tempo biologico e tempo numerico nella scienza la memoria .... 4 - percezione e definizione...

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tempo biologico e tempo numerico nella scienza Non appena si stabilisce il contatto di un nuovo essere con il mondo esterno, i suoi geni attivano un organo, la memoria, appositamente costruito durante lo sviluppo dell’embrione. Quest’organo ha funzione di registro degli eventi e come tale, prevede che la registrazione avvenga mediante trasformazioni irreversibili. Essa agisce come una cinepresa sempre accesa, che viene orientata verso il mondo esterno per poter registrare tutto ciò che accade, senza alcun comando volontario. Questo organo non rappresenta il tempo, ma crea le condizioni da cui deriva la consapevolezza della sua esistenza. Essendo geneticamente previsti una costante ed ininterrotta attività della sua memoria, la quale ha un funzionamento indipendente dalla sua volontà, risulta impossibile per un individuo ignorarne la presenza o renderla inattiva anche per un solo momento. Eproprio da questa impossibilità che deriva linarrestabilità del nostro tempo, con limpressione conseguente che esso, pur appartenendoci, ci sfugga come se fosse da noi indipendente. Da quanto abbiamo esposto, sembrerebbe proprio che l’esistenza del tempo debba avere una origine genetica. Ebbene, nella realtà questo non è rigorosamente vero, in quanto i geni hanno semplicemente fornito all’individuo un nuovo apparato materiale per dargli la possibilità di trarre vantaggi, da ogni situazione presente, richiamando la registrazione degli eventi già vissuti. Il tempo, come noi lo intendiamo nel linguaggio comune, viene invece avvertito come una entità affatto materiale, mentre i geni non sono in grado di organizzare assolutamente nulla che non sia materia e per la precisione le proteine che essi stessi hanno generato. Il tempo è dunque una nostra creazione, che deriva unicamente dalla elaborazione, da parte del cervello, dei dati registrati in memoria. Esso è, in definitiva, solo pensiero, una pura secrezione del cervello. 17 1

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Page 1: tempo biologico e tempo numerico nella scienza la memoria .... 4 - Percezione e definizione del... · In altre parole, il futuro, per gli esseri viventi, non è altro che la proiezione

– tempo biologico e tempo numerico nella scienza

Non appena si stabilisce il contatto di un nuovo essere con il mondo esterno,

i suoi geni attivano un organo, la memoria, appositamente costruito durante

lo sviluppo dell’embrione.

Quest’organo ha funzione di registro degli eventi e come tale, prevede che la

registrazione avvenga mediante trasformazioni irreversibili.

Essa agisce come una cinepresa sempre accesa, che viene orientata

verso il mondo esterno per poter registrare tutto ciò che accade,senza

alcun comando volontario.

Questo organo non rappresenta il tempo, ma crea le condizioni da cui

deriva la consapevolezza della sua esistenza.

Essendo geneticamente previsti una costante ed ininterrotta attività della sua

memoria, la quale ha un funzionamento indipendente dalla sua volontà, risulta

impossibile per un individuo ignorarne la presenza o renderla inattiva anche

per un solo momento.

E’proprio da questa impossibilità che deriva l’inarrestabilità del nostro

tempo, con l’impressione conseguente che esso, pur appartenendoci,

ci sfugga come se fosse da noi indipendente.

Daquanto abbiamo esposto, sembrerebbe proprio che l’esistenza del tempo

debba avere una origine genetica.

Ebbene, nella realtà questo non è rigorosamente vero, in quanto i geni hanno

semplicemente fornito all’individuo un nuovo apparato materiale per dargli

la possibilità di trarre vantaggi, da ogni situazione presente, richiamando la

registrazione degli eventi già vissuti.

Il tempo, come noi lo intendiamo nel linguaggio comune, viene invece

avvertito come una entità affatto materiale, mentre i geni non sono in

grado di organizzare assolutamente nulla che non sia materia e per la

precisione le proteine che essi stessi hanno generato.

Il tempo è dunque una nostra creazione, che deriva unicamente dalla

elaborazione, da parte del cervello, dei dati registrati in memoria.

Esso è, in definitiva, solo pensiero, una pura secrezione del cervello.

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Page 2: tempo biologico e tempo numerico nella scienza la memoria .... 4 - Percezione e definizione del... · In altre parole, il futuro, per gli esseri viventi, non è altro che la proiezione

Prendiamo, per esempio, in considerazione il tempo futuro e cerchiamo di

capire se esso rappresenta una realtàoggettiva, valida cioè per tutti gli esseri

viventi, oppure se ha origine come interpretazione dei fatti che si verificano

nell’ambiente in cui essi si muovono.

Dal punto di vista genetico, sappiamo che il genoma esiste, fin dal momento

in cui un essere vivente viene concepito, come sequenza dei numerosi geni

che si dovranno attivare secondo un ordine ben preciso, senza però dover

seguire un vero programma temporale.

Gran parte di essi governa infatti operazioni che si realizzeranno a distanza

di decine oppure centinaia di anni dalla loro formazione.

Questo fatto ci potrebbe portare,erroneamente,alla conclusione che il

genoma sia stato costruito con la previsione di operazioni future.

Ebbene, non è così.

La sequenzialità con la quale vengono realizzate tutte le operazioni è propria

del sistema utilizzato.

Ciascun gene può essere, infatti, abilitato ad intervenire solo dalla presenza,

nell’ambiente, del prodotto fornito dal gene che lo ha preceduto.

Le operazioni che sono scritte nel genoma vengono così eseguite

certamente tutte e nella giusta sequenza, senza fare ricorso al tempo.

Tra una operazione e la successiva può passare un solo secondo oppure un

anno (del tempo misurato dal nostro orologio) a seconda delle condizioni

ambientali che si verificano e questo ci fà escludere l’esistenza di un tempo

futuro definito geneticamente.

Per i geni esiste solo una sequenza di operazioni che è stata predefinita con

tale e tanta precisione da non lasciare spazio al caso o agli imprevisti tipici

del futuro, come normalmente viene avvertito.

Per noi, esseri viventi, esso rappresenta quel periodo in cui si realizzeranno

tutti gli eventi che ciascuno " immagina " di dover vivere, ma che potrebbero

anche non realizzarsi.

Essoè dunque un tempo che noi ci costruiamo attraverso la elaborazione del

ricordo degli eventi passati.

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In altre parole, il futuro, per gli esseri viventi, non è altro che la proiezione del

passato o parte di esso, spesso dopo modifiche, in ambienti e circostanze

immaginarie. Esso non è dunque un tempo reale.

A differenza del passato, non esiste da nessuna parte una immagine

registrata del futuro.

Tuttavia, nel presente esiste il piacere oppure la paura del futuro, a seconda

che si stiano proiettando nel tempo eventi piacevoli o meno del passato.

Sono proprio queste paure che ci fanno apparire il futuro

come parte reale della nostra esistenza.

Il presente si identifica con il tempo in cui si svolgono gli eventi che si

stanno vivendo.

E’ per questa ragione che il presente viene ritenuto l’unico tempo del

quale si avverte realmente l’esistenza.

Vediamo in dettaglio come nasce questa convinzione.

Qualsiasi fatto completo si presenta con una sua durata nel tempo ( misurato

dal nostro orologio ) e quindi comprende un inizio ed una fine.

Quando si percepisce l’inizio, la fine non esiste ancora perchè è nel futuro e,

quando si vive la fine, l’inizio è già nel passato.

Anchese un evento viene interrotto, gli effetti del suo inizio restano comunque

nell’ambiente e costituiscono, a loro volta, degli avvenimenti da registrare.

Queste elementari considerazioni ci portano alla conclusione che non esiste

nessun evento interamente nel presente, per quanto breve noi riusciamo ad

immaginarlo.

In altre parole, il tempo presente sembrerebbe ridotto ad un istante

piccolissimo, incapace di contenere qualsiasi avvenimento completo

e significativo per la nostra esistenza.

Facendo riferimento alla figura 2, vediamo, in maniera molto schematica, un

meccanismo attraverso il quale si può formare la consapevolezza dell’istante

presente.

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Supponiamo che il mondo esterno abbia un suo orologio che misura il tempo

tm e segnala l’istante tm = 0 in cui si verifica l’evento (presente per il mondo

esterno).

Esso viene percepito dagli organi di senso dell’osservatore e trasferito nella

memoria che lo registra dopo averlo codificato.

Quando, dopo un tempo Δt, misurato con l’orologio del mondo esterno, tutte

le operazioni di registrazione sono state completate, l’osservatore acquista

la consapevolezza dell’esistenza dell’evento e lopercepisce nel suo presente

che indichiamo con t0 = 0.

E’ chiaro che lo stesso evento è nel presente per l’osservatore quando per il

mondo esterno è già nel passato in quanto i due tempi differiscono per Δt .

Normalmente tutti i processi biologici necessari per la registrazione vengono

realizzati in un intervallo Δt molto piccolo, dell’ordine di frazioni di secondo,e

questo consente al mondo esterno ed all’osservatore di comunicare tra loro,

confondendo i due presenti, anche se ognuno vive il suo.

Il presente che un essere vivente percepisce non è dunque un tempo

reale, ma costruito su eventi passati del mondo esterno.

Una delle conseguenze di questo fatto è che nessun essere vivente è capace

di modificare il suo presente.

Non solo, ma il presente che noi abbiamo l’impressione di vivere è un tempo

notevolmente dilatato dalla nostra necessità di compiere e valutare azioni ed

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avvenimenti completi e ben precisi, che mettono sempre in relazione stretta

ed inscindibile causa ed effetto.

Per esempio, la caduta di un oggetto è avvertita da un essere vivente come

un fatto unico, con la sua durata tutta al presente, e non è concepibile che si

verifichi, nell’unico tempo presente la sua divisione nelle tre componenti :

distacco dal supporto, fase di caduta e contatto con il suolo, in quanto, nella

normale percezione, causa ed effetto sono indivisibili e non è previsto che un

oggetto in caduta libera abbia la possibilità di fermarsi senza toccare il suolo.

Quando io dico " mangio ", intendo riferirmi ad una precisa azione, completa

e tutta al presente.

La realtàperò non è questa. L’operazione del mangiare si compone dialcune

centinaia di operazioni elementari consecutive, ciascuna delle quali, quando

si verifica, manda nel passato quella che l’ ha preceduta.

Queste osservazioni portano, inevitabilmente, a concludere che nemmeno il

tempo presente è una realtà oggettiva, anche se noi riusciamo a crearlo con

un artificio, confondendolo con il passato più prossimo.

I concetti che sono stati esposti ed in particolare i processi attraverso i quali

si giunge alla coscienza del tempo biologico, si possono rappresentare con

lo schema molto semplificato di figura 3.

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Se le osservazioni che abbiamo fatto finora sono corrette si arriva alla

drammatica e paradossale conclusione che l’unico tempo al quale

si potrebbe dare una base reale di esistenza è il passato,

proprio quello che sensibilità comune ritiene certamente perduto per

sempre e non più recuperabile.

Il passato si rivela dunque l’unico tempo reale e veramente essenziale

per la nostra esistenza e rappresenta la fonteche viene utilizzata dagli

esseri viventi per costruire il presente ed il futuro.

Tra il passato e il futuro s’inserisce il presente, che viene originato e diventa

apprezzabile solo grazie alla lentezza che presentano le strutture biologiche

nel trasferire alla memoria i segnali inviati dal mondo esterno.

L’ultimo segnale riesce a produrre la sensazione del presente proprio

prolungando la sua azione fino al momento in cui giunge in memoria

quello successivo.

Tutte le osservazioni vengono fatte comunque sempre nel presente e dunque

anche la sensazione del tempo che scorre viene acquisita nel presente,

osservando le tracce degli eventipassati che si allontanano man mano

che se ne aggiungono dei nuovi.

La nostra aspettativa di vita e la nostra formazione ci impongono di guardare

comunque sempre verso il futuro e quindi di vedere il tempo scorrere nella

sua direzione.

In realtà il problema è posto in termini non corretti.

Il tempo non ha affatto una sua origine ed una direzione lungo laquale

scorre, sempre nello stesso verso, " realizzando la trasformazione del

futuro in presente ". Questa è solo una percezione.

Secondo il nostro schema, il tempo non ha un inizio, ma una sua "sorgente"

nel presente, che lo genera senza alcun comando volontario, con continuità,

già come tempo passato.

E’ dunque questo l’unico tempo che viene realmente generato e che, per gli

esseri viventi, può solo aumentare, essendo inarrestabile il flusso dei segnali

che giungono alla memoria.

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Finora non abbiamo preso in considerazione che tutte le strutture biologiche

sono in realtà degli aggregati di molecole e come tali non hanno alcuna idea

del "prima " e "dopo ", mentre percepiscono perfettamente il "qua " e " là "

in quanto le forze di legame, attraverso le quali interagiscono, e che stanno

alla base di tutti i processi fisici, agiscono sempre qua oppure là allo stesso

modo ed in qualsiasi momento.

Diventa dunque importante capire se e in che modo queste strutture possano

passare dalla percezione spaziale a quella temporale.

Si deve innanzitutto osservare che la varietà di eventi che possono verificarsi

nell’universo è infinitamente grande, mentre, certamente, la tipologia delle

strutture biologiche che memorizzano tali eventi, negli esseri viventi, è unica

o comunque molto limitata.

Ne deriva che, quando il segnale esterno arriva all’osservatore, dovrà essere

suddiviso necessariamente in poche componenti fondamentali, comuni a tutti

gli eventi possibili .

Questo vuol dire che le componenti sono realtà oggettive, mentre invece gli

eventi, che nascono da una loro elaborazione, sono soggettivi.

Per semplificare il linguaggio, indichiamo come evento elementare ciascuna

componente echiamiamo punto di memoria la singola struttura biologica che

viene da esso modificata irreversibilmente.

Riprendiamo ora il nostro universo, facendo riferimento alla figura 4.

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Supponiamo che il segnale che viene inviato dal mondo esterno siacostituito

da un singolo evento elementare S1 che verrà registrato in un singolo punto

di memoria M1.

Se anche l’universo invia i segnali con continuità, l’osservatore potrà essere

in condizioni di ricevere un nuovo segnale S2 e memorizzarlo nel punto M2

solo quando avrà terminato la memorizzazione in M1 del primo segnale.

Fino a quel momento non avrà possibilità di farlo, perchè le vie metaboliche

sono impegnate.

Dato che la memoria ha ragione di esistere solo se può essere utilizzata, per

una esperienza qualsiasi dovrà essere possibile controllare se si è verificata

prima o dopo un determinato comportamento.

Solo in questo caso sarà possibile modificarlo oportunamente nel presente,

reagendo alla stessa situazione ( oppure ad una analoga ) con una risposta

sempre più conveniente.

Per questo motivo, la scelta del punto di memoria che si dovrà utilizzare per

ogni singolo evento non può essere lasciata all’osservatore, ma deve essere

definita da un processo automatico già previsto geneticamente dal progetto

dell’organismo che dovrà utilizzare la memoria.

Del resto, sappiamo che l’ indipendenza dalla volontà è stata prevista

geneticamente per qualsiasi azione che sia necessaria per assicurare

la continuità della vita.

Se un individuo avesse la possibilità di intervenire nella scelta dei punti di

memoria da utilizzare per la registrazione dei segnali, anche la scelta stessa

sarebbe un evento da registrare e questo renderebbe praticamente difficile,

se non impossibile, la ricostruzione diqualsiasi fenomeno attrverso l’uso della

memoria.

Possiamo, per esempio, immaginare che sia proprio il punto di memoria M1

che, quando viene " occupato ", abilita il punto M2 a ricevere il segnale in

arrivo. Terminata la seconda memorizzazione, M2 abilita M3 e così via.

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In questo modo, il segnale in arrivo andrà certamente ad occupare sempre

l’unico punto abilitato a riceverlo.

Si forma così una sequenza " spaziale " M1, M2, M3, ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ecc., che

non dipende da agenti esterni.

A questo punto la memoria risulta perfettamente utilizzabile senza la

necessità di aggiungere altro.

Se si accetta questo meccanismo, diventa facile definire il "prima" e "dopo",

non in termini di tempo, che non è stato ancora definito, ma solo come eventi

osservati.

Possiamo infatti affermare che l’evento registrato nel punto M1accade prima

di quello registrato in M2 che accade dopo, e questo assume un significato

oggettivo, indiscutibile, dal momento che tutti gli osservatori della comunità

locale registrano la stessa sequenza.

Se, a questo punto, vogliamo introdurre la definizione di tempo ( biologico ),

possiamo dire che il punto di memoria che si sta utilizzando per il segnale in

arrivo rappresenta l’istante presente.

Quello che lo precede nello spazio di memoria definisce l’istante passato più

prossimo.

Tra due istanti consecutivi esiste una relazione spaziale precisa e costante,

caratteristica propria dell’osservatore, indipendente dalla posizione che essi

occupano nella memoria.

Per indicare questa relazione costante, diciamo che i due punti di memoria,

e dunque i due segnali registrati, sono separati in memoria da un elemento

di tempo t0 = Δt (ricordiamo che non è un tempo numerico, ma biologico).

E’ chiaro che un fatto completo occuperà un tempo t = n ⋅ t0

dove n dipende dalla sua complessità e dal numero di dettagli registrati.

Possiamo, a questo punto, concludere il discorso dicendo che :

Il tempo è una successione di istanti t0 associati ad altrettanti punti di

memoria che ne costituiscono il supporto materiale, il quale è formato

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da trasformazioni irreversibili indotte dagli eventi vissuti.

Tale supporto ne definisce anche l’esistenza.

Secondo questa definizione, il tempo è in ogni caso indissolubilmente legato

al supporto materiale costituito dalla nostra memoria e l’unico riferimento che

abbiamo per poter collocare nel tempo gli eventi è il punto spaziale occupato.

Gli eventi stessi non esistono come tali, ma rappresentano il risultato di una

interpretazione propria dell’osservatore che egli ottiene decodificando la

sequenza dei punti della memoria che sono stati occupati dall’evento durante

la registrazione .

Nel mondo esterno non esistono i fenomeni ben definiti, ma soltanto i

segnali elementari, per cui, gli esseri viventi che utilizzano un diverso

sistema di memorizzazione e decodifica, visualizzeranno avvenimenti

e mondi completamente differenti tra loro.

Avendo chiarito il significato di tempo biologico, possiamo, a questo punto,

dire che esiste tutto ciò che dura nel tempo, ossia esiste tutto ciò che occupa

almeno un punto di memoria.

Qualsiasi essere vivente, confrontando tra loro gli eventi che si verificano nel

mondo esterno, si rende subito conto che essi hanno una diversa durata nel

suo tempo biologico, nel senso che occupano una quantità di spazio diverso

nella sua memoria.

Se l’individuo considerato vive la sua esistenza senza dover comunicare con

gli altri, non ha alcuna necessità di misurare la durata degli avvenimenti che

registra in memoria, in quanto l’operazione non gli offrirebbe alcun vantaggio

per la sua sopravvivenza.

Se però egli vive in una comunità, la comunicazione gli potrà offrire,

certamente,vantaggi importanti nella definizione delle strategie di lotta

e, più in generale, nella scelta dei comportamenti.

Gli enormi vantaggi che la vita sociale comporta hanno dato agli animali una

grande spinta nel tentare di comunicare per organizzarla.

Vita sociale vuol dire però ordine, disciplina, coordinazione, ecc., tutte

cose che non si possono realizzare senza il supporto di un comune o

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confrontabile tempo biologico.

Purtroppo però, non esiste alcuna possibilità di comunicare agli altri membri

della società la propria durata biologica di un avvenimento e comunque, se

anche ciò fosse possibile, le diverse durate non sarebbero confrontabili tra

loro e quindi risulterebbero di nessuna utilità pratica.

Tutti gli animali, per poter organizzare la vita sociale, hanno dovuto assumere

come riferimento un evento ciclico comune, normalmente il periodo giorno –

notte, noto a tutti i membri della comunità, ed hanno così adattato tutti i loro

ritmi a questa scelta.

Anche l’uomo ha, naturalmente, seguito questa via, attraversando un periodo

iniziale in cui non esisteva un tempo veramente misurabile, ma una notevole

" confusione " tra tempo biologico e cicli del mondo esterno.

L’organizzazione sociale sempre più complessa e le sue capacità analitiche

sempre più sviluppate, hanno portato l’uomo ad abbandonare il legame

con il tempo biologico.

Egli ha così iniziato a confrontare direttamente fra loro i

fenomeni esterni .La durata degli eventi acquistava così, gradualmente, un significato sempre

meno soggettivo per tutti i membri della società.

Un salto di qualità importante è stato fatto quando è stato assunto un

preciso evento di riferimento al quale rapportare tutti gli altri.

Questo voleva dire considerare la durata di tutti fenomeni che si verificavano

nell’ambiente pari a qualsiasi altra caratteristica " misurabile ".

I riferimenti scelti inizialmente, come il susseguirsi del giorno e della notte, si

sono presto rivelati inadeguati e sono stati sostituiti da altri sempre più stabili

e rispondenti ai requisiti richiesti ai campioni di riferimento.

Siha così un tempo che viene espresso dal numero di cicli del fenomeno che

è stato assunto come campione ed indica la "durata oggettiva" di qualsiasi

avvenimento.

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Il tempo "numerico " così introdotto non ha quindi alcuna particolare

caratteristica e nessun privilegio rispetto alle altre grandezze fisiche

come, per esempio, la lunghezza o la massa.

In tutti e tre i casi, gli esseri viventi percepiscono le differenze che giungono

loro dal mondo esterno, ma non riescono a comunicarle ad altri se non dopo

aver scelto per ciascuna di esse un riferimento che consenta di esprimerle

con numeri, i quali rendono oggetive le "misure " rilevate attraverso gli organi

di senso.

Seal pendolo che è stato assunto come riferimentoper la misura della durata

degli avvenimenti viene associata una grandezza che si incrementa di una

unità ad ogni ciclo, essa non esprime nulla di reale oltre alla indicazione

che il pendolo esiste.

Tuttavia, avendo noi assunto tale riferimento per la misura di durata, quando

essa non viene riferita adun avvenimento specifico,possiamo dire che dopo

ogni oscillazione,che comunque avviene, la durata di tutto ciò

che esiste si incrementa di una unità.

Questa grandezza (non riferita ad un fatto specifico), che

comunque si incrementa di una unità ad ogni ciclo, viene

indicata genericamente come " tempo ".

Il tempo che abbiamo definito si incrementa ( ed in questo senso scorre )

indipendentemente dagli eventi che si verificano nell’ambiente.

In definitiva, possiamo riassumere l’analisi che abbiamo fatto, dicendo

che il tempo " biologico " nasce e si sviluppa come caratteristica degli

esseri viventi, utile per la loro sopravvivenza.

Il tempo " numerico ", esterno, è stato, invece, introdotto allo scopo di

rendere oggettiva, dunque utilizzabile, la durata degli avvenimenti che

vengono registrati nella memoria.

Il tempo che non è legato ad alcun fatto specifico, ma che viene comunque

indicato dall’esistenza del pendolo che continua ad oscillare, si può pensare

che indichi l’aumento della durata della vita di tutto ciò che esiste.

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Sinteticamente, diciamo quindi che :

Il tempo non è altro che la grandezza fisica che misura lo spazio della

memoria occupato dagli avvenimenti che si verificano nell’ambiente.

Essendo intimamente legato alla memoria, la quale è, per sua definizione,

indelebile, il tempo non potrà mai diminuire, in quanto lo spazio di memoria

occupato non può che aumentare.

L’ipotesi di tornare indietro nel tempo non ha alcun significato reale e non è

nemmeno possibile in quanto possiamo soltanto aggiungere dei fatti nuovi a

quelli già registrati.

Se un essere vivente adulto si sviluppa ritornando bambino, non si è invertita

la direzione del tempo, ma si è semplicemente aggiunto un nuovo evento al

tempo già trascorso.

Possiamo concludere questa breve indagine sul tempo,dicendo che esso ha

origine con gli esseri viventi ed essi soltanto riescono a dargli un significato.

Va sottolineato che, nonostante l’uomo abbia acquisito oggi una razionalità e

capacità analitiche sorprendenti, sarà forse per la paura della morte, sempre

presente, oppure per la consapevolezza che il ritaglio di tempo che ci è stato

assegnato possa giungere improvvisamente al termine, ma risulta comunque

sempre difficile riuscire a imbrigliare il tempo in un simbolo o in una semplice

formula capaci di descrivere qualcosa che non abbia sempre quell’alone di

mistero con il quale siamo abituati a percepire il tempo.

Anche se lo inseriamo in una formula, come qualsiasi altra grandezza, rimane

sempre qualcosa del tempo che non riusciamo a comprendere a fondo.

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