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TESI DI DOTTORATO DI RICERCA IN PSICHIATRIA VALUTAZIONE DELLA CAPACITÀ A PRESTARE CONSENSO AL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO IN REGIME DI RICOVERO OSPEDALIERO IN UN CAMPIONE DI MINORI AFFETTI DA DISTURBI PSICHIATRICI: IL RUOLO DEI FATTORI PSICOPATOLOGICI E COGNITIVI Coordinatore: Chiar.mo prof. Paolo Fiori Nastro Dottorando: Dott. G. Mandarelli Supervisore: Chiar.mo prof. Stefano Ferracuti

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TESI DI DOTTORATO DI RICERCA IN PSICHIATRIA 

 

 

 

VALUTAZIONE DELLA CAPACITÀ A PRESTARE CONSENSO AL

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO IN REGIME DI RICOVERO

OSPEDALIERO IN UN CAMPIONE DI MINORI AFFETTI DA DISTURBI

PSICHIATRICI: IL RUOLO DEI FATTORI PSICOPATOLOGICI E

COGNITIVI

 

 

 

 

 

Coordinatore: Chiar.mo prof. Paolo Fiori Nastro 

 

Dottorando: Dott. G. Mandarelli  Supervisore: Chiar.mo prof. Stefano Ferracuti 

 

Indice

 

I Introduzione ......................................................................................... 2

La capacità di prestare consenso ad un trattamento medico ........... 6

Aspetti giuridici nei minori e relative problematicità .......................... 19

Neuropsicologia e decision-making nel consenso informato ............ 24

Ipotesi di ricerca e obiettivi dello studio ............................................ 33

II Materiali e Metodi ............................................................................... 34

MacArthur Competence Assessment Tool for Treatment ................ 35

Brief Psychiatric Rating Scale-expanded ......................................... 38

Youth self-report ............................................................................... 40

Children’s Global Assessment Scale ................................................ 41

Wechsler Intelligence Scale for Children-III ...................................... 41

Analisi statistica ................................................................................ 43

III Risultati .............................................................................................. 45

IV Discussione ....................................................................................... 55

V Conclusioni ......................................................................................... 60

VI Bibliografia ........................................................................................ 61

 

Introduzione

a  dottrina  del  consenso  informato,  le  relative  implicazioni  etiche  e 

deontologiche,  hanno  trovato  nella  psichiatria  un  terreno  di  studio 

particolarmente  fertile, a causa di una molteplicità di aspetti. Le alterazioni del 

pensiero,  dell’affettività  e  del  comportamento  caratteristiche  dei  disturbi 

mentali,  costituiscono  fattori  di  rischio  per  alterazioni  dei  processi  decisionali 

sottesi alla scelta delle cure, che possono essere studiati con appositi strumenti 

di  valutazione.  In  questa  cornice  la  malattia  mentale  costituisce  un  modello 

utilizzabile  per  studiare  la  comprensione  dei  processi  cognitivi  sottesi  al 

consenso, o al diniego, ad un trattamento medico. Peraltro, sia in ambito clinico, 

che in quello forense, sovente si identifica nello psichiatra la figura professionale 

più  titolata  ad  esprimere  valutazioni  sulla  capacità  mentale  degli  individui 

compresa la capacità ad esprimere il consenso informato alle cure1. 

La  visione  stereotipata  del  malato  mentale  caratterizzata  da  una 

sostanziale  limitazione della propria  capacità decisionale, ha  trovato numerose 

smentite provenienti dai dati di letteratura scientifica di studi che hanno valutato 

con accuratezza metodologica i processi decisionali di pazienti affetti da disturbi 

mentali. L’esistenza di una sorta di automatismo  tra condizioni diagnostiche ad 

elevato  impatto  disabilitante,  su  tutte  le  psicosi,  e  uno  stato  di  incapacità  sul 

L

 

piano giuridico sono state quasi costantemente messe in dubbio o smentite. Tale 

impostazione  non  elide,  comunque,  la  realtà  del  paziente  psichiatrico  inteso 

come  soggetto  vulnerabile  in  termini  decisionali  e  meritevole  di  particolare 

attenzione  sia  dal  punto  di  vista  valutativo  che,  potenzialmente,  di  supporto 

nelle  scelte.  Al  contrario  sottolinea  la  necessità  di  una  valutazione 

individualizzata e non aprioristicamente legata all’inquadramento nosografico. 

La vulnerabilità dei processi decisionali di pazienti affetti da un disturbo 

mentale, e  la conseguente necessità di un approfondimento clinico‐conoscitivo, 

diviene  ancora  più  cogente  nel  caso  di  soggetti  vulnerabili  per  definizione  –

quanto meno in termini giuridici–ossia i minori.  

Paradossalmente  nel  caso  di  bambini  o  adolescenti  affetti  da  disturbi 

mentali  esiste  una  sostanziale  povertà  di  dati  scientifici  derivanti  da 

sperimentazione clinica, e tale realtà nasce in ragione delle problematiche etiche 

e di consenso ad essa  legate2 3. La mancanza di chiare evidenze di sicurezza ed 

efficacia di terapie farmacologiche espone, da un lato, i pazienti minori al rischio 

di  effetti  indesiderati  ed  imprevisti,  dall’altro  il medico  alla  difficile  scelta  tra 

necessità di fornire cure e rischio di contenzioso per responsabilità professionale.  

  I possibili vizi del consenso nel caso del minore sono, inoltre, spesso legati 

alla natura off‐label delle prescrizioni farmacologiche che vengono effettuate su 

bambini  ed  adolescenti.  Se  si  limita  l’analisi  agli  psicofarmaci,  i  pochi  dati 

esistenti  in  letteratura,  che  tuttavia  sono  in  linea  con  l’esperienza  clinica, 

indicano  tassi di prescrizioni off‐label  che, per  i  farmaci antipsicotici, giungono 

sino ad oltre il 90%4 5. Tali evidenze suggeriscono la necessità clinica di utilizzare 

 

un  meccanismo  di  estrapolazione  delle  indicazioni  di  un  dato  farmaco  vista 

l’esigenza  di  trattare  patologie  mentali  anche  particolarmente  impattanti  in 

termini di disabilità e rischio per l’incolumità del paziente minore, quali le psicosi 

a  precoce  insorgenza,  i  gravi  disturbi  dell’umore  o  i  disturbi  alimentari, 

solamente per citare alcuni  tra  i quadri di maggiore  riscontro. L’estrapolazione 

delle  indicazioni  dalla  popolazione  adulta  a  quella  pediatrica,  costituisce  una 

metodologia  potenzialmente  necessaria  e  utile,  ma  certamente  non  priva  di 

aspetti  controversi  e  potenziali  limiti6.  I  due  presupposti  alla  base 

dell’estrapolazione, ossia a) l’esistenza di una simile progressione di malattia e b) 

di simile risposta all’intervento, tra la popolazione pediatrica e quella adulta, non 

sono  affatto  scontati  nel  caso  di  patologie  che  interessano  il  sistema  nervoso 

centrale, come quelle psichiatriche. 

  Ad  aumentare  la  complessità della problematica  relativa  al  consenso  al 

trattamento ed alla sperimentazione nei minori vi è la natura intrinsecamente in 

evoluzione del  cervello di bambini ed adolescenti. Ciò  implica, da un  lato, una 

potenziale differente risposta al medesimo trattamento in differenti fasce di età, 

dall’altra un differente  livello di  sviluppo dei  sistemi neurali  sottesi  ai processi 

neuropsicologici  che  guidano  le  scelte  terapeutiche  e  cliniche.  Inoltre,  al  di  là 

degli aspetti cognitivi, certamente di rilievo nel caso del consenso informato, nei 

minori  la  componente  affettiva  può  potenzialmente  giocare  un  ruolo  nelle 

decisioni  terapeutiche ancor maggiore  che negli adulti,  se  si  considera  che  tali 

aspetti sono in fase di fisiologica maturazione ed evoluzione. 

 

L’attuale mancanza  di  evidenze  scientifiche  robuste  in merito  alla  capacità  di 

prestare consenso dei minori costituisce, alla  luce di quanto sopra descritto, un 

campo di vasto interesse meritevole di studio approfondito. 

Scopo  del  presente  lavoro  è  quello  di  analizzare  precipuamente 

quest’ultimo  aspetto,  data  la  straordinaria  importanza  pratica  della 

comprensione dei meccanismi  sottesi alla capacità di decidere  in  relazione alla 

propria salute, e di quelle condizioni che possono  inficiarla,  in una popolazione 

clinica  particolarmente  vulnerabile.  Nella  fattispecie  nel  presente  studio,  si  è 

voluto  studiare  una  popolazione  di  pazienti  del  tutto  particolare,  in  quanto 

caratteristica di una situazione  limite costituita, da soggetti minori, ricoverati  in 

un reparto ospedaliero di neuropsichiatria infantile, in quanto affetti da un grave 

disturbo mentale. L’idea di base della ricerca nasce dalla constatazione che, nel 

caso  di  soggetti  adulti  affetti  da  analoghe  patologie,  il  livello  di  capacità 

decisionale rispetto alle cure presenta ampi margini di variabilità. Tale evidenza 

contrasta con l’impostazione giurisdizionale italiana, ed in verità comune a molte 

realtà internazionali, che vede il minore come giuridicamente incapace di agire in 

relazione al  consenso alle  cure. Ciononostante diversi  richiami  sia deontologici 

che  legislativi  a  livello  internazionale  suggeriscono  la  compartecipazione  del 

minore nel processo che riguarda la proprie cure, pur in assenza della possibilità 

di  esprimere  autonomamente  la  decisione  finale.  Alla  luce  di  ciò  il  presente 

lavoro si propone di studiare con una metodologia scientificamente valida le reali 

capacità di prestare consenso alle cure ricevute di minori affetti da una patologia 

mentale che ha richiesto un ricovero in ospedale. 

 

 

La capacità di prestare consenso ad un trattamento medico 

 

La  capacità mentale  di  effettuare  decisioni  rispetto  ad  un  trattamento 

medico, ossia la competence o capacityi degli autori anglosassoni, costituisce un 

presupposto  clinico‐giuridico  non  scontato  nel  processo  decisionale  che  porta 

alla scelta o al rifiuto di una data terapia proposta dal medico. 

Il diritto di disporre del proprio corpo,  riconosciuto come  fondamentale 

dalla  maggioranza  delle  legislazioni  dei  paesi  a  carattere  democratico,  è 

intimamente  legato  all’essere  in  possesso  delle  caratteristiche  considerate 

costitutive della  capacità di decidere7. Nel  caso  in  cui  tale  capacità  sia  viziata, 

sino  all’abolizione,  esistono  una  serie  di misure  previste  in  ambito  civilistico  a 

tutela  dell’incapace  quali,  in  particolare,  la  nomina  di  un  Tutore  o  di  un 

Amministratore  di  Sostegno.  Alla  luce  di  ciò,  è  intuitivo  il  ruolo  cruciale  che 

svolge chi è chiamato a decidere circa la capacità, o meno, di un soggetto. 

È utile richiamare brevemente  l’evoluzione del concetto di consenso alle 

cure a partire dal cosiddetto “consenso  semplice”, per arrivare alla concezione 

attuale di consenso informato, che si è andata strutturando a partire da una serie 

di sentenze relative a casi discussi tra il 1955 ed il 1972, in cui furono condannati 

medici in quanto fu respinto, per l’appunto, il “consenso semplice”7. 

                                                            i  Si  precisa  che  le  parole  anglosassoni  competence  e  capacity,  traducibili  letteralmente  in competenza e capacità rispettivamente, sono qui utilizzate con  lo stesso significato. Si consideri che, nella letteratura internazionale, spesso ci si riferisce al termine competence in ambito legale, mentre capacity è utilizzato prettamente in ambito medico7. 

 

La  dottrina  del  consenso  informato  ha  suscitato,  sin  dalla  sua 

introduzione negli  anni  sessanta, un  acceso dibattito  in  campo medico,  legale, 

etico e  filosofico. Utilizzando un punto di vista  legale si potrebbe affermare,  in 

senso ampio,  che  il punto è  il  seguente: a meno  che un medico non  illustri al 

paziente, o al suo  legale rappresentante, tutte  le  informazioni necessarie prima 

di  intraprendere  una  qualsiasi  procedura  diagnostica,  terapeutica  o 

sperimentale,  il  paziente  potrebbe  essere  danneggiato  dalla  medesima 

procedura, seppur perfettamente eseguita dal punto di vista tecnico, e potrebbe 

pertanto rivalersi nei confronti del medico8 nel caso fosse in grado di dimostrare 

qualche tipo di danno causato dalla condotta, attiva od omissiva, dello stesso. 

In Italia la dottrina del consenso informato trova i sui presupposti giuridici 

nel  combinato  disposto  degli  arti.  2,  13  e  32  della  Costituzioneii,  ossia  nel 

riconoscimento  dei  diritti  inviolabili  dell’uomo  e  delle  libertà  individuali,  del 

diritto  alla  salute  come  “fondamentale  diritto  dell’individuo  e  interesse  della 

collettività” e del  contemporaneo divieto di essere  sottoposti  a  cure  contro  la 

                                                            ii  Costituzione  della  Repubblica  italiana,  art.  2:  La  Repubblica  riconosce  e  garantisce  i  diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. 

Art. 13 Costituzione: La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In  casi  eccezionali  di  necessità  ed  urgenza,  indicati  tassativamente  dalla  legge,  l’autorità  di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.  La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva 

Art. 32 Costituzione:  La Repubblica  tutela  la  salute  come  fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana 

 

propria volontà, salvo disposizioni di legge, le quali “non possono in nessun caso 

violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. 

Dal  punto  di  vista  etico  il  consenso  informato  entra  nell’ambito  della 

relazione  medico‐paziente,  suggerendo  un’impostazione  della  stessa  più 

ugualitaria  e  partecipativa  da  parte  del  paziente,  in  contrapposizione  ad 

un’impostazione della relazione di tipo paternalistico.  

Esistono due posizioni sulle quali è possibile fondare l’aspetto etico della 

dottrina del consenso informato: la prima è nota come deontologica, la seconda 

come  consequenziale8.  Secondo  l’impostazione  deontologica,  la  dottrina  del 

consenso  informato  richiama  ad  un  dovere  naturale  di  ciascun  uomo  nei 

confronti di un altro uomo. L’impostazione consequenziale pone invece l’accento 

sugli effetti benefici  che  l’applicazione del  consenso  informato  garantisce, non 

solo sui diretti interessati, ma sulla società in generale. Al di là delle formulazioni, 

la dottrina etica del consenso  informato risiede nella visione del paziente quale 

persona autonoma e titolare del diritto di prendere decisioni che siano basate su 

informazioni rilevanti ed esaustive fornite da un medico. 

In  quest’ottica  gli  scopi  del  consenso  informato  sono  almeno  due: 

promuovere  l’autonomia  individuale  ed  incoraggiare  un  decision‐making 

razionale e basato su dati oggettivi. Questo  implica che  l’autorità preposta alla 

decisione finale circa una determinata procedura sanitaria sia sempre il paziente, 

o il suo legale rappresentante, come nel caso dei minori, e non già il medico. Un 

secondo  corollario  è  che  il  paziente,  non  solo  è  il  titolare  della  scelta  se 

 

effettuare o meno un  trattamento, ma è anche colui cui spetta  la possibilità di 

rifiutarlo in qualsiasi momento. 

Sia  la dottrina  legale,  che quella etica,  considerano  il paziente come un 

“agente  libero” all’interno dei processi decisionali relativi al consenso alle cure, 

ebbene tale impostazione presenti dei limiti nel caso di soggetti la cui maturità è 

in  naturale  evoluzione  come  i  soggetti minori.  La  decisione  del  paziente  deve 

essere quindi necessariamente volontaria8. Esistono, tuttavia, requisiti più ampi 

per garantire queste condizioni: ad esempio  il paziente deve essere  in possesso 

di  tutte  le  informazioni  rilevanti  e  sufficienti  per  poter  procedere  ad  una 

decisione  che  sia  razionale,  circa  il  trattamento  cui  sarà  sottoposto.  Inoltre,  il 

paziente deve anche essere  in grado di comprendere queste  informazioni, e di 

utilizzarle in modo razionale per la scelta, valutando la sua condizione attuale, le 

possibili alternative, gli esiti scientificamente prevedibili. 

Ogni medico  è  chiamato  da  obblighi  di  legge,  deontologici  e morali  ad 

ottenere il consenso informato alle cure dal proprio paziente, o dai sui genitori, o 

dal  tutore,  prima  di  cominciare  qualsiasi  tipo  di  procedura  diagnostica  o 

terapeutica9.  Un  presupposto  fondamentale  alla  validità  del  consenso,  è  che 

questo  sia  basato  sulla  disponibilità  di  informazioni  appropriate  fornite  ad  un 

paziente  capace,  cui è permesso di praticare una  scelta  libera10. Con modalità 

differenti,  tutte  le  legislazioni  dei  paesi  a  carattere  democratico  prevedono  la 

possibilità che, nel caso ci si trovi di fronte ad un paziente incapace, o minore, il 

consenso sia espresso in sua vece, da un’altra figura. 

10 

 

Per meglio  comprendere  la  complessità delle  implicazioni della dottrina 

del  consenso  informato,  si  immagini  un’ipotetica  situazione  in  cui  si 

contrappongono due modelli: da un  lato quello medico‐paternalistico, dall’altro 

un modello  ispirato ad una totale arbitrarietà di scelta del paziente, col medico 

relegato a mero esecutore della volontà dello stesso. Nel primo caso è il medico 

che prende  tutte  le scelte al posto del paziente, senza  troppo curarsi della sua 

volontà, trovandosi in una posizione privilegiata potenzialmente giustificabile dal 

possesso  di  particolari  e  specifiche  conoscenze  tecniche,  non  comuni.  Nel 

secondo caso, invece, è il paziente che arbitrariamente, sceglie per sé, basando il 

proprio  libero  convincimento  sulle  informazioni  che  ritiene  opportune,  anche 

senza  il  coinvolgimento  del  medico.  È  evidente  che  entrambi  i  modelli 

porterebbero, di fatto, ad una situazione di limitazione della libertà del soggetto, 

dal momento che il primo elimina la libertà di scelta, mentre il secondo limita la 

libertà in senso più ampio, se si ammette che chi non ha conoscenza di un dato 

argomento non può scegliere liberamente per il proprio bene. In entrambi i casi 

non sembra garantito un valido diritto alla salute. Evidentemente quello che già 

succede tutti i giorni nelle corsie, negli ambulatori e negli studi medici, è che ci si 

muove  all’interno  di  un  continuum  che  oscilla  tra  quello  che  è  un  modello 

medico‐paternalistico e quello  che  si potrebbe definire un modello  totalmente 

libertario. Nei diversi paesi europei l’ago di questa bilancia è più o meno spostato 

dalla posizione centrale verso gli estremi, senza mai raggiungerli. Ciò che però si 

vuole sottolineare è il fatto che la dottrina del consenso informato è nata proprio 

con lo scopo di superare questa dicotomia. 

11 

 

All’interno  di  questa  cornice,  appare  evidente  come  la  determinazione 

della competence sia un aspetto critico per ottenere quel corretto bilanciamento 

tra  il  rispetto dell’autonomia di  scelta del paziente e  la protezione dei soggetti 

non in grado di esprimere un valido consenso.  

L’approccio  legato alla dottrina del consenso  informato, si è basato sulla 

convinzione che i pazienti possiedono il diritto di ricevere informazioni sufficienti 

a  compiere  scelte  consapevoli, anche alla  luce delle possibili alternative  che  la 

scienza medica mette a disposizione  in un dato momento. Questo approccio ha 

comportato un progressivo e sostanziale cambiamento, rispetto alla dottrina del 

consenso  semplice,  che  sosteneva meramente  il  diritto  del  paziente  di  essere 

libero da intrusioni indesiderate, nell’ambito del processo decisionale7. 

Negli ultimi anni sono stati definiti tre elementi basilari, che sono considerati 

fondamentali nel processo di scelta delle cure: 

1) La completezza delle informazioni fornite dal medico 

2) La libera scelta del paziente debitamente informato 

3) La capacità di decidere del paziente 

L’assenza o  l’inefficacia di uno qualsiasi di questi elementi rende  il consenso 

non valido, sia da un punto di vista etico e deontologico, che giuridico, con tutte 

le possibili conseguenze  in  termini di  responsabilità medica.  Inoltre, per essere 

valido,  il consenso per quanto possibile deve essere personale, consapevole ed 

informato, completo, libero e spontaneo, attuale, manifesto, recettizio, richiesto 

e gratuito11. È evidente come  il processo di acquisizione di consenso  informato 

12 

 

sia  di  natura  dinamica  ed  implichi  uno  scambio  reciproco,  all’interno  della 

relazione medico‐paziente.  Le  componenti  principali  di  questo  processo  sono 

rappresentate in Figura 1. 

 

Figura  1.  Componenti  principali  della  relazione  medico‐paziente  nel  processo  di acquisizione di consenso informato. 

Esistono  tuttavia  alcune  sostanziali  eccezioni  a  questa  regola  che,  pur 

variando  nei  diversi  paesi,  presentano  generalmente  una matrice  comune.  Il 

codice penale  italiano prevede, ad esempio, che  in condizioni di emergenza,  in 

caso  di  pericolo  imminente  per  il  paziente  o  per  altri,  i  requisiti  del  consenso 

informato possano essere aboliti, per  “stato di necessità”iii. Per meglio dire,  in 

questi  casi  il medico non è punibile per essere  intervenuto, pur  in assenza del 

consenso  informato  del  paziente.  Si  tratta  di  situazioni  non  infrequenti  nelle 

corsie di pronto  soccorso e non  solo,  in  realtà  in  cui  spesso non  c’è  tempo di 

                                                            iii  Art.  54  c.p.  Stato  di  necessità.  Non  è  punibile  chi  ha  commesso  il  fatto  per  esservi  stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo  da  lui  non  volontariamente  causato,  né  altrimenti  evitabile,  sempre  che  il  fatto  sia proporzionato al pericolo. [omissis] 

13 

 

informare  il paziente ed ottenerne  il consenso, per non mettere a rischio  la sua 

stessa  vita.  Anche  dal  punto  di  vista  civilistico  il  consenso  è  un  requisito 

fondamentale per la liceità dell’agire del sanitario, in quanto elemento di validità 

del  contrattoiv.  In  ambito  penale  l’intervento  senza  consenso  informato  del 

paziente  può  esporre  a  reati  di  violenza  privata  (art.  610  del  Cp),  stato  di 

procurata  incapacità  mediante  violenza  (art.  613  del  Cp),  lesione  volontaria 

(artt.582‐583  del  c.p.)  e  omicidio  preterintenzionale  (sentenza  n.  699  del 

21/4/1992, Cassazione penale sezione V). 

Tornando  agli  elementi  basilari  del  consenso,  le  condizioni  in  cui  viene 

meno  il  terzo  presupposto,  ossia  la  capacità  di  decidere  del  paziente, 

costituiscono  un  altro  aspetto  che  lega  intimamente  la  dottrina  del  consenso 

informato alla neuropsichiatria, e  che attengono  specificamente allo  scopo del 

presente lavoro. 

Con notevole frequenza i disturbi mentali, primari, secondari o coesistenti 

con  altre  patologie,  possono  inficiare  in  diversa misura  quelle  abilità  quali  la 

capacità  di  comprensione,  giudizio,  previsione,  confronto,  critica  o  di 

ragionamento  logico.  Inoltre,  nel  caso  di  soggetti  in  età  evolutiva  tali  funzioni 

presentano fisiologicamente variabilità interindividuale meritevole di attenzione. 

Queste  funzioni  costituiscono presupposti neurocognitivi  fondamentali per una 

scelta razionale, nell’ambito di un processo di libero decision‐making in relazione 

alla  scelta di una  cura.  I pazienti  affetti da un disturbo mentale, per  lo più  se 

minori, possono presentare una riduzione ampiamente variabile, ma che si può 

                                                            iv Capo XII c.c.: Sez. I: Dell’incapacità; Sez. II: Dei vizi del consenso 

14 

 

spingere  sino  all’abolizione,  della  capacità  di  prestare  consenso  alle  cure,  non 

solo  limitatamente  a  quelle  relative  al  proprio  disturbo mentale.  La  natura  di 

questa  alterazione  può  essere  molteplice  e  coinvolgere  diverse  funzioni: 

cognitive, affettive e motivazionali che sono sottese alla scelta delle cure. 

Inoltre,  quando  presente,  l’incapacità  di  decidere  può  mostrare  una 

fluttuazione  nel  tempo,  ed  essere  parimenti  passibile  di  miglioramenti  o 

peggioramenti nonché di  rispondere a  specifici  interventi educazionali.  Il  ruolo 

eventuale  di  approcci  mirati  al  recupero  delle  singole  funzioni  alterate,  e  la 

valutazione degli esiti, non è  stato ad oggi completamente chiarito  su ampie e 

diversificate  casistiche e meno ancora  lo è nel  caso di bambini ed adolescenti, 

tipicamente poco studiati da questo punto di vista. 

Si  ritiene  tuttavia  che  l’incapacità  sia  suscettibile  di  interventi  specifici, 

atti  a migliorare  o  ristabilire  le  funzioni  sottese  al  processo  decisionale,  nelle 

componenti  cognitive,  affettive  e  motivazionali.  La  conoscenza  di  quali 

componenti  sono  specificamente  interessate, nelle differenti  condizioni  riveste 

un’importanza notevole, al pari dei metodi atti a valutarle. 

Si consideri, ad esempio, un paziente che presenta un delirio di veneficio, 

che  potrebbe  non  essere  in  grado  di  prestare  consenso  alle  cure,  a  causa  del 

coinvolgimento  nel  proprio  nucleo  delirante  dei  sanitari  e  dei  farmaci  che  gli 

sono  proposti,  quale  terapia.  La  risoluzione  del  delirio,  tramite  intervento 

terapeutico  farmacologico o di altra natura, potrebbe  favorire  il  ripristino della 

capacità  di  valutazione  e,  più  ampiamente  della  competence  a  prestare 

15 

 

consenso,  con  tutta  una  serie  di  benefici  in  relazione  all’aderenza  terapeutica 

attuale e futura. 

Dall’esempio  precedente  risulta  che,  nella  fase  di  scompenso,  uno 

psichiatra  si  troverebbe  nella  scomoda  posizione  di  dover  somministrare  al 

paziente una terapia verosimilmente contro la sua volontà. In casi di questo tipo, 

gli interventi che sono posti in atto nella pratica clinica, e domestica da parte dei 

caregiver,  sono  della  natura  più  svariata  e  possono  prevedere  pratiche  che  si 

situano al di  fuori della dottrina del consenso  informato, nonché della  legalità, 

quali  la diffusa  somministrazione  surrettizia di  farmaci  al paziente. Circostanza 

particolarmente problematica potrebbe altresì verificarsi nel caso di genitori che, 

pur  legalmente  giustificati  a  tale  condotta,  somministrano  farmaci  al  proprio 

figlio  o  alla propria  figlia  contro  la  volontà  dello  stesso.  Purtroppo,  a  causa  di 

ovvie  difficoltà metodologiche,  non  esistono  dati  epidemiologici  affidabili  che 

offrano  una  stima  a  riguardo.  L’esperienza  clinica  suggerisce  tuttavia,  che 

pratiche di questo tipo siano estremamente frequenti, specie con pazienti affetti 

da gravi disturbi dell’umore, da disturbi della condotta o da psicosiv. 

È da  sottolinearsi  come non esista alcune  riferimento  legale esplicito al 

fatto che, nel processo di acquisizione del consenso informato, il paziente debba 

essere  in  condizioni  di  capire  ciò  che  il medico  gli  spiega,  o  che  quest’ultimo 

                                                            v Suggestiva a riguardo è  la descrizione dell’aloperidolo riportata nel celebre Trattato Italiano di Psichiatria  (TIP):  “È,  almeno  in  Italia,  l’unico neurolettico disponibile  in  forma  liquida  inodore, incolore e insapore” (Raja R.: “Agonisti prevalenti o selettivi del sistema dopaminergico” in: TIP, a cura di P.Pancheri, Masson, 2003). Nella precedente edizione del Trattato (2002) era riportato “L’ampia disponibilità di varie forme di  preparazione  farmaceutica  ha  reso  l’aloperidolo  un  farmaco  molto  maneggevole  […]  Un ulteriore  vantaggio pratico è dato dalle  caratteristiche della  soluzione  che, essendo  incolore e insapore ne migliora, in molti casi, l’accettazione da parte dei pazienti.” 

16 

 

debba valutare  la competence del paziente stesso a prestare consenso. Questa 

elusività della  legge,  in  relazione all’importanza della capacità di decidere  sulle 

cure, non è limitata alla legislazione italiana, essendo presente anche in quella di 

diversi  altri  paesi  occidentali  a  carattere  democratico.  In  effetti,  in  ambito 

legislativo il consenso è adeguatamente definito solo per la capacità processuale 

e  per  quella  testamentaria.  Il  codice  di  Deontologia  Medica  sembra  voler 

colmare,  almeno  in  parte,  questa  carenzavi,  limitatamente  alle  fattispecie  del 

rifiuto di un  trattamento, da parte di una persona capace, ed alla  salvaguardia 

della dignità delle persone incapaci. 

Per contro è  interessante notare come già all’interno della stessa  legge 833 del 

1978,  si  sottolinei  come  i  trattamenti  sanitari  obbligatori  debbano  essere 

accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da 

parte di chi vi è obbligatovii. Una possibile  formulazione alternativa della  legge, 

che  sottolinei  trans‐nosograficamente,  l’importanza  della  capacità  di  decidere 

dei  pazienti,  ed  allo  stesso  tempo  superi  la  visione  che  allude  alla  mera 

inesistenza di assenso alle cure, potrebbe essere la seguente: 

                                                            vi Codice di Deontologia Medica, Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, 18.5.2014. art. 35. “Consenso e dissenso  informato”. L'acquisizione del consenso o del dissenso è un atto di specifica ed esclusiva competenza del medica, non delegabile. Il medico non  intraprende  ne  prosegue  in  procedure  diagnostiche  e/o  interventi  terapeutici  senza  la preliminare acquisizione del consenso  informato o  in presenza di dissenso  informato.  Il medico acquisisce,  in  forma  scritta e  sottoscritta o  con altre modalità di pari efficacia documentale,  il consenso o  il dissenso del paziente, nei  casi previsti dall'ordinamento e dal Codice  e  in quelli prevedibilmente gravati da elevato rischio di mortalità o da esiti che incidano in modo rilevante sull'integrità  psico‐fisica.  Il medico  tiene  in  adeguata  considerazione  le  opinioni  espresse  dal minore in tutti i processi decisionali che lo riguardano. 

vii Art. 33, Legge 23 dicembre 1978, n° 833 

17 

 

 

Di  fatto  l’impostazione  attuale  rischia  di  rimandare  ad  una  visione  dicotomica 

della  possibilità  di  prestare  consenso  da  parte  di  un  paziente,  che  coincide 

sostanzialmente  con  l’assenso  o meno,  ad  un  determinato  trattamento.  Una 

crescente  letteratura scientifica a riguardo sostiene  invece che  la capacità di un 

soggetto  di  prestare  consenso  alle  cure  sia  un’entità  complessa,  descrivibile 

nell’ambito di almeno quattro dimensioni 7,8,10,12 (Figura 2). 

 

Figura 2. Le “dimensioni” della competence a prestare consenso alle cure (Appelbaum 

PS) 

Il clinico che si trova a valutare la capacità mentale di un paziente in relazione ad 

una  specifica  decisione  terapeutica,  si  trova  spesso  costretto  a  rispondere  in 

                                                             

“… Esistendo una condizione medica (o mentale) tale da compromettere la

capacità di decidere nell’ambito di un valido consenso informato alle cure le

quali, a mio parere, sono al momento necessarie ed indifferibili e devono

essere eseguite per più di un giorno in regime di degenza…” viii 

18 

 

termini  dicotomici  circa  la  presenza  o meno  della  capacità  stessa.  Tuttavia  i 

processi  sottesi  al  decision‐making  sono  di  natura  dimensionale,  variando 

all’interno di un continuum ai cui estremi si situa una totale capacità o incapacità 

a prestare consenso. 

Esistono  diversi  strumenti  di  valutazione  a  riguardo, molti  dei  quali  si 

focalizzano  sulle  4  dimensioni  proposte  da  Appelbaum  e  collaboratori  13. 

Purtroppo  l’uso è  attualmente  limitato prevalentemente  all’  ambito di  ricerca, 

essendo  piuttosto  poco  diffuso  in  ambito  clinico.  Tuttavia  sono  stati 

recentemente  proposti  strumenti  di  screening  delle  capacità  decisionali  che 

potrebbero trovare ampio utilizzo in ambito medico14. 

19 

 

 

Aspetti giuridici nei minori e relative problematicità 

 

In estrema sintesi il nostro sistema legislativo prevede che, nel caso di un 

paziente  minore,  non  sia  il  diretto  interessato  a  fornire  il  consenso  al 

trattamento, bensì il genitore o i genitori che ne esercitano la potestà, concetto 

di  recente  modificato  in  responsabilità  genitorialeix,  ovvero  da  un  tutore 

nominato dal giudice. Ciò non esime, naturalmente, il medico dalla possibilità, né 

dall’opportunità di  informare  il paziente minore circa  le cure che deve ricevere, 

sebbene  l’esercizio del diritto  alla  salute non  sia,  come  sopra  accennato, nella 

piena disponibilità dello stesso15. 

Il  legislatore,  nel  caso  di  soggetti minori,  ha  previsto  una  progressiva 

modificazione nel tempo della possibilità di acquisire diritti, ed essere titolari di 

doveri.  Tale  progressione,  in  verità,  non  presenta  le  caratteristiche  della 

gradualità, che invece le teorie dello sviluppo psicologico e la pratica clinica ben 

rappresentano e, nella  sostanza, pone un  cut‐off netto per  l’acquisizione della 

capacità di agire, alla maggiore età. La possibilità di essere titolari di diritti e di 

doveri,  ovverosia  la  capacità  giuridica,  è  invece  acquisita  al  momento  della 

nascita. 

La  forte  relazione  tra  età  e  capacità  di  agire  è  sancita,  nel  nostro 

ordinamento, dall’art. 2 del codice civile16, nel quale si dichiara come solamente 

                                                            ix Decreto Legislativo 28 dicembre 2013, n. 154. Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219. 

20 

 

al compimento del diciottesimo anno di età si acquisisce la capacità di compiere 

tutti gli atti per i quali non sia stabilita un’età diversa. 

È  interessante considerare  il caso del minore emancipato, ossia quello di 

un minorenne  che  è  giuridicamente  autorizzato  a  compiere  autonomamente 

alcuni  atti  di  rilievo  giuridico.  Tale  possibilità  è  stata  fornita  in  relazione 

all’esercizio dei diritti e doveri  che derivano da un  contratto di  lavoro e per  la 

possibilità di contrarre matrimonio. Nel primo caso  l’età prevista è a partire dai 

15 anni, nel secondo dai 16 anni, previa autorizzazione del tribunale minorile. Il 

minore emancipato può  inoltre  fornire  il  consenso a essere  riconosciuto  come 

genitore. 

Il succitato recente decreto  legislativo del 28.12.2013 n. 154 ha peraltro 

introdotto con  l’art 337‐octies c.c.,  la possibilità da parte del giudice di ascolto 

del parere del  figlio minore “che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età 

inferiore ove capace di discernimento”, nel caso di procedimenti di separazione. 

In  tal modo  si  è  riconosciuta,  almeno  parzialmente  la  capacità  del minore  di 

fornire pareri di cui un magistrato può debitamente tenere conto, ciononostante 

nessun ampliamento è stato posto  in essere per quanto riguarda  il consenso al 

trattamento medico.  

Peraltro  quello  della  “capacità  di  discernimento”  è  un  concetto  già 

utilizzato  nella  convenzione  internazionale  sui  diritti  del  fanciullo  approvata 

dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel novembre del 1989x ove, all’art 

12 si recita: “gli Stati garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di 

                                                            x Ratificata in Italia con la Legge 27 maggio 1991, n. 176 

21 

 

esprimere la propria opinione su questioni che lo riguardano e la sua opinione va 

tenuta in debito conto in considerazione dell’età e della maturità”. 

La  comunità  internazionale  ha  dedicato  al  tema  del  trattamento  dei 

minori, nonché della sperimentazione clinica sugli stessi, maggiore attenzione di 

quanto, probabilmente, sia avvenuto a livello nazionale. La direttiva 2001/20/CE 

del  Parlamento  Europeo  e  del  Consiglio,  del  4  aprile  2001,  ha  definito  degli 

indirizzi  specifici  in  tema  di  sperimentazione  clinica,  anche  in  riferimento  a 

persone  che  non  sono  in  grado  di  prestare  un  valido  consenso  alla 

sperimentazione  clinica,  nonché  dei  minori.  Alla  base  della  direttiva  vi  è  la 

constatazione  di  necessità  di  sperimentazione  in  un’ottica  di  sostanziale 

valutazione  del  rapporto  rischi/benefici  nella  sperimentazione  su  pazienti 

incapaci, ponendo enfasi sulla valutazione dell’esistenza di un “beneficio diretto 

ai  pazienti  superiore  ai  rischi”  nonché  sottolineando  la  necessità  di  “consenso 

scritto del  legale  rappresentante del paziente, dato  in cooperazione col medico 

curante”. 

Per quanto concerne i minori si ritiene utile riportare per intero l’art.3 del 

documento (Tabella 1). 

Tabella 1. Art. 4 Direttiva 2001/20/CE del 4.4.2001 

A  È stato ottenuto il consenso informato dei genitori o del rappresentante legale; il consenso deve rispecchiare la volontà presunta del minore e deve poter essere ritirato in qualsiasi momento senza che ciò arrechi pregiudizio a quest'ultimo. 

B  Il minore ha ricevuto da personale esperto nel trattare con minori informazioni commisurate alla sua capacità di comprensione sulla sperimentazione, i rischi e i benefici. 

c  Lo sperimentatore o, eventualmente, lo sperimentatore principale tiene conto del desiderio esplicito di un minore in grado di formarsi un'opinione propria e di valutare tali informazioni, di rifiutare la partecipazione o di ritirarsi dalla sperimentazione clinica 

22 

 

in qualsiasi momento.

D  Non vengono dati incentivi o benefici finanziari ad eccezione degli indennizzi. 

E  Il gruppo di pazienti trae dalla sperimentazione clinica determinati benefici diretti e solo nel caso in cui la ricerca è essenziale per convalidare dati ottenuti in sperimentazioni cliniche su persone in grado di dare il loro consenso informato o ottenuti con altri metodi di ricerca; inoltre, la ricerca deve ricollegarsi direttamente ad uno stato clinico di cui soffre il soggetto minore o essere di natura tale da poter essere intrapresa solo su minori. 

F  Sono stati seguiti i pertinenti orientamenti scientifici dell'Agenzia. 

G  Le sperimentazioni cliniche sono state concepite in modo da ridurre al minimo il dolore, il disagio, la paura e gli altri rischi prevedibili, in relazione alla malattia e alla fase dello sviluppo; la soglia del rischio ed il grado di malessere devono essere definiti espressamente ed essere oggetto di continua verifica. 

H  Il protocollo è stato approvato da un comitato etico competente nel campo della pediatria o che si è preventivamente avvalso di una consulenza in merito alle questioni cliniche, etiche e psicosociali in ambito pediatrico. 

i   L’interesse del paziente prevale sempre sugli interessi della scienza e della società. 

 

A  nostro  parere  un  elemento  di  rilievo  del  documento  è  l’implicito 

riconoscimento della possibilità del minore di esprimere pareri informati, nonché 

della necessità di contribuire alla formazione nello stesso di una opinione basata 

su dati  reali che gli devono essere  trasmessi. Particolare  rilievo,  inoltre, è dato 

alla  valutazione  ed  alla  comprensione  dei  rischi  e  dei  benefici  della 

sperimentazione. 

Ciononostante,  come del  resto accade anche per gli adulti, non vi  sono 

espliciti richiami alla necessità di valutare la reale capacità decisionale del minore 

rispetto alle cure, d’altronde la legislazione italiana non è un sistema basato sulla 

capacità. 

Tale  impostazione potrebbe essere meritevole di  revisione, ove  fossero 

presenti  dati  scientifici  indicativi  della  possibilità  di  minori  appartenenti  a 

specifiche  fasce di età di essere potenzialmente pienamente capaci di prestare 

23 

 

un valido consenso o diniego ad una cura o ad una sperimentazione clinica. Tali 

dati attualmente sono indisponibili. La possibilità di una valutazione specifica per 

fasce di età, peraltro, sarebbe in linea con quanto accade attualmente in ambito 

penalistico  ove,  rispetto  all’imputabilità  il  la  responsabilità  penale  del minore 

infradiciottenne maggiore di 14 anni necessità di essere valutata volta per volta. 

Al  contrario  di  quanto  accade  per  gli  infraquattordicenni  che  sono  considerati 

sempre come non imputabili (art. 97 c.p.). 

 

24 

 

 

Neuropsicologia e decision‐making nel consenso informato alle cure 

 

Processi  cognitivi  superiori,  quali  quelli  implicati  nel  decision‐making,  o 

nel  comportamento  sociale,  derivano  dall’integrazione  di  funzioni  sensoriali, 

emotive  (paura,  impulsività,  ricerca  di  rinforzi),  cognitive  (manipolazione  della 

working  memory,  processi  immaginativi,  confronto  l’introspezione, 

l’organizzazione, pianificazione), motorie. 

L’elaborazione  di  informazioni  di  tale  complessità  coinvolge  numerose 

aree  cerebrali,  ma  certamente  la  corteccia  prefrontale  (PFC)  gioca  un  ruolo 

determinante 17 nei processi di decision‐making. A livello della PFC avviene infatti 

il  cosiddetto  “controllo  esecutivo”,  ossia  l’elaborazione  degli  input  sensoriali 

esterni,  che  sono  integrati  con  le  informazioni  relative  all’ambiente  interno 

(internal milieu), sia emozionali‐vegetative (controllo autonomino) che cognitive 

17.  La possibilità di generare e mantenere una  rappresentazione della  realtà  in 

assenza di uno stimolo esterno, ossia  il processo di pensiero (cognizione), trova 

anch’essa un substrato neurofisiologico determinante nella PFC. Tra le teorie del 

controllo  esecutivo  (executive  control)  più  accreditate  si  ricorda  il modello  di 

Baddeley (1986)18 della working memory xi. Le funzioni esecutive consentono un 

comportamento  indipendente,  finalizzato e adeguato e appaiono abitualmente 

compromesse nelle persone che non sono in grado di effettuare scelte adeguate. 

                                                            xi Il modello, che si basa sui risultati di studi comportamentali condotti su soggetti sani, propone che  la  working  memory  coinvolge  un  sistema  esecutivo  centrale  che  regola  attivamente  la distribuzione  di  risorse  attentive  limitate  e  coordina  le  informazioni  nelle memorie  tampone spaziale e verbale 17. 

25 

 

 

Figura 3. Rappresentazione schematica e semplificata dei fattori neuropsicologici 

implicati nella competence a prestare consenso informato alle cure. 

 

In  Figura  3  sono  riportate  schematicamente  le  funzioni  cognitive  sottese  alla 

capacità di decidere  in  relazione alle cure,  raggruppate  in base alle dimensioni 

della  competence  a  prestare  consenso  proposte  da  Appelbaum.  Si  consideri 

come la soppressione di una singola funzione possa avere ripercussioni estese a 

più dimensioni, ed esitare  in una  incapacità globale a prestare  consenso. Basti 

pensare  ad  una  condizione  in  cui  le  facoltà  attentive  vengono meno  (ad  es. 

nell’eccitamento, o  in alterato  stato di coscienza), con chiare  ripercussioni non 

solo  sulla possibilità di comprendere ma anche  su quella di valutare,  ragionare 

sull’informazione ed esprimere una scelta coerente.  

26 

 

La neurofisiologia del processo decisionale non è comunque unitaria: ad esempio 

la  capacità  di  comunicare  una  scelta  stabile  può  essere  associata  alle  regioni 

frontali  di  sinistra,  rilevanti  per  la  comunicazione  espressiva;  la  capacità  di 

comprendere  elementi  rilevanti  è  legata  a  funzioni  linguistiche  temporali  e 

parietali di sinistra. Diversi fattori possono  influire sui diversi  livelli del processo 

decisionale,  in  pazienti  con  psicosi,  ad  esempio  la  durata  di malattia,  l’età,  le 

precedenti esperienze di ospedalizzazione o gli effetti avversi o benefici avuti con 

i trattamenti.

Tabella 2. Esempi di condizioni cliniche  comportanti incapacità a prestare consenso 

alle cure 

Disturbo / condizione

Principali conseguenze cliniche Esito legale

Catatonia È abolita la possibilità di esprimere una scelta Consenso sostitutivo

Grave deficit di memoria

È abolita la possibilità di comprendere Consenso sostitutivo

Funzionamento cognitivo inadeguato

È abolita la possibilità di comprendere/valutare/ragionare

Consenso sostitutivo

Grave compromissione

dell’esame di realtà È abolita la possibilità di valutare e ragionare

Consenso sostitutivo

Grave compromissione

dell’insight

La scelta è irragionevole, grave alterazione della possibilità di valutare

Consenso sostitutivo

Coma Abolite le possibilità di comprensione,

valutazione, ragionamento, espressione di una scelta

Consenso sostitutivo

Esiste un acceso dibattito riguardo  le capacità di pazienti affetti da un disturbo 

mentale  di  prestare  consenso,  sia  in  ambito  clinico  che  di  ricerca.  Esistono  in 

realtà  pochi  studi  sperimentali  che  abbiano  valutato  direttamente  le  capacità 

27 

 

decisionali di pazienti con una condizione medica, neurologica o psichiatrica che 

potesse  inficiare  le abilità decisionali dei soggetti. Non esistono di certo metodi 

di screening che siano riconosciuti come validi o siano usati su larga scala. 

Recentemente Palmer e collaboratori19 hanno effettuato uno studio trasversale 

confrontando le capacità decisionali di 35 pazienti ambulatoriali con schizofrenia, 

30  pazienti  con morbo  di  Alzheimer  (da  lieve  a moderato)  e  36  pazienti  con 

diabete mellito di  tipo  II. Gli  autori hanno utilizzato  come principale misura di 

outcome  la scala MacArthur Competence Assessment Tool  for Clinical Research, 

evidenziando che  i pazienti con diabete mellito presentavano  i migliori risultati, 

mentre  quelli  affetti  da  Alzheimer  hanno  ottenuto  performance  peggiori,  ed  i 

pazienti con schizofrenia si sono situati tra i due. Un altro risultato interessante è 

che, all’interno dei singoli gruppi esisteva una notevole eterogeneità, suggerendo 

la necessità di valutazioni accurate  individuali, al di  là dell’appartenenza ad un 

determinato  gruppo  diagnostico.  Inoltre  il  livello  di  funzionamento  cognitivo, 

misurato  tramite Mini Mental State Exhamination  (MMSE) è apparso  come un 

buon  predittore  di  capacità  decisionali,  specie  in  relazione  alla  dimensione 

comprensione. Di fatto questa dimensione rappresenta il primo passo all’interno 

del  processo  decisionale,  certamente  un  paziente  che  non  ha  compreso  non 

potrà  nemmeno  ben  valutare  o  ragionare  su una  diagnosi  o  sulla  scelta  di  un 

determinato trattamento. 

Un  risultato  per  certi  versi  analogo  è  stato  ottenuto  da  Raymont  e 

collaboratori20  che  hanno  studiato,  in  un  periodo  di  18  mesi,  302  pazienti 

consecutivi  ricoverati  in  urgenza  in  ospedale  per  una  problema  medico.  La 

28 

 

misura  della  capacità  decisionale  è  stata  effettuata  con  intervista  clinica  e 

attraverso  la MacArthur Competence Assessment Tool  for Treatment  (MacCAT‐

T21). Del campione totale, il 24% presentava un grave deficit cognitivo, uno stato 

di coma o l’impossibilità ad esprimere una scelta per cui è stato subito giudicato 

non  capace.  Dei  pazienti  restanti  inclusi  (N=159)  il  31%  è  stato  valutato  non 

capace di esprimere consenso  informato alle cure. Un risultato  interessante è  i 

clinici  che  seguivano  il  paziente  hanno  identificato  uno  stato  di  incapacità 

solamente nel 24% dei casi, valutati  invece come  incapaci  tramite un  intervista 

accurata  e  con  la  MacCAT‐T  (N=50).  In  questa  popolazione  di  pazienti  con 

patologie  di  tipo  prevalentemente  internistico  (disturbi  cardiovascolari  45%, 

respiratori 31%,  infezioni 20%),  i principali predittori di  incapacità  indipendenti 

sono  risultati:  l’età,  le  disfunzioni  cognitive  (MMSE),  il  fatto  che  un  parente 

avesse sospettato uno stato di  incapacità. Un punteggio al MMSE  inferiore a 20 

ha  corrisposto  ad  un  odds  ratio  per  incapacità  pari  a  15,8  (intervallo  di 

confidenza al 95%= 5,7 – 117,8).  In questo studio  la sintomatologia psichiatrica, 

misurata  tramite  BPRS;  non  è  apparsa  come  un  predittore  di  incapacità  né 

differiva significativamente tra i pazienti con e senza capacità. 

In uno studio22 su 59 pazienti con schizofrenia e disturbo schizoaffettivo 

cronici, sono state valutate le capacità decisionali in relazione al trattamento con 

farmaci antipsicotici tramite la MacCAT‐T. I pazienti sono stati confrontati con un 

gruppo di soggetti sani. Ciò che è emerso è che  i pazienti presentavano  livelli di 

comprensione  delle  informazioni  minori  dei  controlli,  indipendentemente 

dall’età o dalla gravità dei sintomi psicopatologici. Al contrario i livelli di capacità 

29 

 

decisionali sono risultati strettamente legati a variabili cognitive misurate tramite 

la Mattis Dementia Rating Scale. Come sottolineato dagli autori, e similmente ad 

altri studi, esiste tuttavia una ampia variabilità intra‐gruppo che, nel caso in cui ci 

si limiti a comparazioni tra gruppi (malati vs. sani) rischia di essere sottovalutata. 

In  altri  termini  i  risultati  di  questo  studio  evidenziano  che  esiste  una 

considerevole eterogeneità nelle capacità decisionali di soggetti di mezza età o 

anziani,  affetti da  schizofrenia,  e  che non  tutti mostrano  significative  riduzioni 

delle capacità decisionali. Sarebbe pertanto poco corretto ritenere, ad esempio, 

che un paziente  affetto da  schizofrenia  cronica presenta necessariamente una 

incapacità a prestare consenso ad un trattamento, evitando magari su tale base 

di  spiegare  accuratamente  le  caratteristiche  del  disturbo,  della  terapia,  le 

possibili  terapie  alternative.  In  altre  parole  assumere  un  atteggiamento 

paternalistico  non  è  in  alcun modo  giustificato  dalla  presenza  di  una  disturbo 

mentale grave che pur solitamente può associarsi ad un decadimento cognitivo 

nel  tempo.  Né  tantomeno,  sulla  base  di  questi  dati,  sembrerebbe  corretto 

assumere che un paziente con schizofrenia cronica con più sintomi psicotici abbia 

minori facoltà decisionali. 

Sebbene  diversi  studi  indichino  un  apparente  scarso  effetto  dell’entità 

della sintomatologia psicopatologica sulla competence al consenso, si ritiene che 

il  dato  non  possa  essere  generalizzato,  dato  che  è  ipotizzabile  un’ampia 

variabilità di risultati  in base alla natura del campione. Gli studi sinora citati, ad 

esempio, hanno previsto l’arruolamento di pazienti in fase di relativo compenso 

e con livelli di psicopatologia non particolarmente elevati. È Possibile altresì che, 

30 

 

entro certi limiti, gli aspetti neurocognitivi mostrino un impatto prevalente sulla 

capacità di decidere, mentre in presenza di alterazioni psicopatologiche di entità 

severa potrebbe prevalere  l’impatto di quest’ultime, anche a causa dell’effetto 

secondario  e  difficilmente  separabile,  sul  funzionamento  cognitivo.  Palmer  e 

collaboratori,  in  un  recente  studio  23  in  cui  sono  state  valutate  le  capacità 

decisionali  di  pazienti  con  schizofrenia,  disturbo  bipolare  e  controlli  normali, 

hanno evidenziato una riduzione nelle capacità nei due gruppi di pazienti rispetto 

ai  controlli,  non  differendo  tuttavia  i  pazienti  con  schizofrenia  da  quelli  con 

disturbo bipolare.

Pochi studi hanno valutato la competence a fornire consenso informato in 

pazienti psichiatrici con sintomatologia acuta. Tra questi, Howe e collaboratori 24 

hanno  studiato  un  campione  di  110  pazienti  con  diagnosi  di  schizofrenia, 

disturbo  schizoaffettivo  e  bipolare,  in  fase  acuta. Gli  strumenti  di  valutazione 

utilizzati  sono  stati  la MacCAT‐T per  la  competence e  la Positive  and Negative 

Syndrome Scale (PANSS) per  la psicopatologia. Gli autori non hanno evidenziato 

differenze significative nella competence nei tre gruppi diagnostici. Al contrario, 

diversamente  dagli  studi  citati  precedentemente,  hanno  evidenziato  che  il 

punteggio  totale PANSS  correlava negativamente  con  le misure  comprensione, 

valutazione e ragionamento della MacCAT‐T. Inoltre alcuni item, corrispondenti a 

specifici  sintomi,  pesavano  di  più  di  altri  nel  determinare  l’alterazione  della 

capacità decisionale e, nello specifico gli  item “disorganizzazione concettuale” e 

“scarsa attenzione”. Questi risultati sembrano avvalorare  l’ipotesi sopra esposta 

31 

 

di  un  diverso  impatto  dei  sintomi  sulla  competence  a  prestare  consenso,  in 

relazione alla gravità degli stessi. 

Certamente se si analizzando gli studi sulla competence al consenso  in pazienti 

con schizofrenia e disturbo bipolare, emerge una chiara eterogeneità nelle abilità 

dei pazienti, così come nei gruppi di controllo. Questa eterogeneità sottolinea la 

necessità di valutazioni accurate del singolo, dato che la diagnosi categoriale non 

corrisponde a un esito preciso sulle abilità decisionali25. Certamente una diagnosi 

di schizofrenia non implica a priori, incapacità a prestare consenso. 

  Per  quanto  concerne  studi  specificamente  effettuati  su  campioni  di 

pazienti minori al momento non vi sono dati di  letteratura che abbiano  fornito 

indicazioni circa la capacità di prestare consenso al trattamento con strumenti di 

riconosciuta validità, quali  la MacCAT‐T. Nel 2012 Hein e  collaboratori26 hanno 

pubblicato un articolo metodologico per la valutazione della capacità di prestare 

consenso alla ricerca clinica in minori proponendo l’utilizzo della MacCAT‐CR. La 

succitata  intervista  semistrutturata  è  stata modificata  dagli  autori  per  essere 

applicata ad un  campione di  soggetti  con età  compresa  tra  i 6 ed  i 18 anni. È 

interessante  come  gli  autori motivino  la  necessità  dello  studio  partendo  dalla 

constatazione che circa il 50% dei farmaci prescritti a minori non è stato testato 

esattamente per quell’uso nella specifica  fascia di età e di come tale mancanza 

sia  dovuta  all’esclusione  di  soggetti  considerati  non  in  grado  di  esercitare  la 

propria decisione di partecipazione al trial in piena autonomia. Al momento non 

sono disponibili i risultati di tale ricerca. 

32 

 

  Un  precedente  studio  pilota27  condotto  su  un  campione  di  12  bambini 

affetti  da  ADHD  in  comorbidità  con  disturbo  della  condotta,  aveva  parimenti 

utilizzato la MacCAT‐CR per effettuare una valutazione della capacità di prestare 

consenso  ad  un  trial  farmacologico.  Gli  autori  hanno  evidenziato  una  buona 

concordanza dello strumento tra differenti valutatori, un livello di comprensione 

inferiore nei minori rispetto ai genitori ed una sostanziale difficoltà a fornire una 

valutazione  valida  della  capacità  dei  pazienti  in  assenza  di  una  valutazione  ad 

hoc.  In  particolare  alcune  alterazioni  della  capacità  decisionale  comportanti 

incapacità  emergevano  solamente  alla  valutazione  con  MacCAT‐CR, 

sottolineando ulteriormente la necessità di valutazioni individualizzate.  

33 

 

 

Ipotesi di ricerca ed obiettivi dello studio 

 

Alla  luce dell’assenza di dati specifici a riguardo,  il presente studio nasce 

con lo scopo generale di valutare le capacità decisionali in relazione al consenso 

informato  in pazienti minori sottoposti ad un trattamento  in regime di ricovero 

ospedaliero per un disturbo mentale. 

La prima  ipotesi di  ricerca  è  che uno  strumento di  comprovata  validità 

negli  adulti,  quale  la  MacCAT‐T  sia  utilizzabile  anche  in  un  setting  di  tipo 

neuropsichiatrico infantile, con conseguente obiettivo di valutarne l’applicabilità 

pratica. 

La  seconda  ipotesi,  che  nasce  dalle  evidenze  scientifiche  esistenti  su 

pazienti  psichiatrici  adulti,  la  natura  e  la  gravità  dei  sintomi  di  tipo 

psicopatologico nonché  il funzionamento cognitivo, siano variabili associate alla 

capacità di prestare un valido consenso al trattamento anche su un campione di 

minori. Inoltre, ulteriore scopo è anche quello di valutare l’impatto dell’età sulla 

capacità degli stessi. 

Infine si discuterà un’analisi comparativa tra i livelli di capacità decisionale 

del  campione  di minori  in  esame  con  quelli  di  adulti  ricoverati  parimenti  in 

regime  di  ricovero  ospedaliero  per  un  disturbo  mentale,  con  metodologia 

analoga  per  quanto  concerne  la  valutazione  de  decision‐making  rispetto  al 

consenso alle  cure, già descritti dal nostro gruppo di  ricerca  in altri  lavori28  29.

34 

 

Materiali e metodi

 

Il  presente  studio  fa  parte  di  un  progetto  più  ampio  finalizzato  alla 

valutazione della capacità di prestare consenso  informato  in pazienti affetti da 

disturbi mentali  trattati  in  regime  di  ricovero  ospedaliero  presso  le  strutture 

psichiatriche e neuropsichiatriche dell’Università di Roma Sapienza. 

Nel presente  lavoro è  stato effettuato  l’arruolamento di pazienti minori 

ricoverati  in regime di degenza presso  il reparto di neuropsichiatria  infantile del 

Policlinico Umberto I sito nel centro dislocato in via dei Sabelli, in Roma. 

Sono stati considerati eleggibili  i pazienti che, ad un approccio  informale 

da parte di un membro dello staff curante, si sono resi disponibili ad effettuare 

un  colloquio  al momento  previsto  per  la  prima  valutazione  ed  i  cui  genitori  o 

legali  rappresentati,  hanno  prestato  consenso  alla  partecipazione  al  presente 

protocollo  di  ricerca.  La  diagnosi  di  ingresso  non  ha  costituito  un  fattore  di 

inclusione o di esclusione.  I dati  relativi al presente  studio  si  riferiscono quindi 

esclusivamente ai pazienti che si sono resi disponibili ad effettuare un colloquio 

clinico di valutazione psicopatologica. 

Procedura e strumenti di valutazione 

Il  protocollo  dello  studio  è  stato  esaminato  ed  approvato  dal Comitato 

Etico del Policlinico Umberto I di Roma. 

35 

 

I medici dello studio hanno effettuato un primo colloquio preliminare con 

i medici del reparto per valutare  la possibilità di arruolamento dei pazienti. Una 

volta  considerati  eleggibili  i  pazienti  sono  state  esaminate,  assieme  allo  staff 

curante,  le  cartelle  cliniche  degli  stessi  e  sono  stare  raccolte  informazioni 

anamnestiche dai curanti  finalizzate ad una preliminare  rappresentazione delle 

informazioni da fornire nel corso dell’intervista per  la valutazione della capacità 

decisionale, compresa l’attuale terapia somministrata che in alcun modo è stata 

condizionata dai membri dello studio. Successivamente  la finalità dello studio è 

stata discussa preliminarmente con i genitori o i legali rappresentanti dei minori, 

quindi con i pazienti stessi. Nel caso di dubbi o incertezze le informazioni circa la 

natura dello studio sono state  fornite nuovamente. Tutti  i pazienti  inizialmente 

approcciati hanno acconsentito a partecipare allo studio.  

I  soggetti  sono  stati  quindi  valutati  attraverso  la  MacCAT‐T 

preliminarmente, quindi attraverso gli ulteriori strumenti di seguito descritti. Le 

diagnosi psichiatriche sono state effettuate  in accordo con  i criteri del Manuale 

Statistico  e  Diagnostico  dei  Disturbi  Mentali,  IV  edizione”  dell’American 

Psychiatric Association30, dallo staff curante e revisionate dai medici dello studio. 

 

Capacità di prestare consenso al trattamento, MacCAT‐T 

La MacCAT‐T21 è un’intervista semi strutturata che costituisce lo standard 

per  la  valutazione della  capacità di prestare  consenso  al  trattamento.  Tutte  le 

valutazioni sono state effettuate da 3 medici in formazione specialistica presso la 

scuola  di  specializzazione  in  neuropsichiatria  infantile,  già  precedentemente 

36 

 

inseriti  in  un  percorso  di  formazione  sulla  somministrazione  della  scala.  Tale 

percorso  ha  previsto  sedute  di  somministrazione  con  un  trainer  esperto  in 

valutazioni  cliniche  e  forensi  con  ottenimento  di  una  ottima  concordanza  tra 

valutatori. 

Come  previsto  dal  manuale  della  MacCAT‐T.  Sono  state  valutate  4 

dimensioni  relative  alla  capacità  di  decidere  in  relazione  al  trattamento, 

utilizzando  I  punteggi  ottenuti  alle  rispettive  sottoscale  della  versione  italiana 

della MacArthur Competence Assessment Tool  for Treatment  (MacCAT‐T) 7,. Le 

sottoscale includono: 

1)  Comprensione:  l’abilità  di  comprendere  le  informazioni  che  sono 

fornite al paziente  in relazione alla diagnosi, alle caratteristiche del disturbo, al 

tipo  di  trattamento,  ai  rischi  e  benefici  dello  stesso. Questa  sottoscala  ha  un 

punteggio variabile tra 0 (nessuna comprensione) e 6 (comprensione completa). 

2)  Valutazione:  l’abilità  di  valutare  il  significato  delle  informazioni  che 

sono  fornite  in  relazione  alla  propria  condizione  attuale,  in  particolare  si 

apprezza la valutazione che il paziente dà del disturbo (punteggio massimo 2), e 

quella della terapia proposta (punteggio massimo 2). Il punteggio è attribuito  in 

base a quanto il paziente concorda o meno su quando riferito dai medici (0: non 

concorda; 1: riconosce di manifestare il disturbo ed alcuni dei sintomi comunicati 

ma non altri e quelli non riconosciuti sono fondamentali per la comprensione del 

disturbo e della  sua  terapia; 2:  riconosce  che manifesta  il disturbo  che è  stato 

comunicato,  e  tutti  o  la  maggior  parte  dei  sintomi  comunicati,  oppure  non 

37 

 

concorda  con  quanto  detto, ma  offre motivi  non  deliranti  e  che  hanno  una 

spiegazione razionale). Il punteggio della sottoscala va da 0 a 4. 

3)  Ragionamento:  l’abilità  di  manipolare  le  informazioni  rilevanti 

all’interno  di  un  processo  logico‐razionale,  ad  esempio  ipotizzando  delle 

conseguenze nella vita di tutti i giorni o comparando gli effetti alternativi di una 

scelta piuttosto  che di un’altra, o di un  farmaco  in  sostituzione di un altro.  La 

sottoscala è composta da 4 item: a) ragionamento consequenziale (punteggio 0‐

2);  b)  ragionamento  comparativo  (0‐2);  c)  deduzione  di  conseguenze  (0‐2);  d) 

coerenza logica (0‐2). Il punteggio della sottoscala va da 0 ad un massimo di 8. 

4) Espressione di una scelta:  l’abilità di arrivare a comunicare una scelta 

che riguarda il trattamento proposto in modo chiaro e derivante dal precedente 

ragionamento  logico,  in  tal  caso  di  attribuiscono  2  punti.  Se  la  scelta  è 

ambivalente o  il paziente esprime più scelte  in modo non chiaro si attribuisce  il 

punteggio di 1, mentre se non è in grado di esprimere alcuna scelta si attribuisce 

0. Il punteggio della sottoscala va da 0 a 2. 

Analogamente  ad  altri  Autori  che  hanno  utilizzato  lo  strumento,  e 

concordemente  con  lo  scopo  con  cui  è  stato  creato,  non  è  stato  utilizzato  un 

punteggio totale nelle analisi, ma ci si è focalizzati sui punteggi delle sottoscale. 

Tale  approccio  è  giustificato dal  fatto  che, per  come è  strutturata  la  scala, un 

deficit  in una dimensione  si può  tradurre  in un giudizio di  incapacità anche  se 

altre dimensioni risultano intatte. 

38 

 

La  MacCAT‐T  è  stata  somministrata  all’interno  di  un’intervista 

semistrutturata effettuata da un unico valutatore esperto in colloqui psichiatrico‐

forensi,  in  cieco  rispetto  alle  valutazioni  psicopatologiche,  coadiuvato  da  uno 

specialista psichiatra e da uno specialista in formazione. Si è scelto di ammettere 

la ripetizione delle  informazioni comunicate sino ad un massimo di 1 volta oltre 

la  prima.  L’equipe  di  valutazione  della  capacità  decisionale  era  sempre 

indipendente  dalla  equipe  terapeutica.  Preliminarmente  al  colloquio  di 

valutazione  si  è  proceduto  sistematicamente  a  concordare  le  informazioni 

relative  alla  diagnosi  ed  alle  caratteristiche  del  disturbo  con  i medici  curanti, 

onde  evitare  di  fornire  informazioni  discordanti.  Le  informazioni  fornite 

relativamente al trattamento erano sempre corrispondenti alla terapia assunta al 

momento del colloquio dal paziente e decisa dalla equipe clinica. 

Si  è  sempre  proceduto  a  spiegare  al  paziente  che  era  intenzione  dei medici 

effettuare  un  colloquio  su  base  volontaria  per  spiegare  la  natura  del  ricovero 

chiarire  a  riguardo  quali  fossero  i  motivi  che  lo  avevano  determinato,  le 

caratteristiche del disturbo, della terapia, e sapere cosa il paziente pensasse degli 

stessi. 

 

Brief Psychiatric Rating Scale –expanded, (BPRS‐24) 

 

La versione originale della BPRS è stata sviluppata da Overall and Gorham 

nel 1962 31, ed era costituita da 16 item selezionati a partire da un numero molto 

maggiore di item tratti dall’ “Inpatient Multidimensional Psychiatric Scale” (Lorr, 

39 

 

Klett, McNair, & Lasky, 1962), sulla base di un’analisi fattoriale. Successivamente 

Overall (1974) ha aggiunto 2 item costituendo la BPRS a 18 item. La BPRS è uno 

strumento  molto  utilizzato  in  clinica  per  valutare  rapidamente  una  serie  di 

dimensioni  psicopatologiche.  Nel  1986  Lukoff,  Nuechterlein,  and  Ventura  32 

hanno  introdotto  6  nuovi  item  creando  la  versione  della  BPRS  nota  come 

Expanded.  

Questa versione è stata ideata con lo scopo di migliorare la valutazione di 

sintomi  di  tipo  affettivo;  è  stato  inoltre  redatto  un manuale  che  comprende 

definizioni dettagliate di  tutti  gli  item e  relativi anchor‐point.  La  versione  a 24 

item ha mostrato migliori caratteristiche psicometriche di affidabilità e validità33. 

Per  quanto  riguarda  la  struttura  fattoriale  della  scala,  nello  studio  si  è  fatto 

riferimento ad una struttura a quattro fattori, che ad oggi sembra essere  la più 

valida  psicometricamente  in  pazienti  con  schizofrenia.  Sono  state  utilizzate  le 

caratteristiche  fattoriali proposte  in uno  studio multicentrico  internazionale da 

Ruggeri e collaboratori34, facendo riferimento ai dati relativi al campione italiano 

(Tabella  3).  Dal  momento  che  la  struttura  fattoriale  della  scala  non  è 

universalmente riconosciuta e può variare all’interno di campioni differenti, nei 

diversi studi, sono stati calcolati anche i punteggi sui singoli fattori utilizzando la 

struttura fattoriale proposta da Velligan e collaboratori 33 (Tabella 4). 

Tabella 3. Struttura fattoriale e rispettivi item BPRS‐24 relativi ad un campione 

(N=103) di pazienti affetti da schizofrenia 

Dimensioni, (Ruggeri et al. 34) I tem BPRS

1) Mania-eccitamento 6, 12, 13, 21, 22, 23

2) Ansia-depressione 1, 2, 3, 4 , 5, 19

40 

 

3) Sintomi negativi 13, 20, 24, 14, 16, 17, 18

4) Sintomi positivi 8, 9, 10, 11, 15

 

 

Tabella 4 Struttura fattoriale e rispettivi item BPRS‐24 relativi ad un campione 

(N=1440) di pazienti psichiatrici ambulatoriali 

Dimensioni, (Velligan et al. 33) I tem BPRS

1) Depressione/ansia: 1, 2, 3, 4 , 5, 6, 9

2) Attivazione 7, 8, 12, 15, 19, 21, 22, 23, 24

3) Rallentamento 14, 16, 17, 18, 20, -21

4) Psicosi 8, 9, 10, 11, 12, 15

 

 

Youth Self‐Report 

Si tratta di un questionario autosomministrato dal paziente, riconosciuto 

a  livello  internazionale  quale  strumento  di  screening  per  valutare  il  livello  di 

funzionamento emotivo/adattivo, psicopatologia e per la capacità di identificare 

aree  di  funzionamento  problematiche  in minori  di  età  compresa  tra  11  e  18 

anni35. 

Il questionario è composto da 112  item;  il  formato di risposta è del tipo 

Likert  a  3  posizioni  (0=assente,  1=  talvolta,  2=spesso).  Le  sottoscale  sono: 

Ansia/Depressione,  Ritiro  sociale,  Lamentale  somatiche,  Problemi  sociali, 

Problemi del pensiero, Problemi dell’attenzione, Comportamento delinquenziale. 

41 

 

Il  periodo  di  riferimento  dell’intervista  risale  sino  a  6  mesi  precedenti  la 

valutazione. 

La  scale  sopra  riportate  sono  raggruppate  sinteticamente  andando  a 

costituire  le  scale  sindromiche  esternalizzanti  (Comportamento  Deviante, 

Comportamento  Aggressivo),  internalizzanti  (Ritiro,  Lamentele  Somatiche, 

Ansia/Depressione),  né  internalizzanti  né  esternalizzanti  (Problemi  Sociali, 

Problemi di Attenzione, Problemi del Pensiero) 

 

Children’s Global Assessment Scale (CGAS) 

La Children’s Global Assessment  Scale36 è  tra  gli  strumenti più utilizzati 

per una rapida valutazione globale del funzionamento nell’infanzia. Nasce come 

versione adattata all’infanzia della Health Sickness Rating Scale messa a punto da 

Luborsky e Bachrach nel 1974 per la popolazione adulta. Presenta analogie con la 

scala VGF del DSM‐IV‐TR proponendo una valutazione con un punteggio da 1 a 

100  con  relativi  anchor  point.  La  scala  è  incentrata  sulla  valutazione  del 

funzionamento  in  specifiche  aree  e  sulla  relativa  disabilità  indipendentemente 

dalla diagnosi.  

 

WISC‐III ‐ Wechsler Intelligence Scale for Children 

 

Il  funzionamento  cognitivo dei pazienti  reclutati  è  stato  valutato  attraverso  la 

Wechsler  Intelligence  Scale  for  Children  (WISC‐III)37,  versione  italiana.  La  scala  è 

costituita da 12 subtest  i cui punteggi combinati forniscono 3 punteggi di QI:  il totale  il 

42 

 

QI verbale ed  il QI di performance.  I subtest sono  i segenti: Completamento di  figure, 

Informazione,  Cifrario,  Somiglianze,  Riordinamento  di  storie  figurate,  Ragionamento 

aritmetico,  Disegno  con  i  cubi,  Vocabolario,  Ricostruzione  di  oggetti,  Comprensione, 

Ricerca di simboli, Memoria di cifre, Labirinti. 

Il test è caratterizzato da buone caratteristiche psicometriche con elevate split‐

half reliability e test‐retest reliability. La valutazione cognitiva è stata effettuata da due 

valutatori esperti che non erano a conoscenza dei punteggi ottenuti alle altre  scale di 

valutazione. 

La  WISC‐III  italiana38  è  stata  standardizzata  su  un  campione  di  riferimento 

costituito da 2200 soggetti divisi  in 11 gruppi di età dai 6 ai 16 anni. La composizione 

numerica di ciascun gruppo è di 200 soggetti con un ugual numero di maschi e femmine. 

43 

 

 

 

Analisi statistica 

 

Le analisi statistiche sono state effettuate tramite  lo Statistical Software 

Package  for  Social  Sciences  (SPSS) per Windows  versione  17.0.  Per  valutare  la 

normalità  della  distribuzione  delle  variabili  è  stato  utilizzato  il  test  di 

Kolmogorov‐Smirnov  Le  analisi  di  correlazione  sono  state  condotte  tramite  il 

coefficiente rho di Spearman, o tramite il coefficiente di correlazione di Pearson, 

quando appropriato. 

Per  individuare  se  vi  fossero  differenze  nella  competence  a  prestare 

consenso,  nelle  differenti  categorie  diagnostiche,  è  stata  effettuata  tramite 

un’analisi della varianza  (ANOVA) o  test H di Kruskal‐Wallis,  in base alla natura 

del dato. 

I confronti  tra variabili numeriche di  tipo continuo sono stati effettuati  tramite 

test t di Student o test U di Mann‐Whitney, quando appropriato.  I confronti tra 

variabili numeriche discrete sono stati effettuati tramite test delle mediane. 

Per valutare  il  contributo  relativo di variabili  cliniche  sulla  capacità di decidere 

sono  stati  costruiti  dei modelli  di  regressione  lineare multipla  con metodo  di 

selezione delle variabili stepwise. Per ogni modello sono riportati il coefficiente di 

regressione non standardizzato () ed il relativo intervallo di confidenza al 95%, il 

44 

 

coefficiente di regressione standardizzato, il valore R2 di Cox e Snell del modello, 

la p del modello (ANOVA). 

Per  tutte  le  analisi  è  stato  utilizzato  un  livello   pari  al  5%,  tutte  le  analisi  si 

intendono a due code. 

45 

 

Risultati

 

Sono  stati  reclutati  22  pazienti minori  ricoverati  presso  il  reparto  della 

U.O.C.  Neuropsichiatria  Infantile  del  Policlinico  “Umberto  I”  di  Roma,  in  un 

periodo di 8 mesi. Le caratteristiche sociodemografiche e cliniche del campione 

sono riportate in Tabella 5. 

Tabella 5. Caratteristiche sociodemografiche e cliniche 

N (totale) 22

Età, anni, media (DS) 15,8 (1,6)

Età, anni, min / max 11,4 / 18,0

Genere, M / F, n (%) 15 / 7 (68,2/31,8)

Attuale abbandono degli studi n (%) 4 (18,2)

Stato socio economico familiare n (%)

Basso

Medio

Alto

6 (27,3)

13 (59,1)

3 (13,6)

Prima ospedalizzazione n (%) 17 (77,3)

Durata ospedalizzazione all’osservazione, giorni, media (DS), range

38,7 (30,0) 15−111

BPRS, media (DS), range 45,3 (9,3) 28−64

CGAS attuale, media (DS), range 45,6 (12,3), 31−85

 

In Tabella 6 sono riportate  le distribuzioni di frequenza per diagnosi, che 

sono  state  raggruppate  in  3  categorie  ai  fini  dell’analisi  dei  dati  (disturbi 

dell’umore, disturbi di personalità, psicosi) in ragione della natura del campione. 

46 

 

Tabella 6. Categorie diagnostiche del campione 

Diagnosi (DSM-IV-TR) n (%)

Psicosi 5 (22,7)

Disturbi dell’umore 13 (59,1)

30,1% dist. bipolare

Disturbo di personalità 4 (18,2)

 

Sono  state  indagate  possibili  differenze  di  genere  nei  punteggi  di  età, 

durata  di  ospedalizzazione,  BPRS,  YRS  problematiche  internalizzanti  ed 

esternalizzanti,  CGAS  e  non  sono  emerse  differenze  significative  tra maschi  e 

femmine in tale analisi. 

L’esito della valutazione neuropsicologica su tutto il campione è riportato 

in  Tabella  7.  È  emersa  una  discreta  variabilità  nei  punteggi  QI  all’interno  del 

campione di minori ospedalizzati. Tre soggetti presentavano un QI inferiore a 70 

(69,  68,  61),  di  questi  solamente  uno,  affetto  peraltro  da  disturbo 

schizofreniforme,  è  stato  considerato  anche  affetto  da  ritardo  mentale  lieve 

(maschio  di  16  anni),  in  accordo  con  i  criteri  del  DSM‐IV‐TR.  Un  soggetto 

(femmina, 16 anni, disturbo bipolare I più recente eccitamento) ha totalizzato un 

punteggio QIT elevato, pari a 139. 

 

Tabella 7. Funzionamento cognitivo (WISC‐III) 

WISC-III Media (DS), range

Completamento di f igure 10,3 (3,6)

Informazione 8,6 (3,5)

47 

 

Cifrar io 7,2 (3,3)

Somigl ianze 10,4 (3,5)

Riordino di s tor ie f igurate 8,7 (3,2)

Ragionamento ar i tmet ico 8,3 (3,5)

Disegno con cubi 8,7 (2,4)

Vocabolar io 10,3 (3,4)

Ricostruzione di oggett i 8,5 (3,9)

Comprensione 9,8 (3,4)

QI verbale 98,2 (22,6), 63-140

QI performance 92,5 (17,8), 61-130

QI totale 95,0 (20,9), 61−139

 

I  livelli di sintomatologia soggettiva valutati dai pazienti attraverso gli  item della 

YRS sono riportati in Tabella 8.  

Tabella 8. Punteggi Youth Self‐report (YRS) del campione di minori ospedalizzati 

Item Youth self-report Media (DS)

Ansia/Depressione 69,0 (12,6)

Ritiro sociale 69,1 (11,6)

Lamentale somatiche 65,4 (10,9)

Problemi sociali 61,6 (11,2)

Problemi del pensiero 66,7 (11,7)

Problemi dell’attenzione 66,6 (10,4)

Comportamento delinquenziale 63,8 (11,7)

Comportamento aggressivo 65,5 (12,5)

Scale sindromiche esternalizzanti 63,5 (14,2)

Scale sindromiche internalizzanti 68,8 (11,3)

Né internalizzanti né esternalizzanti 67,2 (12,3)

48 

 

Per  una migliore  comprensione  della  natura  delle  terapie  assunte  dai 

minori, e del relativo processo decisionale in relazione al consenso, si riportano il 

farmaco  o  le  associazioni  farmacologiche  prescritte  dai  curanti  ed  assunte  dai 

soggetti.  Oltre  l’ottanta  percento  (81,2%)  del  campione  presentava  una 

prescrizione di un’associazione tra 2 psicofarmaci. 

Il 45,5% del campione era trattato con un antipsicotico di II generazione, il 

13,6% con un antipsicotico di  I generazione.  Il 45,5% del campione riceveva un 

trattamento  con un  farmaco  antiepilettico  ad  azione di  stabilizzatore del  tono 

dell’umore  o  carbonato  di  litio.  Il  18%  era  in  trattamento  anche  con  una 

benzodiazepina.  Il  32 %  riceveva  un  farmaco  antidepressivo  del  tipo  inibitore 

selettivo della ricaptazione della serotonina. 

Tabella 9. Farmacoterapia prescritta ai minori 

pz Antipsicotico

(I gen) Antipsicotico 

(II gen.) Stabilizzatore umore  Antidepress.  BZD 

1    Citalopram  Alprazolam 

2    Olanzapina  Litio carbonato   

3    Valproato di sodio     

4    Valproato di sodio  Venlafaxina   

5    Quetiapina  Carbamazepina   

6    Valproato di sodio    Alprazolam 

7    Aripiprazolo      Lorazepam 

8  Aloperidolo  Aripiprazolo     

9    Aripiprazolo   

10    Olanzapina  Valproato di sodio   

11    Citalopram  Alprazolam 

12    Escitalopram   

13    Sertralina   

14    Citalopram   

15    Olanzapina   

16    Quetiapina  Valproato di sodio   

17    Fluoxetina   

18    Quetiapina  Valproato di sodio   

49 

 

19  Promazina  Olanzapina   

20  Aloperidolo    Carbamazepina   

21    Fluoxetina   

22    Quetiapina  Oxcarbazepina   

 

La capacità di prestare consenso informato al trattamento effettivamente 

assunto  e  prescritto  dal  team  curante  è  sintetizzato  in  Tabella  10,  secondo  la 

suddivisione delle sottoscale della MacCAT‐T. 

Tabella 10. Capacità decisionale rispetto al consenso al trattamento, MacCAT‐T 

Dimensioni MacCAT-T (range possibile) Media (DS) Range

Comprensione (0 – 6) 4,4 (1,2) 1,9−6

Valutazione (0 – 4) 2,7 (1,1) 0−4

Ragionamento (0 – 8) 4,6 (2,1) 1−8

Espressione di una scelta (0 – 2) 1,5 (0,6) 0−2

 

La  distribuzione  dei  valori  relativa  alle  sottoscale  della  MacCAT‐T  è 

risultata  normale  per  le  scale  comprensione,  valutazione  e  ragionamento,  al 

contrario della scala espressione di una scelta. 

Non  sono  state  evidenziate  differenze  significative  nella  competence  a 

prestare consenso  informato nei diversi gruppi diagnostici, come misurato dalle 

4 dimensioni MacCAT‐T. Parimenti non sono emerse differenze significative, tra 

gruppi  diagnostici,  nell’intensità  dei  sintomi  psicopatologici  obiettivati  dal 

valutatore (BPRS totale) né sulle scale sindromiche della YSR (Tabella 11). 

50 

 

Tabella 11. Punteggi medi MacCAT‐T, BPRS e YRS nei diversi gruppi diagnostici 

 Disturbi

dell’umore (n=13) Disturbi di

personalità (n=4) Psicosi

(n=5) p

MacCAT-T Comprensione

4,5 (1,1) 4,4 (1,5) 4,0 (1,6) ns1

MacCAT-T Valutazione

2,8 (1,1) 2,7 (0,5) 2,4 (1,6) ns1

MacCAT-T Ragionamento

5,0 (2,1) 4,7 (1,5) 3,6 (2,7) ns1

MacCAT-T Espressione di una scelta

1,5 (0,7) 1,5 (0,5) 1,8 (0,4) ns2

BPRS totale 43,2 (8,4) 43,2 (7,9) 52,4 (10,8) ns1

YRS internalizzanti

69,6 (11,3) 72,5 (10,9) 63,8 (12,4) ns1

YRS esternalizzanti

65,6 (14,8) 67,5 (7,6) 55,2 (15,7) ns

Punteggi espressi come Media (DS); 1 ANOVA; 2 test di Kruskal-Wallis

Tabella 12. Correlazioni tra punteggi WISC‐III e MacCAT 

WISC-III

MacCAT-T

Comprensione

MacCAT-T

Valutazione

MacCAT-T

Ragionamento

MacCAT-T

Espressione di una scelta

Completamento di f igure 0,568* 0,076 0,448 0,24

Informazione 0,611** 0,335 0,637** 0,361

Ci frar io 0,378 0,319 0,339 0,156

Somigl ianze 0,626** 0,292 0,518* 0,409

Riordino di s tor ie f igurate

0,374 0,081 0,287 -0,144

Ragionamento ar i tmet ico 0,596** 0,129 0,429 0,271

Disegno con cubi 0,527* 0,371 0,750** 0,054

51 

 

Vocabolar io 0,617** 0,105 0,446 0,099

Ricostruzione di oggett i 0,439 -0,048 0,254 -0,187

Comprensione 0,504* -0,035 0,384 0,328

QI performance 0,723** 0,280 0,592** 0,170

QI verbale 0,599** 0,210 0,522* 0,450

QI totale 0,680** 0,215 0,532* 0,270

Nota. * p < 0,05; **p<0,01 rho di Spearman

In Tabella 12 è riportata l’analisi di correlazione tra i punteggi relativi alla 

capacità di prestare consenso al trattamento e la valutazione cognitiva effettuata 

tramite  WISC‐III.  Il  test  rho  di  Spearman  ha  evidenziato  una  correlazione 

significativa tra i punteggi totali WISC (QIT, QIV, QIP) e la capcità di comprendere 

e  ragionare  circa  il  proprio  trattamento  così  come  misurato  attraverso  la 

MacCAT‐T. 

La successiva analisi di correlazione tra gravità di sintomi psicopatologici e 

sottoscale  della MacCAT‐T  è  riportata  in  Tabella  13.  L’analisi  è  stata  condotta 

considerando solamente i punteggi dimensionali calcolati facendo riferimento ad 

un  modello  a  4  fattori.  L’unica  dimensione  psicopatologica  che  ha  mostrato 

un’associazione significativa con  la capacità di prestare consenso è stata quella 

“mania/eccitamento” essendo emersa una correlazione negativa con la capacità 

di  comprensione  degli  aspetti  relativi  alla  diagnosi  ed  al  trattamento  della 

patologia da cui è affetto il paziente. 

52 

 

L’analisi di  correlazione  tra  capacità di prestare  consenso e  valutazione 

soggettiva della sintomatologia del paziente, misurata tramite YRS, è riportata in 

Tabella 14. Di interesse è emersa l’unica associazione negativa tra la dimensione 

espressione di una scelta della MacCAT‐T con la scala sindromica internalizzante 

della  YRS  (p<0,05).  A  punteggi maggiori  alla  scala  sindromica  esternalizzante 

della YRS sono altresì corrisposti punteggi  inferiori alla sottoscale comprensione 

della MacCAT‐T. 

Al  fine  di  verificare  con  una  diversa  metodologia  l’esistenza  di  una 

associaizone  tra  variabili  cliniche  e  punteggi  MacCAT‐T  è  stata  effettuata 

un’analisi di regressione  lineare multipla utilizzando come variabili  indipendenti 

introdotte  nel modello  esclusivamente  quelle  risultate  significative,  e  ritenute 

più utili, alle precedenti analisi di correlazione semplice: WISC QI di performance 

e  verbale,  BPRS  mania  /  eccitamento,  YRS  esternalizzanti.  È  stata  inoltre 

introdotta l’età per ulteriore verifica data la potenziale importanza nel campione 

in oggetto.  Sono  stati quindi  creati due modelli di  regressione  lineare multipla 

finalizzati ad individuare i perditori migliori della performance alla comprensione 

ed  al  ragionamento  della  MacCAT‐T.  Si  è  volutamente  omesso  di  effettuare 

modelli  sulle  scale  valutazione  e  espressione  di  una  scelta  dato  che  all’analisi 

iniziale  non  erano  emerse  associazioni  significative.  Entrambi  i  modelli  di 

regressione effettuati hanno mostrato risultati significativi ed interpretabili.  

Il  modello  di  regressione  relativo  alla  comprensione  (MacCAT‐T)  è 

sintetizzato  in  Tabella  15.  L’analisi  stepwise,  utilizzata  in  questo  caso  data  la 

natura e la numerosità del campione per individuare i migliori predittori ha fatto 

53 

 

emergere  un modello  statisticamente  significativo  comprendente,  come  unico 

predittore il punteggio WISC QI verbale. 

Il  secondo modello  di  regressione  lineare multipla,  che  ha  utilizzato  le 

medesime  variabili  indipendenti  e  i  punteggi  MacCAT  ragionamento,  quale 

variabile  dipendente,  ha  fornito  anch’esso  un  risultato  significativo  ed 

interpretabile, con unico predittore costituito dai punteggi WISC QI performance. 

 

Tabella 13 Correlazioni tra punteggi dimensionali BPRS e MacCAT 

B.P.R.S.

MacCAT-T

Comprensione

MacCAT-T

Valutazione

MacCAT-T

Ragionamento

MacCAT-T

Espressione di una scelta

Ansia depressione -0,007 0,196 0,199 -0,119

Mania / eccitamento -0,498* -0,861 -0,372 -0,166

Sintomi positivi -0,189 -0,161 -0,251 -0,155

Sintomi negativi -0,107 -0,226 -0,396 -0,196

BPRS totale -0,25 0,38 -0,15 -0,12

Nota. In neretto le correlazioni significative. p calcolata con rho di Spearman. * <0,05; 1p=0,08

Tabella 14 Correlazioni tra punteggi YSR e MacCAT 

Youth Self Report

MacCAT-T

Comprensione

MacCAT-T

Valutazione

MacCAT-T

Ragionamento

MacCAT-T

Espressione di una scelta

Internalizzanti -0,80 -0,178 -0,078 -0,434*

Esternalizzanti -0,469* 0,104 -0,79 -0,322

Né internalizzanti né esternalizzanti -0,323 -0,112 -0,100 -0,481*

Nota. In neretto le correlazioni significative. p calcolata con rho di Spearman. * <0,05

54 

 

Tabella 15. Regressione lineare multipla, predittori di MacCAT‐T comprensione 

  Coefficiente di regressione

non standardizzato

Intervallo di confidenza 95%

per

Coefficiente di regressione

standardizzato p <

WISC verbale 0,036 0,015 – 0,057 0,668 0,002

Nota.  Variabili  introdotte  nel  modello:  età,  WISC  verbale,  WISC  performance,  BPRS mania, YRS esternalizzanti. R2 di Cox e Snell= 0,447; F=12,9; p<0,02; Metodo di selezione stepwise. 

 

Tabella 16. Regressione lineare multipla, predittori di MacCAT‐T ragionamento 

  Coefficiente di regressione

non standardizzato

Intervallo di confidenza 95%

per

Coefficiente di regressione

standardizzato p <

WISC performance 0,07 0,013 – 0,126 0,548 0,02

Nota.  Variabili  introdotte  nel  modello:  età,  WISC  verbale,  WISC  performance,  BPRS mania, YRS esternalizzanti. R2 di Cox e Snell= 0,257; F=6,9; p<0,02; Metodo di selezione stepwise. 

 

55 

 

 

Discussione

Il presente studio condotto su un campione di 22 minori di età compresa 

tra  11  e  18  anni  ricoverati  in  regime  di  degenza  ospedaliera  per  un  disturbo 

mentale  ha  evidenziato,  quale  primo  risultato,  l’applicabilità  clinica  della 

MacCAT‐T a questa specifica popolazione. Tale evidenza è  la prima presente  in 

letteratura  scientifica,  in  una  popolazione  di minori,  e  consente  di  suggerire 

l’espletamento  di  studi  analoghi  su  campioni  più  ampi  ed  in  setting  clinici 

differenti, con una metodologia analoga.  

Come  inizialmente previsto, e contrariamente a quanto proposto da altri 

autori per la versione finalizzata alla ricerca clinica della scala (MacCAT‐CR), non 

sono state necessarie modifiche a quanto previsto dal manuale della MacCAT‐T. 

Ciò,  probabilmente,  anche  in  ragione  della  minore  complessità  e  del  minor 

numero di  item della MacCAT‐T rispetto alla MacCAT‐CR. Al momento, tuttavia, 

la  scarsità  di  dati  in  letteratura  a  riguardo  non  consente  di  trarre  conclusioni 

definitive. 

  L’analisi  dei  punteggi  assoluti  relativi  alla misurazione  della  capacità  di 

prestare  consenso  al  trattamento  nel  nostro  campione  di  minori  ha  lasciato 

emergere,  compatibilmente  con  quanto  noto  nella  popolazione  adulta,  una 

significativa  variabilità  nei  punteggi  realizzati,  nelle  diverse  sottoscale.  Tale 

variabilità non è apparsa essere in alcun modo associata alla diagnosi psichiatrica 

56 

 

confermando,  anche  nella  specifica  popolazione,  un’evidenza  nota  su  pazienti 

adulti.  Parimenti,  la  gravità  complessiva  della  sintomatologia  psichiatrica, 

valutata dall’esaminatore attraverso uno strumento standardizzato quale la BPRS 

v.4.0,  non  ha  lasciato  emergere  associazioni  significative  con  i  punteggi  di 

capacità decisionale ad eccezione della dimensione mania / eccitamento (Tabella 

13).  Nella  fattispecie  soggetti  con  maggiore  componente  eccitativa  hanno 

dimostrato una capacità di comprensione delle informazioni disvelate riguardanti 

diagnosi e trattamento, compresi rischi e benefici dello stesso, significativamente 

minori  (rho=‐0,498, p<0,05). È emerso peraltro un  trend di  significatività  tra  la 

stessa dimensione ed una minore capacità di valutare adeguatamente diagnosi e 

trattamento (risultato meritevole di verifica su un campione più ampio). 

  L’impatto  preminente  della  sintomatologia  ascrivibile  alla  dimensione 

mania/eccitamento  sulla diminuzione della capacità decisionale è  in  linea con  i 

dati di  letteratura su pazienti psichiatrici adulti  in  fase di scompenso acuto, sia 

del nostro gruppo di ricerca  (Mandarelli et al., 201428) che di altri  (Howe et al., 

200424). 

  Effettuando  un  confronto  con  i  punteggi MacCAT‐T  di  un  campione  di 

pazienti adulti  ricoverati  in  regime volontario presso un Servizio Psichiatrico di 

Diagnosi e Cura28, valutati analogamente al campione del presente studio tramite 

MacCAT‐T, emergono  livelli di capacità decisionale paragonabili. Tale confronto 

va  letto  anche  alla  luce  del  fatto  che  i  soggetti  adulti  in  paragone  erano  stati 

ritenuti dal team curante pienamente capaci, dal punti di vista clinico, di prestare 

un  valido  consenso  al  trattamento.  In  altre parole  i nostri dati  sembrerebbero 

57 

 

indicare  che  i minori  non  presentano  inferiore  capacità  decisionale  rispetto  al 

trattamento  rispetto  a  soggetti  adulti  in  condizioni  psicopatologiche 

paragonabili. Tale confronto deve ulteriormente considerare come l’analisi quali‐

quantitativa del tipo di terapie prescritte dal team curante ai minori reclutati nel 

presente studio è altresì paragonabile alla terapia che sarebbe prescritta ad un 

adulto. 

 

Figura 1. Confronto nei punteggi MacCAT‐T tra pazienti adulti e minori trattati in regime di ricovero per un disturbo mentale e soggetti di controllo sani (Dati adulti da Mandarelli et al. 2014, minori: campione del presente studio, controlli da Palmer et al 200422) 

 

  A tal riguardo val la pena segnalare l’importante quota di prescrizioni off‐

label rilevata nel presente studio, anch’essa  in  linea con  i pochi dati a riguardo 

presenti in letteratura4,5. 

  Uno dei risultati che riteniamo di maggiore interesse ed, al momento del 

tutto  originale,  è  l’associazione  tra  specifiche  variabili  neuropsicologiche 

58 

 

misurate  tramite  WISC‐III  ed  la  capacità  decisionale  rispetto  al  consenso  al 

trattamento. In particolare, sia le analisi di correlazione che quelle di regressione 

lineare multipla controllate per i principali fattori di confondimento, hanno fatto 

emergere le variabili neuropsicologiche come quelle maggiormente associate alla 

capacità decisionale rispetto al trattamento. In particolare la regressione lineare 

multipla condotta  sulle  scale comprensione e  ragionamento hanno evidenziato 

una forte associazione della prima con i punteggi di QI verbale e, per la seconda, 

con i punteggi di QI di performance. 

  Questi  dati,  nuovamente,  sembrano  confermare  la  relativa  maggiore 

importanza  delle  variabili  di  tipo  cognitivo  rispetto  a  quelle  di  tipo 

psicopatologico nell’interferenza con  i processi decisionali sottesi al consenso al 

trattamento. L’analisi dei subtest della WISC‐III  (Tabella 12) ha evidenziato una 

correlazione  tra  diversi  subtest  e  le  sottoscale  comprensione  e  ragionamento 

della  MacCAT‐T.  Il  risultato  negativo  sulle  altre  due  scale,  probabilmente 

dipendente  anche  dalla  natura  psicometrica  delle  stesse  (comprendenti meno 

item delle altre 2) è peraltro frequente in studi analoghi oltre a poter dipendere 

da un errore statistico di tipo II nel nostro studio.  

I subtest informazione, somiglianze e vocabolario hanno presentato valori 

di  correlazione  particolarmente  elevati  >  0,6  al  rho  di  Spearman  (p<0,01), 

rispetto  alla  capacità  di  comprensione  MacCAT‐T.  Tale  risultato  può  essere 

interpretato sottolineando  l’importanza delle funzioni neuropsicologiche da essi 

valutati  rispetto  a  tale  outcome,  con  particolare  riferimento  alla  capacità  di 

discernimento, confronto, memoria verbale e visuospaziale, definizione. 

59 

 

Il  subtest  disegno  con  cubi  ha  presentato  una  correlazione 

particolarmente  elevata  (rho=  0,75,  p<0,01)  con  la  capacità  di  ragionamento 

rispetto  al  trattamento,  assieme  agli  item  informazione  e  somiglianze.  Tale 

risultato  sottolinea  l’importanza  dei  meccanismi  di  concettualizzazione  non 

verbale, di capacità di effettuare pensiero concreto ed astratto, nonché le abilità 

di  pianificazione  ed  organizzazione  generale.  Le  funzioni  esecutive,  in 

un’ulteriore  analogia  rispetto  a  quanto  noto  per  gli  adulti  (Mandarelli  et  al., 

20122929), sembrano quindi giocare un ruolo preminente a riguardo. 

Prima di concludere è opportuno rilevare alcuni limiti del presente studio. 

La ridotta grandezza del campione, anche legata alla complessità del protocollo, 

come  già  accennato potrebbe  essere  associata  ad  errori  statistici di  tipo  II.  La 

natura  non multicentrica,  inoltre,  richiede  la  conferma  dei  risultati  ottenuti  in 

setting  clinici  di  tipo  differente  e  con  soggetti minori  trattati  anche  in  regime 

semi‐residenziale ed ambulatoriale. 

60 

 

Conclusioni 

  La  capacità  decisionale  di  fornire  consenso  informato  alle  cure  è 

validamente  valutabile  in  pazienti  minori  ricoverati  in  regime  di  degenza 

ospedaliera per un disturbo mentale attraverso la MacCAT‐T. 

I  livelli  di  capacità  decisionale  dei  minori  rispetto  ad  un  trattamento 

psicofarmacologico  ospedaliero  risultano  non  inferiori  a  quelli  ottenuti  da  un 

campione  di  adulti  ricoverati  in  SPDC,  in  trattamento  volontario.  Il  dato,  se 

confermato da studi più ampi, presenta  importanti  implicazioni costituendo un 

presupposto  scientifico  alla  maggiore  partecipazione  dei  minori  ai  processi 

decisionali che riguardano le rispettive cure. 

I minori  nel  presente  studio  erano  trattati  con  elevata  frequenza  con 

associazioni  farmacologiche  di  farmaci  approvati  per  adulti,  con modalità  off‐

label. 

La capacità di prestare consenso al trattamento è risultata  indipendente 

dalla  condizione diagnostica  e  fortemente  associata,  al  contrario,  a  variabili di 

tipo  neuropsicologico.  Il  funzionamento  esecutivo,  la  capacità  di  recepire  e 

ritenere informazioni dall’ambiente circostante, le abilità di pensiero concreto ed 

astratto,  la  padronanza  verbale,  nonché  la  capacità  di  pianificazione  ed 

organizzazione,  costituiscono  variabili  fortemente  associate  alla  capacità  di 

decidere  delle  proprie  cure,  in  bambini  ed  adolescenti  affetti  da  un  disturbo 

mentale grave. 

61 

 

 

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