tesi di magistero

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PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA DELL’ITALIA MERIDIONALE – NAPOLI ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE MATERA TESI DI MAGISTERO IN SCIENZE RELIGIOSE La santità nella vita ordinaria in San Josemaría Escrivá RELATORE: Prof. MANZOLI CONSUELO CANDIDATO: BUFANO GIUSEPPE ANNO ACCADEMICO 2003-2004

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La santità nella vita ordinaria in San Josemaria Escrivà.

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Page 1: Tesi di Magistero

PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA DELL’ITALIA MERIDIONALE – NAPOLI

ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE – MATERA

TESI DI MAGISTERO IN SCIENZE RELIGIOSE

La santità nella vita ordinaria in San Josemaría Escrivá

RELATORE:

Prof. MANZOLI CONSUELO

CANDIDATO:

BUFANO GIUSEPPE

ANNO ACCADEMICO 2003-2004

Page 2: Tesi di Magistero

A San Josemaría Escrivá

“Lì dove sono le vostre aspirazioni, il vostro lavoro,

lì dove si riversa il vostro amore,

quello è il posto del vostro quotidiano incontro con Cristo.

È in mezzo alle cose più materiali della terra

che ci dobbiamo santificare,

servendo Dio e tutti gli uomini.

Dall’omelia

“Amare il mondo appassionatamente”.

Page 3: Tesi di Magistero

INTRODUZIONE

San Josemaría nacque nel 1902 a Barbastro (Spagna). Ordinato sacerdote all’età

di 23 anni, trascorse i suoi primi anni di ministro di Dio a Madrid per poter ottenere il

dottorato in giurisprudenza. Questa diverrà poi una prerogativa per i suoi seguaci che

vorranno ricevere il sacerdozio, quella cioè di ottenere una laurea civile oltre agli studi

teologici. A Madrid, in seguito a una illuminazione divina, fondò l’Opus Dei che aprì,

nella storia della Chiesa, un nuovo cammino verso la santità: una santità non più per

privilegiati, ma per tutti1.

L’Opera nata per volontà di Dio invita tutti i suoi membri a camminare verso il

traguardo della santità, mediante la santificazione del proprio lavoro e delle cose

ordinarie e, con esse, alla santificazione degli altri. Non è necessario compiere azioni

straordinarie per diventare santi. Diceva Albino Luciani, futuro Papa Giovanni Paolo I,

in riferimento a una predicazione di san Josemaría, che il Signore vuole da noi tanta

bontà, e vuole che la raggiungiamo «con azioni comuni; è il modo di eseguire le azioni,

che deve essere non comune»2. È nel mondo, nel proprio stato della vita ordinaria che

ogni cristiano deve santificarsi, elevando Cristo in cima a tutte le attività umane.

Accusato di massoneria mons. Escrivá godette sempre dell’appoggio di molti

vescovi e del pontefice, sino ad ottenere nel 1950 l’approvazione pontificia definitiva

con la quale l’Opus Dei fu eretto come primo Istituto Secolare. Non solo. Il Concilio

Vaticano II fu significativo in quanto confermò quello che san Josemaría aveva

predicato già trent’anni prima: la proclamazione universale alla santità.

1 Cfr. ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Lettera del 24.03.1930, in OCÁRIZ FERNANDO, Vocazione alla santità in Cristo e nella

Chiesa, in AA.VV., Santità e mondo, Atti del Convegno teologico di studi sugli insegnamenti del beato Josemaría Escrivá

(Roma, 12-14 ottobre 1993), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1994, p. 32. 2 LUCIANI ALBINO, Cercando Dio nel lavoro quotidiano, in Gazzettino di Venezia del 25.07.1978, in FARO GIORGIO,

Il lavoro nell’insegnamento del beato Josemaría Escrivá, Agrilavoro Edizioni, Roma 2000, p. 5.

Page 4: Tesi di Magistero

CAPITOLO PRIMO

San Josemaría Escrivá de Balaguer

Page 5: Tesi di Magistero

1.1 SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ DE BALAGUER

San Josemaría Escrivá nacque a Barbastro (in provincia di Huesca – Spagna) il 9

gennaio 1902. I suoi genitori si chiamavano José e Dolores. Ebbe cinque fratelli:

Carmen, la primogenita, María Asunción, María de los Dolores e María del Rosario, tre

sorelle più giovani di lui che morirono in tenera età, e Santiago.

Originari di Narbona, nella Francia meridionale, gli Escrivá attraversarono i

Pirenei per fermarsi nella zona di Lerida, terra catalana al confine con l’Alta Aragona.

Coloro che rimasero nella regione aggiunsero al cognome il “de Balaguer”, mentre un

altro gruppo proseguí per Valencia, dopo la presa della città da parte di re Giacomo I, il

Conquistatore, nel 12383.

Josemaría discendeva dal ramo catalano e ottenne di aggiungere al cognome

Escrivá il “de Balaguer”.

Ringraziando il Signore per essere venuto alla luce in una famiglia cristiana

descrive la sua origine con le seguenti parole:

“Dio nostro Signore ha fatto in modo che la mia vita fosse normale e comune,

senza nulla che chiamasse l’attenzione. Mi ha fatto nascere in un luogo cristiano, come

sono soliti quelli del mio Paese, da genitori esemplari che praticavano e vivevano la

loro fede4”.

Don José era commerciante di tessuti; uomo rispettoso e generoso con i

bisognosi, man mano veniva soprannominato San José per la sua bontà. Dolores,

3 Cfr. TORNIELLI ANDREA, Escrivá Fondatore dell’Opus Dei, Ed. Piemme, Casale Monferrato (Al) 2002, p. 14.

4 ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Meditazione 14-II-64, p. 53, in Meditaciones, Scritti inediti 7, Roma 1986, in TORNIELLI A.,

Escrivá cit., p. 13; cfr. VÁSQUEZ DE PRADA ANDRÉS, Il fondatore dell’Opus Dei. La biografia del beato Josemaría

Escrivá, vol. 1, Leonardo International, Milano 1999, p. 11.

Page 6: Tesi di Magistero

chiamata donna Lola, bella ed elegante, si distingueva per la pazienza e il buon

carattere.

Non ancora compiuti due anni dalla nascita, Josemaría ebbe un’influenza acuta

che avrebbe potuto condurlo alla morte. Ritenuto ormai inguaribile dai medici, la

mamma Dolores fece un voto alla Vergine di Torreciudad, con la promessa che si

sarebbe recata in pellegrinaggio con il bambino se si fosse salvato.

Trascorsa la notte il bambino era completamente guarito e mamma Dolores e

papà José compirono la promessa: Josemaría venne affidato alla speciale protezione

della Madonna. In seguito donna Lola più volte ripeté questo episodio al figlio

dicendogli che la Vergine Maria lo aveva guarito per fare di lui qualcosa di grande.

«I figli degli Escrivá crescevano in un ambiente di pietà naturale, senza

bigotteria. Dio, Gesù, i santi non erano visibili, ma erano realmente presenti nella loro

vita. […] I genitori li incoraggiavano nel rapporto con Dio, con i suoi angeli e i suoi

santi. Il piccolo Josemaría aveva imparato le preghiere proprie dei bambini, sapeva

recitare il Rosario e dire la Salve; ogni tanto, insieme con la sorella Carmen,

accompagnava il padre a Messa»5.

In quegli anni la famiglia è profondamente colpita dalla morte delle figlie più

piccole: María del Rosario, a soli nove mesi di vita; María de los Dolores, chiamata

Lolita, due anni più tardi. María Asunción, dopo una grave malattia, muore nel 1913. La

scomparsa delle tre sorelle, dalla più piccola alla più grande, porta Escrivá ad una

riflessione logica e tremenda: se fosse continuato il corso naturale di quelle morti, il

5 BERGLAR PETER, Opus Dei. La vita e l’opera del fondatore Josemaría Escrivá, Rusconi Libri, Milano 1987, p. 24.

Page 7: Tesi di Magistero

prossimo sarebbe stato lui. La mamma lo consolò poiché era stato affidato alla

Madonna6.

Dopo la morte delle tre figlie, la famiglia Escrivá affronta altre dure prove: il

fallimento della società del padre. Nel giro di pochi mesi il benessere economico, di cui

godeva la famiglia, scomparve: fu mandata via la bambinaia, la cuoca, i domestici e

tutti coloro che erano alle loro dipendenze. Donna Lola si occupò dei servizi domestici,

preoccupandosi di mantenere l’ordine in casa e in famiglia. Don José, dovendo risarcire

i creditori, dovette vendere anche i suoi beni personali e la casa.

Papà José si trasferì a Logroño, capitale dell’omonima provincia, dove

incominciò a lavorare in un negozio di tessuti. Successivamente si trasferì tutta la

famiglia.

Un mattino d’inverno, durante le vacanze natalizie tra il 1917 e il 1918, scorse

sulla neve, che nella notte aveva ricoperto le strade della città di Logroño, delle

impronte di piedi scalzi. Erano le orme lasciate da padre José Miguel, del vicino

convento dei carmelitani scalzi. «Questo segno, poco appariscente e tuttavia visibile, di

un’umile donazione a Gesù Cristo, lo commosse profondamente; nel suo cuore nacque

una profonda inquietudine e si sentì pervaso dal desiderio ardente di raggiungere un

grande amore, o meglio, “il” grande Amore»7.

«Le orme del carmelitano sulla neve si convertirono per lui in orme che guidano a

Cristo, in orme nelle quali riconobbe i passi di Cristo stesso»8.

6 Cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 19; cfr. DOLZ MICHELE, San Josemaría Escrivá, 6 ottobre 2002, Ed. Ares, Milano

2002, p. 12. 7 BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 30; cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., p. 14; cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 22.

8 Ibidem, p. 31.

Page 8: Tesi di Magistero

Presto lo seguì in cerca di direzione spirituale. Certo di essere chiamato da Dio

incominciò a rinnovare la propria vita: preghiera intensa, mortificazioni e penitenze,

partecipazione alla santa messa quotidiana nutrendosi dell’Eucarestia.

Il padre José Miguel lo esortò ad entrare nell’Ordine Carmelitano. Josemaría

chiedeva al Signore di illuminarlo: «capiva però – e ne riceveva conferma nella

preghiera – che Dio gli aveva preparato un’altra via. Per essere più disponibile alla

volontà di Dio, decise allora di farsi sacerdote»9. «Pur non conoscendo il contenuto

della sua vocazione, intuiva che per compierla, quale che fosse, gli era necessario il

sacerdozio»10

.

Josemaría era l’unico figlio maschio e comprendeva bene che i suoi genitori

avevano dei progetti per lui; egli un domani avrebbe tirato avanti la famiglia. La

mamma e il papà non erano più giovani e da dieci anni non nascevano più figli. Il

giovane Escrivá rivolse a Dio una preghiera perché i suoi genitori potessero avere un

altro figlio maschio che avrebbe preso il suo posto nei loro progetti.

All’età di sedici anni Josemaría entrò in seminario a Logroño (6 novembre 1918)

come alunno esterno, com’era consuetudine per gli studenti che vivevano in città; dopo

alcuni mesi la sua preghiera venne esaudita: il 28 febbraio 1919 nacque il fratello

Santiago.

Nel settembre 1920 Josemaría si trasferì dal seminario di Logroño a quello di

Saragozza dove continuò gli studi teologici. Successivamente, nel 1923 inizia gli studi

9 Registro Histórico Fundador 20166, p. 74, in BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 31; cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., p.

15. 10

BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 31.

Page 9: Tesi di Magistero

di giurisprudenza presso l’università statale «per essere disponibile e con buona

formazione giuridica per quando Dio avesse manifestato la sua volontà»11

.

Gli anni trascorsi presso il seminario San Carlos di Saragozza furono duri, dovuti

a forti contrasti con cui Josemaría venne a trovarsi. Era un giovane che amava l’ordine:

il vestito e le scarpe ben puliti, si lavava ogni giorno… tutto questo destò stupore ai suoi

compagni di seminario, i quali lo chiamavano il signorino.

Altri nomignoli gli furono attribuiti per quanto riguarda la sua spiritualità: Rosa

mystica dovuto alle frequenti visite che faceva alla Basilica del Pilar; il sognatore,

perché trascorreva diverse ore in adorazione davanti al Santissimo Sacramento nella

chiesa del seminario. Egli faceva finta di non ascoltare, però ne soffriva dentro.

Nel 1924 Escrivá viene provato di nuovo dal dolore: la morte del padre. Ritornò a

Logroño e si prese cura della mamma Dolores e dei fratelli Carmen e Santiago.

Successivamente, la famiglia si trasferì a Saragozza e alla fine dello stesso anno

Josemaría ricevette il diaconato.

Dopo circa un mese e mezzo, il 20 febbraio 1925, Josemaría chiede al Vicario

capitolare di Saragozza di essere ordinato sacerdote, anche senza l’età canonica.

Accordata la dispensa, gli viene conferito il sacramento dell’ordine il 28 marzo 1925

per mano del vescovo mons. Miguel de los Santos Diaz Gómara, all’età di 23 anni.

A pochi giorni dall’ordinazione gli fu affidato l’incarico di reggente ausiliare

della parrocchia di Perdiguera, un paese di campagna di circa ottocento abitanti, distante

pressappoco venti chilometri da Saragozza. Escrivá viene ospitato da una famiglia di

contadini e durante la sua permanenza in questo paese, si rese conto della scarsa

11

Positio. Biographia Documentata, p. 79, in TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 25.

Page 10: Tesi di Magistero

formazione spirituale e di quanti ignorassero il catechismo. Organizzò, così, corsi per

adulti e bambini.

Trascorsi sette mesi nella parrocchia di Perdiguera ritornò a Saragozza e rimase

per due anni senza nessun incarico ufficiale. Questo era il tempo favorevole per recarsi

a Madrid dove avrebbe completato gli studi giuridici ottenendo il dottorato. Ricevuto il

permesso di risiedere a Madrid per due anni, Escrivá partì, «fermamente deciso a

portare avanti i propri progetti, seguendo i suggerimenti interiori della grazia che gli

indicavano il trasferimento a Madrid come una tappa che lo avrebbe avvicinato alla

risposta che il Signore intendeva dare al suo “Signore, fa che io veda!”»12

.

A Madrid gli veniva data la possibilità di celebrare la S. Eucarestia nella chiesa di

San Miguel. Non potendo esercitare al meglio il suo ministero si trasferì presso le Dame

Apostoliche del Sacro Cuore, una istituzione religiosa che aveva una casa per sacerdoti.

Donna Luz Rodriguez Casanova, fondatrice delle Dame Apostoliche, fece

ottenere l’incarico di cappellano della chiesa del Patronato de Enfermos, dove venivano

assistiti poveri, moribondi e bambini abbandonati. Tale incarico non lo distolse dallo

studio di giurisprudenza, né dal lavoro di insegnamento presso l’Accademia della città.

Anzi, svolse un’instancabile opera di apostolato: preparò migliaia di bambini alla

Confessione e alla Comunione, accudì malati e invalidi negli ospedali, si dedicò alle

opere di misericordia nei sobborghi più indigenti di Madrid13

.

12

Positio. Biographia Documentata, p. 197, in TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 35; cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., p.

19. 13

Cfr. BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 13; cfr. VÁSQUEZ DE PRADA A., Il fondatore cit., vol. 1, pp. 295-296; cfr.

DOLZ M., San Josemaría cit., p. 19.

Page 11: Tesi di Magistero

1.2 LA NASCITA DELL’OPUS DEI: 2 OTTOBRE 1928

Terminata la sessione universitaria autunnale, don Josemaría si concesse una

pausa. Frequentò gli esercizi spirituali, com’era solito fare ogni anno, presso la casa dei

Lazzaristi a Madrid, che si trovava vicino al Patronato.

Gli esercizi duravano una settimana, dal 30 settembre al 6 ottobre, e don

Josemaría portò con sé i suoi effetti personali e alcuni foglietti, gli Apuntes íntimos

(Appunti intimi) che egli chiamava Catalinas (caterine, per devozione a Santa Caterina

da Siena).

In questi foglietti aveva raccolto le grazie straordinarie che il Signore gli aveva

dispensato per dieci anni; tali annotazioni rivelavano quanto fosse davvero straordinaria

la sua vita14

. Gli Appunti intimi li ricopiò su un quaderno che poi gettò nel fuoco,

poiché avendo dei contenuti di carattere soprannaturale, qualcuno un giorno, leggendoli,

lo avrebbe scambiato per un santo15

.

Finalmente la sua incessante supplica “Signore, fa che io veda” aveva raggiunto

la vetta dalla quale avrebbe potuto scorgere un progetto divino che non proveniva da

ieri o da una data ben precisa, ma dall’eternità dell’Amore di Dio16

.

In quei giorni di esercizi spirituali, per volontà di Dio terminava l’apprendistato e

gli veniva comunicata la missione che avrebbe dovuto portare a compimento.

Era la mattina del 2 ottobre, giorno della festa degli Angeli Custodi, quando don

Josemaría si trovava nella sua camera a leggere i suoi Appunti. All’improvviso ebbe

14

Cfr. VÁSQUEZ DE PRADA A., Il fondatore cit., vol. 1, p. 307; cfr. anche p. 366; cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p.

39. 15

Cfr. DEL PORTILLO ÁLVARO, Intervista sul fondatore dell’Opus Dei, a cura di Cavalleri Cesare, Ed. Ares, Milano

1992, p. 209; cfr. Positio. Biographia Documentata, in TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 39. 16

Cfr. VÁSQUEZ DE PRADA A., Il fondatore cit., vol. 1, p. 309; cfr. Romana Postulazione della Causa di beatificazione

e canonizzazione del Servo di Dio Josemaría Escrivá de Balaguer, sacerdote, fondatore dell’Opus Dei, Articoli del

Postulatore, Roma 1979, n. 45, in BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 61.

Page 12: Tesi di Magistero

un’illuminazione su tutta l’Opera, accompagnato dal suono delle campane della vicina

chiesa di Nostra Signora degli Angeli.

«La festa dei Santi Angeli Custodi… un giovane sacerdote in ritiro che prega

nella sua stanza… il suono delle campane che gli giunge da una chiesa dedicata alla

Regina degli Angeli… la repentina apparizione dell’Opus Dei davanti ai suoi occhi…

queste cose formano un tutt’uno; non c’è niente che sia privo di senso, niente che sia

casuale: non il tempo, non il luogo, non le circostanze; tutto concorre all’unità del

mistero di una ispirazione divina»17

.

«L’Opus Dei nacque per esclusivo intervento del Signore, attraverso un’irruzione

del soprannaturale così repentina e massiccia che lui non aveva avuto alcun ruolo…

l’origine dell’Opera è sempre attribuita esclusivamente a Dio»18

.

Don Escrivá scriverà nei suoi appunti di essere stato il ricettacolo passivo di una

illuminazione divina, lo strumento che avrebbe portato a compimento un disegno di

Dio. Un disegno proiettato nella storia e radicato nel Vangelo, il cui messaggio,

tutt’oggi risuonante nella Chiesa, consiste nella ricerca della santità e nell’esercizio

dell’apostolato in mezzo al mondo. Un messaggio rivolto a tutti: uomini di ogni razza,

lavoro, età. Le realtà più comuni della vita quotidiana, il lavoro professionale, i rapporti

familiari e sociali – costituiscono l’ambito in cui ogni cristiano deve cercare la propria

santificazione nel compimento dei lavori ordinari.

17

BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 64. 18

TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 40; cfr. ESCRIVÁ J., Apuntes íntimos, n. 1871, Scritti inediti 4, Roma 1986, in

VÁSQUEZ DE PRADA A., Il fondatore cit., vol. 1, p. 336; cfr. Summarium della causa di beatificazione e

canonizzazione. Positio super vita et virtutibus, Roma 1988, n. 537, citato da Álvaro del Portillo, in VÁSQUEZ DE

PRADA A., Il fondatore cit., vol. 1, p. 336.

Page 13: Tesi di Magistero

Tutti gli uomini commercianti e operai, contadini e avvocati, medici e farmacisti,

sportivi, insegnanti e studenti; tutti devono sapere che Dio li aspetta nei loro impegni

quotidiani.

«Hai l’obbligo di santificarti. - Anche tu. - Chi pensa che la santità sia un

impegno esclusivo dei sacerdoti e religiosi? A tutti senza eccezione, il Signore ha detto:

Siate perfetti come è perfetto il Padre mio che è nei cieli»19

.

Operò delle ricerche sull’esistenza delle varie istituzioni religiose per verificare

se ne fosse già presente una che promuovesse la santità in mezzo al mondo, attraverso

il lavoro ordinario, senza cambiare di stato.

Non perché non volesse caricarsi dell’impegno a cui era chiamato; anzi, in caso

affermativo, avrebbe voluto entrare a farne parte, per mettersi «all’ultimo posto e

servire». Questo suo desiderio di nascondersi non poteva compiersi, in quanto non

rispecchiava la missione affidatagli. L’esito fu negativo, per cui gli toccò aprire una

nuova strada.

Terminati gli esercizi spirituali don Josemaría Escrivá si dedicò all’Opera di Dio,

ricercando i primi discepoli. Incominciò avvicinando operai e studenti dell’Accademia

Cicuéndez dove insegnava. Ma ne conobbe altri facendo apostolato tra i familiari e fra

le conoscenze della Dame Apostoliche. Nello stesso tempo si dedicò a promuovere

l’Opera tra il clero diocesano.

Il 2 ottobre 1928 Escrivá vide che cosa significasse l’Opus Dei nel progetto di

santificazione dal di dentro; tutti, uniti, avrebbero percorso quel cammino formando

19

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Cammino, a cura di Terrasi E., Roccascese F., Contadini F. e Sarcodi D., n° 291, in Cammino,

Solco, Forgia, Ed. Ares, Milano 2002, p. 80, (traduzione dall’originale Camino, n° 291, Ediciones Rialp, Madrid 1996, p.

83); cfr. ROMANO GIUSEPPE, OLAIZOLA JOSÉ LUIS, Il Vangelo nel lavoro. Josemaría Escrivá, Ed. Paoline,

Cinisello Balsamo 1992, p. 14.

Page 14: Tesi di Magistero

una famiglia spirituale attorno al Padre (così i primi discepoli chiamavano il giovane

Escrivá perché si sentivano suoi figli per l’affetto umano che mostrava loro).

Infine Dio gli affidava un gruppo numeroso di uomini che sarebbero vissuti,

conformemente alla loro condizione di cittadini, a pieno titolo inseriti nella vita civile.

Furono questi i primi che ricevettero la chiamata divina ad aprire questo cammino di

santità in mezzo al mondo, il cammino, cioè della santificazione di tutte le realtà

terrene. Per amore a Cristo e agli uomini, questi, si sarebbero resi totalmente

disponibili a realizzare questo ideale di santità rinunciando al matrimonio, pur

conservando la condizione laicale al cento per cento20

.

Inizialmente Escrivá scrisse nei suoi appunti che l’Opus Dei si sarebbe

differenziata dalle altre istituzioni in quanto non avrebbe ammesso la presenza delle

donne. Successivamente, nel febbraio 1930, durante la celebrazione della santa messa

ebbe un’altra illuminazione: l’Opus Dei avrebbe avuto anche la sezione femminile.

Entrambe le sezioni, maschile e femminile, dovevano seguire l’idea di unità

dell’Opera, consistente nel fatto che tutti i membri, senza distinzione di sesso,

rispondono in modo uguale alla medesima vocazione: «vocazione a vincolarsi a Cristo

nel mondo e a condurre gli altri a Dio»21

. Le due sezioni erano separate ma

complementari l’una all’altra: gli uomini preparavano il terreno in un nuovo paese; le

donne si occupavano della cura materiale di tutti i Centri dell’Opera, creando e

conservando quel clima di familiarità proprio dell’Opus Dei.

Dal punto di vista giuridico l’Opera non era ancora nata e per un po’ di tempo,

non ebbe nemmeno un nome. Il nome Opus Dei nacque dalla domanda: “Come va

20

Cfr. BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 81. 21

Ibidem, p. 82.

Page 15: Tesi di Magistero

quest’Opera di Dio?” che il padre gesuita Valentín Sánchez rivolse al giovane Escrivá.

Questi rimase a pensare e da allora la chiamò per sempre Opus Dei, ossia Opera di

Dio22

.

La nascita dell’Opus Dei avvenne senza rumori, senza che nessuno si rendesse

conto, nemmeno don Josemaría. Il Signore agiva in silenzio e l’Opera cominciò a

crescere come tutto ciò che è dotato di una vita fisiologica propria. Non creato

dall’uomo, ma come una pianta che germoglia e cresce da un piccolo seme, il seme che

Dio aveva posto nel cuore di Escrivá.

Nell’ottobre 1931 don Josemaría lascerà il Patronato degli Infermi per occuparsi

degli ammalati dell’Hospital de la Pasión e dell’Hospital General. Qui non solo allevia

le sofferenze dell’anima amministrando i sacramenti, ma presta anche soccorso

materiale ai ricoverati.

Escrivá si dedicò pienamente nel servizio agli ammalati chiedendo, in cambio, di

offrire le loro sofferenze per l’Opera, secondo le sue intenzioni. Per questo, alcune

settimane prima di morire, scriverà che: «La forza umana dell’Opera sono stati i malati

degli ospedali di Madrid: i più miserabili, quelli che vivevano nelle loro case dopo aver

perso ogni speranza umana; i più ignoranti che abitavano nei sobborghi di periferia»23

.

Gli impegni per «il Padre» si moltiplicavano; nascevano anche nuove vocazioni

tra i suoi amici e compagni di studio: Pepe Romano, amico di famiglia; don Norberto

Rodríguez, che prese il suo posto al Patronato de Enfermos; l’ingegnere Isidoro

Zorzano che aveva studiato con lui a Logroño. Tanti altri se ne aggiunsero in seguito e

con i quali svolgeva apostolato tra operai e studenti. Insieme fondarono l’Accademia

22

Cfr. DEL PORTILLO Á., Intervista sul fondatore cit., p. 67. 23

ESCRIVÁ J., Meditazione 19-III-75, p. 185, in Meditaciones, Scritti inediti 7, Roma 1986, in TORNIELLI A., Escrivá

cit., p. 50.

Page 16: Tesi di Magistero

DYA (Dios y Audacia), in un appartamento di poche stanze dove invitavano i loro

amici e vi tenevano corsi e lezioni su argomenti riguardanti gli studi universitari. Don

Josemaría era a disposizione per colloquiare con loro, qualora lo volessero. Ogni

pomeriggio l’appartamento era affollato di tanti giovani, sino ad occupare anche la

camera di Escrivá, che si ritirava in cucina per poter confessare o parlare con qualcuno.

In seguito l’Accademia venne trasferita nel centro di Madrid, in via Ferraz n° 50,

dove furono affittati due appartamenti abbastanza grandi per ospitare anche una

residenza universitaria. I membri provvedevano di tasca loro all’affitto ma la somma

non era ancora sufficiente. La famiglia Escrivá, allora, vendette dei terreni ricevuti in

eredità da uno zio. Nel frattempo don Josemaría divenne Rettore del convento di Santa

Isabel.

Con il trasferimento dell’Accademia incominciarono le critiche, in modo

particolare, mosse da alcuni dei primi sacerdoti che lo avevano affiancato. Don Lino

Vea-Murguía sosteneva l’imprudenza di Escrivá definendolo: «simile a un uomo che si

butta da una cima senza paracadute, dicendo: Dio mi salverà»24

. Nonostante questa ed

altre critiche rivolte nei suoi confronti, don Josemaría continuò ad accettare la loro

collaborazione, ma non permise loro di coadiuvarlo nella guida dell’Opera di Dio. Nel

dicembre 1934 don Josemaría Escrivá nominò San Nicola di Bari Amministratore

Generale dell’Opus Dei, patrono per i problemi economici. «Sono i miei peccati, la mia

ingratitudine – scriveva Josemaría – la colpa delle tribolazioni che attraversiamo. E mi

veniva alle labbra questo grido: Signore, castiga me e dai impulso all’Opera»25

.

24

TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 61. 25

ESCRIVÁ J., Apuntes íntimos cit., n. 1222, in TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 62.

Page 17: Tesi di Magistero

Più il confessore non gli consentiva grandi penitenze, più egli si castigava con

digiuni, l’impiego quotidiano del cilicio, dormendo per terra, l’uso della disciplina tre

volte a settimana…

Il 19 marzo 1935, nella festività di San Giuseppe, per la prima volta, ebbe luogo

la cerimonia di «Fedeltà». Alcuni membri con vocazione già consolidata, giuravano

fedeltà – senza voti né promesse come i religiosi – nel dedicare la propria vita per

sempre all’Opera. La cerimonia era completata dall’imposizione di un anello che

portava incisa, all’interno, la data della Fedeltà e la parola “serviam” (servirò). A

ciascuno dei membri Escrivá chiedeva:

«Se il Signore si prendesse la mia vita prima che l’Opera abbia le necessarie

approvazioni canoniche che le diano stabilità, tu continueresti a lavorare per portare

avanti l’Opera, anche a costo dei tuoi averi, del tuo onore e della tua attività

professionale, mettendo, in una parola, tutta la tua vita al servizio di Dio nella sua

Opera?»26

Nello stesso anno don Josemaría ottenne dal vescovo di Madrid il permesso di

collocare nella Residenza un oratorio, dove potesse essere conservato il Santissimo

Sacramento. Non significava un riconoscimento canonico dell’Opus Dei, ma «la

pubblica manifestazione della fiducia di un vescovo per don Josemaría Escrivá e per i

suoi figli»27

. Dal momento in cui ebbe l’illuminazione divina su tutta l’Opera, Escrivá

mantenne una stretta unione con la Chiesa, con la gerarchia e con i vescovi diocesani,

per amore di Gesù Cristo e per la Chiesa da lui fondata.

26

ESCRIVÁ J., Apuntes íntimos cit., n. 1287, in VÁSQUEZ DE PRADA A., Il fondatore cit., vol. 1, p. 580; cfr.

TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 63. 27

BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 135.

Page 18: Tesi di Magistero

1.3 LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA E LE ACCUSE CONTRO L’OPUS

DEI

La crescita dell’Opera era promettente: improvvisamente sbocciarono due nuove

vocazioni: due studenti di ingegneria che, successivamente, giunsero al sacerdozio.

Erano Álvaro del Portillo, che alla morte di Escrivá divenne primo successore alla

guida dell’Opus Dei, e José María Hernández de Garnica. Ben presto, però, l’Opera

subisce un’interruzione: il 18 luglio 1936 scoppia la guerra civile in Spagna che durerà

circa tre anni. Mentre don Josemaría era intento a progettare l’espansione dell’Opera

fuori Madrid e oltre i confini della Spagna, la guarnigione spagnola di stanza in

Marocco entrava in rivolta contro il governo centrale repubblicano di Madrid. Furono

uccise più di seicentomila persone, di cui molti religiosi e appartenenti al clero secolare.

La furia antireligiosa era tale che i sacerdoti, se riconosciuti, venivano fucilati per

strada28

.

Non è semplice identificare i luoghi in cui Escrivá si rifugiò in tale periodo: da

casa di mamma Dolores a casa di amici e figli spirituali. Molte volte, però, rischiò di

essere catturato. Finché nell’ottobre del ’36 ottenne asilo presso la Casa de Reposo y

Salud, una clinica per malati di mente, dove rimase per circa cinque mesi, fingendosi

pazzo.

In seguito fu accolto, insieme al fratello Santiago e ad alcuni suoi figli

nell’abitazione del console onorario dell’Honduras, vivendo con altri trenta rifugiati.

Spesso si privava del cibo per donarlo agli altri; così dimagrì circa cinquanta chili e in

pochi erano in grado di riconoscerlo. Anche durante questo periodo di vita e di

28

Cfr. ROMANO G., OLAIZOLA J. L., Il Vangelo cit., p. 17.

Page 19: Tesi di Magistero

predicazione clandestina non cessò di usare la disciplina. «Abitualmente – senza

spiegarne il motivo – ci chiedeva di uscire e di lasciarlo un po’ solo nella stanza che

occupavamo nella delegazione. Una volta però io avevo la febbre e stavo sdraiato su un

pagliericcio: non potevo pertanto uscire dalla stanza. Allora il Servo di Dio mi disse:

“Copriti la faccia con la coperta”. Obbedii. Poco dopo cominciai a sentire i forti colpi

della sua disciplina. Fu curioso e contai. Non dimenticherò mai il numero: furono mille

colpi violentissimi, cadenzati, inferti sempre con la stessa forza e lo stesso ritmo. Il

pavimento si coprì di sangue, ma egli stesso lo ripulì prima che entrassero gli altri»29

.

Dopo alcuni mesi, nell’agosto 1937, Escrivá ricevette un documento da parte del

console onorario dell’Honduras che dichiarava di essere capace di intendere e con il

quale avrebbe avuto più libertà di movimento. Don Josemaría girava per la città di

Madrid, con abiti da civile, distribuendo l’eucarestia a coloro che lo desiderassero.

Nonostante ciò, la sua vita era in pericolo e i suoi “figli” insistettero affinché passasse

nella Spagna “nazionale”, da dove avrebbe potuto contattare tutti i membri dell’Opera

con maggiore libertà. Escrivá si convinse e, con pochi compagni, intraprese un lungo

viaggio a piedi attraverso i Pirenei, scalando cime che arrivavano a misurare 1600 metri

di altitudine. Giunti nel Principato di Andorra, il 2 dicembre, il Padre incominciò a

intonare la recita del Salve Regina, come ringraziamento alla Vergine Maria. Dopo aver

trascorso alcuni giorni nel principato da liberi cristiani, con la possibilità di predicare e

celebrare la messa liberamente, ripresero il viaggio verso la Francia. Si recarono a

Lourdes dove don Josemaría celebrò la messa e, all’uscita del santuario, davanti alla

statua di Papa Pio X rinnovò il suo amore e la sua fedeltà al Santo Padre30

.

29

Teste PR 1, mons. Álvaro del Portillo, p. 486, § 1, in TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 75. 30

Cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 83.

Page 20: Tesi di Magistero

Nello stesso giorno passarono la frontiera e fecero ritorno in Spagna, nella zona

“nazionale”31

. Raggiunse Burgos, città sottratta dalla guerra, da dove contattò, tramite

lettere o viaggi, i suoi figli spirituali, molti dei quali morirono durante la guerra. Nelle

sue lettere li confortava e li invitava a rimanere saldi nella fede e nella preghiera.

Francisco Botella e Pedro Casciaro, compagni di viaggio di don Josemaría

attraverso i Pirenei, assolvevano l’obbligo militare a Burgos e divennero i suoi più

immediati collaboratori. Durante la sua permanenza nella città Escrivá trascorreva

molto tempo da solo. Approfittando dell’assenza dei suoi compagni, completò le

Consideraciones espirituales, stampate nel 1934, curando la stesura definitiva

pubblicata nel 1939 con il titolo di Camino. La nuova opera era costituita da 999

pensieri, parole, idee ed esperienze che il Padre aveva condiviso con altri uomini, sino

ad allora.

Ma, nonostante i viaggi e la corrispondenza con i membri dell’Opera, don

Josemaría riuscì a portare avanti l’elaborazione della sua tesi di laurea in

Giurisprudenza. A Burgos trascorreva molte ore della giornata nella biblioteca del

monastero medievale cistercense di Santa María de las Huelgas Reales, dove trovò

antichi documenti risalenti a più di sette secoli fa32

.

Nel dicembre 1939, don Josemaría discusse la sua tesi di laurea intitolata La

Abadesa de Las Huelgas. Estudio Teológico júridico che sarà pubblicata, come libro,

nel 194433

.

31

Nella zona nazionale della Spagna, con capitale Burgos, vigeva il regime dittatoriale franchista, instaurato dal 1939 al

1975, dal generale Francisco Franco. 32

Cfr. Registro Histórico Fundador 20157, p. 881, in BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 184. 33

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, La Abadesa de Las Huelgas, Ediciones Rialp, Madrid 1944.

Page 21: Tesi di Magistero

Nel frattempo Álvaro del Portillo e altri membri dell’Opus Dei fecero ritorno in

Spagna giungendo a Burgos.

La guerra civile era quasi terminata: le truppe franchiste raggiunsero il

Mediterraneo, spezzando in due il territorio che rimaneva ancora ai repubblicani. Dopo

una lunga e sanguinosa battaglia sul monte Ebro, le truppe si diressero in Catalogna.

Nel gennaio 1939 cadde Barcellona. Alla fine di marzo le truppe nazionali entrarono a

Madrid e il 1° aprile 1939 si dichiarò terminata la guerra34

.

Sin dagli anni Trenta, Escrivá aveva scritto che l’Opus Dei aveva caratteristiche

universali. Pertanto il suo sviluppo doveva mirare ad espandersi oltre i confini della

Spagna.

Don Josemaría predicava il perdono: nonostante le sofferenze patite per la guerra

invitava a perdonare e a dimenticare, ad aprire le proprie braccia a tutti, a prescindere

dagli ideali politici. In molti membri creò diffidenza tale atteggiamento; ma tanti altri

impararono a dimenticare odi e rancori.

A Valencia sbocciarono nuove vocazioni e per poter seguire meglio la

formazione degli studenti fu affittato un appartamento, costituendo il primo Centro

dell’Opera fuori Madrid.

Nel frattempo don Josemaría aveva fatto ritorno nella capitale spagnola dove

furono affittati tre appartamenti in via Jenner n° 6, per ricostituire la residenza

dell’Accademia DYA, caduta in macerie durante la guerra. Il Padre si avvalse della

collaborazione della madre e della sorella Carmen, per dare ai futuri centri dell’Opus

34

Cfr. BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 187.

Page 22: Tesi di Magistero

Dei il tono e la serenità di una famiglia35

. Anche le vocazioni femminili continuarono a

crescere: le ragazze che aveva assistito spiritualmente mentre si trovava a Burgos,

chiesero l’ammissione all’Opera. Ciò avvenne anche a Valencia e a Madrid dove, nel

1942, venne aperto un Centro dell’Opus Dei per sole donne, nel quale si ebbe il

tabernacolo.

Verso la fine del 1939 l’Opus Dei divenne il bersaglio di accuse ed eresie.

Escrivá venne incolpato di massoneria e di antipatriottismo. «Lo spunto per gettare

discredito su don Josemaría e sull’Opera fu la cappella di via Jenner. Ci fu chi, nelle

parole degli Atti degli Apostoli e nei tradizionali simboli eucaristici che ornavano il

fregio dell’oratorio, credette di vedere frasi massoniche e segni cabalistici. Così

vennero fuori le prime accuse: dissero che Escrivá cambiava la liturgia, che aboliva le

immagini sacre e che, grazie a un gioco di effetti speciali nel sistema di illuminazione,

simulava fenomeni di levitazione»36

. Presto si scoprì che tali accuse provenivano da un

religioso e don Josemaría non lo odiò per questo ma, “raccomandandolo a Dio, lo prese

in simpatia”37

.

Un’accusa frequente nei confronti di don Josemaría Escrivá fu l’intenzione di

voler sottrarre le vocazioni ai religiosi e la volontà di distruggere le istituzioni di vita

consacrata, predicando la possibilità di santificarsi nel mondo, senza voti né abito38

. Era

un’accusa infondata in quanto nessuno studente aveva mai chiesto di entrare in un

noviziato né aveva mostrato una vocazione allo stato religioso. Oltretutto Escrivá proibì

35

Cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 97; cfr. BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 124; cfr. VÁSQUEZ DE PRADA

ANDRÉS, Il fondatore dell’Opus Dei. La biografia di san Josemaría Escrivá, vol. 2, Leonardo International, Como 2003,

p. 370. 36

Ibidem, p. 104. 37

Cfr. ESCRIVÁ J., Apuntes íntimos cit., 30.09.1931, in TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 105. 38

Cfr. Positio. Biographia Documentata, p. 691, in TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 106.

Page 23: Tesi di Magistero

di ammettere all’Opus Dei ex seminaristi o ex postulanti di ordini religiosi, come anche

coloro che erano entrati in un noviziato, seppur per breve tempo.

Ancora più grave e diffusa era l’accusa che l’Opus Dei fosse una società segreta.

L’Opera, essendo ancora nei primi anni di crescita, non possedeva una situazione

canonica definitiva, pur avendo l’approvazione del Vescovo di Madrid. Per questo

l’Opus Dei viveva in una naturale discrezione, senza mostrare pubblicamente la sua

missione. Tale riservatezza, però, destò scalpore e si diffuse la voce che Escrivá avesse

fondato una setta misteriosa. Il Padre sosteneva che si trattasse del segreto della

gestazione: come ogni essere vivente necessita del tempo per giungere a maturazione,

così anche il lavoro divino dell’Opus Dei non poteva essere divulgato perché poteva

non essere compreso da tutti39

.

Successivamente don Josemaría fu anche denunciato dal Prefetto di Barcellona in

quanto si riteneva che avesse costituito una setta massonica speciale, e che potesse

rappresentare, pertanto, un pericolo per lo Stato. Ma le testimonianze circa

l’esemplarità della condotta cristiana di Josemaría Escrivá de Balaguer e dei membri

dell’Opus Dei, con lui accusati, bastarono affinché il Tribunale assolvesse i presunti

colpevoli.

«L’attività principale dell’Opus Dei consiste nel dare ai suoi membri, e a tutte le

persone che lo desiderano, i mezzi spirituali necessari per vivere da buoni cristiani in

mezzo al mondo»40

. Fedele a queste parole Escrivá continuava il suo lavoro per

diffondere il messaggio di santità nel mondo. Ritenne opportuno aprire un nuovo

Centro a Madrid, costituito da un edificio di quattro piani, situato in via Diego León. Il

39

Cfr ESCRIVÁ J., Lettera 9.01.1932, n. 62, in TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 108. 40

ESCRIVÁ JOSEMARÍA., Colloqui con Monsignor Escrivá, Ed. Ares, Milano 2002, p. 57.

Page 24: Tesi di Magistero

Padre e alcuni membri si trasferirono nel nuovo stabile e con loro donna Lola e la

sorella Carmen.

Nella primavera del 1941, mentre Escrivá si trovava a Lerída a predicare gli

esercizi spirituali ai sacerdoti, morì mamma Dolores e Josemaría fece ritorno a Madrid.

Nel ’43 ebbero lo sfratto della residenza di via Jenner per cui trovarono altri due

appartamenti per il ramo maschile dell’Opera e, in seguito, fu aperta la prima residenza

femminile per agevolare il lavoro di apostolato con le studentesse universitarie. Nel

1975, alla morte di Escrivá, si conteranno 148 residenze diffuse in tutto il mondo, di cui

62 affidate alla sezione femminile.

Nel frattempo don Josemaría chiamò tre dei suoi figli invitandoli a ricevere

l’ordinazione sacerdotale, compiendo così un altro disegno divino. Tra gli eletti c’era

Álvaro del Portillo, che poi prenderà il suo posto nella guida dell’Opera. Il 25 giugno

1944 mons. Eijo y Garay ordinò i primi tre preti dell’Opera41

e «il giorno successivo

all’ordinazione Escrivá si confessò per la prima volta con don Álvaro del Portillo, che

da quel momento sarebbe stato il suo confessore per trentuno anni, fino al giorno della

sua morte»42

.

Nel 1946 Escrivá si trasferì a Roma, ritenendo che fosse la sede più appropriata

per l’Opus Dei e per il suo sviluppo in tutto il mondo.

Don Josemaría dimostrò più volte il suo affetto per il Santo Padre,

considerandolo uno dei suoi tre amori principali, insieme a Cristo e a Maria. Basti

pensare che la sera del suo arrivo a Roma, alloggiando a poca distanza dal Palazzo

Apostolico, nonostante fosse malato di un’acuta forma di diabete, rimase tutta la notte

41

Da allora sino ai nostri giorni si contano più di 1500 membri dell’Opus Dei che hanno ricevuto il sacerdozio. 42

TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 123.

Page 25: Tesi di Magistero

sul terrazzo a vegliare in preghiera sul riposo di Papa Pio XII. «Cattolico, Apostolico,

Romano! – Mi piace che tu sia molto romano. E che abbia desiderio di fare il tuo

pellegrinaggio a Roma, videre Petrum, per vedere Pietro»43

. Con molte altre espressioni

come questa don Josemaría amava considerare il Papa rappresentante di Cristo nella sua

Chiesa, di qui la sua profonda devozione per il Santo Padre, e riteneva che il Papato

fosse un’istituzione importante e necessaria per assicurare l’unità e l’efficacia della

Chiesa nel mondo44

.

L’amore per il Santo Padre durò per tutta la vita e, parallelamente, crebbe

l’affetto e la stima dei papi nei confronti dell’Opus Dei.

«Giovanni XXIII aveva già conosciuto lo spirito dell’Opera, quando aveva

visitato nel 1954 un collegio universitario a Santiago di Campostela, e aveva preso

alloggio in un Centro di Saragozza. Il 5 maggio 1960 ci fu la prima udienza con il

nuovo Papa.

Paolo VI lo trattava con amore paterno. «Consideriamo con paterna

soddisfazione», diceva il Papa nel 1964, «quanto l’Opus Dei ha compiuto e compie per

il Regno di Dio, il desiderio di bene che lo guida, l’amore fervente alla Chiesa e al suo

capo visibile che lo distingue, lo zelo ardente per le anime che lo spinge sulle ardue e

difficili vie dell’apostolato di presenza e testimonianza in tutti i settori della vita

contemporanea»45

.

Nel 1947 don Josemaría Escrivá de Balaguer venne nominato Prelato domestico

di Sua Santità, come prova solenne della stima e della benevolenza nei suoi confronti46

.

43

ESCRIVÁ J., Cammino, n. 520, in Cammino, Solco cit., p. 128. 44

Cfr. BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 239. 45

Ibidem, p. 43. 46

Cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 128.

Page 26: Tesi di Magistero

Con l’espansione dell’apostolato in tutto il mondo, don Josemaría pensò di

ammettere nell’Opera alcune persone in qualità di «soprannumerari», che potevano

essere sposate, o in qualità di «aggregati». Questa differenza, dipendente da ciascun

membro, non significava diversità di vocazione. Anzi, tutti, in ugual modo, dovevano

assolvere all’unica chiamata alla santità. I nomi Numerari, Soprannumerari e Aggregati

indicano il grado di disponibilità personale dei membri alle attività proprie dell’Opera,

occupandosi della formazione degli altri, a viaggiare da un luogo all’altro. Per quanto

riguarda i Numerari la disponibilità è piena; gli Aggregati hanno simile disponibilità a

quella dei Numerari, salvo alcuni obblighi familiari, di lavoro, di salute che avevano già

prima di aderire all’Opus Dei. I Soprannumerari hanno, invece, la disponibilità

permessa dai loro obblighi familiari, come l’assistenza della moglie e dei figli, che

costituiscono il loro campo prioritario di santificazione e apostolato47

.

47

Cfr. Ibidem, p. 129.

Page 27: Tesi di Magistero

1.4 LA SEDE CENTRALE DELL’OPUS DEI: ROMA

Nel febbraio 1947, su indicazione di mons. Montini e mons. Tardini, don

Josemaría acquistò una villa in viale Bruno Buozzi n. 73, già sede dell’Ambasciata

d’Ungheria presso la Santa Sede. Escrivá decise di chiamare l’edificio Villa Tevere,

composto da una villa a tre piani e da un edificio più piccolo, per l’abitazione del

portiere. Dopo due anni incominciarono i lavori di ristrutturazione e da allora sino al

1960 furono anni duri per Escrivá e gli altri membri, costretti a vivere in ristrettezze e

sacrifici.

Il 29 giugno 1948, Escrivá aveva eretto il Collegio Romano della Santa Croce.

Nel 1951 acquistò una tenuta agricola a Fondi, che ne divenne la sede estiva, e nel

dicembre 1953 eresse il Collegio Romano di Santa Maria a Roma. Era un centro

internazionale femminile dell’Opus Dei che, successivamente, venne trasferito a

Castelgandolfo, nella Villa delle Rose, ricevuta in concessione da Papa Giovanni XXIII

come proprietà definitiva dell’Opera nel 195948

.

Durante gli anni di residenza a Roma don Josemaría viaggiò molto sia in Italia

che nel resto del mondo. Molti ragazzi e ragazze giunti a Roma dalla Spagna

frequentavano le università e facevano amicizia con studenti italiani; ma la stessa cosa

avveniva in Portogallo e, negli anni successivi, in Francia, Inghilterra e Irlanda. Ogni

anno sarà la volta di un nuovo Paese, in particolare in America Latina, dove nasceranno

diverse opere educative per la formazione dei contadini e garantire migliori condizioni

di vita. Nel 1949 Messico e Stati Uniti; nel 1950 Argentina e Cile; nel 1951 Venezuela

e Colombia; nel 1952 in Germania; nel 1953 Perú e Guatemala; nel 1954 in Ecuador;

48

Cfr. Ibidem, p. 135.

Page 28: Tesi di Magistero

nel 1958 Giappone e Kenya… Oggi appartengono all’Opus Dei persone di ottanta

nazionalità diverse, sparse in tutto il mondo, che vivono lo stesso spirito nella grande

varietà di lingue e culture49

.

Intanto il diabete non gli permetteva di svolgere al meglio il suo servizio

ministeriale. Finché il 27 aprile 1954, a dieci anni dalla diagnosi di una forma acuta di

diabete, guarì repentinamente senza che la malattia lasciasse alcuna traccia. Un giorno

cadde in coma anafilattico apparentemente irreversibile; un attimo dopo si riprese,

ritrovandosi definitivamente guarito50

.

Da allora don Josemaría limitò al massimo le attività esterne e le relazioni sociali.

«Non comparve più in pubblico, non chiese più udienze e smise di partecipare alle

solenni funzioni nella Basilica di San Pietro. La sua unione spirituale con il Santo Padre

però non ne soffrì un danno. Divenne caso mai più intima, anche se indiretta: mediante

cioè attraverso i rapporti con alcuni stretti collaboratori del Papa quali mons. Montini,

mons. Tardini e, più avanti, mons. Samorè e mons. Dell’Acqua…»51

.

La giornata di don Josemaría Escrivá era densa di preghiera, dal momento in cui

si svegliava al mattino, baciando il pavimento e pronunciando la parola serviam, in

segno di offerta al Signore di tutte le opere della giornata, sino alla sera prima di andare

a letto. Nello svolgimento del suo lavoro volgeva spesso lo sguardo al Crocifisso o ad

un’immagine della Madonna, per mantenersi alla presenza costante di Dio. Invocava lo

Spirito Santo e gli Angeli, formulava comunioni spirituali e offriva nuovamente al

49

Cfr. ROMANO G., OLAIZOLA J. L., Il Vangelo cit., p. 19; cfr. BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 263; cfr. DOLZ M., San

Josemaría cit., p. 49. 50

Cfr. Ibidem, p. 20; cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 139. 51

Teste PR 1, mons. Álvaro del Portillo, p. 985, § 4-5, in TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 140.

Page 29: Tesi di Magistero

Signore le sue azioni. L’Angelus, l’adorazione eucaristica, la meditazione e la preghiera

mentale coronavano la sua vita spirituale.

A Roma si trasferirono anche Carmen e Santiago Escrivá, fratelli di don

Josemaría. Ma dopo alcuni anni, nel 1957, colpita da un cancro, morì Carmen che sin

dalla fondazione dell’Opera aveva prestato aiuto al fondatore.

Già da diverso tempo alcuni membri dell’Opera, all’insaputa del Padre, stavano

effettuando delle ricerche sulla sua vita e sui legami di parentela. Emerse che don

Josemaría era il legittimo erede di due titoli nobiliari: la baronia di San Felipe e il

marchesato di Peralta. Questi titoli li ereditò dai suoi avi, sia paterni che materni, ma

don Josemaría sembrava non fosse interessato. Voleva rinunciare ma, tale decisione,

avrebbe pregiudicato il fratello Santiago, che non avrebbe potuto ottener il titolo se

prima non l’avesse rivendicato don Josemaría e successivamente ceduto a lui.

Preparò la lettera con la richiesta di riconoscimento del titolo nobiliare nel

gennaio 1968 e ne ottenne pieno diritto con decreto del Capo dello Stato di Spagna il 24

luglio dello stesso anno. Nel 1972 rinunciò al titolo, anche se mai ne aveva fatto uso, e

lo cedette al fratello52

.

Intanto, nel 1960, Escrivá divenne Gran Cancelliere dell’Università di Navarra

(Spagna), riconosciuta come università cattolica dalla Sacra Congregazione dei

Seminari, di cui ne divenne Consultore, e dell’Università di Piura, in Perú.

52

Cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 155.

Page 30: Tesi di Magistero

Nel 1961, Giovanni XXIII gli conferì la nomina di Consultore della Pontificia

Commissione per l’interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico e membro

onorario della Pontificia Accademia teologica romana53

.

53

Cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo. Studi sugli scritti del beato Josemaría Escrivá,

Ed. Ares, Milano 1992, p. 16.

Page 31: Tesi di Magistero

1.5 GLI ULTIMI ANNI DI VITA DI DON JOSEMARÍA

Escrivá era solito offrire la sua sofferenza per la Chiesa, tanto più nei suoi ultimi

anni di vita: pregava il Padre celeste di prendere la sua vita in cambio di una nuova

ondata di santità nella Chiesa. Era una supplica continua che ebbe compimento il 26

giugno 1975.

Ormai il suo obiettivo era proclamare ovunque la fedeltà alla dottrina e alla

morale cattolica, l’unione con il Papa, la ricerca della santità54

. Tutto il resto passava in

secondo piano, anche la questione giuridica dell’Opus Dei.

Il 1° aprile del 1970 si recò a Torreciudad, in Spagna, presso il santuario della

Vergine, per supplicare la Madonna a fare molti miracoli interiori: la conversione dei

cuori. A Torreciudad, fece erigere un nuovo grande santuario affinché diventasse un

luogo di penitenza, e dove molta gente potesse trovare assistenza spirituale per

riconciliarsi con Dio.

Dalla Spagna si recò in Portogallo, in pellegrinaggio al Santuario della Madonna

di Fatima. Ritornato in Italia, intraprese presto nuovi viaggi, questa volta oltreoceano.

Compì il suo pellegrinaggio al Santuario della Vergine di Guadalupe, in Messico, dove

vi trascorse nove giorni supplicando la Mamma Celeste per la Chiesa e per il Papa, per

tutto il clero e per la santità di tutte le anime. Pregò anche per l’Opera, affinché potesse

continuare il suo servizio nella Chiesa, fedele al carisma ispiratole dal Signore.

Nel 1974 intraprese un altro viaggio per svolgervi una catechesi in America

Latina dove, già da anni, l’Opus Dei aveva avviato numerose attività di apostolato e

dove erano nate nuove vocazioni. Non fu facile questo nuovo viaggio per il fondatore

54

TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 167.

Page 32: Tesi di Magistero

dell’Opera a causa del suo fisico già debilitato. Argentina, Cile, Perú ed Ecuador:

queste le tappe sudamericane che costarono a don Josemaría una serie di malattie che

misero a repentaglio la sua vita. In aereo, a causa dell’impianto di condizionamento si

prese un raffreddore che poi divenne faringite. Fu sottoposto ad analisi cliniche per ben

due volte ma il risultato non cambiò: era in pericolo di vita e doveva sottoporsi a dialisi.

A Lima, in Perú, rimase a letto per una broncopolmonite e la febbre che raggiungeva

quasi i 40 gradi. A Quito, in Ecuador, cercò di adattarsi ai circa tremila metri di

altitudine, ma, senza speranza, contrasse il mal di montagna, detto soroche, che si

manifesta con vomito, vertigini, sonnolenza, difficoltà di deambulazione, e anoressia55

.

Il medico che lo curò gli disse che, come consigliava ai turisti che contraevano il

soroche, era preferibile ritornare al proprio paese d’origine. Ma don Josemaría gli

rispose che non era un turista e che era lì per predicare la parola di Dio56

. Ma la

malattia lo limitò nelle sue azioni: era impedito a celebrare la Messa e riceveva la Santa

Eucarestia da don Álvaro del Portillo.

Poteva alzarsi dal letto e con l’aiuto di qualcuno poteva camminare. «Accettò

queste limitazioni come un regalo di Dio, che gli permetteva di constatare la propria

nullità»57

.

Fece ritorno in Spagna dove rimase per curarsi. La sua salute era critica: edema

polmonare e insufficienza cardiaca. Però, nonostante il suo malessere, don Josemaría

Escrivá, autorizzato dai medici, intraprese altri viaggi, in Venezuela e in Guatemala.

Però dovette ripartire presto a causa della febbre. Il Cardinal Mario Casariego,

arcivescovo di Città del Guatemala, gli chiese di benedirlo. Ma don Josemaría,

55

Cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., p. 65. 56

Cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 176. 57

Ibidem, p. 176.

Page 33: Tesi di Magistero

ritenendosi indegno, si rifiutò. Il giorno seguente il Cardinal Casariego lo accompagnò

all’aeroporto per il suo ritorno in Europa. Si recarono nella cappella dell’aeroporto per

pregare davanti al tabernacolo. Ma «quando Escrivá si accinse ad uscire, il cardinale gli

sbarrò la strada ed esclamò: “Alla presenza di Gesù Sacramentato e dinanzi a questi

suoi figli, non mi muovo di qui se non mi dà la sua benedizione!” Escrivá lo benedisse

e gli disse: “Mario, lei ottiene da me quello che nessun altro riesce ad avere”.

L’Arcivescovo replicò: “Non potevo perdere la benedizione di un santo!”»58

.

Ritornato a Roma continuò ad offrire la sua malattia al Signore, finché il 26

giugno 1975 improvvisamente si accasciò al suolo. Tutti i tentativi dei medici furono

vani; il suo cuore aveva smesso di battere. Don Álvaro del Portillo gli impartì

l’assoluzione e l’Unzione degli Infermi quando ancora era vivo, come aveva sempre

desiderato don Josemaría. Dopo aver rivolto uno sguardo amorevole all’immagine della

Madonna di Guadalupe, presente nella sua stanza di lavoro, la sua anima si spense59

.

Il suo corpo fu portato nella Chiesa Prelatizia di Santa Maria della Pace, nella

stessa sede centrale dell’Opus Dei. Lo vestirono con i paramenti sacerdotali e sul suo

petto gli posero il crocifisso che San Pio X aveva stretto tra le mani sul letto di morte60

.

I funerali furono celebrati il giorno seguente in quella stessa chiesa, dove tutt’oggi

riposa il suo corpo.

58

Ibidem, p. 177. 59

Cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., p. 68; cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 183; cfr. DEL PORTILLO Á., Intervista

sul fondatore cit., pp. 229-230. 60

Cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 183; cfr. DEL PORTILLO Á., Intervista sul fondatore cit., pp. 232-233.

Page 34: Tesi di Magistero

1.6 IL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE E L’ELEVAZIONE ALL’ONORE

DEGLI ALTARI

La fama di santità di monsignor Josemaría Escrivá de Balaguer era già diffusa

quando egli era ancora in vita. La sua predicazione agli universitari, ai lavoratori e ai

sacerdoti, durante gli esercizi spirituali; l’amore con cui offriva il sacrificio eucaristico;

la profonda devozione al Santissimo Sacramento e alla Vergine Maria: una vita

pienamente dedicata al servizio del prossimo e per amore di Dio. Un modello esemplare

di santità per i suoi figli spirituali, dovuto ai continui colloqui con Dio, dal quale aveva

ricevuto innumerevoli grazie per lui e per l’Opera da lui fondata.

Anche le sue opere spirituali hanno contribuito alla diffusione della sua fama di

santità61

, portando molte anime alla conversione. Una suora spagnola ha raccontato di

quando dovette trasferirsi in Messico per svolgere il suo servizio. «Si recò negli uffici

della Polizia per avere il passaporto; tuttavia erano insorti dei problemi burocratici e la

suora aveva anche saputo che il funzionario faceva aperta professione di ateismo. Non

le venne in mente altro se non di regalargli una copia di Cammino. Riuscì ad avere il

passaporto, assieme ad una consorella che si recò in Colombia. Nel 1980 tornò in

Spagna; una domenica andò a Messa nella cattedrale e, all’uscita, fu fermata da un

signore che le disse: La colpa è sua, la colpa è sua!. Stupita non sapeva cosa

rispondere, quando quell’uomo aggiunse: Lei mi regalò una copia di Cammino prima di

partire per il Messico e io, a causa di quel libro, mi sono convertito»62

.

Dopo la morte del Padre numerosi favori e guarigioni furono attribuiti alla sua

intercessione. Per cui don Álvaro del Portillo, Presidente Generale e primo successore

61

Cfr. DEL PORTILLO Á., Intervista cit., p. 203. 62

Ibidem, p. 203.

Page 35: Tesi di Magistero

alla guida dell’Opus Dei, nel 1978 nominò don Flavio Cappucci Postulatore della Causa

di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio Josemaría Escrivá de Balaguer63

.

Compiutosi il quinto anniversario della morte di mons. Escrivá, in conformità a

quanto stabilito dalle norme della Congregazione delle Cause dei Santi, la Postulazione

richiede al Vicariato di Roma l’introduzione della Causa di beatificazione e

canonizzazione che, dopo una attenta analisi della documentazione presentata concesse

il Nihil obstat per la promulgazione del Decreto, datato 19 febbraio 1981, pubblicato dal

Vicario Generale, il Cardinal Ugo Poletti64

.

Nel marzo dello stesso anno venne istituito dall’Arcivescovo di Madrid un

secondo Tribunale, oltre a quello del Vicariato di Roma, incaricato di raccogliere le

testimonianze di coloro che risiedevano in Spagna o che preferivano testimoniare in

spagnolo.

Nel 1982 venne eretto il Tribunale per lo studio di una guarigione miracolosa e

per accertarne l’attribuzione all’intercessione del fondatore dell’Opus Dei.

Riconosciuto il carattere miracoloso dalla Congregazione della Causa dei Santi, si

aprì la strada per la beatificazione del Servo di Dio Josemaría Escrivá65

.

Il miracolo riguarda suor Concepción Boullón, spagnola, della congregazione

delle Carmelitane della carità, affetta da tumore a localizzazione multipla: alla spalla

sinistra, al dorso del piede sinistro e al pollice della mano destra. Non solo. La suora,

ormai settantenne, soffriva di altre malattie che, associate alle tumefazioni, la

costrinsero a rimanere seduta su una poltrona per tutto il giorno.

63

Cfr. Decreto di introduzione alla Causa di Beatificazione e Canonizzazione, 12 febbraio 1981, in AA.VV., Un santo per

amico. Testimonianze sul Beato Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei, Ed. Ares, Milano 2001, p. 366. 64

Cfr. Ibidem, p. 367. 65

Cfr. CAPUCCI FLAVIO, Un mondo di miracoli, Ed. Ares, Milano 2002, p. 7.

Page 36: Tesi di Magistero

Il parere dei medici che l’avevano visitata era unanime: un tumore irreversibile e

metastatizzato66

. A suor Concepción ormai rimaneva poco tempo di vita e, cosciente di

quanto le stava accadendo, accettò la sua sofferenza e la offrì a Dio, senza chiedergli di

poter guarire. Neanche le consorelle pregarono per la sua guarigione perché

l’atteggiamento della sofferente era l’esemplare accoglimento della volontà di Dio.

Ma una notte del giugno 1976 avvenne la guarigione. In seguito a forti dolori che

avvertì per tutto il corpo, sentì un senso di pace e rilassamento. La mattina, levatasi di

buon’ora, mentre era in bagno a fare una doccia, si accorse di non avere più traccia della

tumefazione sulla spalla sinistra e al piede. Tutto era avvenuto senza sapere come.

L’attribuzione del miracolo al Servo di Dio Josemaría Escrivá la si deve alla

preghiera incessante delle due sorelle di suor Concepción, Josefina e Felisa Boullón,

che ricorsero alla Vergine Maria per intercessione del fondatore dell’Opera67

.

L’affidarsi all’intercessione di mons. Escrivá è particolarmente importante. Le sorelle di

suor Concepción non condividevano le accuse che il fondatore dell’Opus Dei aveva

ricevuto durante la sua vita; per questo, e per la sua amorosa devozione alla Vergine

Maria, ricorsero a lui. «Desideravamo che emergesse la verità su ciò che fu monsignor

Josemaría Escrivá de Balaguer; eravamo dispiaciute per le dicerie su di lui. Nelle

preghiere a favore di mia sorella – racconta Josefina Boullón – chiedevo che lui le

restituisse la salute o almeno le donasse una buona morte»68

. Le loro invocazioni furono

ascoltate.

Un giorno, parlando al telefono con suor Concepción, seppero della guarigione e

le riferirono che tutto era avvenuto per intercessione del Servo di Dio.

66

Cfr. Ibidem, p. 12. 67

Cfr. Ibidem, p. 15. 68

Ibidem, p. 16.

Page 37: Tesi di Magistero

Essendo stata una guarigione repentina e completa poteva lasciare nel dubbio

circa la vera causa della malattia. Tale guarigione riguardava però la spalla e il piede

sinistro. Traccia della tumefazione rimase al dito della mano destra, da cui si poté

effettuare una biopsia. «Il medico che eseguì il prelievo lo descrive come un

indurimento locale nel luogo in cui era esistita una tumefazione, distinguendolo da un

vero tumore»69

. Era una lipocalcinogranulomatosi, una malattia benigna che però può

comportare gravi problemi, se le masse tumorali sono grandi, tante e localizzate in zone

delicate70

. Quella notte del 1976 non solo scomparvero le masse tumorali, ma furono

guarite anche altre malattie di cui suor Concepción soffriva. Suor Concepción morì

all’età di 82 anni, dodici anni dopo la guarigione miracolosa, da una malattia renale non

collegata a quella di cui era stata guarita.

Il 20 novembre 1984 la Congregazione delle Cause dei Santi decretò la validità

del processo del miracolo. Per cui il Postulatore, don Flavio Cappucci, nel 1986

incominciò ad elaborare la Positio, l’insieme dei documenti da presentare all’esame

della Congregazione delle Cause dei Santi. Nella Positio vengono raccolte le prove

provenienti sia dal processo di Roma sia da quello di Madrid, uno studio critico

sull’eroicità delle virtù del Servo di Dio71

.

La Positio venne terminata dopo due anni, un elaborato in quattro volumi per un

totale di 6000 pagine, e venne consegnata alla Congregazione delle Cause dei Santi per

l’approvazione e conseguentemente approvata anche dalla Congregazione Ordinaria dei

Cardinali e Vescovi.

69

Ibidem, p. 18. 70

Cfr. Ibidem, p. 19. 71

Fonte internet: www.escriva.it a cura del sito del Vaticano (www.vatican.va).

Page 38: Tesi di Magistero

«Il 9 aprile 1990 il Santo Padre dichiarò l’eroicità delle virtù di monsignor

Escrivá che, pertanto, ricevette il titolo di Venerabile»72

.

Il 30 giugno dello stesso anno la Consulta Medica della Congregazione presentò

le conclusioni di un’analisi tecnica in cui si affermava che la guarigione era inspiegabile

in base a cause naturali. I Consultori Teologi si pronunciarono a favore del miracolo e

attribuirono la guarigione all’intercessione di mons. Josemaría Escrivá.

Il 6 luglio 1991 il Papa ordinò di redigere il Decreto definitivo in cui si dichiarava

il carattere miracoloso della guarigione che portò Giovanni Paolo II a beatificare

Josemaría Escrivá de Balaguer, il 17 maggio 1992.

Sia prima che dopo la beatificazione del fondatore dell’Opus Dei, molti fedeli

hanno ricevuto numerosi favori e guarigioni per sua intercessione. Don Flavio Cappucci

nel suo libro Favores que pedimos a los santos – 200 relatos en vivo de la intercesión

de San Josemaría73

, ne raccoglie circa 200 testimonianze.

Molti fedeli si affidano a lui nei momenti di difficoltà, e numerose guarigioni gli

vengono attribuite: una miocardite fulminante risolta in due giorni74

, recupero

istantaneo della vista in un caso di cecità dovuto a un tumore ipofisario75

, risanamento

immediato di una cancrena avanzata76

. Ma fu la guarigione di una radiodermite cronica

cancerizzata ad aprire la strada alla canonizzazione del Beato Escrivá.

Nel marzo 1993 la Postulazione della Causa di mons. Escrivá ricevette una lettera

con la notizia della guarigione del dottor Manuel Nevado Rey. Servendosi della

72

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Cammino, Leonardo International, Milano 2003, p. 11. 73

CAPUCCI FLAVIO, Favores que pedimos a los santos – 200 relatos en vivo de la intercesión de San Josemaría,

Ediciones Palabra, Madrid 2003; Traduzione dallo spagnolo a cura di Bufano Giuseppe: Favori che chiediamo ai santi –

200 racconti dell’intercessione di San Josemaría. 74

Cfr. CAPUCCI F., Un mondo cit., p. 129. 75

Cfr. Ibidem, p. 67. 76

Cfr. Ibidem, p. 59.

Page 39: Tesi di Magistero

collaborazione del miracolato, la Postulazione raccoglie i documenti e compie uno

studio circa la malattia sofferta dal medico. Certi del carattere straordinario della

guarigione la Postulazione consegna la documentazione al Vescovo di Badajoz

(Spagna), nel territorio in cui è domiciliata la persona guarita, e richiede di incominciare

il Processo diocesano77

.

Terminato il processo la documentazione fu inviata alla Congregazione della

Causa dei Santi, la quale ne decretò la validità. Successivamente il caso passò alla

Consulta Medica, incaricata dello studio scientifico delle presunte guarigioni che diede

la seguente diagnosi clinica: «cancerizzazione da radiodermite cronica grave al terzo

stadio, in fase irreversibile. Prognosi: infausta. Trattamento: non ne fu applicato alcuno.

Modalità della guarigione: molto rapida, completa e duratura; scientificamente

inspiegabile»78

. In una intervista il dottor Nevado aveva affermato: «Ero ormai

consapevole della patologia che mi aveva colpito: una radiodermite cronica e

irreversibile, che era in via di cancerizzazione. Avevo già visto alcuni miei docenti di

chirurgia e colleghi traumatologi morire in seguito a tale tumore maligno, che dalle

mani si era poi esteso ai gangli linfatici e ai diversi organi del corpo. Perciò decisi di

non avviare su di me terapie che giudicavo inefficaci»79

.

Le origini della malattia del traumatologo spagnolo risalgono al 1962. Sin dall’età

di 24 anni incominciò ad utilizzare la radioscopia a scopo diagnostico e per la riduzione

e l’immobilizzazione delle fratture ossee80

. Gli interventi effettuati dal dottor Nevado

erano numerosi e frequenti ogni anno: egli utilizzava le proprie mani per manipolare

77

Cfr. Ibidem, p. 153. 78

Ibidem, p. 154. 79

GAETA SAVERIO, Un miracolo in premio, in “Famiglia Cristiana”, rivista settimanale n° 51, 23-30 dicembre 2001, p.

65. 80

Cfr. Ibidem; cfr. CAPUCCI F., Un mondo cit., p. 156.

Page 40: Tesi di Magistero

l’arto danneggiato del paziente e pertanto venivano esposte per lungo tempo sotto

l’azione dei raggi X.

La malattia, giunta ormai al terzo stadio, se non estirpata chirurgicamente, poteva

indurre a metastasi sino a condurre alla morte81

.

Per combattere tale malattia bisognerebbe allontanarsi immediatamente dalle

zone d’irradiazione, però quando si è allo stadio iniziale, il che comporterebbe

l’abbandono della propria professione, oppure, in fase avanzata, procedere

all’amputazione delle dita o della mano. Ma, come abbiamo già citato, egli non volle

applicare nessuna terapia.

La malattia, pertanto, continuava il suo sviluppo finché incominciò ad avere forti

irritazioni e dolori, con perdita della sensibilità delle mani. Ciò condusse il dottor

Nevado ad abbandonare nel 1984 il compito svolto sin dall’inizio della sua professione

e a limitarsi alla chirurgia minore, fino a quando nel novembre 1992 dovette sospendere

gli interventi chirurgici82

.

Nei mesi di inattività professionale, il dottor Nevado decise di occuparsi di un

vigneto di sua proprietà. Per ricevere informazioni circa i contributi stanziati dalla

Comunità Europea si recò a Madrid, al ministero dell’Agricoltura.

L’incaricato del settore non era presente e il dottor Nevado fu ricevuto

dall’ingegner Luis Eugenio Bernardo Carrascal, membro dell’Opus Dei dal 1965, il

quale gli fornì tutte le informazioni necessarie e si rese conto delle mani del medico. Si

interessò del suo problema e salutandolo gli diede una immaginetta del beato Josemaría

81

Cfr. CAPUCCI F., Un mondo cit., p. 158. 82

Cfr. Ibidem, p. 161.

Page 41: Tesi di Magistero

Escrivá83

. «Sperando di potergli essere utile, - afferma Luis Eugenio Bernardo –, gli

diedi una immaginetta con la preghiera per la devozione al fondatore dell’Opus Dei,

Josemaría Escrivá, che era stato beatificato pochi mesi prima, e gli suggerii di mettersi

sotto la sua protezione e chiedergli il risanamento delle mani. Accettò molto volentieri

l’immaginetta, mi ringraziò per l’interessamento e ci lasciammo dopo esserci scambiati

i biglietti da visita»84

.

Il medico presto incominciò a chiedere la grazia per la sua guarigione, ricorrendo

all’intercessione del Servo di Dio. Qualche giorno dopo il suo viaggio a Madrid, si recò

a Vienna con sua moglie, per partecipare a un congresso medico. Lì rimase colpito nel

trovare libri e immaginette del beato Escrivá e comprese quanto fosse universale la

devozione per il fondatore dell’Opus Dei. «Allora cominciai a pregare più intensamente

e in brevissimo tempo mi accorsi che non avevo più problemi, tanto da poter

nuovamente riprendere a lavorare sin dagli inizi del 1993, nel desiderio di ricambiare il

più possibile il bene che avevo ricevuto»85

.

Una delle infermiere che lo aiutava in sala operatoria disse durante il processo:

«Rivedendolo all’opera, mi sorpresi felicemente che fossero cicatrizzate totalmente le

serie ulcerazioni che prima aveva e, a un semplice sguardo, non si scorge alcuna

alterazione della pelle del dorso delle mani. Non gli chiesi come aveva fatto a guarire da

un’affezione così seria e che aveva patito durante vari anni»86

.

Il dottor Nevado commosso rivelò l’accaduto all’ingegnere Bernardo di Madrid,

colui che gli aveva dato l’immaginetta del beato Escrivá. Difatti fu l’ingegnere che

83

Cfr. Ibidem, pp. 163-164; cfr. GAETA S., Un miracolo cit., in “Famiglia Cristiana”, n° 51, 23-30 dicembre 2001, p. 66. 84

Ibidem, p. 164. 85

GAETA S., Un miracolo cit., in “Famiglia Cristiana”, n° 51, 23-30 dicembre 2001, p. 66; cfr. CAPUCCI F., Un mondo

cit., pp. 165-166. 86

CAPUCCI F., Un mondo cit., p. 166.

Page 42: Tesi di Magistero

informò la vicepostulazione dell’Opus Dei in Spagna nel marzo 1993, che ne ricevette

conferma dalla persona guarita.

La Consulta medica della Congregazione della Causa dei Santi, dopo aver

affermato all’unanimità la guarigione del dottor Nevado, passò il caso ai Consultori

Teologi della Congregazione. Essi si pronunciarono in modo affermativo sul carattere

preternaturale della guarigione e della relazione con la petizione rivolta al Servo di Dio.

Il 21 settembre 2001 la Congregazione Ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi

membri della Congregazione, confermarono all’unanimità il carattere miracoloso della

guarigione del dottor Nevado e la sua attribuzione al fondatore dell’Opus Dei87

.

Così a cento anni esatti dalla nascita il beato Josemaría Escrivá, il 6 ottobre 2002,

viene elevato all’onore degli altari da papa Giovanni Paolo II, alla presenza di circa

500.000 persone provenienti da ogni parte del mondo88

.

87

Cfr. Ibidem, p. 155. 88

Cfr. San Josemaría Escrivá, 6 ottobre 2002, Notiziario della Prelatura dell’Opus Dei, n° 35, anno XXVI, I semestre –

gennaio/giugno 2003, p. 3.

Page 43: Tesi di Magistero

1.7 L’ITINERARIO GIURIDICO DELL’OPUS DEI

Fin dalla fondazione dell’Opera Escrivá ritenne necessario uno statuto giuridico

con norme e regole rispecchianti il carisma della stessa Opera. Il primo Regolamento è

datato 24 marzo 1933, giorno della festa dell’Arcangelo Gabriele, ed è intitolato

Normas provisionales, a que se han de acomodar los miembros de la Obra89

. Erano due

fogli ciclostilati che descrivevano le opere di pietà praticate dai membri dell’Opera90

.

In quegli anni il diritto canonico che sanciva ogni dedizione al servizio di Dio,

prevedeva il quadro istituzionale degli Ordini e delle Congregazioni religiose. Il carisma

dell’Opus Dei, però, non rispecchiava tale istituzionalità, propria della vita consacrata91

,

e don Josemaría elaborò sei documenti sulla vita, lo spirito, la formazione e l’apostolato

dei membri dell’Opera, che chiamò Regulae, Regimen, Ordo, Consuetudines, Spiritus e

Caerimoniale. Dopo un anno di lavoro, insieme al regolamento, costumiere e

cerimoniale dell’istituzione, li consegnò a mons. Eijo y Garay, vescovo di Madrid-

Alcalá, che il 19 marzo 1941 approvò l’Opus Dei come Pia Unione della Santa Croce.

Era una semplice approvazione diocesana, un riconoscimento pubblico, che non erigeva

canonicamente l’Opera, ma poneva don Josemaría e i suoi seguaci al riparo dalle accuse

volte nei loro confronti. L’Opus Dei allora contava una quarantina di membri e alcune

«residenze» in Spagna92

.

Due anni più tardi, in seguito ad un’altra illuminazione divina ricevuta da

Escrivá, «mons. Eijo y Garay chiese il nulla osta alla Sacra Congregazione dei

89

Traduzione dallo spagnolo a cura di Bufano Giuseppe: Regole provvisorie, che devono impiegare i membri dell’Opera. 90

Cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 113. 91

Cfr. Ibidem, pp. 113-114. 92

Cfr. ROCCA GIANCARLO, L’«Opus Dei» - Appunti e documenti per una storia, Ed. Paoline, Roma 1985, p. 14; cfr.

TORNIELLI A., Escrivá cit., pp. 114-115; cfr. VÁSQUEZ DE PRADA A., Il fondatore cit., vol. 2, p. 494; cfr. AA.VV.,

L’Enciclopedia, La Biblioteca di Repubblica, vol. 15, diretto da E. Cravetto, UTET, Moncalieri (TO) 2003, p. 304 (la voce

Opus Dei è a cura di Aldo Berselli); cfr. STEIGLEDER KLAUS, L’Opus Dei vista dall’interno, Claudiana Editrice, Torino

1986, p. 17.

Page 44: Tesi di Magistero

Religiosi per erigere la Società sacerdotale della Santa Croce in società di vita comune

senza voti pubblici»93

. Insieme alla richiesta del nulla osta vi era un elaborato del

regime dell’istituto che si voleva erigere, preparato da don Josemaría, il quale aveva

ottenuto dal vescovo, l’anno precedente, «la collocazione canonica della carica di

rettore del Patronato di s. Isabel, venendo di conseguenza incardinato nella diocesi di

Madrid-Alcalá»94

.

Ottenuto il nulla osta, sia del S. Ufficio, sia dalla Sacra Congregazione dei

Religiosi, l’Opus Dei riceveva una struttura confacente con il Codice di diritto canonico

allora vigente e don Josemaría Escrivá veniva incorporato all’istituto come primo

superiore generale95

.

Il passaggio da Pia Unione o Pia Società della Santa Croce a Società Sacerdotale

della Santa Croce era necessario, poiché Escrivá prevedeva che l’Opera fosse composta

di fedeli laici e da sacerdoti che non fossero sacerdoti secolari in qualità di assistenti

dell’Opera, ma incardinati dallo stesso Istituto96

. «I sacerdoti sono necessari anche per

la cura spirituale dei membri dell’Opera: per amministrare i sacramenti, per collaborare

con i Direttori laici nella direzione delle anime, per dare una profonda istruzione

teologica agli altri membri dell’Opus Dei e – punto fondamentale nella stessa

costituzione dell’Opera – per svolgere alcuni incarichi di governo»97

. Pertanto era

necessario «avviarsi verso una struttura giuridica che ne permettesse

l’incardinazione»98

.

93

Ibidem, p. 21. 94

Ibidem, p. 21. 95

Cfr. Ibidem, p. 22. 96

Cfr. LE TOURNEAU DOMINIQUE, Natura giuridica dell’Opus Dei, in AA.VV., Romana – Studi sull’Opus Dei e sul

suo Fondatore, Ed. Ares, Milano 1998, p. 186. 97

ESCRIVÁ J., Lettera 14.02.1944, n. 9, in VÁSQUEZ DE PRADA A., Il fondatore cit., vol. 2, p. 626. 98

ROCCA G., L’«Opus Dei» cit., p. 23.

Page 45: Tesi di Magistero

Con l’approvazione dell’Opus Dei a istituto secolare, Escrivá fu costretto a

distaccarne il ramo femminile. Egli, però, «non fa passare l’intero ramo maschile della

precedente pia unione nella Società sacerdotale della Santa Croce»99

; per cui si ebbero

due gruppi: uno appartenente alla Società sacerdotale della Santa Croce, l’altro

appartenente all’Opus Dei.

Il motivo della distinzione riguarda il grado di impegno dei relativi membri: gli

appartenenti alla Società sacerdotale vivono insieme in famiglia; gli appartenenti

all’Opus Dei no. Per cui nell’Opus Dei si incluse il ramo femminile. Da tutto ciò si

evince che la Società sacerdotale e l’Opus Dei sono due istituzioni distinte con propria

costituzione e propri statuti.

A soli tre anni di distanza dall’erezione in società di vita comune Escrivá chiese

le approvazioni pontificie.

A Roma erano già presenti don Álvaro del Portillo e Salvatore Canals che si

occupavano della pratica di approvazione pontificia dell’Opera. Nel giugno del 1946 si

trasferì anche don Josemaría e la sua presenza in Italia accelerò il processo di

approvazione. Pio XII lo ricevette in udienza e ne rimase molto colpito. In seguito

confidò al cardinal Gilroy: «È un vero santo, un uomo mandato da Dio per i nostri

tempi»100

. Difatti fu Pio XII a dare all’Opus Dei le approvazioni pontificie, prima nel

1947 e poi quella definitiva del 1950101

.

«Il 2 febbraio 1947, la Costituzione apostolica Provvida Mater Ecclesia crea la

figura giuridica degli istituti secolari nel contesto generale delle associazioni di fedeli. Il

99

Ibidem, p. 26. 100

DOLZ M., San Josemaría cit., p. 42. 101

Cfr. Ibidem, p. 42.

Page 46: Tesi di Magistero

24 dello stesso mese, con il Decreto Primum institutum102

, viene approvato l’Opus Dei

come primo103

istituto secolare. Diviene così un istituto di diritto pontificio con la

facoltà di incardinare suoi propri sacerdoti»104

.

Tale approvazione non veniva concessa alla sola Società sacerdotale della Santa

Croce, ma ad essa e all’Opus Dei insieme, che ora venivano a costituire un unico

istituto denominato Opus Dei. Da allora la divisione interna dell’istituto cambia: pur

avendo un’unica approvazione si parlerà di ramo maschile, comprendente anche la

Società sacerdotale della Santa Croce, e ramo femminile, con propria gerarchia

interna105

.

In seguito mons. Escrivá chiederà l’approvazione definitiva del suo istituto e

delle costituzioni, richiesta avvallata dalle lettere di 110 prelati, tra cui vari cardinali e

arcivescovi, che giungerà il 16 giugno 1950 con il decreto Primum inter Instituta106

.

Il decreto inizia ricordando che l’Opus Dei è il primo istituto secolare

riconosciuto dalla Chiesa; segue con una breve storia dell’istituto, dalla fondazione sino

ad allora, e termina con la sua fisionomia specificata in sei punti: la natura;

l’ordinamento; l’apostolato; lo spirito; la formazione dei membri, loro gradi e

caratteristiche; il regime dell’istituto107

.

102

Cfr. DE FEUNMAYOR AMEDEO, GÓMEZ-IGLESIAS VALENTÍN, ILLANES JOSÉ LUIS, L’itinerario giuridico

dell’Opus Dei, Ed. Giuffrè, Milano 1991, documento n. 22 (testo in latino), p. 753; cfr. ROCCA G., L’«Opus Dei» cit.,

documento n. 27 (testo in latino), p. 159. 103

«Primo» s’intende in senso giuridico, non storico, in quanto altre fondazioni erano sorte prima dell’Opus Dei, ma

approvate solo in seguito come istituti secolari. 104

LE TOURNEAU D., Natura giuridica dell’Opus Dei, in AA.VV., Romana cit., p 186; cfr. ROCCA G., L’«Opus Dei»

cit., p. 38; cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 128; cfr. AA.VV., STORIA DELLA CHIESA, La Chiesa del Vaticano II

(1958-1978), vol. XXV/2, parte seconda, a cura di Guasco Maurilio, Guerriero Elio, Traniello Francesco, Ed. San Paolo,

Cinisello Balsamo (MI) 1994, p. 115. 105

Cfr. ROCCA G., L’«Opus Dei» cit., pp. 39-40. 106

Cfr. DE FEUNMAYOR A., GÓMEZ-IGLESIAS V., ILLANES J. L., L’itinerario giuridico cit., documento n. 31 (testo

in latino), p. 767; cfr. ROCCA G., L’«Opus Dei» cit., documento n. 38 (testo in latino), p. 171. 107

Cfr. ROCCA G., L’«Opus Dei» cit., p. 66.

Page 47: Tesi di Magistero

Con l’approvazione definitiva ottenne anche di ammettere dei cooperatori, cioè

persone che collaborano con l’Opera pur non facendone parte. Tra questi saranno

presenti molti non cattolici e non cristiani. In questo modo la Chiesa affermava ed

esprimeva la dimensione ecumenica dello spirito dell’Opus Dei108

. Non solo; da allora i

sacerdoti incardinati nelle rispettive diocesi avrebbero potuto iscriversi alla Società

sacerdotale della Santa Croce «per ricevere aiuto spirituale, senza che ne soffrisse

alcuno dei vincoli canonici e ministeriali da cui erano uniti ai rispettivi Ordinari»109

.

Ricevuta l’approvazione definitiva del 1950 Escrivá pensò di ritornare in Spagna,

ma mons. Montini e mons. Tardini lo convinsero a rimanere a Roma. In questo modo

l’Opus Dei sarebbe stata fisicamente più vicina alla Santa Sede cercando l’unità con il

Papa e l’universalità cattolica. Tenne accanto a sé don Álvaro del Portillo, allora

Procuratore Generale, ma lasciò a Madrid il Consiglio Generale dell’Opus Dei. Tale

divisione si ebbe fino al 1956110

.

Ma soltanto dopo la morte di don Josemaría Escrivá l’Opera ebbe la forma

giuridica prevista e desiderata dallo stesso fondatore. Il 28 novembre 1982 papa

Giovanni Paolo II eresse l’Opus Dei in Prelatura personale, approvando le sue

costituzioni secondo la nuova fisionomia111

. Con la Costituzione apostolica Ut sit venne

eretta la Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, e don Álvaro del Portillo venne

confermato, dal Santo Padre, Presidente Generale dell’Opus Dei, e nominato primo

Prelato di questa nuova Prelatura Personale112

.

108

Cfr. LE TOURNEAU D., Natura giuridica dell’Opus Dei, in AA.VV., Romana cit., p. 187; cfr. TORNIELLI A.,

Escrivá cit., p. 130; cfr. LE TOURNEAU DOMINIQUE, L’Opus Dei, Ed. Scientifiche Italiane, Napoli 1992, p. 69. 109

LE TOURNEAU D., L’Opus Dei cit., p. 69. 110

Cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 131; cfr. BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 254. 111

Cfr. Ibidem, p. 184; cfr. LE TOURNEAU D., L’Opus Dei cit., p. 78 ; cfr. ROCCA G., L’«Opus Dei» cit., p. 105. 112

Cfr. STEIGLEDER K., L’Opus Dei cit., p. 108; cfr. LE TOURNEAU D., Natura giuridica dell’Opus Dei, in AA.VV.,

Romana cit., p. 192.

Page 48: Tesi di Magistero

La Prelatura personale è una «istituzione giurisdizionale e gerarchica, costituita

da sacerdoti secolari e fedeli laici, i quali sotto la giurisdizione di un prelato,

promuovono con la loro vita la ricerca della santità e l’esercizio dell’apostolato nelle

circostanze proprie dell’ordinaria esistenza degli uomini»113

.

Di seguito è riportata la Costituzione apostolica Ut sit in lingua italiana114

tradotta

dall’originale in lingua latina115

.

Costituzione Apostolica "Ut sit"

Costituzione apostolica con la quale la Santa Sede ha eretto l'Opus Dei in Prelatura Personale della Chiesa cattolica.

GIOVANNI PAOLO VESCOVO SERVO DEI SERVI DI DIO A PERPETUA MEMORIA

Con grandissima speranza, la Chiesa rivolge le sue materne premure e le sue attenzioni

verso l’Opus Dei, che per divina ispirazione il Servo di Dio Josemaría Escrivá de Balaguer fondò a Madrid il 2 ottobre 1928, affinché esso sia sempre un valido ed efficace strumento

della missione salvifica che la Chiesa adempie per la vita del mondo.

Fin dai suoi inizi, infatti, questa Istituzione si è impegnata, non solo a illuminare di nuova luce la missione dei laici nella Chiesa e nella società umana, ma anche a realizzarla nella

pratica; come pure si è impegnata a tradurre in realtà vissuta la dottrina della chiamata universale alla santità, e a promuovere in ogni ceto sociale la santificazione del lavoro

professionale ed attraverso il lavoro professionale. Inoltre, per mezzo della Società Sacerdotale della Santa Croce, si è adoperata per aiutare i sacerdoti diocesani a vivere la

medesima dottrina, nell’esercizio del loro sacro ministero.

Poiché l’Opus Dei con l’ aiuto della grazia divina, crebbe in tal modo da diffondersi ed operare in un gran numero di diocesi di tutto il mondo, agendo come una compagine apostolica che, formata da sacerdoti e da laici, uomini e donne, è allo stesso tempo

organica ed indivisa - cioè, come un’istituzione dotata di una unità di spirito, di fine, di regime e di formazione -, si rese necessario attribuirle una appropriata forma giuridica,

che fosse consona alle sue caratteristiche peculiari. Fu lo stesso Fondatore dell’Opus Dei, nell’anno 1962, a chiedere con umile e fiduciosa supplica alla Santa Sede che, in

considerazione della natura teologica ed originaria dell’Istituzione e in vista di una sua maggiore efficacia apostolica, le venisse applicata una configurazione ecclesiale ad essa

adatta.

Dal momento in cui il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo ebbe introdotto nell’ordinamento della Chiesa per mezzo del Decreto Presbyterorum Ordinis, n. 10 - che

fu reso esecutivo mediante il Motu proprio Ecclesiae sanctae, I, n. 4 - la figura delle Prelature personali

dirette alla realizzazione di peculiari opere pastorali, apparve chiaro che tale figura era perfettamente adeguata all’Opus Dei. Per cui, nell’anno 1969, il Nostro Predecessore

Paolo VI, di felicissima memoria, accogliendo benignamente la richiesta del Servo di Dio Josemaría Escrivá de Balaguer, lo autorizzò a convocare uno speciale Congresso

generale, che sotto la sua guida si occupasse di iniziare lo studio per una trasformazione

113

ILLANES JOSÉ LUIS, La santificazione del lavoro, Ed. Ares, Milano 2003, p. 77. 114

Fonte internet: www.opusdei.it a cura dell’Ufficio Informazioni dell’Opus Dei in Internet. 115

Cfr. ROCCA G., L’«Opus Dei» cit., p. 225.

Page 49: Tesi di Magistero

dell’Opus Dei in accordo con la sua natura e con le norme del Concilio Vaticano II.

Noi stessi ordinammo espressamente che detto studio venisse proseguito, e nell’anno 1979 demmo mandato alla Sacra Congregazione per i Vescovi, alla quale per sua natura competeva l’assunto, affinché, dopo aver considerato attentamente tutti gli elementi sia di diritto che di fatto, vagliasse la richiesta formale che era stata presentata dall’Opus Dei.

La Sacra Congregazione, in espletamento dell’incarico ricevuto, esaminò accuratamente la questione che le era stata affidata, e lo fece prendendo in considerazione sia l’aspetto

storico che quello giuridico e pastorale. In tal modo, essendo stato rimosso qualsiasi genere di dubbio circa il fondamento, la possibilità ed il modo concreto di accogliere la

domanda, apparve evidente l’opportunità e l’utilità dell’auspicata trasformazione dell’Opus Dei in Prelatura personale.

Pertanto, Noi, con la pienezza della Nostra potestà apostolica, dopo aver accolto il parere datoCi dal Nostro Venerabile Fratello Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione per i Vescovi, e supplendo, nella misura in cui sia necessario, al consenso di chi abbia, o ritenga di avere, competenza in questa materia, ordiniamo e

vogliamo che venga eseguito quanto segue. I

L’Opus Dei viene eretto in Prelatura personale di ambito internazionale, con il nome di Santa Croce e Opus Dei, e, in forma abbreviata, Opus Dei. Con lo stesso atto, viene

eretta la Società Sacerdotale della Santa Croce come Associazione di Chierici intrinsecamente unita alla Prelatura.

II

La Prelatura è retta dalle norme del diritto generale e di questa Costituzione, oltre che dai propri Statuti, che sono denominati "Codice di diritto particolare dell’Opus Dei" .

III

La giurisdizione della Prelatura personale si estende ai chierici in essa incardinati nonché ai laici che si dedicano alle opere apostoliche della stessa Prelatura, limitatamente per questi ultimi all’adempimento dei peculiari obblighi che essi hanno assunto con vincolo giuridico, mediante una convenzione con la Prelatura: gli uni e gli altri, chierici e laici,

dipendono dall’autorità del Prelato nello svolgimento dell’opera pastorale della medesima Prelatura, a norma di quanto prescritto nell’articolo precedente.

IV

L’Ordinario proprio della Prelatura dell’Opus Dei è il suo Prelato, la cui elezione, da farsi in accordo con le disposizioni del diritto generale e particolare, deve essere confermata dal

Romano Pontefice.

V

La Prelatura dipende dalla Sacra Congregazione per i vescovi e, a seconda della varietà delle materie, tratterà le relative questioni con gli altri Dicasteri della Curia Romana.

VI

Ogni quinquennio, il Prelato, tramite la Sacra Congregazione per i vescovi, sottoporrà al Romano Pontefice una relazione sullo stato della Prelatura e sullo svolgimento del suo

lavoro apostolico.

VII

Il governo centrale della Prelatura ha la sua sede in Roma. L’oratorio di Santa Maria della Pace, che si trova presso la sede centrale, viene eretto in chiesa prelatizia.

Page 50: Tesi di Magistero

Inoltre, il Reverendissimo Monsignor Alvaro del Portillo, canonicamente eletto come Presidente Generale dell’Opus Dei il 15 settembre 1975, viene confermato e viene

nominato Prelato dell’eretta Prelatura personale della Santa Croce e Opus Dei.

Infine Noi, per l’opportuna esecuzione di tutto quanto sopra, designiamo il venerabile Fratello Romolo Carboni, Arcivescovo tit. di Sidone e Nunzio Apo-stolico in Italia, al quale

conferiamo le necessarie ed opportune facoltà, compresa quella di suddelegare per la materia in questione qualsiasi dignitario ecclesiastico, imponendogli l’obbligo di inviare al

più presto alla Sacra Congregazione per i vescovi un esemplare autentico dell’atto di esecuzione dell’incarico .

Tutto ciò, nonostante qualsiasi disposizione in contrario.

Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 28 del mese di novembre dell’anno 1982,

quinto del Nostro Pontificato.

AGOSTINO Card. CASAROLI Segretario di Stato

SEBASTIANO Card. BAGGIO Prefetto della Sacra Congregazione per i vescovi

Giuseppe Del Ton, Protonotario Apostolico Marcello Rossetti, Protonotario Apostolico

Page 51: Tesi di Magistero

CAPITOLO SECONDO

Il lavoro: strumento di santità

Page 52: Tesi di Magistero

2.1 IL LAVORO NELLA STORIA DELLA SPIRITUALITÀ

Considerando il lavoro quale componente essenziale della vita dell’uomo, e

mezzo attraverso il quale egli si afferma nella società, è possibile affermare che il

lavoro è presente nella storia sin dalle origini del mondo.

Essendo l’uomo un essere spirituale, e vivendo la sua spiritualità nel quotidiano,

il lavoro entra a far parte di questa componente preziosissima. Ma, nonostante diversi

studi effettuati in questo campo, non ci sono opere che forniscano una visione

d’insieme, lungo la storia, circa le relazioni tra spiritualità e lavoro116

.

Solo a partire dal monachesimo la teologia spirituale ha conferito un’importanza

decisiva al tema del lavoro, inteso non solo come lavoro manuale ma, ampliando la

visione, dando anche importanza e valore alle diverse professioni e alla loro incidenza

nella crescita della società e della storia.

Nel frattempo il monachesimo si evolveva in diversi aspetti e

contemporaneamente si sviluppava anche il tema del lavoro senza, però, apportare una

valorizzazione spirituale di esso.

La realtà è che la percezione del valore cristiano del lavoro, santificabile e

santificante, si lega alla consapevolezza della specificità della vocazione laicale117

.

Analizzando lo sviluppo del tema del lavoro, circa l’apporto che esso dà in

riferimento alla perfezione cristiana, partiamo dall’ideale monastico, che ha come punto

centrale la ricerca personale della santità. Non vi è dunque apostolato diretto, se non

all’interno del monastero stesso. Una forma di apostolato indiretto era la presenza dei

monasteri costruiti sulla cima dei colli o nei pressi di città e paesi, che rappresentavano

116

Cfr. ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 47. 117

Ibidem, p. 48.

Page 53: Tesi di Magistero

fonti di spiritualità e spingevano gli uomini a vivere e manifestare sinceramente il

proprio credo cristiano.

Col tempo le cose cambiavano e il monachesimo incominciò a prendersi cura

delle anime al di fuori del convento. L’attività missionaria di molti vescovi condussero

molti uomini alla fede. In questa linea, il Concilio di Nimes, convocato da Urbano II, il

2 luglio 1096, proclamò in modo espresso e solenne che i monaci potevano dedicarsi al

ministero pastorale, per il quale essi sono pienamente abilitati118

.

In seguito sorsero gli Ordini «mendicanti», tra cui francescani e dominicani che,

attraverso la nuova figura del frate, poterono portare il Vangelo ovunque. Da allora la

predicazione ebbe come obiettivo portare tutti i popoli alla fede cristiana e, dal XVIII

secolo in poi, con la nascita di numerose congregazioni, maschili e femminili, l’attività

di apostolato crebbe sempre più in conformità alle condizioni storiche del momento.

Nello stesso tempo fiorirono le opere di carità e beneficenza per opera degli istituti

religiosi.

Che cosa avvenne? La spiritualità monastica parlava del lavoro da realizzare nel

chiostro; esso aveva una certa somiglianza con il lavoro svolto nel mondo. Per cui vi era

un passaggio libero affinché ci si ponesse il problema della santificazione del lavoro

svolto nel mondo. Con il rinnovamento successivo, invece, il lavoro manuale non fu più

oggetto di attenzione, poiché le attività di carità e apostolato finirono per essere

considerate le uniche che potessero condurre alla perfezione cristiana119

.

Nel frattempo con il sorgere delle confraternite, legate alle corporazioni di arti e

mestieri, si suggeriva una valutazione cristianamente positiva del lavoro. Però, queste

118

Canoni 2 e 3: cfr. Mansi, Concilia, XX, col.933, in ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 50. 119

Cfr. ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 52.

Page 54: Tesi di Magistero

istituzioni erano carenti di spiritualità e non erano in grado di offrire, ai confratelli, una

preparazione ascetica e dottrinale che li portasse a santificare il proprio lavoro120

.

Con l’Umanesimo e il Rinascimento si provò un nuovo interesse per il tema del

lavoro dovuto alla diffusione della cultura e alla valorizzazione dell’attività umana,

intesa come dominio del mondo. Ma con il protestantesimo tale interesse fu in parte

soffocato. Lutero e Calvino, pur considerando il lavoro paragonabile all’azione creatrice

di Dio, non scoprirono il valore santificante di esso a causa del «peccato originale come

corruzione totale della natura umana»121

.

Anche la teologia cattolica del Rinascimento e dell’età barocca operò una

riflessione profonda sulla vita sociale e sul lavoro. Ma anch’essa risultò incapace di

comprendere il valore del lavoro umano.

Soltanto nel XX secolo si proclamerà il valore cristiano dell’attività umana, in

quanto professione esercitata in mezzo al mondo, come realtà santificabile e

santificante. Importante è l’opera di don Giovanni Bosco e delle attività assistenziali

tese a elevare la condizione dei meno abbienti, promuovendo la formazione

professionale e, dunque, la dignità e il valore del lavoro umano. Così come l’Azione

Cattolica che contribuì a promuovere la responsabilità e l’azione dei laici. Ma anche la

nascita dell’Opus Dei, che è l’oggetto del nostro interesse, con lo scopo di promuovere

la vita cristiana in mezzo al mondo, senza dover cambiare di stato.

Durante il lungo processo storico preso in considerazione si può notare quanto

poco si parla del lavoro inteso come l’insieme delle attività umane realizzate dall’uomo

nel mondo e con quanta frequenza si pone in risalto l’attività ecclesiastica e religiosa.

120

Cfr. Ibidem, p. 59. 121

Ibidem, p. 61.

Page 55: Tesi di Magistero

Inoltre possiamo distinguere da un lato l’evoluzione della vocazione religiosa e,

dall’altro, la presa di coscienza della vocazione del comune cristiano e della missione

che tale vocazione comporta122

.

La realtà dell’Opus Dei e la sua comparsa nella storia si inserisce in questo

processo attraverso il quale la Chiesa riconosce che ciascun uomo, sia esso religioso o

comune cristiano, ha una propria specifica vocazione e una missione con la quale si

manifesta nel mondo.

La vocazione religiosa cerca la perfezione evangelica o la cosiddetta vita di

perfezione evangelica che sono proprie dello stato religioso123

. Il comune cristiano può

raggiungere la santità nel proprio stato e nel mondo, facendo fruttificare la propria

vocazione, santificandosi nel luogo del suo incontro con Cristo124

.

San Josemaría Escrivá parlava di «essere del mondo», di «santificare il mondo

dal di dentro», di «stare nel mondo e sentirsi del mondo», escludendo, pertanto, ogni

distacco dal proprio luogo originario. In un’intervista, riportata nel libro Colloqui con

Monsignor Escrivá, diceva: «I soci dell’Opera sono persone che vivono nel mondo,

dove esercitano la loro professione o il loro mestiere. Aderendo all’Opus Dei, non lo

fanno per abbandonare il lavoro, ma, al contrario, per cercare un aiuto spirituale per

santificare il proprio lavoro ordinario, trasformandolo anche in mezzo per santificarsi e

aiutare gli altri a santificarsi. Essi non cambiano di stato – continuano ad essere celibi,

sposati, vedovi o sacerdoti –, ma cercano di servire Dio e gli altri uomini nel proprio

stato»125

.

122

Cfr. Ibidem, p. 69. 123

Cfr. ESCRIVÁ J., Colloqui cit., n. 62, p. 103. 124

Cfr. Ibidem, n. 62, p. 104. 125

Ibidem, n. 24, p. 54; cfr. ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 78.

Page 56: Tesi di Magistero

2.2 IL LAVORO: STRUMENTO DI SANTITÁ

«Il lavoro è la prima vocazione dell’uomo, è una benedizione di Dio, e si

sbagliano, purtroppo, quelli che lo considerano un castigo. Il Signore, il migliore dei

padri, ha collocato il primo uomo nel Paradiso, «ut operaretur» - perché lavorasse»126

.

Il libro della Genesi apre gli orizzonti della salvezza con la creazione del mondo e

di tutto ciò che in esso sussiste. L’uomo, creato a immagine e somiglianza del

Creatore127

, viene posto nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse128

e,

insieme alla donna postagli accanto, ricevette il compito di moltiplicarsi, riempire la

terra e dominarla129

. Il lavoro, pertanto, rappresenta una componente essenziale

dell’uomo. Questi, «nell’adempimento di tale mandato, riflette l’azione stessa del

Creatore dell’universo»130

. Il lavoro serve all’uomo per la realizzazione della sua

umanità e per poter giungere alla pienezza della sua vocazione umana131

.

L’uomo, chiamato a custodire il “giardino” sviluppa la sua vocazione divina,

derivatagli dal compito ricevuto da Dio e collabora alla sua azione creatrice132

.

Il Dio invisibile si fa visibile nel suo Figlio Unigenito e invita l’uomo a

conformarsi a Lui per condurlo nell’eternità della vita divina.

«In questa prospettiva Escrivá vede la necessità di un impegno del cristiano nel

lavoro fatto di una doppia fedeltà: a Dio che lo salva, e dunque alla fede, al Vangelo,

alla Chiesa… e fedeltà alla terra, e cioè alle realtà terrene, al lavoro fra queste; un

126

ESCRIVÁ J., Solco, n. 482, in Cammino, Solco cit., p. 365; cfr. ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Il lavoro rende santi, a cura

di Gaeta Saverio, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 1997, p. 57. 127

Cfr. Gen 1, 27. 128

Gen 2, 15. 129

Cfr. Gen 1, 28. 130

GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica sul lavoro umano Laborem exercens, n. 4, Ed. Paoline, Roma 1981, p. 10. 131

Cfr. Ibidem, n. 6. 132

Cfr. CONCILIO VATICANO II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 34, Ed. Paoline, Milano 1988, p. 29; cfr.

FARO GIORGIO, Il lavoro cit., p. 9.

Page 57: Tesi di Magistero

lavoro da fare con competenza e dedizione… perché nel lavoro, come in tutta la storia

dell’uomo Dio ci attende»133

. Il lavoro ordinario è, nel pensiero di san Josemaría, «il

cardine sul quale poggia e ruota la nostra chiamata alla santità»134

.

Il lavoro, pertanto, non è una maledizione per l’uomo; anzi, rappresenta uno

strumento per la sua santificazione. La sofferenza e la fatica, legate al lavoro, entrano in

un secondo momento nella vita umana. Sono la conseguenza del “primo peccato”

dell’uomo e della donna che impediva l’unione con Dio. Esso non è un castigo, ma

cammino di salvezza135

: attraverso la riconciliazione, operata da Cristo, ogni uomo può

raggiungere il fine ultimo: la propria santificazione.

Iddio crea il mondo volutamente perfettibile; ora sta all’uomo perfezionarlo con il

suo lavoro e la sua creatività. «L’uomo, quando lavora e lavora bene, sta perfezionando

l’opera di Dio. La stessa creatura umana è, a sua volta, perfettibile: potrà pervenire a

una piena realizzazione soltanto lavorando virtuosamente, per amore dei suoi simili e di

Dio»136

.

Affinché il lavoro possa essere uno strumento di santificazione personale ed

efficace mezzo di apostolato deve essere svolto bene alla presenza di Dio, curandone i

dettagli. Il libro del Levitico ci ricorda: «non offrite nulla con qualche difetto, perché

non sarebbe gradito»137

. «Una persona devota, dalla vita di pietà non bigotta, compie il

suo dovere professionale con perfezione, perché sa che questo lavoro è preghiera

133

FARO G., Il lavoro cit., p. 9. 134

MAY W., Santità e vita ordinaria, in AA.VV., Santità cit., p. 59; cfr. ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Amici di Dio, n. 62, Ed.

Ares, Milano 2003, p. 85. 135

Cfr. DERVILLE GUILLAUME, Emmaus è il mondo, Ed. Città Nuova, Roma 2002, p. 35. 136

FARO G., Il lavoro cit., p. 72. 137

Lv 22, 20.

Page 58: Tesi di Magistero

innalzata a Dio»138

. E ancora: «Lavora con allegria, con pace, alla presenza di Dio – In

questo modo, inoltre, realizzerai il tuo compito con buon senso: lo porterai a termine

anche se stremato dalla stanchezza, lo completerai per bene…, e le tue opere saranno

gradite a Dio»139

.

Durante la celebrazione della messa, in occasione della festa della

Trasfigurazione del Signore, il 7 agosto 1931 a Madrid, don Josemaría Escrivá

comprese, su ispirazione divina, che tutti gli uomini avrebbero dovuto elevare Cristo al

vertice di tutte le attività umane140

. Mettere Cristo nel lavoro quotidiano, nella

professione di ognuno, significa diventare altri Cristi; permettergli di entrare nella

nostra vita e rendere testimonianza di Lui nelle varie attività. Inoltre la nostra

santificazione nel lavoro non può attualizzarsi senza l’accostamento ai sacramenti e la

partecipazione alla celebrazione eucaristica.

Ogni lavoro è ben gradito al Signore purché svolto con amore. Scriveva il

Cardinale Albino Luciani, divenuto poi Giovanni Paolo I, che: «Escrivá de Balaguer,

con il Vangelo, ha detto continuamente: Cristo non vuole da noi solo un po’ di bontà,

ma tanta bontà. Vuole però che la raggiungiamo non attraverso azioni straordinarie,

bensì con azioni comuni; è il modo di eseguire le azioni che dev’essere non comune.

Là, nel bel mezzo della strada, in ufficio, in fabbrica, ci si fa santi, a patto che si svolga

il proprio dovere con competenza, per amor di Dio e lietamente in modo che il lavoro

quotidiano diventi non il “tragico quotidiano”, ma quasi il “sorriso quotidiano”»141

. Non

138

ESCRIVÁ J., Forgia, n. 739, in Cammino, Solco cit., p. 671; cfr. OGNIBENE FRANCESCO, Noi cristiani ordinari.

Che rivincita, articolo apparso su Avvenire del 8 ottobre 2002. 139

Ibidem, n. 744, p. 672. 140

Cfr. ESCRIVÁ J., Apuntes íntimos, n. 217, in ILLANES J. L., Lavoro, carità, giustizia, in AA.VV., Santità cit., p. 180;

Cfr. ESCRIVÁ J., Colloqui cit., n. 59, p. 96; cfr. ESCRIVÁ J., Via Crucis cit., p. 98. 141

LUCIANI A., Cercando Dio cit., in Il Gazzettino, Venezia, 25.07.1978, in ILLANES J. L., Mondo cit., p. 68; cfr. FARO

G., Il lavoro cit., p. 5.

Page 59: Tesi di Magistero

c’è differenza tra la professione di avvocato e quella di medico; tra l’essere un

contadino e l’essere un insegnante. «Qualunque cosa facciate, - scriveva san Paolo -

fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che come ricompensa

riceverete dal Signore l’eredità»142

.

Più volte ripeteva mons. Escrivá che, essendo il lavoro un dono di Dio, non aveva

senso dividere gli uomini in categorie diverse, in relazione al tipo di lavoro svolto; esso

testimonia la dignità dell’uomo, del suo dominio su tutto il mondo visibile, sviluppa la

sua personalità, unisce gli uomini; rappresenta una risorsa per il sostentamento della

propria famiglia e della società143

.

Ognuno ha il compito di santificarsi nel proprio stato di vita, nel suo lavoro

offerto costantemente al Signore, perché è in quello stato che Dio ha chiamato ciascun

figlio suo per collaborare all’opera della creazione. Per di più, se siamo chiamati a

servire il Signore nello stato laicale, non dobbiamo pensare che la santità sia una meta

irraggiungibile. Affermava il beato Josemaría Escrivá: «Io non ti dico che puoi

santificarti malgrado tu non sia che un laico, un semplice battezzato che vive e lavora

nel mondo. Io ti dico che tu puoi – devi – santificarti proprio perché sei così»144

.

Quando Escrivá proclamava negli anni Trenta la chiamata universale alla santità,

attraverso il proprio lavoro e senza dover cambiare di stato, molti non percepirono la

relazione immediata delle sue parole con il Vangelo. Successivamente il Concilio

Vaticano II, nella Costituzione apostolica Gaudium et spes, confermò il suo

insegnamento dichiarando che «offrendo a Dio il proprio lavoro, l’uomo si associa

142

Col 3, 23-24. 143

Cfr. ESCRIVÁ J., È Gesù cit., n. 47, p. 108; cfr. ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 145. 144

MESSORI VITTORIO, Opus Dei: un’indagine, Ed. Mondadori, Milano 1994, p. 134; cfr. FARO G., Il lavoro cit., p.

97.

Page 60: Tesi di Magistero

all’opera stessa redentiva di Cristo, il quale ha conferito al lavoro una elevatissima

dignità, lavorando con le proprie mani a Nazareth»145

.

Pertanto il lavoro è partecipazione all’opera della creazione, ma essendo stato

assunto da Cristo nella sua vita, esso «diventa attività redenta e redentrice»146

. L’uomo,

divenuto figlio di adozione per mezzo dello Spirito Santo, può ristabilire l’armonia del

creato, rotta dal peccato di Adamo, e riconciliare con Dio tutte le cose147

. Per questo il

lavoro occupa una posizione di rilievo nella spiritualità del fondatore dell’Opus Dei, in

seno alla santità di ogni cristiano. Esso rappresenta la libera e responsabile attività

umana per cooperare all’edificazione del Regno di Dio.

Scriveva P. Rodríguez, in Vocación, trabajo, contemplación che «quando l’uomo

lavora, non solo trasforma le cose, ma allo stesso tempo e soprattutto realizza il suo

proprio essere e, se cristiano, lavorando realizza e sviluppa il suo proprio essere

cristiano. E questo realizzare il nostro essere cristiani è ciò che si chiama santificarsi nel

proprio lavoro»148

.

La nostra vocazione divina ha in sé una missione, «ci invita a partecipare al

compimento della Chiesa, a essere testimoni di Cristo dinanzi agli uomini e a portare a

Dio tutte le cose»149

. «Ecco il motivo per cui dovete santificarvi – collaborando al

tempo stesso alla santificazione degli altri – santificando precisamente il vostro lavoro e

il vostro ambiente»150

.

145

CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes cit., n. 67, p. 66; cfr. FARO G., Il lavoro cit., p. 98; cfr. DERVILLE G.,

Emmaus cit., p. 35. 146

ESCRIVÁ J., È Gesù cit., n. 47, p. 108. 147

Cfr. Ibidem, n. 112, p. 229. 148

MAY W, Santità e vita ordinaria, in AA.VV., Santità cit., p. 60. 149

ESCRIVÁ J., È Gesù cit., n. 45, p. 105. 150

Ibidem, n. 46, p. 106.

Page 61: Tesi di Magistero

La nostra santificazione nel lavoro possiamo raggiungerla a patto di unire il

nostro lavoro con quello di Cristo, cosa possibile solo svolgendo l’attività con amore.

«La dignità del lavoro è fondata sull’Amore», diceva il fondatore dell’Opus Dei, «il

lavoro nasce dall’amore, manifesta l’amore, è ordinato all’amore… Sapendoci posti da

Dio sulla terra, amati da Lui ed eredi delle sue promesse, il lavoro diviene preghiera,

rendimento di grazie»151

. Non solo. Esso è anche apostolato. Per cui, attraverso il lavoro

dobbiamo rivelare l’amore di Cristo agli altri e condurli a Dio Padre152

. Sull’esempio

della Vergine Maria che portava dentro di sé il Salvatore del mondo, dobbiamo

santificarci portando in noi Cristo. Pertanto, avendolo dentro di noi, possiamo e

dobbiamo donarlo agli altri: «ecco cosa significa santificare gli altri, la testimonianza di

una vita offerta, lo spirito di sevizio, la gioia di dare una mano, lo sforzo di ascoltare, la

considerazione del lavoro altrui, il sorriso quando si è stanchi, un consiglio atteso,

l’assicurazione di una preghiera»153

. «Dobbiamo dare quello che riceviamo, insegnare

ciò che impariamo, partecipare agli altri – senza montare in cattedra, con semplicità – la

nostra conoscenza dell’amore di Cristo. Ciascuno di noi, nel realizzare il proprio lavoro,

nell’esercitare la propria professione nella società, può e deve convertire la sua

occupazione in un compito di servizio»154

.

Ecco che la concezione del lavoro, come vocazione umana, nella spiritualità

dell’Opus Dei e del suo fondatore, divenne parte importante della vocazione divina:

151

Ibidem, n. 48, p. 108; cfr. ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 114. 152

Cfr. Ibidem, n. 49, p. 109. 153

DERVILLE G., Emmaus cit., p. 36. 154

ESCRIVÁ J., È Gesù cit., n. 166, p. 325; cfr. DERVILLE G., Emmaus cit., p. 36.

Page 62: Tesi di Magistero

ogni uomo, nella sua vita deve santificare il lavoro, santificarsi nel lavoro e santificare

attraverso il lavoro155

.

Quando mons. Escrivá si riferiva al lavoro come mezzo di santità e di

santificazione, intendeva non un lavoro generico e impreciso. Egli esaltava il lavoro

professionale. Per cui non il lavoro «considerato come mera attività intellettuale e

manuale, né tantomeno come semplice forza trasformatrice della natura, ma il lavoro

visto nella pienezza delle sue dimensioni antropologiche e sociali, come occupazione

stabile che qualifica chi la realizza e allo stesso tempo lo inserisce nel costituirsi e nel

divenire della società umana»156

. Il lavoro professionale caratterizza la vita ordinaria di

ciascuno e, pertanto, non si può parlare di santificazione del lavoro se non in parallelo

della santificazione della vita ordinaria e viceversa. Una vita di fede che non influisce

sullo svolgimento della professione sarà una vita cristiana che rimane al di fuori del

vivere concreto e che porterà alla scissione tra corpo e anima157

.

Più volte don Josemaría, nella sua predicazione, esortava i fedeli a non vivere una

doppia vita. In maniera particolare ricordiamo l’omelia Amare il mondo

appassionatamente, pronunciata nel campus dell’Università di Navarra (Spagna) l’8

ottobre 1967. «A quegli universitari e a quegli operai che mi seguivano verso gli anni

Trenta, io solevo dire che dovevano saper materializzare la vita spirituale. Volevo

allontanarli in questo modo dalla tentazione – così frequente allora, e anche oggi – di

condurre una specie di doppia vita: da una parte la vita interiore, la vita di relazione con

Dio; dall’altra, come una cosa diversa e separata, la vita familiare, professionale e

155

Cfr. ESCRIVÁ J., Lettera del 15.10.1948, n. 6, in FARO G., Il lavoro cit., p. 103; cfr. ESCRIVÁ J, Colloqui cit., n. 55,

p. 91; cfr. MAY W., Santità e vita ordinaria, in AA.VV., Santità cit., p. 59; cfr. ESCRIVÁ J., Amici cit., n. 9, p. 30; cfr.

ESCRIVÁ J., È Gesù cit., n. 46, p. 107. 156

ILLANES J. L., Lavoro, carità, giustizia, in AA.VV., Santità cit., p. 173; cfr. ILLANES J. L., La santificazione cit., p.

43. 157

Cfr. Ibidem, p. 173.

Page 63: Tesi di Magistero

sociale, fatta tutta di piccole realtà terrene. No, figli miei! Non ci può essere una doppia

vita, non possiamo fare come gli schizofrenici, se vogliamo essere cristiani: vi è una

sola vita, fatta di carne e di spirito, ed è questa che deve essere – nell’anima e nel corpo

– santa e piena di Dio: questo Dio invisibile lo troviamo nelle cose più visibili e

materiali»158

.

Tutto questo è molto importante. Se il lavoro professionale svolto bene e con

amore è preghiera innalzata a Dio, è incontro quotidiano con Cristo, pone in relazione

gli uomini tra di loro, afferma la dignità dell’uomo stesso, esso deve contribuire,

insieme alla fede, a formare la vita di ognuno e a raggiungere la perfezione cristiana.

Per poter santificare il lavoro, e affinché esso possa essere mezzo per la propria

santificazione e per la santificazione degli altri è necessario che tale lavoro sia svolto da

un uomo cristiano. Per questo il binomio uomo-cristiano deve svilupparsi in maniera

parallela e inscindibile159

: il corpo necessita dell’anima per elevarsi alla perfezione

divina; l’anima ha bisogno del corpo per manifestarsi nella quotidianità del mondo.

La predicazione di san Josemaría Escrivá e lo spirito dell’Opus Dei sembra siano

fondati sul lavoro quale fulcro della vocazione umana o come mezzo in primis di

santificazione. In realtà non è così. Lo stesso san Josemaría affermava più volte che:

«l’arma dell’Opus Dei non è il lavoro, è la preghiera: per questo trasformiamo il lavoro

in preghiera ed abbiamo anima contemplativa»160

. Una «preghiera che nasce dalla

consapevolezza di essere figli di Dio, creati per amore e destinati all’amore»161

. Il

lavoro e la preghiera devono concorrere alla piena identificazione dell’uomo a Cristo. Il

158

ESCRIVÁ J., Colloqui cit., n. 114, p. 191; cfr. ILLANES J. L., Lavoro, carità, giustizia, in AA.VV., Santità cit., p. 171. 159

Cfr. ILLANES J. L., Lavoro, carità, giustizia, in AA.VV., Santità cit., p. 178. 160

DEL PORTILLO Á., Intervista cit., p. 45; cfr. ESCRIVÁ J., Lettera 15.10.1948, in ILLANES J. L., La santificazione

cit., p. 172. 161

FARO G., Il lavoro cit., p. 110.

Page 64: Tesi di Magistero

Padre scriveva in Cammino: «In primo luogo preghiera; poi espiazione; in terzo luogo,

molto in terzo luogo azione»162

. Ovviamente, la preghiera che si fa lavoro, spesso non si

esprimerà in parole neanche mentali, ma piuttosto nella consapevolezza di svolgere ogni

attività davanti a Dio e per servire gli altri: per amore. Non c’è un momento della

giornata in cui sia possibile sentirsi interiormente soli. Se ciò dovesse accadere, è

perché ci dimentichiamo di Lui»163

. Per giungere a santificare la professione, in questo

modo, è necessario, pertanto, impegnarsi a lavorare bene, con serietà umana e

soprannaturale. In una Lettera, datata 15 ottobre 1948, san Josemaría scriveva: «se mi

dicono che un figlio mio è, per esempio, un cattivo maestro ma un buon figlio mio, che

me ne importa se non è un buon maestro? Che me ne faccio? Perché, in realtà, se non ha

adoperato i mezzi per migliorare nella sua professione, non è un buon figlio mio… Non

so che farmene di un uomo senza zelo professionale»164

.

In questa prospettiva l’uomo può santificare il proprio lavoro professionale se è

«dotato di una caratteristica che fu fondamentale nel lavoro di Giuseppe: lo spirito di

servizio, il desiderio di lavorare per contribuire al bene comune. Il lavoro di Giuseppe

non tendeva all’affermazione di sé. Il Patriarca lavorava con la consapevolezza di

compiere la volontà di Dio, pensando al bene dei suoi – Gesù e Maria – e avendo

presente il bene di tutti gli abitanti della piccola Nazareth»165

.

Come san Giuseppe anche Cristo ha svolto il suo lavoro con amore. Il cristiano è

chiamato ad imitarlo nello svolgimento della propria attività professionale e ad accettare

e portare la Croce nelle fatiche e nelle pene di ogni giorno, così come Cristo accettò e

162

ESCRIVÁ J., Cammino, n. 82, in Cammino, Solco cit., p. 39. 163

FARO G., Il lavoro cit., p. 111. 164

ESCRIVÁ J., Lettera del 15.10.1948, in BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 304; cfr. FARO G., Il lavoro cit., p. 112; cfr.

ESCRIVÁ J., Amici cit., n. 61, p. 84; cfr. ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 113. 165

ESCRIVÁ J., È Gesù cit., n. 51, p. 112; cfr. FARO G., Il lavoro cit., p. 113.

Page 65: Tesi di Magistero

abbracciò la sua Croce. Anche nel lavoro la Croce non mancherà mai. Josemaría

Escrivá ha proclamato instancabilmente che un giorno senza Croce è un giorno senza

Cristo166

. Non a caso la Croce è fondamentale ed è presente nella vocazione all’Opus

Dei. Il Padre precisava: «Quando vedi una povera Croce di legno, sola, senza

importanza e senza valore… e senza Crocifisso, non dimenticare che quella Croce è la

tua Croce: quella d’ogni giorno, quella nascosta, senza splendore e senza

consolazione…, che sta aspettando il Crocifisso che le manca: e quel Crocifisso devi

essere tu»167

.

Quindi un lavoro santificato dipende da vari fattori, tra cui il più importante è

l’amore. È nel lavoro svolto con amore che l’uomo ritrova la sua dignità, non nel lavoro

in sé, come sosteneva Marx168

. Per questo Josemaría Escrivá non faceva distinzione dei

diversi lavori. Non c’è un ordine di importanza delle varie professioni: tra l’impiego di

uno spazzino e quello di un ministro il più valoroso è quello di colui che svolge il

proprio lavoro con più amore di Dio169

.

Dunque la santità è trasformare il lavoro in atto di amore, contemplando Dio in

atteggiamento di preghiera. Quando ciò avviene il lavoro diventa efficace servizio agli

altri, manifestando l’amore con le opere170

. Per questo la preghiera è posta al vertice di

tutto: senza di essa il cristiano non santificherà mai la sua attività professionale.

Scriveva mons. Álvaro del Portillo, primo successore alla guida dell’Opus Dei, che «il

lavoro nutre l’orazione e l’orazione nutre il lavoro. Fino a tal segno che il lavoro in sé,

in quanto servizio reso all’uomo e alla società, diviene preghiera grata a Dio: atto nel

166

Cfr. BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 311. 167

ESCRIVÁ J., Cammino, n. 178, in Cammino, Solco cit., p. 58; cfr. anche 277, p. 77. cfr. FARO G., Il lavoro cit., p. 114. 168

Cfr. FARO G., Il lavoro cit., p. 116. 169

Cfr. Ibidem, p. 116; cfr. BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 228; cfr. ESCRIVÁ J., Forgia, n. 705, in Cammino, Solco cit.,

p. 664. 170

Cfr. Ibidem, p. 117.

Page 66: Tesi di Magistero

quale l’uomo tutto intero, nel proprio essere e nel proprio agire, dona se stesso a

Dio»171

.

«Lavoriamo e lavoriamo molto e bene, senza dimenticare che la nostra arma

migliore è l’orazione. Pertanto, non mi stanco di ripetere che dobbiamo essere anime

contemplative in mezzo al mondo, che cercano di trasformare il lavoro in orazione»172

.

Infatti mons. Escrivá non proponeva una semplice connessione tra lavoro e preghiera,

ma la piena unione tra le due realtà, sino a che il lavoro si trasformi in preghiera173

.

Nel decennio successivo alla fondazione dell’Opera, san Josemaría visse per

alcuni mesi a Burgos, in Spagna, dove elaborò la sua tesi di dottorato. Qui è presente

una cattedrale gotica con altissime guglie, e osservandola attentamente notò con quanta

perfezione fu costruita. In seguito utilizzò tale immagine per la sua predicazione. In

un’omelia del 1960, riportata in Amici di Dio, scriveva: «Mi piaceva salire su una delle

sue torri, per far contemplare da vicino a quei ragazzi la selva di guglie, un autentico

ricamo di pietra, frutto di un lavoro paziente, faticoso. In quelle conversazioni facevo

notare che tutta quella meraviglia non era visibile dal basso. E, per materializzare ciò

che tanto spesso avevo loro spiegato, commentavo: questo è il lavoro di Dio, l’opera di

Dio!: portare a termine il lavoro professionale con perfezione, in bellezza, con la grazia

di questi delicati merletti di pietra. Capivano, davanti a una realtà così palese, che tutto

quello era preghiera, un bellissimo dialogo con il Signore. Coloro che spesero le loro

171

DEL PORTILLO ÁLVARO, Il lavoro si trasformi in orazione, in Rendere amabile la verità. Raccolta di scritti di

Mons. Álvaro del Portillo, Libreria Editrice Vaticana, Roma 1995, p. 649. 172

ESCRIVÁ J., Solco, n. 497, in Cammino, Solco cit., p. 367; cfr. FARO G., Il lavoro cit., p. 119. 173

Cfr. ILLANES J. L., La santificazione cit. p. 125.

Page 67: Tesi di Magistero

forze in quel lavoro, sapevano perfettamente che dalle strade della città nessuno si

sarebbe reso conto del loro sforzo: era soltanto per il Signore»174

.

Ulteriore mezzo per lavorare bene e santificare il nostro lavoro, e la nostra vita

attraverso di esso, è costituito dalle virtù umane, che dobbiamo conquistare, e le virtù

soprannaturali che riceviamo attraverso i sacramenti. Le virtù sono il mezzo con cui

ogni cristiano può giungere alla perfezione cristiana nel mondo e aumentare così la

propria capacità di servire tutte le anime nel suo lavoro175

. Inoltre esse mettono in

relazione con tutti gli ambienti umani, in modo particolare con il mondo del lavoro.

«Amate la giustizia. Praticate la carità. Difendete sempre la libertà personale e il diritto

che tutti gli uomini hanno di vivere, di lavorare, di essere assistiti nella malattia e nella

vecchiaia, di fondare un focolare, di mettere al mondo dei figli, di educarli in

proporzione al talento di ognuno, di ricevere un trattamento degno di uomini e di

cittadini»176

. Tutti i cristiani devono coincidere nel comune desiderio di servire

l’umanità intera, senza distinzione di lingua, razza, nazionalità o credo. Servire

l’umanità nel servizio reso a Dio e per amor suo177

.

Ma il lavoro esige anche partecipazione e responsabilità, due atteggiamenti che la

coscienza di ogni uomo espliciterà meglio, in base al proprio bagaglio di virtù. «Dato

che ci dobbiamo comportare sempre come inviati di Dio, dobbiamo ricordare molto

bene che non lo serviamo con lealtà quando trascuriamo il nostro lavoro; quando non

condividiamo con gli altri l’impegno e l’abnegazione nel compiere i doveri

174

ESCRIVÁ J., Amici cit., n. 65, p. 89; cfr. ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 134; cfr. FARO G., Il lavoro cit., p.

35. 175

Cfr. FARO G., Il lavoro cit., p. 122. 176

ESCRIVÁ J., Lettera del 15.10.1948, n. 29, in ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 116; cfr. FARO G., Il lavoro

cit., p. 123. 177

Cfr. ESCRIVÁ J., Lettera del 31.05.1943, n. 11, in ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 117; cfr. ESCRIVÁ J., È

Gesù cit., n. 167, p. 328; cfr. FARO G., Il lavoro cit. p. 123.

Page 68: Tesi di Magistero

professionali; quando diamo motivo di essere giudicati scansafatiche, leggeri,

superficiali, disordinati, pigri, inutili… Perché chi trascura questo genere di doveri, solo

in apparenza meno importanti, difficilmente riuscirà vittorioso nei doveri della vita

interiore, che certamente sono più difficili»178

.

Se invece lavoriamo con lo scopo di santificarlo entrano in relazione una serie di

virtù: «la fortezza, per perseverare nel lavoro, nonostante le naturali difficoltà, e per non

lasciarsi mai vincere dal suo peso; la temperanza, per spendersi senza riserve,

superando la comodità e l’egoismo, la giustizia, per compiere i nostri doveri verso Dio,

verso la società, la famiglia, i colleghi; la prudenza, per sapere in ogni circostanza che

cosa conviene fare e metterci all’opera senza indugi… E tutto, insisto, per Amore, con il

senso vivo e immediato della responsabilità del frutto del nostro lavoro, e della sua

portata apostolica»179

.

Un lavoro svolto alla presenza di Dio permetterà di abbattere l’egoismo,

l’esaltazione del proprio operato, il potere; in cambio emergeranno lo spirito di povertà

e di umiltà: «sono i frutti saporiti dell’anima contemplativa nell’azione

professionale»180

.

178

ESCRIVÁ J., Amici cit., n. 62, p. 85. 179

Ibidem, n. 72, p. 96; cfr. FARO G., Il lavoro cit., p. 125; cfr. ILLANES J. ., La santificazione cit., p. 119. 180

ESCRIVÁ J., Lettera del 9.01.1932, n. 58, in ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 118; cfr. FARO G., Il lavoro cit.,

p. 125.

Page 69: Tesi di Magistero

2.3 LAVORO E APOSTOLATO

«Ciò che ti meraviglia a me sembra ragionevole. – Che il Signore sia venuto a

cercarti nell’esercizio della tua professione? Così cercò i primi: Pietro, Andrea,

Giovanni e Giacomo accanto alle reti; Matteo seduto al banco degli esattori… E –

sbalordisci! – Paolo nel suo accanimento di mettere fine alla semenza dei cristiani»181

.

Questa affermazione del fondatore dell’Opus Dei circa l’apostolato fa riferimento al

compito di ogni cristiano; può sembrare strano che, attraverso il lavoro, possiamo

contribuire alla conversione di molte anime. Ma è proprio così! «L’apostolato –

scriveva san Josemaría – non è qualcosa di diverso dal compito di ogni giorno: si

confonde con il lavoro quotidiano, quando esso è trasformato in occasione di incontro

personale con Cristo. In questo lavoro, impegnandoci gomito a gomito negli stessi

problemi dei nostri compagni, dei nostri amici, dei nostri parenti, potremo aiutarli a

raggiungere Cristo»182

. È sbagliato però considerare l’apostolato come testimonianza di

qualche pratica di pietà. Attraverso il lavoro il cristiano è chiamato a dare l’esempio di

un lavoro santificato e illuminare i propri amici e colleghi nel loro operato183

.

«L’evangelizzazione del mondo del lavoro – ha scritto il Santo Padre Giovanni

Paolo II – comporta fedeltà e onestà nel compimento del servizio professionale,

coerenza morale nelle scelte piccole e grandi e solidarietà fraterna per quanti hanno

bisogno. … L’annuncio di Gesù Cristo, unico Salvatore, sia proposto in ogni luogo di

lavoro quale dono e grazia di rinnovamento interiore e forza di cambiamento sociale. …

Chi crede in Lui, e lo segue, trova la luce e la forza per essere sale e lievito in ogni

181

ESCRIVÁ J., Cammino, n. 799, in Cammino, Solco cit., p. 187; cfr. FARO G., Il lavoro cit., p. 130. 182

ESCRIVÁ J., Amici cit., n. 264, p. 299; cfr. FARO G., Il lavoro cit., p. 130. 183

Cfr. Ibidem, n. 61, p. 84; cfr. ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 113.

Page 70: Tesi di Magistero

ambiente e circostanza»184

. Ogni cristiano, in virtù del sacramento del battesimo, ha

l’obbligo di fare apostolato: «è un fatto connaturale alla sua condizione: non è qualcosa

di aggiunto, di sovrapposto, di estrinseco alla sua attività quotidiana, al suo lavoro

professionale. L’ho ripetuto incessantemente – scriveva mons. Escrivá -, da quando il

Signore volle che nascesse l’Opus Dei: bisogna santificare il lavoro, santificarsi in esso

e santificare gli altri attraverso l’esercizio della propria professione, vivendo ciascuno

nel proprio stato»185

.

Secondo questa concezione san Josemaría non parlava tanto di fare apostolato

quanto di essere apostoli. L’apostolato non è un compito da svolgere, a cui dedicare

parte del proprio tempo. È vivere la vita intera e il proprio lavoro con la coscienza della

propria personale missione cristiana. L’apostolato diventa, allora, un atteggiamento che

porterà il cristiano a una completa dedizione personale senza limiti di tempo186

.

Essendo un’azione connaturale all’uomo, e pertanto appartenente alla sua vita

ordinaria, l’apostolato si esprimerà con semplici parole, naturali, frasi di ogni giorno.

«Il comune fedele non agisce in forza di rappresentanze ufficiali, né su mandato

gerarchico: non ha altro titolo che la sua condizione di cristiano, e questo è

sufficiente»187

. Il modo di portare Cristo agli uomini è quello del vissuto quotidiano,

nella naturalezza e nella semplicità, dedicandosi al proprio lavoro professionale, alla

cura della famiglia, partecipando alle preoccupazioni degli altri. «Comportiamoci così,

e offriremo a quanti ci sono vicini la testimonianza di una vita semplice e normale che

pur con i limiti e difetti propri della nostra condizione umana, è tuttavia coerente. E

184

GIOVANNI PAOLO II, Lettera del Santo Padre ai lavoratori della città di Roma del 7.12.1998, n. 9, in FARO G., Il

lavoro cit., p. 131. 185

FARO G., Il lavoro cit., p. 131. 186

Cfr. ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 165. 187

Ibidem, p. 155.

Page 71: Tesi di Magistero

vedendoci uguali a loro in tutto e per tutto, gli altri si sentiranno spinti a chiederci: come

si spiega la vostra gioia? Dove trovate la forza per vincere l’egoismo e la comodità? Chi

vi insegna a vivere, la comprensione, la convivenza leale, a dedizione a servizio degli

altri?

È allora il momento di svelare loro il segreto divino della vita cristiana, di parlare

di Dio, dello Spirito Santo, di Maria. È il momento di trasmettere, attraverso le nostre

povere parole, quella pazzia dell’amore di Dio che la grazia ha riversato nei nostri

cuori»188

.

Un mezzo efficace di fare apostolato, secondo lo spirito dell’Opera di Dio, è dato

dalla diffusione della cultura. Più volte il fondatore ammoniva che i primi ai quali

indirizzare l’annuncio di Cristo Risorto sono gli intellettuali. Non perché si voglia

discriminare gli altri. Anzi, «di cento anime – diceva san Josemaría Escrivá – ce ne

interessano cento; siamo per la moltitudine»189

. Ma gli intellettuali perché, «una volta

conquistati dalla fede, costituiscono il nesso più rapido di dispiegamento della

dottrina»190

. Mons. Escrivá paragonava gli intellettuali alle cime innevate dei monti, che

appaiono lontane e fredde. Esse se si fanno illuminare dal sole (della generosità, della

virtù), possono sciogliersi e trasformarsi in torrenti che irrigano la pianura

dell’umanità191

.

La dimostrazione del fatto che l’Opus Dei sia per la moltitudine e quindi che non

discrimini le classi sociali più basse, è dato dalla maggioranza dei fedeli aderenti

all’Opera: «nati nelle favelas delle città sudamericane, nei quartieri operai delle

188

ESCRIVÁ J., È Gesù cit., n. 148, p. 294; cfr. ILLANES J. L., La santificazione cit., p. 156. 189

ESCRIVÁ J. Lettera del 6.05.1945, in BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 196; cfr. FARO G., Il lavoro cit., p. 135. 190

FARO G., Il lavoro cit., p. 134. 191

Cfr., Ibidem, p. 135.

Page 72: Tesi di Magistero

metropoli occidentali, nei villaggi dell’Africa Nera e dell’Estremo Oriente, nelle isole

dell’Indonesia, conducono la propria vita in quegli ambienti, lì diffondono la fede e

contagiano gli altri con il proprio ideale. Nei paesi del Terzo Mondo, anche l’Opus Dei

è Terzo Mondo»192

.

L’apostolato, infine, esige che ogni cattolico coerente abbia una solida e continua

formazione dottrinale religiosa: infatti «uno dei più potenti e pericolosi alleati del

demonio è l’ignoranza in generale e l’ignoranza religiosa in particolare»193

. Quindi,

ancor prima di portare Cristo agli altri, ogni cristiano deve formarsi e avere una cultura

che sia specifica al proprio mestiere, corrispondente alla vocazione professionale di

ciascuno194

.

192

ROMANO GIUSEPPE, Opus Dei: chi, come, perché, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 1994, p. 193. 193

BERGAR P., Opus Dei cit., p. 314; cfr. FARO G., Il lavoro cit., p. 137. 194

Cfr. Registro Histórico Fundador 20750, pp. 510-511, in BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 315.

Page 73: Tesi di Magistero

CAPITOLO TERZO

La santità dei laici

Page 74: Tesi di Magistero

3.1 LA SANTITÀ DEI LAICI NELLA SPIRITUALITÀ DI SAN

JOSEMARÍA ESCRIVÁ E NEL CONCILIO VATICANO II

Quando Dio ha creato l’uomo lo ha reso non solo creatura, ma figlio e membro

della famiglia divina. Mediante il battesimo «Dio nostro Padre ha preso possesso della

nostra vita, ci ha incorporati alla vita di Cristo e ci ha mandato lo Spirito Santo»195

.

Dunque, in virtù del sacramento, siamo chiamati a compiere la volontà di Dio e a

camminare lungo il sentiero della santità. É nel e attraverso il Battesimo che diventiamo

figli di Dio, fratelli e sorelle di Gesù Cristo196

, un solo corpo per mezzo del suo

Spirito197

.

Per mezzo della fede «tutti i fedeli, di qualsiasi stato o grado, sono chiamati alla

pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa santità è promosso,

anche nella società terrena, un tenore di vita più umano»198

. Essi sono «abilitati e

impegnati a manifestare la santità del loro essere nella santità di tutto il loro operare»199

.

Già nell’Antico Testamento Dio esortava il popolo d’Israele a perfezionare la

propria vita: «Siate santi, perché Io, il Signore, Dio vostro, sono Santo»200

. Con la

venuta di Cristo nel mondo, l’invito alla santità viene esteso a tutti gli uomini. Ogni

cristiano deve tendere all’identificazione nel Figlio Unigenito e raggiungere la

perfezione che è propria del Padre celeste201

.

195

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, È Gesù che passa, a cura di Francesco Contadini e di Ernesto Terrasi, n° 128, Ed. Ares,

Milano 2003, p. 260, (traduzione dall’originale Es Cristo que pasa, n. 128, Ediciones Rialp, Madrid 1973, p. 277); cfr.

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Il Santo Rosario, 1^mistero della luce: Il battesimo nel Giordano, Ed. Ares, Milano 2003, (il

testo non presenta numerazione di pagina) 196

MAY WILLIAM, Santità e vita ordinaria, in AA.VV., Santità cit., p. 45. 197

Cfr. 1 Cor 12, 13; cfr. CONCILIO VATICANO II, Costituzione Lumen Gentium, n. 7, Ed. Paoline, Milano 1965, p. 10. 198

CONCILIO VATICANO II, Costituzione Lumen Gentium cit., n. 40, p. 74; cfr. CEI, La Verità vi farà liberi,

Catechismo degli adulti, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1995, p. 414. 199

GIOVANNI PAOLO II, Christifideles laici, n. 16, Ed. Paoline, Milano 1989, p. 23 200

Lv 19, 2; cfr. Lv 11, 44. 201

Cfr. Mt 5, 48.

Page 75: Tesi di Magistero

Secondo il beato Josemaría Escrivá la santità è «la pienezza della filiazione

divina»202

in quanto comunione perfetta con Dio e piena identificazione con Cristo.

«Ogni uomo ha una vocazione e una missione divine, attraverso la realizzazione

delle quali trova la pienezza del suo essere. In questo senso la perfezione cristiana può

essere definita come fedeltà alla propria vocazione, e il cristiano può essere considerato

perfetto nella misura in cui riesce a compiere ciò che Dio vuole personalmente da

lui»203

.

La vocazione cristiana, o vocazione divina alla santità in Cristo, verte su due

dimensioni: una soggettiva, in quanto ogni uomo è personalmente chiamato alla

perfezione; l’altra oggettiva, perché ogni circostanza della vita di ciascuno può essere

luogo e mezzo di santificazione204

.

Durante la sua vita mons. Escrivá incessantemente ha predicato la vocazione

universale alla santità nelle due dimensioni sopra citate. In modo particolare, tale

predicazione, si evince nella sua prima Lettera datata 24 marzo 1930: «Siamo venuti a

dire… che la santità non è una cosa riservata a dei privilegiati: che il Signore ci chiama

tutti, che da tutti aspetta Amore: da tutti, ovunque si trovino; da tutti, qualunque sia il

loro stato, la loro professione o il loro mestiere. Perché questa vita normale, ordinaria,

senza spettacolarità, può essere un mezzo di santità: non è necessario abbandonare il

proprio stato nel mondo per cercare Dio, a meno che il Signore non dia a un’anima la

202

ESCRIVÁ J., Lettera del 02.02.1945, n. 8, in OCÁRIZ F., Vocazione alla santità in Cristo e nella Chiesa, in AA.VV.,

Santità cit., p. 29. 203

ILLANES JOSÉ LUIS, Mondo e santità, Ed. Ares, Milano 1992, p. 50. 204

Cfr. OCÁRIZ F., Vocazione alla santità in Cristo e nella Chiesa, in AA.VV., Santità cit., p. 31.

Page 76: Tesi di Magistero

vocazione religiosa, giacché tutti i cammini della terra possono essere occasione di

incontro con Cristo»205

.

Anche il Concilio Vaticano II asseriva che: «Per loro vocazione è proprio dei

laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio… Ivi

sono chiamati da Dio a contribuire, quasi dall’interno e a modo di fermento, alla

santificazione del mondo mediante l’esercizio del loro proprio ufficio»206

.

Era il 25 gennaio 1959 quando Giovanni XXIII annunciò al mondo la

convocazione di un nuovo Concilio Ecumenico. Don Josemaría Escrivá ne seguì con

gioia, dal 1962, l’apertura e lo svolgimento del Concilio Vaticano II. In esso vedeva il

soffio dello Spirito Santo che anima e rinnova continuamente la Chiesa207

. Un

rinnovamento in perfetta sintonia con il messaggio spirituale dell’Opus Dei: la

proclamazione della chiamata universale alla santità.

Nonostante Papa Giovanni XXIII voleva nominarlo consultore del Concilio, don

Josemaría rinunciò, partecipandovi in modo indiretto, per sovraccarico di lavoro.

Pertanto, il Papa nominò don Álvaro del Portillo perito conciliare208

. Il fondatore

dell’Opera era quotidianamente aggiornato dello svolgimento del Concilio e dei suoi

sviluppi, in quanto tre Padri conciliari erano membri dell’Opus Dei. Anche molti

vescovi, periti e teologi gli facevano visita e discutevano con lui. Don Álvaro del

Portillo si dedicò al tema «i laici nella Chiesa». A riguardo don Josemaría, in un

colloquio con un vescovo che sosteneva che il ruolo dei laici era di riformare in senso

cristiano le strutture temporali, rispose: «Purché abbiano anima contemplativa,

205

ESCRIVÁ J., Lettera del 24.03.1930, in OCÁRIZ F., Vocazione alla santità cit., p. 32; cfr. BERGLAR P., Opus Dei

cit., p. 90; cfr. ESCRIVÁ J., È Gesù cit., n. 20, p. 57. 206

CONCILIO VATICANO II, Costituzione Lumen Gentium cit., n. 31, p. 60; cfr. ROMANO G., OLAIZOLA J. L., Il

Vangelo cit., p. 40. 207

Cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 155. 208

Cfr. BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 292.

Page 77: Tesi di Magistero

Eccellenza! Altrimenti non trasformeranno nulla; anzi, saranno loro a farsi trasformare:

e invece di cristianizzare il mondo, si mondanizzeranno i cristiani»209

.

Un altro vescovo aggiunse che i laici devono “ordinare le strutture secolari

secondo il volere divino”. E don Josemaría intervenne: «Sì, ma prima devono essere

loro ben ordinati dentro, coll’essere uomini e donne di profonda vita interiore, anime di

orazione e sacrificio. Se no, invece di ordinare queste realtà familiari e sociali,

porteranno in esse il proprio disordine personale»210

.

Alla chiusura della prima sessione del concilio morì Papa Giovanni XXIII e gli

succedette l’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, con il nome di Paolo VI,

al quale sarebbe toccato di portare a termine il concilio. Esso fu per l’Opus Dei

un’autenticazione di ciò che Escrivá, per grazia di Dio, aveva riscoperto tre decenni

prima. «Una delle mie maggiori gioie è stata appunto vedere come il Concilio Vaticano

II ha proclamato con grandezza la vocazione divina del laicato. Senza ombra di

presunzione, - affermava mons. Escrivá -, devo dire che, per quanto si riferisce alla

nostra spiritualità, il Concilio non ha significato un invito a cambiare, ma ha invece

confermato ciò che, per la grazia di Dio, stavamo vivendo e insegnando da tanti anni a

questa parte»211

.

Per questo il Cardinal Poletti nel Decreto di introduzione alla causa di

beatificazione e canonizzazione scrisse che: «Per aver proclamato la vocazione

universale alla santità, fin da quando fondò l’Opus Dei nel 1928, mons. Josemaría

Escrivá de Balaguer è stato unanimemente riconosciuto come un precursore del

209

Romana Postulazione della Causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Josemaría Escrivá de Balaguer,

sacerdote, fondatore dell’Opus Dei, Articoli del Postulatore, Roma 1979, n. 212, in BERGLAR P., Opus Dei cit., p. 293. 210

Teste PR 13, mons. Julián Herranz, p. 864, § 1, in TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 157. 211

DOLZ M., San Josemaría cit., p. 56.

Page 78: Tesi di Magistero

Concilio…»212

. In seguito fu definito il «pioniere della spiritualità dei laici, che ha

aperto il cammino della santità, a uomini e donne di tutte le condizioni, anticipando le

dichiarazioni dei documenti del Concilio Vaticano II»213

.

Che la proclamazione della santità non è riservata a dei privilegiati –

commentava il cardinal Sebastiano Baggio - «sembrava a molti un’eresia… Dopo il

Concilio Ecumenico Vaticano II questa tesi è divenuta un principio scontato. Ma ciò

che continua ad essere rivoluzionario nel messaggio spirituale di monsignor Escrivá de

Balaguer è la maniera pratica di indirizzare verso la santità cristiana uomini e donne di

ogni condizione…»214

.

Non è necessario dunque compiere azioni straordinarie per giungere al traguardo

della santità; essa comprende anche piccole azioni ritenute insignificanti, purché

compiute in piena comunione con Dio215

. Di qui la necessità, secondo mons. Josemaría

Escrivá, di santificarsi attraverso la santificazione del proprio lavoro e del proprio

ambiente. Dobbiamo amare il nostro lavoro ma anche il mondo in tutti i suoi ambiti, nei

quali dobbiamo innalzare la croce di Cristo Signore: «Gesù vuole essere innalzato

proprio lì: nel rumore delle fabbriche e delle officine, nel silenzio delle biblioteche, nel

frastuono delle strade, nella quiete dei campi, nell’intimità delle famiglie, nelle

assemblee, negli stadi… Lì dove un cristiano può spendere la sua vita onestamente,

deve porre col suo amore la Croce di Cristo, che attrae a Sé tutte le cose»216

.

È in questo, infatti, che Dio ci chiama; non solo alla nostra santificazione

personale e alla santificazione degli altri, ma anche a santificare il mondo per

212

AA.VV., Un santo cit., p. 361; cfr. LE TOURNEAU D., L’Opus Dei cit., p. 57. 213

LE TOURNEAU D., L’Opus Dei cit., p. 57. 214

Ibidem, p. 57. 215

Cfr. RUPPI COSMO FRANCESCO, La santità dei laici, in “L’Osservatore Romano” del 4 aprile 2001. 216

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Via Crucis, Ed. Ares, Milano 2001, p. 98; cfr. ROMANO G., OLAIZOLA J. L., Il Vangelo

cit., p. 40.

Page 79: Tesi di Magistero

riconciliare tutte le cose con Lui. Questa è una missione affidata alla Chiesa intera; in

modo particolare i fedeli laici hanno il dovere di santificare il mondo dall’interno delle

attività e delle strutture temporali217

, che è reso possibile solo per la grazia di Dio,

attraverso l’intima unione di amore con il suo Figlio Gesù. Pertanto, la santità consiste

nell’amare in modo perfetto, nell’amare come siamo amati da Dio, in Cristo218

.

È nel mondo, nella nostra vita ordinaria che dobbiamo santificarci e santificare

tutto ciò che ci circonda. Questo è il carisma dell’Opus Dei e del suo fondatore

Josemaría Escrivá: elevare al Padre le realtà terrene, «cercando la propria santificazione

nel compimento dei doveri ordinari»219

. «L’Opera è nata per contribuire a far sì che

questi cristiani inseriti nel tessuto connettivo della società civile – con la loro famiglia,

gli amici, il lavoro professionale e le loro nobili aspirazioni – comprendano che la loro

vita, così come è, può essere l’occasione di un incontro con Cristo, ed è pertanto una

strada di santità e di apostolato. Cristo è presente in qualsiasi onesto impegno umano: la

vita di un comune cristiano – che ad alcuni forse sembra una vita scialba e meschina –

può e deve essere una vita santa e santificante»220

. «… È la vita ordinaria il vero

“luogo” della vostra esistenza cristiana. Figli miei, lì dove sono gli uomini vostri

fratelli, lì dove sono le vostre aspirazioni, il vostro lavoro, lì dove si riversa il vostro

amore, quello è il posto del vostro quotidiano incontro con Cristo. È in mezzo alle cose

più materiali della terra che ci dobbiamo santificare , servendo Dio e tutti gli

uomini»221

.

217

Cfr. CONCILIO VATICANO II, Costituzione Lumen Gentium, n. 31, p. 60. 218

MAY W., Santità e vita ordinaria, in AA.VV., Santità cit., p. 50. 219

Positio. Biographia Documentata, p. 222, in TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 40. 220

ESCRIVÁ J., Colloqui cit., n. 60, p. 98; cfr. ILLANES J. L., Mondo cit., p. 47. 221

ESCRIVÁ J., omelia Amare il mondo appassionatamente, n. 113, in Colloqui cit., p. 190.

Page 80: Tesi di Magistero

3.2 L’ATTUALITÀ ECCLESIALE DEL MESSAGGIO SPIRITUALE DI SAN

JOSEMARÍA ESCRIVÁ

Oggi il messaggio di san Josemaría Escrivá verte su alcuni punti fondamentali

della spiritualità dell’Opus Dei, presenti sin dalla sua fondazione, anticipando così il

rinnovamento apportato dal Concilio Vaticano II. Su questi punti, aggiornamento,

ecumenismo, pluralismo, libertà, santificazione del lavoro222

, l’Opera muove i suoi

passi, fedele all’insegnamento di Cristo e al Magistero del Papa.

Il tema dell’aggiornamento lo ritroviamo con Giovanni XXIII per ciò che

riguarda la «ripresa della vita della Chiesa in rapporto alle mutate situazioni del mondo

moderno, ripreso e sviluppato poi nel Concilio Vaticano II»223

. Innanzitutto

l’aggiornamento è strettamente collegato alla fedeltà in quanto non significa cambiare

totalmente ma modificare qualcosa pur restando fedele alla struttura originaria. Peraltro

sarebbe superficiale considerare l’aggiornamento come cambiamento o pensare che

qualsiasi cambiamento aggiorni. Determinati cambiamenti, voluti da gente che è fuori e

contro la Chiesa, «farebbero retrocedere il Popolo di Dio nel suo cammino storico di

molti secoli…»224

.

Per quanto riguarda i membri dell’Opus Dei l’aggiornamento è racchiuso nella

sua spiritualità, riconoscendo che la santità è per tutti, «poiché ci si può santificare in

ogni lavoro onesto quali che siano le circostanze in cui esso si svolge»225

.

Il dialogo ecumenico tanto atteso dal Concilio Vaticano II, con il decreto Unitatis

redintegratio226

, fu considerato la «tappa fondamentale sulla via che va dalla condanna

222

Cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 116. 223

Ibidem, p. 117. 224

Ibidem, p. 117; cfr. ESCRIVÁ J., Colloqui cit., n. 1, p. 22. 225

Ibidem, p. 117.

Page 81: Tesi di Magistero

all’unione»227

tra i cattolici e i non cattolici. In realtà l’Opus Dei già in precedenza

aveva accolto cooperatori non cattolici al suo interno, ottenendo l’approvazione

pontificia nel 1950228

.

L’Opera «da quando è stata fondata non ha mai fatto discriminazioni: lavora con

tutti e convive con tutti, perché in ogni persona vede un’anima da rispettare e amare»229

.

Per questo mons. Escrivá poteva dire a Giovanni XXIII, in modo scherzoso ma con

molto rispetto: «Io non ho imparato l’ecumenismo da Vostra Santità»230

.

Ma lo sforzo di annunciare Cristo ai non cattolici e ai non cristiani sarebbe privo

di senso se poi trattassimo male i nostri fratelli cattolici: ogni parola diverrebbe una

chiacchiera ipocrita231

. «Per questo – affermava mons. Escrivá – ritengo ipocrita,

bugiardo, lo zelo che induce a trattar bene i lontani, mentre si calpestano o si

disprezzano coloro che vivono la nostra stessa fede»232

. E ancora, scriveva in Solco:

«Triste ecumenismo quello che sta sulla bocca di cattolici che maltrattano altri

cattolici»233

.

Il pluralismo è strettamente collegato sia all’aggiornamento che all’ecumenismo,

ma anche al principio di libertà personale di ciascun uomo. L’Opus Dei, «in quanto

istituzione a scopo unicamente spirituale e di natura secolare, lascia a ogni membro la

libertà delle sue opinioni in campo temporale: Quando si capisce fino in fondo il valore

della libertà, quando si ama appassionatamente questo dono divino, si ama il

226

CONCILIO VATICANO II, Decreto sull’ecumenismo Unitatis Redintegratio, Ed. Poline, Milano 1965. 227

AA.VV., STORIA DELLA CHIESA, La Chiesa del Vaticano II (1958-1978), vol. XXV/1, parte prima, a cura di

Guasco Maurilio, Guerriero Elio, Traniello Francesco, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1994, p. 372. 228

Cfr. TORNIELLI A., Escrivá cit., p. 130; cfr. LE TOURNEAU D., L’Opus Dei cit., p. 69 ; cfr. FABRO C.,

GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 118; cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., p. 50. 229

DOLZ M., San Josemaría cit., p. 50. 230

Ibidem, p. 50; cfr. ESCRIVÁ J., Colloqui cit., n. 22, p. 49; cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi

nel mondo cit., p. 118. 231

Cfr. ESCRIVÁ J., Amici cit., n. 226, p. 262; cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit.,

p. 119. 232

Ibidem, n. 227, p. 262. 233

ESCRIVÁ J., Solco, n. 643, in Cammino, Solco cit., p. 403; ESCRIVÁ J., Il lavoro rende cit., p. 39.

Page 82: Tesi di Magistero

pluralismo che la libertà necessariamente comporta»234

. Nell’Opera fondata da mons.

Escrivá in tutto ciò che non riguarda la fede «ognuno pensa e agisce come vuole, con

pienissima libertà e con pienissima responsabilità personale. Il pluralismo – pertanto –

non costituisce in modo alcuno un problema per l’Opera: anzi, tale pluralismo è una

manifestazione di buono spirito. Appunto perché il pluralismo non è temuto, ma amato

come legittima conseguenza della libertà personale, le diverse opinioni dei fedeli non

impediscono nell’Opus Dei la massima carità nei rapporti reciproci e la mutua

comprensione»235

.

Per quanto concerne la libertà, dalla quale ne deriva il pluralismo, don Josemaría

afferma che essa sta nella scelta del bene, in Dio, cioè sul fondamento della verità236

.

Non è facile comprendere pienamente la libertà di Gesù Cristo, una libertà

immensa sino a dare la sua vita in croce. Partendo appunto dalla sua immolazione, noi

uomini, suoi seguaci ma anche suoi accusatori, riusciremo a capire che il retto uso della

libertà consiste nel disporla al bene, e che il suo orientamento è sbagliato, quando,

usando questa facoltà, ci dimentichiamo dell’Amore degli amori, e ce ne

allontaniamo237

.

Se chiedessimo al Signore che cosa si aspetta da ciascun uomo perché egli lo

compia volontariamente, Cristo risponderebbe: Veritas liberabit vos238

, la Verità vi farà

liberi. Questa verità che guida l’uomo nella sua vita ad agire liberamente deriva «dalla

234

FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 120; cfr. ESCRIVÁ J., Colloqui cit., n. 98, p.

163. 235

ESCRIVÁ J., Colloqui cit., n. 98, p. 163; cfr. anche n. 67, p. 112. 236

Cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 122. 237

Cfr. ESCRIVÁ J., Amici cit., n. 26, p. 46; cfr. ESCRIVÁ J., Il lavoro rende cit., p. 58. 238

Gv 8, 32.

Page 83: Tesi di Magistero

relazione fra Dio e le sue creature: sapere che siamo opera delle mani di Dio, che siamo

prediletti dalla Santissima Trinità, che siamo figli di un Padre eccelso»239

.

Gratuitamente il Signore, con la grazia divina che ha riversato nei nostri cuori, ci

ha donato anche un grande bene soprannaturale: «la libertà personale, che per non

corrompersi e diventare libertinaggio, ci richiede integrità, impegno efficace di

comportarci secondo la legge divina, perché dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà

(2 Cor 3, 17)»240

. Solo coscienti di tutto questo agiremo da persone libere.

La santificazione del lavoro rappresenta il fulcro principale dell’Opus Dei:

«impegnandosi nella propria professione intellettuale o nel proprio mestiere manuale, i

membri agiscono nelle strutture temporali come il lievito nella massa. Cioè

indirizzandole cristianamente e divinizzandole»241

.

La vocazione umana, essendo parte integrante della vocazione divina, implica la

propria santificazione, «collaborando al tempo stesso alla santificazione degli altri, -

affermava don Josemaría nell’omelia Nella bottega di Giuseppe pronunciata nel 1963 -,

santificando precisamente il vostro lavoro e il vostro ambiente, e cioè la professione o il

mestiere che riempie i vostri giorni, che dà una fisionomia peculiare alla vostra

personalità umana, che è il vostro essere presenti nel mondo»242

.

Il lavoro non è solo lo strumento indispensabile per il progresso della società e

con il quale l’uomo si afferma in essa, «ma anche un segno dell’amore di Dio per le sue

creature e dell’amore degli uomini fra di loro e per Dio: un mezzo di perfezione, un

cammino di santità. Per questo l’unico scopo dell’Opus Dei è sempre stato quello di

239

ESCRIVÁ J., Amici cit., n. 26, p. 47; cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 122. 240

ESCRIVÁ J., È Gesù cit., n. 184, p. 368. 241

FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 131. 242

ESCRIVÁ J., É Gesù cit., n. 46, p. 107.

Page 84: Tesi di Magistero

contribuire a far sì che nel mondo, in mezzo alle realtà e alle aspirazioni temporali, ci

siano uomini e donne di ogni razza e condizione sociale intenti ad amare e servire Dio e

gli uomini nel lavoro quotidiano e per mezzo di questo lavoro»243

.

Ma si consideri che l’attività temporale in sé non è santa; è necessario che l’uomo

lavori bene e molto, e in particolare ha bisogno della grazia perché il lavoro acquisti

valore soprannaturale244

.

Altro tema di grande attualità nella Chiesa del dopo Concilio, al quale mons.

Escrivá ha dato un grande contributo per la scoperta o la loro riscoperta in modo

originale, riguarda il ruolo dei laici nella Chiesa.

Come abbiamo già evidenziato in precedenza il Concilio Vaticano II ampliò gli

orizzonti della salvezza con la proclamazione universale della santità. Non più una

santità relegata solo per alcuni, ma una santità che è per tutti. Pertanto confermò ciò che

il fondatore dell’Opus Dei aveva predicato trent’anni prima.

Ogni cristiano, sia esso sacerdote, religioso o laico, uomo o donna, entra a far

parte del Corpo Mistico della Chiesa, attraverso il Battesimo, ed è chiamato ad essere

alter Christs, ipse Christus. A differenza della tradizione che riserva l’espressione al

sacerdozio ordinato, Escrivá lo intende in senso largo, estendendolo al sacerdozio

comune di tutti i fedeli. Il sacerdozio comune si esplica attraverso la partecipazione al

culto della Chiesa, non solo nella liturgia, ma «mediante la trasformazione attiva in

preghiera di tutte le attività temporali; apostolato personale attivo e responsabile»245

.

243

ESCRIVÁ J., Colloqui cit., n. 10, p. 33; cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p.

132. 244

Cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 133. 245

FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 141.

Page 85: Tesi di Magistero

L’esaltazione del sacerdozio comune dei fedeli non va a scapito del sacerdozio

ordinato in quanto don Josemaría insegnava che ogni cristiano deve identificarsi

misticamente a Cristo; l’identità del sacerdote con Cristo è già data immediatamente a

motivo del sacramento dell’ordine. Affermava Santa Caterina da Siena: «Tutti noi

cristiani possiamo e dobbiamo essere non soltanto alter Christus, ma anche ipse

Christus: un altro Cristo; lo stesso Cristo! Ma il sacerdote lo è in modo immediato, in

forma sacramentale»246

.

Attraverso il sacramento dell’ordine il sacerdote si identifica a Cristo e lo

rappresenta sulla terra. Il sacerdozio ministeriale si distingue nell’essenza, e non solo

nel grado della partecipazione al sacerdozio di Cristo, da quello comune di tutti i fedeli.

Chi riceve il sacramento dell’ordine, il sacerdozio ministeriale si aggiunge al sacerdozio

comune di tutti i fedeli247

. Ma tale sacramento non conferisce a chi lo riceve un valore

superiore; egli «non è più cristiano di un fedele qualsiasi, però è lecito affermare che è

più sacerdote: egli appartiene, come ogni altro cristiano, al popolo sacerdotale che

Cristo ha redento, ed è, in più, contrassegnato con il carattere del sacerdozio

ministeriale»248

.

Escrivá elaborò nel corso degli anni una nuova spiritualità per i fedeli laici che

non teneva conto dei consigli evangelici appartenenti alla vita religiosa, come aveva

fatto san Francesco di Sales trecento anni prima di lui. Anche san Francesco di Sales

predicava la santità per tutti, insegnando una spiritualità per laici, attraverso la pratica

dei consigli evangelici dei religiosi apportandone alcuni adattamenti. Escrivá invece

246

Ibidem, p. 142. 247

Cfr. Ibidem, p. 143; cfr. ESCRIVÁ J., É Gesù cit., n. 79, p. 171. 248

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, La Chiesa nostra madre, Ed. Ares, Milano 1993, p. 12.

Page 86: Tesi di Magistero

predicò una spiritualità laicale: per lui bisogna materializzare la santificazione, cioè il

lavoro materiale deve trasformarsi in preghiera e mezzo di santità249

.

Egli diffuse una mentalità laicale, molto differente dalla mentalità laicista che è

contrapposta a quella ecclesiastica. Per lui la fede non è una circostanza accidentale:

una vita senza Dio, una morale senza Dio, una religione senza Dio sarebbe priva di

senso. «L’essere cristiani non è una circostanza accidentale: è una realtà divina che si

innesta nel più profondo della nostra vita dandoci una visione chiara e una volontà

decisa, per poter agire secondo il volere di Dio»250

.

Escrivá non concepiva nemmeno la scissione tra le realtà sacre da quelle profane,

in quanto Cristo, il Figlio di Dio, ha assunto la natura umana e ha consacrato la terra

con la sua presenza e con il suo lavoro251

.

La fede, vissuta con mentalità laicale, ingloba tutta l’esistenza del cristiano: «La

fede e la vocazione cristiana impregnano non una parte, ma tutta la nostra esistenza. I

rapporti con Dio sono necessariamente rapporti di dedizione e assumono un senso di

totalità. L’atteggiamento dell’uomo di fede è di guardare alla vita, in tutte le sue

dimensioni, con una prospettiva nuova: quella che ci è data da Dio»252

.

La mentalità laicale è necessaria per l’esercizio della vocazione del laico, non

perché risponde alla vocazione di “soldato” della Chiesa, ma perché – secondo Escrivá

– «il laico si sente libero e responsabile nell’impegno, che gli compete specificamente

249

Cfr. LUCIANI ALBINO, Cercando Dio nel lavoro quotidiano, in “Il Gazzettino”, Venezia, 25 luglio 1978, in FABRO

C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 145. 250

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, È Gesù cit., n. 98, p. 207. 251

Cfr. Ibidem, n. 120, p. 245; cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 146. 252

Ibidem, n. 46, p. 106; cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 146.

Page 87: Tesi di Magistero

in virtù del battesimo, di santificare il proprio ambiente mediante l’assolvimento dei

suoi doveri quotidiani»253

.

Diffondere la mentalità laicale deve condurre:

- «a essere sufficientemente onesti da addossarsi personalmente il peso

delle proprie responsabilità;

- a essere sufficientemente cristiani da rispettare i fratelli nella fede che

propongono – nelle materie opinabili – soluzioni diverse da quelle che sostiene

ciascuno di noi;

- a essere sufficientemente cattolici da non servirsi della Chiesa, nostra

madre, immischiandola in partigianerie umane»254

.

È chiaro che questo programma di vita lo si può attuare grazie alla libertà

concessa dalla Chiesa e dalla libertà personale e responsabile derivante dalla dignità di

essere uomini e donne creati a immagine di Dio. Pertanto nel compimento dei doveri di

cittadini – nella politica, nella vita universitaria e professionale – ognuno deve

addossarsi le conseguenze delle proprie libere decisioni, assumendo la responsabilità

dell’indipendenza personale di ciascuno. «E questa cristiana mentalità laicale vi

consentirà di evitare ogni intolleranza e ogni fanatismo, ossia vi farà vivere in pace con

tutti i vostri concittadini e favorire anche la convivenza nei diversi ordini della vita

sociale»255

.

253

FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 147. 254

ESCRIVÁ J., omelia Amare il mondo appassionatamente, in Colloqui cit., n. 117, p. 194; cfr. FABRO C., GAROFALO

S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 147. 255

Ibidem, n. 117, p. 195.

Page 88: Tesi di Magistero

3.3 LE OPERE DI SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ

3.3.1 – CAMMINO

Considerato il best seller della letteratura spirituale, dopo la Bibbia e l’Imitazione

di Cristo, Cammino è il primo e il più popolare libro che abbia scritto san Josemaría

Escrivá.

Nato negli anni della guerra civile spagnola (1936-1939), Cammino si rifà al

nucleo fondamentale che risale al 1934, quando l’autore raccolse una serie di riflessioni

su argomenti ascetico-mistici intitolata Consideraciones espirituales256

.

Durante gli anni della guerra civile Escrivá e alcuni suoi compagni, dopo aver

attraversato i Pirenei per raggiungere la Francia e poi passare nella zona nazionale della

Spagna, raggiunsero Burgos, città sottratta dalla guerra. È qui che don Josemaría lavorò

alla stesura del libro che verrà poi pubblicato nel 1939, a guerra ultimata.

Utilizzando lo stesso metodo delle caterine, ampliò le Considerazioni spirituali

di più di cinquecento pensieri raggiungendo il numero di 999 punti, tra pensieri, parole,

idee ed esperienze vissute dall’autore e condivise con altre persone257

.

999 pensieri – il numero è dato dalla devozione dell’autore alla Santissima Trinità

–, spunti di meditazione, divisi in capitoli, «che spaziano in tutti gli aspetti della vita

cristiana di chi vuole essere e comportarsi da figlio di Dio in mezzo al mondo: dal

carattere all’apostolato, passando per la preghiera, il lavoro e le virtù»258

.

Cammino, affermava don Josemaría in un’intervista al giornale Le Figaro di

Parigi, «non è un’opera riservata ai soci dell’Opus Dei: è stata scritta per tutti, anche per

256

Cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 25. 257

Cfr. VÁSQUEZ DE PRADA Á., Il fondatore cit., vol. 2, p. 378. 258

DOLZ M., San Josemaría cit., p. 32; cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., pp. 25-

26.

Page 89: Tesi di Magistero

i non cristiani. […] Cammino va letto con un minimo di spirito soprannaturale, di vita

interiore e di impegno apostolico. Non è un codice per l’uomo d’azione. Vuole essere

un libro che induca a entrare in rapporto con Dio e ad amarlo, e a servire tutti gli

uomini».259

Cammino invita il lettore a convertirsi a Cristo, a seguirlo e a indirizzare la

propria vita verso la strada della santità: «Che la tua vita non sia sterile. – Sii utile. –

Lascia traccia. – Illumina con la fiamma della tua fede e del tuo amore. Cancella con la

tua vita d’apostolo, l’impronta viscida e sudicia che i seminatori impuri dell’odio hanno

lasciato. – E incendia tutti i cammini della terra con il fuoco di Cristo che porti nel

cuore»260

.

L’obiettivo di quest’opera è guidare colui che la legge sulla via della preghiera e

dell’Amore, attraverso la meditazione delle sue considerazioni. Cammino è un’opera

«di riflessione e di consultazione, alle cui pagine il lettore può fare ricorso senza

stabilire un ordine rigoroso di lettura»261

.

Nel prologo di presentazione del libro, scritto da mons. Lauzurica, Vescovo di

Vitoria (Spagna), si legge: «In queste pagine aleggia lo spirito di Dio. Dietro ogni sua

massima c’è un santo che vede le tue intenzioni e attende le tue decisioni. Le frasi sono

spezzate perché sia tu a completarle con il tuo comportamento»262

.

Fin dalla fondazione dell’Opus Dei, Escrivá desiderava «scrivere libri di fuoco e

di farli correre per il mondo come una fiamma viva, che dia luce e calore agli uomini e

trasformi tanti poveri cuori in braci ardenti per offrirli a Gesù come rubini della sua

259

ESCRIVÁ J., Colloqui cit., n. 36, p. 73; cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., p. 132. 260

ESCRIVÁ J., Cammino, n. 1, in Cammino, Solco cit., p. 23; cfr. VÁSQUEZ DE PRADA Á., Il fondatore cit., vol. 2, p.

386. 261

VÁSQUEZ DE PRADA Á., Il fondatore cit., vol. 2, p. 387. 262

ESCRIVÁ J., Cammino cit., p. 5.

Page 90: Tesi di Magistero

corona di Re»263

. Cammino ne è l’esemplare: conosciuto ormai in tutto il mondo, in

modo particolare tra i giovani, ha venduto quattro milioni e mezzo di copie nelle varie

edizioni tradotte in quarantaquattro lingue264

.

3.3.2 – SOLCO

Nel 1950, nella nota alla settima edizione di Cammino, san Josemaría prometteva

che presto avrebbe incontrato i suoi figli spirituali e altri lettori in un altro libro

intitolato Solco. «Y que reugues, al Señor y a su bendita Madre, por mi: para que pronto

tú y yo volvamos a encontrarnos en otro libro mío – Surco –, que pienso entregarte

dentro de pocos meses»265

.

In realtà fu sempre ostacolato a fare l’ultima revisione del testo a causa

dell’intenso lavoro. Per cui l’opera uscì dopo la sua morte, nel 1986. Anche Solco,

come Cammino, è una raccolta di pensieri per la meditazione ed è frutto della vita

interiore e dell’esperienza di anime di mons. Escrivá266

. Quindi le sue considerazioni

«fanno sfilare in questo libro un insieme di qualità che devono risplendere nella vita dei

cristiani: generosità, audacia, allegria, sincerità, naturalezza, lealtà, amicizia, purezza,

responsabilità…»267

. Queste qualità, chiamate virtù umane, mons. Escrivá le aveva

scoperte in Gesù Cristo, perfetto Dio e perfetto Uomo. È Cristo il vero modello, l’ideale

umano per ogni cristiano; è a Lui che dobbiamo identificarci. Ma non potremmo vivere

la vita divina senza prima essere molto umani. «Molti sono i cristiani che seguono

Cristo, sbalorditi di fronte alla sua divinità, ma lo dimenticano in quanto Uomo…, e

263

ESCRIVÁ J., Apuntes íntimos, n. 218, del 7.08.1931, in VÁSQUEZ DE PRADA Á, Il fondatore cit., vol. 2, p. 393. 264

Cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., 132. 265

Traduzione dallo spagnolo a cura di Bufano Giuseppe: «Prega, il Signore e la sua Mamma benedetta, per me: affinché

presto possiamo rincontrarci in un altro libro mio – Solco –, che spero di poterti donare nel giro di pochi mesi». ESCRIVÁ

J., Camino cit., Nota a la séptima edición, p. XX. 266

Cfr. ESCRIVÁ J., Solco, in Cammino, Solco cit., Presentazione di Álvaro del Portillo, p. 240; cfr. DOLZ M., San

Josemaría cit., p. 133. 267

Ibidem, p. 241.

Page 91: Tesi di Magistero

così falliscono nell’esercizio delle virtù soprannaturali – nonostante l’armamentario

esteriore di devozione –, perché non fanno nulla per acquisire le virtù umane»268

. In

altre parole, le qualità umane sono indispensabili per poter agire bene sul piano

soprannaturale. Infatti san Josemaría in quest’opera ha un orientamento antropologico,

concentrandosi sulle virtù umane, raggruppandole in 1000 pensieri269

.

Questi pensieri hanno l’intenzione di incoraggiare e guidare l’orazione personale

cercando di imitare la Vergine Maria270

. Particolarmente significativo al riguardo è che

tutti i capitoli di Solco si concludono con un pensiero alla Madonna: ogni cristiano che

vuole identificarsi a Cristo non ha altra via sicura e diretta della devozione alla Mamma

Celeste271

.

Solco, meno conosciuto di Cammino, è stato tradotto in diciannove lingue e ne

sono state vendute mezzo milione di copie272

.

3.3.3 – FORGIA

«Come non prendere la tua anima – oro puro – per metterla nella forgia e

lavorarla col fuoco e col martello, fino a fare di quest’oro nativo uno splendido gioiello

da offrire al mio Dio, al tuo Dio?»273

.

Con queste parole tratte dal Prologo, mons. Josemaría Escrivá apre il suo nuovo

libro Forgia, pubblicato postumo nel 1987.

268

ESCRIVÁ J., Solco, n. 652, in Cammino, Solco cit., p. 406. 269

Cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 29; cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., p.

133. 270

Cfr. ESCRIVÁ J., Solco, n. 443, in Cammino, Solco cit., p. 354. 271

Cfr. Ibidem, Presentazione, p. 246. 272

Cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., p. 133. 273

ESCRIVÁ J., Forgia, in Cammino, Solco cit., Prologo, p. 503; cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., p. 134.

Page 92: Tesi di Magistero

Forgia è di carattere ascetico-mistico e contiene 1.055 punti di meditazione

aventi un chiaro aspetto autobiografico: sono gli Apuntes íntimos, scritti dal fondatore

dell’Opus Dei nei suoi quaderni spirituali, che usò negli anni Trenta274

.

L’essenza di Forgia può essere sintetizzata nella seguente affermazione: «La vita

di Gesù Cristo, se gli siamo fedeli, si ripete in qualche modo in quella di ciascuno di

noi, tanto nel processo interno – la santificazione – quanto nella condotta esterna»275

.

Quest’opera, tradotta in quattordici lingue, è incentrata «sul progressivo itinerario

della vita interiore verso l’identificazione con Cristo»276

, che seppure si realizza per

mezzo dei sacramenti, richiede, da ciascun cristiano, lo sforzo personale di

corrispondere alla grazia.

Insieme a Cammino e a Solco, Forgia fa parte di una vera e propria «trilogia per

la meditazione del cristiano, scritta con l’ambizione di farne un contemplativo in mezzo

al mondo»277

.

«Forgia, in definitiva, accompagna l’anima nell’itinerario della sua

santificazione, da quando percepisce la luce della vocazione cristiana fino a quando la

virtù terrena si apre all’eternità»278

.

3.3.4 – IL SANTO ROSARIO e VIA CRUCIS

Due opere dedicate alla pietà popolare tradizionale sono Il Santo Rosario, scritto

di getto nel 1931 e pubblicato nel 1934, e Via Crucis, opera postuma pubblicata nel

1981.

274

Cfr. Ibidem, Presentazione di Álvaro del Portillo, p. 494. 275

Ibidem, n. 418, p. 598. 276

DOLZ M., San Josemaría cit., p. 134. 277

FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 30. 278

ESCRIVÁ J., Forgia, in Cammino, Solco cit., Presentazione, p. 496.

Page 93: Tesi di Magistero

Con questi due libretti san Josemaría si unisce alla pietà popolare per contemplare

e glorificare i quindici misteri della vita della vergine Madre di Dio, con la gioia della

nascita del Figlio suo, i dolori della Passione e la speranza e il trionfo della

glorificazione di Cristo279

.

Il Santo Rosario presenta nelle sue pagine il modo di meditare e recitare il

rosario propri dell’autore: una profonda devozione alla Vergine Maria che lo

immergeva nelle scene evangeliche e lo impegnava a contemplare nel silenzio la vita di

Gesù e di Maria.

I due capisaldi dell’opera sono l’infanzia spirituale e la contemplazione. San

Josemaría scriveva nell’introduzione del libro: «Devo dire un segreto, una verità che

potrebbe diventare veramente l’inizio del cammino per il quale vuole condurli. Amico,

se vuoi essere grande, fatti piccolo. Per essere piccolo bisogna credere come credono i

bambini, amare come amano i bambini, abbandonarsi come sanno abbandonarsi i

bambini, pregare come pregano i bambini. E queste cose, tutte insieme, sono necessarie

per tradurre in pratica quanto sto per dirti in queste righe: L’inizio del cammino che ha

per termine l’amore folle per Gesù, è un fiducioso amore alla Madonna»280

. La

contemplazione, invece invita il credente a partecipare ai misteri dal di dentro, come un

personaggio in più. «Ammireremo i suoi trent’anni di vita nascosta… Assisteremo alla

sua Passione e alla sua Morte…»281

. È dunque un rosario biblico, strettamente legato

alla Sacra Scrittura.

279

Cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 32. 280

ESCRIVÁ J., Il Santo Rosario cit., Introduzione dell’autore (il testo non presenta numerazione di pagina); cfr. DOLZ

M., San Josemaría cit., p. 135. 281

Ibidem.

Page 94: Tesi di Magistero

La settima edizione italiana, pubblicata nel 2003, è stata ampliata con

l’introduzione dei misteri luminosi, posti in appendice. Nell’introduzione scritta da

mons. Javier Echevarría, attuale Prelato dell’Opus Dei, si precisa che tali misteri, non

presenti nella recita del rosario nel 1931, tuttavia furono contemplati e predicati con

amore da san Josemaría, come ogni brano del Vangelo. Le meditazioni raccolte in

questo libro, quindi, sono state prese dagli scritti del fondatore dell’Opera, per

consentire una contemplazione completa del santo rosario282

.

Anche Via Crucis è un libro devozionale che invita il lettore a contemplare la vita

di Cristo attraverso le quattordici scene della sua Passione e Morte.

San Josemaría consigliava sempre la meditazione costante del Vangelo, e in

modo particolare i brani della Morte e Risurrezione di Cristo, per crescere nella fede,

contemplare la sua umanità e per potersi identificare con Lui. «Tali scritti, pieni di

sincera devozione, ci fanno pensare al Figlio di Dio, uomo come noi e vero Dio, che

ama e soffre nella sua carne per la redenzione del mondo»283

.

Quest’opera, dunque, nasce con l’intenzione di aiutare a pregare e, «con la grazia

di Dio, crescere nello spirito di compunzione e di gratitudine verso il Signore»284

.

Pertanto, ad ogni stazione della Via Crucis, sono state aggiunte alcune meditazioni,

tratte da precedenti predicazioni di mons. Escrivá.

«La Via Crucis non è una devozione triste. Mons. Escrivá ha insegnato spesso

che la gioia cristiana ha le sue radici a forma di croce. Se la Passione di cristo è via

dolorosa, è anche il cammino della speranza e della sicura vittoria»285

.

282

Cfr. Ibidem, Appendice, Introduzione di Javier Echevarría. 283

ESCRIVÁ J., Amici cit., n. 299, p. 329; cfr. ESCRIVÁ J., Via Crucis cit., Prefazione di Álvaro del Portillo, p. 12. 284

ESCRIVÁ J., Via Crucis cit., p. 13. 285

Ibidem, p. 14.

Page 95: Tesi di Magistero

3.3.5 – LE OMELIE

Le tre opere omiletiche di mons. Escrivá, È Gesù che passa, Amici di Dio e La

Chiesa nostra Madre, sono meno conosciute di Cammino ma presentano aspetti ancor

più profondi della sua spiritualità e personalità. Prevalentemente riservata ai membri

dell’Opus Dei, la sua predicazione mirava alla formazione spirituale286

.

Durante la sua vita san Josemaría predicò in tutto il mondo e a tutte le categorie

di persone: dai contadini agli studenti, dai medici agli avvocati e magistrati, a sacerdoti

e a insegnanti. La sua predicazione presenta uno sfondo biblico e liturgico, con

abbondanti riferimenti ai Padri della Chiesa e alla Teologia di san Tommaso.

È Gesù che passa

Quest’opera pubblicata nel 1973287

raccoglie diciotto omelie pronunziate tra il

1951 e il 1971, e comprendono tutti i tempi dell’anno liturgico, dall’Avvento alla

solennità di Cristo Re.

Il filo conduttore di questa raccolta di omelie lo si può individuare nel senso della

filiazione divina, presente in modo costante nella predicazione del fondatore dell’Opera

di Dio. Se ci facciamo guidare dallo Spirito Santo, diventiamo figli di Dio, eredi di Dio

e coeredi di Cristo288

. Questo passo biblico ci indica il cammino che, nello Spirito

Santo, attraverso Gesù Cristo, conduce a Dio Padre. Nella vita cristiana, quindi, è

fondamentale il rapporto costante con Cristo che si realizza con l’accostamento al

sacramento dell’eucarestia e attraverso la meditazione della Parola di Dio che è

preghiera. Significativa è al riguardo l’omelia Nella festa del Corpus Domini nella quale

scrive: «Il nostro Dio ha deciso di rimanere nel tabernacolo per essere nostro alimento,

286

Cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 35. 287

ESCRIVÁ DE BALAGUER JOSEMARÍA, Es Cristo que pasa, Ed. Rialp, Madrid 1973. 288

Cfr. Rm 8, 14-17; cfr. ESCRIVÁ J., È Gesù cit., Presentazione di Álvaro del Portillo, p. 13.

Page 96: Tesi di Magistero

per darci forza, divinizzarci, per dare efficacia al nostro lavoro e al nostro sforzo. Gesù

è allo stesso tempo seminatore, seme e frutto della semina: è il Pane di vita eterna»289

.

E ancora: «Quando il cristiano intraprende il cammino del rapporto ininterrotto

con il Signore – ed è un cammino per tutti, non una vita per privilegiati – la vita

interiore cresce sicura e salda; e si consolida nell’uomo quella lotta, amabile ed esigente

ad un tempo, necessario per realizzare fino in fondo la volontà di Dio»290

.

Quest’opera di grande valore per la formazione cristiana tratta vari argomenti: la

vocazione cristiana, l’esempio di Gesù Cristo, il lavoro quale strumento di

santificazione e di apostolato, il matrimonio come vocazione divina, l’Eucarestia, la

Vergine Maria e altri ancora.

Amici di Dio

È il secondo volume di omelie, pronunciate tra il 1941 e il 1968, ma pubblicate

postume nel 1977.

A differenza di È Gesù che passa, che è centrato sui misteri principali della fede,

Amici di Dio, comprendente anch’essa diciotto omelie, traccia un panorama delle virtù

naturali e soprannaturali nella vita quotidiana del cristiano291

. Quest’opera comprende i

grandi temi della spiritualità cristiana secondo la visione fondazionale del 2 ottobre

1928: la grandezza della vita quotidiana, il dono della libertà, l’importanza delle virtù

umane, l’umiltà, la castità, l’importanza dell’orazione, la fede, la speranza, la carità,

l’apostolato…292

.

289

ESCRIVÁ J., È Gesù cit., n. 151, p. 301. 290

Ibidem, Presentazione di Álvaro del Portillo, p. 15. 291

Cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 43. 292

Cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., p. 138.

Page 97: Tesi di Magistero

Pronunciate e scritte in modo chiaro e diretto, le omelie di mons. Escrivá sanno

colpire il fondo dell’anima. Per questo le sue opere, tra cui Amici di Dio, hanno

condotto san Josemaría a essere annoverato tra i maestri della spiritualità del

Novecento.

Con lui la predicazione diventa orazione, colloquio con Dio, cosicché queste

omelie sono considerate «una catechesi di dottrina e di vita cristiana in cui, mentre si

parla di Dio si parla con Dio: questo è forse il segreto della loro grande forza

comunicativa, perché sempre fanno riferimento all’Amore»293

.

Sin dalla prima omelia di quest’opera Escrivá esorta alla chiamata alla santità che

è per tutti: «Dobbiamo essere santi – se mi consentite l’espressione – da capo a piedi:

cristiani veri, autentici, canonizzabili: altrimenti avremo fallito come discepoli

dell’unico Maestro»294

. E segue: «La santità che il Signore esige da te si ottiene

compiendo con amore di Dio il lavoro, i doveri di ogni giorno, che quasi sempre sono

un tessuto di cose piccole»295

.

Una santità raggiungibile attraverso l’esercizio delle virtù umane e in modo

particolare dell’umiltà, cioè riconoscersi piccolo come un bambino davanti a Dio296

.

Josemaría utilizzava l’espressione la vibrazione dell’umiltà297

, «perché la piccolezza del

bambino, assistito dalla protezione onnipotente di Dio suo Padre, vibra in opere di fede,

di speranza e di amore, e di tutte le altre virtù che lo Spirito Santo infonde

nell’animo»298

.

293

ESCRIVÁ J., Amici cit., Presentazione di Álvaro del Portillo, p. 10. 294

Ibidem, n. 5, p. 26. 295

Ibidem, n. 7, p. 28. 296

Cfr. Ibidem, n. 108, p. 127. 297

Cfr. Ibidem, n. 202, p. 234. 298

Ibidem, Presentazione, p. 11.

Page 98: Tesi di Magistero

Questo cammino di santità, proposto dal fondatore dell’Opera di Dio, ha un

profondo rispetto per la libertà, necessaria affinché possa nascere il desiderio di servire

Dio e di amarlo sopra ogni cosa. È nella libertà che l’amore si irrobustisce, affonda le

radici: «Santi non si nasce: il santo si forgia nel continuo gioco della grazia divina e

della corrispondenza umana»299

.

La vita del cristiano che decide di rispondere alla vocazione divina, viene a

rispecchiare le parole del Signore riportate nel Vangelo di Giovanni: «Non vi chiamo

più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici,

perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi»300

. Per cui siamo figli

di Dio, Amici di Dio – da cui il titolo dell’opera – e non dobbiamo pensare

«all’amicizia divina come una risorsa per casi estremi»301

. Gesù Cristo è vero Dio e

vero Uomo: nostro fratello e nostro amico – a Dio ricorriamo come figli, in un fiducioso

dialogo che deve riempire la nostra vita; e come amici, perché «noi cristiani siamo

innamorati dell’Amore»302

.

La Chiesa nostra Madre

È la terza opera omiletica pubblicata postuma303

che raccoglie tre omelie inedite

su temi ecclesiologici, pronunciate tra il 1972 e il 1973, quando mons. Escrivá soffriva

molto per l’interpretazione abusiva delle decisioni decretate durante il Concilio

Vaticano II, e l’omelia Amare il mondo appassionatamente, già comparsa nel suo libro

Colloqui con Monsignor Escrivá. Con questa opera egli difende la Chiesa e mostra il

suo amore filiale per lei.

299

Ibidem, n. 7, p. 27. 300

Gv 15, 15. 301

ESCRIVÁ J., Amici cit., n. 247, p. 282; cfr. ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Vita d’orazione – Verso la santità, a cura di

Terrasi Ernesto, Ed. Ares, Milano 1995, p. 24. 302

Ibidem, n. 183, p. 214. 303

La prima edizione italiana è stata pubblicata da Edizioni Ares, Milano 1976.

Page 99: Tesi di Magistero

Il fine soprannaturale della Chiesa è la prima omelia di quest’opera, pronunciata

il 29 maggio 1972, giorno della festa della SS. Trinità, con la quale denuncia la

presenza di molte persone, all’interno della Chiesa, e con alte cariche, che «pretendono

di proporre un’immagine della Chiesa che non è santa, che non è una, che non può

essere apostolica, perché non poggia sulla roccia di Pietro, e che non è cattolica, perché

è percorsa da illegittimi particolarismi, da capricci umani»304

. A questo segue la

denuncia alla Chiesa attuale, nella quale si ascoltano delle eresie circa la non santità del

matrimonio e quella del sacerdozio, contro il primato del Papa, eresie contro la

concezione immacolata di Maria e la sua verginità, eresie contro la presenza reale di

Cristo nell’Eucarestia e contro la sua gloriosa risurrezione305

.

La risposta di Escrivá è che la Chiesa non deve impegnarsi a piacere agli uomini,

poiché essi non daranno mai la salvezza eterna: chi salva è Dio, e salva nella Chiesa e

mediante la Chiesa, come è stata voluta da Cristo, costituita cioè dal Papa, assieme ai

vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi e ai laici306

.

La seconda omelia intitolata Lealtà verso la Chiesa, pronunciata il 4 giugno 1972

nella II Domenica dopo Pentecoste, sviluppa alcuni punti della precedente omelia

rivelandone la natura divina della Chiesa, secondo le note del Simbolo di Fede dei

cristiani. La Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica «anche se in questi ultimi anni

alcuni l’hanno dimenticato spinti da un falso ecumenismo»307

.

304

ESCRIVÁ J., La Chiesa nostra cit. p. 23; cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p.

55. 305

Cfr. Ibidem, p. 24; cfr. ROMANO G., OLAIZOLA J. L., Il Vangelo cit., p. 126. 306

Cfr. Ibidem, p. 33; cfr. anche p. 35; cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 57. 307

Ibidem, p. 41.

Page 100: Tesi di Magistero

Sacerdote per l’eternità è l’ultima omelia inedita pronunciata il 13 aprile 1973,

nel Venerdì Santo, e medita sulla natura del sacerdozio cattolico, sulla sua necessità e

dignità, sul rapporto tra sacerdoti e laici e sulla messa308

.

Mons. Escrivá vede l’identità del sacerdote in quella stessa di Cristo, ma «la

Passione per la santità non è che una e non fa differenza essere sacerdoti o laici […]

perché la santità non dipende dalle circostanze del proprio stato – celibe, sposato,

vedovo, sacerdote – ma dalla personale corrispondenza alla grazia»309

.

«Il sacerdote compie e rinnova il sacrificio del Calvario in persona Christi e la

presenza o l’assenza dei fedeli alla santa messa non modifica in nulla questa verità di

fede»310

.

3.3.6 – COLLOQUI CON MONSIGNOR ESCRIVÁ

Colloqui con Monsignor Escrivá è un’opera che raccoglie sette interviste

rilasciate da san Josemaría, fra il 1966 e il 1968 – anno in cui fu pubblicato –, alla

stampa internazionale.

Tenuto conto della lunga evoluzione giuridica dell’Opus Dei, questo libro

raccoglie, dalla viva voce del fondatore, svariate spiegazioni e descrizioni dell’Opera, i

suoi tratti istituzionali e la vita dei membri. Ma anche gli aspetti fondamentali nella vita

della Chiesa e della società civile, e cioè i frutti del Concilio Vaticano II, il ruolo dei

laici, la figura del sacerdote, la donna nella società e nella Chiesa e l’università311

.

308

Cfr. DOLZ M., San Josemaría cit., p. 139. 309

ESCRIVÁ J., La Chiesa nostra cit. pp. 8-9; cfr. FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit.,

p. 53. 310

FABRO C., GAROFALO S., RASCHINI M. A., Santi nel mondo cit., p. 54. 311

Cfr. Ibidem, p. 59.

Page 101: Tesi di Magistero

La prima intervista, in ordine cronologico, tra quelle presenti in questo libro, fu

pubblicata dal quotidiano Le Figaro312

di Parigi e riguarda l’apostolato dell’Opus Dei

nel mondo. Così come anche l’intervista rilasciata al settimanale vaticano

L’Osservatore della Domenica313

riguarda lo spirito e l’apostolato dei membri

dell’Opera.

Anche le interviste rilasciate alla rivista Palabra314

di Madrid, e quelle ai

corrispondenti di Time315

di New York e del New York Times316

affrontano la situazione

della Chiesa in quegli anni e del ruolo dei laici al suo interno, l’importanza della

presenza del sacerdote in mezzo agli uomini, e del ruolo dell’Opus Dei nella Chiesa e

nel mondo317

.

Le ultime due interviste, invece, affrontano due temi specifici: quello

dell’università – intervista rilasciata alla rivista studentesca Gaceta Universitaria318

di

Madrid –, un tema che ha sempre interessato mons. Escrivá, quello dell’educazione e

della formazione; e quello dei problemi che la società pone alla donna e alla famiglia319

.

Il libro si chiude con l’omelia Amare il mondo appassionatamente, pronunciata

da don Josemaría nel campus dell’Università di Navarra nel 1967, nella quale si

tratteggiano le linee portanti della spiritualità dell’Opus Dei.

312

GUILLEMÉ-BRÚLON JACQUES, L’apostolato dell’Opus Dei nei cinque continenti, in Le Figaro, Parigi, 16 maggio

1966, in ESCRIVÁ J., Colloqui cit., p. 71. 313

ZUPPI ENRICO, FUGARDI ANTONINO, Che cos’è l’Opus Dei, in L’Osservatore della Domenica, Città del Vaticano,

nn. 20, 21, 22 (maggio-giugno 1968), in ESCRIVÁ J., Colloqui cit., p. 95. 314

RODRÍGUEZ PEDRO, Spontaneità e pluralismo nel popolo di Dio, in Palabra, Madrid ottobre 1967, in ESCRIVÁ J.,

Colloqui cit., p. 21. 315

FORBATH PETER, Perché è sorta l’Opus Dei?, in Time, New York, 15 aprile 1967, in ESCRIVÁ J., Colloqui cit., p.

53. 316

SZULC TAD, Perché tanta gente si avvicina all’Opus Dei?, in New York Times, New York, 7 ottobre 1966, in

ESCRIVÁ J., Colloqui cit., p. 83. 317

Cfr. ESCRIVÁ J., Colloqui cit., Presentazione di Manuel Cabello, p. 17. 318

GARRIGÓ ANDRÉS, L’università al servizio della società attuale, in Gaceta Universitaria, Madrid, 5 ottobre 1967, in

ESCRIVÁ J., Colloqui cit., p. 125. 319

SALCEDO PILAR, La donna nella vita sociale e nella Chiesa, in Telva, Madrid, 1 febbraio 1968, in ESCRIVÁ J.,

Colloqui cit., p. 141.

Page 102: Tesi di Magistero

3.3.7 – LA ABADESA DE LAS HUELGAS

La Abadesa de Las Huelgas è uno studio teologico-giuridico che don Josemaría,

licenziato in legge, elaborò per la sua tesi di dottorato e che discusse nel 1939.

«L’ampio studio espone le origini e lo sviluppo del reale monastero de Las

Huelgas, fondato alla fine del secolo XII presso Burgos. Prendendo in esame tutti i

documenti e la letteratura specializzata (tra cui varie pubblicazioni in lingua tedesca),

affronta dettagliatamente la questione della giurisdizione e della pratica di governo delle

abadesse del monastero, che seppero mantenere una posizione di quasi autonomia»320

.

Lo studio diventerà un vero e proprio libro nel 1944 con il medesimo titolo,

pubblicato dalle Ediciones Rialp di Madrid321

.

Il libro suddiviso in dodici capitoli, ripercorre la storia del monastero de Las

Huelgas: dalla fondazione (capitolo I), alle relazioni tra i vescovi e la giurisdizione delle

abadesse (cap. VII), l’appoggio dei Re di Spagna (cap. IX), la giurisdizione spirituale

delle donne (cap. X), e i confronti del monastero de Las Huelgas con altre abbazie reali

in Europa (cap. XI)322

.

320

BERGLAR P., Opus Dei cit., nota n. 36, p. 382. 321

ESCRIVÁ J., La Abadesa cit. 322

Fonte internet: www.unav.es/centrojescriva; notizie fornite dal Centro de Documentación y Estudios Josemaría Escrivá

de Balaguer, Edificio de Bibliotecas. Universidad de Navarra, Pamplona (España).

Page 103: Tesi di Magistero

CONCLUSIONE

San Josemaría Escrivá, perché?

Dovendo affrontare un argomento per la discussione di tesi ci si domanda quale

tema sviluppare e perché? Ho riflettuto molto alle varie argomentazioni che mi sono

state presentate durante il corso di questi quattro anni di studio. Ma la scelta è caduta su

un argomento che, se ben ricordo, è stato affrontato, seppur in linea differente, in modo

vago e non esaustivo: la chiamata universale alla santità, proclamata in modo solenne

nel Concilio Vaticano II, è un argomento che riguarda tutti e in ogni momento della

storia dell’umanità.

Ricordo ancora il giorno 8 ottobre 2002, quando in pieno discernimento, una mia

cara amica, che ringrazio e a cui dedico parte di questo lavoro, mi parlò di Josemaría

Escrivá e in modo particolare della sua opera più conosciuta intitolata Cammino.

A dir la verità non avevo mai sentito parlare di lui e nemmeno dell’Opus Dei, se

non due giorni prima, data della sua canonizzazione che seguii con molto interesse in

televisione. Allora io esordii dicendo: «Chi è, il santo che il Papa ha canonizzato

domenica scorsa?». E così è nato un piccolo interesse per lui, che man mano ha

sviluppato in me una profonda devozione.

Leggendo le sue opere e la sua vita mi accorsi che ogni sua parola e ogni sua

predicazione invitava alla santificazione personale e degli altri, attraverso la

santificazione del lavoro e delle cose ordinarie.

Due mesi prima avevo trovato un lavoro e così decisi che La santità nella vita

quotidiana, con particolare riferimento al lavoro, sarebbe stato il tema di questo

Page 104: Tesi di Magistero

elaborato, cercando di seguire, nella mia vita e nel mio lavoro, l’insegnamento di questo

grande maestro della spiritualità del Novecento.

Questo viaggio è stato molto affascinante per un verso, ma provocante nell’altro.

Affascinante perché san Josemaría mi proponeva un percorso, seppure con vari ostacoli

che si possono incontrare durante il cammino, per perseguire la santità attraverso lo

svolgimento del mio lavoro, rimanendo nel mio stato di comune cristiano. Provocante

perché la sua predicazione, facendo eco nella mia vita e nella mia attività, e rendendomi

conto di quanto poco amore offro al Signore, mi spingeva a migliorare, e lo fa tutt’ora.

Mi sento figlio di Dio, che rappresenta la prima prerogativa per santificare il

lavoro, ma non posso dire di aver santificato la mia vita, sino ad oggi, o per lo meno di

averla santificata in pieno, attraverso il lavoro. Molte volte, preso da qualche

preoccupazione o per altri motivi, ho tralasciato il mio dovere non compiendo in pieno

l’insegnamento del fondatore dell’Opus Dei.

Ma questo non mi scoraggia: alcune cose stanno cambiando nella mia vita grazie

al suo messaggio spirituale. Per cui devo impegnarmi ancora di più per affrontare quegli

ostacoli che si frappongono tra me e il traguardo finale, e cercare la santità nel mio

quotidiano. Come scriveva san Josemaría, nell’omelia Amare il mondo

appassionatamente, «c’è qualcosa di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più

comuni, qualcosa che tocca a ognuno di voi scoprire. […] Non vi è altra strada, figli

miei: o sappiamo trovare il Signore nella nostra vita ordinaria, o non lo troveremo

mai»323

.

323

ESCRIVÁ J., omelia Amare il mondo appassionatamente, in Colloqui cit., n. 114, pp. 191-192.

Page 105: Tesi di Magistero

Parlare di san Josemaría Escrivá e della sua Opera in poche righe si rischierebbe

di tralasciare buona parte della storia della Chiesa e della storia della spiritualità. In

questo elaborato credo di aver sviluppato le tappe salienti della sua vita e del suo

insegnamento, sperando che la lettura dello stesso, possa aiutare a identificarci sempre

più a Cristo, mediante la santificazione propria e degli altri.

Page 106: Tesi di Magistero

BIBLIOGRAFIA

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Cravetto E., Edizioni UTET, Moncalieri (TO) 2003.

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VÁSQUEZ DE PRADA ANDRÉS, Il fondatore dell’Opus Dei. La biografia di san

Josemaría Escrivá, vol. 2, Edizioni Leonardo International, Como 2003.

3. RIVISTE

GAETA SAVERIO, Un miracolo in premio, in Famiglia Cristiana, n° 51, 23-30

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OGNIBENE FRANCESCO, Noi cristiani ordinari. Che rivincita, in Avvenire del 8

ottobre 2002.

PRELATURA DELL’OPUS DEI, Notiziario: San Josemaría Escrivá, 6 ottobre 2002,

n° 35, anno XXVI, I semestre – gennaio/giugno 2003.

RUPPI COSMO FRANCESCO, La santità dei laici, in L’Osservatore Romano del 4

aprile 2001.

4. OPERE DI SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ

4.1 Opere in lingua italiana

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Amici di Dio, Edizioni Ares, Milano 2003.

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Cammino, Edizioni Leonardo International, Milano 2003.

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Cammino, Solco, Forgia, a cura di Terrasi E., Roccascese

F., Contadini S. e Sarcomi D., Edizioni Ares, Milano 2002.

Page 110: Tesi di Magistero

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Colloqui con Monsignor Escrivá, Edizioni Ares, Milano

2002.

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, È Gesù che passa, a cura di Contadini Francesco e Terrasi

Ernesto, Edizioni Ares, Milano 2003.

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Il lavoro rende santi, a cura di Gaeta Saverio, Edizioni

San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1997.

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Il Santo Rosario, Edizioni Ares, Milano 2003.

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, La Chiesa nostra Madre, Edizioni Ares, Milano 1976.

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Via Crucis, Edizioni Ares, Milano 2001.

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Vita d’orazione – Verso la santità, a cura di Terrasi

Ernesto, Edizioni Ares, Milano 1995.

4.2 Opere in lingua spagnola

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Camino, Ediciones Rialp, Madrid 1996.

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, Es Cristo que pasa, Ediciones Rialp, Madrid 1973.

ESCRIVÁ JOSEMARÍA, La Abadesa de Las Huelgas, Ediciones Rialp, Madrid 1944.

4. INTERNET

www.escriva.it a cura del sito Vaticano www.vatican.va.

www.opusdei.it a cura dell’Ufficio Informazioni dell’Opus Dei in Internet.

Page 111: Tesi di Magistero

www.unav.es/centrojescriva a cura del Centro de Documentación y Estudios

Josemaría Escrivá de Balaguer, Edificio de Bibliotecas Universidad de Navarra,

Pamplona (España).

Page 112: Tesi di Magistero

INDICE

INTRODUZIONE ___________________________________________________ 3

CAPITOLO PRIMO: San Josemaría Escrivá de Balaguer __________________ 4

1.1 SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ DE BALAGUER _______________________ 5

1.2 LA NASCITA DELL’OPUS DEI: 2 OTTOBRE 1928 __________________ 11

1.3LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA E LE ACCUSE CONTRO L’OPUS DEI 18

1.4 LA SEDE CENTRALE DELL’OPUS DEI: ROMA____________________ 27

1.5 GLI ULTIMI ANNI DI VITA DI DON JOSEMARÍA__________________ 31

1.6 IL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE E L’ELEVAZIONE ALL’ONORE DEGLI ALTARI

_________________________________________________________________ 34

1.7 L’ITINERARIO GIURIDICO DELL’OPUS DEI _____________________ 43

CAPITOLO SECONDO: Il lavoro: strumento di santità ___________________ 51

2.1 IL LAVORO NELLA STORIA DELLA SPIRITUALITÀ _______________ 52

2.2 IL LAVORO: STRUMENTO DI SANTITÁ __________________________ 56

2.3 LAVORO E APOSTOLATO ______________________________________ 69

CAPITOLO TERZO: La santità dei laici ________________________________ 73

3.1 LA SANTITÀ DEI LAICI NELLA SPIRITUALITÀ DI SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ E NEL

CONCILIO VATICANO II___________________________________________ 74

3.2 L’ATTUALITÀ ECCLESIALE DEL MESSAGGIO SPIRITUALE DI SAN JOSEMARÍA

ESCRIVÁ_________________________________________________________ 80

3.3 LE OPERE DI SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ ________________________ 88

Page 113: Tesi di Magistero

3.3.1 – CAMMINO ____________________________________________________ 88

3.3.2 – SOLCO _______________________________________________________ 90

3.3.3 – FORGIA ______________________________________________________ 91

3.3.4 – IL SANTO ROSARIO e VIA CRUCIS ______________________________ 92

3.3.5 – LE OMELIE ___________________________________________________ 95

È Gesù che passa _______________________________________________________ 95

Amici di Dio ___________________________________________________________ 96

La Chiesa nostra Madre __________________________________________________ 98

3.3.6 – COLLOQUI CON MONSIGNOR ESCRIVÁ _______________________ 100

3.3.7 – LA ABADESA DE LAS HUELGAS _______________________________ 102

CONCLUSIONE __________________________________________________ 103

BIBLIOGRAFIA __________________________________________________ 106

Page 114: Tesi di Magistero

Ringrazio il Professor Manzoli Consuelo, Docente di Storia della Chiesa

presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Matera, per l’abile collaborazione nella stesura di questa tesi.

Ringrazio il Dott. Massotti Manuel e il Dott. Mendiz Alfredo,

Numerari dell’Opus Dei, per la gentile collaborazione nella ricerca dei testi utilizzati per la realizzazione di questo elaborato,

e per la cortese attenzione offerta durante la mia visita presso

la Chiesa Prelatizia di Santa Maria della Pace, in Roma.

Ringrazio i miei Genitori, per il loro affettuoso sostegno in questi anni di studi

e per la fiducia che mi hanno donato.

Grazie!