tesi rudy6 adb revised final - dottrodolforossi.com · fisiopatologia della schizofrenia:...
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UNIVERSITA’DEGLISTUDIDINAPOLI
“FEDERICO II”
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA
Dipartimento di Neuroscienze, Area Scientifico-Didattica di
Psichiatria
Tesi di laurea sperimentale
IMPATTO DIFFERENZIALE DI ANTAGONISTI DEI RECETTORI D2-LIKE SULL’ESPRESSIONE DI GENI INDUCIBILI PRECOCI: IMPLICAZIONI
PER LA TERAPIA ANTIPSICOTICA
RELATORE CANDIDATO Ch.mo Prof. Rodolfo Rossi Andrea de Bartolomeis Matr. M39/340
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
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INDICE
Schizofrenia:inquadramentoepidemiologico,clinicoediagnosticorilevanteperla
terapiafarmacologica 5Definizione 5Epidemiologiaedeziologia: 5Quadroclinico 6Diagnosi 7
Neurobiologiadellaschizofreniaedeitrattamenticonfarmaciantipsicotici 9Teoriadopaminergica 9Teoriaglutammatergica 10Areecerebraliecircuitineuronalicoinvoltinellafisiopatologiadellaschizofrenia:
implicazioniperlafarmacoterapia 11
Farmaciantipsicotici 16Terapiadellaschizofrenia 16Accantoallaterapiafarmacologica,lelineeguidainternazionalipiùrecenti
raccomandanol'impiegoditrattamentipsicosocialieriabilitativi(APAGuidelines2009).
17Farmacodinamicadegliantipsicotici 17
GeneExpressionedImmediateEarlyGenes(IEGs):dallaneurobiologiaalla
farmacoterapia. 21C-fos 23Zif-268 23Arc 24Homer1-a 25Norbin(neurite-outgrowthpromotingprotein) 27
Razionaledellostudio 29
Materialiemetodi 31Animalietrattamento 31Sezionedeicervelli 32Ibridazioneinsitu 32Analisideidati 35
Risultati 37C-Fos 37
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Zif-268 39Arc 41Homer1a 43Norbin Error!Bookmarknotdefined.
Discussione 47
Bibliografia 51
Ringraziamenti 63
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Schizofrenia: inquadramento epidemiologico,
clinico e diagnostico rilevante per la terapia
farmacologica
Definizione
La schizofrenia è una disturbo mentale cronico invalidante "i cui sintomi
caratteristici si possono concettualmente far ricadere in due ampie
categorie: positiva e negativa. I sintomi positivi sono così denominati per
indicare un eccesso o una distorsione, i sintomi negativi, di contro, una
diminuzione o una perdita di funzioni psichiche normali". (DSM-IV-tr)
Epidemiologia ed eziologia:
La schizofrenia ha incidenza annua di 7-40/100000 si (WHO 10-nation
study; Sartorious et al., 1986; Jablensky et al., 1992); tale dato non sembra
variare tra i continenti o rispetto alla condizione economica del paese in
considerazione (Saha et al., 2006). La prevalenza è di 2-10/10000 con un
rischio e di 0,7% (Saha et al., 2005).
Il rischio di sviluppare la malattia è funzione del grado di prossimità
genetica (proporzione dei geni condivisi), e va dal 12% nei parenti di 3°
grado al 25% nei parenti di 2° grado fino al 50% nei parenti di 1° grado
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degli affetti (Gottesman et al., 1987). Nonostante questi dati, l'associazione
con un unico gene o con uno specifico locus non è mai stata dimostrata
incontrovertibilmente vista la sostanziale inconsistenza dei numerosissimi
studi di linkage o di associazione pubblicati negli ultimi 20 anni, e nessuno
specifico gene sembrerebbe essere sufficiente o necessario per lo sviluppo
della malattia (Tandon et al., 2008).
Per numerosi fattori prenatali materni quali infezioni es. rosolia,
toxoplasmosi, deficit nutrizionali (Penner and Brown, 2007; Meyer et al.,
2007) o eventi di vita avversi (Khashan et al., 2008) è stato proposto un
ruolo eziologico per la schizofrenia, così come per complicanze ostetriche
tipo ipossia prenatale (Byrne et al., 2007).
L'uso di cannabis in adolescenza è a sua volta associato con un aumento di
incidenza del disturbo, anche se non è chiaro se tale sostanza abbia un reale
ruolo eziologico o se contribuisca a slatentizzare una patologia comunque
già in fase prodromica (Moore et al., 2007).
Numerosi fattori ambientali quali l'urbanizzazione e l'immigrazione sono
associati con una maggiore incidenza di malattia (Saha et al., 2006).
Quadro clinico
Le manifestazioni cliniche della schizofrenia sono riconducibili a tre gruppi
principali di sintomi: positivi, negativi e cognitivi.
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I sintomi positivi sembrano riflettere un eccesso o una distorsione di
funzioni normali e vengono a loro volta raggruppati in due dimensioni
principali: una "dimensione psicotica" comprendente deliri ed allucinazioni
ed una “dimensione disorganizzativa”, che include eloquio e
comportamento disorganizzati.
I sintomi negativi riflettono invece una diminuzione o una perdita di
funzioni normali e riguardano restrizioni nello spettro e nell’intensità delle
espressioni emotive (appiattimento dell’affettività), nella fluidità e nella
produttività del pensiero e dell’eloquio (alogia), e nell’iniziare
comportamenti finalizzati a una meta (abulia) (DSM-IV-TR).
I sintomi cognitivi sono dei deficit che tendono ad essere più marcati per
alcune funzioni superiori specifiche quali memoria episodica, velocità di
elaborazione, fluenza verbale, attenzione, funzioni esecutive e memoria di
lavoro (Tandon et al., 2009).
Diagnosi
I criteri diagnostici per la schizofrenia più accreditati sono quelli inclusi
nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, IV edizione
(DSM-IV-TR) e dall’International Classification of Diseases, 10° edizione
(ICD-10), riportati in tabella.
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Tab. 1 Criteri Diagnostici per la Schizofrenia (Tratto da DSM-IV-TR)
A. Sintomi caratteristici: due (o più) dei sintomi seguenti, ciascuno presente per un periodo di tempo significativo durante un periodo di un mese (o meno se trattati con successo): 1) deliri 2) allucinazioni 3) eloquio disorganizzato (per es., frequenti deragliamenti o incoerenza) 4) comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico 5) sintomi negativi, cioè appiattimento dell’affettività, alogia, abulia. Nota È richiesto un solo sintomo del Criterio A se i deliri sono bizzarri, o se le allucinazioni consistono di una voce che continua a commentare il comportamento o i pensieri del soggetto, o di due o più voci che conversano tra loro.
B. Disfunzione sociale/lavorativa: per un periodo significativo di tempo dall’esordio del disturbo, una o più delle principali aree di funzionamento come il lavoro, le relazioni interpersonali, o la cura di sé si trovano notevolmente al di sotto del livello raggiunto prima della malattia (oppure, quando l’esordio è nell’infanzia o nell’adolescenza, si manifesta un’incapacità di raggiungere il livello di funzionamento interpersonale, scolastico o lavorativo prevedibile). C. Durata: segni continuativi del disturbo persistono per almeno 6 mesi. Questo periodo di 6 mesi deve includere almeno 1 mese di sintomi (o meno se trattati con successo) che soddisfino il Criterio A (cioè, sintomi della fase attiva), e può includere periodi di sintomi prodromici o residui. Durante questi periodi prodromici o residui, i segni del disturbo possono essere manifestati soltanto da sintomi negativi o da due o più sintomi elencati nel Criterio A presenti in forma attenuata (per es., convinzioni strane, esperienze percettive inusuali). D. Esclusione dei Disturbi Schizoaffettivo e dell’Umore: il Disturbo Schizoaffettivo e il Disturbo dell’Umore Con Manifestazioni Psicotiche sono stati esclusi poiché: (1) nessun Episodio Depressivo Maggiore, Maniacale o Misto si è verificato in concomitanza con i sintomi della fase attiva; (2) oppure, se si sono verificati episodi di alterazioni dell’umore durante la fase di sintomi attivi, la loro durata totale risulta breve relativamente alla durata complessiva dei periodi attivo e residuo. E. Esclusione di sostanze e di una condizione medica generale: il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una sostanza di abuso, un farmaco) o a una condizione medica generale. F. Relazione con un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo: se c’è una storia di Disturbo Autistico o di altro Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, la diagnosi addizionale di Schizofrenia si fa soltanto se sono pure presenti deliri o allucinazioni rilevanti per almeno un mese (o meno se trattati con successo).
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Neurobiologia della schizofrenia e dei trattamenti
con farmaci antipsicotici: implicazioni per il
razionale dello studio.
Due sono le principali teorie fisiopatologiche elaborate per la schizofrenia e
per le psicosi più in generale: la teoria dopaminergica e la teoria
glutammatergica.
Teoria dopaminergica
La teoria dopaminergica deriva dall'osservazione che agonisti
dopaminergici (es. apomorfina, amfetamina) sono in grado di indurre tanto
nell'animale quanto nell'uomo degli stati psychotic-like, mentre antagonisti
dopaminergici mostrano franche capacità antipsicotiche (Creese et al.,
1976; Carlsson et al., 1963).
Tale teoria prevede nelle sue formulazioni più semplici uno stato di
ipodopaminergia fronto-temporale, condizione responsabile
prevalentemente dei cosiddetti "sintomi negativi", e uno stato di
iperdopaminergia sottocorticale, responsabile a sua volta della , almeno in
parte, sintomatologia produttiva o "positiva".
Nella formulazione più aggiornata di questa teoria, le disfunzioni
dopaminergiche sono considerate, di fatto, connesse con la patogenesi
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psicosi, piuttosto che della sola schizofrenia. A tali disregolazioni
contribuirebbero una serie di fattori ambientali tra cui insulti metabolici ed
infettivi perinatali, l'abuso di sostanze e stressors psicosociali che
potrebbero interagire con il substrato genetico. La risultante di tali
malfunzionamenti striatali esiterebbe in una forma di aberrante attribuzione
di salienza a determinati stimoli esterni, che, in ultimo, genererebbe
l'evento psicotico (Howes and Kapur, 2009).
Teoria glutammatergica
La teoria glutammatergica deriva dall'osservazione che antagonisti dei
recettori NMDA del glutammato (ad es esempio. fenciclidina, PCP;
ketamina) sono in grado di mimare tanto nell'uomo quanto in modelli
animali sia la sintomatologia positiva sia la sintomatologia negativa e
cognitiva (Olney and Farber, 1995). Tali effetti sarebbero riconducibili ad
una disregolazione degli interneuroni GABAergici sottocorticali che
porterebbe in ultimo ad un alterato output sottocortico-corticale
glutammatergico responsabile di fenomeni di eccitotossicità in corteccia
(Stone et al., 2007).
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Aree cerebrali e circuiti neuronali coinvolti nella
fisiopatologia della schizofrenia: implicazioni per la
farmacoterapia.
Le osservazioni cliniche di importanti deficit cognitivi (Kraepelin, 1909-
1913; Green, 1998) nei pazienti schizofrenici, specificatamente nelle
funzioni esecutive quali memoria di lavoro, capacità associative e attentive
hanno ispirato negli ultimi 20 anni una serie di studi clinici
neuromorfologici e neurofunzionali che hanno identificato nei lobi frontali
le regioni prevalentemente coinvolte in tali disfunzioni, ed hanno
confermato diffuse alterazioni morfo-funzionali di tali regioni. È ancora
oggetto di discussione se tali alterazioni siano primitivamente corticali o
correlate a danni neurali in regioni differenti.
Tra le aree maggiormente studiate vi sono la Corteccia prefrontale
dorsolaterale (DLPFC), la corteccia prefrontale ventrolaterale (VLPFC) e la
corteccia cingolata anteriore (ACC).
Nella DLPFC, per quanto non siano mai state trovate specifiche alterazioni
anatomopatologiche tipo gliosi in reperti post-mortem, sono state rinvenute
numerose alterazioni morfologiche a carico delle cellule piramidali (es.
ridotta densità di spine dendritiche, alterazioni nell’espressione degli
NMDA-r), degli interneuroni inibitori (es. riduzione dell’espressione della
GAD67) e delle afferenze dopaminergiche (Eisenberg and Berman 2010).
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Inoltre è stata dimostrata una riduzione di volume della DLPFC correlata
all’entità dei deficit in alcuni ambiti esecutivi, valutati con Wisconsin Card
Sorting Test (Rüsch et al., 2007). Dati di fMRI hanno evidenziato, in
condizioni sperimentali diverse, tanto una riduzione quanto un aumento
dell’attività della DLPFC. Attualmente il modello che meglio spiega questo
apparente paradosso è quello di una “inefficienza” della DLPFC, che
prevede una maggiore attività di tale area a parità di performance cognitiva
rispetto ai controlli nei compiti di minore carico, ed una ipoattivazione in
quelli di maggior impegno, descrivendo una curva a U-invertita (Eisenberg
and Berman 2010).
Un’altra area di interesse è la VLPFC: dati di fMRI dimostrano una sorta di
iperattivazione compensatoria di quest’area nei pazienti schizofrenici in
risposta a compiti specifici per la DLPFC, che risulta ipoattivata (Tan et
al., 2005).
Nella ACC è stata dimostrata una riduzione di volume, una riduzione della
densità cellulare, e una riduzione del binding dei D2/3-r (Eisenberg and
Berman 2010). Inoltre in questa regione è stato dimostrato un aumento di
attività indotto da agonisti dopaminergici nei task di fluenza verbale nei
pazienti schizofrenici, fenomeno non dimostrato nei controlli (Dolan et al.,
1995). Questo dato in particolare implica una modulazione aberrante da
parte del mesencefalo e/o una disregolazione del signalling dopaminergico
postsinaptico.
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Per quanto i deficit cognitivi siano stati associati ad alterazioni delle
funzioni cognitive superiori, controllate da specifiche aree corticali, la
patogenesi dei fenomeni produttivi nelle psicosi, così come la maggior
parte degli effetti collaterali motori tipici dei trattamenti antipsicotici, è
associata più probabilmente ad alterazioni dei gangli della base o in aree
sottocorticali.
I gangli della base sono un complesso di nuclei encefalici (n.d.r. Caudato-
Putamen, CP; Nucleus Accumbens, NAc; Globo Pallido Interno, GPi;
Globo Pallido Esterno, GPe; Nucleo Subtalamico, STN; Sostanza Nera
pars Compacta, Snc; Sostanza Nera pars Reticulata, SNr e Area
Ventrotegmentale, VTA) funzionalmente correlati, integrati in una serie di
circuiti riverberanti cortico-sottocortico-corticali che modulano il
comportamento motorio, cognitivo ed emotivo. Sono organizzati in una via
“diretta” ed una via “indiretta” Complessivamente, la dopamina
sottocorticale, agendo sui principali nuclei di queste vie, potrebbe svolgere
un ruolo di disinibizione dell’output glutamatergico talamo-corticale.
(Perez-Costas et al., 2010).
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Fig. Via diretta e indiretta nei gangli della base. Adattata da Steiner and Gerfen ,1998
Recentemente è stata descritta una terza via, cosidetta “iperdiretta”, che
bypassa lo striato connettendo direttamente corteccia motoria, STN e GPi,
ed avrebbe la funzione di inibire attività motorie già iniziate (Aron and
Poldrack, 2006).
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I gangli della base sono strettamente coinvolti nella patogenesi della
schizofrenia, come dimostrano una serie di studi morfologici che hanno
riportato una diminuzione di volume dello striato in pazienti schizofrenici
drug-naive (Brandt and Bonelli, 2008), alterazione che sembrerebbe essere
invertita con l’uso di antipsicotici. Anomalie morfologiche delle aree
“associative” dello striato sono state messe in correlazione con
l’appiattimento affettivo (Mamah et al., 2007; Ballmaier et al., 2008).
Simili alterazioni morfologiche sono state riscontrate anche in parenti di
primo grado di soggetti affetti. Istologicamente è stata confermata una
riduzione del 10% del numero di cellule nel CP. Farmaci antipsicotici
agirebbero non solo in cronico sulla struttura dei gangli della base, ma
anche in acuto (Tost, 2010).
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Farmaci antipsicotici
Terapia della schizofrenia
Secondo le più attuali linee guida, il trattamento della schizofrenia si basa
su interventi di natura sia farmacologica che psicosociale.
I farmaci cardine nel trattamento della schizofrenia sono i cosiddetti
farmaci "antipsicotici", i quali vengono attualmente divisi in due classi
principali, tipici e atipici. Tale distinzione è di natura clinica e si riferisce
esclusivamente al rischio di ciascuna molecola di indurre effetti collaterali
extrapiramidali (EPS) es. tremori, rigidità, acinesia, distonia acuta,
discinesia cronica tardiva, acatisa e di indurre iperprolattinemia. Si
definisce "antipsicotico atipico" un antipsicotico che abbia, a dosaggio
terapeutico, scarsa probabilità di indurre EPS e iperprolattinemia.
Nonostante un iniziale ottimismo, è attualmente opinione diffusa che le due
classi di farmaci non differiscano significativamente sotto il profilo di
efficacia, né tantomeno sotto il profilo del miglioramento dei sintomi
negativi e cognitivi (Insel, 2010).
Alla terapia antipsicotica possono essere aggiunti farmaci con diverso
spettro d'azione, quali stabilizzanti dell'umore, antidepressivi o
benzodiazepine, a seconda del quadro clinico del paziente.
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Accanto alla terapia farmacologica, le linee guida internazionali più recenti
raccomandano l'impiego di trattamenti psicosociali e riabilitativi (APA
Guidelines 2009).
Farmacodinamica degli antipsicotici
I sistemi dopaminergici coinvolti nel meccanismo d’azione degli
antipsicotici, tipici e atipici, sono essenzialmente quattro:
1. sistema nigrostriatale: via che proietta dai neuroni A9 della SNc alle
regioni dorsali del CP. Questa via è sostanzialmente preposta al
controllo del tono muscolare e della coordinazione motoria. È questa
la via coinvolta nella genesi degli effetti collaterali EPS.
2. sistema mesocorticale: via che dalla VTA proietta diffusamente alla
neocortex. Tali proiezioni sono implicate nella pianificazione
motoria e in alcune attività cognitive.
3. Sistema mesolimbico: trae anch’esso origine dalla VTA e proietta al
NAc, al tubercolo olfattorio, all’ippocampo, all’amigdala, alla
corteccia entorinale, al giro del cingolo e al CP ventrale. Queste
proiezioni sono preposte alla gestione di processi mnesici, emotivi e
motivazionali.
4. Sistema tuberoinfundibolare: proietta dal nucleo arcuato
dell’ipotalamo allo strato esterno dell’eminenza mediana. Tale via
regola la secrezione di Prolattina (PRL) ed è responsabile
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dell’iperprolattinemia che si osserva come effetto collaterale di
alcuni antipsicotici sia tipici che atipici.
fig. 2 Principali vie dopaminergiche adattata da Biondi et al., 2010
Tutti i farmaci antipsicotici sono accomunati da una più o meno marcata
affinità per i recettori D2 (Seeman, 1987; Carlsson, 1988) sui quali
esercitano un’azione di antagonismo o antagonismo parziale. L’importanza
di tale caratteristica è tale da poter definire già a livello preclinico il livello
di efficacia di un farmaco.
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È comunemente accettato infatti che il livello di occupancy dei recettori D2
sia determinante tanto per l’effetto antipsicotico quanto per l’insorgenza di
EPS, ed è stato dimostrato da studi di neuroimaging (mediante PET e
SPECT) che gli antipsicotici atipici hanno generalmente livelli di
occupancy più bassi degli antipiscotici tipici (Pani et al., 2007). È stato
inoltre calcolato che, nel caso di un antipsicotico tipico, almeno il 65% di
occupancy dei D2 è richiesto per un effetto antipsicotico valido, mentre gli
EPS si manifestano per valori superiori all’ 85% (Kapur, 2000).
Per spiegare il profilo terapeutico degli atipici, a dispetto della loro bassa
affinità per i D2, sono state formulate varie ipotesi:
1 - I recettori della dopamina sono espressi anche in corteccia: gli studi di
imaging che hanno calcolato il rapporto del binding cortico/sottocorticale
ed è stato evidenziato che gli atipici hanno un valore di tale parametro più
alto dei tipici, riportando che l’entità degli EPS potrebbe essere funzione
del binding sottocorticale (Pani et al., 2007).
2 - Gli antipsicotici atipici hanno affinità per i recettori della serotonina.
Gli studi di Meltzer et al., hanno dimostrato che la maggior parte degli
atipici sono antagonisti dei 5HT2a, 5HT6 e 5HT7; mentre si sono
20
dimostrati attivatori, diretti o indiretti, dei 5HT1 (Meltzer and Massey,
2011).
3 - Una delle teorie più controverse riguarda la farmacodinamica in senso
stretto. È stato ipotizzato da Kapur e Seeman (2001) che non è tanto
l’affinità (Kd) del farmaco a definire le proprietà dello stesso, ma piuttosto
le velocità di associazione e dissociazione del farmaco dal recettore. Le
caratteristiche dinamiche dell’associazione/dissociazione del farmaco dal
suo recettore spiegherebbero da sole, senza l’intervento dei recettori 5-
HT2a, le caratteristiche di atipicità di alcuni farmaci, in particolare per
l’amisulpride.
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Gene Expression ed Immediate Early Genes
(IEGs): dalla neurobiologia alla farmacoterapia.
Il termine IEGs è mutuato dalla virologia degli anni '80, ed indicava
originariamente quei geni virali che vengono per primi trascritti dalla
cellula infettata con i soli fattori di trascrizione pre-esistenti, senza doverne
sintetizzare altri (Watson and Clements, 1980). Oggi ci si riferisce agli
IEGs come ai primi geni trascritti da una cellula in risposta agli stimoli più
vari (es. fattori di crescita, neurotrasmettitori, attività metabolica etc..) i cui
trascritti, fattori di trascrizione, ma anche proteine strutturali o molecole di
segnale correlano con un'attivazione metabolica relativamente aspecifica
della cellula. D'altro canto l'attivazione di più o meno specifici fattori di
trascrizione sottende l'avvio della sintesi proteica che va a modificare in
qualche modo la successiva fisiologia cellulare.
In campo neurobiologico gli IEGs sono utilizzati principalmente come
markers di attività neuronale e hanno grande utilità per “mappare” i circuiti
neuronali potenzialmente coinvolti nella risposta ad uno specifico farmaco.
Il primo IEG ad essere studiato negli anni '80 fu c-fos. L’RNA di questo
IEG mostra un rapido aumento di espressione in specifici nuclei encefalici
22
in seguito a stimolazione farmacologica convulsivante e in risposta a
specifici contesti fisiologici (Sagar et al., 1988).
Studi successivi furono volti ad identificare ulteriori IEGs e a
caratterizzarne i principali stimoli inducenti.
Tra i molti tipi di stimoli che inducono IEGs, notevole rilevanza ricoprono
i farmaci ad uso umano o sperimentale.
In particolare una vasta letteratura riporta modificazioni di espressione di
IEGs in risposta a molecole psicotomimetiche quali metamfetamina,
amfetamina, PCP, ketamina e MK-801.
Particolarmente importante si è dimostrato il nesso tra espressione regione-
specifica di IEGs farmaco indotta e comparsa di EPS in seguito a
somministrazioni acute di vari agenti antipsicotici in modelli murini
(Chartoff et al., 1999), tanto che è ormai universalmente accettato che
l’aumento di espressione di c-fos nelle regioni laterali del CP sia un marker
di EPS. D’altro canto l’aumento di espressione di c-fos nel NAc è
considerato un fenomeno caratteristico degli antipsicotici atipici (es.
clozapina, risperidone, aripiprazolo) (de Bartolomeis e Iasevoli, 2003).
Alcuni tra gli IEG, ed. Es H1a, sono stati studiati come geni candidati nella
patogenesi della schizofrenia, e recentemente sono state trovate delle
correlazioni tra alcune varianti alleliche, la condizione clinica di partenza e
la risposta alla terapia iniziale con antipsicotici.
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Il nostro studio ha valutato alcuni tra gli IEGs maggiormente studiati in
letteratura: c-fos, Arc, Zif-268, Homer 1a e Norbin.
C-fos
C-Fos è un proto-oncogene che codifica per un fattore di trascrizione. C-
Fos ha un dominio di legame al DNA del tipo “leucine-zipper”, e un
dominio di transattivazione al C-terminale. La trascrizione di c-Fos è
indotta in risposta a molti segnali extracellulari diversi, tra cui fattori di
crescita o neurotrasmettitori. Inoltre, la fosforilazione della MAPK, PKA,
PKC o di cdc2 altera l'attività e la stabilità di c-Fos. I membri della
famiglia Fos dimerizzano con C-jun per formare la AP-1, un fattore di
trascrizione implicato in un ampia gamma di processi cellulari, tra cui
proliferazione, differenziazione cellulare e risposta a stressor cellulari.
In neurobiologia c-fos è spesso utilizzato come marker di recente attività
neuronale e lo studio topografico della sua espressione fornisce
informazioni circa l’attivazione di aree cerebrali distinte da quelle dove un
determinato farmaco lega i suoi recettori.
Zif-268
Zif-268 è un IEG che codifica per un fattore di trascrizione. La proteina
Zif-268 ha un dominio Cys2-His2 di legame al DNA. L’espressione di Zif-
268 è stata messa in relazione con la plasticità sinaptica, e quindi con
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fenomeni di apprendimento e di risposta a stressors ambientali; la
trascrizione del gene è strettamente glutammato-dipendente, potendo essere
inibita a livello ippocamapale da molecole tipo MK-801 o PCP (Leslie et
al., 1998).
Arc
Arc è un IEG il cui trascritto è tipicamente aumentato in sede dendritica in
corso del rimaneggiamento sinaptico che avviene in corso di LTD e LTP.
Questo gene è pertanto stato correlato con la plasticità sinaptica. Infatti
Arc, a livello della densità post-sinaptica (PSD) nelle spine dendritiche,
interagisce con due proteine, Dynamina e Endophilina; più in particolare,
nei neuroni Arc e l’Endophilina sono associate a vescicole che
internalizzano i recettori AMPA. L’espressione di Arc (dipendente
dall’attività neuronale) riduce l’espressione di tali recettori sulla superficie
e ne aumenta l’internalizzazione. Arc è anche indotta dall’attivazione di
mGluR-1. Tali fenomeni potrebbero essere visti come una forma di
“plasticità omeostatica” (Shepherd et al., 2006).
Numerosi studi hanno messo in relazione Arc con la formazione e il
consolidamento della LTP, nonché con le modificazioni strutturali che
avvengono nelle sinapsi durante questo fenomeno.
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Ulteriori prove dell’importanza di Arc nei processi di apprendimento
deriva da studi comportamentali che hanno evidenziato la trascrizione e
l’attivazione di Arc in regioni chiave (es. CA1 e CA3 del’ippocampo) per
questo tipo di processi (Miyashita et el., 2008).
Infine, numerosi studi hanno dimostrato che l’espressione di Arc può
essere modificata da manipolazioni dei sistemi dopaminergici.
La cocaina infatti induce l’espressione di Arc nello striato (tramite un
meccanismo D1 dipendente), ed inoltre Arc sembra implicata negli
adattamenti neuronali responsabili dei fenomeni di astinenza e di craving
(Fumagalli et al. 2009).
D’altro canto la deplezione di dopamina si associa ad una ridotta induzione
del gene nello striato dorsomediale, in particolare nei neuroni del fascio
nigro-striatale (Daberkow et al. 2008). Gli antipsicotici, infine, tipici ed
atipici, inducono il gene nello striato in seguito a somministrazione acuta;
dopo trattamento cronico tuttavia gli atipici riducono i livelli di mRNA,
mentre i tipici non ha alcun effetto (Fumagalli et al. 2009).
Homer 1-a
Il gene Homer codifica per una famiglia di proteine localizzate
principalmente nella densità postsinaptica (PSD) glutammatergica, dove
fungono da adattatori multifunzionali tra molteplici sistemi trasduzionali
(es. tra pathway a partenza da mGlur e NMDA).
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Homer presenta delle isoforme di splicing lunghe, costitutivamente
espresse, e delle isoforme corte, che si comportano come IEG.
Le isoforme di Homer costitutivamente espresse (H1b/c H2a/b e H3)
contengono un dominio terminale coiled-coil (CC), tramite il quale esse
possono omomultimerizzare. La regione N-terminale, inoltre, contiene un
dominio EVH (Ena/VASP homology), il quale media l’interazione con
numerose altre proteine, quali i recettori mGlur type I (1 e 5), i recettori per
l’inositolo-1,4,5-trifosfato, i recettori rianodinici e la proteina Shank
(scaffolding protein associata al NMDA-r). Il dominio CC risulta assente
nell’isoforma inducibile (H1a), la quale non può omomultimerizzare. H1a
si comporta come un IEG ed, essendo privo del domini CC, promuove il
disassemblaggio delle isoforme costitutive, comportandosi come un
“dominante negativo” (de Bartolomeis e Iasevoli, 2003).
L’iperespressione dell’isoforma corta di Homer, è stata messa in relazione
con una serie di meccanismi di adattamento e di risposta a diversi stressors
ambientali e farmacologici: complessivamente l’iperespressione dell’IEG
nelle strutture corticali facilita l’abilità di far fronte allo stress (Szumlinski
et al., 2006). Inoltre è stata da poco identificata la capacità di H1a di
attivare indipendentemente dalla presenza di glutammato i recettori
mGlur5, tale fenomeno osservato nell’ippocampo di ratti è stato messo in
relazione con l’elaborazione della paura e meccanismi mnesici (Tronson et
al., 2010).
27
L’espressione di Homer in risposta a vari trattamenti antipsicotici è stata
approfonditamente studiata da de Bartolomeis et al. Complessivamente, la
maggior parte dei farmaci antipsicotici inducono Homer tanto in acuto
quanto in cronico in quelle regioni chiavi per la patogenesi delle psicosi.
Dato il ruolo diretto di Homer nella plasticità sinaptica e la modulazione
differenziale della sua espressione in seguito a somministrazione di
antipsicotici tipici e atipici (de Bartolomeis et al., 2002) è stato proposto un
suo ruolo nella patogenesi della psicosi (Szumlinsky et al., 2005; de
Bartolomeis et al., 2005) ed un’implicazione nel meccanismo d’azione
degli antipsicotici (de Bartolomeis e Iasevoli, 2003). Homer è infatti anche
un gene candidato per la schizofrenia, ed è stato pubblicato uno studio di
linkage che ha identificato uno Single Nucleotide Polymorphism (SNP) in
una sequenza intronica del gene significativamente associato ad una
popolazione di pazienti schizofrenici. Tale SNP cade in una regione che
riguarda tanto la forma CC che l’isoforma corta (Norton et al., 2003).
Norbin (neurite-outgrowth promoting protein)
Norbin è una proteina di 75kD, fortemente conservata dagli invertebrati
fino all’uomo (98% di aminoacidi conservati tra ratto, topo e uomo),
espressa nel cervello adulto a livello della PSD nell’amigdala,
nell’ippocampo, nel setto e nella corteccia piriforme, nello striato e in varie
altre regioni corticali. Norbin sembrerebbe regolare negativamente la
28
fosoforilazione della PKCII, e si è dimostrata essenziale per processi di
apprendimento spaziale, come dimostrato dall’aumento della sua
espressione in corso di induzione chimica di LTP mediante
tetraetilammonio. Inoltre Norbin modula l’espressione, il trafficking e
l’attività dei pathway degli mGlur1 e 5.. La funzione di Norbin non è
chiara, anche se in ratti KO sono abolite sia la fase precoce che tardiva
della LTP. Inoltre la delezione di Norbin produce nel ratto dei fenotipi, tra
cui l’interferenza con la PPI e con l’attività locomotoria indotta da
psicostimolanti, utili come modelli preclinici di schizofrenia (Wang et al.,
2009).
29
Razionale dello studio
In questo studio è stato valutato in un modello sperimentale animale,
mediante ibridazione in situ, quali fossero le differenze nelle variazioni di
espressione genica in alcune regioni chiave per la fisiopatologia delle
psicosi, utilizzando due farmaci relativamente simili tra di loro sul piano
farmacodinamico, ma profondamente diversi su quello clinico.
Abbiamo utilizzato pertanto somministrazioni acute di aloperidolo, il
prototipo dei bloccanti dei D2 e degli antipsicotici tipici in generale, e di
amisulpride, antipsicotico atipico. Quest’ultimo farmaco è stato utilizzato a
nel ratto a due dosaggi:10mg/kg e 35mg/kg, nel tentativo di mimare
nell’animale da esperimento la “duplicità” di dose a cui e utilizzato questo
farmaco nell’uomo e che corrisponde come da studi registrativi, a
indicazioni terapeutiche differenti: disturbi depressivi (dose minore) e
disturbi psicotici (dose maggiore). L’amisulpride pur presentando una
farmacodinamica sostanzialmente simile a quella dell’aloperidolo (es. alta
affinità per i D2r) manifesta un proprietà cliniche più vicine agli
antipsicotici atipici, con ridotti EPS ma un più marcato incremento della
PRL.
L’ipotesi dello studio animale sperimentale è che tali differenze cliniche
possano avere un corrispettivo nelle differenti modificazioni acute indotte
dai due farmaci nel profilo di attivazione di IEG’s. Le differenze
neurobiologiche potrebbero essere associate con caratteristiche differenziali
30
dei due farmaci al momento non conosciute, al di la della loro
farmacodinamica sui recettori D2.
31
Materiali e metodi
Animali e trattamento
Ratti maschi Sprague-Dawley, del peso medio di 250g sono stati stabulati
in apposite gabbie di plexiglas, in una stanza a temperatura ed umidità
controllate, con un ciclo giorno-notte di 12/12 ore e libero accesso a cibo
ed acqua.
I ratti sono stati assegnati in maniera casuale ad uno dei seguenti gruppi
sperimentali:
SAL: 250μl di soluzione fisiologica
AMS10: 10mg/kg di amisulpride
AMS35: 35mg/kg di amisulpride
HAL: 0.8mg/kg di aloperidolo
Il trattamento dei ratti è avvenuto mediante iniezioni intraperitoneali.
I ratti sono stati sacrificati 90 minuti dopo l’ultima iniezione. Dopo il
sacrificio, effettuato mediante decapitazione, il cervello è stato prelevato in
toto mediante dissezione ed immediatamente congelato a -80°C.
Tutte le procedure sono state condotte in accordo con la “NIH Guide for
Care and Use of Laboratory Animals” e sono state approvate dal comitato
etico locale per la cura e l’utilizzo degli animali.
32
Sezione dei cervelli
I cervelli sono stati tagliati al criostato alla temperatura operativa di -20°C,
ottenendo sezioni coronali di 12μ di spessore, secondo l’Atlante
Anatomico del Sistema Nervoso del Ratto di Paxinos e Watson (1986).
Le sezioni comprendevano il corpo striato, corrispondente alle tavole 13-14
dell’Atlante.
Tali sezioni sono state apposte su vetrini, pretrattati con soluzione di
gelatina e cromo potassio solfato (subbing solution), e conservati a -50°C.
Ibridazione in situ
Sono stati selezionati 4 o 5 vetrini per ogni gruppo sperimentale, ognuno
contenete due o tre sezioni di cervello di un campione ( ratto)
Prima dell’ibridazione, le sezioni sono state pretrattate in soluzioni di
phosphate buffer solution (PBS), 4% formaldeide, Trietanolamina HCl a
pH 8 con anidride acetica 0,25%, Etanolo in concentrazioni crescenti (70%
- 80% - 95% - 100%), e Cloroformio.
Per la reazione di ibridazione in situ sono stati utilizzati probes costituiti da
oligodeossiribonucleotidi di cDNA, complementari a specifici intervalli
dell’mRNA dei geni di interesse.
Per c-fos è stato utilizzato un probe di 48 basi complementare all’intervallo
dell’mRNA corrispondente nel ratto (GenBank ) (MWG Biotech, Firenze).
33
Per Zif268 è stato utilizzato un probe di 48 basi complementare
all’intervallo 352-399 dell’mRNA corrispondente nel ratto (GenBank
#M18416) (MWG Biotech, Firenze).
Per Arc è stato utilizzato un probe di 48 basi complementare all’intervallo
dell’mRNA corrispondente nel ratto (GenBank #NM019361) (MWG
Biotech, Firenze).
Per Homer1a è stato utilizzato un probe di 48 basi complementare
all’intervallo 2527-2574 dell’mRNA corrispondente nel ratto (GenBank
#U92079) (MWG Biotech, Firenze).
Per Norbin è stato utilizzato un probe di 48 basi complementare
all’intervallo 1083-1130 dell’mRNA corrispondente nel ratto (GenBank
#NM053543) (MWG Biotech, Firenze).
I probes sono stati marcati all’estremità 3’ terminale con 35S radioattivo
(10mCi/mmol, Amersham Biosciences), attraverso una reazione catalizzata
da una deossinucleotidil-transferasi-terminale, a 37°C in 20 min di
incubazione. La soluzione è stata poi depurata di nucleotidi ed RNA
estraneo per passaggio attraverso microcolonne resinate (Probe Quant ™
G-50 microcolumns, Amersham Biosciences). La marcatura delle sonde è
stata misurata mediante scintillatore.
Il buffer per l’ibridazione in situ era composto da una soluzione contenente
formammide 50%, NaCl 600mM, Tris-HCl (pH 7,5) 80mM, EDTA (pH
34
0,5) 4mM, Na pirofosfato 0,10%, Sodio-Dodecil-Solfato 0,20%, Eparina
0,2mg/ml, Destrano Solfato 10%, H2O DEPC e DTT 100mM.
Il probe è stato incubato in questa soluzione a 37°C per qualche minuto.
Successivamente il buffer è stato pipettato sui vetrini (circa 80μl/slide),
applicandovi appositi coprivetrini. I vetrini sono stati incubati a 37°C per
24h in camera umidificata.
I coprivetrini sono stati rimossi in una soluzione di Citrato di Sodio e
Cloruro di Sodio (SSC1x). I vetrini sono stati lavati in una soluzione di
SSC2x con formammide al 50%, alla temperatura di 45°C (quattro lavaggi
di 15 min ciascuno), in SSC1x (2 lavaggi di 30 min ciascuno); in acqua, ed
in Etanolo al 70%, quindi posti ad asciugare.
Una volta asciugate, le sezioni sui vetrini sono state posizionate in cassette
radiografiche 35x43 (Kodak Biomax MR) ed esposte su specifica lastra
autoradiografica (Kodak Biomax MR Film).
Il tempo di esposizione è stato calcolato in base allo scopo di ottimizzare il
rapporto tra la qualità del segnale corrispondente all’espressione genica ed
il background della lastra stessa.
Il sistema di controllo e standardizzazione dell’esposizione è rappresentato
da uno standard sul quale sono localizzate quantità specifiche di 14C in
scala, i cui valori corrispondenti all’impressione della lastra
autoradiografica sono noti.
35
Analisi dei dati
L’analisi dell’l’immagine è stata effettuata utilizzando un sistema
computerizzato (Scanner Microtek 9800 XL su ApplePower PC). Il
formato digitale dell’autoradiogramma è stato quantizzato utilizzando il
software ImageJ 1.33u (National Institute of Health, Bethesda), ottenendo
così la traslazione numerica dell’espressione dell’mRNA del gene,
precedentemente visualizzata come scala di grigi. Le regioni anatomiche di
interesse (ROIs= Regions Of Interest) prese in considerazione sono state:
caudato-putamen dorsomediale (dmCP), dorsolaterale (dlCP),
ventromediale (vmCP), ventrolaterale (vlCP), core e shell del nucleo
accumbens, come riportato da Ambesi-Impiombato, 2003 (Ambesi-
Impiombato et al. 2003); corteccia cingolata anteriore (AC), mediale
agranulare (M2), motoria (M1), somatosensoriale (SS), insulare (I), come
riportato da Yano, 2005 (Yano and Steiner 2005).
I dati ottenuti con queste misurazioni sono stati calibrati utilizzando i valori
di scala di grigio derivanti dall’esposizione di standard di 14C cross
calibrati con standard di 35S, mediante un polinomio di 3° grado per la
conversione di tali misure numeriche in dpm relativi ed il loro best fitting
su un’apposita curva di calibrazione generata dal programma stesso.
Le medie dei valori tra le sezioni di uno stesso vetrino sono state analizzate
mediante un test di varianza ANOVA che calcolasse la differenza
dell’espressione del gene tra i gruppi sperimentali nelle singole regioni.
36
Laddove i dati sono risultati statisticamente significativi (p<0,05), si è
provveduto ad un ulteriore test post-hoc di Student-Neumann-Keuls.
Per l’analisi di correlazione sono stati presi in considerazione i medesimi
valori espressi in dpm relativi utilizzati per l’ANOVA, che sono stati
analizzati mediante il programma JMP, assumendo come livello di
significatività P<0.05.
37
Risultati
C-Fos L’aloperidolo e l’AMS ad entrambi i dosaggi inducono c-fos nel dmCP
rispetto alla salina (Anova: p<0.05), mentre nel dlCP e nel vlCP solo
l’aloperidolo induce significativamente il trascritto (Anova: p<0.05). Nei
rimanenti gruppi non abbiamo osservato differenze statisticamente
significative né nelle rimanenti regioni dello Striato né in corteccia.
mRNA di c-fos nel caudato-
putamen e in corteccia
AMS10
AMS10
HAL
mRNA di Zif268 nel caudato-putamen e in corteccia
SAL
SAL AMS10
AMS10
AMS35
AMS35
HAL
HAL
fig. espressione di c-fos in corteccia e caudato-putamen
38
Fig.3
Fig.4
39
Zif-268 Zif-268 mostra un pattern complesso di attivazione comparato con c-fos.
L’aloperidolo induce Zif268 in misura statisticamente significativa (Anova:
p<0.05) rispetto all’amisulpride a 10 mg/kg e rispetto alla salina nel dmCP,
vmCP e nel core del NAc; nel dlCP e nel vlCP l’induzione da parte dell’
aloperidolo è significativa (Anova: p<0.05) rispetto a tutti gli altri gruppi.
L’amisulpride induce Zif268 in maniera statisticamente significativa
rispetto alla salina (Anova: p<0.05) ad entrambi i dosaggi in tutte le aree
del CP, e solo al dosaggio di 35 mg/kg nel core del NAc.
In corteccia insulare l’aloperidolo e l’amisulpride a 10 mg/kg inducono
significativamente Zif268 (Anova: p<0.05).
mRNA di c-fos nel caudato-putamen e in corteccia
AMS10
AMS10
HAL
mRNA di Zif268 nel caudato-putamen e in corteccia
SAL
SAL AMS10
AMS10
AMS35
AMS35
HAL
HAL
fig. espressione di Zif268 in corteccia e caudato-putamen
40
Fig.
fig.
41
Arc Arc viene indotto significativamente (Anova: p<0.05) dall’aloperidolo
rispetto alla salina e all’amisulpride ad entrambi i dosaggi in dlCP, vlCP e
vmCP; nel dmCP la significatività (Anova: p<0.05) è stata riscontrata solo
rispetto all’amisulpride a 10 mg/kg, mostrando una tendenza alla
significatività nel dosaggio a 35mg/kg.
Nessuna significativa differenza è stata osservata nel NAc né in corteccia.
mRNA di Homer1a nel caudato-putamen e in corteccia
AMS10
AMS10
HAL
AMS10 SAL AMS35 HAL
mRNA di Arc nel caudato-putamen e in corteccia
SAL AMS35 AMS10 HAL
fig. espressione di Arc in corteccia e caudato-putamen
fig.
42
fig.
43
Homer 1a A livello del CP l’aloperidolo induce significativamente (Anova: p<0.05) il
trascritto rispetto alla salina nel dmCP, regione nella quale l’amisulpride
mostra un trend verso la significatività ad entrambi i dosaggi. Nel dlCP il
trascritto è significativamente (Anova: p<0.05) aumentato nel gruppo con
aloperidolo rispetto alla salina e all’amisulpride ad entrambi i dosaggi. Nel
vlCP l’aloperidolo indice il trascritto rispetto alla salina e all’AMS al
dosaggio di 35mg/kg. Nessuna significatività è stata osservata nelle altre
regioni.
Dall’analisi dei dati non risulta nessuna variazione statisticamente
significativa dei livelli del trascritto di H1a in nessuna area corticale
indagata.
mRNA di Homer1a nel caudato-
putamen e in corteccia
AMS10
AMS10
HAL
AMS10 SAL AMS35 HAL
mRNA di Arc nel caudato-putamen e in corteccia
SAL AMS35 AMS10 HAL
fig. espressione di Homer1a in corteccia e caudato-putamen
44
fig.
45
Norbin L’aloperidolo induce significativamente (Anova: p<0.05) il trascritto di
Norbin nelle regioni laterali del CP e nello Shell del NAc sia rispetto alla
salina sia rispetto ad entrambi i dosaggi di amisulpride. L’amisulpride a
35mg/kg riduce significativamente (Anova: p<0.05) l’espressione di
Norbin rispetto alla salina nello Shell del NAc.
In corteccia l’aloperidolo induce significativamente (Anova: p<0.05)
Norbin rispetto a tutti i gruppi sperimentali in M1 e nell’insula, solo
rispetto ai due dosaggi di amisupride in SS.
mRNA di Norbin nel caudato-putamen e in corteccia
AMS10
AMS10
HAL SAL AMS10 AMS35 HAL
fig. espressione di Norbin in corteccia e caudato-putamen
46
Fig.
fig.
47
Discussione I risultati di questo studio possono sintetizzarsi nei punti di seguito
riportati.
1) La sommministrazione acuta di antipsicotici, prevalentemente
antagonisti del recettore D2 ma con differente caratteristiche di
legame agli stessi recettori, inducono in maniera differenziale in a e
corticali e sottocorticali l’espressione (mRNA) di geni precoci
considerati rilevanti per la trasduzione del segnale e per
l’implicazione in multipli effeti transinaptici.
2) Dosi differenti dello stesso antipsicotico (amisulpride) inducono
differente pattern di attivazione dei trascrittim suggerendo una
possibile “reclutamento” di aree corticali e subcorticali differente
alla base di target sintomatologici diversi per i quali sono indicati
3) Geni precoci diversi pur con alcune specificità regione-correlati
presentano, un pattern di attivazione tra loro simile, suggerendo un
possibile meccanismo topografico e temporale sincrono di
“attivazione” neuronale dopo tratatmento acuto con farmaco
antipsicotico .
48
I risultati di questo studio confermano precedenti evidenze sperimentali
secondo cui alcuni IEGs sono fortemente indotti nello striato da
antipsicotici con elevata affinità per i D2R quale l’aloperidolo; l’induzione
è di contro minore riper intensità (Tomasetti et al., 2011, 2007; Iasevoli et
al., 2010, 2009; Dell’Aversano et al., 2009; Ambesi-Impiombato et al.,
2007; Polese et al., 2002; de Bartolomeis et al., 2002).
L’espressione di fattori di trascrizione nello striato può essere considerata
un marker di attivazione neuronale regione-specifico; più in particolare
l’attivazione della trascrizione nelle regioni dorsolaterali del CP potrebbe
correlarsi con l’insorgenza di disturbi motori (ad esempio di toipo
extrapiramidale), caratteristici degli antipsicotici tipici, di contro la
prevalente attivazione in aree extrastriatali è stata messa in relazione con
l’effetto antipsicotico (Kapur et al., 2008).
. Tale osservazione potrebbe essere coerente dati sperimentali di
occupancy in vivo, che indicano per l’amisulpride una selettività di legame
per le regioni extrastriatali (Schoemaker et al., 1997).
Il meccanismo alla base della selettività di legame degli antipsicotici atipici
per le regioni limbiche dello striato non è chiaro. Alcune delle ipotesi
riportate in letteratura prevedono che farmaci con bassa affinità per i D2
possano legarsi preferenzialmente in quelle regioni, come le aree mediali
dello striato, con una bassa densità di recettori D2 (Lidow et al., 1998) o
minori livelli di dopamina endogena (Seeman and Tallerico, 1999). Queste
49
ipotesi non si applicano a una molecola come l’amisulpride, che ha un’alta
affinità per i D2/D3. È stato ipotizzato che la selettività limbica di tale
farmaco possa dipendere dal rapporto di affinità D2/D3, essendo i D3 più
espressi nelle regioni limbiche (Joyce, 2001). L’amisulpride, come anche il
risperidone, ha un’alta affinità per i D3, e questo potrebbe spiegare la sua
potenziale selettività extrastriatale (Scatton et al., 1997).
L’aumento di espressione Homer1a è stato associato con una maggiore
esposizione di recettori mGlur di tipo I (mGlur1 e mGlur5) sulla membrana
postsinaptica, con l’aumento dell’attività ligando-indipendente degli stessi
recettori e con l’aumento del rate metabolico di alcuni vie di segnale
intracellulare calcio-dipendenti. Queste osservazioni suggeriscono per
Homer1a non solo un ruolo come marker di attività neuronale ma
altresìnella modulazione dell’eccitabilità neuronale, e dimostrano come
manipolazioni del sistema dopaminergico possano avere effetti,
transinaptici sulla neurotrasmissione glutammatergica (de Bartolomeis and
Iasevoli, 2003).
L’espressione di Homer1a presenta un pattern topografico analogo a quello
di c-fos e Zif268, essendo il trascritto indotto più marcatamente nelle
regioni dorsolaterali del caudato.putamen Questo dato, è coerente con la
scarsa propensione di amisulpiride a interessare la fisiologia del caudato –
50
putamen dorsolaterale e a indurre effetti extrapiramidali. Tale pattern
topografico di Homer1a potrebbe avere un ruolo predittivo di atipicalità in
modelli preclinici di somministrazione in vivo degli antipsicotici.
Homer1a, Norbin e Arc sono inoltre coinvolti in fenomeni di
rimodellamento e plasticità sinaptica. Homer1a e Arc risultano indotti
preferenzialmente nel Caudato-Putamen ventromediale da amisulpride,
mentre sono indotti più diffusa nell’intero striato da aloperidolo.
Essendo i dati riportati riferiti ad esperimenti in acuto, potrebbe essere
plausibile ipotizzare un rimodellamento della funzionalità sinaptica, , ben
più precoce di quanto non si ipotizzasse in passato.
Infatti numerosi sono stati gli studi pubblicati sulle alterazioni
morfologiche indotte da trattamenti cronici con antipsicotici tanto in
modelli animali quanto nell’uomo. I risultati di questi studi, per quanto non
sempre concordi, indicano una riduzione di volume delle strutture
sottocorticali nei pazienti drug-naive all’esordio della malattia (Ebdrup et
al., 2011, 2010), e un aumento di volume in seguito a trattamenti con
antipsicotici tipici, probabilmente dovuto al persistente blocco dei D2-R
(Chakos et al., 1994; Keshavan et al., 1994). In seguito a terapia con atipici
i dati sono contrastanti, riportando una riduzione di volume in seguito a
switch da tipico ad atipico (Chakos et al. 1995; Frazier et al. 1996; Corson
et al. 1999; Scheepers et al. 2000), uno studio riporta aumento di volume in
51
seguito a trattamento con clozapina (Staal et al., 2000) ed uno studio
riporta nessuna modificazione (Gur et al., 1998).
Solo più recentemente si è cominciato a studiare quali possano essere le
modificazioni morfologiche indotte anche da una singola dose di
antipsicotico nell’uomo con l’indicazioni di profonde moficazioni
volumetriche striatali reversibili dopo somministrazione i.v di aloperidolo
(Tost et al., 2011).
In definitiva il pattern di induzione dei geni precoci c-fos, zif e Homer1a
dopo trattamento acuto con antipsicotici prevalentemente D2R antagonisti
si rileva sensibile alle differenti caratteristiche di legame e di affinità degli
antipsicotici stessi, potrebbe rappresentare uno degli eventi precoci
trascrizionali e di trasduzione del segnale responsabile di modificazioni
citoarchitettoniche neuronali anche dopo singola somministrazione del
farmaco e sottendere il coinvolgimento differenti substrati fisiopatologici
alla base dell’efficacia e degli affetti avversi degli antipsicotici tipici e
atipici.
Bibliografia
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