S. Maria Assunta, dunque
nella Terra di Coppa, come viene chiamata, oggi come allora, la parte più alta del paese. Con lui
vivevano la moglie, trentenne, Carmina Manzo, del fu Domenico e di Patrizia Pricciolo di Civitavecchia
(oggi Duronia), i loro tre figli, Antonio di 6 anni, Maria Nicoletta di 4 , il piccolo Antonio di appena 2
mesi e Domenico, figlio di Carmina avuto da una precedente relazione, che di anni ne aveva 10.
Due case più avanti, alla numero 62, abitava Crescenzo Trotta, il caporale della squadra di tosatori di
cui faceva parte Domenico Costanza. Crescenzo era figlio di Bonifacio e Berardina Di Tullio, entrambi
già deceduti. Insieme a lui troviamo sua moglie Orsola Potestate figlia dei defunti Lionardo ed
Ermenegilda Rossi. I due avevano rispettivamente 60 e 52 anni. Con loro vivevano il figlio
Domenicantonio, di 23 anni, la moglie di questi Domenica Potestate (di Gennaro e Serafina Di Jacovo)
2 Francesco Longano, Viaggio per lo Contado do Molise, a cura di Renato Lalli, Marinelli, Campobasso s.d.
Gino Massullo, Storia del Molise, Donzelli editore, Roma 2006, pp. 51 – 66.
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di 19 anni e gli altri fratelli di Domenicantonio, Donato Costanzo di 21 anni, Fernanda di 19, Pietrangelo
di 14 e Nicola, la cui età non è indicata.
Nella casa numero 144 abitava invece Crescenzo Sfirra, l’altro membro della squadra di tosatori, figlio
dei defunti Felice e Anna Ciarniello, che aveva 70 anni. Con lui sua moglie Angela Potestate di Horatio e
Domenica Sezza (? parola quasi illeggibile), anch’essa di 70 anni. Nella stessa casa anche il fratello di
Angela, Gennaro Potestate di 67 anni, sua moglie Serafina Di Jacovo (dei defunti Angelo e Carmina Di
Russo della parrocchia di S. Silvestro) e il loro figlio Michelangelo di 23 anni, marito di Berardina Trotta,
25 anni, figlia di Crescenzo Trotta e Benedetta Potestate. C’era, infine, anche Maria, sorella di
Michelangelo.
Le famiglie Trotta, Sfirra e Potestate appaiono dunque strettamente imparentate. I due capifamiglia, i
due Crescenzo, Trotta e Sfirra, avevano entrambi sposato una Potestate, probabilmente cugine. Inoltre
Michelangelo Potestate, nipote di Crescenzo Sfirra e figlio di Gennaro Potestate aveva sposato
Benedetta figlia di Crescenzo Trotta. Domenicantonio Trotta, figlio di Crescenzo aveva a sua volta
sposato Domenica, figlia di Gennaro Potestate e Serafina di Jacovo. Un matrimonio incrociato tra due
coppie di fratello e sorella che certo aveva rinsaldato i legami tra le due, anzi tre, famiglie.
Possiamo dunque dire che il reclutatore, il cosiddetto caporale, aveva formato la squadra di tosatori
bagnolesi che egli stesso avrebbe guidato in Puglia reclutandone i componenti tra i suoi parenti e i
suoi vicini di casa; attraverso dunque una rete di relazioni sociali di tipo familiare e vicinale, nelle quali
la dimensione comunitaria svolgeva un ruolo centrale.
Di più lo Stato delle anime del 1795 non ci dice. Ci ha però aiutato a riportare alla luce frammenti
della vita di persone comuni, le cui vicende non hanno lasciato tracce evidenti nelle fonti storiche e che
per questo restano solitamente escluse dalla ricostruzione del passato, del quale invece furono, come
abbiamo visto, protagonisti, con le loro scelte, il loro lavoro, a volte il loro sacrificio.
Riportare alla luce piccoli brani delle loro vicende serve forse a rendere loro un poco di giustizia; in
particolare al povero Domenico Costanza, emigrante stagionale del diciottesimo secolo, smarritosi
nelle immense plaghe allora malariche e infìde del Tavoliere di Puglia alla ricerca di pane per la sua
numerosa famiglia, e alla povera e sfortunata Carminella che, già ragazza madre, in quel marzo del
1795, a soli trent’anni, doveva restare vedova, con quattro figli dei quali l’ultimo di appena due mesi.
Nostri antenati, ma antenati anche di quegli altri emigranti dei nostri giorni che naufragano e muoiono
nelle acque del canale di Sicilia e in altre, troppe, parti del mondo.
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Historicus balneolensis
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