sulla tettonica nel moderno: un filo interrotto? · la parete interna è da considerarsi il retro...

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Sulla tettonica nel moderno: un filo interrotto? Saggio pubblicato in rivista: “Architettura-Intersezioni”, 5, 1997, numero monografico: “Insegnare l’architettura”, pp. 82-87 Una parola-chiave della riflessione estetica con- temporanea sull’architettura è “stratificazione”. Nell’odierna prassi edilizia, differenti saperi, componenti costruttive e strategie tecnologiche si affiancano e sovrappongono in costruzioni di fatto stratificate. Si tratta di una coincidenza o esiste ancora una necessaria interrelazione tra questioni figurative e costruttive in architettura? Nella seconda ipotesi, l’attuale divaricazione tra ricerca e costruzione può apparire inadeguata a consentire avanzamenti per la disciplina, come a rispondere alle necessità del nostro tempo. Che vada ricercata in questa direzione la causa dell’attuale crisi dell’architettura, in particolare per il nostro paese? Essa produce conseguenze rilevanti solo in campo figurativo - sotto forma di eclettico confron- to tra tendenze accademiche e avanguardistiche di maniera - o si hanno ricadute anche sulla prassi co- struttiva, abbandonata alla confusione concettuale e al “pressapochismo” tecnico? La sezione sul muro perimetrale di un edificio odierno può forse fornirci utili indicazioni: essa ci svela un mondo complesso e stratificato, destinato 49

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Sulla tettonica nel moderno: un filo interrotto?

Saggio pubblicato in rivista: “Architettura-Intersezioni”, 5, 1997, numero monografico: “Insegnare l’architettura”, pp. 82-87

Una parola-chiave della riflessione estetica con-temporanea sull’architettura è “stratificazione”.

Nell’odierna prassi edilizia, differenti saperi, componenti costruttive e strategie tecnologiche si affiancano e sovrappongono in costruzioni di fatto stratificate.

Si tratta di una coincidenza o esiste ancora una necessaria interrelazione tra questioni figurative e costruttive in architettura?

Nella seconda ipotesi, l’attuale divaricazione tra ricerca e costruzione può apparire inadeguata a consentire avanzamenti per la disciplina, come a rispondere alle necessità del nostro tempo.

Che vada ricercata in questa direzione la causa dell’attuale crisi dell’architettura, in particolare per il nostro paese?

Essa produce conseguenze rilevanti solo in campo figurativo - sotto forma di eclettico confron-to tra tendenze accademiche e avanguardistiche di maniera - o si hanno ricadute anche sulla prassi co-struttiva, abbandonata alla confusione concettuale e al “pressapochismo” tecnico?

La sezione sul muro perimetrale di un edificio odierno può forse fornirci utili indicazioni: essa ci svela un mondo complesso e stratificato, destinato

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a restare caoticamente occultato tra la finitura inter-na ed esterna.

Spesso non si comprende la relazione tra strut-tura portante e rivestimento di facciata: c’è uno stretto rapporto tra questi due elementi, cosicché uno rappresenta l’altro, o una dichiarata indipen-denza reciproca?

La parete interna è da considerarsi il retro della facciata o è indipendente da essa e legata solo alla conformazione dello spazio interno?

Sistemi impiantistici e strati di isolamento, im-prigionati tra le due facce del muro, si dispongono secondo proprie logiche parallele o in relazione alla conformazione delle altre componenti costruttive?

Questi interrogativi aperti indicano, a mio pare-re, l’attuale diffusa rinuncia a ricercare una soluzio-ne figurativamente chiara e appropriata per i distinti elementi della costruzione.

E’ possibile che nella formazione stessa del pro-gettista, in particolare in Italia, trovi origine questa incomunicabilità tra discipline tecniche e artistiche?

Non è proprio nelle nostre università che l’archi-tetto impara a disinteressarsi delle problematiche costruttive, per occuparsi esclusivamente della fac-cia esterna - e più raramente anche di quella interna - del muro, delegando a tecnici specializzati, disin-teressati agli aspetti formali, tutto quanto accade al suo interno?

Se questa è la situazione, forse proprio nell’in-tervallo compreso tra le due facce del muro (o sola-io) - alla scala del progetto esecutivo e del dettaglio

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costruttivo - potrebbe divenire necessario riorien-tare ricerca teorica e sperimentazione progettuale che si conducono nei dipartimenti e dottorati italiani, per riproporre un fondamento oggettivo all’insegna-mento della progettazione, a partire da una nuova integrazione tra elementi costruttivi e figurativi.

A tal fine, per sottolineare la natura tecnico-arti-stica dei fenomeni da indagare, sembra necessario fare riferimento all’accezione più antica di architettu-ra, intesa come “tettonica”, cioè - nel significato più ampio del termine - “arte del costruire”: Baukunst, tra Bauen e Architektur.1

D’altro canto, non è proprio nello spazio inter-stiziale compreso tra le due facce del muro che si sono sviluppate le più profonde innovazioni del tipo architettonico nel moderno?

Qui si sono innestate le nuove tecniche e mate-riali costruttivi; a partire da questo intervallo, si sono verificate le più radicali trasformazioni dei concetti di spazio, involucro, struttura, nonché delle relazioni tra questi stessi elementi.

Se dal secolo scorso si è avviato un processo di frammentazione, dissociazione e specializzazio-ne delle componenti elementari prima unitarie del muro, ciò sembra avere comportato una tendenza

1 Cfr.: K. Frampton, Studies in Tectonic Culture, Cambridge Mass.-London, 1995; H. Kollhoff (a cura di:), Über Tektonik in der Baukunst, Wiesbaden, 1993; G. Hartoonian, Ontology of Construction, Cambridge-New York, 1994; V. Gregotti, Editoriale, in “Casabella”, 1982-96; A. R. Burelli, ad vocem: Costruzione, in: Dizionario...delle voci più utili all’ar-chitetto moderno, Faenza, 1993, pp. 217-223.

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al progressivo allargamento della distanza fisica e concettuale che le separa reciprocamente, inizial-mente inesistente.

C’è stata una riflessione su queste problemati-che nel moderno?

E’ nel corso dell’Ottocento che lo sviluppo di nuove tecniche costruttive e la nuova disponibilità di materiali inconsueti - il ferro e il vetro, poi il ce-mento armato - giungono a mettere in crisi la tra-dizionale coincidenza di struttura e involucro nella costruzione in muratura massiccia, e quindi lo stes-so bagaglio figurativo della disciplina architettonica.

La corrispondenza tra firmitas, utilitas e venu-stas nell’unità costruttiva e figurativa del tipo classi-co non sembra più perseguibile nella moderna arte del costruire.

La iniziale risposta ottocentesca consiste nel ri-volgersi alla storia per ricercarvi nuovi fondamenti rapportabili alle esigenze contemporanee: gli studi sull’architettura medievale di Viollet-le-Duc2, sull’ar-chitettura greca di Bötticher3 o sulla architettura del-le origini di Semper4 si possono allora interpretare come proiezioni su epoche passate di innovazioni 2 Cfr.: S. Di Pasquale, L’arte del costruire, Venezia, 1996.3 Cfr.: C. Bötticher, Die Tektonik der Hellenen, tradu-zione di alcuni brani in: F. Dal Co, Teorie del moderno, Roma - Bari, 19824 Cfr.: G. Semper, I 4 elementi dell’architettura, Milano, 1991; G. Semper, Lo stile nelle arti tecniche e tettoniche o estetica pratica, (traduzione parziale), Roma - Bari, 1992; G. Semper, Architettura arte e scienza, Napoli, 1987; W. Herrmann, Gottfried Semper, Milano, 1990.

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tecniche, scientifiche e di significato proprie del presente; una ricerca di nuove forme di continuità con la tradizione, che comporta una profonda re-visione della teoria classica, da Vitruvio a Laugier.

La individuazione di una struttura distinta all’in-terno della costruzione muraria in pietra delle cat-tedrali gotiche, da parte di Viollet-le-Duc; la rive-lazione di una originaria separazione tra “forma nucleare” - il mero dato strutturale - e “forma ar-tistica” - la compiuta rappresentazione della real-tà strutturale stessa - nella tettonica in pietra del tempio dorico greco, da parte di Bötticher; la rein-venzione dell’archetipo della capanna primitiva da parte di Semper, come originariamente derivato dal convergere nell’arte del costruire di quattro auto-nome arti tecniche: probabilmente in tutto ciò non si trattava di studiare il passato quanto di definire nuovi paradigmi per il presente.

Questo processo di scomposizione analitica della costruzione nei suoi elementi fondamentali - in particolare in area germanica - si interseca con la ricerca di un nuovo stile oggettivo, appropriato alle tecnologie e scopi del tempo, che procede se-lezionando un numero ristretto di principi tra le so-luzioni innovative dell’architettura industriale inglese e francese.

L’ipotesi di ricomposizione disciplinare ottocen-tesca si definisce quindi come dialettica sintesi tra ragioni antitetiche, non proponendo alcuna regres-siva ricostruzione della perduta unità del tipo clas-sico, bensì ricercando una nuova forma di equilibrio

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tra elementi in reciproca tensione conflittuale, com-piutamente rappresentativa dell’identità moderna.5

Appare illuminante, in tal senso, la chiara distin-zione che Semper delinea tra elementi strutturali essenziali della costruzione (terrapieno-stereoto-mia e scheletro tettonico-carpenteria) ed elemen-ti rappresentativo-simbolici (focolare-ceramica e recinto-tessitura).

L’archetipo semperiano - la casa-tempio origina-ria esemplificata dalla capanna caraibica esposta al Crystal Palace nel 1851 - combina insieme elementi pesanti e leggeri, duraturi ed effimeri, ripercorrendo lo stratificarsi storico di culture stanziali e noma-diche: la muratura in pietra del podio che solleva dal terreno il focolare-altare, il telaio in legno della capanna che sostiene le schermature di tappeti e tendaggi.

Le pareti tessili non coincidono più con la strut-tura tettonica che le sostiene: esse definiscono la forma e il carattere dello spazio interno, mentre all’esterno, come una maschera, rappresentano e nel contempo occultano la realtà costruttiva.6

Appaiono evidenti le potenzialità insite nella te-oria semperiana, se la si assume come griglia di lettura per reinterpretare le innovazioni nel procedi-mento progettuale novecentesco.

5 Cfr.: M. Schwarzer, German Architectural Theory and the Search for Modern Identity, Cambridge-New York, 1995.6 Cfr.: G. Fanelli, R. Gargiani, Il principio del rivesti-mento, Roma - Bari, 1994.

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Una ricerca di nuova chiarezza concettuale e compiuta risoluzione figurativa, per gli elementi del-la moderna costruzione, caratterizza l’opera di Mies van der Rohe.

Si può tentare di ripercorrere, attraverso Mies, la complessa evoluzione del discorso otto-novecen-tesco sull’architettura intesa come tettonica,7 che sembra condensarsi e raggiungere un primo mo-mento di codificazione nell’opera conclusiva della sua attività - la Neue Nationalgalerie di Berlino del 1968 - e che viceversa tende a interrompersi negli anni immediatamente successivi.

In quest’opera la parte propriamente tettonica della costruzione,8 la struttura portante in acciaio, è leggibile in sé, mentre le pareti atettoniche che dan-no forma allo spazio interno e all’involucro risultano indipendenti dalla struttura stessa.

Questa sintesi tra elementi autonomamente compiuti tende a risolvere una tensione conflittua-le fondamentale, che attraversa l’opera di Mies; essa sembra annunciare la riconciliazione tra le due 7 Cfr.: F. Dal Co, Areté. Dalle note e dai libri di Mies, in: “Casabella”, n. 526, 1986, pp. 39-43.8 D’ora in poi facciamo riferimento all’accezione origi-naria e più ristretta di tettonica, intesa da Semper in Der Stil come carpenteria, montaggio tramite giunzioni a secco di ele-menti finiti.

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principali direzioni della ricerca ottocentesca sulla nuova arte del costruire: il razionalismo strutturale francese e il principio del rivestimento germanico; la nuda struttura da esibire onestamente, secondo Viollet-le-Duc, e la parete dematerializzata di recin-zione, che coincide con il rivestimento, secondo Semper.

Fin dalla seconda metà degli anni venti, la ricer-ca sperimentale di Mies si concentra sulla scompo-sizione della moderna costruzione nei suoi elementi fondamentali: il simulacro del muro massiccio tradi-zionale si apre e disvela la propria realtà stratificata, liberando le singole componenti.

Questo processo giunge a una chiara espres-sione nel padiglione di Barcellona del 1929, inter-pretabile come prima ipotesi miesiana di definizione del paradigma costruttivo adeguato al nostro tem-po: la componente tettonica si è ormai emancipata dal recinto-rivestimento.

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La funzione di sostegno del tetto non si conci-lia con la libera disposizione delle pareti che danno forma agli spazi interni: come scriverà Perret, la ele-mentare necessità statica comporta la rigida sim-metria del telaio strutturale.

Come in Perret, l’esibirsi della struttura ne impli-ca il controllo figurativo: le colonne cruciformi in ac-ciaio - la forma nucleare, nella tettonica di Bötticher - si rivestono di metallo cromato - la forma artistica.

L’elemento recinto si è trasformato in parete atettonica: dematerializzati schermi marmorei, tra-sparenti o traslucidi, come semperiani tappeti ap-pesi allo scheletro strutturale.9

A Barcellona è presente anche un’altra trasfor-mazione di questo elemento: un recinto murario di natura stereotomica, fondato sul podio-terrapieno rivestito dello stesso materiale lapideo.

Anche nella successiva ricerca di Mies si tro-vano differenti opzioni per l’involucro di recinzio-ne spaziale, comunque non portante la copertu-ra: ciò sembra trovare corrispondenze nella teoria semperiana.

Semper infatti descrive ambiguamente l’origine dell’elemento-recinto: quando alle più antiche cul-ture stanziali meridionali - e alla tradizione della abi-tazione a corte, in muratura di pietra - si affiancano più recenti culture nomadiche nordiche - portatrici della tradizione della capanna in carpenteria lignea

9 La parete di origine tessile era stata tradotta alla let-tera da Mies nei tendaggi in seta e negli schermi vitrei delle mostre di Berlino e Stoccarda del 1927.

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- non avviene una semplice sovrapposizione della nuova componente tettonica sulla costruzione ste-reotomica più antica, che ne diviene la terrazza di fondazione, l’opera di sistemazione del terreno.

Semper introduce una più mediata possibilità di inclusione della struttura della capanna nel cortile interno della casa meridionale10: se il telaio ligneo sostiene la copertura a velario del cortile originario, la recinzione di questo spazio rimane in primo luogo di natura muraria stereotomica e non corrisponde esclusivamente alla parete tessile, connessa alla tradizione della capanna tettonica.11

Si può allora rileggere semperianamente la ricer-ca di Mies sulla casa a corte. I progetti degli anni trenta presentano invariabilmente un cortile delimi-tato da murature continue, nel quale è incluso uno

10 Così nascerebbero le sale ipostile e quindi la tradu-zione in pietra delle pareti di recinzione del luogo centrale dell’abitazione, nella tradizione dei popoli nordici-orientali: il megaron.11 La teoria semperiana trova evidenti corrisponden-ze nell’edilizia utilitaria ottocentesca e nelle opere contem-poranee ad essa ispirate. Labrouste nella Biblioteca Ste.-Geneviève introduce nell’architettura rappresentativa la di-stinzione tra scheletro in ferro e recinto murario, già diffusa nelle costruzioni industriali, che sarà teorizzata da Viollet-le-Duc. Nella Biblioteca Nazionale questa distinzione diviene più chiara: nello scrigno murario del pre-esistente cortile di palazzo Mazarin, Labrouste include uno scheletro tettonico in acciaio e ghisa - ora del tutto autonomo e compiuto - che sostiene la copertura a velario della nuova sala di lettura. Le moderne fabbriche con involucro in mattoni e struttura inter-na in ferro avevano già affascinato Schinkel, nel viaggio in Inghilterra del 1826.

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scheletro tettonico in carpenteria d’acciaio, a soste-gno di una copertura parziale dello spazio recintato; recinto murario e struttura si fondano su un podio-pavimentazione di natura stereotomica; distinte pareti trasparenti involucrano lo spazio coperto, mentre preziosi schermi atettonici lo suddividono internamente; un focolare funge da allusivo centro simbolico dell’edificio.

La distinzione tra parte stereotomica-tettonica della costruzione e componenti simbolico-spaziali, già fondamentale in Semper, appare evidente in questa fase della ricerca miesiana.

Se queste opere presentano una “decostruzio-ne” dell’unità del tipo classico in elementi costrutti-vo-figurativi autonomi, ciò sembra avere condotto a

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una irrisolta divaricazione tra forma nucleare e for-ma artistica.

La pittoresca asimmetria degli spazi del padi-glione di Barcellona - anche quando contenuta in un recinto regolare, come nelle case a corte degli anni trenta - implica un disvelamento parziale del-la realtà strutturale della costruzione. La copertura tende infatti a comportarsi come un velario atetto-nico continuo, per consentire la fluida composizio-ne degli spazi sottostanti: la presenza in vista delle membrature del solaio avrebbe condizionato la li-bera disposizione delle schermature verticali.

Ciò conduce Mies a un profondo riorientamen-to a partire dal trasferimento negli USA nel 1938; con i primi edifici per il campus dell’IIT, si apre una nuova fase di sperimentazione che, al fine di ren-dere compiutamente comprensibile la parte tettoni-ca della costruzione - in particolare per le strutture orizzontali - giunge a riavvicinare e riassimilare le componenti verticali nello spessore del muro tradi-zionale, nonché a fissarne la posizione: la dicotomia tra spazio-involucro e struttura tende a scomparire, riconducendo la ricerca miesiana verso la staticità del tipo classico.

La inevitabile ricomparsa del tema della facciata spinge Mies a un approfondimento delle tematiche della rappresentazione tettonica, che sembra riferi-bile alle categorie di Bötticher.12

12 Sia Semper che Bötticher affermano la necessità che il rivestimento esprima la realtà strutturale retrostante: tuttavia per Semper la parete è un autonomo elemento della costru-zione che riveste sia gli spazi che le strutture, esprimendo

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Se le strutture in acciaio con sezione standard ad H, ricomprese nello spessore del muro nei primi edifici dell’IIT, devono essere annegate in pilastri di cemento per resistere al fuoco, la forma nucleare necessita di una espressione in forma artistica in facciata, per rimanere leggibile: elementi a C in ac-ciaio, sovradimensionati rispetto alla struttura retro-stante e composti a formare corpi cavi intermedi ed eleganti soluzioni d’angolo, mettono in scena con-vincenti rappresentazioni di equilibrio statico.13

In questa fase Mies sta dunque indagando su una ulteriore interpretazione della parete semperia-na: un’opzione di mediazione - la chiara distinzione

propri motivi formali tessili - si spiegano gli sviluppi wagneriani e loosiani della teoria del rivestimento nel senso della indiffe-renza dell’involucro rispetto alla struttura retrostante - mentre per Bötticher si deve manifestare in facciata una rappresen-tazione convincente della componenente tettonica - tramite il rivestimento specifico della stessa - che deve essere distinta dai riempimenti atettonici.13 Ciò sembra confrontabile con le riflessioni di Bötticher e Semper sull’estetica delle costruzioni in ferro. Bötticher è un sostenitore di un nuovo stile che nascerà dal principio stati-co delle strutture in ferro, pur rifiutandone una esibizione non artisticamente mediata. Semper viceversa condanna l’impie-go di strutture in ferro in barre nell’architettura rappresenta-tiva - Biblioteca Ste.-Geneviève di Labrouste - per l’esilità e apparente precarietà statica, mentre lo ammette nell’edilzia utilitaria - Crystal Palace di Paxton. Egli accenna tuttavia allo sviluppo di sistemi costruttivi in corpi cavi strutturali - desun-ti dagli antichi rivestimenti in metallo - che consentirebbero una accettabile espressione monumentale delle componenti tettoniche in ferro.

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in facciata tra struttura e riempimenti, già ampia-mente sperimentata da Perret - più vicina alla capanna caraibica - si veda l’ennesimo paradig-ma dell’abitazione proposto da Mies nella casa Farnsworth (1945-50) - e alle analoghe intuizioni di Bötticher sulla origine della parete in forma di tap-peti sospesi tra le membrature tettoniche.

Le contraddittorie direzioni di ricerca della fase americana trovano un momento di drammatica con-flittualità quando Mies affronta il tema della grande aula senza sostegni interni: nella Crown Hall all’IIT (1950-’56), travi di grande luce sostengono una co-pertura sospesa sottostante.

Ciò comporta la reintroduzione di una forte am-biguità; dall’interno dell’edificio non è più leggibi-le alcuna relazione tra sostegni verticali e tetto: le strutture orizzontali sono nuovamente oscurate da un velario atettonico.

Se Mies ha ormai compiuto una serie di verifi-che approfondite in molte direzioni, il riaprirsi della divaricazione irrisolta tra struttura e involucro può finalmente produrre un tentativo di sintesi.

Esso trova origine nella sperimentazione sull’a-bitazione: nella casa 50X50 (1950) Mies introduce una nuova soluzione di copertura con struttura spa-ziale a orditura incrociata.

Da questa soluzione tettonica egli può inizia-re una fase di ricerca, che si sviluppa in partico-lare attraverso due progetti, la sede Bacardi a Cuba (1957) e il museo Georg Schäfer (1960), e

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trova compimento nella realizzazione della Neue Nationalgalerie a Berlino.

Nella sede Bacardi si definisce l’ultima versione dell’archetipo moderno ricercato da Mies.

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Rispetto alla casa 50X50, la più radicale inno-vazione concettuale è costituita dal ritorno alla co-lonna cruciforme: Mies abbandona la soluzione a elementi di sostegno d’acciaio con sezione ad H14, per adottare una struttura simmetrica in cemento armato con colonne cruciformi rastremate, sposta-te dagli angoli; esse portano una piastra di copertu-ra a cassettoni, che si presenta in prospetto come la trabeazione di un ordine classico.

14 La sezione ad H era collegata alla reintegrazione nello spessore del muro di struttura e recinto, prestandosi alla rap-presentazione tettonica in facciata, e ad accogliere le pareti di tamponamento; il ritorno alla colonna cruciforme implica che la struttura si emancipi nuovamente dall’involucro.

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Il passaggio successivo è la traduzione in ac-ciaio del paradigma definito nella sede Bacardi, nel progetto per il museo Georg Schäfer.

Qui la lastra del tetto è costituita da travi a I, incro-ciate e saldate; le colonne cruciformi non rastrema-te sono costituite da profilati a T saldati: si è definito il partito architettonico per la Neue Nationalgalerie.

Nella semperiana operazione di traduzione da un materiale all’altro, non sono sostanzialmente mutati gli spessori visibili degli elementi strutturali, né i rapporti tra gli elementi stessi: le sezioni adot-tate consentono a Mies di presentare facce piatte esterne, di dimensioni simili a quelle della originaria struttura in cemento armato.

In questi corpi cavi a sezione aperta sembra tor-nare la lezione sull’adeguata espressione tettonica della struttura in acciaio, appresa nei progetti per l’IIT.

Nel passaggio alla realizzazione nella Neue Nationalgalerie di Berlino, il tempio periptero mie-siano presenta uno sviluppo fondamentale: l’elimi-nazione del controsoffitto, sospeso all’interno della cella nelle due precedenti versioni, comporta che la struttura rimanga finalmente visibile in tutte le sue articolazioni.

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Ma la copertura a cassettoni - dati i notevoli aggetti angolari - può ancora presentarsi come un piano continuo sospeso sullo spazio sottostante; il recinto spaziale rimane un involucro dematerializza-to, distanziato dallo scheletro strutturale.

Se in questa versione aggiornata della capanna semperiana Mies riesce dunque a raggiungere una compiuta espressione distinta di spazio e tettoni-ca, gli estremi opposti della sua ricerca si risolvono ora in un nuovo equilibrio dialettico: una sintesi di apertura spaziale e disciplina strutturale che ten-de al raggiungimento di una nuova classicità, rein-staurando un rapporto di necessità reciproca tra gli elementi della costruzione: terrazza stereotomica, scheletro tettonico, pareti tessili.

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Tuttavia questo recupero di una relazione mo-derna tra Kunstform e Kernform non si configura come un consolatorio, antistorico ritorno nella dire-zione della statica coincidenza di firmitas, utilitas e venustas.

La Neue Nationalgalerie - in continuità con i ten-tativi ottocenteschi - annuncia viceversa una prima ipotesi di composizione delle irriducibili differenze che attraversano la moderna costruzione, tendendo al compimento15 di un nuovo ordine formale aperto, dinamico e internamente conflittuale.

Da qui forse si può ripartire per ricercare spe-rimentalmente nuove direzioni per l’avanzamento dell’arte del costruire del nostro tempo, quando si voglia loosianamente riprenderne il filo interrotto.

15 Cfr.: M. Cacciari, Nihilismo e progetto, in: “Casabella”, n. 483, 1982, pp. 50-51; M. Tafuri, Storia dell’architettura ita-liana 1944-1985, Torino, 1986, pp. 235-242.

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