sulle ali della libertà per evadere dal potere - corriere.it · john milton il poeta inglese...

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IL PESO DEL RISCHIO Quando le mura del vecchio ordine si sgretolano, coloro che hanno lottato per il cambiamento si trovano di fronte ad una terribile responsabilità L’ I NTERVENTO A mmoniva il cattolico Blaise Pascal: «Non è un bene essere troppo libe- ri», ma un poco, sì. Constatava l’illu- minista Voltaire: «Siamo tutti debo- li, incoerenti, soggetti all’incostanza, all’er- rore». Per questo, almeno una scintilla di libertà è necessaria: per poter imparare qualcosa da questa fragilità, per non limi- tarsi a sopravvivere, ma cercare di vivere meglio. Quella di libertà è nozione tipicamente relativa: l’essere umano si sente più libero delle scimmie e giudica la scimmia più libe- ra di un’ameba. Un tempo avremmo ricor- dato che Adamo ed Eva erano stati fatti a immagine e somiglianza del loro Creatore; oggi, più modestamente, riconosciamo che la nostra maggiore libertà è una conseguen- za di come siamo e di come siamo evoluti. È la lezione più profonda della teoria del- l’evoluzione di Charles Darwin. La nostra libertà si radica nel corpo — nella nostra mano e nel nostro cervello. Non voglio svili- re i sentimenti più elevati, le grandi idee del- la cultura o le conquiste dell’arte e della scienza — insomma, tutto quello che i filo- sofi chiamano il mondo dello Spirito o i prodotti della Mente. Ma senza questa di- mensione materiale, non avremmo alcuna esperienza di libertà. Quante volte sentia- mo parlare di "libertà di pensiero", e quan- to ci ripetono che anche sotto il più feroce tiranno ciascuno resta libero di pensare ciò che ritiene opportuno! Ma che cosa vale tut- to ciò se all’individuo viene impedito di esprimere quel che pensa, per esempio le sue ragioni per non piegarsi al tiranno? Di- fendendo la libertà di stampa come para- digma di ogni libertà di espressione, nel Sei- cento il poeta John Milton diceva che bru- ciare un libro era come uccidere un uomo. Viceversa, il Novecento dei totalitarismi ha conosciuto persino la tirannia sui cervelli, nel tentativo di controllare materialmente il pensiero stesso. Chi ama la (propria) libertà potrebbe far sua la battuta di John Stuart Mill per cui «ogni vincolo in quanto vincolo è male». Il pensatore britannico alludeva non solo al- l’economia, ma anche a quello della politi- ca e della religione. In un certo senso, colpi- va nel segno: possiamo percepire qualsiasi vincolo come un legame che vorremmo sciogliere, una catena che vorremmo spez- zare. «Come assomiglia il morto al prigio- niero», recita la tavola X dell’epopea di Gil- gamesh — l’eroe babilonese per il quale l’estinguersi della libertà equivale alla cessa- zione della vita. Ma la sensazione che ognu- no di noi prova di essere un «individuo» autonomo e indipendente da tutto ciò che è altro, è più labile e precaria di quanto usual- mente appaia. Siamo plasmati dai nostri ge- ni, modellati dall’ambiente e dall’educazio- ne, né certo possiamo illuderci di fare a me- no delle leggi della fisica o di dimenticare i limiti della nostra struttura biologica. For- se, la stessa società di cui ci troviamo a fare parte è, come direbbe ancora Pascal, solo un enorme corpo «pieno di membra pen- santi». Se le cose stanno così, non dovrem- mo concludere che i condizionamenti sono tanto molteplici quanto potenti, al punto che la libertà è solo un’illusione? Eppure, questa illusione è così forte che cambia il mondo. Magari la sua comparsa è stata, in un momento imprecisato del cam- mino dell’evoluzione del vivente, qualcosa di puramente accidentale, una sorta di inci- dente di percorso. Col tempo è diventata una caratteristica sempre più consolidata, fino a costituire un tratto distintivo della nostra natura. Come recita un verso de Il Paradiso perduto di Milton, «ragionare non è altro che scegliere»: più che di «liber- tà di pensiero», dovremmo parlare della li- bertà come condizione del pensiero stesso. Pensare è già agire. La libertà non è pura scelta tra questa o quella idea in una sorta di magazzino dell’intelletto, ma decisione tra differenti linee di condotta. A differen- za dalla morte, si può — almeno qualche volta — abbattere la parete del carcere ed «evadere». Sia lecito un ricordo personale. Le imma- gini della caduta del muro di Berlino sono presto diventate il simbolo di interi popoli che evadevano da pesanti condizioni di as- soggettamento: ne parlavo allora con due amici che ora non ci sono più. Ludovico Geymonat, maestro della filosofia della scienza italiana, che aveva «scommesso», pur tra critiche e dissenso, sull’esperimento del «socialismo reale», non si limitava a ri- credersi sulla propria scelta, ma traeva di qui lo spunto per insegnarci che non si dà libertà senza libertà di cambiare; Marco Mondadori (con cui qualche anno prima avevo curato un’edizione del saggio Sulla libertà di Mill) metteva in luce come la liber- tà di un popolo fosse ancora una volta otte- nuta attraverso la libertà delle «membra» che lo compongono: da sudditi a cittadini. Quando le mura del vecchio ordine si sgre- tolano, la «libertà» che le persone si conqui- stano appare solo «licenza» ai difensori del passato. Ma essa è invece responsabilità, anzi responsabilità «terribile», per coloro che sono impazienti del nuovo. Come finì con l’ammettere Karl Popper (incalzato dalle provocazioni di Paul Feye- rabend), «un liberale non è altro che un anarchico timido». Si può osare di più. Non si tratta di sognare un’ideale società senza tirannidi, ma di combattere, caso per caso, le tirannidi esistenti — comprese quel- le che possono sembrarci «democratiche»: «Quanto più perfetta è l’organizzazione, quanto più riesce ad attrarre e a educare ai propri fini le persone più capaci provenien- ti da ogni strato della comunità, tanto più completa è la schiavitù per tutti, poiché i governanti sono altrettanto schiavi della lo- ro disciplina quanto ne sono schiavi i gover- nati». Ai tempi (1859) del Saggio sulla liber- , Mill temeva soprattutto il crescente pe- so della burocrazia; più di un secolo dopo, Popper guarderà con altrettanto sospetto a quello dei media, come la televisione. Resi- stere a qualsiasi potere che si presenta co- me irresistibile: questo è il nucleo delle va- rie libertà (al plurale) che vengono via via conquistate e difese spesso al prezzo di lacri- me e sangue. Credo che Ludovico e Marco sarebbero stati d’accordo che questo è il modo miglio- re di celebrare un pensatore come John Stuart Mill, di cui ricorre quest’anno il se- condo centenario della nascita, che aveva intuito gli aspetti di quella particolare for- me di tirannide che oggi chiamiamo «cor- rettezza politica» — così ossessionata da «sicurezza» e «rispetto» al punto da vietare il gusto del rischio e l’esperienza del conflit- to. Ma ogni istituzione che «rimpicciolisce i propri membri perché possano essere stru- menti più docili nelle sue mani, anche se a fini benefici, scoprirà che con gente piccola non si possono compiere cose veramente grandi» — nell’impresa scientifica come nella competizione politica: «La perfezione meccanica cui tutto è stato sacrificato alla fine non servirà a nulla, perché mancherà la forza vitale che, per fare funzionare me- glio la macchina, si è preferito bandire». Quella parola contesa tra scienza e filosofia Resisterea ogni tirannia che si presenta irresistibile: così l’uomo conquista la sua dignità L a parola è il luogo in cui si ordinano i rapporti tra l’ignoranza e la saggezza (in filosofia) e tra la conoscenza e la scoperta (nella scienza). Naturalmente, dentro una parola vi sono molte altre cose. Perché le parole non sono solo ambivalenti ma anche generosamente ambigue. La parola può essere opera d’arte. La parola contesa è in questa prospettiva un progetto pensoso che coniuga, contaminandoli, i saperi della filosofia e della scienza. Perché non è del tutto superata la contrapposizione tra queste due culture, causa la radicalizzazione delle loro identità (retorica e tecnica). È sterile tale contrapposizione; non genera una domanda alta, una sfida importante alle nostre certezze: in fondo, filosofia e scienza non sono piuttosto due facce della stessa medaglia di cui ignoriamo o neghiamo il valore? Il valore di ricerca, l’interrogazione fondante, la lotta contro l’ovvio, l’allargamento della libertà di pensiero, le sue motivazioni etiche, sono questi alcuni elementi attraverso i quali si articola il progetto di Parola contesa come provocazione nei confronti delle nostre conoscenze. Dove dialogare non è attività pacificante o consolatoria. Al contrario, dia-logare significa invitare e ospitare discorsi per «provare» l’esperienza della differenza. E due sono le parole emblematiche su questi temi: libertà ed etica, occasioni per riflettere e comprendere le pieghe di questi due concetti ricchi di sfumature e stratificazioni di senso. Dove ogni piega ruota sempre attorno a un punto che offre, così, anche un punto di vista. All’interno dell’attuale contesto tra filosofia e scienza, in bilico fra una facile divulgazione o una criptica autorevolezza, occorre ri-scoprire una possibile strategia: la scelta di situarsi nelle pieghe dell’oscillazione tra filosofia e scienza. Il tema della Libertà sarà al centro dell’incontro del ciclo «La parola contesa» che si svolgerà il 24 agosto alle 18 al PalaVolkswagen di Cortina d’Ampezzo tra il filosofo della scienza Giulio Giorello e il biologo Edoardo Boncinelli. I dibattiti sono ideati e condotti da Massimiliano Finazzer Flory Sulle ali della libertà per evadere dal potere CHARLES DARWIN La lezione profonda dello scienziato inglese (1809-1882), autore de «L’origine delle specie», è che la nostra libertà è una conseguenza dell’evoluzione: essa si radica nel corpo, e senza questa dimensione materiale non avremmo esperienza di ciò che si definisce «libertà dello spirito» JOHN MILTON Il poeta inglese (1608-1674), difendendo la libertà di stampa come paradigma di ogni libertà di espressione, sostenne che bruciare un libro era come bruciare un uomo. E in un verso della sua opera «Il Paradiso perduto» scrisse che «ragionare non è altro che scegliere» JOHN STUART MILL Il filosofo ed economista britannico (1806-1873), autore del saggio «Sulla libertà», sosteneva che, tanto in economia come in politica e in religione, «ogni vincolo in quanto vincolo è un male», e che impedire l’espressione di un’opinione significa «derubare» la razza umana L’INCONTRO di MASSIMILIANO FINAZZER FLORY NOVEMBRE ’89 La caduta del muro di Berlino (Turnley) di GIULIO GIORELLO i protagonisti 8 Corriere Eventi C ORRIERE DELLA S ERA U M ARTEDÌ 9 M AGGIO 2006

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Page 1: Sulle ali della libertà per evadere dal potere - corriere.it · JOHN MILTON Il poeta inglese (1608-1674), difendendo la libertà di stampa come ... E in un verso della sua opera

IL PESO DEL RISCHIO

Quando le mura del vecchio ordine si sgretolano,coloro che hanno lottato per il cambiamentosi trovano di fronte ad una terribile responsabilità

L’INTERVENTO

A mmoniva il cattolico Blaise Pascal:«Non è un bene essere troppo libe-ri», ma un poco, sì. Constatava l’illu-minista Voltaire: «Siamo tutti debo-

li, incoerenti, soggetti all’incostanza, all’er-rore». Per questo, almeno una scintilla dilibertà è necessaria: per poter impararequalcosa da questa fragilità, per non limi-tarsi a sopravvivere, ma cercare di viveremeglio.

Quella di libertà è nozione tipicamenterelativa: l’essere umano si sente più liberodelle scimmie e giudica la scimmia più libe-ra di un’ameba. Un tempo avremmo ricor-dato che Adamo ed Eva erano stati fatti aimmagine e somiglianza del loro Creatore;oggi, più modestamente, riconosciamo chela nostra maggiore libertà è una conseguen-za di come siamo e di come siamo evoluti.È la lezione più profonda della teoria del-l’evoluzione di Charles Darwin. La nostralibertà si radica nel corpo — nella nostramano e nel nostro cervello. Non voglio svili-re i sentimenti più elevati, le grandi idee del-la cultura o le conquiste dell’arte e dellascienza — insomma, tutto quello che i filo-sofi chiamano il mondo dello Spirito o iprodotti della Mente. Ma senza questa di-mensione materiale, non avremmo alcunaesperienza di libertà. Quante volte sentia-mo parlare di "libertà di pensiero", e quan-to ci ripetono che anche sotto il più ferocetiranno ciascuno resta libero di pensare ciòche ritiene opportuno! Ma che cosa vale tut-to ciò se all’individuo viene impedito diesprimere quel che pensa, per esempio lesue ragioni per non piegarsi al tiranno? Di-fendendo la libertà di stampa come para-digma di ogni libertà di espressione, nel Sei-cento il poeta John Milton diceva che bru-ciare un libro era come uccidere un uomo.Viceversa, il Novecento dei totalitarismi haconosciuto persino la tirannia sui cervelli,nel tentativo di controllare materialmenteil pensiero stesso.

Chi ama la (propria) libertà potrebbe farsua la battuta di John Stuart Mill per cui«ogni vincolo in quanto vincolo è male». Ilpensatore britannico alludeva non solo al-l’economia, ma anche a quello della politi-ca e della religione. In un certo senso, colpi-va nel segno: possiamo percepire qualsiasivincolo come un legame che vorremmosciogliere, una catena che vorremmo spez-zare. «Come assomiglia il morto al prigio-niero», recita la tavola X dell’epopea di Gil-gamesh — l’eroe babilonese per il qualel’estinguersi della libertà equivale alla cessa-zione della vita. Ma la sensazione che ognu-

no di noi prova di essere un «individuo»autonomo e indipendente da tutto ciò che èaltro, è più labile e precaria di quanto usual-mente appaia. Siamo plasmati dai nostri ge-ni, modellati dall’ambiente e dall’educazio-ne, né certo possiamo illuderci di fare a me-no delle leggi della fisica o di dimenticare ilimiti della nostra struttura biologica. For-se, la stessa società di cui ci troviamo a fareparte è, come direbbe ancora Pascal, soloun enorme corpo «pieno di membra pen-santi». Se le cose stanno così, non dovrem-mo concludere che i condizionamenti sonotanto molteplici quanto potenti, al puntoche la libertà è solo un’illusione?

Eppure, questa illusione è così forte checambia il mondo. Magari la sua comparsaè stata, in un momento imprecisato del cam-mino dell’evoluzione del vivente, qualcosadi puramente accidentale, una sorta di inci-dente di percorso. Col tempo è diventatauna caratteristica sempre più consolidata,fino a costituire un tratto distintivo della

nostra natura. Come recita un verso de IlParadiso perduto di Milton, «ragionarenon è altro che scegliere»: più che di «liber-tà di pensiero», dovremmo parlare della li-bertà come condizione del pensiero stesso.Pensare è già agire. La libertà non è purascelta tra questa o quella idea in una sortadi magazzino dell’intelletto, ma decisionetra differenti linee di condotta. A differen-za dalla morte, si può — almeno qualchevolta — abbattere la parete del carcere ed«evadere».

Sia lecito un ricordo personale. Le imma-gini della caduta del muro di Berlino sonopresto diventate il simbolo di interi popoliche evadevano da pesanti condizioni di as-soggettamento: ne parlavo allora con dueamici che ora non ci sono più. LudovicoGeymonat, maestro della filosofia dellascienza italiana, che aveva «scommesso»,pur tra critiche e dissenso, sull’esperimentodel «socialismo reale», non si limitava a ri-credersi sulla propria scelta, ma traeva di

qui lo spunto per insegnarci che non si dàlibertà senza libertà di cambiare; MarcoMondadori (con cui qualche anno primaavevo curato un’edizione del saggio Sullalibertà di Mill) metteva in luce come la liber-tà di un popolo fosse ancora una volta otte-nuta attraverso la libertà delle «membra»che lo compongono: da sudditi a cittadini.Quando le mura del vecchio ordine si sgre-tolano, la «libertà» che le persone si conqui-stano appare solo «licenza» ai difensori delpassato. Ma essa è invece responsabilità,anzi responsabilità «terribile», per coloroche sono impazienti del nuovo.

Come finì con l’ammettere Karl Popper(incalzato dalle provocazioni di Paul Feye-rabend), «un liberale non è altro che unanarchico timido». Si può osare di più.Non si tratta di sognare un’ideale societàsenza tirannidi, ma di combattere, caso percaso, le tirannidi esistenti — comprese quel-le che possono sembrarci «democratiche»:«Quanto più perfetta è l’organizzazione,quanto più riesce ad attrarre e a educare aipropri fini le persone più capaci provenien-ti da ogni strato della comunità, tanto piùcompleta è la schiavitù per tutti, poiché igovernanti sono altrettanto schiavi della lo-ro disciplina quanto ne sono schiavi i gover-nati». Ai tempi (1859) del Saggio sulla liber-tà, Mill temeva soprattutto il crescente pe-so della burocrazia; più di un secolo dopo,Popper guarderà con altrettanto sospetto aquello dei media, come la televisione. Resi-stere a qualsiasi potere che si presenta co-me irresistibile: questo è il nucleo delle va-rie libertà (al plurale) che vengono via viaconquistate e difese spesso al prezzo di lacri-me e sangue.

Credo che Ludovico e Marco sarebberostati d’accordo che questo è il modo miglio-re di celebrare un pensatore come JohnStuart Mill, di cui ricorre quest’anno il se-condo centenario della nascita, che avevaintuito gli aspetti di quella particolare for-me di tirannide che oggi chiamiamo «cor-rettezza politica» — così ossessionata da«sicurezza» e «rispetto» al punto da vietareil gusto del rischio e l’esperienza del conflit-to. Ma ogni istituzione che «rimpiccioliscei propri membri perché possano essere stru-menti più docili nelle sue mani, anche se afini benefici, scoprirà che con gente piccolanon si possono compiere cose veramentegrandi» — nell’impresa scientifica comenella competizione politica: «La perfezionemeccanica cui tutto è stato sacrificato allafine non servirà a nulla, perché mancheràla forza vitale che, per fare funzionare me-glio la macchina, si è preferito bandire».

Quella parola contesa tra scienza e filosofia

Resistere a ogni tirannia che si presenta irresistibile: così l’uomo conquista la sua dignità

L a parola è il luogo in cuisi ordinano i rapporti tral’ignoranza e la saggezza

(in filosofia) e tra la conoscenzae la scoperta (nella scienza).Naturalmente, dentro una parola visono molte altre cose. Perché leparole non sono solo ambivalenti maanche generosamente ambigue.La parola può essere opera d’arte.La parola contesa è in questaprospettiva un progetto pensosoche coniuga, contaminandoli, i saperidella filosofia e della scienza.Perché non è del tutto superatala contrapposizione tra queste dueculture, causa la radicalizzazionedelle loro identità (retoricae tecnica). È sterile talecontrapposizione; non genera unadomanda alta, una sfida importante

alle nostre certezze: in fondo,filosofia e scienza non sono piuttostodue facce della stessa medaglia di cuiignoriamo o neghiamo il valore?Il valore di ricerca, l’interrogazionefondante, la lotta contro l’ovvio,l’allargamento della libertà dipensiero, le sue motivazioni etiche,sono questi alcuni elementi attraversoi quali si articola il progettodi Parola contesa come provocazionenei confronti delle nostre conoscenze.Dove dialogare non è attivitàpacificante o consolatoria.Al contrario, dia-logare significainvitare e ospitare discorsiper «provare» l’esperienza delladifferenza. E due sono le paroleemblematiche su questi temi: libertàed etica, occasioni per rifletteree comprendere le pieghe di questi due

concetti ricchi di sfumaturee stratificazioni di senso. Dove ognipiega ruota sempre attorno a unpunto che offre, così, anche un puntodi vista. All’interno dell’attualecontesto tra filosofia e scienza,in bilico fra una facile divulgazioneo una criptica autorevolezza, occorreri-scoprire una possibile strategia:la scelta di situarsi nelle pieghedell’oscillazione tra filosofiae scienza.

Il tema della Libertà sarà al centrodell’incontro del ciclo «La parolacontesa» che si svolgerà il 24 agostoalle 18 al PalaVolkswagendi Cortina d’Ampezzo tra il filosofodella scienza Giulio Giorelloe il biologo Edoardo Boncinelli.I dibattiti sono ideati e condottida Massimiliano Finazzer Flory

Sulle ali della libertà per evadere dal potere

CHARLES DARWINLa lezione profondadello scienziato inglese(1809-1882), autore de«L’origine delle specie»,è che la nostra libertàè una conseguenzadell’evoluzione: essasi radica nel corpo, e senzaquesta dimensione materialenon avremmo esperienzadi ciò che si definisce«libertà dello spirito»

JOHN MILTONIl poeta inglese(1608-1674), difendendola libertà di stampa comeparadigma di ogni libertàdi espressione, sostenneche bruciare un libro eracome bruciare un uomo.E in un verso della suaopera «Il Paradisoperduto» scrisse che«ragionare non è altroche scegliere»

JOHN STUART MILLIl filosofo ed economistabritannico (1806-1873),autore del saggio«Sulla libertà», sostenevache, tanto in economiacome in politica e inreligione, «ogni vincoloin quanto vincolo è unmale», e che impedirel’espressione diun’opinione significa«derubare» la razza umana

L ’ I N C O N T R O

di MASSIMILIANO FINAZZER FLORY

NOVEMBRE ’89 La cadutadel muro di Berlino (Turnley)

di GIULIO GIORELLO

i protagonisti

8 Corriere Eventi CORRIERE DELLA SERA U M ARTEDÌ 9 M AGGIO 2006