tesi di dottorato di ricerca in...
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TESI DI DOTTORATO DI RICERCA IN PSICHIATRIA
VALUTAZIONE DELLA CAPACITÀ A PRESTARE CONSENSO AL
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO IN REGIME DI RICOVERO
OSPEDALIERO IN UN CAMPIONE DI MINORI AFFETTI DA DISTURBI
PSICHIATRICI: IL RUOLO DEI FATTORI PSICOPATOLOGICI E
COGNITIVI
Coordinatore: Chiar.mo prof. Paolo Fiori Nastro
Dottorando: Dott. G. Mandarelli Supervisore: Chiar.mo prof. Stefano Ferracuti
1
Indice
I Introduzione ......................................................................................... 2
La capacità di prestare consenso ad un trattamento medico ........... 6
Aspetti giuridici nei minori e relative problematicità .......................... 19
Neuropsicologia e decision-making nel consenso informato ............ 24
Ipotesi di ricerca e obiettivi dello studio ............................................ 33
II Materiali e Metodi ............................................................................... 34
MacArthur Competence Assessment Tool for Treatment ................ 35
Brief Psychiatric Rating Scale-expanded ......................................... 38
Youth self-report ............................................................................... 40
Children’s Global Assessment Scale ................................................ 41
Wechsler Intelligence Scale for Children-III ...................................... 41
Analisi statistica ................................................................................ 43
III Risultati .............................................................................................. 45
IV Discussione ....................................................................................... 55
V Conclusioni ......................................................................................... 60
VI Bibliografia ........................................................................................ 61
2
Introduzione
a dottrina del consenso informato, le relative implicazioni etiche e
deontologiche, hanno trovato nella psichiatria un terreno di studio
particolarmente fertile, a causa di una molteplicità di aspetti. Le alterazioni del
pensiero, dell’affettività e del comportamento caratteristiche dei disturbi
mentali, costituiscono fattori di rischio per alterazioni dei processi decisionali
sottesi alla scelta delle cure, che possono essere studiati con appositi strumenti
di valutazione. In questa cornice la malattia mentale costituisce un modello
utilizzabile per studiare la comprensione dei processi cognitivi sottesi al
consenso, o al diniego, ad un trattamento medico. Peraltro, sia in ambito clinico,
che in quello forense, sovente si identifica nello psichiatra la figura professionale
più titolata ad esprimere valutazioni sulla capacità mentale degli individui
compresa la capacità ad esprimere il consenso informato alle cure1.
La visione stereotipata del malato mentale caratterizzata da una
sostanziale limitazione della propria capacità decisionale, ha trovato numerose
smentite provenienti dai dati di letteratura scientifica di studi che hanno valutato
con accuratezza metodologica i processi decisionali di pazienti affetti da disturbi
mentali. L’esistenza di una sorta di automatismo tra condizioni diagnostiche ad
elevato impatto disabilitante, su tutte le psicosi, e uno stato di incapacità sul
L
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piano giuridico sono state quasi costantemente messe in dubbio o smentite. Tale
impostazione non elide, comunque, la realtà del paziente psichiatrico inteso
come soggetto vulnerabile in termini decisionali e meritevole di particolare
attenzione sia dal punto di vista valutativo che, potenzialmente, di supporto
nelle scelte. Al contrario sottolinea la necessità di una valutazione
individualizzata e non aprioristicamente legata all’inquadramento nosografico.
La vulnerabilità dei processi decisionali di pazienti affetti da un disturbo
mentale, e la conseguente necessità di un approfondimento clinico‐conoscitivo,
diviene ancora più cogente nel caso di soggetti vulnerabili per definizione –
quanto meno in termini giuridici–ossia i minori.
Paradossalmente nel caso di bambini o adolescenti affetti da disturbi
mentali esiste una sostanziale povertà di dati scientifici derivanti da
sperimentazione clinica, e tale realtà nasce in ragione delle problematiche etiche
e di consenso ad essa legate2 3. La mancanza di chiare evidenze di sicurezza ed
efficacia di terapie farmacologiche espone, da un lato, i pazienti minori al rischio
di effetti indesiderati ed imprevisti, dall’altro il medico alla difficile scelta tra
necessità di fornire cure e rischio di contenzioso per responsabilità professionale.
I possibili vizi del consenso nel caso del minore sono, inoltre, spesso legati
alla natura off‐label delle prescrizioni farmacologiche che vengono effettuate su
bambini ed adolescenti. Se si limita l’analisi agli psicofarmaci, i pochi dati
esistenti in letteratura, che tuttavia sono in linea con l’esperienza clinica,
indicano tassi di prescrizioni off‐label che, per i farmaci antipsicotici, giungono
sino ad oltre il 90%4 5. Tali evidenze suggeriscono la necessità clinica di utilizzare
4
un meccanismo di estrapolazione delle indicazioni di un dato farmaco vista
l’esigenza di trattare patologie mentali anche particolarmente impattanti in
termini di disabilità e rischio per l’incolumità del paziente minore, quali le psicosi
a precoce insorgenza, i gravi disturbi dell’umore o i disturbi alimentari,
solamente per citare alcuni tra i quadri di maggiore riscontro. L’estrapolazione
delle indicazioni dalla popolazione adulta a quella pediatrica, costituisce una
metodologia potenzialmente necessaria e utile, ma certamente non priva di
aspetti controversi e potenziali limiti6. I due presupposti alla base
dell’estrapolazione, ossia a) l’esistenza di una simile progressione di malattia e b)
di simile risposta all’intervento, tra la popolazione pediatrica e quella adulta, non
sono affatto scontati nel caso di patologie che interessano il sistema nervoso
centrale, come quelle psichiatriche.
Ad aumentare la complessità della problematica relativa al consenso al
trattamento ed alla sperimentazione nei minori vi è la natura intrinsecamente in
evoluzione del cervello di bambini ed adolescenti. Ciò implica, da un lato, una
potenziale differente risposta al medesimo trattamento in differenti fasce di età,
dall’altra un differente livello di sviluppo dei sistemi neurali sottesi ai processi
neuropsicologici che guidano le scelte terapeutiche e cliniche. Inoltre, al di là
degli aspetti cognitivi, certamente di rilievo nel caso del consenso informato, nei
minori la componente affettiva può potenzialmente giocare un ruolo nelle
decisioni terapeutiche ancor maggiore che negli adulti, se si considera che tali
aspetti sono in fase di fisiologica maturazione ed evoluzione.
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L’attuale mancanza di evidenze scientifiche robuste in merito alla capacità di
prestare consenso dei minori costituisce, alla luce di quanto sopra descritto, un
campo di vasto interesse meritevole di studio approfondito.
Scopo del presente lavoro è quello di analizzare precipuamente
quest’ultimo aspetto, data la straordinaria importanza pratica della
comprensione dei meccanismi sottesi alla capacità di decidere in relazione alla
propria salute, e di quelle condizioni che possono inficiarla, in una popolazione
clinica particolarmente vulnerabile. Nella fattispecie nel presente studio, si è
voluto studiare una popolazione di pazienti del tutto particolare, in quanto
caratteristica di una situazione limite costituita, da soggetti minori, ricoverati in
un reparto ospedaliero di neuropsichiatria infantile, in quanto affetti da un grave
disturbo mentale. L’idea di base della ricerca nasce dalla constatazione che, nel
caso di soggetti adulti affetti da analoghe patologie, il livello di capacità
decisionale rispetto alle cure presenta ampi margini di variabilità. Tale evidenza
contrasta con l’impostazione giurisdizionale italiana, ed in verità comune a molte
realtà internazionali, che vede il minore come giuridicamente incapace di agire in
relazione al consenso alle cure. Ciononostante diversi richiami sia deontologici
che legislativi a livello internazionale suggeriscono la compartecipazione del
minore nel processo che riguarda la proprie cure, pur in assenza della possibilità
di esprimere autonomamente la decisione finale. Alla luce di ciò il presente
lavoro si propone di studiare con una metodologia scientificamente valida le reali
capacità di prestare consenso alle cure ricevute di minori affetti da una patologia
mentale che ha richiesto un ricovero in ospedale.
6
La capacità di prestare consenso ad un trattamento medico
La capacità mentale di effettuare decisioni rispetto ad un trattamento
medico, ossia la competence o capacityi degli autori anglosassoni, costituisce un
presupposto clinico‐giuridico non scontato nel processo decisionale che porta
alla scelta o al rifiuto di una data terapia proposta dal medico.
Il diritto di disporre del proprio corpo, riconosciuto come fondamentale
dalla maggioranza delle legislazioni dei paesi a carattere democratico, è
intimamente legato all’essere in possesso delle caratteristiche considerate
costitutive della capacità di decidere7. Nel caso in cui tale capacità sia viziata,
sino all’abolizione, esistono una serie di misure previste in ambito civilistico a
tutela dell’incapace quali, in particolare, la nomina di un Tutore o di un
Amministratore di Sostegno. Alla luce di ciò, è intuitivo il ruolo cruciale che
svolge chi è chiamato a decidere circa la capacità, o meno, di un soggetto.
È utile richiamare brevemente l’evoluzione del concetto di consenso alle
cure a partire dal cosiddetto “consenso semplice”, per arrivare alla concezione
attuale di consenso informato, che si è andata strutturando a partire da una serie
di sentenze relative a casi discussi tra il 1955 ed il 1972, in cui furono condannati
medici in quanto fu respinto, per l’appunto, il “consenso semplice”7.
i Si precisa che le parole anglosassoni competence e capacity, traducibili letteralmente in competenza e capacità rispettivamente, sono qui utilizzate con lo stesso significato. Si consideri che, nella letteratura internazionale, spesso ci si riferisce al termine competence in ambito legale, mentre capacity è utilizzato prettamente in ambito medico7.
7
La dottrina del consenso informato ha suscitato, sin dalla sua
introduzione negli anni sessanta, un acceso dibattito in campo medico, legale,
etico e filosofico. Utilizzando un punto di vista legale si potrebbe affermare, in
senso ampio, che il punto è il seguente: a meno che un medico non illustri al
paziente, o al suo legale rappresentante, tutte le informazioni necessarie prima
di intraprendere una qualsiasi procedura diagnostica, terapeutica o
sperimentale, il paziente potrebbe essere danneggiato dalla medesima
procedura, seppur perfettamente eseguita dal punto di vista tecnico, e potrebbe
pertanto rivalersi nei confronti del medico8 nel caso fosse in grado di dimostrare
qualche tipo di danno causato dalla condotta, attiva od omissiva, dello stesso.
In Italia la dottrina del consenso informato trova i sui presupposti giuridici
nel combinato disposto degli arti. 2, 13 e 32 della Costituzioneii, ossia nel
riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo e delle libertà individuali, del
diritto alla salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività” e del contemporaneo divieto di essere sottoposti a cure contro la
ii Costituzione della Repubblica italiana, art. 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 13 Costituzione: La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva
Art. 32 Costituzione: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana
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propria volontà, salvo disposizioni di legge, le quali “non possono in nessun caso
violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Dal punto di vista etico il consenso informato entra nell’ambito della
relazione medico‐paziente, suggerendo un’impostazione della stessa più
ugualitaria e partecipativa da parte del paziente, in contrapposizione ad
un’impostazione della relazione di tipo paternalistico.
Esistono due posizioni sulle quali è possibile fondare l’aspetto etico della
dottrina del consenso informato: la prima è nota come deontologica, la seconda
come consequenziale8. Secondo l’impostazione deontologica, la dottrina del
consenso informato richiama ad un dovere naturale di ciascun uomo nei
confronti di un altro uomo. L’impostazione consequenziale pone invece l’accento
sugli effetti benefici che l’applicazione del consenso informato garantisce, non
solo sui diretti interessati, ma sulla società in generale. Al di là delle formulazioni,
la dottrina etica del consenso informato risiede nella visione del paziente quale
persona autonoma e titolare del diritto di prendere decisioni che siano basate su
informazioni rilevanti ed esaustive fornite da un medico.
In quest’ottica gli scopi del consenso informato sono almeno due:
promuovere l’autonomia individuale ed incoraggiare un decision‐making
razionale e basato su dati oggettivi. Questo implica che l’autorità preposta alla
decisione finale circa una determinata procedura sanitaria sia sempre il paziente,
o il suo legale rappresentante, come nel caso dei minori, e non già il medico. Un
secondo corollario è che il paziente, non solo è il titolare della scelta se
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effettuare o meno un trattamento, ma è anche colui cui spetta la possibilità di
rifiutarlo in qualsiasi momento.
Sia la dottrina legale, che quella etica, considerano il paziente come un
“agente libero” all’interno dei processi decisionali relativi al consenso alle cure,
ebbene tale impostazione presenti dei limiti nel caso di soggetti la cui maturità è
in naturale evoluzione come i soggetti minori. La decisione del paziente deve
essere quindi necessariamente volontaria8. Esistono, tuttavia, requisiti più ampi
per garantire queste condizioni: ad esempio il paziente deve essere in possesso
di tutte le informazioni rilevanti e sufficienti per poter procedere ad una
decisione che sia razionale, circa il trattamento cui sarà sottoposto. Inoltre, il
paziente deve anche essere in grado di comprendere queste informazioni, e di
utilizzarle in modo razionale per la scelta, valutando la sua condizione attuale, le
possibili alternative, gli esiti scientificamente prevedibili.
Ogni medico è chiamato da obblighi di legge, deontologici e morali ad
ottenere il consenso informato alle cure dal proprio paziente, o dai sui genitori, o
dal tutore, prima di cominciare qualsiasi tipo di procedura diagnostica o
terapeutica9. Un presupposto fondamentale alla validità del consenso, è che
questo sia basato sulla disponibilità di informazioni appropriate fornite ad un
paziente capace, cui è permesso di praticare una scelta libera10. Con modalità
differenti, tutte le legislazioni dei paesi a carattere democratico prevedono la
possibilità che, nel caso ci si trovi di fronte ad un paziente incapace, o minore, il
consenso sia espresso in sua vece, da un’altra figura.
10
Per meglio comprendere la complessità delle implicazioni della dottrina
del consenso informato, si immagini un’ipotetica situazione in cui si
contrappongono due modelli: da un lato quello medico‐paternalistico, dall’altro
un modello ispirato ad una totale arbitrarietà di scelta del paziente, col medico
relegato a mero esecutore della volontà dello stesso. Nel primo caso è il medico
che prende tutte le scelte al posto del paziente, senza troppo curarsi della sua
volontà, trovandosi in una posizione privilegiata potenzialmente giustificabile dal
possesso di particolari e specifiche conoscenze tecniche, non comuni. Nel
secondo caso, invece, è il paziente che arbitrariamente, sceglie per sé, basando il
proprio libero convincimento sulle informazioni che ritiene opportune, anche
senza il coinvolgimento del medico. È evidente che entrambi i modelli
porterebbero, di fatto, ad una situazione di limitazione della libertà del soggetto,
dal momento che il primo elimina la libertà di scelta, mentre il secondo limita la
libertà in senso più ampio, se si ammette che chi non ha conoscenza di un dato
argomento non può scegliere liberamente per il proprio bene. In entrambi i casi
non sembra garantito un valido diritto alla salute. Evidentemente quello che già
succede tutti i giorni nelle corsie, negli ambulatori e negli studi medici, è che ci si
muove all’interno di un continuum che oscilla tra quello che è un modello
medico‐paternalistico e quello che si potrebbe definire un modello totalmente
libertario. Nei diversi paesi europei l’ago di questa bilancia è più o meno spostato
dalla posizione centrale verso gli estremi, senza mai raggiungerli. Ciò che però si
vuole sottolineare è il fatto che la dottrina del consenso informato è nata proprio
con lo scopo di superare questa dicotomia.
11
All’interno di questa cornice, appare evidente come la determinazione
della competence sia un aspetto critico per ottenere quel corretto bilanciamento
tra il rispetto dell’autonomia di scelta del paziente e la protezione dei soggetti
non in grado di esprimere un valido consenso.
L’approccio legato alla dottrina del consenso informato, si è basato sulla
convinzione che i pazienti possiedono il diritto di ricevere informazioni sufficienti
a compiere scelte consapevoli, anche alla luce delle possibili alternative che la
scienza medica mette a disposizione in un dato momento. Questo approccio ha
comportato un progressivo e sostanziale cambiamento, rispetto alla dottrina del
consenso semplice, che sosteneva meramente il diritto del paziente di essere
libero da intrusioni indesiderate, nell’ambito del processo decisionale7.
Negli ultimi anni sono stati definiti tre elementi basilari, che sono considerati
fondamentali nel processo di scelta delle cure:
1) La completezza delle informazioni fornite dal medico
2) La libera scelta del paziente debitamente informato
3) La capacità di decidere del paziente
L’assenza o l’inefficacia di uno qualsiasi di questi elementi rende il consenso
non valido, sia da un punto di vista etico e deontologico, che giuridico, con tutte
le possibili conseguenze in termini di responsabilità medica. Inoltre, per essere
valido, il consenso per quanto possibile deve essere personale, consapevole ed
informato, completo, libero e spontaneo, attuale, manifesto, recettizio, richiesto
e gratuito11. È evidente come il processo di acquisizione di consenso informato
12
sia di natura dinamica ed implichi uno scambio reciproco, all’interno della
relazione medico‐paziente. Le componenti principali di questo processo sono
rappresentate in Figura 1.
Figura 1. Componenti principali della relazione medico‐paziente nel processo di acquisizione di consenso informato.
Esistono tuttavia alcune sostanziali eccezioni a questa regola che, pur
variando nei diversi paesi, presentano generalmente una matrice comune. Il
codice penale italiano prevede, ad esempio, che in condizioni di emergenza, in
caso di pericolo imminente per il paziente o per altri, i requisiti del consenso
informato possano essere aboliti, per “stato di necessità”iii. Per meglio dire, in
questi casi il medico non è punibile per essere intervenuto, pur in assenza del
consenso informato del paziente. Si tratta di situazioni non infrequenti nelle
corsie di pronto soccorso e non solo, in realtà in cui spesso non c’è tempo di
iii Art. 54 c.p. Stato di necessità. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. [omissis]
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informare il paziente ed ottenerne il consenso, per non mettere a rischio la sua
stessa vita. Anche dal punto di vista civilistico il consenso è un requisito
fondamentale per la liceità dell’agire del sanitario, in quanto elemento di validità
del contrattoiv. In ambito penale l’intervento senza consenso informato del
paziente può esporre a reati di violenza privata (art. 610 del Cp), stato di
procurata incapacità mediante violenza (art. 613 del Cp), lesione volontaria
(artt.582‐583 del c.p.) e omicidio preterintenzionale (sentenza n. 699 del
21/4/1992, Cassazione penale sezione V).
Tornando agli elementi basilari del consenso, le condizioni in cui viene
meno il terzo presupposto, ossia la capacità di decidere del paziente,
costituiscono un altro aspetto che lega intimamente la dottrina del consenso
informato alla neuropsichiatria, e che attengono specificamente allo scopo del
presente lavoro.
Con notevole frequenza i disturbi mentali, primari, secondari o coesistenti
con altre patologie, possono inficiare in diversa misura quelle abilità quali la
capacità di comprensione, giudizio, previsione, confronto, critica o di
ragionamento logico. Inoltre, nel caso di soggetti in età evolutiva tali funzioni
presentano fisiologicamente variabilità interindividuale meritevole di attenzione.
Queste funzioni costituiscono presupposti neurocognitivi fondamentali per una
scelta razionale, nell’ambito di un processo di libero decision‐making in relazione
alla scelta di una cura. I pazienti affetti da un disturbo mentale, per lo più se
minori, possono presentare una riduzione ampiamente variabile, ma che si può
iv Capo XII c.c.: Sez. I: Dell’incapacità; Sez. II: Dei vizi del consenso
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spingere sino all’abolizione, della capacità di prestare consenso alle cure, non
solo limitatamente a quelle relative al proprio disturbo mentale. La natura di
questa alterazione può essere molteplice e coinvolgere diverse funzioni:
cognitive, affettive e motivazionali che sono sottese alla scelta delle cure.
Inoltre, quando presente, l’incapacità di decidere può mostrare una
fluttuazione nel tempo, ed essere parimenti passibile di miglioramenti o
peggioramenti nonché di rispondere a specifici interventi educazionali. Il ruolo
eventuale di approcci mirati al recupero delle singole funzioni alterate, e la
valutazione degli esiti, non è stato ad oggi completamente chiarito su ampie e
diversificate casistiche e meno ancora lo è nel caso di bambini ed adolescenti,
tipicamente poco studiati da questo punto di vista.
Si ritiene tuttavia che l’incapacità sia suscettibile di interventi specifici,
atti a migliorare o ristabilire le funzioni sottese al processo decisionale, nelle
componenti cognitive, affettive e motivazionali. La conoscenza di quali
componenti sono specificamente interessate, nelle differenti condizioni riveste
un’importanza notevole, al pari dei metodi atti a valutarle.
Si consideri, ad esempio, un paziente che presenta un delirio di veneficio,
che potrebbe non essere in grado di prestare consenso alle cure, a causa del
coinvolgimento nel proprio nucleo delirante dei sanitari e dei farmaci che gli
sono proposti, quale terapia. La risoluzione del delirio, tramite intervento
terapeutico farmacologico o di altra natura, potrebbe favorire il ripristino della
capacità di valutazione e, più ampiamente della competence a prestare
15
consenso, con tutta una serie di benefici in relazione all’aderenza terapeutica
attuale e futura.
Dall’esempio precedente risulta che, nella fase di scompenso, uno
psichiatra si troverebbe nella scomoda posizione di dover somministrare al
paziente una terapia verosimilmente contro la sua volontà. In casi di questo tipo,
gli interventi che sono posti in atto nella pratica clinica, e domestica da parte dei
caregiver, sono della natura più svariata e possono prevedere pratiche che si
situano al di fuori della dottrina del consenso informato, nonché della legalità,
quali la diffusa somministrazione surrettizia di farmaci al paziente. Circostanza
particolarmente problematica potrebbe altresì verificarsi nel caso di genitori che,
pur legalmente giustificati a tale condotta, somministrano farmaci al proprio
figlio o alla propria figlia contro la volontà dello stesso. Purtroppo, a causa di
ovvie difficoltà metodologiche, non esistono dati epidemiologici affidabili che
offrano una stima a riguardo. L’esperienza clinica suggerisce tuttavia, che
pratiche di questo tipo siano estremamente frequenti, specie con pazienti affetti
da gravi disturbi dell’umore, da disturbi della condotta o da psicosiv.
È da sottolinearsi come non esista alcune riferimento legale esplicito al
fatto che, nel processo di acquisizione del consenso informato, il paziente debba
essere in condizioni di capire ciò che il medico gli spiega, o che quest’ultimo
v Suggestiva a riguardo è la descrizione dell’aloperidolo riportata nel celebre Trattato Italiano di Psichiatria (TIP): “È, almeno in Italia, l’unico neurolettico disponibile in forma liquida inodore, incolore e insapore” (Raja R.: “Agonisti prevalenti o selettivi del sistema dopaminergico” in: TIP, a cura di P.Pancheri, Masson, 2003). Nella precedente edizione del Trattato (2002) era riportato “L’ampia disponibilità di varie forme di preparazione farmaceutica ha reso l’aloperidolo un farmaco molto maneggevole […] Un ulteriore vantaggio pratico è dato dalle caratteristiche della soluzione che, essendo incolore e insapore ne migliora, in molti casi, l’accettazione da parte dei pazienti.”
16
debba valutare la competence del paziente stesso a prestare consenso. Questa
elusività della legge, in relazione all’importanza della capacità di decidere sulle
cure, non è limitata alla legislazione italiana, essendo presente anche in quella di
diversi altri paesi occidentali a carattere democratico. In effetti, in ambito
legislativo il consenso è adeguatamente definito solo per la capacità processuale
e per quella testamentaria. Il codice di Deontologia Medica sembra voler
colmare, almeno in parte, questa carenzavi, limitatamente alle fattispecie del
rifiuto di un trattamento, da parte di una persona capace, ed alla salvaguardia
della dignità delle persone incapaci.
Per contro è interessante notare come già all’interno della stessa legge 833 del
1978, si sottolinei come i trattamenti sanitari obbligatori debbano essere
accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da
parte di chi vi è obbligatovii. Una possibile formulazione alternativa della legge,
che sottolinei trans‐nosograficamente, l’importanza della capacità di decidere
dei pazienti, ed allo stesso tempo superi la visione che allude alla mera
inesistenza di assenso alle cure, potrebbe essere la seguente:
vi Codice di Deontologia Medica, Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, 18.5.2014. art. 35. “Consenso e dissenso informato”. L'acquisizione del consenso o del dissenso è un atto di specifica ed esclusiva competenza del medica, non delegabile. Il medico non intraprende ne prosegue in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato. Il medico acquisisce, in forma scritta e sottoscritta o con altre modalità di pari efficacia documentale, il consenso o il dissenso del paziente, nei casi previsti dall'ordinamento e dal Codice e in quelli prevedibilmente gravati da elevato rischio di mortalità o da esiti che incidano in modo rilevante sull'integrità psico‐fisica. Il medico tiene in adeguata considerazione le opinioni espresse dal minore in tutti i processi decisionali che lo riguardano.
vii Art. 33, Legge 23 dicembre 1978, n° 833
17
Di fatto l’impostazione attuale rischia di rimandare ad una visione dicotomica
della possibilità di prestare consenso da parte di un paziente, che coincide
sostanzialmente con l’assenso o meno, ad un determinato trattamento. Una
crescente letteratura scientifica a riguardo sostiene invece che la capacità di un
soggetto di prestare consenso alle cure sia un’entità complessa, descrivibile
nell’ambito di almeno quattro dimensioni 7,8,10,12 (Figura 2).
Figura 2. Le “dimensioni” della competence a prestare consenso alle cure (Appelbaum
PS)
Il clinico che si trova a valutare la capacità mentale di un paziente in relazione ad
una specifica decisione terapeutica, si trova spesso costretto a rispondere in
“… Esistendo una condizione medica (o mentale) tale da compromettere la
capacità di decidere nell’ambito di un valido consenso informato alle cure le
quali, a mio parere, sono al momento necessarie ed indifferibili e devono
essere eseguite per più di un giorno in regime di degenza…” viii
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termini dicotomici circa la presenza o meno della capacità stessa. Tuttavia i
processi sottesi al decision‐making sono di natura dimensionale, variando
all’interno di un continuum ai cui estremi si situa una totale capacità o incapacità
a prestare consenso.
Esistono diversi strumenti di valutazione a riguardo, molti dei quali si
focalizzano sulle 4 dimensioni proposte da Appelbaum e collaboratori 13.
Purtroppo l’uso è attualmente limitato prevalentemente all’ ambito di ricerca,
essendo piuttosto poco diffuso in ambito clinico. Tuttavia sono stati
recentemente proposti strumenti di screening delle capacità decisionali che
potrebbero trovare ampio utilizzo in ambito medico14.
19
Aspetti giuridici nei minori e relative problematicità
In estrema sintesi il nostro sistema legislativo prevede che, nel caso di un
paziente minore, non sia il diretto interessato a fornire il consenso al
trattamento, bensì il genitore o i genitori che ne esercitano la potestà, concetto
di recente modificato in responsabilità genitorialeix, ovvero da un tutore
nominato dal giudice. Ciò non esime, naturalmente, il medico dalla possibilità, né
dall’opportunità di informare il paziente minore circa le cure che deve ricevere,
sebbene l’esercizio del diritto alla salute non sia, come sopra accennato, nella
piena disponibilità dello stesso15.
Il legislatore, nel caso di soggetti minori, ha previsto una progressiva
modificazione nel tempo della possibilità di acquisire diritti, ed essere titolari di
doveri. Tale progressione, in verità, non presenta le caratteristiche della
gradualità, che invece le teorie dello sviluppo psicologico e la pratica clinica ben
rappresentano e, nella sostanza, pone un cut‐off netto per l’acquisizione della
capacità di agire, alla maggiore età. La possibilità di essere titolari di diritti e di
doveri, ovverosia la capacità giuridica, è invece acquisita al momento della
nascita.
La forte relazione tra età e capacità di agire è sancita, nel nostro
ordinamento, dall’art. 2 del codice civile16, nel quale si dichiara come solamente
ix Decreto Legislativo 28 dicembre 2013, n. 154. Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219.
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al compimento del diciottesimo anno di età si acquisisce la capacità di compiere
tutti gli atti per i quali non sia stabilita un’età diversa.
È interessante considerare il caso del minore emancipato, ossia quello di
un minorenne che è giuridicamente autorizzato a compiere autonomamente
alcuni atti di rilievo giuridico. Tale possibilità è stata fornita in relazione
all’esercizio dei diritti e doveri che derivano da un contratto di lavoro e per la
possibilità di contrarre matrimonio. Nel primo caso l’età prevista è a partire dai
15 anni, nel secondo dai 16 anni, previa autorizzazione del tribunale minorile. Il
minore emancipato può inoltre fornire il consenso a essere riconosciuto come
genitore.
Il succitato recente decreto legislativo del 28.12.2013 n. 154 ha peraltro
introdotto con l’art 337‐octies c.c., la possibilità da parte del giudice di ascolto
del parere del figlio minore “che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età
inferiore ove capace di discernimento”, nel caso di procedimenti di separazione.
In tal modo si è riconosciuta, almeno parzialmente la capacità del minore di
fornire pareri di cui un magistrato può debitamente tenere conto, ciononostante
nessun ampliamento è stato posto in essere per quanto riguarda il consenso al
trattamento medico.
Peraltro quello della “capacità di discernimento” è un concetto già
utilizzato nella convenzione internazionale sui diritti del fanciullo approvata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel novembre del 1989x ove, all’art
12 si recita: “gli Stati garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di
x Ratificata in Italia con la Legge 27 maggio 1991, n. 176
21
esprimere la propria opinione su questioni che lo riguardano e la sua opinione va
tenuta in debito conto in considerazione dell’età e della maturità”.
La comunità internazionale ha dedicato al tema del trattamento dei
minori, nonché della sperimentazione clinica sugli stessi, maggiore attenzione di
quanto, probabilmente, sia avvenuto a livello nazionale. La direttiva 2001/20/CE
del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, ha definito degli
indirizzi specifici in tema di sperimentazione clinica, anche in riferimento a
persone che non sono in grado di prestare un valido consenso alla
sperimentazione clinica, nonché dei minori. Alla base della direttiva vi è la
constatazione di necessità di sperimentazione in un’ottica di sostanziale
valutazione del rapporto rischi/benefici nella sperimentazione su pazienti
incapaci, ponendo enfasi sulla valutazione dell’esistenza di un “beneficio diretto
ai pazienti superiore ai rischi” nonché sottolineando la necessità di “consenso
scritto del legale rappresentante del paziente, dato in cooperazione col medico
curante”.
Per quanto concerne i minori si ritiene utile riportare per intero l’art.3 del
documento (Tabella 1).
Tabella 1. Art. 4 Direttiva 2001/20/CE del 4.4.2001
A È stato ottenuto il consenso informato dei genitori o del rappresentante legale; il consenso deve rispecchiare la volontà presunta del minore e deve poter essere ritirato in qualsiasi momento senza che ciò arrechi pregiudizio a quest'ultimo.
B Il minore ha ricevuto da personale esperto nel trattare con minori informazioni commisurate alla sua capacità di comprensione sulla sperimentazione, i rischi e i benefici.
c Lo sperimentatore o, eventualmente, lo sperimentatore principale tiene conto del desiderio esplicito di un minore in grado di formarsi un'opinione propria e di valutare tali informazioni, di rifiutare la partecipazione o di ritirarsi dalla sperimentazione clinica
22
in qualsiasi momento.
D Non vengono dati incentivi o benefici finanziari ad eccezione degli indennizzi.
E Il gruppo di pazienti trae dalla sperimentazione clinica determinati benefici diretti e solo nel caso in cui la ricerca è essenziale per convalidare dati ottenuti in sperimentazioni cliniche su persone in grado di dare il loro consenso informato o ottenuti con altri metodi di ricerca; inoltre, la ricerca deve ricollegarsi direttamente ad uno stato clinico di cui soffre il soggetto minore o essere di natura tale da poter essere intrapresa solo su minori.
F Sono stati seguiti i pertinenti orientamenti scientifici dell'Agenzia.
G Le sperimentazioni cliniche sono state concepite in modo da ridurre al minimo il dolore, il disagio, la paura e gli altri rischi prevedibili, in relazione alla malattia e alla fase dello sviluppo; la soglia del rischio ed il grado di malessere devono essere definiti espressamente ed essere oggetto di continua verifica.
H Il protocollo è stato approvato da un comitato etico competente nel campo della pediatria o che si è preventivamente avvalso di una consulenza in merito alle questioni cliniche, etiche e psicosociali in ambito pediatrico.
i L’interesse del paziente prevale sempre sugli interessi della scienza e della società.
A nostro parere un elemento di rilievo del documento è l’implicito
riconoscimento della possibilità del minore di esprimere pareri informati, nonché
della necessità di contribuire alla formazione nello stesso di una opinione basata
su dati reali che gli devono essere trasmessi. Particolare rilievo, inoltre, è dato
alla valutazione ed alla comprensione dei rischi e dei benefici della
sperimentazione.
Ciononostante, come del resto accade anche per gli adulti, non vi sono
espliciti richiami alla necessità di valutare la reale capacità decisionale del minore
rispetto alle cure, d’altronde la legislazione italiana non è un sistema basato sulla
capacità.
Tale impostazione potrebbe essere meritevole di revisione, ove fossero
presenti dati scientifici indicativi della possibilità di minori appartenenti a
specifiche fasce di età di essere potenzialmente pienamente capaci di prestare
23
un valido consenso o diniego ad una cura o ad una sperimentazione clinica. Tali
dati attualmente sono indisponibili. La possibilità di una valutazione specifica per
fasce di età, peraltro, sarebbe in linea con quanto accade attualmente in ambito
penalistico ove, rispetto all’imputabilità il la responsabilità penale del minore
infradiciottenne maggiore di 14 anni necessità di essere valutata volta per volta.
Al contrario di quanto accade per gli infraquattordicenni che sono considerati
sempre come non imputabili (art. 97 c.p.).
24
Neuropsicologia e decision‐making nel consenso informato alle cure
Processi cognitivi superiori, quali quelli implicati nel decision‐making, o
nel comportamento sociale, derivano dall’integrazione di funzioni sensoriali,
emotive (paura, impulsività, ricerca di rinforzi), cognitive (manipolazione della
working memory, processi immaginativi, confronto l’introspezione,
l’organizzazione, pianificazione), motorie.
L’elaborazione di informazioni di tale complessità coinvolge numerose
aree cerebrali, ma certamente la corteccia prefrontale (PFC) gioca un ruolo
determinante 17 nei processi di decision‐making. A livello della PFC avviene infatti
il cosiddetto “controllo esecutivo”, ossia l’elaborazione degli input sensoriali
esterni, che sono integrati con le informazioni relative all’ambiente interno
(internal milieu), sia emozionali‐vegetative (controllo autonomino) che cognitive
17. La possibilità di generare e mantenere una rappresentazione della realtà in
assenza di uno stimolo esterno, ossia il processo di pensiero (cognizione), trova
anch’essa un substrato neurofisiologico determinante nella PFC. Tra le teorie del
controllo esecutivo (executive control) più accreditate si ricorda il modello di
Baddeley (1986)18 della working memory xi. Le funzioni esecutive consentono un
comportamento indipendente, finalizzato e adeguato e appaiono abitualmente
compromesse nelle persone che non sono in grado di effettuare scelte adeguate.
xi Il modello, che si basa sui risultati di studi comportamentali condotti su soggetti sani, propone che la working memory coinvolge un sistema esecutivo centrale che regola attivamente la distribuzione di risorse attentive limitate e coordina le informazioni nelle memorie tampone spaziale e verbale 17.
25
Figura 3. Rappresentazione schematica e semplificata dei fattori neuropsicologici
implicati nella competence a prestare consenso informato alle cure.
In Figura 3 sono riportate schematicamente le funzioni cognitive sottese alla
capacità di decidere in relazione alle cure, raggruppate in base alle dimensioni
della competence a prestare consenso proposte da Appelbaum. Si consideri
come la soppressione di una singola funzione possa avere ripercussioni estese a
più dimensioni, ed esitare in una incapacità globale a prestare consenso. Basti
pensare ad una condizione in cui le facoltà attentive vengono meno (ad es.
nell’eccitamento, o in alterato stato di coscienza), con chiare ripercussioni non
solo sulla possibilità di comprendere ma anche su quella di valutare, ragionare
sull’informazione ed esprimere una scelta coerente.
26
La neurofisiologia del processo decisionale non è comunque unitaria: ad esempio
la capacità di comunicare una scelta stabile può essere associata alle regioni
frontali di sinistra, rilevanti per la comunicazione espressiva; la capacità di
comprendere elementi rilevanti è legata a funzioni linguistiche temporali e
parietali di sinistra. Diversi fattori possono influire sui diversi livelli del processo
decisionale, in pazienti con psicosi, ad esempio la durata di malattia, l’età, le
precedenti esperienze di ospedalizzazione o gli effetti avversi o benefici avuti con
i trattamenti.
Tabella 2. Esempi di condizioni cliniche comportanti incapacità a prestare consenso
alle cure
Disturbo / condizione
Principali conseguenze cliniche Esito legale
Catatonia È abolita la possibilità di esprimere una scelta Consenso sostitutivo
Grave deficit di memoria
È abolita la possibilità di comprendere Consenso sostitutivo
Funzionamento cognitivo inadeguato
È abolita la possibilità di comprendere/valutare/ragionare
Consenso sostitutivo
Grave compromissione
dell’esame di realtà È abolita la possibilità di valutare e ragionare
Consenso sostitutivo
Grave compromissione
dell’insight
La scelta è irragionevole, grave alterazione della possibilità di valutare
Consenso sostitutivo
Coma Abolite le possibilità di comprensione,
valutazione, ragionamento, espressione di una scelta
Consenso sostitutivo
Esiste un acceso dibattito riguardo le capacità di pazienti affetti da un disturbo
mentale di prestare consenso, sia in ambito clinico che di ricerca. Esistono in
realtà pochi studi sperimentali che abbiano valutato direttamente le capacità
27
decisionali di pazienti con una condizione medica, neurologica o psichiatrica che
potesse inficiare le abilità decisionali dei soggetti. Non esistono di certo metodi
di screening che siano riconosciuti come validi o siano usati su larga scala.
Recentemente Palmer e collaboratori19 hanno effettuato uno studio trasversale
confrontando le capacità decisionali di 35 pazienti ambulatoriali con schizofrenia,
30 pazienti con morbo di Alzheimer (da lieve a moderato) e 36 pazienti con
diabete mellito di tipo II. Gli autori hanno utilizzato come principale misura di
outcome la scala MacArthur Competence Assessment Tool for Clinical Research,
evidenziando che i pazienti con diabete mellito presentavano i migliori risultati,
mentre quelli affetti da Alzheimer hanno ottenuto performance peggiori, ed i
pazienti con schizofrenia si sono situati tra i due. Un altro risultato interessante è
che, all’interno dei singoli gruppi esisteva una notevole eterogeneità, suggerendo
la necessità di valutazioni accurate individuali, al di là dell’appartenenza ad un
determinato gruppo diagnostico. Inoltre il livello di funzionamento cognitivo,
misurato tramite Mini Mental State Exhamination (MMSE) è apparso come un
buon predittore di capacità decisionali, specie in relazione alla dimensione
comprensione. Di fatto questa dimensione rappresenta il primo passo all’interno
del processo decisionale, certamente un paziente che non ha compreso non
potrà nemmeno ben valutare o ragionare su una diagnosi o sulla scelta di un
determinato trattamento.
Un risultato per certi versi analogo è stato ottenuto da Raymont e
collaboratori20 che hanno studiato, in un periodo di 18 mesi, 302 pazienti
consecutivi ricoverati in urgenza in ospedale per una problema medico. La
28
misura della capacità decisionale è stata effettuata con intervista clinica e
attraverso la MacArthur Competence Assessment Tool for Treatment (MacCAT‐
T21). Del campione totale, il 24% presentava un grave deficit cognitivo, uno stato
di coma o l’impossibilità ad esprimere una scelta per cui è stato subito giudicato
non capace. Dei pazienti restanti inclusi (N=159) il 31% è stato valutato non
capace di esprimere consenso informato alle cure. Un risultato interessante è i
clinici che seguivano il paziente hanno identificato uno stato di incapacità
solamente nel 24% dei casi, valutati invece come incapaci tramite un intervista
accurata e con la MacCAT‐T (N=50). In questa popolazione di pazienti con
patologie di tipo prevalentemente internistico (disturbi cardiovascolari 45%,
respiratori 31%, infezioni 20%), i principali predittori di incapacità indipendenti
sono risultati: l’età, le disfunzioni cognitive (MMSE), il fatto che un parente
avesse sospettato uno stato di incapacità. Un punteggio al MMSE inferiore a 20
ha corrisposto ad un odds ratio per incapacità pari a 15,8 (intervallo di
confidenza al 95%= 5,7 – 117,8). In questo studio la sintomatologia psichiatrica,
misurata tramite BPRS; non è apparsa come un predittore di incapacità né
differiva significativamente tra i pazienti con e senza capacità.
In uno studio22 su 59 pazienti con schizofrenia e disturbo schizoaffettivo
cronici, sono state valutate le capacità decisionali in relazione al trattamento con
farmaci antipsicotici tramite la MacCAT‐T. I pazienti sono stati confrontati con un
gruppo di soggetti sani. Ciò che è emerso è che i pazienti presentavano livelli di
comprensione delle informazioni minori dei controlli, indipendentemente
dall’età o dalla gravità dei sintomi psicopatologici. Al contrario i livelli di capacità
29
decisionali sono risultati strettamente legati a variabili cognitive misurate tramite
la Mattis Dementia Rating Scale. Come sottolineato dagli autori, e similmente ad
altri studi, esiste tuttavia una ampia variabilità intra‐gruppo che, nel caso in cui ci
si limiti a comparazioni tra gruppi (malati vs. sani) rischia di essere sottovalutata.
In altri termini i risultati di questo studio evidenziano che esiste una
considerevole eterogeneità nelle capacità decisionali di soggetti di mezza età o
anziani, affetti da schizofrenia, e che non tutti mostrano significative riduzioni
delle capacità decisionali. Sarebbe pertanto poco corretto ritenere, ad esempio,
che un paziente affetto da schizofrenia cronica presenta necessariamente una
incapacità a prestare consenso ad un trattamento, evitando magari su tale base
di spiegare accuratamente le caratteristiche del disturbo, della terapia, le
possibili terapie alternative. In altre parole assumere un atteggiamento
paternalistico non è in alcun modo giustificato dalla presenza di una disturbo
mentale grave che pur solitamente può associarsi ad un decadimento cognitivo
nel tempo. Né tantomeno, sulla base di questi dati, sembrerebbe corretto
assumere che un paziente con schizofrenia cronica con più sintomi psicotici abbia
minori facoltà decisionali.
Sebbene diversi studi indichino un apparente scarso effetto dell’entità
della sintomatologia psicopatologica sulla competence al consenso, si ritiene che
il dato non possa essere generalizzato, dato che è ipotizzabile un’ampia
variabilità di risultati in base alla natura del campione. Gli studi sinora citati, ad
esempio, hanno previsto l’arruolamento di pazienti in fase di relativo compenso
e con livelli di psicopatologia non particolarmente elevati. È Possibile altresì che,
30
entro certi limiti, gli aspetti neurocognitivi mostrino un impatto prevalente sulla
capacità di decidere, mentre in presenza di alterazioni psicopatologiche di entità
severa potrebbe prevalere l’impatto di quest’ultime, anche a causa dell’effetto
secondario e difficilmente separabile, sul funzionamento cognitivo. Palmer e
collaboratori, in un recente studio 23 in cui sono state valutate le capacità
decisionali di pazienti con schizofrenia, disturbo bipolare e controlli normali,
hanno evidenziato una riduzione nelle capacità nei due gruppi di pazienti rispetto
ai controlli, non differendo tuttavia i pazienti con schizofrenia da quelli con
disturbo bipolare.
Pochi studi hanno valutato la competence a fornire consenso informato in
pazienti psichiatrici con sintomatologia acuta. Tra questi, Howe e collaboratori 24
hanno studiato un campione di 110 pazienti con diagnosi di schizofrenia,
disturbo schizoaffettivo e bipolare, in fase acuta. Gli strumenti di valutazione
utilizzati sono stati la MacCAT‐T per la competence e la Positive and Negative
Syndrome Scale (PANSS) per la psicopatologia. Gli autori non hanno evidenziato
differenze significative nella competence nei tre gruppi diagnostici. Al contrario,
diversamente dagli studi citati precedentemente, hanno evidenziato che il
punteggio totale PANSS correlava negativamente con le misure comprensione,
valutazione e ragionamento della MacCAT‐T. Inoltre alcuni item, corrispondenti a
specifici sintomi, pesavano di più di altri nel determinare l’alterazione della
capacità decisionale e, nello specifico gli item “disorganizzazione concettuale” e
“scarsa attenzione”. Questi risultati sembrano avvalorare l’ipotesi sopra esposta
31
di un diverso impatto dei sintomi sulla competence a prestare consenso, in
relazione alla gravità degli stessi.
Certamente se si analizzando gli studi sulla competence al consenso in pazienti
con schizofrenia e disturbo bipolare, emerge una chiara eterogeneità nelle abilità
dei pazienti, così come nei gruppi di controllo. Questa eterogeneità sottolinea la
necessità di valutazioni accurate del singolo, dato che la diagnosi categoriale non
corrisponde a un esito preciso sulle abilità decisionali25. Certamente una diagnosi
di schizofrenia non implica a priori, incapacità a prestare consenso.
Per quanto concerne studi specificamente effettuati su campioni di
pazienti minori al momento non vi sono dati di letteratura che abbiano fornito
indicazioni circa la capacità di prestare consenso al trattamento con strumenti di
riconosciuta validità, quali la MacCAT‐T. Nel 2012 Hein e collaboratori26 hanno
pubblicato un articolo metodologico per la valutazione della capacità di prestare
consenso alla ricerca clinica in minori proponendo l’utilizzo della MacCAT‐CR. La
succitata intervista semistrutturata è stata modificata dagli autori per essere
applicata ad un campione di soggetti con età compresa tra i 6 ed i 18 anni. È
interessante come gli autori motivino la necessità dello studio partendo dalla
constatazione che circa il 50% dei farmaci prescritti a minori non è stato testato
esattamente per quell’uso nella specifica fascia di età e di come tale mancanza
sia dovuta all’esclusione di soggetti considerati non in grado di esercitare la
propria decisione di partecipazione al trial in piena autonomia. Al momento non
sono disponibili i risultati di tale ricerca.
32
Un precedente studio pilota27 condotto su un campione di 12 bambini
affetti da ADHD in comorbidità con disturbo della condotta, aveva parimenti
utilizzato la MacCAT‐CR per effettuare una valutazione della capacità di prestare
consenso ad un trial farmacologico. Gli autori hanno evidenziato una buona
concordanza dello strumento tra differenti valutatori, un livello di comprensione
inferiore nei minori rispetto ai genitori ed una sostanziale difficoltà a fornire una
valutazione valida della capacità dei pazienti in assenza di una valutazione ad
hoc. In particolare alcune alterazioni della capacità decisionale comportanti
incapacità emergevano solamente alla valutazione con MacCAT‐CR,
sottolineando ulteriormente la necessità di valutazioni individualizzate.
33
Ipotesi di ricerca ed obiettivi dello studio
Alla luce dell’assenza di dati specifici a riguardo, il presente studio nasce
con lo scopo generale di valutare le capacità decisionali in relazione al consenso
informato in pazienti minori sottoposti ad un trattamento in regime di ricovero
ospedaliero per un disturbo mentale.
La prima ipotesi di ricerca è che uno strumento di comprovata validità
negli adulti, quale la MacCAT‐T sia utilizzabile anche in un setting di tipo
neuropsichiatrico infantile, con conseguente obiettivo di valutarne l’applicabilità
pratica.
La seconda ipotesi, che nasce dalle evidenze scientifiche esistenti su
pazienti psichiatrici adulti, la natura e la gravità dei sintomi di tipo
psicopatologico nonché il funzionamento cognitivo, siano variabili associate alla
capacità di prestare un valido consenso al trattamento anche su un campione di
minori. Inoltre, ulteriore scopo è anche quello di valutare l’impatto dell’età sulla
capacità degli stessi.
Infine si discuterà un’analisi comparativa tra i livelli di capacità decisionale
del campione di minori in esame con quelli di adulti ricoverati parimenti in
regime di ricovero ospedaliero per un disturbo mentale, con metodologia
analoga per quanto concerne la valutazione de decision‐making rispetto al
consenso alle cure, già descritti dal nostro gruppo di ricerca in altri lavori28 29.
34
Materiali e metodi
Il presente studio fa parte di un progetto più ampio finalizzato alla
valutazione della capacità di prestare consenso informato in pazienti affetti da
disturbi mentali trattati in regime di ricovero ospedaliero presso le strutture
psichiatriche e neuropsichiatriche dell’Università di Roma Sapienza.
Nel presente lavoro è stato effettuato l’arruolamento di pazienti minori
ricoverati in regime di degenza presso il reparto di neuropsichiatria infantile del
Policlinico Umberto I sito nel centro dislocato in via dei Sabelli, in Roma.
Sono stati considerati eleggibili i pazienti che, ad un approccio informale
da parte di un membro dello staff curante, si sono resi disponibili ad effettuare
un colloquio al momento previsto per la prima valutazione ed i cui genitori o
legali rappresentati, hanno prestato consenso alla partecipazione al presente
protocollo di ricerca. La diagnosi di ingresso non ha costituito un fattore di
inclusione o di esclusione. I dati relativi al presente studio si riferiscono quindi
esclusivamente ai pazienti che si sono resi disponibili ad effettuare un colloquio
clinico di valutazione psicopatologica.
Procedura e strumenti di valutazione
Il protocollo dello studio è stato esaminato ed approvato dal Comitato
Etico del Policlinico Umberto I di Roma.
35
I medici dello studio hanno effettuato un primo colloquio preliminare con
i medici del reparto per valutare la possibilità di arruolamento dei pazienti. Una
volta considerati eleggibili i pazienti sono state esaminate, assieme allo staff
curante, le cartelle cliniche degli stessi e sono stare raccolte informazioni
anamnestiche dai curanti finalizzate ad una preliminare rappresentazione delle
informazioni da fornire nel corso dell’intervista per la valutazione della capacità
decisionale, compresa l’attuale terapia somministrata che in alcun modo è stata
condizionata dai membri dello studio. Successivamente la finalità dello studio è
stata discussa preliminarmente con i genitori o i legali rappresentanti dei minori,
quindi con i pazienti stessi. Nel caso di dubbi o incertezze le informazioni circa la
natura dello studio sono state fornite nuovamente. Tutti i pazienti inizialmente
approcciati hanno acconsentito a partecipare allo studio.
I soggetti sono stati quindi valutati attraverso la MacCAT‐T
preliminarmente, quindi attraverso gli ulteriori strumenti di seguito descritti. Le
diagnosi psichiatriche sono state effettuate in accordo con i criteri del Manuale
Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, IV edizione” dell’American
Psychiatric Association30, dallo staff curante e revisionate dai medici dello studio.
Capacità di prestare consenso al trattamento, MacCAT‐T
La MacCAT‐T21 è un’intervista semi strutturata che costituisce lo standard
per la valutazione della capacità di prestare consenso al trattamento. Tutte le
valutazioni sono state effettuate da 3 medici in formazione specialistica presso la
scuola di specializzazione in neuropsichiatria infantile, già precedentemente
36
inseriti in un percorso di formazione sulla somministrazione della scala. Tale
percorso ha previsto sedute di somministrazione con un trainer esperto in
valutazioni cliniche e forensi con ottenimento di una ottima concordanza tra
valutatori.
Come previsto dal manuale della MacCAT‐T. Sono state valutate 4
dimensioni relative alla capacità di decidere in relazione al trattamento,
utilizzando I punteggi ottenuti alle rispettive sottoscale della versione italiana
della MacArthur Competence Assessment Tool for Treatment (MacCAT‐T) 7,. Le
sottoscale includono:
1) Comprensione: l’abilità di comprendere le informazioni che sono
fornite al paziente in relazione alla diagnosi, alle caratteristiche del disturbo, al
tipo di trattamento, ai rischi e benefici dello stesso. Questa sottoscala ha un
punteggio variabile tra 0 (nessuna comprensione) e 6 (comprensione completa).
2) Valutazione: l’abilità di valutare il significato delle informazioni che
sono fornite in relazione alla propria condizione attuale, in particolare si
apprezza la valutazione che il paziente dà del disturbo (punteggio massimo 2), e
quella della terapia proposta (punteggio massimo 2). Il punteggio è attribuito in
base a quanto il paziente concorda o meno su quando riferito dai medici (0: non
concorda; 1: riconosce di manifestare il disturbo ed alcuni dei sintomi comunicati
ma non altri e quelli non riconosciuti sono fondamentali per la comprensione del
disturbo e della sua terapia; 2: riconosce che manifesta il disturbo che è stato
comunicato, e tutti o la maggior parte dei sintomi comunicati, oppure non
37
concorda con quanto detto, ma offre motivi non deliranti e che hanno una
spiegazione razionale). Il punteggio della sottoscala va da 0 a 4.
3) Ragionamento: l’abilità di manipolare le informazioni rilevanti
all’interno di un processo logico‐razionale, ad esempio ipotizzando delle
conseguenze nella vita di tutti i giorni o comparando gli effetti alternativi di una
scelta piuttosto che di un’altra, o di un farmaco in sostituzione di un altro. La
sottoscala è composta da 4 item: a) ragionamento consequenziale (punteggio 0‐
2); b) ragionamento comparativo (0‐2); c) deduzione di conseguenze (0‐2); d)
coerenza logica (0‐2). Il punteggio della sottoscala va da 0 ad un massimo di 8.
4) Espressione di una scelta: l’abilità di arrivare a comunicare una scelta
che riguarda il trattamento proposto in modo chiaro e derivante dal precedente
ragionamento logico, in tal caso di attribuiscono 2 punti. Se la scelta è
ambivalente o il paziente esprime più scelte in modo non chiaro si attribuisce il
punteggio di 1, mentre se non è in grado di esprimere alcuna scelta si attribuisce
0. Il punteggio della sottoscala va da 0 a 2.
Analogamente ad altri Autori che hanno utilizzato lo strumento, e
concordemente con lo scopo con cui è stato creato, non è stato utilizzato un
punteggio totale nelle analisi, ma ci si è focalizzati sui punteggi delle sottoscale.
Tale approccio è giustificato dal fatto che, per come è strutturata la scala, un
deficit in una dimensione si può tradurre in un giudizio di incapacità anche se
altre dimensioni risultano intatte.
38
La MacCAT‐T è stata somministrata all’interno di un’intervista
semistrutturata effettuata da un unico valutatore esperto in colloqui psichiatrico‐
forensi, in cieco rispetto alle valutazioni psicopatologiche, coadiuvato da uno
specialista psichiatra e da uno specialista in formazione. Si è scelto di ammettere
la ripetizione delle informazioni comunicate sino ad un massimo di 1 volta oltre
la prima. L’equipe di valutazione della capacità decisionale era sempre
indipendente dalla equipe terapeutica. Preliminarmente al colloquio di
valutazione si è proceduto sistematicamente a concordare le informazioni
relative alla diagnosi ed alle caratteristiche del disturbo con i medici curanti,
onde evitare di fornire informazioni discordanti. Le informazioni fornite
relativamente al trattamento erano sempre corrispondenti alla terapia assunta al
momento del colloquio dal paziente e decisa dalla equipe clinica.
Si è sempre proceduto a spiegare al paziente che era intenzione dei medici
effettuare un colloquio su base volontaria per spiegare la natura del ricovero
chiarire a riguardo quali fossero i motivi che lo avevano determinato, le
caratteristiche del disturbo, della terapia, e sapere cosa il paziente pensasse degli
stessi.
Brief Psychiatric Rating Scale –expanded, (BPRS‐24)
La versione originale della BPRS è stata sviluppata da Overall and Gorham
nel 1962 31, ed era costituita da 16 item selezionati a partire da un numero molto
maggiore di item tratti dall’ “Inpatient Multidimensional Psychiatric Scale” (Lorr,
39
Klett, McNair, & Lasky, 1962), sulla base di un’analisi fattoriale. Successivamente
Overall (1974) ha aggiunto 2 item costituendo la BPRS a 18 item. La BPRS è uno
strumento molto utilizzato in clinica per valutare rapidamente una serie di
dimensioni psicopatologiche. Nel 1986 Lukoff, Nuechterlein, and Ventura 32
hanno introdotto 6 nuovi item creando la versione della BPRS nota come
Expanded.
Questa versione è stata ideata con lo scopo di migliorare la valutazione di
sintomi di tipo affettivo; è stato inoltre redatto un manuale che comprende
definizioni dettagliate di tutti gli item e relativi anchor‐point. La versione a 24
item ha mostrato migliori caratteristiche psicometriche di affidabilità e validità33.
Per quanto riguarda la struttura fattoriale della scala, nello studio si è fatto
riferimento ad una struttura a quattro fattori, che ad oggi sembra essere la più
valida psicometricamente in pazienti con schizofrenia. Sono state utilizzate le
caratteristiche fattoriali proposte in uno studio multicentrico internazionale da
Ruggeri e collaboratori34, facendo riferimento ai dati relativi al campione italiano
(Tabella 3). Dal momento che la struttura fattoriale della scala non è
universalmente riconosciuta e può variare all’interno di campioni differenti, nei
diversi studi, sono stati calcolati anche i punteggi sui singoli fattori utilizzando la
struttura fattoriale proposta da Velligan e collaboratori 33 (Tabella 4).
Tabella 3. Struttura fattoriale e rispettivi item BPRS‐24 relativi ad un campione
(N=103) di pazienti affetti da schizofrenia
Dimensioni, (Ruggeri et al. 34) I tem BPRS
1) Mania-eccitamento 6, 12, 13, 21, 22, 23
2) Ansia-depressione 1, 2, 3, 4 , 5, 19
40
3) Sintomi negativi 13, 20, 24, 14, 16, 17, 18
4) Sintomi positivi 8, 9, 10, 11, 15
Tabella 4 Struttura fattoriale e rispettivi item BPRS‐24 relativi ad un campione
(N=1440) di pazienti psichiatrici ambulatoriali
Dimensioni, (Velligan et al. 33) I tem BPRS
1) Depressione/ansia: 1, 2, 3, 4 , 5, 6, 9
2) Attivazione 7, 8, 12, 15, 19, 21, 22, 23, 24
3) Rallentamento 14, 16, 17, 18, 20, -21
4) Psicosi 8, 9, 10, 11, 12, 15
Youth Self‐Report
Si tratta di un questionario autosomministrato dal paziente, riconosciuto
a livello internazionale quale strumento di screening per valutare il livello di
funzionamento emotivo/adattivo, psicopatologia e per la capacità di identificare
aree di funzionamento problematiche in minori di età compresa tra 11 e 18
anni35.
Il questionario è composto da 112 item; il formato di risposta è del tipo
Likert a 3 posizioni (0=assente, 1= talvolta, 2=spesso). Le sottoscale sono:
Ansia/Depressione, Ritiro sociale, Lamentale somatiche, Problemi sociali,
Problemi del pensiero, Problemi dell’attenzione, Comportamento delinquenziale.
41
Il periodo di riferimento dell’intervista risale sino a 6 mesi precedenti la
valutazione.
La scale sopra riportate sono raggruppate sinteticamente andando a
costituire le scale sindromiche esternalizzanti (Comportamento Deviante,
Comportamento Aggressivo), internalizzanti (Ritiro, Lamentele Somatiche,
Ansia/Depressione), né internalizzanti né esternalizzanti (Problemi Sociali,
Problemi di Attenzione, Problemi del Pensiero)
Children’s Global Assessment Scale (CGAS)
La Children’s Global Assessment Scale36 è tra gli strumenti più utilizzati
per una rapida valutazione globale del funzionamento nell’infanzia. Nasce come
versione adattata all’infanzia della Health Sickness Rating Scale messa a punto da
Luborsky e Bachrach nel 1974 per la popolazione adulta. Presenta analogie con la
scala VGF del DSM‐IV‐TR proponendo una valutazione con un punteggio da 1 a
100 con relativi anchor point. La scala è incentrata sulla valutazione del
funzionamento in specifiche aree e sulla relativa disabilità indipendentemente
dalla diagnosi.
WISC‐III ‐ Wechsler Intelligence Scale for Children
Il funzionamento cognitivo dei pazienti reclutati è stato valutato attraverso la
Wechsler Intelligence Scale for Children (WISC‐III)37, versione italiana. La scala è
costituita da 12 subtest i cui punteggi combinati forniscono 3 punteggi di QI: il totale il
42
QI verbale ed il QI di performance. I subtest sono i segenti: Completamento di figure,
Informazione, Cifrario, Somiglianze, Riordinamento di storie figurate, Ragionamento
aritmetico, Disegno con i cubi, Vocabolario, Ricostruzione di oggetti, Comprensione,
Ricerca di simboli, Memoria di cifre, Labirinti.
Il test è caratterizzato da buone caratteristiche psicometriche con elevate split‐
half reliability e test‐retest reliability. La valutazione cognitiva è stata effettuata da due
valutatori esperti che non erano a conoscenza dei punteggi ottenuti alle altre scale di
valutazione.
La WISC‐III italiana38 è stata standardizzata su un campione di riferimento
costituito da 2200 soggetti divisi in 11 gruppi di età dai 6 ai 16 anni. La composizione
numerica di ciascun gruppo è di 200 soggetti con un ugual numero di maschi e femmine.
43
Analisi statistica
Le analisi statistiche sono state effettuate tramite lo Statistical Software
Package for Social Sciences (SPSS) per Windows versione 17.0. Per valutare la
normalità della distribuzione delle variabili è stato utilizzato il test di
Kolmogorov‐Smirnov Le analisi di correlazione sono state condotte tramite il
coefficiente rho di Spearman, o tramite il coefficiente di correlazione di Pearson,
quando appropriato.
Per individuare se vi fossero differenze nella competence a prestare
consenso, nelle differenti categorie diagnostiche, è stata effettuata tramite
un’analisi della varianza (ANOVA) o test H di Kruskal‐Wallis, in base alla natura
del dato.
I confronti tra variabili numeriche di tipo continuo sono stati effettuati tramite
test t di Student o test U di Mann‐Whitney, quando appropriato. I confronti tra
variabili numeriche discrete sono stati effettuati tramite test delle mediane.
Per valutare il contributo relativo di variabili cliniche sulla capacità di decidere
sono stati costruiti dei modelli di regressione lineare multipla con metodo di
selezione delle variabili stepwise. Per ogni modello sono riportati il coefficiente di
regressione non standardizzato () ed il relativo intervallo di confidenza al 95%, il
44
coefficiente di regressione standardizzato, il valore R2 di Cox e Snell del modello,
la p del modello (ANOVA).
Per tutte le analisi è stato utilizzato un livello pari al 5%, tutte le analisi si
intendono a due code.
45
Risultati
Sono stati reclutati 22 pazienti minori ricoverati presso il reparto della
U.O.C. Neuropsichiatria Infantile del Policlinico “Umberto I” di Roma, in un
periodo di 8 mesi. Le caratteristiche sociodemografiche e cliniche del campione
sono riportate in Tabella 5.
Tabella 5. Caratteristiche sociodemografiche e cliniche
N (totale) 22
Età, anni, media (DS) 15,8 (1,6)
Età, anni, min / max 11,4 / 18,0
Genere, M / F, n (%) 15 / 7 (68,2/31,8)
Attuale abbandono degli studi n (%) 4 (18,2)
Stato socio economico familiare n (%)
Basso
Medio
Alto
6 (27,3)
13 (59,1)
3 (13,6)
Prima ospedalizzazione n (%) 17 (77,3)
Durata ospedalizzazione all’osservazione, giorni, media (DS), range
38,7 (30,0) 15−111
BPRS, media (DS), range 45,3 (9,3) 28−64
CGAS attuale, media (DS), range 45,6 (12,3), 31−85
In Tabella 6 sono riportate le distribuzioni di frequenza per diagnosi, che
sono state raggruppate in 3 categorie ai fini dell’analisi dei dati (disturbi
dell’umore, disturbi di personalità, psicosi) in ragione della natura del campione.
46
Tabella 6. Categorie diagnostiche del campione
Diagnosi (DSM-IV-TR) n (%)
Psicosi 5 (22,7)
Disturbi dell’umore 13 (59,1)
30,1% dist. bipolare
Disturbo di personalità 4 (18,2)
Sono state indagate possibili differenze di genere nei punteggi di età,
durata di ospedalizzazione, BPRS, YRS problematiche internalizzanti ed
esternalizzanti, CGAS e non sono emerse differenze significative tra maschi e
femmine in tale analisi.
L’esito della valutazione neuropsicologica su tutto il campione è riportato
in Tabella 7. È emersa una discreta variabilità nei punteggi QI all’interno del
campione di minori ospedalizzati. Tre soggetti presentavano un QI inferiore a 70
(69, 68, 61), di questi solamente uno, affetto peraltro da disturbo
schizofreniforme, è stato considerato anche affetto da ritardo mentale lieve
(maschio di 16 anni), in accordo con i criteri del DSM‐IV‐TR. Un soggetto
(femmina, 16 anni, disturbo bipolare I più recente eccitamento) ha totalizzato un
punteggio QIT elevato, pari a 139.
Tabella 7. Funzionamento cognitivo (WISC‐III)
WISC-III Media (DS), range
Completamento di f igure 10,3 (3,6)
Informazione 8,6 (3,5)
47
Cifrar io 7,2 (3,3)
Somigl ianze 10,4 (3,5)
Riordino di s tor ie f igurate 8,7 (3,2)
Ragionamento ar i tmet ico 8,3 (3,5)
Disegno con cubi 8,7 (2,4)
Vocabolar io 10,3 (3,4)
Ricostruzione di oggett i 8,5 (3,9)
Comprensione 9,8 (3,4)
QI verbale 98,2 (22,6), 63-140
QI performance 92,5 (17,8), 61-130
QI totale 95,0 (20,9), 61−139
I livelli di sintomatologia soggettiva valutati dai pazienti attraverso gli item della
YRS sono riportati in Tabella 8.
Tabella 8. Punteggi Youth Self‐report (YRS) del campione di minori ospedalizzati
Item Youth self-report Media (DS)
Ansia/Depressione 69,0 (12,6)
Ritiro sociale 69,1 (11,6)
Lamentale somatiche 65,4 (10,9)
Problemi sociali 61,6 (11,2)
Problemi del pensiero 66,7 (11,7)
Problemi dell’attenzione 66,6 (10,4)
Comportamento delinquenziale 63,8 (11,7)
Comportamento aggressivo 65,5 (12,5)
Scale sindromiche esternalizzanti 63,5 (14,2)
Scale sindromiche internalizzanti 68,8 (11,3)
Né internalizzanti né esternalizzanti 67,2 (12,3)
48
Per una migliore comprensione della natura delle terapie assunte dai
minori, e del relativo processo decisionale in relazione al consenso, si riportano il
farmaco o le associazioni farmacologiche prescritte dai curanti ed assunte dai
soggetti. Oltre l’ottanta percento (81,2%) del campione presentava una
prescrizione di un’associazione tra 2 psicofarmaci.
Il 45,5% del campione era trattato con un antipsicotico di II generazione, il
13,6% con un antipsicotico di I generazione. Il 45,5% del campione riceveva un
trattamento con un farmaco antiepilettico ad azione di stabilizzatore del tono
dell’umore o carbonato di litio. Il 18% era in trattamento anche con una
benzodiazepina. Il 32 % riceveva un farmaco antidepressivo del tipo inibitore
selettivo della ricaptazione della serotonina.
Tabella 9. Farmacoterapia prescritta ai minori
pz Antipsicotico
(I gen) Antipsicotico
(II gen.) Stabilizzatore umore Antidepress. BZD
1 Citalopram Alprazolam
2 Olanzapina Litio carbonato
3 Valproato di sodio
4 Valproato di sodio Venlafaxina
5 Quetiapina Carbamazepina
6 Valproato di sodio Alprazolam
7 Aripiprazolo Lorazepam
8 Aloperidolo Aripiprazolo
9 Aripiprazolo
10 Olanzapina Valproato di sodio
11 Citalopram Alprazolam
12 Escitalopram
13 Sertralina
14 Citalopram
15 Olanzapina
16 Quetiapina Valproato di sodio
17 Fluoxetina
18 Quetiapina Valproato di sodio
49
19 Promazina Olanzapina
20 Aloperidolo Carbamazepina
21 Fluoxetina
22 Quetiapina Oxcarbazepina
La capacità di prestare consenso informato al trattamento effettivamente
assunto e prescritto dal team curante è sintetizzato in Tabella 10, secondo la
suddivisione delle sottoscale della MacCAT‐T.
Tabella 10. Capacità decisionale rispetto al consenso al trattamento, MacCAT‐T
Dimensioni MacCAT-T (range possibile) Media (DS) Range
Comprensione (0 – 6) 4,4 (1,2) 1,9−6
Valutazione (0 – 4) 2,7 (1,1) 0−4
Ragionamento (0 – 8) 4,6 (2,1) 1−8
Espressione di una scelta (0 – 2) 1,5 (0,6) 0−2
La distribuzione dei valori relativa alle sottoscale della MacCAT‐T è
risultata normale per le scale comprensione, valutazione e ragionamento, al
contrario della scala espressione di una scelta.
Non sono state evidenziate differenze significative nella competence a
prestare consenso informato nei diversi gruppi diagnostici, come misurato dalle
4 dimensioni MacCAT‐T. Parimenti non sono emerse differenze significative, tra
gruppi diagnostici, nell’intensità dei sintomi psicopatologici obiettivati dal
valutatore (BPRS totale) né sulle scale sindromiche della YSR (Tabella 11).
50
Tabella 11. Punteggi medi MacCAT‐T, BPRS e YRS nei diversi gruppi diagnostici
Disturbi
dell’umore (n=13) Disturbi di
personalità (n=4) Psicosi
(n=5) p
MacCAT-T Comprensione
4,5 (1,1) 4,4 (1,5) 4,0 (1,6) ns1
MacCAT-T Valutazione
2,8 (1,1) 2,7 (0,5) 2,4 (1,6) ns1
MacCAT-T Ragionamento
5,0 (2,1) 4,7 (1,5) 3,6 (2,7) ns1
MacCAT-T Espressione di una scelta
1,5 (0,7) 1,5 (0,5) 1,8 (0,4) ns2
BPRS totale 43,2 (8,4) 43,2 (7,9) 52,4 (10,8) ns1
YRS internalizzanti
69,6 (11,3) 72,5 (10,9) 63,8 (12,4) ns1
YRS esternalizzanti
65,6 (14,8) 67,5 (7,6) 55,2 (15,7) ns
Punteggi espressi come Media (DS); 1 ANOVA; 2 test di Kruskal-Wallis
Tabella 12. Correlazioni tra punteggi WISC‐III e MacCAT
WISC-III
MacCAT-T
Comprensione
MacCAT-T
Valutazione
MacCAT-T
Ragionamento
MacCAT-T
Espressione di una scelta
Completamento di f igure 0,568* 0,076 0,448 0,24
Informazione 0,611** 0,335 0,637** 0,361
Ci frar io 0,378 0,319 0,339 0,156
Somigl ianze 0,626** 0,292 0,518* 0,409
Riordino di s tor ie f igurate
0,374 0,081 0,287 -0,144
Ragionamento ar i tmet ico 0,596** 0,129 0,429 0,271
Disegno con cubi 0,527* 0,371 0,750** 0,054
51
Vocabolar io 0,617** 0,105 0,446 0,099
Ricostruzione di oggett i 0,439 -0,048 0,254 -0,187
Comprensione 0,504* -0,035 0,384 0,328
QI performance 0,723** 0,280 0,592** 0,170
QI verbale 0,599** 0,210 0,522* 0,450
QI totale 0,680** 0,215 0,532* 0,270
Nota. * p < 0,05; **p<0,01 rho di Spearman
In Tabella 12 è riportata l’analisi di correlazione tra i punteggi relativi alla
capacità di prestare consenso al trattamento e la valutazione cognitiva effettuata
tramite WISC‐III. Il test rho di Spearman ha evidenziato una correlazione
significativa tra i punteggi totali WISC (QIT, QIV, QIP) e la capcità di comprendere
e ragionare circa il proprio trattamento così come misurato attraverso la
MacCAT‐T.
La successiva analisi di correlazione tra gravità di sintomi psicopatologici e
sottoscale della MacCAT‐T è riportata in Tabella 13. L’analisi è stata condotta
considerando solamente i punteggi dimensionali calcolati facendo riferimento ad
un modello a 4 fattori. L’unica dimensione psicopatologica che ha mostrato
un’associazione significativa con la capacità di prestare consenso è stata quella
“mania/eccitamento” essendo emersa una correlazione negativa con la capacità
di comprensione degli aspetti relativi alla diagnosi ed al trattamento della
patologia da cui è affetto il paziente.
52
L’analisi di correlazione tra capacità di prestare consenso e valutazione
soggettiva della sintomatologia del paziente, misurata tramite YRS, è riportata in
Tabella 14. Di interesse è emersa l’unica associazione negativa tra la dimensione
espressione di una scelta della MacCAT‐T con la scala sindromica internalizzante
della YRS (p<0,05). A punteggi maggiori alla scala sindromica esternalizzante
della YRS sono altresì corrisposti punteggi inferiori alla sottoscale comprensione
della MacCAT‐T.
Al fine di verificare con una diversa metodologia l’esistenza di una
associaizone tra variabili cliniche e punteggi MacCAT‐T è stata effettuata
un’analisi di regressione lineare multipla utilizzando come variabili indipendenti
introdotte nel modello esclusivamente quelle risultate significative, e ritenute
più utili, alle precedenti analisi di correlazione semplice: WISC QI di performance
e verbale, BPRS mania / eccitamento, YRS esternalizzanti. È stata inoltre
introdotta l’età per ulteriore verifica data la potenziale importanza nel campione
in oggetto. Sono stati quindi creati due modelli di regressione lineare multipla
finalizzati ad individuare i perditori migliori della performance alla comprensione
ed al ragionamento della MacCAT‐T. Si è volutamente omesso di effettuare
modelli sulle scale valutazione e espressione di una scelta dato che all’analisi
iniziale non erano emerse associazioni significative. Entrambi i modelli di
regressione effettuati hanno mostrato risultati significativi ed interpretabili.
Il modello di regressione relativo alla comprensione (MacCAT‐T) è
sintetizzato in Tabella 15. L’analisi stepwise, utilizzata in questo caso data la
natura e la numerosità del campione per individuare i migliori predittori ha fatto
53
emergere un modello statisticamente significativo comprendente, come unico
predittore il punteggio WISC QI verbale.
Il secondo modello di regressione lineare multipla, che ha utilizzato le
medesime variabili indipendenti e i punteggi MacCAT ragionamento, quale
variabile dipendente, ha fornito anch’esso un risultato significativo ed
interpretabile, con unico predittore costituito dai punteggi WISC QI performance.
Tabella 13 Correlazioni tra punteggi dimensionali BPRS e MacCAT
B.P.R.S.
MacCAT-T
Comprensione
MacCAT-T
Valutazione
MacCAT-T
Ragionamento
MacCAT-T
Espressione di una scelta
Ansia depressione -0,007 0,196 0,199 -0,119
Mania / eccitamento -0,498* -0,861 -0,372 -0,166
Sintomi positivi -0,189 -0,161 -0,251 -0,155
Sintomi negativi -0,107 -0,226 -0,396 -0,196
BPRS totale -0,25 0,38 -0,15 -0,12
Nota. In neretto le correlazioni significative. p calcolata con rho di Spearman. * <0,05; 1p=0,08
Tabella 14 Correlazioni tra punteggi YSR e MacCAT
Youth Self Report
MacCAT-T
Comprensione
MacCAT-T
Valutazione
MacCAT-T
Ragionamento
MacCAT-T
Espressione di una scelta
Internalizzanti -0,80 -0,178 -0,078 -0,434*
Esternalizzanti -0,469* 0,104 -0,79 -0,322
Né internalizzanti né esternalizzanti -0,323 -0,112 -0,100 -0,481*
Nota. In neretto le correlazioni significative. p calcolata con rho di Spearman. * <0,05
54
Tabella 15. Regressione lineare multipla, predittori di MacCAT‐T comprensione
Coefficiente di regressione
non standardizzato
Intervallo di confidenza 95%
per
Coefficiente di regressione
standardizzato p <
WISC verbale 0,036 0,015 – 0,057 0,668 0,002
Nota. Variabili introdotte nel modello: età, WISC verbale, WISC performance, BPRS mania, YRS esternalizzanti. R2 di Cox e Snell= 0,447; F=12,9; p<0,02; Metodo di selezione stepwise.
Tabella 16. Regressione lineare multipla, predittori di MacCAT‐T ragionamento
Coefficiente di regressione
non standardizzato
Intervallo di confidenza 95%
per
Coefficiente di regressione
standardizzato p <
WISC performance 0,07 0,013 – 0,126 0,548 0,02
Nota. Variabili introdotte nel modello: età, WISC verbale, WISC performance, BPRS mania, YRS esternalizzanti. R2 di Cox e Snell= 0,257; F=6,9; p<0,02; Metodo di selezione stepwise.
55
Discussione
Il presente studio condotto su un campione di 22 minori di età compresa
tra 11 e 18 anni ricoverati in regime di degenza ospedaliera per un disturbo
mentale ha evidenziato, quale primo risultato, l’applicabilità clinica della
MacCAT‐T a questa specifica popolazione. Tale evidenza è la prima presente in
letteratura scientifica, in una popolazione di minori, e consente di suggerire
l’espletamento di studi analoghi su campioni più ampi ed in setting clinici
differenti, con una metodologia analoga.
Come inizialmente previsto, e contrariamente a quanto proposto da altri
autori per la versione finalizzata alla ricerca clinica della scala (MacCAT‐CR), non
sono state necessarie modifiche a quanto previsto dal manuale della MacCAT‐T.
Ciò, probabilmente, anche in ragione della minore complessità e del minor
numero di item della MacCAT‐T rispetto alla MacCAT‐CR. Al momento, tuttavia,
la scarsità di dati in letteratura a riguardo non consente di trarre conclusioni
definitive.
L’analisi dei punteggi assoluti relativi alla misurazione della capacità di
prestare consenso al trattamento nel nostro campione di minori ha lasciato
emergere, compatibilmente con quanto noto nella popolazione adulta, una
significativa variabilità nei punteggi realizzati, nelle diverse sottoscale. Tale
variabilità non è apparsa essere in alcun modo associata alla diagnosi psichiatrica
56
confermando, anche nella specifica popolazione, un’evidenza nota su pazienti
adulti. Parimenti, la gravità complessiva della sintomatologia psichiatrica,
valutata dall’esaminatore attraverso uno strumento standardizzato quale la BPRS
v.4.0, non ha lasciato emergere associazioni significative con i punteggi di
capacità decisionale ad eccezione della dimensione mania / eccitamento (Tabella
13). Nella fattispecie soggetti con maggiore componente eccitativa hanno
dimostrato una capacità di comprensione delle informazioni disvelate riguardanti
diagnosi e trattamento, compresi rischi e benefici dello stesso, significativamente
minori (rho=‐0,498, p<0,05). È emerso peraltro un trend di significatività tra la
stessa dimensione ed una minore capacità di valutare adeguatamente diagnosi e
trattamento (risultato meritevole di verifica su un campione più ampio).
L’impatto preminente della sintomatologia ascrivibile alla dimensione
mania/eccitamento sulla diminuzione della capacità decisionale è in linea con i
dati di letteratura su pazienti psichiatrici adulti in fase di scompenso acuto, sia
del nostro gruppo di ricerca (Mandarelli et al., 201428) che di altri (Howe et al.,
200424).
Effettuando un confronto con i punteggi MacCAT‐T di un campione di
pazienti adulti ricoverati in regime volontario presso un Servizio Psichiatrico di
Diagnosi e Cura28, valutati analogamente al campione del presente studio tramite
MacCAT‐T, emergono livelli di capacità decisionale paragonabili. Tale confronto
va letto anche alla luce del fatto che i soggetti adulti in paragone erano stati
ritenuti dal team curante pienamente capaci, dal punti di vista clinico, di prestare
un valido consenso al trattamento. In altre parole i nostri dati sembrerebbero
57
indicare che i minori non presentano inferiore capacità decisionale rispetto al
trattamento rispetto a soggetti adulti in condizioni psicopatologiche
paragonabili. Tale confronto deve ulteriormente considerare come l’analisi quali‐
quantitativa del tipo di terapie prescritte dal team curante ai minori reclutati nel
presente studio è altresì paragonabile alla terapia che sarebbe prescritta ad un
adulto.
Figura 1. Confronto nei punteggi MacCAT‐T tra pazienti adulti e minori trattati in regime di ricovero per un disturbo mentale e soggetti di controllo sani (Dati adulti da Mandarelli et al. 2014, minori: campione del presente studio, controlli da Palmer et al 200422)
A tal riguardo val la pena segnalare l’importante quota di prescrizioni off‐
label rilevata nel presente studio, anch’essa in linea con i pochi dati a riguardo
presenti in letteratura4,5.
Uno dei risultati che riteniamo di maggiore interesse ed, al momento del
tutto originale, è l’associazione tra specifiche variabili neuropsicologiche
58
misurate tramite WISC‐III ed la capacità decisionale rispetto al consenso al
trattamento. In particolare, sia le analisi di correlazione che quelle di regressione
lineare multipla controllate per i principali fattori di confondimento, hanno fatto
emergere le variabili neuropsicologiche come quelle maggiormente associate alla
capacità decisionale rispetto al trattamento. In particolare la regressione lineare
multipla condotta sulle scale comprensione e ragionamento hanno evidenziato
una forte associazione della prima con i punteggi di QI verbale e, per la seconda,
con i punteggi di QI di performance.
Questi dati, nuovamente, sembrano confermare la relativa maggiore
importanza delle variabili di tipo cognitivo rispetto a quelle di tipo
psicopatologico nell’interferenza con i processi decisionali sottesi al consenso al
trattamento. L’analisi dei subtest della WISC‐III (Tabella 12) ha evidenziato una
correlazione tra diversi subtest e le sottoscale comprensione e ragionamento
della MacCAT‐T. Il risultato negativo sulle altre due scale, probabilmente
dipendente anche dalla natura psicometrica delle stesse (comprendenti meno
item delle altre 2) è peraltro frequente in studi analoghi oltre a poter dipendere
da un errore statistico di tipo II nel nostro studio.
I subtest informazione, somiglianze e vocabolario hanno presentato valori
di correlazione particolarmente elevati > 0,6 al rho di Spearman (p<0,01),
rispetto alla capacità di comprensione MacCAT‐T. Tale risultato può essere
interpretato sottolineando l’importanza delle funzioni neuropsicologiche da essi
valutati rispetto a tale outcome, con particolare riferimento alla capacità di
discernimento, confronto, memoria verbale e visuospaziale, definizione.
59
Il subtest disegno con cubi ha presentato una correlazione
particolarmente elevata (rho= 0,75, p<0,01) con la capacità di ragionamento
rispetto al trattamento, assieme agli item informazione e somiglianze. Tale
risultato sottolinea l’importanza dei meccanismi di concettualizzazione non
verbale, di capacità di effettuare pensiero concreto ed astratto, nonché le abilità
di pianificazione ed organizzazione generale. Le funzioni esecutive, in
un’ulteriore analogia rispetto a quanto noto per gli adulti (Mandarelli et al.,
20122929), sembrano quindi giocare un ruolo preminente a riguardo.
Prima di concludere è opportuno rilevare alcuni limiti del presente studio.
La ridotta grandezza del campione, anche legata alla complessità del protocollo,
come già accennato potrebbe essere associata ad errori statistici di tipo II. La
natura non multicentrica, inoltre, richiede la conferma dei risultati ottenuti in
setting clinici di tipo differente e con soggetti minori trattati anche in regime
semi‐residenziale ed ambulatoriale.
60
Conclusioni
La capacità decisionale di fornire consenso informato alle cure è
validamente valutabile in pazienti minori ricoverati in regime di degenza
ospedaliera per un disturbo mentale attraverso la MacCAT‐T.
I livelli di capacità decisionale dei minori rispetto ad un trattamento
psicofarmacologico ospedaliero risultano non inferiori a quelli ottenuti da un
campione di adulti ricoverati in SPDC, in trattamento volontario. Il dato, se
confermato da studi più ampi, presenta importanti implicazioni costituendo un
presupposto scientifico alla maggiore partecipazione dei minori ai processi
decisionali che riguardano le rispettive cure.
I minori nel presente studio erano trattati con elevata frequenza con
associazioni farmacologiche di farmaci approvati per adulti, con modalità off‐
label.
La capacità di prestare consenso al trattamento è risultata indipendente
dalla condizione diagnostica e fortemente associata, al contrario, a variabili di
tipo neuropsicologico. Il funzionamento esecutivo, la capacità di recepire e
ritenere informazioni dall’ambiente circostante, le abilità di pensiero concreto ed
astratto, la padronanza verbale, nonché la capacità di pianificazione ed
organizzazione, costituiscono variabili fortemente associate alla capacità di
decidere delle proprie cure, in bambini ed adolescenti affetti da un disturbo
mentale grave.
61
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