studio del fondo di protoni nell’esperimento pamela per la...
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Universita degli Studi di Firenze
Dipartimento di Fisica
Dottorato di Ricerca in Fisica, XX Ciclo
Settore Disciplinare: Fisica Nucleare e Subnucleare (FIS04)
Tesi di Dottorato
Studio del fondo di protoni
nell’esperimento PAMELA per la
misura di antiprotoni
David Fedele
Relatore:
Dr.
Paolo Papini
Coordinatore Dottorato:
Prof.
Alessandro Cuccoli
Firenze, 31 Dicembre 2007
A mio figlio e alla sua
splendida mamma.
Introduzione
PAMELA (Payload for Antimatter/Matter Exploration and Light Nu-
clei Astrophisics) e un telescopio montato su satellite, concepito per lo
studio delle particelle cariche che compongono i raggi cosmici e ottimiz-
zato per la rivelazione della componente di antimateria della radiazione
cosmica.
L’utilizzo di palloni aerostatici come veicolo per l’apparato sperimen-
tale, utilizzato dai precedenti esperimenti per la rivelazione diretta dei
raggi cosmici, comporta una bassa statistica, dovuta al breve periodo di
presa dati a cui sono soggetti i voli su pallone, ed un fondo di particelle
dovute all’interazione dei raggi cosmici primari con l’atmosfera residua
presente alle altitudini tipiche di questo tipo di esperimenti. Questi effet-
ti limitano la precisione e l’intervallo energetico che si possono ottenere
nelle misure, soprattutto per la componente di antimateria la cui rivela-
zione e penalizzata dalla bassa percentuale di antiparticelle presenti nei
raggi cosmici.
L’esperimento PAMELA, essendo posto su un satellite, ha la possibi-
lita di rivelare le particelle della radiazione cosmica per un arco di tempo
sufficientemente lungo (maggiore di tre anni) al di fuori dell’atmosfera
terrestre. Dopo un’introduzione alla fisica dei raggi cosmici, a cui e dedi-
cato il capitolo 1, verranno descritti in dettaglio nel capitolo 2 il sistema
di rivelatori che compongono il telescopio e le caratteristiche della mis-
sione spaziale.
Durante il dottorato di ricerca una parte del lavoro e stata incentrata
sulla creazione, lo sviluppo e il mantenimento dei programmi di moni-
toraggio dello spettrometro magnetico. Questi programmi, eseguiti sui
dati non appena questi vengono trasferiti a terra, sono necessari per una
i
Introduzione
conoscenza della operativita dell’apparato nel piu breve tempo possibile.
In questo modo e possibile sia chiedere la ritrasmissione dei dati a terra,
se questi vengono danneggiati durante il trasferimento, sia effettuare cor-
rezioni tempestive per eventuali malfunzionamenti dei rivelatori tramite
l’invio di appositi comandi al satellite. Nel capitolo 3, insieme ad una
descrizione del trattamento dei dati effettuato direttamente in volo, ven-
gono descritte le informazioni che possono essere estratte dai programmi
di monitoraggio di PAMELA, con particolare attenzione a quelli riguar-
danti lo spettrometro magnetico.
Un’altra parte del lavoro da me svolto nel corso del dottorato e stato
rivolto all’ottimizzazione, con l’utilizzo di un programma di simulazione
dell’apparato, dell’algoritmo di riconoscimento e ricostruzione delle trac-
ce prodotte all’interno dello spettrometro magnetico dal passaggio delle
particelle cariche. Questo lavoro e descritto approfonditamente nel capi-
tolo 4 insieme ad una descrizione del trattamento dei dati una volta che
questi vengono trasferiti a terra.
Infine, nel quinto ed ultimo capitolo, viene descritto in dettaglio lo
studio condotto sulla contaminazione di protoni nella misura di antipro-
toni. Questo studio, effettuato con l’aiuto del programma di simulazione
di PAMELA, ha avuto lo scopo di ottimizzare i criteri di selezione per
gli antiprotoni, ovvero la scelta dei tagli da applicare ad alcune variabi-
li, misurate dallo spettrometro e scelte accuratamente, che permettano
di rendere il contributo del fondo di protoni (spillover), nella misura
dello spettro di antiprotoni, trascurabile fino alla piu alta energia possi-
bile, mantenendo comunque una buona efficienza. Nell’ultima parte del
capitolo e fornita una stima del rapporto misurato antiprotoni/protoni
relativa al campione di dati raccolti in volo da PAMELA in un anno di
presa dati, applicando i tagli individuati dallo studio sullo spillover.
ii
Indice
Introduzione i
1 I raggi cosmici 1
1.1 Spettro e composizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 L’antimateria nei raggi cosmici . . . . . . . . . . . . . . 10
1.2.1 Gli antiprotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
2 L’esperimento PAMELA 19
2.1 Caratteristiche della missione . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.2 Obiettivi scientifici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2.3 L’apparato sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
2.4 Lo spettrometro magnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.4.1 Il magnete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
2.4.2 Il sistema tracciante . . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.5 Ulteriori rivelatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
2.5.1 Il calorimetro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
2.5.2 Il sistema di tempo di volo . . . . . . . . . . . . . 38
2.5.3 Il sistema di anticoincidenze . . . . . . . . . . . . 39
2.5.4 Il rivelatore di neutroni . . . . . . . . . . . . . . . 41
2.6 Stato dell’esperimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
3 Il monitoraggio dell’apparato 45
3.1 Calibrazione e acquisizione dati . . . . . . . . . . . . . . 45
3.1.1 La calibrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
3.1.2 La compressione dei dati . . . . . . . . . . . . . . 48
3.2 Uno sguardo ai dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
iii
INDICE
3.2.1 Caratteristiche orbitali . . . . . . . . . . . . . . . 50
3.2.2 Lo spettrometro magnetico . . . . . . . . . . . . . 55
4 Il tracciamento nello spettrometro magnetico 65
4.1 Riduzione dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
4.1.1 Analisi del segnale . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
4.1.2 Ricostruzione del punto d’impatto . . . . . . . . . 67
4.2 La simulazione di PAMELA . . . . . . . . . . . . . . . . 75
4.2.1 Simulazione del flusso di particelle . . . . . . . . . 77
4.3 L’algoritmo di tracciamento . . . . . . . . . . . . . . . . 78
4.3.1 Individuazione dei punti spaziali . . . . . . . . . . 82
4.3.2 Ricerca dei candidati traccia . . . . . . . . . . . . 85
4.3.3 Ricostruzione della traccia . . . . . . . . . . . . . 95
5 Studio della contaminazione di protoni nella misura di
antiprotoni 107
5.1 La contaminazione di protoni nella misura di antiprotoni 108
5.1.1 Cause della contaminazione . . . . . . . . . . . . 108
5.1.2 Il campione di dati simulati . . . . . . . . . . . . 109
5.2 Ottimizzazione dei criteri di selezione . . . . . . . . . . . 114
5.3 Selezione di antiprotoni nei dati di volo . . . . . . . . . . 120
5.4 Confronto tra il campione simulato e quello di volo ad alte
energie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124
5.5 Stima del rapporto antiprotoni-protoni . . . . . . . . . . 126
Conclusioni 129
iv
Elenco delle figure
1.1 Abbondanze relative degli elementi costituenti i raggi co-
smici e il sistema solare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 Flusso differenziale dei raggi cosmici sopra l’atmosfera . . 5
1.3 Schematizzazione del campo magnetico terrestre . . . . . 7
1.4 Flusso differenziale dei raggi cosmici alle piu alte energie 8
1.5 Tasso di produzione secondaria di antiprotoni . . . . . . 13
1.6 Flusso di antiprotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
1.7 Rapporto antiprotoni/protoni . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.8 Frazione di positroni in funzione dell’energia all’inizio del-
l’atmosfera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2.1 Il satellite Resurs-DK1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.2 Schema generale del telescopio PAMELA . . . . . . . . . 24
2.3 La torre magnetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
2.4 Modulo magnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
2.5 Foto di un piano di silicio . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
2.6 Schema di un sensore al silicio . . . . . . . . . . . . . . . 32
2.7 Schematizzazione delle due facce di un ladder . . . . . . 35
2.8 Il calorimetro dell’esperimento PAMELA . . . . . . . . . 38
2.9 Schematizzazione del TOF . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
2.10 Foto del rivelatore di neutroni . . . . . . . . . . . . . . . 41
2.11 Foto del lancio del satellite . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
3.1 Schematizzazione dell’algoritmo di compressione . . . . . 49
3.2 Conteggi nei tre piani del TOF in tre orbite . . . . . . . 51
v
ELENCO DELLE FIGURE
3.3 Conteggi nel primo piano del TOF in funzione della posi-
zione orbitale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
3.4 Mappa dei conteggi nel primo piano del TOF in funzione
della posizione orbitale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
3.5 Piedistalli e rumore intrinseco ottenuti in una calibrazione
per due viste dello spettrometro . . . . . . . . . . . . . . 55
3.6 Dimensione dei pacchetti di dati acquisiti dallo spettrometro 56
3.7 Segnali registrati in eventi immediatamente successivi alla
calibrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
3.8 Tempo di compressione dei dati . . . . . . . . . . . . . . 59
3.9 Illuminazione di una vista dello spettrometro . . . . . . . 60
3.10 Distribuzione del segnale massimo per una vista dello spet-
trometro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
3.11 Temperatura nello spettrometro magnetico . . . . . . . . 62
4.1 Distribuzione H(η2) della variabile η2 . . . . . . . . . . . 68
4.2 Schematizzazione di una traccia inclinata nel sensore e
della messa a punto al test su fascio . . . . . . . . . . . . 70
4.3 Residui spaziali medi in funzione dell’angolo d’inciden-
za per η4, η2 ed η2 corretto. Correzione ∆ in funzione
dell’angolo. Dati del test su fascio . . . . . . . . . . . . . 72
4.4 Residui spaziali medi nel piano inferiore dello spettrome-
tro in funzione dell’angolo d’incidenza per η4, η2 ed η2
corretto. Correzione ∆ in funzione dell’angolo. . . . . . 73
4.5 Distribuzione dei residui spaziali per la vista X del piano
inferiore dello spettrometro ottenuti con η4, η2 ed η2 corretto 74
4.6 Schematizzazione dello spettrometro magnetico, del calo-
rimetro e del TOF di PAMELA. . . . . . . . . . . . . . . 79
4.7 Esempio di un evento “pulito”. . . . . . . . . . . . . . . 81
4.8 Associazione di cluster per formare il punto d’impatto di
una particella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82
4.9 Correlazione di carica in un piano dello spettrometro . . 83
4.10 Traccia contenuta in una singola colonna . . . . . . . . . 84
4.11 Distribuzioni delle differenze per la coordinata y0 per tutte
le combinazioni di due punti dello spazio dei parametri . 88
vi
ELENCO DELLE FIGURE
4.12 Il principio dell’approccio combinatoriale della trasforma-
ta di Hough . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89
4.13 Distribuzioni nello spazio dei parametri delle distanze nor-
malizzate. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
4.14 Candidati traccia per l’evento di figura 4.10 . . . . . . . 93
4.15 Candidati traccia per l’evento di figura 4.7 . . . . . . . . 94
4.16 Distribuzione per la determinazione di Ksx per l’inclusione
dei singoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
4.17 Evento con il numero minimo di piani con segnale . . . . 100
4.18 Evento con segnali di rumore oltre a quelli dovuti alla
particella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
4.19 Evento con backscattering dal calorimetro . . . . . . . . 102
4.20 Distribuzione del χ2 minimo ricostruito per il campione di
protoni con impulso di 1 TeV . . . . . . . . . . . . . . . 103
4.21 Distribuzione delle differenze fra la deflessione misurata e
quella simulata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104
4.22 MDR valutata per i campioni con braccio di leva 5 e 6 . 105
5.1 Effetto della risoluzione spaziale finita sulla ricostruzione
della traccia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110
5.2 Effetto della diffusione multipla sulla traiettoria della par-
ticella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111
5.3 Confronto dei residui nella vista Y e X per il primo piano
per i dati di volo e per la simulazione . . . . . . . . . . . 113
5.4 Confronto delle distribuzioni del χ2 minimo ridotto dei
dati simulati e di quelli di volo . . . . . . . . . . . . . . . 114
5.5 Distribuzione in deflessione per i protoni di volo e per
quelli simulati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115
5.6 Funzione peso per gli eventi simulati . . . . . . . . . . . 116
5.7 Distribuzione in deflessione per i protoni di volo e per
quelli simulati pesati con la funzione P (η0) . . . . . . . . 117
5.8 Tagli per lo spillover con relativa efficienza per eventi con
braccio di leva 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118
5.9 Tagli per lo spillover con relativa efficienza per eventi con
braccio di leva 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
vii
ELENCO DELLE FIGURE
5.10 Distribuzione della perdita di energia media misurata nei
piani di silicio in funzione del valore assoluto della deflessione121
5.11 Distribuzione del χ2y in funzione del χ2
x . . . . . . . . . . 122
5.12 Distribuzione della perdita di energia media nei piani di
silicio in funzione della deflessione per gli eventi selezionati 124
5.13 Distribuzione in deflessione per gli eventi selezionati con
braccio di leva 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125
5.14 Ingrandimento nella zona attorno allo zero per le distribu-
zioni di figura 5.13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
5.15 Stima del rapporto p/p . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
viii
Elenco delle tabelle
2.1 Intervallo energetico e numero di eventi attesi per il tele-
scopio PAMELA per un periodo di presa dati di tre anni
in orbita. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
4.1 Derivate parziali prime delle coordinate ricostruite . . . . 97
ix
Capitolo 1
I raggi cosmici
Particelle elementari come protoni, elettroni e nuclei atomici viaggia-
no continuamente nello spazio attorno alla Terra, arrivando dal Sole e da
esplosioni di supernove o da altre sorgenti nella nostra galassia. Questo
tipo di radiazione fu scoperta nei primi anni dello scorso secolo grazie agli
studi condotti da diversi scienziati sulla variazione del tempo di scarica
di un elettroscopio al variare dell’altezza sul livello del mare.
Se la scarica fosse stata causata solo dalla radiazione naturale, questa
non avrebbe piu dovuto verificarsi una volta allontanato sufficientemente
l’elettroscopio dalla superficie terrestre. Infatti, se la radiazione respon-
sabile della scarica fosse stata composta da raggi γ provenienti dalla
superficie stessa, dei quali gia a quei tempi si conosceva il coefficiente di
assorbimento in aria, la velocita di scarica avrebbe dovuto dimezzarsi gia
a 80 m di altezza, mentre sulla torre Eiffel, a 330 m, avrebbe dovuto esse-
re trascurabile. Fu Wulf nel 1910 a condurre per primo esperimenti sulla
torre, trovando con sorpresa che la velocita di scarica dell’elettroscopio
diminuiva, ma non cosı come era stato ipotizzato; infatti, in cima alla
torre, misuro una velocita di scarica pari alla meta di quella osservata al
livello del mare.
La svolta avvenne nel 1912 e nel 1914 quando prima Hess e poi Ko-
lhorster, misurarono una velocita di scarica che, superando un’altezza di
1.5 km, addirittura aumentava al crescere dell’altitudine a cui venivano
effettuati gli esperimenti.
In seguito ai risultati di tali esperimenti si comincio a pensare i raggi
1
CAPITOLO 1. I raggi cosmici
cosmici (come questa radiazione ionizzante venne chiamata da Millikan
nel 1925) come composti da radiazione γ con un potere penetrante molto
maggiore rispetto a quello misurato nella radiazione naturale e penetrante
nell’atmosfera terrestre dall’esterno [1, 2, 3]. Questa interpretazione er-
rata fu corretta nel 1929 grazie agli esperimenti di Bothe e Kolhorster [4],
che misero in evidenza non solo che la radiazione cosmica era composta
da particelle cariche, ma anche che queste dovevano essere molto energe-
tiche.
Da questo momento fino all’avvento dei primi acceleratori di parti-
celle i raggi cosmici costituirono l’unico mezzo per la scoperta e lo studio
di nuove particelle. Nel 1932, infatti, Millikan e Anderson [5], usando un
elettromagnete, individuarono la presenza nelle camere a bolle di tracce
curve simili a quelle seguite dagli elettroni, ma attribuibili a particelle con
carica elettrica positiva, i positroni (che confermavano le previsioni di P.
Dirac sull’esistenza delle antiparticelle fatte cinque anni prima [6]); tale
scoperta fu confermata nel 1933 da Blackett e Occhialini [7]. Il muone fu
identificato per la prima volta da Anderson e Neddermeyer nel 1937 [8]
e ancora la scoperta del pione fatta da Lattes, Muirhead, Occhialini e
Powell nel 1947 [9], dopo che ne era stata predetta l’esistenza da Yukawa
sette anni prima [10].
Dal 1953 in poi la fisica subnucleare si e sviluppata sfruttando la pos-
sibilita di effettuare esperimenti ad energie sempre piu elevate grazie alla
produzione di “raggi cosmici artificiali” nei vari acceleratori; cosı l’inte-
resse nello studio dei raggi cosmici si e spostato sui problemi della loro
origine, dei meccanismi di accelerazione che li spingono fino ad energie
elevatissime, e della loro propagazione dalle sorgenti fino alla Terra.
La prima parte di questo capitolo e dedicata ad una piccola introdu-
zione su alcune caratteristiche ormai ben conosciute circa lo spettro e la
composizione dei raggi cosmici e l’influenza che il Sole e la Terra han-
no su questi. Nella seconda parte invece si introdurra la questione della
componente di antimateria che fa parte dei raggi cosmici, con particolare
attenzione a quella composta dagli antiprotoni.
2
1.1. Spettro e composizione
10-6
10-5
10-4
10-3
10-2
10-1
1
10
10 2
10 3
10 4
10 5
0 5 10 15 20 25 30
Numero atomico
Abb
onda
nza
rela
tiva
Figura 1.1: Confronto tra le abbondanze relative, normalizzate al carbo-nio (=100) degli elementi costituenti i raggi cosmici e il sistema solare. Iquadrati indicano le abbondanze degli elementi nei raggi cosmici, mentrei triangoli quelle nel sistema solare (i dati sono estratti da [11]).
1.1 Spettro e composizione
I raggi cosmici che arrivano sull’atmosfera terrestre sono composti per il
98% da protoni e da nuclei, mentre il 2% e costituito da elettroni. Tra
le specie adroniche la componente predominante e costituita dai protoni
(87%), seguita da nuclei di elio (12%) e da nuclei piu pesanti per la fra-
zione rimanente.
I raggi cosmici possono essere divisi in due gruppi: quelli primari, pro-
venienti direttamente da sorgenti galattiche o extra-galattiche, e quelli
secondari, prodotti dalle interazioni dei primari con i nuclei presenti nel
mezzo interstellare. A causa di tali interazioni si formano per spallazione
3
CAPITOLO 1. I raggi cosmici
nuclei che sono rari in oggetti astrofisici, come per esempio Li, Be, B,
Sc, Ti, V . Questo si puo verificare confrontando le abbondanze relative
misurate nei raggi cosmici con quelle del sistema solare. In figura 1.1 si
notano delle differenze significative, le due composizioni sono simili, ma
nei raggi cosmici sono presenti in abbondanza elementi che invece sono
molto rari nel sistema solare.
Dal rapporto fra le abbondanze delle specie secondarie rispetto a quel-
le primarie si possono ottenere informazioni circa l’origine e la propaga-
zione dei raggi cosmici. Tale rapporto indica che, in media, i raggi cosmici
con energia dell’ordine dei GeV/nucleone attraversano circa 5÷10 g/cm2
di materiale [12] nel percorso che compiono dalle sorgenti fino a quando
vengono rivelati. Dal confronto di questo valore con la materia contenuta
lungo una linea di vista che attraversa il disco della galassia, che e ∼ 10−3
g/cm2, si puo dedurre che i raggi cosmici sono confinati all’interno di un
volume limitato per un lungo periodo di tempo. I risultati sperimentali
sono compatibili con un tempo di confinamento nella nostra galassia di
circa 107 anni. Il confinamento risulta anche in accordo con la comple-
ta isotropia osservata per il flusso, almeno fino ad energie dell’ordine di
1015 ÷ 1016 eV/n.
I dati raccolti sul flusso di raggi cosmici, in un ampio intervallo di
energie, permettono di studiare la natura delle sorgenti e i meccanismi
che consentono a queste di accelerarli fino alla massima energia osservata
(∼ 1020 eV). L’andamento del flusso differenziale in funzione dell’ener-
gia, per energie minori di 10 TeV, e mostrato in figura 1.2. Dall’analisi
dello spettro dei raggi cosmici si deduce che il meccanismo di accelera-
zione delle particelle non puo essere di origine termica (come avviene per
esempio nel sole), poiche, piuttosto che uno spettro di corpo nero, si ha
un andamento rappresentato da una legge di potenza
dN(E) ∝ E−αdE (1.1)
dove E e l’energia cinetica per nucleone e α e chiamato indice spettrale
differenziale. Nell’intervallo di energie compreso tra ∼ 10 GeV÷ ∼ 100
TeV (figura 1.2) e stato misurato α = 2.5 ÷ 2.7. Per energie minori di
∼ 10 GeV, l’andamento del flusso e influenzato da un effetto combinato
di modulazione dovuta sia al vento solare sia al campo magnetico terre-
4
1.1. Spettro e composizione
Dif
fere
nti
al
flu
x (
m2 s
r s
MeV
/nu
cleon
)−1
Kinetic energy (MeV/nucleon)
H
He
C
Fe
105 10610410310210 107
10−5
10−6
10−7
10−8
10−9
10−4
10−3
10−2
0.1
10
1
Figura 1.2: Flusso differenziale in funzione dell’energia dei raggi cosmicigalattici (sono riportati nuclei di idrogeno, elio, carbonio e ferro) ottenutocon osservazioni effettuate al di fuori dell’atmosfera terrestre [13].
5
CAPITOLO 1. I raggi cosmici
stre. Il vento solare e formato da un flusso continuo di elettroni e nuclei
leggeri ionizzati di bassa energia emessi dal Sole con una velocita compre-
sa fra 300 km/s e 800 km/s, che estende il campo magnetico della stella
nel sistema solare fino ad circa 100 AU1. Questo vento solare influen-
za le particelle di bassa energia della radiazione cosmica rallentandole;
l’effetto, conosciuto come “modulazione solare”, genera una variazione
nell’intensita del flusso a energie inferiori alla decina di GeV in anticoici-
denza con l’attivita solare, che segue un ciclo principale della durata di
circa 11 anni. Un ulteriore influenza del Sole sui raggi cosmici e dovuta
ad eventi sporadici come i “flare solari” o le “coronal mass ejection”,
formati da getti di particelle energetiche (fino a qualche decina di GeV)
espulsi dalla fotosfera e dalla corona solare rispettivamente.
Il flusso di raggi cosmici che arrivano sulla Terra e influenzato anche
dal campo magnetico terrestre che agisce diversamente sulle particelle
in funzione della diversa latitudine di incidenza. Il campo magnetico
terrestre e caratterizzato (come schematizzato in figura 1.3) da un an-
damento in prima approssimazione dipolare con l’asse inclinato di circa
11◦ rispetto all’asse di rotazione terrestre e il polo nord magnetico po-
sizionato nell’emisfero meridionale del globo terrestre. L’intensita di B,
espressa in Gauss, e data approssimativamente da:
B(r, λ) ' 0.31 G
(r/rE)3
√1 + 3 sin2 λ (1.2)
dove λ rappresenta la latitudine geomagnetica, che dipende sia dalla lati-
tudine che dalla longitudine geografiche (a causa dell’inclinazione fra gli
assi magnetico e di rotazione), rE e il raggio della Terra e r e la distanza
tra il suo centro e il punto d’interesse.
L’effetto di attenuazione, dipendente dalla posizione geografica, subi-
to dai raggi cosmici e dovuto proprio alla presenza di λ nella precedente
espressione. Per caratterizzare questo effetto si definisce il taglio geo-
magnetico verticale che e il valore minimo della rigidita che deve avere
una particella, che viaggia perpendicolarmente alla superficie terrestre,
per raggiungere quest’ultima nonostante la deflessione subita dal campo
1L’Unita Astronomica (AU) corrisponde alla distanza media tra il Sole e la Terrache vale circa 149598 · 103 km.
6
1.1. Spettro e composizione
Figura 1.3: Schematizzazione del campo magnetico terrestre, sono mo-strati sia l’inclinazione dell’asse magnetico sia la posizione dei polimagnetici NB e SB rispetto a quelli geografici.
magnetico.
La rigidita R di una particella e definita come il rapporto:
R =p
Ze(1.3)
fra il modulo del suo impulso p = |p| e la sua carica q = Ze ed e normal-
mente espressa in GV/c. Questa grandezza e di fondamentale importanza
quando si parla di particelle cariche in moto dentro un campo magnetico
perche queste a parita di rigidita, anche se hanno impulso e carica diffe-
renti, vengono curvate nella stessa direzione e con la stessa curvatura a
causa della forza di Lorentz (vedi sezione 2.4.2). La variazione del taglio
geomagnetico verticale con la latitudine λ puo essere approssimato dalla
7
CAPITOLO 1. I raggi cosmici
0.1
1
10
1011 1012 1013 1014 1015 1016 1017 1018 1019 1020 1021
E [eV/nucleus]
E2
.7dN/dE
[cm
–2
s–
1 s
r–
1
GeV
1.7
]
Figura 1.4: Flusso differenziale dei raggi cosmici alle piu alte energie. Ilflusso e stato moltiplicato per E2.7 per evidenziare i cambio di pendenzanella regione del “ginocchio” (intorno a 3 · 1015 eV/nucleo) e in quelladella “caviglia” (3 · 1018 eV/nucleo (da Ref. [13]).
seguente formula [14]:
R cut-off ' 14.9 GV/c cos4 λ . (1.4)
Se si studia la dinamica delle particelle cariche nel campo magnetico
terrestre e possibile dimostrare come alcune particelle di bassa energia
vengano intrappolate attorno alla Terra. Ne sono una prova le due fasce
di radiazione scoperte da Van Allen nel 1958 con un contatore geiger a
bordo di un satellite Explorer. La fascia interna contiene principalmente
protoni (E ∼ 10 − 100 MeV) e si estende sopra l’equatore tra 1.5 e 2.5
raggi terrestri; l’altra contiene elettroni di energie fino ad 10 MeV e si
estende in una regione compresa fra 4 e 6 raggi terrestri. Per una de-
8
1.1. Spettro e composizione
scrizione piu accurata del campo magnetico terrestre il modello di dipolo
non e piu sufficiente, ma occorre prendere in considerazione le differen-
ze che si osservano in particolare nella regione chiamata “anomalia sud
atlantica”, dove le fasce di radiazione si trovano a piu basse altitudini e
dove il taglio geomagnetico non corrisponde piu a quello dato dalla equa-
zione 1.4. Un esempio dell’effetto delle particelle intrappolate nelle fasce
di radiazione sulla frequenza dei conteggi effettuati da PAMELA verra
mostrato in figura 3.4.
Fino ad ora abbiamo considerato raggi cosmici fino ad energie del-
l’ordine della decina di TeV; per questi il valore dell’indice spettrale e
la composizione sembrano essere in accordo con i modelli che suppon-
gono l’accelerazione dovuta alle violenti onde d’urto prodotte durante le
esplosioni di supernove nella nostra galassia. Per quanto riguarda energie
maggiori i dati sperimentali sono rappresentati in figura 1.4, dove stavol-
ta il flusso e moltiplicato per E2.7 ed e riportato in funzione dell’energia
cinetica per nucleo, in quanto per energie maggiori del TeV non e possi-
bile l’identificazione delle specie nucleari. In questo spettro si puo vedere
il cambio di pendenza attorno ad un valore di energia di circa 3 · 1015
eV/nucleo (la cosiddetta regione del “ginocchio”), segno che il processo
di accelerazione dovuto alle onde d’urto prodotte dalle supernove viene
sostituito probabilmente da un’altro meccanismo che incrementa l’indice
spettrale. Una successiva variazione nello spettro, con diminuzione del-
l’indice spettrale, si trova nella regione della “caviglia” attorno a valori di
energia di circa 3 · 1018 eV/nucleo. La ragione di queste variazioni non e
ancora ben compresa, sono state proposte molte possibili spiegazioni per
la zona di alte energie dove fallisce la teoria delle supernove; per esempio
i raggi cosmici oltre la caviglia potrebbero essere originati da sorgenti
extragalattiche come i nuclei galattici attivi (AGN). Un primo risultato
interessante che avvalora questa ipotesi e dato dalla recente analisi dei
dati dell’esperimento AUGER [15] .
Il problema di rivelare i raggi cosmici in tutto l’intervallo di energie ri-
coperto dal loro spettro, a cui e associata anche una grossa variazione nei
flussi di particelle al variare dell’energia, comporta l’utilizzo di differenti
apparati e tecniche di rivelazione in base alla regione energetica che si
vuole esplorare. Cosı, se per esplorare la regione al di sotto del ginocchio
9
CAPITOLO 1. I raggi cosmici
si possono effettuare misure “dirette” con rivelatori a bordo di palloni
aerostatici o di satelliti in orbita terrestre, che permettono di identificare
le particelle prima che queste interagiscano con l’atmosfera, per investi-
gare le energie piu alte, a causa del basso flusso e alla scarsa accettanza
di questi esperimenti che limitano la statistica, occorre ricorrere all’uso
di misure “indirette” con la rivelazione, su grandi porzioni della superfi-
cie terrestre, degli sciami prodotti dall’interazione dei raggi cosmici con
le molecole dell’atmosfera (un esempio e rappresentato dall’esperimento
AUGER [15]).
1.2 L’antimateria nei raggi cosmici
Il concetto di antiparticella fu proposto per la prima volta nel 1928 da
Dirac [6, 16] che postulo l’esistenza di una particella con le stesse carat-
teristiche dell’elettrone ma con carica elettrica di segno opposto. Dopo
pochi anni Anderson [5, 17] trovo nei raggi cosmici la particella ipotizza-
ta da Dirac.
Alla fine degli anni ’70 in due esperimenti distinti, Golden [18] e Bo-
gomolov [19] scoprirono nei raggi cosmici l’antiprotone che era gia stato
osservato nel 1955 in laboratorio da Chamberlain e Segre [20].
Un problema ancora irrisolto, che riguarda l’antimateria nell’universo,
puo essere formulato con questa domanda: assumendo che le condizioni
iniziali dell’universo fossero simmetriche, come mai osserviamo un uni-
verso apparentemente composto solo da materia e quindi asimmetrico?
Per giustificare questa asimmetria sono state formulate durante gli
anni varie ipotesi che possono essere riassunte in due modelli:
1. Modello asimmetrico in cui si ipotizza un meccanismo di rot-
tura della simmetria originale. Nel 1967 Sakharov [21] individuo 3
condizioni necessarie perche tale asimmetria possa svilupparsi:
i) Non equilibrio termodinamico: condizione soddisfatta da un
Universo in espansione come il nostro.
ii) Violazione di C (verificata nei decadimenti deboli per esempio
del pione) e di CP (scoperta nei decadimenti di K e K).
10
1.2. L’antimateria nei raggi cosmici
iii) Non conservazione del numero barionico: ancora da verificare
sperimentalmente.
2. Modello simmetrico che ipotizza l’esistenza di domini di materia
ed antimateria separati, almeno a livello di cluster di galassie per
spiegare la mancanza di segnali di annichilazione ai confini, per cui
si avrebbe una asimmetria solo locale.
Lo studio dell’antimateria nei raggi cosmici, in particolare degli antipro-
toni e degli antinuclei, potrebbe gettare nuova luce sui modelli fino ad
ora ipotizzati. Infatti, confrontando la forma dello spettro misurato con
quello previsto teoricamente, sara forse possibile risalire all’origine galat-
tica o extragalattica della componente di antimateria nei raggi cosmici.
Un altro problema, fra i piu affascinanti nel panorama della fisica,
e rappresentato dalla rivelazione di segnali dovuti alla materia oscura
non barionica presente nell’Universo. Ad oggi esistono diverse teorie che
tentano di spiegare la natura di questo tipo di materia, diversa da quel-
la ordinaria, che costituisce il 90% della massa dell’Universo e che pero
non e osservabile con strumenti ottici perche non luminosa. Nessuna di
queste teorie ha ancora trovato verifica in quanto non esistono ancora
misure che permettano di stabilire la composizione della materia oscura.
Una ulteriore indicazione della sua esistenza avviene alla fine degli anni
’70 quando alle ripetute evidenze sperimentali tramite l’analisi dinamica
di corpi celesti (quali per esempio gli ammassi di galassie) e il lensing
gravitazionale si aggiunge la necessita, a livello teorico, della esistenza
di materia oscura non barionica per spiegare i meccanismi di formazione
delle galassie e degli ammassi di galassie.
Per quanto riguarda la materia oscura barionica, costituita da ma-
teria ordinaria, sappiamo che e costituita da nubi di gas e da oggetti
astronomici compatti (come per esempio le nane brune), tale tipologia
di materia non e pero sufficiente per spiegare l’ammontare di materia
oscura nelle galassie. I possibili candidati a costituenti della materia
oscura possono essere ricercati in molte teorie che sono estensioni del
modello standard delle particelle elementari; queste teorie prevedono, in-
fatti, l’esistenza di nuove particelle diverse rispetto a quelle ordinarie.
La rivelazione di materia non barionica nell’Universo potrebbe quindi
11
CAPITOLO 1. I raggi cosmici
rappresentare una chiara conferma di una “nuova fisica” oltre il modello
standard. Il candidato piu interessante e plausibile per la materia oscura
sono le cosiddette WIMPs (Weakly Interacting Massive Particles) che
sembrano soddisfare i requisiti per esserne i fondamentali costituenti,
essendo stabili, debolmente interagenti e massive. Nelle estensioni super-
simmetriche del modello standard il candidato piu plausibile di WIMP e
il neutralino. Questo, quando si annichila con un altro neutralino, pro-
duce leptoni e antileptoni, quarks, gluoni, bosoni di gauge e bosoni di
Higgs. Alcuni di questi prodotti a loro volta possono dare origine a raggi
cosmici di antimateria che, se rivelati e identificati, costituirebbero una
prima verifica indiretta della natura della materia oscura.
Lo studio dell’antimateria nei raggi cosmici e concentrata in tre set-
tori principali (gli antiprotoni, i positroni e gli antinuclei) che hanno
problematiche e motivazioni scientifiche diverse. Per esempio la rivela-
zione, ancora mai avvenuta, di antinuclei sarebbe riconducibile alla sola
produzione in oggetti completamente composti da antimateria, in quan-
to la produzione secondaria di questi e fortemente soppressa rispetto a
quella di antiprotoni. Quest’ultima, ben conosciuta, fornisce un fondo
di antiprotoni nel flusso di particelle dei raggi cosmici abbastanza bas-
so (∼ 10−4 volte quello di protoni). La presenza di antiprotoni primari
potrebbe essere, quindi, piu facilmente individuabile rispetto alla ricerca
di positroni primari dal momento che i positroni secondari vengono pro-
dotti abbondantemente nelle interazioni dei raggi cosmici con il mezzo
interstellare.
In questa tesi l’attenzione e rivolta principalmente allo studio degli
antiprotoni.
1.2.1 Gli antiprotoni
L’unica sorgente conosciuta di p e rappresentata dalla produzione
secondaria che si ottiene dall’interazione dei raggi cosmici con il mezzo
interstellare. Tale produzione da un contributo che puo essere valutato
abbastanza bene poiche la reazione di produzione e nota; quella principa-
le, p p −→ p p p p , avviene quando l’energia cinetica del protone incidente
nel sistema di riferimento del protone a riposo supera una certa soglia.
12
1.2. L’antimateria nei raggi cosmici
Energia cinetica [GeV]
Tas
so d
i pro
duzi
one
di a
ntip
roto
ni [(
s cm
3 GeV
)-1]
10-32
10-31
10-30
10-1
1 10 102
Figura 1.5: In figura e rappresentato il tasso di produzione degli an-tiprotoni in funzione dell’energia cinetica per interazione con il mezzointerstellare. Le curve A e B derivano da due possibili parametrizzazio-ni del flusso di raggi cosmici nel mezzo interstellare. Si osserva che inentrambi i casi la forma spettrale e la stessa con un massimo intorno a2 GeV, ma il tasso di produzione puo variare anche del 50% al variaredel tipo di parametrizzazione. La diminuzione a basse energie dipendedalla riduzione della sezione d’urto di produzione di antiprotoni, mentread alte energie dipende dalla riduzione del flusso dei raggi cosmici.
Tale energia di soglia per la produzione di antiprotoni e di circa 5.7 GeV,
tuttavia la probabilita di produzione diventa apprezzabile solo oltre i 10
GeV.
La sorgente secondaria di antiprotoni puo essere valutata secondo
l’integrale [37]:
Qp(E) = 4πη
∫Jp(E
′)dσ(E, E
′)
dEdE
′(1.5)
13
CAPITOLO 1. I raggi cosmici
Figura 1.6: In figura e rappresentato il flusso di antiprotoni in funzio-ne dell’energia cinetica. E riportato anche l’intervallo di energia in cuil’esperimento PAMELA e in grado di misurare i flussi e le curve con-tinue rappresentano la predizione per la sola produzione secondaria nelmezzo interstellare [22].I dati riportati sono relativi ai seguenti esperi-menti: quelli di Golden nel ’79 e nell’84 [18, 23], Buffington nell’81 [24],quelli di Bogomolov nel ’79, ’87, ’90, ’03 [19, 25, 26, 27],LEAP87 [28],PBAR 87 [29], MASS 91 [30], IMAX 92 [31], CAPRICE 94 [32], CAPRI-CE98 [22], HEAT-pbar 00 [33], BESS 93, BESS 95+97, BESS 99 e BESS00 [34, 35, 36].
che fornisce il numero di antiprotoni prodotti per unita di volume, di
tempo e di energia per interazione dei raggi cosmici con il mezzo inter-
stellare.
Nell’equazione 1.5
Jp(E′) e il flusso differenziale di protoni nel mezzo interstellare
η e un fattore numerico che tiene conto della composizione nucleare del
14
1.2. L’antimateria nei raggi cosmici
Figura 1.7: In figura e rappresentato il rapporto tra il flusso di antipro-toni e quello di protoni. E riportato anche l’intervallo di energia in cuil’esperimento PAMELA e in grado di misurare i flussi e le curve con-tinue rappresentano la predizione per la sola produzione secondaria nelmezzo interstellare [22].I dati riportati sono relativi ai seguenti esperi-menti: quelli di Golden nel ’79 e nell’84 [18, 23], Buffington nell’81 [24],quelli di Bogomolov nel ’79, ’87, ’90, ’03 [19, 25, 26, 27],LEAP87 [28],PBAR 87 [29], MASS 91 [30], IMAX 92 [31], CAPRICE 94 [32], CAPRI-CE98 [22], HEAT-pbar 00 [33], BESS 93, BESS 95+97, BESS 99 e BESS00 [34, 35, 36].
mezzo interstellare e dei raggi cosmici.
dσ(E, E′) rappresenta la sezione d’urto per la produzione di un anti-
protone con energia compresa tra E ed E + dE quando il protone
incidente ha una energia E′.
In figura 1.5 e riportato l’andamento di Qp(E) in funzione dell’energia
cinetica, per due diverse parametrizzazioni del flusso primario di protoni.
15
CAPITOLO 1. I raggi cosmici
E da notare che il flusso di protoni che bisogna considerare per la pro-
duzione secondaria e quello presente nel mezzo interstellare. Per tenere
conto di cio partendo dalle misure nei raggi cosmici effettuate a 1 AU
bisogna creare un modello che descriva l’attenuazione del flusso a causa
della modulazione solare, invertirlo e ricavare la stima del flusso nel mez-
zo interstellare da porre nell’equazione 1.5.
Qp(E) rappresenta la sorgente di antiprotoni diffusa in tutta la Galas-
sia che, tramite i processi di propagazione, da origine agli spettri calcolati
riportati in figura 1.6. Dalla figura 1.7 che riporta le misure effettuate
finora del rapporto p/p si nota che i dati esistenti sono in accordo con una
produzione secondaria (riportata con la linea continua). Confrontando
questi grafici con la figura 1.5 si puo osservare come la forma spettrale
della sorgente venga riprodotta anche nell’andamento del flusso di anti-
protoni.
Le sorgenti che potrebbero dar luogo ad un eccesso nel flusso di an-
tiprotoni rispetto alla produzione secondaria possono essere galattiche o
extragalattiche.
Del primo gruppo fanno parte fenomeni strettamente legati alla fisi-
ca delle interazioni fondamentali e alla cosmologia, come l’annichilazione
di particelle, non ancora individuate, che costituirebbero la cosiddetta
“materia oscura” dell’universo [38, 39], l’evaporazione di mini buchi ne-
ri [40, 41] o anche le oscillazioni del neutrone [42]. Nel secondo gruppo
troviamo l’ipotesi di esistenza di galassie di antimateria a cui si e accen-
nato nella sezione 1.2. Purtroppo, il contributo di questo ultimo tipo
di sorgenti e di difficile valutazione a causa della scarsa conoscenza sul
flusso di raggi cosmici extragalattici e sull’effetto del campo magnetico
intergalattico su di essi.
Tutti i tentativi effettuati per stimare tale componente hanno mo-
strato che un eventuale contributo sarebbe osservabile solo ad energie
maggiori di 10 GeV. Tutti questi modelli presentano marcate differenze
rispetto al fondo di antiprotoni secondari per energie maggiori di quelle
osservate fino ad oggi e alla luce dei dati finora raccolti sono tutte plau-
sibili.
Al contrario degli antiprotoni, dove la produzione secondaria e limi-
tata, quando si considerano i positroni si ha a che fare con un fondo
16
1.2. L’antimateria nei raggi cosmici
Figura 1.8: Frazione di positroni in funzione dell’energia all’inizio del-l’atmosfera, confrontata con l’intervallo di energie atteso dalla rivela-zione dell’esperimento PAMELA. La linea mostra il risultato del cal-colo teorico basato sulla sola produzione secondaria di e+ nel mezzointerstellare [43]. Referenze per i dati: Fanselow et al. [44], Daughertyet al. [45], Buffington et al. [46], Golden et al. [47], Muller e Tang [48],MASS 89 [49], TRAMP-Si 93 [50], AESOP 94 [51], HEAT 94+95 [52],CAPRICE 94 [53], CAPRICE 98 [54], MASS 91 [55].
elevato. Infatti quando la componente nucleare dei raggi cosmici intera-
gisce con il mezzo interstellare, essa produce abbondanti quantita di π± e
K±; entrambe queste particelle producono positroni ed elettroni nei loro
decadimenti. Il flusso di positroni che ne risulta rende difficile la loro
osservazione ai fini della ricerca di antimateria primaria. Inoltre, a causa
della loro piccola massa, elettroni e positroni sono soggetti a grosse per-
dite di energia; queste avvengono per emissione di Bremsstrahlung, nel
campo elettrico dei nuclei, o per emissione di radiazione di sincrotrone,
17
CAPITOLO 1. I raggi cosmici
dovuta al campo magnetico galattico, o ancora per diffusione Compton
inversa, in cui l’elettrone altamente energetico, urtando contro un raggio
γ, perde una significativa frazione della sua energia.
Analizzando la figura 1.8 che riporta le misure effettuate per la fra-
zione di e+ nei raggi cosmici alle varie energie, si puo osservare che i
dati sono approssimativamente in accordo con l’ipotesi di sola produzio-
ne secondaria riportata con la linea continua. La precisione delle misure
attuali e comunque insufficiente per fornire delle risposte definitive sul-
l’eventuale esistenza di sorgenti primarie.
Per riuscire a trarre qualche conclusione significativa dal flusso di an-
tiprotoni e di positroni occorre estendere le misure in un intervallo di
energia piu ampio, aumentandone anche la statistica. Fino ad oggi, la
maggior parte degli esperimenti dedicati allo studio della componente di
antimateria nei raggi cosmici sono stati condotti su palloni stratosferici.
Questi sono stati utilizzati per portare i rivelatori fino ad altezze di ∼ 40
km, dove la minore densita atmosferica consente di osservare direttamen-
te i raggi cosmici galattici prima che questi interagiscano con l’atmosfera.
Se si vogliono ottenere risultati che siano piu significativi ai fini dello
studio della componente di antimateria, occorre sviluppare nuove tipo-
logie di esperimenti. In particolare gli esperimenti su satellite offrono
enormi vantaggi. Prima di tutto, effettuando le misure a oltre 300 km di
distanza dalla terra, si eliminano gli effetti dovuti all’atmosfera terrestre.
Inoltre, potendo prolungare il periodo di presa dati fino a qualche anno,
si puo ottenere una statistica abbastanza elevata da permettere misure
molto piu precise.
Nel prossimo capitolo verra illustrato in dettaglio un esperimento di
questo tipo chiamato PAMELA.
18
Capitolo 2
L’esperimento PAMELA
Per cercare risposte piu esaurienti alle questioni esposte nel capi-
tolo precedente e stato progettato l’esperimento su satellite PAMELA.
La collocazione degli esperimenti nello spazio rende ininfluenti gli effet-
ti, legati alla presenza dell’atmosfera e alla durata breve della presa-dati,
tipici degli esperimenti su pallone, permettendo di raggiungere una sensi-
bilita nella misura della componente di antimateria tale da garantire una
precisione molto maggiore rispetto a tutti gli esperimenti precedenti.
2.1 Caratteristiche della missione
Il telescopio PAMELA rappresenta la componente principale del-
l’equipaggiamento scientifico del satellite russo RESURS-DK1, costruito
per il monitoraggio della superficie terrestre dal Central Specialized De-
sign Bureau - Progress (TsSKB-Progress) di Samara (Russia). Tutta la
strumentazione (mostrata in figura 2.1) e stata posta a bordo di un vet-
tore Soyuz, lanciata dal cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan, il 15
giugno 2006 e collocata in un orbita ellittica quasi polare. Tale orbita
e caratterizzata da un altitudine variabile tra 350 km e 600 km, un’in-
clinazione di 70◦ rispetto al piano equatoriale e un periodo di circa 90
minuti; queste caratteristiche permettono al satellite di trovarsi per una
buona parte del tempo in regioni con un basso taglio geomagnetico. La
durata prevista per la missione risulta essere di almeno tre anni.
19
CAPITOLO 2. L’esperimento PAMELA
(a)
(b)
Figura 2.1: (a) Schema generale del satellite Resurs-DK1 dove si puoosservare le posizioni del contenitore di PAMELA durante la fase di lancioe durante la fase operativa dell’apparato. (b) Foto del satellite con, asinistra, PAMELA collocato nel suo alloggiamento prima di essere chiuso,a destra il contenitore chiuso.
20
2.2. Obiettivi scientifici
Per la tipologia dell’esperimento l’apparato e stato soggetto a una
serie di restrizioni e requisiti. Dovendo essere portato in orbita a bordo
di un satellite, le dimensioni e il peso devono rientrare entro limiti ben
precisi; inoltre l’energia disponibile, limitata a quella fornita dai pannelli
solari, impone un basso consumo da parte di tutta la strumentazione.
Una volta in orbita non e possibile alcun intervento esterno, quindi la re-
sistenza meccanica di ogni sistema deve essere stata progettata e testata
in previsione degli sforzi a cui questi sono sottoposti soprattutto duran-
te la fase di lancio. Inoltre l’apparato e stato concepito con un criterio
di ridondanza al fine di evitare che una possibile rottura di un sistema
comprometta l’intero esperimento.
Il telescopio PAMELA e stato collocato all’interno di un contenitore
pressurizzato, riempito con azoto mantenuto alla pressione di un’atmo-
sfera e ad una temperatura compresa fra 0◦ C e 45◦ C. Il contenitore e
collegato al satellite tramite un braccio meccanico che permette il posizio-
namento in due configurazioni (mostrate in figura 2.1(a)), una a riposo
per la fase di lancio e durante eventuali aggiustamenti alla traiettoria
del satellite, l’altra durante la fase operativa dell’esperimento cosı da
permettere un puntamento del telescopio verso lo spazio esterno.
2.2 Obiettivi scientifici
Lo scopo dell’esperimento PAMELA e la misura dello spettro dei raggi
cosmici in un ampio intervallo di energie, con particolare interesse per lo
studio della componente di antimateria. I risultati ottenuti estenderanno
le attuali conoscenze sul flusso di antiprotoni e positroni in un intervallo di
energie non ancora esplorato e con una statistica di gran lunga maggiore
rispetto ai precedenti voli su pallone, sfruttando la possibilta di rivelare
i raggi cosmici fuori dell’atmosfera terrestre.
Da un punto di vista osservativo gli obiettivi principali, sui quali e
basata la progettazione dell’apparato, possono essere schematizzati nei
seguenti punti:
? misura dello spettro di antiprotoni da 80 MeV a 190 GeV (limiti
attuali: 200 MeV ÷ 40 GeV);
21
CAPITOLO 2. L’esperimento PAMELA
? misura dello spettro di positroni da 50 MeV a 270 GeV (limite
attuale: 70 MeV ÷ 40 GeV);
? ricerca di antinuclei con una sensibilita di 10−7 nel rapporto antielio-
elio (limite attuale: circa 6.8 · 10−7);
? misura dello spettro di protoni fino a 700 GeV;
? misura dello spettro di elettroni fino a 400 GeV;
? misura dello spettro combinato di elettroni e positroni fino a 2 TeV;
? misura dello spettro dei nuclei fino a Z=6 e 250 GeV/n.
Grazie alla scelta dell’orbita quasi polare, il satellite si trovera, duran-
te una parte consistente del suo percorso, ad alte latitudini, dove il taglio
a basse energie dovuto al campo magnetico terrestre e minore. Questa
caratteristica consentira di effettuare misure a bassa energia per gli spet-
tri di particelle, rendendo possibile anche un monitoraggio continuo della
modulazione solare e uno studio dello spettro di particelle energetiche
emesse dal sole durante eventi sporadici, come per esempio i flare solari.
Considerando l’accettanza di PAMELA, idealmente cioe nel caso di
efficienza di rivelazione pari a 1, i conteggi attesi in tre anni di missione
per le diverse componenti presenti nei raggi cosmici galattici sono rias-
sunte in tabella 2.1 insieme con il relativo intervallo di energia.
Particella Eventi attesi (3 anni) Energia
Antiprotoni ∼ 104 80 MeV ÷ 190 GeVPositroni ∼ 105 50 MeV ÷ 270 GeVProtoni ∼ 108 ≤ 700 GeVElettroni ∼ 106 ≤ 2 TeVHe ∼ 107 ≤ 250 GeV/nBe ∼ 104 ≤ 250 GeV/nC ∼ 105 ≤ 250 GeV/n
Tabella 2.1: Intervallo energetico e numero di eventi attesi per iltelescopio PAMELA per un periodo di presa dati di tre anni in orbita.
22
2.3. L’apparato sperimentale
Complessivamente i dati raccolti durante la missione forniranno pre-
ziose informazioni utili per la comprensione di problematiche ancora irri-
solte, come per esempio quelle legate alla presenza di eventuali sorgenti di
antimateria connesse alla presenza di materia oscura, oppure la compren-
sione dei meccanismi di accelerazione e propagazione dei raggi cosmici, o
ancora l’effetto del sole, della terra e dell’eliosfera nella propagazione dei
raggi cosmici nel sistema solare.
2.3 L’apparato sperimentale
Il concetto alla base del telescopio PAMELA e l’utilizzo combinato
delle informazioni provenienti da quattro diversi sistemi di rivelazione (fi-
gura 2.2) al fine di misurare l’impulso di particelle cariche riconoscendone
il tipo. Questo e reso possibile tramite la ricostruzione della traiettoria
delle particelle all’interno di un campo magnetico per mezzo di un siste-
ma tracciante e alla loro identificazione con metodi calorimetrici e misure
di tempi di volo.
In figura 2.2(a) e riportato uno schema della sezione longitudinale
dell’intero apparato che costituisce PAMELA dove e possibile riconosce-
re i vari rivelatori che lo compongono e la loro disposizione. Al centro
del sistema e posto uno spettrometro magnetico (“SPECTROMETER”,
in figura) fornito di un sistema tracciante composto da sei piani di rive-
latori al silicio. Il suo compito e quello di misurare l’impulso, il segno e
la carica delle particelle che passano attraverso la cavita del magnete.
Attorno allo spettrometro e posta una parte del sistema di anticoinci-
denza (“ANTICOINCIDENCE (CAS)”) formata da quattro rivelatori la-
terali, che insieme alle altre due sue componenti (“ANTICOINCIDENCE
(CAT)” e “ANTICOINCIDENCE (CARD)” collegate nella zona sopra
il magnete) permettono di escludere dall’analisi le particelle che entrano
nello strumento lateralmente o comunque non attraverso la finestra di ac-
cettanza del sistema tracciante. I pannelli con cui e composto il sistema
di anticoincidenze sono formati da scintillatori plastici e da fotomoltipli-
catori compatti forniti di un sistema di controllo in volo a LED.
Nella zona inferiore allo spettrometro si trova un calorimetro elet-
tromagnetico a campionamento (“CALORIMETER”) formato da piani
23
CAPITOLO 2. L’esperimento PAMELA
(a)
(b)
Figura 2.2: (a) Schema generale del telescopio PAMELA dove si pos-sono osservare tutti i sotto-rivelatori e la loro disposizione. (b) Fo-to dell’apparato completo di PAMELA prima di essere collocato nelsatellite.
24
2.4. Lo spettrometro magnetico
alternati di rivelatori a strip di silicio e assorbitori di tungsteno per la
misura dell’energia degli elettroni e dei positroni; questo e usato anche
per l’identificazione delle particelle grazie alla sua capacita di distinguere
la forma dello sciame prodotto dalle particelle che lo attraversano. Tale
discriminazione e resa possibile dalla segmentazione longitudinale e tra-
sversale di piani di silicio che permette di riconoscere le particelle che
interagiscono elettromagneticamente dagli adroni e dalle altre particelle
non interagenti.
Per riconoscere particelle con energie minori di 1 GeV oltre alle in-
formazioni fornite dal calorimetro occorre utilizzare anche le misure di
tempo di volo ottenibili con i tre piani di scintillatori plastici(“TOF (S1),
TOF (S2) e TOF (S3)”), questi forniscono anche il segnale di trigger per
l’acquisizione e tramite la misura dell’energia persa per ionizzazione al
loro interno permettono la determinazione della carica della particella
fino almeno a Z=8.
Un quarto scintillatore plastico (“S4”) posto sotto al calorimetro ri-
vela le particelle cariche uscenti dal calorimetro nel caso di non completo
contenimento dello sciame ad alte energie. Infine nella parte inferiore
dell’apparato e collocato un rivelatore di neutroni a 3He (“NEUTRON
DETECTOR”) che rivela i neutroni prodotti nelle interazioni adroniche
nel calorimetro, fornendo un’ulteriore informazione per discriminare gli
sciami elettromagnetici da quelli adronici.
Per rispettare le limitazioni imposte dal collocamento sul satellite,
l’intero apparato, con l’aggiunta dei sistemi ausiliari e delle schede di
elettronica, ha un’altezza totale di circa 120 cm, un peso di quasi 470 kg e
la potenza nominale di 355 W, una fotografia del sistema completamente
assemblato e mostrata in figura 2.2(b).
2.4 Lo spettrometro magnetico
Lo spettrometro magnetico [56] rappresenta il cuore del rivelato-
re PAMELA; esso fornisce l’informazione principale per determinare lo
spettro delle particelle cariche che compongono i raggi cosmici, ovvero il
loro impulso. Il suo ruolo e quello di misurare la deflessione subita dal-
le particelle che attraversano il campo magnetico generato dal magnete
25
CAPITOLO 2. L’esperimento PAMELA
permanente e il segno della loro carica. La deflessione e definita come
l’inverso della rigidita (gia definita nell’equazione 1.3) dalla relazione:
η =1
R=
Ze
p(2.1)
dove p e l’impulso della particella e Ze la sua carica. La misura di
R si ottiene dalla ricostruzione della traiettoria della particella curvata
dal campo magnetico. Infatti il principio di funzionamento si basa sulla
misura dell’effetto della forza di Lorentz, che agisce su particelle cariche
quando attraversano un campo magnetico; nel sistema internazionale tale
forza e esprimibile come:
~F = Ze ~v × ~B (2.2)
dove Ze e la carica della particella, ~v la sua velocita e ~B il campo magne-
tico attraversato. In un campo magnetico uniforme la particella e vinco-
lata a percorrere un arco di elica cilindrica, il cui raggio di curvatura r e
legato all’impulso dalla relazione [13] :
p cos λ = 0.3 Z B r (2.3)
dove l’impulso p e espresso in GeV/c, il campo magnetico B in Tesla, r in
metri e λ e l’angolo che il vettore velocita forma con il piano perpendico-
lare al campo. Dalla ricostruzione della traiettoria si ottengono il raggio
di curvatura r, la direzione di curvatura e l’angolo λ che, associati alla
conoscenza del campo ~B, permettono la determinazione del segno della
carica elettrica e la misura della rigidita (o della deflessione magnetica).
Per ottenere il valore dell’impulso p della particella occorre avere un’in-
formazione aggiuntiva sul valore assoluto della carica elettrica |Z|. Oltre
che dal TOF questa informazione e ottenibile dalla misura della perdita
di energia nei piani di silicio del tracciatore.
Come precedentemente puntualizzato, la progettazione di rivelatori
per esperimenti su satellite e vincolata da una serie di fattori tecnici.
Per soddisfare le restrizioni imposte sulle dimensioni spaziali e sul peso
dell’apparato complessivo e stato scelto di utilizzare nello spettrometro
un magnete permanente piuttosto che un magnete superconduttore. In-
26
2.4. Lo spettrometro magnetico
fatti quest’ultimo richiederebbe la presenza di un sistema criogenico per
il raffreddamento, il quale porterebbe via spazio ed energia al resto del-
l’apparato.
Le dimensioni del magnete sono determinate dal compromesso fra due
richieste contrapposte:
� massimizzazione del potere curvante, da cui dipende la massima
rigidita rivelabile (Maximum Detectable Rigidity o MDR)1;
� massimizzazione dell’accettanza geometrica, espressa dal fattore
geometrico (Geometrical Factor o GF)2.
La prima e collegata alla piu alta energia misurabile nello spettro di an-
tiprotoni e positroni, mentre la seconda alla sensibilita nella ricerca di
antinuclei. La preferenza nel caso di PAMELA e andata sulla prima
richiesta, scegliendo di avere un fattore geometrico relativamente basso
(21.5 cm2sr) e un cammino magnetico relativamente lungo (44.5 cm, vi-
cino al massimo permesso dai limiti geometrici determinati dal tipo di
esperimento).
I rivelatori scelti per lo spettrometro sono adeguati alla scelta iniziale
di preferire un magnete permanente ad uno superconduttore. Poiche il
primo produce un campo relativamente basso (circa 0.4 T nel caso di
PAMELA), e necessario che tali rivelatori abbiano un’ottima risoluzione
spaziale per compensare questa caratteristica. In virtu di questa esigen-
za sono stati scelti rivelatori a stato solido costituiti da piani di silicio
a microstrisce a doppia faccia. Infatti i progressi effettuati nella qualita
della produzione di rivelatori a microstrisce di silicio garantiscono una
buona risoluzione spaziale, dell’ordine dei µm, nelle misure dei punti di
passaggio delle particelle. Assumendo una risoluzione spaziale migliore
di 4 µm si ottiene per la configurazione dello spettrometro di PAMELA
un MDR di circa 1 TV/c [57].
1La massima rigidita misurabile e definita come quel valore di rigidita per cuil’errore ∆R e pari a R, cioe si ha ∆R/R = 1.
2Il fattore geometrico rappresenta l’accettanza del telescopio nell’osservazione deiraggi cosmici. Prendendo una sezione del rivelatore, il fattore geometrico vienedefinito come l’integrale esteso su questa superficie dell’angolo solido sotteso dalrivelatore.
27
CAPITOLO 2. L’esperimento PAMELA
Figura 2.3: La torre magnetica montata sulla piastra base, che collegaPAMELA con il satellite Resurs-DK1. Si osservano i canestri di allumi-nio contenenti il materiale magnetico e la piastra base sulla quale sonomontati gli altri sottorivelatori e che serve per il fissaggio del telescopioal satellite.
In realta il limite di rigidita massima nella misura dello spettro di
antiparticelle non e determinato direttamente dall’MDR ma dal fondo di
eventi denominati di spillover (che verranno trattati ampiamente nel ca-
pitolo 5). Si tratta di eventi nei quali avviene un’erronea determinazione
del segno della carica della particella, per cui, per esempio, il segnale rila-
sciato da un protone viene interpretato come dovuto ad un antiprotone.
Le cause che generano questo tipo di errore nella misura del segno della
carica, sono determinate dal fenomeno fisico della diffusione multipla e
dalla risoluzione spaziale intrinseca dei rivelatori. L’utilizzo di sensori al
silicio a doppia faccia consente di minimizzare lo spessore di materiale
attraversato dalle particelle, riducendo l’effetto della diffusione multipla.
28
2.4. Lo spettrometro magnetico
αα
α α
β
β β
β
162 mm
240 mm132 m
m
228 mm
α= 39.17 deg
= 50.83 degβ
B
Figura 2.4: (a) Schema della geometria di un modulo magnetico. Sonoindicate le direzioni dei campi residui e il vettore di induzione magneticarisultante nella cavita. (b) Foto di un prototipo di un modulo magneticonel canestro di alluminio.
2.4.1 Il magnete
Il materiale magnetico utilizzato e in una lega di Nd-Fe-B, caratteriz-
zata da una elevata induzione magnetica residua (Br = 1.32± 0.03 T),
con aggiunta una piccola percentuale di Co, per ridurre la tendenza alla
corrosione. In figura 2.3 e mostrata una fotografia della torre magnetica
montata sulla piastra base, prima che i piani traccianti fossero inseriti.
L’intero magnete e composto di cinque moduli intervallati dai piani
del sistema tracciante. Ogni modulo e costruito assemblando un gruppo
di blocchi magnetici, dell’altezza di 80 mm, disposti in modo da ottene-
re una cavita rettangolare di dimensioni 132 × 162 mm2 con un campo
magnetico all’interno abbastanza uniforme. In figura 2.4(a) e indicata
la configurazione magnetica adottata nella costruzione di ogni modulo
e la direzione del campo magnetico risultante, mentre la figura 2.4(b)
mostra una fotografia del prototipo di un modulo magnetico all’interno
del canestro di alluminio. Definendo l’asse y del sistema di riferimento di
PAMELA come la direzione antiparallela al vettore di induzione magne-
29
CAPITOLO 2. L’esperimento PAMELA
tica ~B e l’asse z come la direzione lungo la cavita, segue che, per effetto
della forza di Lorentz, le particelle attraversano la cavita magnetica de-
scrivendo approssimativamente una retta nel piano (y, z) e un arco di
circonferenza nel piano (x, z).
Una mappatura del campo magnetico all’interno della cavita e stata
effettuata misurando le tre componenti del vettore di induzione magne-
tica in circa 70000 punti, con un passo di 5 mm nelle tre coordinate. I
risultati della mappatura hanno confermato la buona uniformita del cam-
po; infatti si e osservato che nell’ 80% del volume della cavita magnetica
B non cambia per piu del 10%. Il valore medio all’interno della cavita e
circa 0.4 T con un valore massimo di circa 0.48 T.
Sono state effettuate anche misure del campo all’esterno del magne-
te, i cui valori soddisfano i limiti imposti per il corretto funzionamento
degli altri rivelatori. Per schermare il campo esterno e stato utilizzato
infatti un rivestimento di materiale ferromagnetico spesso 2 mm, ad una
distanza di 8 mm. La massa complessiva del sistema magnetico e pari a
120 kg.
2.4.2 Il sistema tracciante
Il sistema tracciante e costituito da sei piani di rivelatori da inse-
rire tra i cinque moduli del magnete permanente. Ogni singolo piano
e composto da tre parti, elettricamente e funzionalmente indipendenti,
chiamate ladder.
I tre ladder sono rinforzati con delle guide laterali in fibra di carbo-
nio, che conferiscono la necessaria resistenza, e incollati fianco a fianco in
modo da formare il piano di misura. Questa struttura e posta in una cor-
nice di alluminio, per essere inserita tra i moduli magnetici. Il supporto
meccanico del piano non richiede l’aggiunta di ulteriore materiale sopra
e sotto i rivelatori, che avrebbe solo l’effetto di aumentare la diffusione
multipla. Ogni singolo ladder e composto da una coppia di sensori e dalla
relativa elettronica di lettura, montata su un supporto ceramico chiama-
to ibrido. In figura 2.5 si puo vedere un piano del sistema tracciante; si
distinguono i tre ladder, separati dalle sbarrette di fibra di carbonio, e
l’elettronica di lettura.
30
2.4. Lo spettrometro magnetico
Figura 2.5: Fotografia di un piano del sistema tracciante. Si posso-no osservare i ladder all’interno del canestro di alluminio, l’elettroni-ca di lettura posta sull’ibrido e i cavi che la collegano alle schede diacquisizione.
I sensori al silicio
Nell’ultimo decennio dello scorso secolo e stata sviluppata una nuova
tecnologia, detta planare, consistente nell’impiantazione di sottili strati
di materiale p+ o n+ direttamente su un substrato di tipo n di silicio.
Tale tecnica ha avuto un notevole impatto nella costruzione di rivelatori
a stato solido, in quanto permette la deposizione del materiale impianta-
to in sottili strisce, rendendo cosı l’apparato sensibile all’individuazione
del punto di passaggio della particella che lo attraversa. I rivelatori al si-
licio hanno trovato largo impiego nel campo della fisica subnucleare negli
esperimenti agli acceleratori di particelle.
Le proprieta della giunzione p − n contropolarizzata sono alla base
del funzionamento dei sensori a stato solido. Il passaggio di una par-
ticella carica attraverso il dispositivo da origine, per ionizzazione, alla
creazione di un certo numero di coppie elettrone-lacuna. Le coppie crea-
31
CAPITOLO 2. L’esperimento PAMELA
300 µm
p+��������������������
��������������������
p+��������������������
��������������������
p+��������������������
��������������������
Al Al
25.5 µ m
51 µ m
SiO 2
+n +n
SiO 2
p+
��������������������
��������������������
stripblocking
capacitancedecoupling
Al doublemetalization
µ m66.5
Al
Al
µm5
JUNCTION SIDE (X)
OHMIC SIDE (Y)
charged particle
n−type substrate
100 nm
Figura 2.6: Schema di un sensore al silicio. Nella parte superiore emostrato il lato giunzione, in quella inferiore, invece, il lato ohmico rotatodi 90◦ rispetto al posizionamento reale.
te vengono raccolte, per effetto del campo elettrico presente nella zona
svuotata (quella cioe priva di portatori di carica maggioritari), dagli elet-
trodi costituiti da strisce metalliche impiantate sul substrato. Il numero
di coppie create e proporzionale all’energia persa dalla particella. Una
caratteristica importante del silicio e che e necessaria poca energia per
la creazione di una singola coppia elettrone-lacuna (3.6 eV), consenten-
do cosı di ottenere, a parita di energia rilasciata, un segnale maggiore
rispetto, per esempio, ad un contatore a gas (dove l’energia di creazione
per coppia e dell’ordine di 30 eV).
I sensori utilizzati per lo spettrometro di PAMELA utilizzano le ulti-
me innovazioni nel campo della tecnologia planare descritte schematica-
mente nel seguito. In figura 2.6 e rappresentata una schematizzazione di
32
2.4. Lo spettrometro magnetico
un sensore al silicio utilizzato in PAMELA.
; Doppia faccia.
I sensori a doppia faccia vengono costruiti a partire da un substrato
di tipo n, sul quale vengono impiantate strisce di tipo p+ su una
faccia, denominata lato giunzione, e strisce di tipo n+ sulla faccia
opposta, detta lato ohmico. Un problema di funzionamento in que-
sta geometria consiste nella formazione in condizioni operative di
uno strato di elettroni liberi che si addensano sul lato ohmico al-
l’interfaccia tra il substrato e lo strato di biossido di silicio (SiO2),
inevitabilmente presente sulla superficie esterna. La presenza di
questo strato abbassa notevolmente la resistenza tra le strisce n+,
rendendo praticamente impossibile la misura di posizione in quan-
to la carica raccolta dalla striscia colpita si ripartisce fra molte
strisce adiacenti, facendo perdere ogni informazione sul punto di
impatto. Una possibile soluzione consiste nell’impiantare strisce di
blocco formate da materiale di tipo p+ tra strisce n+; il loro effetto
e quello di aumentare la resistenza tra le strisce di lettura.
; Disaccoppiamento capacitivo.
Anche in assenza del passaggio di una particella la giunzione e
attraversata da una corrente, detta corrente di buio, dovuta alle
coppie elettrone-lacuna che si formano per agitazione termica. Per
evitare che tale carica venga integrata dai preamplificatori, aumen-
tando cosı il rumore e causando problemi di saturazione, e necessa-
rio disaccoppiare i sensori dell’elettronica di lettura. La tecnologia
attuale consente di integrare direttamente sul sensore delle capacita
di disaccoppiamento, mediante il deposito di uno strato di biossido
di silicio, dello spessore di 100 nm, tra le strisce impiantate e le
strisce metalliche collegate all’elettronica di lettura.
; Doppia metallizzazione.
Poiche la lettura delle strisce sui lati giunzione ed ohmico avviene
indipendentemente e queste sono disposte ortogonalmente tra loro,
in linea di principio sarebbe necessario posizionare l’elettronica di
lettura su due bordi del ladder. Grazie alla tecnica della doppia
33
CAPITOLO 2. L’esperimento PAMELA
metallizzazione si puo invece disporre tutta l’elettronica di front-
end su un solo bordo. La tecnica, applicata al lato ohmico, consiste
nell’utilizzo di un secondo strato di elettrodi rotati di 90◦, separato
da quello sottostante mediante uno spesso strato (5 µm) di biossido
di silicio. Il collegamento fra i due strati di elettrodi e effettuato
con un procedimento di incisione chimica, che produce dei fori nello
strato di ossido; questi, una volta metallizzati, mettono in contatto
strisce dello strato superiore con le strisce sottostanti.
Per il sistema tracciante di PAMELA sono stati utilizzati sensori, a
doppia faccia, doppia metallizzazione e con capacita di disaccoppiamento
integrate, di superficie 53.3× 70 mm2 e spessore 300 µm. Il lato giunzio-
ne, destinato alla misura della coordinata lungo la direzione di curvatura
(x nel sistema di riferimento di PAMELA definito nel paragrafo 2.4.1), e
caratterizzato dalla impiantazione di 2035 strisce p+ distanti 25 µm tra
loro. Di queste pero solo la meta sono collegate all’elettronica di front-
end, in modo da ridurre il numero di canali di lettura. La carica raccolta
dalla striscia non letta si ripartisce per effetto capacitivo tra le due strisce
adiacenti.
Il lato ohmico, invece, presenta 1024 strisce n+, tutte lette, impian-
tate ad una distanza di 67 µm e intervallate da strisce di blocco di tipo
p+; le strisce di lettura presenti sullo strato di doppia metallizzazione
hanno invece un passo di 50 µm. I sensori utilizzati per PAMELA sono
disposti in modo tale che ogni striscia letta sul lato ohmico sia collegata
a due strisce dello strato inferiore, come si osserva dalla figura 2.7; questa
configurazione ha il vantaggio di ridurre i canali di lettura, introducendo
un’ambiguita nella ricostruzione della coordinata risolvibile pero con le
informazioni di posizione provenienti dagli altri rivelatori di PAMELA.
La scelta di utilizzare sensori a doppia faccia e dettata dalla possibilita
di impiantare sui due lati di un singolo sensore microstrisce ortogonali:
cio permette la misura indipendente delle due coordinate del punto di
passaggio, consentendo di minimizzare lo spessore di materia attraversa-
ta dalle particelle. Le scelte della doppia metallizzazione e della capacita
integrata sono dovute all’esigenza di ottenere una struttura piu compatta
e piu robusta possibile che rientri nelle limitazioni di spazio imposte e
resista alle forti sollecitazioni previste durante la fase di lancio.
34
2.4. Lo spettrometro magnetico
p+
wire bonds
wire bonds
p+
n+
µ m pitch µ m impl. pitch
µm pitch
8 x 128 = 1024 channels
53.33 mm
70.0
0 m
m
51µm read−out pitch
implanted strips
55.0
0 m
m
Junction Side (X)
8 VA1 chips
Hybrid
70.0
0 m
m
8 x 128 = 1024 channels
53.33 mm
55.0
0 m
m70
.00
mm
Ohmic Side (Y)
8 VA1 chips
Hybrid
70.0
0 m
m
66.5
impl. strips
blocking strips
25.5
51
read−out strips
Figura 2.7: Schematizzazione delle due facce di un ladder. Sul lato oh-mico si osservano gli elettrodi di lettura disposti perpendicolarmente al-le strisce n+; sono rappresentati anche i collegamenti disposti lungo ladiagonale del sensore [58].
35
CAPITOLO 2. L’esperimento PAMELA
L’elettronica di lettura
Nella progettazione dell’elettronica di lettura, al fine di ottenere buoni
risultati, si e reso necessario soddisfare alcuni requisiti fondamentali:
• un elevato rapporto segnale/rumore per particelle al minimo di
ionizzazione, per ottenere una buona risoluzione spaziale;
• un basso consumo energetico, per sottostare alle limitazioni ener-
getiche imposte dal tipo di missione su satellite.
Nel seguito illustrero brevemente le tre parti in cui puo venire suddivisa
l’elettronica di lettura.
Elettronica di front-end .
Il primo stadio di acquisizione del segnale e gestito da 8 chip VA1,
per ogni faccia del ladder, che trovano alloggiamento nel substrato
ibrido del ladder stesso. Ogni chip, costruito con tecnologia CMOS,
e composto da 128 preamplificatori di carica seguiti da altrettanti
formatori CR-RC e da un circuito di sample-and-hold. Tutte le
linee di lettura sono poi collegate ad un multiplexer, controllato da
un registro a scorrimento (shift register), per la connessione con gli
stadi successivi della lettura; tale connessione avviene per una linea
alla volta.
Caratteristiche fondamentali del VA1 sono il rumore limitato ed il
basso consumo energetico (∼ 1 mW/canale). Il collegamento con
lo stadio successivo, posto al di fuori del magnete, avviene tramite
un cavo flessibile in kapton.
Conversione analogico-digitale .
I segnali analogici dei VA1 appartenenti ad una faccia vengono letti
serialmente e indirizzati verso un ADC (Analog-to-Digital Conver-
ter) a 12 bit, che si occupa della loro digitalizzazione. L’uscita del
convertitore analogico digitale viene poi trasmessa, dopo un’op-
portuna codifica, allo stadio successivo tramite un meccanismo di
disaccoppiamento induttivo, al fine di limitare il rumore causato
dal resto dell’apparato sul sensore. La mancanza di tale contatto
36
2.5. Ulteriori rivelatori
elettrico diretto permette inoltre di mantenere il potenziale di riferi-
mento dell’ADC allo stesso valore di quello del lato corrispondente
nel sensore, impedendo cosı la sollecitazione diretta delle capacita
di disaccoppiamento integrate.
Compressione dei dati .
Per la trasmissione dei dati a terra e necessario effettuare una com-
pressione dei dati direttamente in orbita, a causa della limitata
larghezza di banda e della mole di informazioni prodotte ogni gior-
no dalla presa dati. Di questo si occupano i DSP (Digital Signal
Processor), microprocessori dotati di una memoria interna per dati
e programmi. Dopo aver svolto il loro compito, i DSP mandano
i dati al processore centrale di PAMELA; questo provvede a im-
pacchettarli, formattarli e spedirli a terra. Le caratteristiche di
velocita di questo tipo di microprocessori consentono l’utilizzo di
uno di essi ogni tre ADC; quindi 12 DSP sono presenti in totale nel
sistema tracciante, uno per ogni piano e per ogni vista.
2.5 Ulteriori rivelatori
2.5.1 Il calorimetro
Questo rivelatore (figura 2.8) effettua una misura distruttiva dell’e-
nergia di elettroni, positroni e fotoni mediante la rivelazione dello sciame
generato all’attraversamento di uno strato sufficientemente spesso di ma-
teriale. Inoltre, grazie alla segmentazione del volume sensibile, consente
la discriminazione tra sciami elettromagnetici, sciami adronici e particelle
non interagenti sulla base della diversa topologia del rilascio energetico.
La struttura interna del calorimetro, mostrata in figura 2.8, e or-
ganizzata in 22 moduli, composti ognuno da uno strato assorbitore di
tungsteno, di spessore 2.3 mm, inserito tra due piani di rivelatori al sili-
cio a singola faccia.
Ognuno dei due piani del rivelatore misura una coordinata ed e com-
posto da nove sensori disposti a formare un quadrato. Ogni sensore e
spesso 380 µm ed e segmentato in 32 strisce. L’area sensibile per ogni
37
CAPITOLO 2. L’esperimento PAMELA
Figura 2.8: Il calorimetro dell’esperimento PAMELA. Nella parte supe-riore si vede il primo piano di rivelatori al silicio con la relativa elettronicadi lettura; si nota anche la struttura composta da piu strati sovrapposti.
piano e 240× 240 mm2.
L’altezza complessiva del calorimetro e di 180 mm e il materiale con-
tenuto e equivalente a 16 lunghezze di radiazione e 0.6 lunghezze di inte-
razione. Per queste caratteristiche gli sciami sono originati praticamente
da tutti i leptoni carichi e i fotoni, ma solo da una frazione degli adroni.
Dai test su fascio del calorimetro e risultata una risoluzione energetica per
elettroni e positroni migliore del 5% fra 20 e 100 GeV. La configurazione
dello strumento permette inoltre di ottenere un potere di discriminazione
tra elettroni e antiprotoni e tra positroni e protoni migliore di una parte
su 104.
2.5.2 Il sistema di tempo di volo
Il sistema di tempo di volo e composto da sei strati di scintillatori
disposti su tre piani (figura 2.9). Ogni scintillatore e formato da strisce
38
2.5. Ulteriori rivelatori
di materiale plastico scintillante (Bicron BC-404) accoppiate attraverso
delle guide di luce a due fotomoltiplicatori, posti alle due estremita. Il
primo piano (indicato con S1 in figura 2.2) e posto sopra l’intero appa-
rato ed ha uno spessore di 7+7 mm, il secondo e il terzo (S2 e S3), dello
spessore di 5 + 5 mm e 7 + 7 mm rispettivamente, sono posizionati alle
estremita superiori e inferiori dello spettrometro.
Il compito principale di questo rivelatore e quello di fornire il segnale
veloce di trigger, che fa partire l’acquisizione di tutti gli altri rivelato-
ri. La buona risoluzione temporale del dispositivo (∼ 100 ps) consente
di misurare la velocita delle particelle, fornendo un ulteriore strumento
per la loro identificazione a basse energie (fino a valori dell’impulso di
∼ 1 GeV/c). L’informazione del TOF consente inoltre di riconoscere ed
eliminare gli eventi di albedo 3. Questo e molto importante in quanto,
se non si fosse in grado di distinguere le particelle che attraversano il
telescopio dal basso verso l’alto, potremmo scambiarle con le loro anti-
particelle, a causa della curvatura opposta.
Oltre all’informazione temporale gli scintillatori forniscono l’ampiezza
del segnale. Questo permette di determinare il valore assoluto della cari-
ca attraverso misure multiple della perdita di energia, che e proporzionale
a Z2.
2.5.3 Il sistema di anticoincidenze
Al fine di eliminare tutti quegli eventi che entrano nello spettrometro
fuori dell’accettanza angolare del telescopio, PAMELA e fornito di un
sistema di anticoincidenze, indicato con ANTICOINCIDENCE in figu-
ra 2.2, composto di tre elementi: CAT, CAS e CARD.
CAS (Side Anticoincidence Counter) copre tutta la superficie latera-
le del magnete, CAT (Top Anticoincidence Counter) delimita l’apertura
dello spettrometro e CARD racchiude lo spazio tra S1 e S2. I rivelato-
ri sono costituiti dagli stessi tipi di scintillatori plastici che formano il
TOF, con uno spessore di 8 mm. Il segnale generato da questo sistema
non e utilizzato nel trigger, ma viene usato durante l’analisi off-line per
3Gli eventi di albedo sono definiti come quelle particelle che attraversano l’apparatoentrando da sotto.
39
CAPITOLO 2. L’esperimento PAMELA
Figura 2.9: Schematizzazione della configurazione del sistema di tempi divolo [59]. Partendo dall’elemento superiore, i tre rivelatori corrispondonoai piani S1, S2 ed S3 indicati in figura 2.2.
40
2.5. Ulteriori rivelatori
Figura 2.10: Foto del rivelatore di neutroni in cui si notano i tubiproporzionale a gas.
eliminare tracce spurie.
S4 e un piano di scintillatori aggiuntivo, dello spessore di 10 mm,
posto sotto il calorimetro. Esso fornisce informazioni sul contenimento
degli sciami all’interno del calorimetro.
2.5.4 Il rivelatore di neutroni
Un rivelatore di neutroni, posizionato nella zona piu bassa dell’appa-
rato, e utilizzato per la misura dei neutroni prodotti da sciami adronici
generati nel calorimetro al fine di incrementare la capacita del sistema di
discriminare le particelle.
L’apparato e composto da 36 contatori proporzionali a gas (mostrati
in figura 2.10) riempiti con 3He e circondati da moderatori di polietilene
e da un foglio di cadmio. Posizionati su due piani coprono un’area di
600×550 mm2. Il principio di funzionamento di questo rivelatore sfrutta
41
CAPITOLO 2. L’esperimento PAMELA
Figura 2.11: Foto del lancio del satellite effettuato in data 15 giugno 2006dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan.
la proprieta dei moderatori di polietilene (ricchi di idrogeno) di rallentare
i neutroni fino a che la loro energia non e sufficientemente bassa per avere
una sezione d’urto di cattura non trascurabile quando essi interagiscono
con il gas di elio contenuto nei contatori. Nella reazione che avviene si ha
la produzione di un protone e un nucleo di 3H, che possono essere rivelati
come particelle cariche tramite la ionizzazione nei contatori a gas.
Dalla misura dei neutroni negli sciami, si puo ottenere un fattore di
reiezione per i protoni a 50 GeV nella selezione di positroni di circa 10,
con valori crescenti con l’aumentare dell’energia.
2.6 Stato dell’esperimento
Dopo una lunga serie di test, per verificare il corretto funzionamento
di tutti i sistemi e la resistenza meccanica degli apparati, il telescopio
PAMELA e stato alloggiato nel satellite Resurs-DK1 e con questo messo
in orbita il 15 giugno 2006 (in figura 2.11 e mostrato un momento del
lancio).
Durante il primo mese sono state effettuate verifiche su tutti i sistemi
del satellite e sulle apparecchiature montate a bordo, tutti i rivelatori
42
2.6. Stato dell’esperimento
di PAMELA sono risultati essere in condizioni nominali. Dall’11 luglio
2006 PAMELA sta acquisendo dati con continuita, fino ad ora sono stati
accumulati circa 7.5 TB di dati corrispondenti a oltre 9 · 108 eventi.
43
Capitolo 3
Il monitoraggio dell’apparato
Il 15 giugno 2006 l’esperimento PAMELA e stato lanciato nello spa-
zio a bordo del satellite russo Resurs-DK1. Dopo una prima fase di test
per verificare il corretto funzionamento di tutti gli strumenti a bordo del
satellite e iniziata l’acquisizione dei dati; dall’11 luglio 2006 il telescopio
sta acquisendo dati con continuita.
In questo capitolo illustrero brevemente come vengono elaborati i dati
dello spettrometro magnetico prima di essere inviati sulla Terra (sezio-
ne 3.1) e descrivero le informazioni che si possono ottenere dagli stessi
dati con una prima analisi effettuata mediante una serie di programmi
dedicati per il controllo, in tempi abbastanza brevi, dell’intero apparato
(sezione 3.2).
3.1 Calibrazione e acquisizione dati
Quando una particella produce un segnale di trigger l’elettronica dello
spettrometro legge sequenzialmente la carica depositata su ognuna delle
2048 strip di ogni ladder e per ognuna di queste fornisce un valore digi-
tizzato del voltaggio, ottenuto integrando la quantita di carica raccolta.
Tutti i 36864 valori registrati durante un evento di acquisizione vengono
inizialmente elaborati dai DSP; i dati vengono poi immagazzinati nella
mass memory della CPU di PAMELA insieme a quelli ottenuti dagli altri
rivelatori per formare un evento completo.
45
CAPITOLO 3. Il monitoraggio dell’apparato
Periodicamente viene effettuato il download, ovvero il trasferimento
dei dati di PAMELA dalla mass memory alla memoria del satellite, dove
vengono immagazzinati insieme a quelli di tutti gli altri strumenti del sa-
tellite stesso. Il trasferimento dei dati a terra (downlink) avviene invece
con una trasmissione radio quando il satellite attraversa il campo di vista
delle stazioni di ricezione. La stazione principale e situata presso il centro
di NTsOMZ a Mosca (Centro Scientifico Operativo di Monitoraggio della
Terra). Dal momento che questa trasmissione e limitata a 14− 20 GB al
giorno e stato necessario utilizzare un algoritmo di compressione per ri-
durre la quantita di dati trasmessi; infatti senza compressione la quantita
di dati accumulata dal solo spettrometro in un giorno sarebbe ∼ 110 GB,
considerando un valore medio di trigger di 25 Hz.
Il programma di compressione usato [60] si basa sull’algoritmo ZOP
(Zero-Order Predictor) modificato per includere un metodo di identifica-
zione dei segnali di particelle, in modo tale che durante la compressione
non venga persa nessuna informazione circa le strisce che hanno raccol-
to il segnale dovuto a una particella. Test su fasci di particelle hanno
mostrato che con l’algoritmo usato si riesce ad ottenere un valore di
compressione di circa il 95% senza peggiorare la risoluzione dell’appa-
rato nella misura di posizione dei punti di passaggio delle particelle nei
piani di silicio e quindi dell’impulso.
La compressione e basata sulla conoscenza di due quantita: il valore
di piedistallo e il rumore intrinseco di ogni canale, determinati con una
procedura di calibrazione effettuata ogni volta che il satellite attraversa
l’equatore terrestre in direzione ascendente.
3.1.1 La calibrazione
In assenza di segnale dovuto al passaggio di particelle ogni cana-
le registra un valore differente di carica raccolta che oscilla attorno ad
un valore medio, che viene detto piedistallo. Il segnale ADC raccolto
durante l’i-esimo evento dalla j-esima striscia del k-esimo VA1 si puo
considerare formato dalla somma di tre differenti quantita:
ADCij,k = PEDj,k + CN i
k + SN ij,k. (3.1)
46
3.1. Calibrazione e acquisizione dati
Il piedistallo (PED) e un valore base differente per ogni canale, de-
terminato dalle caratteristiche del rivelatore e dall’elettronica. A questo
si somma una fluttuazione detta rumore comune (common noise, CN),
uguale per tutti i 128 canali connessi allo stesso VA1, e dovuta al rumore
elettromagnetico esterno e alla tensione di bias di contropolarizzazione
dei sensori al silicio. SN infine rappresenta il segnale prodotto dalla rac-
colta delle cariche dovute al passaggio di una particella. Inoltre ad ogni
canale e associato un rumore intrinseco dovuto all’elettronica e scorrelato
dalle fluttuazioni degli altri canali.
Per ottenere il valore dei piedistalli e del rumore intrinseco di ogni
striscia, informazioni necessarie sia per la compressione che per l’identi-
ficazione dei punti d’impatto delle particelle nei piani di silicio durante
l’analisi off-line, viene periodicamente ripetuta la calibrazione. Questa
consiste nell’acquisizione di un numero N di eventi tramite un impul-
satore indipendente dal trigger. Con tali eventi e possibile valutare il
piedistallo e il rumore comune con le seguenti relazioni:
PEDj,k =N∑
i=1
ADCij,k − CN i
k
N, (3.2)
CN ik =
128∑j=1
ADCij,k − PEDj,k
128, (3.3)
mentre il rumore intrinseco del j-esimo canale puo essere scritto come:
σj,k =
√√√√ 1
N − 1
N∑i=1
(ADCi
j,k − CN ik − PEDj,k
)2. (3.4)
Poiche i piedistalli e il rumore comune non sono indipendenti si rica-
vano adoperando una procedura iterativa. Nel primo passo si calcolano
i valori dei piedistalli dei vari canali (eq. 3.2) e il loro rumore intrinseco
(eq. 3.4) considerando nullo il rumore di modo comune. Per calcolare
questo si utilizza l’equazione 3.3, escludendo dalla sommatoria quei ca-
nali (etichettati come cattivi, bad) che presentano un rumore intrinseco
47
CAPITOLO 3. Il monitoraggio dell’apparato
che si discosta piu di cinque deviazioni standard dal valore medio del-
la distribuzione gaussiana che si ottiene considerando ogni singolo VA1.
Valori di rumore notevolmente al di sopra della media possono essere
dovuti a canali vicini cortocircuitati a causa di difetti nella costruzione,
mentre strisce interrotte o non collegate perfettamente per problemi di
connessione tra i due sensori di un ladder o tra il sensore e l’elettronica
di lettura presentano un valore molto piu basso della media. Nel calco-
lo del rumore di modo comune e opportuno non usare strisce che hanno
raccolto carica a causa del passaggio di una particella. Per questo motivo
viene eliminato ogni canale che presenti un segnale sette volte piu grande
del proprio rumore intrinseco, insieme alle strisce adiacenti che hanno un
valore maggiore di due volte il rumore intrinseco. Una volta ottenuto
una stima del termine di rumore comune si procede con il passo succes-
sivo dell’iterazione ripartendo dal calcolo dei piedistalli. I valori finali di
piedistalli e rumore intrinseco, nonche l’individuazione di tutte le strisce
identificate come canali difettosi, sono ottenuti dopo otto iterazioni della
procedura, ciascuna su un campione di N = 128 eventi.
Alla fine della calibrazione i valori risultanti di PEDj,k e σj,k vengono
sia salvati nella memoria di massa della CPU per essere trasferiti a terra,
sia immagazzinati nella memoria dei DSP e usati per la compressione dei
dati durante le successive acquisizioni. In questo modo ogni gruppo di
dati e associato in maniera univoca alla calibrazione che li ha preceduti
e solo conoscendo questa e possibile la loro decompressione. Nel caso in
cui la calibrazione fallisca, ad esempio a causa di un evento di latch-up
dell’elettronica, viene utilizzata una calibrazione di riferimento, risultan-
te da calibrazioni medie effettuate a terra e memorizzata in modo tale
da riuscire comunque a comprimere e trasmettere i dati raccolti.
3.1.2 La compressione dei dati
La compressione consiste nell’escludere dalla trasmissione a terra i
valori di quei canali che per un certo evento non hanno registrato segnali
significativi ai fini della ricostruzione del passaggio di particelle.
Per comprendere come funziona la compressione consideriamo il va-
lore che si ottiene sottraendo al segnale del j-esimo canale ADC il valore
48
3.1. Calibrazione e acquisizione dati
T T T T NT NT NTNT NT NT T T
ZOP j
jt∆ > σ
Figura 3.1: Schematizzazione del funzionamento dell’algoritmo di com-pressione. La linea spessa rappresenta per ogni canale la differenzaADC − PED, mentre l’area scura attorno indica il rumore intrinsecoσj moltiplicato per la soglia tZOP . Con T e NT sono indicati rispet-tivamente i canali che vengono trasmessi o no dall’algoritmo; il canalej-esimo e trasmesso solo se ∆j > tZOP · σj dove ∆j = Cj − Cj−k .
del suo piedistallo: Cj = ADCj − PEDj. Il valore del primo canale
di ogni ladder viene sempre trasmesso, quindi si considerano due valori
tZOP e tCL > tZOP per determinare le soglie di trasmissione per i canali
successivi. Se la differenza ∆j = Cj −Cj−k (dove j − k e l’ultimo canale
trasmesso) soddisfa la condizione ∆j > tZOP ·σj allora il valore ADC del
j-esimo canale viene trasmesso; se poi viene soddisfatta anche la condi-
zione ∆j > tCL ·σj i valori trasmessi sono anche quelli dei canali compresi
tra il (j−2)-esimo e il (j +2)-esimo. La soglia tCL e stata introdotta per
assicurarsi di trasmettere sempre il segnale prodotto da una particella
nel rivelatore al silicio, tipicamente raccolto da piu di una striscia. In
figura 3.1 e riportato uno schema che illustra il funzionamento dell’algo-
ritmo di compressione.
Questo algoritmo tiene in considerazione la qualita del segnale di ogni
canale poiche le due soglie dipendono dal suo rumore intrinseco σj. Per
ottenere un alto fattore di compressione senza deteriorare la risoluzione
spaziale del rivelatore sono stati scelti i seguenti valori per le due costanti:
tZOP = 4 e tCL = 7. (3.5)
49
CAPITOLO 3. Il monitoraggio dell’apparato
Per conoscere la striscia a cui appartiene il valore di ADC che ha superato
la soglia viene trasmesso anche il numero che ne identifica la posizione
nel sensore.
Il segnale delle strisce non trasmesse viene ricostruito durante l’analisi
off-line dei dati utilizzando la relazione:
ADCj = PEDj + ADCj−k − PEDj−k (3.6)
dove ADCj−k e il segnale dell’ultima striscia trasmessa e PEDj, PEDj−k
sono i valori di piedistallo forniti dalla calibrazione.
3.2 Uno sguardo ai dati
Dopo essere stati trasmessi a terra nel centro operativo di NTsOMZ
a Mosca i dati vengono immediatamente analizzati al fine di avere una
rapida visione del funzionamento dell’apparato; in questo modo eventuali
anomalie vengono subito evidenziate ed eventualmente corrette tramite
l’invio di appositi comandi al satellite. Contemporaneamente una copia
dei dati viene trasferita al CNAF (Centro Nazionale per la Ricerca e
Sviluppo nelle Tecnologie Informatiche e Telematiche dell’INFN nei pressi
di Bologna) dove avviene l’analisi vera e propria fino alla produzione delle
variabili che contengono le informazioni fisiche sulle particelle.
La prima fase del flusso di analisi, consiste nell’estrazione dei dati e nel
controllo della qualita della trasmissione del downlink. Successivamente
questi dati grezzi vengono spacchettati e analizzati con i programmi di
monitoraggio dell’apparato. Con questa prima analisi e possibile, entro
poche ore dalla ricezione dei dati, avere un quadro completo ed esaustivo
del comportamento dei vari rivelatori durante l’intervallo di tempo a cui
si riferiscono i dati raccolti. Nel caso vengano evidenziate delle anomalie
nei dati appena trasmessi e possibile chiedere la ripetizione del downlink.
3.2.1 Caratteristiche orbitali
Durante un downlink possono essere trasferiti uno o piu download,
che vengono estratti e analizzati singolarmente; ogni download contiene
50
3.2. Uno sguardo ai dati
Figura 3.2: Conteggi nei tre piani del TOF ad intervalli di 60 ms infunzione dell’OBT durante tre orbite consecutive. In verde per S1, inblu per S2 in rosso per S3. N ed S indicano, rispettivamente, il passaggioin prossimita del polo nord e del polo sud.
i dati registrati durante un certo numero di orbite compiute dal satellite
attorno alla Terra. Tramite i programmi di monitoraggio e possibile
osservare lo stato e il corretto funzionamento dei rivelatori.
In figura 3.2 sono riportati i conteggi nei tre piani del TOF in funzio-
ne dell’On-Board-Time (OBT) del satellite per un intervallo temporale
di circa tre orbite corrispondente al contenuto di un singolo download. In
verde sono rappresentati i conteggi nel piano superiore (S1) del sistema
di tempo di volo, in blu quelli nel piano centrale (S2), mentre in ros-
so quelli relativi al piano inferiore (S3). Si possono notare facilmente i
passaggi del satellite ai poli, dove il taglio geomagnetico e piu basso, in
corrispondenza delle zone con un alto valore di conteggi. Le zone di mi-
nimo corrispondono all’attraversamento della zona equatoriale. Questo
effetto di modulazione e dovuto al campo magnetico terrestre che scher-
ma i raggi cosmici di bassa energia all’equatore mentre li lascia passare
ai poli (vedi sezione 1.1).
Oltre al regolare andamento nel grafico si notano tre picchi molto
pronunciati nella zona compresa tra il polo sud e l’equatore e due piccoli
51
CAPITOLO 3. Il monitoraggio dell’apparato
Figura 3.3: Numero di conteggi al secondo nel piano superiore del TOF infunzione della posizione orbitale per le stesse tre orbite di figura 3.2. Sugliassi orizzontale e verticale sono indicate la longitudine e la latitudineterrestri lungo l’orbita.
incrementi subito dopo il polo sud. I primi sono dovuti al passaggio del
satellite nella fascia di radiazione interna in una zona del campo magneti-
co terrestre chiamata Anomalia Sud Atlantica. Tale anomalia e prodotta,
oltre che dalla diversa inclinazione dell’asse magnetico e di quello di ro-
tazione terrestre, anche da uno spostamento dell’asse magnetico rispetto
al centro della Terra; tale spostamento avvicina le fasce di radiazione alla
superficie terrestre proprio in corrispondenza della regione sud atlantica,
mentre le allontana dalla parte opposta. I due picchi meno pronunciati
sono dovuti al passaggio ai margini della fascia esterna in vicinanza del
polo sud.
Il numero di conteggi al di fuori dell’anomalia sud atlantica risultano
essere circa gli stessi per il piano centrale e inferiore del TOF, mentre
quello nel piano superiore e molto maggiore; cio e dovuto sia alla piu
52
3.2. Uno sguardo ai dati
grande superficie di quest’ultimo rispetto ai primi due, sia al fatto che
in queste regioni ci sono molte particelle di bassa energia che quindi at-
traversano il primo piano del TOF, ma poi si fermano prima di arrivare
al piano successivo. Nella regione dell’anomalia invece i conteggi sono
differenti in ognuno dei tre piani, perche in questa regione ci sono piu
particelle di alta energia che riescono ad attraversare piu piani del TOF.
In particolare, sempre con riferimento alla figura 3.2, nel primo piano
il numero di conteggi, in corrispondenza del passaggio del satellite nella
regione dell’anomalia sud atlantica, e talmente elevato che il rivelatore
va in saturazione e il contatore di eventi riparte da zero diverse volte,
dando origine a quelle che sembrano delle discontinuita.
Nella figura 3.3 mostra una rappresentazione bidimensionale delle
stesse tre orbite della figura precedente, proiettate sulla superficie ter-
restre. La scala di colore a destra indica la frequenza registrata in Hz da
entrambi gli strati del piano superiore del TOF. Qui si puo vedere come
in corrispondenza della zona sud atlantica il colore riporti valori molto
piu alti rispetto anche a quelli registrati in vicinanza dei poli. Confron-
tando le due figure 3.2 e 3.3 si puo associare il primo grande picco, nella
prima figura, con la traiettoria piu a destra fra le tre della seconda figura.
Per avere una idea piu precisa dell’anomalia sud atlantica si possono
riportare in un grafico simile a quello di figura 3.3 molte piu orbite, fino
ad ottenere un’immagine come quella mostrata in figura 3.4. In questa
si possono vedere sia la zona corrispondente alla fascia di radiazione in-
terna nella regione sud atlantica, con un elevato numero di conteggi ogni
secondo, sia quella relativa alla fascia di radiazione esterna, con meno
conteggi rispetto alla precedente, ma sempre maggiori di quelli delle zo-
ne vicine. Da notare che, dal momento che le orbite usate per ottenere
questa figura sono relative a orbite percorse ad altitudini differenti, que-
sto non permette di visualizzare le varie zone con contorni netti.
Nella figura 3.2 si notano anche alcune interruzioni nel flusso di dati
trasmessi. Le tre piu brevi sono dovute alla procedura di calibrazione,
che viene effettuata al passaggio del satellite sull’equatore nella direzione
sud-nord; queste interruzioni sono visibili anche in figura 3.3. L’interru-
zione piu lunga in figura 3.2 invece e dovuta al processo di trasferimento
dei dati dalla mass memory di PAMELA a quella del satellite.
53
CAPITOLO 3. Il monitoraggio dell’apparato
Figura 3.4: Conteggi al secondo nel primo piano del TOF in funzionedella posizione orbitale ottenute con la sovrapposizione di molte orbitefino ad ottenere una copertura completa della superficie terrestre.
Questa memoria e formata da un buffer circolare di 2 GB. Ad interval-
li di tempo regolari viene copiato tutto il suo contenuto nella memoria del
satellite per essere poi trasmesso a terra. Se tra due download successivi
vengono raccolti dati per meno di 2 GB, al momento del trasferimen-
to nella memoria del satellite viene copiata anche una parte di dati gia
trasferiti in precedenza. Quindi in figura 3.2 i dati compresi fra il piu
piccolo valore di OBT e l’interruzione sono quelli gia trasmessi durante il
download precedente, mentre i dati successivi all’interruzione sono quelli
associati al corrente download. La larghezza dell’interruzione dipende dal
tempo che l’apparato ha impiegato per le operazioni di trasferimento dei
dati fra le due memorie e l’inizio della nuova acquisizione.
Per sapere quale relazione c’e tra il tempo proprio del satellite (OBT)
e il Greenwich Mean Time (GMT) viene inviato da terra, ad intervalli
regolari, un segnale di sincronizzazione temporale, che permette di at-
54
3.2. Uno sguardo ai dati
(a)
(b)
Figura 3.5: Piedistalli e rumore intrinseco ottenuti in una calibrazioneper ogni canale della vista Y del secondo piano (a) e della vista X delterzo piano (b).
tribuire univocamente a un OBT un tempo assoluto. Con l’utilizzo di
questo segnale durante l’analisi successiva, ogni evento, a cui e associato
un certo OBT, potra essere collocato temporalmente in una scala assolu-
ta. In questo modo e possibile studiare l’evoluzione temporale del flusso
di particelle, particolarmente interessante durante fenomeni quali i flare
solari.
3.2.2 Lo spettrometro magnetico
Per ogni rivelatore che compone PAMELA sono stati sviluppati spe-
cifici programmi di monitoraggio per osservare il comportamento delle
variabili che piu facilmente possono evidenziare un comportamento ano-
malo del rivelatore stesso.
Di seguito sono riportati alcuni esempi di grafici prodotti dal software
di monitoraggio dello spettrometro, relativi ai dati nello stesso intervallo
temporale mostrato nelle figure 3.2 e 3.3.
In figura 3.5 si possono osservare i valori ottenuti, tramite una pro-
55
CAPITOLO 3. Il monitoraggio dell’apparato
(a)
(b)
(c)
Figura 3.6: Dimensione dei pacchetti di dati registrati dalle viste dellaprecedente figura in funzione dell’OBT vicino alla stessa calibrazione (a)e (b), mentre (c) mostra un esempio di dati acquisiti anche con la cali-brazione di riferimento indicata dalla “D” viola. La freccia verde indical’istante in cui e avvenuta la calibrazione.
56
3.2. Uno sguardo ai dati
cedura di calibrazione, per i piedistalli (a sinistra) e il rumore intrinseco
di ogni canale (a destra) in due delle dodici viste del sistema tracciante.
Nella parte superiore sono mostrati i parametri di calibrazione relativi
alla vista Y del secondo piano, mentre nella parte inferiore sono riportati
quelli relativi alla vista X del terzo piano, rispettivamente indicati con
DSP 3 e DSP 6. In tutti i grafici sono evidenziate sia le divisioni di ogni
piano in tre ladder, separate da tratteggi verticali azzurri, sia le strisce
collegate ad uno stesso VA1, separate da tratteggi verticali gialli. Le li-
nee gialle orizzontali corrispondono al valore medio del singolo ladder. Le
differenze nei valori medi dei piedistalli che si possono notare tra le viste
X e Y sono dovute alla diversa tensione di bias, allo scopo di ottimizzare
il range dinamico degli ADC; infatti, essendo il segnale negativo nelle
viste Y e positivo in quelle X, il livello medio di tensione e stato scelto in
maniera asimmetrica rispettivamente vicino al limite superiore e inferiore
del range dinamico (∼ 2900 in Y , ∼ 1200 in X). Per quanto riguarda
le differenze del rumore intrinseco nelle due viste, esse sono dovute al
diverso valore delle capacita in ingresso ai preamplificatori, come con-
seguenza delle specifiche caratteristiche del sensore nelle due viste (per
esempio la doppia metallizzazione della vista Y). Osservando i grafici del
rumore (a destra) si puo notare un numero limitato di strisce difettose,
individuabili dai valori che si discostano significativamente dalla media,
segno che i silici non sono stati danneggiati dalle vibrazioni della fase di
lancio.
Nelle figure 3.6(a) e 3.6(b) e riportata la lunghezza dei pacchetti di
dati, in parole da tredici bit, in funzione dell’OBT per le stesse due vi-
ste DSP 3 e DSP 6. I dati si riferiscono ad un intervallo temporale che
comprende la calibrazione della figura precedente; il momento in cui e
avvenuta la calibrazione e indicato con una freccia verde. L’acquisizio-
ne dei dati viene segmentata in intervalli temporali chiamati run la cui
durata viene stabilita dai parametri di acquisizione. Ad esempio e possi-
bile fare in modo che la configurazione di trigger cambi automaticamente
lungo l’orbita fra due possibili scelte in funzione dello stesso trigger rate;
nelle regioni a basso rate il trigger viene generato quando si ha segnale
su almeno uno strato di ognuno dei tre piani del TOF, nelle regioni ad
alto rate invece l’acquisizione avviene quando la particella viene rivelata
57
CAPITOLO 3. Il monitoraggio dell’apparato
Figura 3.7: Valori ADC registrati da ogni canale nei primi 50 even-ti, acquisiti in modalita non compressa, immediatamente successivi allacalibrazione.
da entrambi gli strati del secondo e del terzo piano del TOF. Le linee
verticali nei grafici di figura 3.6 individuano l’inizio di ogni run di presa
dati e la lettera in alto accanto alla linea fornisce l’informazione specifica
su quale calibrazione e stata usata per i dati di quel particolare run: in
questo caso la “O” verde corrisponde alla calibrazione standard, mentre
una “D” viola corrisponde all’uso della calibrazione di riferimento usata
nel caso in cui la procedura di calibrazione dovesse fallire.
La calibrazione di riferimento viene usata anche all’accensione oppure
dopo un reset, causato per esempio da un allarme (come nell’esempio mo-
strato in figura 3.6(c) per il DSP 3), fino al nodo ascendente successivo,
quando viene effettuata una nuova calibrazione. In figura 3.6(c) si puo
vedere come nel caso dei dati acquisiti con la calibrazione di riferimento
la compressione non risulti piu altrettanto efficace, infatti la quantita di
dati trasmessa risulta in media leggermente superiore. Questa quantita
(per ogni vista) nel caso di una calibrazione standard, risulta essere in
media di ∼ 150 parole a 13 bit per evento. Subito dopo ogni calibrazione
viene eseguito un breve run con speciali parametri di acquisizione, per
58
3.2. Uno sguardo ai dati
Figura 3.8: Tempo impiegato dall’algoritmo di compressione perelaborare i dati in funzione dell’OBT.
cui solo la meta delle viste e acquisita in modalita compressa. In parti-
colare per un certo evento non vengono compresse le informazioni delle
viste X e per l’evento successivo quelle delle viste Y in maniera alternata.
In questo caso la quantita di dati trasmessi e ∼ 3150 parole di 13 bit,
corrispondente ai 3072 canali, confermando un fattore di compressione di
∼ 95%. In figura 3.7 sono riportati, a titolo di esempio, i valori ADC dei
3072 canali delle due viste in esame per i primi cinquanta eventi acquisiti
in modalita non compressa dopo una calibrazione.
Un eventuale cattivo funzionamento dell’algoritmo di compressione
risulterebbe in un popolamento della zona compresa tre le due linee oriz-
zontali in figura 3.6, in quanto la quantita di dati trasmessi sarebbe
in questo caso maggiore. Inoltre sarebbe altresı visibile dai grafici di
figura 3.8, in cui e indicato il tempo impiegato dalla procedura di com-
59
CAPITOLO 3. Il monitoraggio dell’apparato
Figura 3.9: Illuminazione della vista X del terzo piano dello spettrome-tro. Si puo notare la curvatura della distribuzione, dovuta agli effettidel campo magnetico e del fattore geometrico, in accordo con quantoaspettato per uno dei piani centrali del sistema tracciante.
pressione per elaborare i dati, in funzione dell’OBT. I problemi nella
compressione risulterebbero anche qui in un addensamento maggiore nei
punti nella parte superiore del grafico a causa del piu alto numero di
canali il cui valore deve essere trasmesso.
Ulteriori verifiche del buon funzionamento dei sensori al silicio dello
spettrometro possono essere fatte, per esempio, utilizzando l’informazio-
ne sulla posizione della striscia di ogni ladder che per ogni evento ha
registrato il segnale massimo. Con l’informazione di posizione e possibile
ottenere un grafico come quello in figura 3.9, che mostra l’illuminazione
della vista X del terzo piano. Essendo il terzo uno dei piani piu interni
alla torre magnetica, si vede chiaramente come a causa dell’effetto com-
binato del campo magnetico e del fattore geometrico sia piu popolata
la zona corrispondente al ladder centrale, mentre il numero di particelle
rivelate diminuisce gradualmente muovendosi verso il bordo del piano.
Da notare che le zone di assenza di segnali che si vedono nel grafico in
corrispondenza della congiunzione fra i tre ladder (intorno alle strisce
1024 e 2048) e alla meta di ognuno di essi sono dovuti all’esclusione dei
segnali di alcuni canali che spesso registrano valori elevati, forse perche
60
3.2. Uno sguardo ai dati
Figura 3.10: Distribuzione del segnale massimo raccolto in ognuno deitre ladder della vista X del secondo piano. Si puo osservare la formasimile ad una distribuzione di Landau.
al confine fra regioni collegate a differenti parti di elettronica. Il segnale
di questi canali viene invece successivamente riconosciuto ed elaborato
61
CAPITOLO 3. Il monitoraggio dell’apparato
(a)
(b)
Figura 3.11: (a) Andamento della temperatura durante in funzione deltempo subito dopo una accensione di PAMELA e (b) dopo un certo pe-riodo di funzionamento continuato per uno dei sensori collegati ai cinquemoduli magnetici dello spettrometro. Dopo un’accensione la temperatu-ra aumenta, di circa 2◦/h, fino a quando si stabilisce un equilibrio frail calore assorbito dal sistema di raffreddamento e quello generato dagliapparati elettronici.
62
3.2. Uno sguardo ai dati
correttamente dal software di analisi off-line.
Utilizzando poi le informazioni sul valore del segnale massimo fornito
dall’algoritmo di compressione si possono ottenere grafici come quelli in
figura 3.10. La teoria della perdita di energia per ionizzazione da parte
di particelle cariche in un sottile strato di materia prevede che il segnale
rilasciato da particelle al minimo di ionizzazione segua una distribuzione
di Landau. Nel caso specifico si vede che queste distribuzioni sono in
realta deformate, poiche composte anche da segnali di particelle non al
minimo di ionizzazione. Inoltre il segnale riportato e quello della striscia
massima, non tutto quello rilasciato nel rivelatore e potrebbe a volte es-
sere dovuto al rumore invece che al passaggio di una particella.
Infine un ultimo esempio dei programmi di monitoraggio dello spet-
trometro consiste nella possibilita di monitorare costantemente la sua
temperatura grazie alla presenza di dieci sensori, due per ognuno dei cin-
que moduli magnetici. Tramite i sensori e possibile vedere come (vedi
figura 3.11(a)) immediatamente dopo l’accensione dei vari sistemi dell’e-
sperimento, la temperatura all’interno del contenitore pressurizzato che
contiene PAMELA sia attorno ai 21◦. Il calore prodotto dall’apparato
elettronico fa sı che questi valori, come si vede in figura 3.11(a), aumen-
tino di circa 2◦ ogni ora. Grazie pero ai meccanismi di scambio di calore
con il satellite di cui e dotato l’esperimento la temperatura raggiunge
una stabilita nel tempo attorno ad un valore di 28◦, come si vede in fi-
gura 3.11(b).
Dall’analisi delle informazioni ottenibili dai programmi di controllo
dello spettrometro magnetico e degli altri rivelatori si puo concludere
che l’intero apparato non ha subito danneggiamenti durante la fase di
lancio e che tutti i rivelatori si comportano correttamente, in base alle
previsioni dei test effettuati a terra.
63
Capitolo 4
Il tracciamento nello
spettrometro magnetico
In questo capitolo verranno presentate le procedure di riduzione dei
dati per lo spettrometro di PAMELA. Nel corso degli anni sono state
sviluppate una serie di routine che permettono di elaborare i dati raccol-
ti dai rivelatori al silicio, ottenendo le informazioni sui punti d’impatto
delle particelle nei piani dello spettrometro e da queste il valore della
deflessione (definita dall’equazione 2.1).
Nelle sezioni 4.1.1 e 4.1.2 saranno descritte le fasi di passaggio dalla
lettura dei dati alla ricostruzione dei punti d’impatto delle particelle nei
piani di silicio. Partendo da queste informazioni, dopo una breve intro-
duzione sulla procedura di simulazione di PAMELA nella sezione 4.2,
si procede nella sezione 4.3 con la descrizione approfondita dell’algorit-
mo di tracciamento che porta alla determinazione della deflessione della
particella che ha prodotto i segnali nei piani.
4.1 Riduzione dei dati
4.1.1 Analisi del segnale
Le informazioni fisiche sulle particelle che attraversano l’intero sistema
sono ottenute tramite un programma di analisi appositamente sviluppa-
to. Inizialmente viene effettuata la decompressione dei dati utilizzando
65
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
i parametri della calibrazione ad essi associata. Una volta decompressi i
dati e possibile procedere con la ricerca dei segnali associati al passaggio
delle particelle nei piani di silicio. Tipicamente la carica viene raccolta
da piu strisce; si definisce “cluster” l’insieme di strisce adiacenti che pre-
sentano una quantita minima di carica raccolta.
Il segnale dovuto al passaggio di una particella, per l’i-esimo evento,
da parte del j-esimo canale del k-esimo VA1 si puo ricavare dall’equazio-
ne 3.1
Sij,k = ±
(ADCi
j,k + PEDj,k + CN ik
). (4.1)
Il segno e usato positivo per la vista X (lato giunzione) e negativo per
quella Y (lato ohmico) perche il segnale risulta di segno opposto, in
quanto vengono raccolte lacune nella prima ed elettroni nella seconda.
L’identificazione dei cluster avviene valutando il rapporto segnale-
rumore per ogni canale; in particolare si cercano i canali il cui segnale
soddisfa la relazione:
Sij,k > Cseme · σj,k (4.2)
dove Cseme = 7; tale canale e considerato il “seme” di un cluster. Una
volta identificato il seme si aggiungono le strisce adiacenti il cui segnale
superi il taglio
Sij,k > Cincl · σj,k (4.3)
con Cincl = 4. I valori dei tagli sono stati scelti dopo numerosi test sui
fasci di particelle, effettuati nel corso degli anni al fine di ottimizzare la
rivelazione di particelle al minimo di ionizzazione. Si definisce moltepli-
cita di un cluster il numero di strisce che lo compongono; questa dipende,
oltre che dai parametri Cseme e Cincl, dalla distanza di impiantazione del-
le strisce nel substrato, dagli accoppiamenti capacitivi tra strisce e dallo
spessore del sensore in relazione all’angolo di incidenza della particella.
Nella configurazione di PAMELA la molteplicita risulta nella maggior
parte degli eventi pari a due per la vista X e uno per quella Y .
Una volta che il cluster e stato identificato se ne calcola il segnale
66
4.1. Riduzione dei dati
totale, questo e un dato importante in quanto e proporzionale alla ioniz-
zazione generata nel silicio e fornisce informazioni sulla perdita di energia
della particella. Il rapporto segnale rumore di un intero cluster e defi-
nito come la somma dei rapporti segnale-rumore di ogni canale ad esso
associato:
(S/N)cl =m∑
i=1
Si
σi
, (4.4)
dove m e la molteplicita del cluster [61]. Questo parametro e molto
importante perche legato alla risoluzione spaziale dei sensori; piu grande
e il rapporto segnale-rumore migliore risulta la risoluzione che si riesce
ad ottenere.
4.1.2 Ricostruzione del punto d’impatto
La ricostruzione del punto d’impatto nei rivelatori a miscrostrisce
di silicio e un punto chiave per raggiungere le migliori prestazioni del
sistema; per ottenere la risoluzione micrometrica tipica di questi sensori
e necessario trattare il segnale del cluster con l’algoritmo appropriato.
Inoltre, e necessario conoscere con una adeguata precisione la posizio-
ne assoluta dei sensori del sistema tracciante. Questi aspetti verranno
trattati separatamente in questa sezione.
Algoritmi di ricerca del punto d’impatto
Per spiegare gli algoritmi di ricostruzione del punto d’impatto delle
particelle nei piani di silicio e utile introdurre la variabile:
ηn =
∑n ps∑n s
(4.5)
dove p e la coordinata della striscia con il segnale massimo, espressa in
unita di passo tra le strisce, s e il segnale della striscia e la sommatoria
e eseguita sul numero di strisce (n) intorno al cluster. La coordinata del
punto d’impatto nel sensore puo essere ricavata dall’espressione generale:
x = P · f(ηn) + xmax (4.6)
67
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
Figura 4.1: Distribuzione H(η2) della variabile η2 in funzione dell’angolodi incidenza della traccia sul sensore per le viste X (in alto) e Y (inbasso), rispettivamente, ottenuta dai dati di volo.
68
4.1. Riduzione dei dati
dove P e il passo tra le strisce, xmax la coordinata della striscia con il
segnale massimo e f e una funzione monotona crescente della variabile
ηn. Il modo piu semplice di valutare la coordinata e utilizzare il centro
di gravita del cluster, questo si calcola sostituendo f(ηn) = ηn nell’e-
quazione 4.6; infatti, ηn e per definizione il centro di gravita del cluster,
relativo alla striscia con il segnale massimo, espresso in unita di passo
tra le strisce.
Tuttavia il centro di gravita non fornisce la migliore stima della coor-
dinata del punto d’impatto; infatti, a causa dell’effetto di discretizzazio-
ne della distribuzione del segnale, la ripartizione della carica tra strisce
adiacenti nei rivelatori a microstrisce di silicio non e lineare. Questa
caratteristica e evidente in figura 4.1, dove e mostrata la distribuzione
H(η2) della variabile η2, ottenuta dai dati di volo, in funzione dell’angolo
d’incidenza della particella sul sensore, rispettivamente per le viste X e
Y . A piccoli angoli la maggiorparte della carica e raccolta da due strisce.
In linea di principio il centro di gravita calcolato con due strisce potreb-
be essere usato per valutare la coordinata del punto d’impatto, ma se η2
fornisse una buona stima le distribuzioni in figura 4.1 dovrebbero essere
piatte.
Quando si ha a che fare con una raccolta di carica non lineare, la
miglior stima della coordinata del punto d’impatto e valutabile tramite
l’integrale della distribuzione H(η2) della variabile η2 ottenuta sperimen-
talmente:
f(η2) = f(η0) +
∫ η2
η0
H(h)dh . (4.7)
Nell’implementazione tipica dell’algoritmo, fs(η2), l’integrale parte da
η0 = −0.5 e la costante d’integrazione vale fs(−0.05) = −0.05. La
risoluzione spaziale che si ottiene applicando questo algoritmo e stata
studiata nel corso degli ultimi anni grazie ai dati raccolti durante test
su fasci di particelle e alla simulazione [62]. In particolare la risoluzione
valutata sulle viste X, che e utilizzata per misurare le coordinate lungo
la direzione di curvatura, e ∼ 3 µm fino a 5◦; oltre 10◦, la simulazione ha
messo in evidenza che si possono ottenere risultati migliori usando piu
di due strisce nella valutazione della coordinata del punto d’impatto, a
69
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
Figura 4.2: A sinistra rappresentazione schematica della distribuzionedel segnale generata da una traccia inclinata. A destra rappresentazionedella messa a punto del rivelatore per il test su fascio.
causa del fatto che la carica depositata viene raccolta da piu strisce. In
questo caso l’equazione 4.7 puo essere generalizzata a η3, η4, ecc. Sulle
viste Y , dove il passo tra le strisce e maggiore, l’algoritmo che utilizza
due strisce fornisce la migliore stima fino a 20◦.
A dispetto della buona risoluzione ottenuta con l’algoritmo η2, si puo
notare come la scelta della costante d’integrazione nell’equazione 4.7 si
basi sull’assunzione di una distribuzione simmetrica del segnale. Infatti,
solo in questo caso si puo assumere che se la carica e equamente sud-
divisa tra due strisce (η2 = ±0.5) la coordinata del punto d’impatto e
esattamente fs(±0.5) = ±0.5. Come conseguenza si ha che ogni asim-
metria nella distribuzione del segnale introduce uno spostamento siste-
matico della coordinata, quando viene applicato l’algoritmo η2 standard.
Dall’equazione 4.7:
f(η2) = fs(η2) + ∆ (4.8)
70
4.1. Riduzione dei dati
dove fs e la coordinata ottenuta con l’algoritmo η2 standard e
∆ = fs(−0.5) + 0.5
e la correzione che dovrebbe essere applicata per eliminare questo sposta-
mento. La condizione di simmetria non e soddisfatta nel caso di tracce
inclinate, come mostrato in figura 4.2 a sinistra.
L’effetto angolare sulla ricostruzione della posizione del punto d’im-
patto delle particelle nei sensori a microstrisce di silicio e stato studiato
approfonditamente da G. Landi [63, 64, 65] per mezzo sia di un modello
analitico, basato sulla teoria dei segnali, che di simulazioni numeriche.
Piu in generale, l’autore studia l’effetto della discretizzazione della distri-
buzione del segnale, dovuto alla segmentazione del sensore, sulla deter-
minazione delle coordinate. Sia il modello analitico che la simulazione
sono stati calibrati sui sensori dello spettrometro di PAMELA. Da un
punto di vista sperimentale, i risultati principali di questo studio sono:
1. l’algoritmo η2 standard produce uno spostamento sistematico signi-
ficativo della coordinata nelle viste X (∼ 2 µm a 3◦);
2. il centro di gravita valutato con quattro strisce (o piu), η4, non
genera spostamenti (ma peggiora la risoluzione);
3. la correzione puo essere derivata dai dati stessi come:
∆ ∼ 〈η4〉 (4.9)
dove la media e valutata su tutti i cluster fissato l’angolo.
Con lo scopo di misurare l’effetto angolare, nel 2006 e stato effettuato
un test su un fascio di protoni con impulsi tra 50 e 150 GeV/c al Su-
per Proton Synchrotron del CERN. Per l’occasione e stato assemblato
un piccolo sistema tracciante composto da cinque piani. Sono stati usati
prototipi dei ladder dello spettrometro di PAMELA, con gli stessi sensori
al silicio, la stessa elettronica di front-end e lo stesso sistema di lettura
dati. In questo caso, pero, non e stata applicata nessuna compressione ai
dati acquisiti. Tre dei cinque piani sono stati sistemati molto vicini tra di
loro, per minimizzare l’effetto della diffusione multipla sulle coordinate
71
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
Figura 4.3: A sinistra sono riportati i residui spaziali medi misurati infunzione dell’angolo di incidenza della traccia ottenuti con il centro digravita di quattro strisce. Al centro ci sono gli stessi residui calcolatipero con l’algoritmo η2 standard (in blu) e con l’algoritmo η2 corretto(in rosso). A destra la correzione ∆ in funzione dell’angolo, espressa inunita di passo tre le strisce. I risultati sono stati ottenuti con i dati deltest su fascio (CERN-SPS, 2006).
misurate, e il piano centrale e stato ruotato di 180◦ attorno all’asse Y
(vedere figura 4.2 a destra); con questa configurazione il residuo spaziale
sulla vista X del piano centrale, valutato come δ = x2 − (x1 + x3)/2, e
uguale a due volte lo spostamento della coordinata, quando presente.
I residui spaziali medi δ in funzione dell’angolo, ottenuti stimando le
coordinate con il centro di gravita con quattro strisce, sono mostrati in
figura 4.3 a sinistra. Il valore medio dei residui indica che il centro di gra-
vita con quattro strisce non e affetto, entro 1 µm, da sistematici angolari
significativi. In blu nel grafico centrale della stessa figura sono mostrati
i residui spaziali medi ottenuti applicando l’algoritmo η2 standard; e evi-
dente in questo caso la presenza di uno spostamento sistematico, che ha
il suo massimo a ∼ −4◦. Nello stesso grafico in rosso sono riportati gli
stessi residui dopo che e stata applicata la correzione ∆, valutata dall’e-
quazione 4.9: la correzione, mostrata nel grafico piu a destra, riduce lo
spostamento sistematico a meno di 1 µm, che e consistente con quanto
ottenuto applicando il centro di gravita con quattro strisce. Una carat-
teristica inattesa in figura 4.3 e costituita dal fatto che lo spostamento
della coordinata e diverso da zero anche a 0◦, dove ci saremmo aspettati
72
4.1. Riduzione dei dati
Figura 4.4: A sinistra e riportato il valore medio dei residui spazialimisurati sulla vista X del piano inferiore, ottenuti con il centro di gravitacon quattro strisce (in nero), con l’algoritmo η2 standard (in blu) e conl’algoritmo η2 corretto (in rosso). A Destra e mostrata la correzioneangolare ∆, espressa in unita di passo tre le strisce. I risultati sonoottenuti con i dati raccolti in volo da PAMELA.
una distribuzione simmetrica del segnale. La causa di questa asimmetria
e attualmente sotto studio.
L’effetto angolare sulle coordinate ricostruite puo essere messo in evi-
denza anche nei dati di volo. Infatti il piano inferiore dello spettrometro
e ruotato di 180◦ attorno all’asse X rispetto agli altri: come conseguenza
si ha il fatto che su questo piano lo spostamento delle coordinate x rico-
struite ha segno opposto rispetto a quello che si ha negli altri piani. Per
controllare l’effetto angolare, e stato selezionato un campione di protoni
relativistici con sei misure sia sulle viste X che su quelle Y : il piano infe-
riore e stato rimosso dal fit della traccia, poiche lo spostamento avrebbe
influenzato negativamente il risultato del fit, e sono stati calcolati i resi-
dui sulla vista X. I risultati, per diversi algoritmi di ricerca del punto
d’impatto, sono mostrati in figura 4.4 a sinistra, dove il valore medio dei
residui e riportato in funzione dell’angolo. Nuovamente si puo notare uno
spostamento significativo quando e applicato l’algoritmo η2 standard (in
blu), che viene corretto con l’aggiunta di ∆ (grafico in figura 4.4 a destra)
alla coordinata ricostruita. Confrontando i grafici a destra nelle figure 4.3
e 4.4 si puo notare come in quest’ultima l’asimmetria sia meno evidente.
In figura 4.5 sono mostrate le distribuzioni dei residui sull’ultimo piano
73
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
Figura 4.5: Distribuzione dei residui spaziali per la vista X del pianoinferiore dello spettrometro ottenuti con il centro di gravita con quattrostrisce (in nero), con l’algoritmo η2 standard (in blu) e con l’algoritmoη2 corretto (in rosso) su un campione di dati acquisiti in volo.
ottenute con i dati di volo per tre differenti algoritmi di ricerca del punto
d’impatto. Queste confermano come l’algoritmo η2 corretto fornisca la
migliore risoluzione.
Allineamento dei sensori
Per sfruttare a pieno l’eccellente risoluzione spaziale dei sensori dello
spettrometro e fondamentale conoscere le posizioni assolute degli stessi
nel sistema di riferimento generale di PAMELA con una incertezza mi-
nore di ∼ 1 µm. I processi di lavorazione meccanica non garantiscono
una tale accuratezza, quindi e stato necessario sviluppare un software di
allineamento. La sola possibilita per lo spettrometro di PAMELA e un
metodo di allineamento basato sulle tracce, che consiste nella minimiz-
zazione dei residui spaziali in funzione dei parametri di roto-traslazione
dei sensori. Una complicazione per questo tipo di approccio sta nel fatto
che le tracce sono curvate dal campo magnetico generato dal magnete
74
4.2. La simulazione di PAMELA
permanente; quindi la curvatura della traiettoria della particella deve es-
sere conosciuta a priori e questo richiede una stima indipendente della
rigidita della particella.
Il sistema tracciante e stato inizialmente allineato a terra con un fascio
di protoni da 100 GeV/c (durante il test del modello di volo dello spettro-
metro effettuato al CERN-SPS nel 2003), successivamente l’allineamento
e stato verificato con i muoni atmosferici (durante l’integrazione di PA-
MELA nei laboratori INFN nel 2005) studiando il loro rapporto di carica
misurato; le correzioni stimate rispetto alle posizioni nominali dei sensori
sono state di ∼ 100 µm.
Durante il volo sono necessarie ulteriori correzioni, per considerare i
movimenti dei sensori dovuti principalmente alle vibrazioni a cui sono
stati sottoposti durante la fase di lancio. Poiche il coefficiente di dilata-
zione lineare dei sensori al silicio e ∼ 2.6◦C−1, la dilatazione dei sensori
provocata dalla temperatura puo essere trascurata. Questo allineamento
del secondo ordine e stato effettuato con protoni relativistici; dal momen-
to che non e disponibile nessuna misura indipendente della loro energia,
l’allineamento e effettuato fissando la deflessione al valore misurato. Que-
sta procedura permette di correggere gli spostamenti relativi tra i sensori
(le correzioni stimate sono ∼ 10 µm), ma potrebbe dare luogo ad una
distorsione della traccia ricostruita. Tale distorsione del sistema puo si-
mulare una curvatura, che origina un errore sistematico nella deflessione
ricostruita. La possibilita di verificare questi sistematici dello spettrome-
tro e fornita dagli elettroni e dai positroni, le cui energie possono essere
misurate con il calorimetro. Questo lavoro e in fase di sviluppo.
4.2 La simulazione di PAMELA
Prima di proseguire nell’analisi dei dati e utile introdurre la procedu-
ra di simulazione sviluppata per l’apparato di PAMELA. Tale procedura
e fondamentale in tutte le fasi di un esperimento, dalla caratterizzazio-
ne e ottimizzazione dei rivelatori, alla verifica delle loro prestazioni, fino
all’ottimizzazione del software di analisi. Lo sviluppo effettuato sull’al-
goritmo di tracciamento esposto nel seguito del capitolo e stato condotto
su campioni di dati “virtuali” prodotti con la procedura di simulazione.
75
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
Lo strumento utilizzato per eseguire simulazioni nell’ambito della fi-
sica delle particelle elementari e GEANT [66], una libreria del CERN che
permette di descrivere il passaggio delle particelle attraverso la materia
fornendo le sue perdite di energia e l’eventuale produzione di particelle
secondarie. Il programma di simulazione e in grado di descrivere i pro-
cessi fisici tramite la generazione di numeri casuali distribuiti secondo
opportune distribuzioni di probabilita legate alle sezioni d’urto di tali
processi.
Per ottenere una buona procedura di simulazione e necessario che
questa sia in grado di descrivere l’apparato sperimentale attraverso una
struttura geometrica di volumi caratterizzati dalla forma e dal mezzo dal
quale questi sono composti; deve essere in grado di trasportare le par-
ticelle attraverso le varie regioni dell’apparato tenendo conto dei volumi
geometrici, del materiale dal quale sono composti, degli effetti fisici dovu-
ti all’interazione tra le particelle e i materiali nonche degli effetti dovuti
al campo magnetico; inoltre, deve avere la possibilita di immagazzinare
tutte le informazioni sulla traiettoria di tutte le particelle e sulle risposte
di ogni rivelatore.
Il programma di simulazione di PAMELA simula tutti i rivelatori
compresi nell’apparato, oltre che tutti i materiali di supporto come il co-
perchio in alluminio dentro al quale e posizionata sul satellite, e permette
all’utente di decidere quali tra questi debbano essere presi in considera-
zione per produrre un particolare campione di dati. Infatti, a seconda
dello scopo finale dello specifico studio puo essere utile non simulare tutti
i rivelatori per risparmiare tempo di calcolo.
Per effettuare gli studi descritti in questi lavoro l’attenzione e stata
posta esclusivamente sullo spettrometro magnetico. Nella simulazione di
questo rivelatore, grazie ad uno studio effettuato in un lavoro preceden-
te [62], e stato possibile simulare nella maniera piu realistica possibile la
risposta dei piani di rivelazione.
In uscita dall’intera procedura di simulazione, una volta introdotto il
rumore nei vari segnali e organizzate opportunamente le diverse variabili,
si ottengono campioni di eventi virtuali che possono essere analizzati con
gli stessi strumenti utilizzati per lo studio dei dati reali. In questa ma-
niera e possibile confrontare i dati reali con quelli simulati, per verificare
76
4.2. La simulazione di PAMELA
la consistenza della procedura di simulazione; inoltre e possibile testare
le risposte del software di analisi sul campione di dati simulati al fine di
ottimizzarlo per i diversi studi da compiere sul campione di dati di volo.
4.2.1 Simulazione del flusso di particelle
Una caratteristica della procedura di simulazione e la possibilita di
fornire in ingresso le caratteristiche cinematiche delle particelle da simu-
lare; in questo modo e possibile selezionare oltre che il tipo di particella
anche la distribuzione spaziale e angolare di incidenza sul rivelatore e lo
spettro energetico.
Per l’analisi successiva sono stati simulati flussi di protoni secondo
la distribuzione dei raggi cosmici nell’accettanza di PAMELA a partire
da un piano di produzione parallelo al primo piano dello spettrometro
e situato un centimetro sopra di esso. L’intervallo di energia utilizzato
per la produzione del campione di protoni e stato scelto in funzione delle
finalita dello studio e verra specificato di volta in volta.
Il flusso differenziale impiegato per la produzione della cinematica
delle particelle deriva dai dati ottenuti dalle precedenti misure sui raggi
cosmici ed e stato parametrizzato dalla seguente formula [67]:
J = aEb(E + d)c (m2 · s · sr ·GeV )−1 (4.10)
dove a, b, c sono dei parametri numerici che dipendono dal tipo di parti-
cella, d ∼ 1 GeV/n per tutti i tipi di particella ed E e l’energia cinetica
espressa in GeV.
Inoltre sono state selezionate particelle che, estratte da una distribu-
zione isotropa nella direzione di incidenza e distribuita uniformemente sul
piano di generazione, risultassero interamente contenute all’interno del-
l’accettanza geometrica dello spettrometro una volta tracciate all’interno
del campo magnetico dello spettrometro stesso.
77
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
4.3 L’algoritmo di tracciamento
Una volta introdotta la procedura di simulazione si puo passare al-
l’ultima fase dell’analisi dati, che viene applicata in maniera identica sia
ai dati reali sia a quelli simulati; cio permette di ottenere informazioni in-
teressanti ai fini della successiva analisi fisica. Questa fase consiste nella
ricostruzione delle traiettorie che le particelle hanno percorso all’interno
della cavita magnetica dello spettrometro, partendo dalla conoscenza dei
punti spaziali di passaggio nei sei piani di silicio e della carica raccolta
in corrispondenza di ognuno di essi.
Per caratterizzare la traiettoria di una particella in un campo ma-
gnetico nel vuoto occorre risolvere la sua equazione del moto data dalla
forza di Lorentz nello spazio a tre dimensioni
mγd2~r
dt2= q
(d~r
dt× ~B
), (4.11)
la cui soluzione necessita la determinazione di sei costanti d’integrazione.
Se consideriamo un piano di riferimento fisso la traiettoria risulta univo-
camente determinata da cinque parametri indipendenti valutati sul piano
di riferimento. Si definisce come vettore di stato ~α di una traccia quel
vettore che ha per componenti i cinque parametri caratterizzanti la trac-
cia nel piano di riferimento scelto. La scelta dei parametri e in generale
libera e fatta sulla base di considerazioni di convenienza che dipendono
dal tipo di esperimento e dall’apparato utilizzato. Per lo spettrometro
di PAMELA abbiamo scelto di considerare come piano di riferimento un
piano z = costante al di sopra dello spettrometro e abbiamo definito il
vettore di stato ~α:
~α = (x, y, senθ, φ, η) , (4.12)
dove x e y sono le coordinate di intersezione della traccia con il piano di
riferimento, θ l’angolo formato dalla traccia con l’asse z, φ l’angolo che
viene formato dalla proiezione della traccia sul piano (x, y) con l’asse x
e η = Ze/pc la sua deflessione. Tra tutte le informazioni riguardanti la
traccia, di maggiore importanza per lo scopo dell’esperimento e la defles-
sione della particella. Per riuscire a misurare tale quantita e necessario
78
4.3. L’algoritmo di tracciamento
Figura 4.6: Schematizzazione dello spettrometro magnetico (zona cele-ste), del calorimetro (zona nera) e del TOF (S1 in alto, S2 sopra lospettrometro e S3 tra questo e il calorimetro) di PAMELA. Sono rappre-sentate le due viste x (a sinistra) e y (a destra) e una vista dall’alto (alcentro). I punti disegnati rappresentano i segnali misurati dai rivelatori esono colorati a seconda della carica raccolta dalle strisce di lettura. I pun-ti nello spettrometro presentano anche delle circonferenze i cui raggi sonoproporzionali al segnale raccolto. In particolare questo e un evento chepresenta una grande quantita di segnali tra i quali e difficile identificarepossibili traiettorie di particelle. Esso e un evento dovuto probabilmen-te all’interazione di una particella primaria che ha generato uno sciameall’interno dell’apparato.
seguire una serie di passaggi che verrano ora illustrati.
Per determinare il vettore di stato si esegue un fit dei punti misurati
79
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
sui piani di rivelazione e appartenenti presumibilmente alla stessa traccia
fisica tramite una procedura iterativa di minimizzazione della quantita
χ2(~α) =Nx∑k=1
(xk − xk(~α)
σx
)2
+
Ny∑k=1
(yk − yk(~α)
σy
)2
, (4.13)
dove σx e σy sono le risoluzioni spaziali intrinseche dei piani di silicio,
xk e yk sono i punti associati alla traccia misurati nel k−esimo piano e
xk(~α) e yk(~α) sono i punti valutati nello stesso piano tramite una inte-
grazione numerica delle equazioni di moto (4.11); la sommatoria e estesa
a tutti i piani che hanno fornito una misura di posizione (Nx sulle viste
X e Ny sulle viste Y ).
Per poter effettuare questa procedura occorre prima di tutto eseguire
una identificazione della traccia ovvero e necessario individuare quali so-
no i cluster nei vari piani relativi al passaggio della stessa particella nel
sensore.
La procedura di fit ha come punto di partenza quello che chiamiamo
“candidato traccia”, caratterizzato dall’insieme dei punti associati alla
traccia e da una stima iniziale del vettore di stato ~α0 ottenuta con tali
punti .
Al fine di ottenere la migliore stima possibile dei parametri della tra-
iettoria e molto importante che il candidato traccia, cioe il parametro
iniziale ~α0, sia il piu vicino possibile al parametro ~α vero della traccia.
Da qui l’importanza di sviluppare un algoritmo veloce che sia in grado
di riconoscere al meglio i candidati traccia in uno scenario caratterizza-
to spesso da una grande quantita di segnali (figura 4.6), dove gli eventi
“puliti” (di cui un esempio e mostrato in figura 4.7) sono circa il 10% del
totale.
Per riuscire ad avere un algoritmo che fosse il piu possibile efficiente
pur mantenendo limitato il tempo di calcolo e stato sviluppato un metodo
che si articola in tre fasi distinte, schematizzabili nel seguente modo:
• suddivisione dei segnali misurati in punti formati da coppie di
coordinate x, y e punti formati da una sola coordinata (x o y);
• individuazione dei candidati traccia e associazione dei punti misura-
ti ad essi appartenenti, per mezzo del metodo di Hough Transform;
80
4.3. L’algoritmo di tracciamento
R = 3.61361 GV-1 = 0.276732 GVη
= 6.733732χ
Figura 4.7: Evento “pulito” dove sono presenti solo i segnali dovuti alpassaggio di una particella; da confrontarsi con l’evento “rumoroso” difigura 4.6.
• ricostruzione delle tracce tramite il fit dei candidati traccia indivi-
duati.
Per ottimizzare l’algoritmo di tracciamento si e utilizzato un campione
di dati simulati, ottenuto con gli strumenti introdotti nel paragrafo 4.2,
costituito da protoni con impulso compreso fra 1 GeV/c e 200 GeV/c.
Nella produzione di questo campione di eventi e stato scelto di simulare
oltre allo spettrometro magnetico, rivelatore centrale per questo studio,
soltanto il calorimetro, per effettuare una verifica sulle tracce ricostruite.
In questo modo si riesce a risparmiare tempo di processamento, rispar-
miando sulla simulazione degli altri rivelatori, e ad avere un campione
81
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
Figura 4.8: Schematizzazione di un sensore di silicio in cui sono statiindividuati due cluster su entrambe le viste X e Y . Le coordinate ri-costruite dalle informazioni sulle strisce colpite sono rappresentate dallelinee scure parallele agli assi: i quattro cluster possono essere associatiin due diverse configurazioni, indicate con i cerchi pieni e vuoti. Con-siderando pero la quantita di carica raccolta, schematizzata sia con ledimensioni dei cerchi sia con le colonnine al lato, si possono individuarequali siano i reali punti di passaggio grazie al fatto che i segnali sulleviste X e Y generati dalla stessa particella sono correlati.
piu pulito di tracce evitando eventi che producono degli sciami dovuti a
interazioni nel materiale sopra lo spettrometro.
4.3.1 Individuazione dei punti spaziali
Quando sulle viste X e Y di uno stesso sensore sono presenti piu
segnali esistono piu combinazioni in cui possono essere associati per for-
mare un punto d’impatto, come si puo vedere dalla schematizzazione di
figura 4.8. Per ridurre il numero di punti da considerare si applica un
taglio sulla correlazione di carica. Infatti quando una particella passa
all’interno dello strato di silicio vengono creati per ionizzazione elettroni
82
4.3. L’algoritmo di tracciamento
Figura 4.9: Distribuzione del segnale Sy misurato sulla vista Y infunzione di quello Sx misurato sulla vista X per un piano dellospettrometro.
e lacune; poiche questi sono creati sempre a coppie, la quantita di carica
raccolta sulle due facce di un rivelatore a doppia faccia e in linea di prin-
cipio la stessa. Questo fenomeno fornisce uno strumento per mettere in
relazione punti misurati su X e su Y .
Studiando la correlazione di carica per il segnale Sx misurato sulla
vista x e il segnale Sy misurato sulla vista y su un campione di eventi
buoni fra quelli simulati, ovvero eventi per i quali e presente una trac-
cia a cui e associato un punto spaziale misurato su ogni piano, si puo
osservare che tutti i punti si trovano addensati attorno ad una retta che
non differisce molto dalla bisettrice, come mostrato in figura 4.9 per un
piano dello spettrometro. Il discostamento dalla bisettrice e dovuto a
fattori di amplificazione del segnale diversi sulle due viste di un piano.
83
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
R = 20.9309 GV-1 = 0.0477762 GVη
= 1.209562χ
Figura 4.10: Evento in cui la particella attraversa una sola colonna disensori sulle viste Y . L’ambiguita nelle coordinate y origina una tracciaimmagine.
L’allargamento della distribuzione dei punti attorno alla retta dipende
essenzialmente dal rumore elettronico, da differenze di guadagno tra di-
versi chip oltre che dall’eventuale piccola perdita di carica.
Queste combinazioni, per cui si hanno segnali in X e in Y correlati,
vengono raggruppate nell’insieme chiamato delle “coppie” e danno origi-
ne ad un punto spaziale nel sistema di riferimento di PAMELA. I segnali,
invece, che non possono essere correlati con l’altra coordinata vengono
inseriti nell’insieme dei “singoli”, questi danno luogo ad un segmento
corrispondente alla striscia che ha raccolto il segnale. Il numero di pos-
sibili punti spaziali raddoppia se si considera l’ambiguita dei sensori che
84
4.3. L’algoritmo di tracciamento
si ha nella vista Y , dovuta all’elettronica di lettura come spiegato nella
sezione 2.4.2; infatti ogni canale letto in tale vista raccoglie il segnale
depositato nelle strisce di due differenti sensori dello stesso ladder, di-
stanti 7 cm l’uno dall’altro. In questa fase per non perdere informazioni
si considerano tutti i punti generati da tale ambiguita. Nel caso in cui la
traiettoria della particella sia contenuta all’interno di una singola colonna
di sensori in y, allora l’ambiguita sui singoli punti rimane dando luogo
ad un altro possibile candidato traccia che e una traccia immagine di
quella vera (vedi figura 4.10); la traccia reale si puo tuttavia riconoscere
ricorrendo all’ausilio delle informazioni del TOF e del calorimetro.
Con i segnali cosı raggruppati si puo procedere alla successiva fase
di analisi per la ricerca dei candidati traccia, in cui vengono utilizzate
solamente le coppie. Le misure singole vengono utilizzate solamente nel-
l’ultima fase, quando, una volta determinata interamente una traccia, si
prova a reinserirle nel caso si abbia un punto mancante in un piano. Per
ogni coppia vengono calcolate le tre coordinate spaziali nel sistema di
riferimento di PAMELA, utilizzando come prima stima della coordinata
dei cluster il baricentro (vedi sezione 4.1.2).
4.3.2 Ricerca dei candidati traccia
Partendo dai punti misurati nel sistema di riferimento di PAMELA
si procede con il riconoscimento dei candidati traccia che viene effettuato
con il metodo della trasformata di Hough [68] nella sua versione deter-
ministica (o combinatoriale).
Il principio base puo essere spiegato per semplicita considerando in
uno spazio bidimensionale (x, y), che e chiamato spazio immagine, un
insieme di punti (xi, yi), i = 1, ..., N . Nel caso di assenza di campo ma-
gnetico, la richiesta e quella di individuare quali tra questi punti siano
collineari, cioe appartengano a tracce dritte. Le rette nello spazio delle
immagini possono essere scritte nella forma
y = kx + d, (4.14)
dove k e la pendenza e d l’ordinata all’origine. Nella versione determini-
stica, l’algoritmo utilizza due punti (i e j) nello spazio immagine e ricava
85
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
i valori dei parametri risolvendo il sistema:{yi = kxi + d
yj = kxj + d .(4.15)
Per ogni coppia di punti nello spazio immagine si ottiene un punto
nello spazio dei parametri (k e d). I punti relativi a misure collineari si
addensano intorno al valore dei parametri della retta.
Anche in presenza di un campo magnetico il metodo funziona cor-
rettamente; e sufficiente trovare la curva che descrive la traiettoria nello
spazio immagine ed i principi esposti precedentemente continuano ad es-
sere validi. Per esempio, nel caso di un campo magnetico uniforme le
traiettorie, nel piano di curvatura, sono archi di circonferenza e lo spazio
dei parametri ha dimensione tre.
Nello sviluppo dell’algoritmo, abbiamo ripreso il concetto base del
metodo di Hough nella sua forma combinatoriale. Per semplicita l’ana-
lisi delle tracce viene effettuata in questa fase considerando un campo
magnetico uniforme ed e svolta indipendentemente nelle proiezioni sui
due piani (x, z) e (y, z), dove si parametrizza la traiettoria rispettiva-
mente con un arco di circonferenza e con una retta. Si definiscono quindi
i vettori di stato ~αxz e ~αyz relativi ad un piano di riferimento z0. ~αxz e
definito come:
~αxz = (x0, tan θxz, 1/r), (4.16)
dove x0 e la coordinata x nel piano di riferimento, θxz e l’angolo che la
circonferenza forma con l’asse z nel punto di intersezione con il piano di
riferimento ed r e il raggio di curvatura della circonferenza. ~αyz e definito
come:
~αyz = (y0, tan θyz), (4.17)
dove y0 e la coordinata y nel piano di riferimento e θyz e l’angolo formato
con l’asse z dalla proiezione della traccia sul piano (y, z).
Per determinare il vettore di stato della proiezione Y − Z occorre
risolvere il sistema: {y1 = kz1 + d
y2 = kz2 + d .(4.18)
86
4.3. L’algoritmo di tracciamento
dove (y1, z1), (y2, z2) sono una coppia di punti nel piano (y, z) misurati
su due piani differenti.
Riscrivendo questo sistema esplicitamente per i parametri che voglia-
mo determinare, in funzione dei punti misurati, si ottiene:tan θyz =
y2 − y1z2 − z1
y0 =(
y2 − y1z2 − z1
)z0 +
y1z2 − y2z1z2 − z1
(4.19)
Il sistema andrebbe risolto per tutte le possibili combinazioni di pun-
ti appartenenti ai sei piani di misura, ottenendo per ogni coppia i-esima
una stima dei parametri ~α(i)yz = (y
(i)0 , tan θ
(i)yz ). Tuttavia le soluzioni fisi-
camente interessanti sono quelle entro l’accetanza di PAMELA, cosı il
numero di combinazioni utilizzate risulta piu piccolo.
In realta invece di considerare le variabili y0 e tan θyz, si sono consi-
derate delle variabili adimensionali normalizzate:
Y0 =y0
∆y0
e tan Θyz =tan θyz
∆ tan θyz
(4.20)
dove ∆y0 e ∆ tan θyz sono i valori medi delle distribuzioni ottenute consi-
derando le differenze tra i valori di y0 e tan θyz rispettivamente per i punti
primi vicini nello spazio dei parametri, valutate sul campione di eventi
buoni. In figura 4.11 sono mostrate tali distribuzioni per la coordinata
y0, in rosso e riportata la distribuzione ottenuta considerando solo i punti
primi vicini, in bianco invece e la distribuzione che si ottiene con tutti i
punti; il valore medio della distribuzione rossa viene preso come ∆y0.
A differenza del metodo tradizionale di Hough, invece di suddividere
lo spazio dei parametri in cellette discrete, si considerano tutti i punti
separatamente e si cerca di capire, effettuando un’analisi del campione di
eventi buoni, come si addensano quelli che, appartenendo ad una traccia
fisica, sono circa collineari; una schematizzazione del principio utilizzato
e mostrata in figura 4.12. Per poter quantitativamente definire la scala
dimensionale, sulla quale i punti appartenenti ad una stessa traccia si
distribuiscono nello spazio dei parametri, si definisce prima di tutto la
87
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
(cm)( j )
0 - y( i )
0y
0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
200
400
600
800
1000
1200
1400
1600
1800
Figura 4.11: Distribuzioni delle differenze per la coordinata y0 per tuttele combinazioni di due punti dello spazio dei parametri. L’istogrammarosso si riferisce ai valori calcolati per i primi vicini, mentre l’istogrammabianco e relativo alla totalita dei punti.
distanza adimensionale dyz tra due punti (Y(1)0 , tan Θ
(1)yz ) e (Y
(2)0 , tan Θ
(2)yz )
dyz =
√(Y
(1)0 − Y
(2)0 )2 + (tan Θ
(1)yz − tan Θ
(2)yz )2; (4.21)
quindi si considera la distribuzione delle distanze di ogni punto nello
spazio dei parametri da tutti gli altri. In figura 4.13 sono riportate le
distribuzioni delle distanze dyz dei punti nello spazio dei parametri ot-
tenute con il campione di eventi buoni considerando solo i primi vicini
(istogramma rosso) e con tutti gli eventi (istogramma bianco). La frec-
cia indica il valore dove viene effettuato il primo taglio: dyz = 30; un
addensamento di punti la cui massima distanza reciproca sia inferiore a
dyz verra chiamata “nuvola”.
Nell’analisi di tutti gli eventi verranno selezionate come possibili trac-
ce tutte le nuvole contenenti un numero minimo nyz di punti nello spazio
88
4.3. L’algoritmo di tracciamento
Figura 4.12: Rappresentazione schematica della proiezione Y-Z del si-stema tracciante che mostra il principio alla base dell’implementazionecombinatoriale del metodo della trasformata di Hough. E consideratoun evento che non appartiene agli eventi buoni poiche alle sei misure(rappresentate dai punti rossi circa collineari) dovute al passaggio dellaparticella e presente anche un’altra misura isolata. Sono disegnati i seg-menti rettilinei che collegano ogni coppia di punti appartenente a pianidifferenti: le loro estensioni hanno circa gli stessi parametri m e q se ipunti appartengono alla traccia reale. I due parametri y0 e tan θyz sonoil punto e l’angolo che si hanno all’intersezione con il piano di riferimen-to posto sopra lo spettrometro. I punti nello spazio dei parametri checorrispondono ad una traccia sono raggruppati nella cosiddetta “nuvola”.
89
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
yzd0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 1001
10
210
310
410
Figura 4.13: Distribuzioni nello spazio dei parametri delle distanze nor-malizzate di ogni punto da un altro nello spazio dei parametri (y0, θyz).L’istogramma rosso si riferisce alle distanze calcolate per i primi vici-ni, mentre l’istogramma bianco e relativo alle distanze relative di tutti ipunti. La freccia indica i valori del primo taglio dyz.
dei parametri, derivanti da combinazioni di coppie di punti spaziali (yi, zi)
relativi a piani differenti. Il valore di nyz e stato scelto per massimizzare,
in questa fase, il numero di tracce plausibili, tenendo conto della confi-
gurazione dell’apparato sperimentale. Considerando che per individuare
una traccia si richiede la presenza del segnale su almeno tre piani diversi
di silicio e che tre punti nello spazio delle immagini bidimensionale (y, z),
secondo il metodo della trasformata di Hough utilizzato, danno origine a
tre punti nello spazio dei parametri (Y0, tan Θyz), si ottiene che nyz = 3.
L’ottimizzazione dell’algoritmo e stata fatta utilizzando il campione
di protoni simulati con una rigidita maggiore di 1 GV/c. Dal momento
che la diffusione multipla per le particelle a bassa energia ha l’effetto di
allargare la nuvola, per non perdere tali eventi, si e scelto di applicare
il taglio di inclusione sulle distanze dei punti nello spazio dei parametri
90
4.3. L’algoritmo di tracciamento
in maniera ricorsiva. Se alla fine della prima ricerca delle nuvole, con
il taglio dyz = 30, non e stata trovata alcuna nuvola si procede ad una
nuova ricerca con un taglio dyz1 = dyz + dcostyz ; l’iterazione viene ripetuta
fintanto che non viene individuata una nuvola oppure non si raggiunge
un valore limite dmaxyz per il taglio.
I valori dyz, dcostyz e dmax
yz sono stati scelti, dopo uno studio sull’efficien-
za di tracciamento e sul tempo di calcolo, in modo tale da minimizzare
il tempo di calcolo massimizzando contemporaneamente l’efficienza, que-
sta e risultata essere pari al 98%, costante con l’energia e in accordo con
l’efficienza geometrica, che tiene conto delle zone non coperte dai sensori
di silicio all’interno dell’accettanza di PAMELA.
Alla fine di questa fase si conoscono quali sono i segnali misurati sulla
vista Y che appartengono alle nuvole individuate e che quindi possono
essere stati generati dal passaggio di una particella.
Nella proiezione X-Z per determinare i parametri (x0, tan θxz, 1/ρ)
occorre risolvere il sistema:(x1 − xc)
2 + (z1 − zc)2 = r2
(x2 − xc)2 + (z2 − zc)
2 = r2
(x3 − xc)2 + (z3 − zc)
2 = r2
(4.22)
dove (x1, z1), (x2, z2), (x3, z3) sono una terna di punti nel piano (x, z)
misurati su tre piani differenti, mentre il centro della circonferenza e
dato da {xc = x0 + r cos θxz
zc = z0 − r sin θxz
Per quanto riguarda il piano (x, z), la situazione e piu complessa in
quanto il corrispondente spazio dei parametri e tridimensionale, quindi
la generalizzazione del metodo utilizzato per l’analisi della proiezione Y-
Z richiede la combinazione di un gruppo di tre punti spaziali, chiamato
“tripletto”, per ottenere un punto nello spazio dei parametri. In maniera
analoga al caso precedente sono stati introdotti parametri adimensionali
normalizzati: (X0, tan Θxz, 1/ρ), dove X0, tan Θxz sono definiti in manie-
ra analoga ai parametri Y0, tan Θyz introdotti precedentemente e ρ e il
parametro adimensionale normalizzato corrispondente al raggio di cur-
91
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
vatura r: ρ = r/∆r.
Dalla risoluzione del sistema 4.22 per tutte le combinazioni di tre
punti spaziali (xi, zi), appartenenti a piani differenti, si ottengono i punti
(X(i)0 , tan Θ
(i)xz , 1/ρ(i)) nello spazio dei parametri. Le nuvole formate da
tali punti, analogamente a quanto visto precedentemente per la proie-
zione nel piano (y, z), permettono di individuare le misure che possono
essere probabilmente associate alle tracce reali.
Per quanto riguarda la determinazione quantitativa di dxz, dcostxz e
dmaxxz , grandezze analoghe a dyz, dcost
yz e dmaxyz , e stato seguito lo stesso
procedimento utilizzato per quest’ultime.
Il problema della scelta di nxz, invece, e piu complesso rispetto al-
l’altra proiezione. La scelta di nyz = 3 e dettata dalla richiesta di avere
almeno tre punti sperimentali (xi, yi) appartenenti a piani diversi per l’in-
dividuazione della traccia. Accettando tre punti anche per la proiezione
(x, z) vengono considerati candidati traccia tutti i punti dello spazio dei
parametri. Infatti, tre punti dello spazio immagine (x, z), inseriti nel
sistema 4.22, vengono trasformati in un unico punto dello spazio dei pa-
rametri.
Per minimizzare il numero di candidati traccia, e quindi il tempo di
processamento nella prima fase si sceglie nxz = 4. Questo implica la
presenza di almeno quattro punti sperimentali nello spazio delle imma-
gini aventi differenti valori di zi. Quindi si applica un’analisi sulle nuvole
analoga a quella effettuata nel piano (y, z). Se durante la prima fase non
viene trovata nessuna nuvola, mentre nella proiezione Y-Z ne viene indi-
viduata almeno una, si considera ogni tripletto come una singola nuvola.
In questo modo vengono recuperati gli eventi che presentano misure nella
proiezione (x, z) solo su tre piani e a cui corrisponde una traccia buona
individuata nell’altra proiezione.
A questo punto abbiamo raggiunto l’obiettivo del metodo della tra-
sformata di Hough individuando tutte le nuvole su entrambe le proiezioni.
E quindi necessario riunire le informazioni per calcolare il vettore di stato
dei candidati traccia ~α0. Per fare questo si associano tutte le nuvole indi-
viduate nel piano (x, z) con quelle del piano (y, z) e si selezionano tutte
quelle combinazioni che abbiano almeno tre punti spaziali in comune.
Nel caso si abbiano piu misure per piano, si considerano separata-
92
4.3. L’algoritmo di tracciamento
R = 20.9309 GV-1 = 0.0477762 GVη
= 1.209562χ
Figura 4.14: Candidati traccia per l’evento di figura 4.10.
mente tutte le combinazioni di punti spaziali in piani distinti. Su questi
punti si eseguono due fit, uno rettilineo e uno circolare nelle due proie-
zioni dai cui parametri si determina il valore iniziale del vettore di stato
del candidato traccia.
Nelle figure 4.14 e 4.15 si vede ad esempio come l’algoritmo della
trasformata di Hough trovi i diversi candidati traccia negli eventi delle
figure 4.10 e 4.7. Nella prima si puo osservare la presenza di due soli
candidati traccia nella vista Y poiche l’evento e prodotto da un protone
con impulso sufficientemente elevato da far si che i punti appartenenti
alla traccia risultino circa collineari; in questo modo l’algoritmo di Hou-
gh individua la presenza di soltanto due nuvole. In figura 4.15 invece, a
causa di impulso minore, i punti risultano meno collineari, dando luogo
93
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
Figura 4.15: Candidati traccia per l’evento di figura 4.7.
ad una maggiore dispersione nello spazio dei parametri, questo si traduce
in una individuazione di piu candidati traccia.
A causa della presenza di un numero elevato di eventi caratterizzati
da una grande quantita di segnali, che aumentano notevolmente il tempo
di calcolo, e stato deciso di eliminare da questa analisi gli eventi troppo
rumorosi, quindi non utili durante l’analisi, ponendo un taglio sul nume-
ro totale di cluster appartenenti all’evento.
Una volta ottenuti tutti i possibili vettori di stato iniziali, si passa alla
fase successiva dell’analisi, quella della ricostruzione delle tracce indivi-
duate, in cui si determinano i vettori di stato che meglio approssimano
le tracce reali.
94
4.3. L’algoritmo di tracciamento
4.3.3 Ricostruzione della traccia
Per eseguire il fit di ogni candidato traccia individuato nella fase
precedente occorre, per prima cosa, valutare le coordinate di impatto nei
piani, a partire dal vettore di stato ~α0, utilizzando l’algoritmo di traccia-
mento. La presenza di un campo magnetico non omogeneo rende impos-
sibile la risoluzione analitica delle equazioni del moto 4.11; e necessario,
quindi, utilizzare metodi di calcolo numerico che permettano di tracciare
la particella all’interno dello spettrometro. Il metodo da noi utilizzato e
quello di Runge-Kutta che e basato sulla risoluzione delle equazioni del
moto con l’algoritmo di Nystrom ed e stato trascritto in codice FOR-
TRAN nelle librerie software del CERN [69].
La procedura di minimizzazione si basa sul fatto che la funzione 4.13
dipende dal vettore ~α. Quindi, se essa e stata valutata per un partico-
lare valore approssimato ~α?, sara possibile, sfruttando il suo sviluppo in
serie di Taylor fino al secondo ordine, ottenere il valore corrispondente a
vettori ~α = ~α? + ∆~α che differiscono di poco da ~α?:
χ2(α) ' χ2(α0)+5∑
h=1
∂χ2
∂αh
∣∣∣∣α0
∆αh +1
2
5∑h,l=1
∂2χ2
∂αh∂αl
∣∣∣∣α0
∆αh∆αl , (4.23)
in cui le sommatorie corrono sul numero dei parametri del vettore ~α. Poi-
che interessa il valore di ~α che minimizza il χ2, imponendo la condizione
∂
∂αk
(χ2(~α)
)=
∂χ2(~α)
∂∆αk
= 0, k = 1, ..., 5 (4.24)
si ottiene il sistema di cinque equazioni lineari nelle incognite ∆αh:
∂χ2
∂αk
∣∣∣∣~α?
+5∑
h=1
∂2χ2
∂αh∂αk
∣∣∣∣~α?
∆αh = 0, k = 1, ..., 5. (4.25)
Introducendo il vettore ~V delle derivate prime della funzione χ2 e la
matrice Z delle derivate seconde, calcolate in ~α?, la 4.25 si puo riscrivere
95
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
come:
~V + Z(~α− ~α?) = 0 (4.26)
dove
Vk =∂χ2
∂αk
∣∣∣∣~α?
(4.27)
Zh,k =∂2χ2
∂αh∂αk
∣∣∣∣~α?
. (4.28)
Dal sistema 4.26, quindi, si ottiene il vettore di stato cercato
~α = ~α? − Z−1~V . (4.29)
Il valore cosı ottenuto, viene utilizzato come vettore di stato iniziale
per un nuova iterazione nella procedura di minimizzazione. Il ciclo viene
ripetuto fino a quando la nuova stima di ~α differisce dalla precedente di
un valore inferiore ad un parametro di tolleranza impostato.
Per ottenere i valori espliciti di ~V e Z, occorre sostituire l’equazio-
ne 4.13 per il χ2 nelle definizioni 4.27 e 4.28; sviluppando i calcoli si
ottiene
~Vk = 2
[5∑
i=1
(xi − xi
σ2x
)∂xi
∂αk
∣∣∣∣~α?
+
(yi − yi
σ2y
)∂yi
∂αk
∣∣∣∣~α?
](4.30)
Zh,k = 25∑
i=1
1
σ2x
[∂xi
∂αh
∣∣∣∣~α?
∂xi
∂αk
∣∣∣∣~α?
+ (xi − xi)∂2xi
∂αh∂αk
∣∣∣∣~α?
]+
+ 25∑
i=1
1
σ2y
[∂yi
∂αh
∣∣∣∣~α?
∂yi
∂αk
∣∣∣∣~α?
+ (yi − yi)∂2yi
∂αh∂αk
∣∣∣∣~α?
]. (4.31)
Nel calcolo di Zh,k si e utilizzata la tecnica di Golden [70] in cui ven-
gono trascurate le derivate seconde delle coordinate ricostruite (xi, yi),
96
4.3. L’algoritmo di tracciamento
k αk∂xi
∂αk
∂yi
∂αk
1 x 1 0
2 y 0 1
3 sin θ (zi−z0) cos α41“√
1−α23
”3 (zi−z0) sin α41“√
1−α23
”3
4 ϕ −(zi−z0) sin α4α3√1−α2
3
(zi−z0) cos α4α3√1−α2
3
5 η 1α5
"xi−
α1+(zi−z0) cos α4
α3√1−α2
3
!#1
α5
"yi−
α2+(zi−z0) sin α4
α3√1−α2
3
!#
Tabella 4.1: Derivate parziali prime delle coordinate ricostruite rispettoa ~α.
mentre le derivate prime vengono determinate al primo ordine diretta-
mente dalla definizione di ~α. In tabella 4.1 sono riportati i valori delle
derivate parziali prime utilizzate.
Tra tutti i candidati traccia individuati nella fase di riconoscimento
delle tracce viene scelto il migliore, che abbiamo definito essere quello
che presenta il χ2 minimo minore tra tutti i candidati traccia che hanno
associati il maggior numero di punti misurati. Il vettore di stato ~α? del
candidato selezionato viene usato come punto di partenza nella procedu-
ra di minimizzazione appena descritta.
Al termine di questa procedura si ha il vettore di stato, ottenuto con-
siderando i soli segnali correlati sulle due viste di ogni piano. Nel caso
in cui la traccia ricostruita risulti mancante del punto associato in uno
o piu piani si effettua la “rifinitura” della traccia, ovvero si riprendono
in considerazione i punti “singoli”, che avevamo messo da parte, appar-
tenenti ai piani mancanti e si cerca quali potrebbero essere associati alla
traiettoria considerata. Anche nel caso in cui la traccia presenti punti
97
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
misurati su tutti i piani la “rifinitura” consente una migliore ricostruzio-
ne della traiettoria, in quanto vengono anche ricalcolate le coordinate di
tutti i cluster associati, applicando l’algoritmo η dipendente dall’ango-
lo (vedere sezione 4.1.2). Si puo procedere quindi con la ricerca di una
nuova traccia iterando la procedura di riconoscimento dopo aver escluso
i cluster gia associati ad una traccia.
Tranne rari casi in cui si hanno eventi prodotti dal passaggio simulta-
neo di due particelle nell’apparato, la seconda traccia ricostruita in uno
stesso evento corrisponde a quella che chiamiamo “traccia immagine”
prodotta dall’ambiguita dei segnali misurati nella vista Y . L’ambiguita
si presenta quando la traiettoria e contenuta interamente all’interno di
una colonna di sensori nella coordinata Y e non e altro che uno spo-
stamento della prima traccia nel secondo sensore; in questo caso per
riconoscere con precisione quale tra le due tracce ricostruite corrisponde
a quella reale della particella occorre sfruttare l’informazione di altri ri-
velatori come il TOF e il calorimetro.
La tecnica di inclusione dei punti, basata su un taglio nella distanza
tra il punto considerato e quello valutato dall’integrazione delle equazioni
del moto, e stata sviluppata in modo tale da considerare il fatto che per
particelle a bassa energia questa distanza puo essere maggiore rispetto a
particelle a piu alta energia a causa della diffusione multipla, inoltre si
e tenuto conto anche dell’errore che si commette nella stima del punto
valutato propagando l’errore dovuto al fit nel piano che stiamo conside-
rando.
I tagli applicati differiscono a seconda che si considerino cluster sin-
goli sulla vista X o sulla vista Y ; in particolare il cluster viene incluso
nella traccia se la distanza del segmento da esso determinato rispetto al
punto valutato in quel piano risulta minore o uguale del taglio definito
da una delle seguenti equazioni:
Cinclsx = Ksx
√σ2
x + χ2kicov(x, x) (4.32)
Cinclsy = Ksy
√σ2
y + χ2kicov(y, y) (4.33)
dove nell’ordine sono riportati i tagli per i cluster singoli sulla vista X
e per quelli sulla vista Y . σ2x e σ2
y corrispondono ai quadrati delle ri-
98
4.3. L’algoritmo di tracciamento
D (adimensionale)0 5 10 15 20 250
5
10
15
20
25
30
35
DSP 4
Figura 4.16: Distribuzione della quantita D data dal rapporto fra ledistanze misurate tra i punti valutati con il tracciamento e i segmentidovuti ai punti singoli e la quantita
√σ2
x + χ2ki(cov(x, x)) per un cam-pione di eventi buoni per l’inclusione dei singoli nelle viste X. La frecciaindica il valore scelto per Ksx.
soluzioni spaziali stimate per i punti considerati nelle due viste X e Y
rispettivamente. Il termine proporzionale a χ2 dipende dall’energia del-
la particella, permette di aumentare la tolleranza nel caso di particelle
a bassa energia. Infine i termini kicov(x, x) e kicov(y, y) corrispondono
alla propagazione dell’errore dovuto al fit e sono valutati attraverso la
matrice di covarianza dei cinque parametri ~α data da Z−1h,k. Il fattore
ki, che dipende dalla geometria del tracciatore e dal piano che stiamo
99
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
R = 0.224356 GV/c-1 = 4.45719 (GV/c)η
= 2292.62χ
R = 3.58797 GV/c-1 = 0.278709 (GV/c)η
= 4.349182χ
Figura 4.17: Evento con il numero minimo di piani che presentano ilsegnale del passaggio della particella.
considerando, e calcolato secondo la relazione [71]:
ki =1∑Npl−1
j=1 1+
∑Npl−1j=1 1
A
(zi −
∑Npl−1j=1 zj∑Npl−1j=1 1
)2
, (4.34)
dove A =
Npl−1∑j=1
1
Npl−1∑j=1
zj
−
Npl−1∑j=1
z2j
2
, (4.35)
Npl e il numero di piani che formano lo spettrometro di PAMELA e zj
sono le quote dei vari piani di rivelazione.
Nelle equazioni 4.32 e 4.33 Ksx e Ksy sono le costanti determinate
osservando le distribuzioni delle distanze dei punti singoli dalla traccia.
100
4.3. L’algoritmo di tracciamento
R = 2.08975 GV/c-1 = 0.478525 (GV/c)η
= 13.46822χ
Figura 4.18: Evento con segnali di rumore oltre a quelli dovuti allaparticella.
In figura 4.16, per esempio, e riportata la quantita:
D =|xk − xk(~α)|√
σ2y + χ2kicov(y, y)
(4.36)
ottenuta considerando i cluster singoli nella vista X del secondo piano
dello spettrometro. Da questa si e scelto per Ksx il valore pari a 20 indi-
cato dalla freccia. Analogamente, per le viste Y , e stato scelto il valore
Ksy = 10.
Nelle figure 4.17, 4.18 e 4.19 sono mostrati alcuni esempi di eventi
ricostruiti. Nella prima e mostrato un esempio che presenta il segnale del
passaggio della particella soltanto in tre piani e che soddisfa i requisiti
minimi per il riconoscimento e la ricostruzione di una traccia . La secon-
da evidenzia come l’algoritmo di tracciamento ricostruisca correttamente
la traiettoria percorsa dalla particella anche in presenza di altri segnali di
101
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
R = 11.977 GV/c-1 = 0.0834933 (GV/c)η
= 4.599372χ
Figura 4.19: Evento con molti segnali nell’ultimo piano dellospettrometro dovuti al backscattering dal primo piano del calorimetro
rumore, mentre nella terza figura e riportato un evento in cui, a causa del
backscattering avvenuto per una interazione del protone nei primi piani
del calorimetro, si ha una abbondanza di segnali nell’ultimo piano dello
spettrometro.
Per verificare i risultati ottenibili con l’algoritmo di tracciamento svi-
luppato, sono stati prodotti con la simulazione una serie di campioni di
protoni con differenti valori fissati dell’impulso, partendo da 2.2 GeV/c
fino 1 TeV/c. Per esempio in figura 4.20 e riportata la distribuzione del
χ2 ridotto ottenuto dalla procedura di tracciamento per il campione di
protoni con impulsi pari a 1 TeV/c, mentre in figura 4.21 sono mostra-
te le distribuzioni ottenute considerando le differenze fra il valore della
deflessione misurato nella procedura di tracciamento e il valore della de-
flessione simulato per quattro campioni di protoni con impulsi di 100
102
4.3. L’algoritmo di tracciamento
Mean 2.275
RMS 3.611
2χ0 5 10 15 20 25
1
10
210
310
Mean 2.275
RMS 3.611
Figura 4.20: Distribuzione del χ2 minimo ricostruito per il campione diprotoni con impulso di 1 TeV.
GeV/c ,220 GeV/c, 550 GeV/c e 1 TeV/c.
Da tali distribuzioni si e calcolato l’errore nella misura di deflessione
(ση) come la larghezza della distribuzione entro cui e contenuto il 63.5 %
di eventi, come mostrato in figura 4.21. Riportando in un grafico questa
quantita in funzione della rigidita nominale con cui sono stati simulati
i diversi campioni di eventi si puo calcolare l’MDR dello spettrometro
magnetico di PAMELA come l’inverso del valore a cui tende asintotica-
mente la ση. Con i valori ottenuti dai differenti campioni di protoni e
stato eseguito un fit con la funzione:
ση =
√a2 +
b2
R2N
(4.37)
dove RN e la rigidita nominale simulata; questa funzione tiene conto
dell’influenza su ση sia della risoluzione finita dello spettrometro (termine
costante a2) che dell’effetto della diffusione multipla (termine b2/R2N).
Dall’inverso di a si ottiene il valore per la massima rigidita misurabile;
103
CAPITOLO 4. Il tracciamento nello spettrometromagnetico
Mean -3.608e-06RMS 0.001464
(c/GV)N
η - η-0.006 -0.004 -0.002 0 0.002 0.004 0.006
0
20
40
60
80
100
120
140
Mean -3.608e-06RMS 0.001464Mean -2.591e-06RMS 0.0006026Mean -2.591e-06RMS 0.0006026
= 100 GV/cNR Mean 1.259e-05RMS 0.001394
(c/GV)N
η - η-0.006 -0.004 -0.002 0 0.002 0.004 0.006
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
Mean 1.259e-05RMS 0.001394Mean 6.424e-06RMS 0.000565Mean 6.424e-06RMS 0.000565
= 220 GV/cNR
Mean 3.217e-06RMS 0.001426
(c/GV)N
η - η-0.006 -0.004 -0.002 0 0.002 0.004 0.006
0
20
40
60
80
100
120
140
Mean 3.217e-06RMS 0.001426Mean 3.361e-06RMS 0.0005614Mean 3.361e-06RMS 0.0005614
= 550 GV/cNR Mean -6.536e-06RMS 0.001396
(c/GV)N
η - η-0.006 -0.004 -0.002 0 0.002 0.004 0.006
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
Mean -6.536e-06RMS 0.001396Mean 1.131e-05RMS 0.0005723Mean 1.131e-05RMS 0.0005723
= 1 TV/cNR
Figura 4.21: Distribuzione delle differenze fra la deflessione misuratae quella simulata per i campioni simulati con impulsi di 100 GeV/c,220 GeV/c, 550 GeV/c e 1 TeV/c. In blu e mostrata la zona delledistribuzioni contenente il 63.5% degli eventi corrispondente a 2ση.
i risultati ottenuti dallo studio dei vari campioni di protoni e riassunto
nel grafico di figura 4.22 dove sono riportati i valori della risoluzione in
deflessione per due sottoinsiemi di eventi dei campioni simulati. I valori
di MDR ottenuti sono:
MDR = 954 ± 49 GV/c per braccio di leva 6, (4.38)
MDR = 594 ± 32 GV/c per braccio di leva 5. (4.39)
In blu sono disegnati i valori relativi all’insieme di eventi caratterizzati
da un braccio di leva corrispondente a cinque piani dello spettrometro,
in rosso ci sono quelli ottenuti dagli eventi che presentavano un braccio
di leva pari di sei piani. Il braccio di leva e definito come la distanza, in
104
4.3. L’algoritmo di tracciamento
Rigidita’ (GV/c)10 210 310
-1 (
GV
/c)
ησ
-410
-310
-210
MDR = 594+/-32 GV/c
MDR = 954+/-49 GV/c
Figura 4.22: Andamento della ση in funzione della rigidita simulata peri campioni con braccio di leva 5 (in blu) e 6 (in rosso).
piani dello spettrometro, tra il primo e l’ultimo piano in cui e presente
un punto misurato, sulla vista di curvatura cioe la vista X, associato alla
traccia. Come si puo vedere in figura, avere eventi che presentano un
braccio di leva piu grande permette di riuscire ad innalzare il limite della
massima rigidita misurabile.
Una volta ottimizzata la procedura di tracciamento nello spettrome-
tro magnetico si puo condurre uno studio accurato sulle problematiche
che presenta l’analisi fisica vera e propria. In particolare nel prossimo
capitolo l’attenzione verra concentrata sullo studio, per mezzo della si-
mulazione, del fondo di protoni nella misura dello spettro di antiprotoni
per ottimizzare i criteri di selezione al fine di ottenere una stima del
rapporto antiprotoni-protoni con i dati raccolti in volo in un anno da
PAMELA.
105
Capitolo 5
Studio della contaminazione
di protoni nella misura di
antiprotoni
Obbiettivo principale per l’esperimento PAMELA, come gia detto
in precedenza, e lo studio della componente di antimateria presente nei
raggi cosmici. In particolare in questo capitolo viene considerata quella
costituita dagli antiprotoni. Dopo avere introdotto, nella sezione 5.1, il
problema della contaminazione di protoni nella misura di antiprotoni,
viene descritto (sezione 5.2) lo studio effettuato su un campione di dati
generati con il programma di simulazione. Una volta stabiliti, con questo
studio, i migliori tagli per ridurre il fondo di spillover, si procede con la
selezione, nella sezione 5.3, degli eventi prodotti dagli antiprotoni, quindi
si confronteranno, nella sezione 5.4, i dati registrati in volo dall’apparato
con il campione di protoni simulato. Infine, nella sezione 5.5, si dara una
stima della misura del rapporto antiprotoni-protoni con i dati raccolti in
un anno di presa dati del telescopio PAMELA.
107
CAPITOLO 5. Studio della contaminazione di protoninella misura di antiprotoni
5.1 La contaminazione di protoni nella mi-
sura di antiprotoni
Gli scopi principali per cui e stato progettato lo spettrometro ma-
gnetico di PAMELA sono quelli della misura dell’impulso e della carica
delle particelle che lo attraversano. In particolare l’attenzione e rivolta
alla componente di antimateria dei raggi cosmici, quindi la distinzione
fra particelle di carica negativa e quelle di carica positiva, ottenuta attra-
verso la misura della curvatura delle tracce dentro la cavita magnetica,
risulta molto importante ai fini dell’esperimento.
A causa della risoluzione finita e della diffusione coulombiana e nu-
cleare nei materiali del rivelatore, e possibile che in alcuni eventi venga
misurato un segno della carica sbagliato. Puo succedere che, per esempio,
un protone venga erroneamente identificato come la sua antiparticella (un
antiprotone) e viceversa. Un tale errore evidenzia il suo effetto quando
si considera la misura dello spettro dell’antiparticella, questa infatti sara
affetta da un fondo corrispondente alle particelle che sono state erronea-
mente identificate. Gli eventi generati da queste particelle che vengono
scambiate con la loro antiparticella vengono chiamati eventi di spillover.
Questo effetto diventa particolarmente delicato da affrontare quando
si considera la misura dello spettro di antiprotoni a causa della scarsa ab-
bondanza di questi rispetto alle loro antiparticelle; infatti il rapporto tra
i flussi dei due tipi di particelle p/p e dell’ordine di 10−4. Ad alte energie
il numero di protoni di spillover contaminanti e sufficientemente elevato
da compromettere la misura. La riduzione di questo fondo di spillover,
soprattutto ad alta energia, costituisce una delle principali difficolta nelle
misure spettrali di antiprotoni.
5.1.1 Cause della contaminazione
Le cause principali che portano ad un errore nella misura della de-
flessione sono, come gia detto, la risoluzione spaziale finita del rivelatore
e la diffusione multipla che le particelle possono subire interagendo con
il materiale durante l’attraversamento dei piani dello spettrometro.
La risoluzione spaziale finita del rivelatore e legata alla capacita che
108
5.1. La contaminazione di protoni nella misura diantiprotoni
questo ha di determinare i punti d’impatto delle particelle nei piani di
silicio. Essa e caratterizzata da una distribuzione delle coordinate di ta-
li punti che puo essere considerata in prima approssimazione gaussiana
e centrata nel valore reale di passaggio. Nel caso di una fluttuazione
particolarmente sfortunata nella misura dei punti, si puo effettuare una
ricostruzione della traiettoria che presenta una curvatura opposta a quella
reale. Un esempio di questo tipo di situazione e mostrato nella schema-
tizzazione di figura 5.1.
Nel caso della diffusione multipla, si puo essere portati a commettere
l’errore nella misura della deflessione dalla deviazione che la particella su-
bisce nell’interazione coulombiana con il materiale all’interno di un piano
di rivelatori, a causa del fatto che il punto di impatto sul piano succes-
sivo puo essere tale da condurre ad una ricostruzione di una traccia con
deflessione errata. Una tale evenienza e mostrata nella schematizzazione
di figura 5.2).
Per limitare questa situazione e opportuno ridurre al minimo il nume-
ro dei piani e la quantita di materiale che puo interagire con le particelle
incidenti nel telescopio. Tuttavia il numero dei piani deve essere sufficien-
te per permettere la ricostruzione della traccia e il materiale circostante
deve garantire la necessaria robustezza di tutto l’apparato. La configu-
razione usata e l’utilizzo di sei piani di rivelatori sono risultati essere un
buon compromesso per soddisfare entrambe le esigenze.
Come gia detto e molto importante valutare accuratamente la con-
taminazione particella-antiparticella perche essa impone un limite alla
massima energia rivelabile per le antiparticelle.
Un grande aiuto e dato dalla possibilita di studiare il problema tra-
mite l’utilizzo della simulazione dello spettrometro magnetico; in questo
modo e possibile sia valutare il contributo di spillover sia ottimizzare i
criteri di selezione per la misura spettrale degli antiprotoni cosmici.
5.1.2 Il campione di dati simulati
Al fine di effettuare uno studio focalizzato alla contaminazione di
protoni di spillover nella misura dello spettro di antiprotoni e alla otti-
mizzazione dei criteri di selezione si e utilizzato un campione di protoni
109
CAPITOLO 5. Studio della contaminazione di protoninella misura di antiprotoni
pp
Figura 5.1: Effetto della risoluzione spaziale finita sulla ricostruzionedella traccia: la linea tratteggiata rappresenta la traiettoria vera dellaparticella, la cui intersezione con i piani fornisce i punti di impatto veri.I punti di impatto misurati distribuiti intorno a quelli veri, nel caso parti-colarmente sfortunato riportato in figura, portano a ricostruire la traiet-toria rappresentata dalla linea continua dando origine alla identificazionedella particella come antiparticella.
110
5.1. La contaminazione di protoni nella misura diantiprotoni
p
diffusionemultipla
p
Figura 5.2: Effetto della diffusione multipla sulla traiettoria della parti-cella: la linea tratteggiata rappresenta la traiettoria vera della particellache subisce diffusione multipla sul quarto piano. La linea continua rap-presenta invece la traiettoria ricostruita tramite le coordinate del puntodi impatto e risulta avere curvatura opposta rispetto a quella originale.La particella viene quindi identificata come un’antiparticella. 111
CAPITOLO 5. Studio della contaminazione di protoninella misura di antiprotoni
con impulsi maggiori di 20 GeV/c, generati con il programma di simula-
zione del telescopio PAMELA, come descritto nella sezione 4.2, simulando
il solo spettrometro magnetico.
Per valutare quanto la simulazione sia attendibile nel riprodurre il
comportamento dello spettrometro si possono confrontare le distribuzio-
ni dei residui nei vari piani, ovvero le distribuzioni delle differenze fra i
punti misurati e quelli valutati con il tracciamento, ottenute con il cam-
pione di dati simulati e con un sottoinsieme dei dati di volo che abbia le
stesse caratteristiche. Come si puo notare in figura 5.3, dove sono mo-
strati i residui per la vista Y e X, rispettivamente, del primo piano dello
spettrometro.
Se si esclude un piccolo spostamento nelle distribuzioni dei dati di
volo, dovuto probabilmente alla presenza di un disallineamento dei sen-
sori non ancora corretto, si puo osservare un generale accordo tra i dati
simulati (in rosso) e quelli di volo (in nero). Questo accordo si puo vedere
anche confrontando le distribuzioni dei χ2 minimi dei due campioni di
dati, tali distribuzioni sono riportate in figura 5.4. Le discrepanze nelle
distribuzioni mostrate sono imputabili, come detto, a un disallineamento
residuo dei rivelatori. Infatti, la procedura finale di allineamento dello
spettrometro e in fase di ultimazione.
Una volta accertata l’attendibilita della simulazione con lo stesso cam-
pione di dati simulati si puo studiare il flusso in deflessione. Dal momento
che il fondo di spillover dipende molto dallo spettro dei protoni, per va-
lutare tale contaminazione, e necessario riprodurre con i dati simulati lo
stesso spettro che si osserva nei dati di volo. Per fare questo si e scelto di
dare un peso, agli eventi simulati, secondo una funzione della deflessione
simulata. La funzione usata per la generazione del flusso di protoni con
la simulazione, descritta nella sezione 4.2, puo infatti avere una pendenza
diversa da quella che si osserva nei flussi ricavati dai dati di volo. Dando
un peso, quindi, agli eventi prodotti con la simulazione, si riesce a ripor-
tare nel flusso di protoni simulati le caratteristiche del flusso di protoni
di volo; in questo modo e possibile confrontarli con precisione.
La funzione, che ha come variabile la deflessione simulata e che deter-
mina il peso, e ottenuta come il rapporto fra il flusso dei dati di volo e il
flusso dei dati simulati al variare delle deflessioni misurate. Per ottenere
112
5.1. La contaminazione di protoni nella misura diantiprotoni
Mean 1.11e-06± 1.569e-05
RMS 7.848e-07± 0.0002105
(cm)mis - xfitx-0.002 -0.0015 -0.001 -0.0005 0 0.0005 0.001 0.0015 0.002
1
10
210
310
Mean 1.11e-06± 1.569e-05
RMS 7.848e-07± 0.0002105
DSP 2 Mean 9.712e-07± -5.692e-06
RMS 6.867e-07± 0.0001902
Mean 4.865e-06± 3.071e-05
RMS 3.44e-06± 0.0009224
(cm)mis
- yfit
y-0.004 -0.002 0 0.002 0.004
1
10
210
Mean 4.865e-06± 3.071e-05
RMS 3.44e-06± 0.0009224
DSP 1 Mean 4.393e-06± -1.47e-05
RMS 3.106e-06± 0.0008428
Figura 5.3: Confronto dei residui nella vista Y (a sinistra) e X (a destra)del primo piano dello spettrometro per i dati di volo e per quelli generaticon la simulazione. L’istogramma nero si riferisce ai dati volo, mentrequello rosso e relativo al campione di dati simulati.
i parametri delle funzioni che meglio seguono i due flussi si esegue un fit
in deflessione nell’intervallo 0.01−0.025 c/GV con la funzione data dalla
trasformazione dell’equazione 4.10 in funzione della deflessione e definita
dalla seguente equazione:
J(η) = A(√
m2p + η−2 −mp)
B
η2√
1 + (η2m2p)
(√m2
p + η−2 −mp + D)C
(5.1)
dove A, B, C sono i parametri da determinare con il fit, mp e la massa
del protone e D puo essere considerato costante pari a 1 GV.
In figura 5.5 sono riportati i flussi in deflessione per il campione di
dati simulati e per quello di volo su cui sono stati eseguiti i due fit. Nella
figura 5.6 e mostrata invece la funzione ottenuta dal rapporto dei due
flussi.
Applicando od ogni evento simulato un peso corrispondente al valore
di quest’ultima funzione valutata con la deflessione generata per l’evento
113
CAPITOLO 5. Studio della contaminazione di protoninella misura di antiprotoni
Mean 2.433
RMS 3.416
2χ0 5 10 15 20 25 30
Eve
nti
10
210
310
410Mean 2.433
RMS 3.416
Mean 2.369
RMS 3.477
Figura 5.4: Confronto delle distribuzioni del χ2 minimo ridotto dei datisimulati e di quelli di volo, in rosso sono riportati i valori ottenuti daidati simulati, mentre in nero da quelli di volo.
stesso si ottiene un flusso per i protoni simulati che risulta confrontabile
con quello dei protoni di volo come si puo vedere nella figura 5.7. In que-
sto modo possiamo studiare in dettaglio il campione di protoni simulati
avendo la certezza che i risultati ottenuti saranno confrontabili con quelli
attesi dai dati di volo.
5.2 Ottimizzazione dei criteri di selezione
L’ottimizzazione dei criteri di selezione consiste nella scelta dei tagli
da applicare ad alcune variabili, misurate dallo spettrometro e scelte ac-
curatamente, che permettano di rendere minimo il contributo dei protoni
di spillover nella misura spettrale di antiprotoni mantenendo nello stesso
tempo la piu alta efficienza possibile.
114
5.2. Ottimizzazione dei criteri di selezione
(c/GV)η0.005 0.01 0.015 0.02 0.025 0.03
Eve
nti
210
310
Figura 5.5: Distribuzione in deflessione per i protoni di volo e per quellisimulati. L’istogramma nero si riferisce ai dati in volo, mentre quellorosso e relativo al campione di dati simulati. In blu sono riportati i fiteseguiti sulle due distribuzioni.
Le variabili scelte per questo tipo di analisi, che si avvale dell’uso
della simulazione, sono:
χ2 : valore del χ2 ridotto ottenuto dalla procedura di ricostruzione
della traccia
χ2x : valore del χ2 ridotto ottenuto dalla procedura di ricostruzione
della traccia considerando solo le viste X
χ2y : valore del χ2 ridotto ottenuto dalla procedura di ricostruzione
della traccia considerando solo le viste Y
Allo scopo di ottimizzare i criteri di selezione si esegue una compa-
razione, in funzione dei tagli sulle variabili, tra l’efficienza di selezione e
il numero di eventi dovuti al fondo di spillover che sopravvivono ai tagli
115
CAPITOLO 5. Studio della contaminazione di protoninella misura di antiprotoni
(c/GV)η0 0.005 0.01 0.015 0.02 0.025 0.03 0.035 0.04 0.045 0.05
) 0ηP
(
0.5
1
1.5
2
2.5
Figura 5.6: Funzione peso ottenuta dal rapporto delle due funzioni dellafigura 5.5.
stessi.
Per prima cosa e stato definito cosa debba essere considerato evento di
spillover per gli scopi che ci siamo prefissi. Nel seguito di questa analisi,
e per il resto del capitolo, verranno considerati protoni di spillover quelle
tracce che presentano una deflessione misurata dallo spettrometro infe-
riore a −0.005 c/GV. Porre questo limite significa cercare di eliminare il
fondo di contaminazione per riuscire a misurare lo spettro di antiprotoni
fino ad una energia massima di 200 GeV, dal momento che il progetto
iniziale dello spettrometro prevedeva una massima energia misurabile per
gli antiprotoni di ∼ 190 GeV, come indicato nella tabella 2.1.
Come e stato dimostrato alla fine del capitolo precedente, la risolu-
zione spaziale dipende dal braccio di leva che caratterizza la traccia; in
particolare ad alte energie e a parita di impulso, maggiore e il braccio
di leva migliore risulta la risoluzione. L’effetto che il braccio di leva ha
sulla risoluzione dello spettrometro influenza, quindi, fortemente l’ener-
gia massima per cui si puo eliminare il fondo di eventi di spillover. Per
116
5.2. Ottimizzazione dei criteri di selezione
(c/GV)η0.005 0.01 0.015 0.02 0.025 0.03
Eve
nti
210
310
Figura 5.7: Distribuzione in deflessione per i protoni di volo e per quellisimulati pesati con la funzione P (η0). La distribuzione nera corrispondeai dati di volo, quella rossa ai dati simulati.
questo motivo, partendo dai tagli base posti al fine di scartare gli eventi
ricostruiti male, e stato suddiviso il campione di protoni in due sottoin-
siemi: del primo fanno parte quelli le cui tracce sono caratterizzate da
un braccio di leva pari a sei piani, nel secondo ci sono quelli associati a
tracce con un braccio di leva di cinque piani. I tagli base, effettuati sul
numero di punti associati alla traccia nelle viste X (Nx) e sul numero di
punti nelle viste Y (Ny), sono identificati dal seguente sistema:{Nx > 4
Ny > 3(5.2)
Successivamente si e agito sulle tre variabili in analisi (χ2, χ2x e χ2
y)
indipendentemente applicando tagli sempre piu stringenti. Contando
quanti protoni superavano questi tagli e quali tra questi dovevano essere
117
CAPITOLO 5. Studio della contaminazione di protoninella misura di antiprotoni
2χ0 2 4 6 8 10
Eve
nti
di S
pill
ove
r
0
2
4
6
8
10
12
14
16
Eff
icie
nza
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
x2χ0 2 4 6 8 10
Eve
nti
di S
pill
ove
r
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
4
Eff
icie
nza
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
y2χ0 2 4 6 8 10
Eve
nti
di S
pill
ove
r
0
20
40
60
80
100
120
140
160
Eff
icie
nza
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
Figura 5.8: Tagli per gli eventi di spillover, definiti da deflessioni inferioria −0.005 c/GV, con relativa efficienza per eventi con braccio di leva 6.
considerati fondo di spillover, secondo la definizione data poco sopra,
sono stati ottenuti i grafici riportati in figura 5.8 per il campione con
braccio di leva 6. In questa figura si puo osservare come la variabile piu
efficace su cui applicare i tagli per eliminare la contaminazione di protoni
al di sotto di 200 GeV sia il χ2x, mentre al contrario qualsiasi taglio si
applichi a χ2y non porta a nessun contributo significativo alla sottrazione
del fondo. E da notare come, a parita di efficienza, un taglio sul χ2
totale sia meno efficace del taglio su χ2x che considera le sole viste X.
In conclusione di questa analisi, per il braccio di leva 6, si puo dire che
facendo opportuni tagli su questa ultima quantita e possibile eliminare il
contributo dei protoni di spillover per rigidita inferiori a 200 GV/c pur
mantenendo una buona efficienza.
118
5.2. Ottimizzazione dei criteri di selezione
2χ0 2 4 6 8 10
Eve
nti
di S
pill
ove
r
0
2
4
6
8
10
Eff
icie
nza
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
x2χ0 2 4 6 8 10
Eve
nti
di S
pill
ove
r
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Eff
icie
nza
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
y2χ0 2 4 6 8 10
Eve
nti
di S
pill
ove
r
0
20
40
60
80
100
Eff
icie
nza
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
Figura 5.9: Tagli per gli eventi di spillover con relativa efficienza pereventi con braccio di leva 5. In questo caso, a causa del minore bracciodi leva, non si puo eliminare la contaminazione fino a 200 GeV, per questogli eventi di spillover sono stati definiti come quelli aventi una rigiditainferiore a 125 GV/c.
I valori scelti per i tagli da applicare durante l’analisi del campione
di dati acquisiti in volo da PAMELA sono:{χ2
x < 5
χ2y < 10
(5.3)
dove quello piu importante e quello su χ2x, mentre quello su χ2
y e stato
scelto con un’elevata efficienza con il solo scopo di eliminare gli eventi
chiaramente non ricostruiti in maniera adeguata.
I risultati sull’analisi dei tagli, per quanto riguarda il campione di
119
CAPITOLO 5. Studio della contaminazione di protoninella misura di antiprotoni
eventi con braccio di leva 5, sono riportati nei grafici di figura 5.9. In
questi e stato ridefinito l’evento di spillover poiche con un minore braccio
di leva rispetto al precedente non e possibile eliminare tali eventi fino a
deflessioni inferiori di −0.005 c/GV. La massima deflessione considerata
come limite per lo spillover per gli eventi con braccio di leva 5 e −0.008
c/GV ed e stata determinata considerando il rapporto per le MDR rica-
vate nel capitolo precedente per i due differenti bracci di leva.
In figura 5.9 si puo vedere come, nonostante si sia abbassata l’energia
massima, non si possa eliminare completamente il fondo di protoni se non
applicando un taglio molto stretto sul χ2 totale, questo pero comporta
una diminuzione consistente degli eventi considerati essendo caratteriz-
zato da un’efficienza inferiore al 10%. Per questo motivo la massima
deflessione misurabile per gli antiprotoni con braccio di leva 5 risulta
inferiore al valore (−0.008 c/GV) precedentemente definito. Per questo
campione, a parita di efficienza, si puo notare come i tagli su entrambe le
variabili χ2 e χ2x portino a risultati confrontabili a differenza del χ2
y che
non aiuta significativamente all’eliminazione del fondo.
A causa della scarsa efficacia nella eliminazione del fondo di spillover
osservata per eventi caratterizzati da tracce con braccio di leva di cinque
piani, nel seguito verra preso in considerazione solamente il campione
selezionato con braccio di leva 6.
5.3 Selezione di antiprotoni nei dati di volo
Al fine di poter effettuare una stima del rapporto p/p occorre iden-
tificare nella maniera piu precisa possibile gli eventi prodotti dagli anti-
protoni. Per fare questo ci si avvale delle informazioni di tutti i rivelatori
che compongono il telescopio.
Per prima cosa abbiamo selezionato, tra tutti i dati raccolti fino a fine
agosto da PAMELA, un sottoinsieme di eventi in cui lo spettrometro ha
individuato una traccia con almeno quattro punti misurati nelle viste X
e tre in quelle Y e, per questa analisi, con un valore d’impulso maggiore
di 2 GeV/c; questa richiesta, come gia accennato nella sezione 4.3, riduce
gli eventi da analizzare a meno del 10% del totale. Su questo campione si
effettuano i tagli per escludere ogni particella che non sia un antiprotone.
120
5.3. Selezione di antiprotoni nei dati di volo
| (c/GV)η| 0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35 0.4 0.45
dE
/dx
(u
.a.)
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
1
10
210
310
410
Figura 5.10: Distribuzione della perdita di energia media misurata neipiani dello spettrometro in funzione del valore assoluto della deflessionemisurata. La regione compresa tra le due curve nere e quella compostada particelle con Z = 1.
In primo luogo si escludono gli eventi di albedo, particelle che attra-
versano il rivelatore dal basso verso l’alto e che danno origine ad una
misura della deflessione con il segno opposto rispetto a quello atteso per
il tipo di particella se questa attraversasse lo spettrometro dall’alto verso
il basso. Per eliminare tali eventi si utilizzano le informazioni del TOF, in
particolare si selezionano eventi che presentano una misura di β positiva,
segno che i piani del TOF sono stati attraversati correttamente dall’alto
verso il basso dell’apparato.
Con l’ausilio dei sistemi di anticoincidenze CARD e CAT, posti al di
sopra dello spettrometro, si eliminano quelle particelle che hanno genera-
to segnali in questi rivelatori. In questo modo si eliminano eventi dovuti
a raggi cosmici primari che hanno interagito prima di entrare nello spet-
trometro.
Al fine di selezionare solamente i raggi cosmici galattici sono stati po-
121
CAPITOLO 5. Studio della contaminazione di protoninella misura di antiprotoni
x2χ 0 5 10 15 20 25 30 35 40
y2 χ
0
5
10
15
20
25
30
35
40
1
10
210
310
410
Figura 5.11: Distribuzione del χ2y in funzione del χ2
x per eventi con bracciodi leva 6. Le linee nere corrispondono ai tagli effettuati nella selezionedegli antiprotoni per ridurre il contributo di protoni di spillover
sti alcuni tagli determinati dalle informazioni orbitali del satellite. Grazie
a queste si possono escludere gli eventi acquisiti in corrispondenza della
anomalia sud atlantica e quelli dovuti a particelle che hanno energie infe-
riori al taglio geomagnetico caratteristico della latitudine di acquisizione
dell’evento stesso.
Per eliminare gli elettroni dal campione finale e necessario ricorre-
re alle informazioni del calorimetro. Analizzando le caratteristiche dello
sciame prodotto all’interno di questo rivelatore si puo identificare se la
particella che lo ha generato era un adrone oppure un elettrone. Dopo
uno studio effettuato dal gruppo che ha costruito il rivelatore, per capire
quali fossero i migliori criteri di selezione, abbiamo applicati i tagli per
l’eliminazione della componente elettromagnetica dei raggi cosmici.
Il resto della selezione e stata eseguita con le informazioni ricavabi-
li dal solo spettrometro magnetico. In primis abbiamo applicato i tagli
122
5.3. Selezione di antiprotoni nei dati di volo
minimi, definiti nel sistema 5.2, per considerare eventi a cui fosse asso-
ciata una traccia che avesse almeno quattro punti misurati nelle viste X
ed almeno tre in quelle Y . Una ulteriore selezione viene effettuata ri-
chiedendo che i punti associati alla traccia appartenenti ai due piani piu
esterni siano formati da cluster ben ricostruiti, in cui non siano presenti
strisce molto rumorose, e a cui sia associata una risoluzione spaziale va-
lutata inferiore a 10 µm. In questo modo si e certi di considerare tracce
che effettivamente hanno un braccio di leva 5 o 6.
Grazie alla misura della perdita di energia delle particelle nei piani di
silicio e possibile individuare le particelle a cui e possibile associare un
valore di Z pari a 1. Nella distribuzione del valore medio di dE/dx in
funzione del valore assoluto della deflessione misurata, mostrata in figu-
ra 5.10 per il campione senza la selezione precedente sul calorimetro, si
puo distinguere la regione in cui il rilascio energetico e dovuto a particelle
con Z = 1 nella zona compresa tra le due curve nere; mentre le particelle
con piu alti valori di Z si trovano situate al di sopra della curva nera
superiore.
Dopo queste selezioni, nel campione sono rimasti soltanto una gran-
de quantita di protoni e molti meno antiprotoni con impulsi maggiori
di 2 GeV/c. Per separare i due tipi di particella senza contaminare il
campione di antiprotoni e necessario applicare i tagli scelti in base allo
studio sulla contaminazione di spillover illustrato nella sezione preceden-
te. Questi tagli sono rappresentati in figura 5.11 dalle linee nere sulla
distribuzione del χ2y in funzione del χ2
x per eventi con braccio di leva 6.
In figura 5.12 si puo vedere quali eventi, fra quelli che popolavano il grafi-
co di figura 5.10, hanno superato tutti i tagli. Si distinguono nettamente
il grosso gruppo di protoni, a destra, da quello piu esiguo di antiprotoni
a sinistra.
Con questo campione di eventi in cui ormai gli antiprotoni sono
separati dai protoni si puo dare una stima della misura del rapporto
p/p.
123
CAPITOLO 5. Studio della contaminazione di protoninella misura di antiprotoni
(c/GV)η -0.15 -0.1 -0.05 0 0.05 0.1 0.15
dE
/dx
(u
.a.)
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
4
1
10
210
310
Figura 5.12: Distribuzione della perdita di energia media misurata neipiani dello spettrometro in funzione della deflessione misurata per ilcampione finale di eventi selezionati fra quelli acquisiti da PAMELA.Si distinguono chiaramente gli antiprotoni a sinistra e il folto gruppo diprotoni a destra.
5.4 Confronto tra il campione simulato e
quello di volo ad alte energie
Prima di stimare il rapporto antiprotoni/protoni si puo effettuare un
ulteriore confronto fra le distribuzioni delle deflessioni ottenute per gli
eventi sopravvissuti alla selezione precedente. In figura 5.13 sono ripor-
tate tali distribuzioni per gli eventi con braccio di leva 6 estratti dai dati
di volo (istogramma nero) e dal campione di eventi simulati (istogramma
rosso). Si puo osservare una generale consistenza delle due distribuzioni
per valori positivi di deflessione fino ad alte energie. Gli eventi rappre-
sentati in nero nella regione con deflessioni negative, corrispondono agli
antiprotoni rivelati nel campione di dati presi in esame.
124
5.4. Confronto tra il campione simulato e quello di voload alte energie
(c/GV)η-0.14 -0.12 -0.1 -0.08 -0.06 -0.04 -0.02 0 0.02 0.04
Eve
nti
1
10
210
310
Figura 5.13: Distribuzione in deflessione per gli eventi selezionati conbraccio di leva 6 dal campione di dati di volo (istogramma nero) e dalcampione di dati simulati (istogramma rosso).
In figura 5.14 si puo vedere ingrandita la regione attorno allo zero di
figura 5.13. Qui si presenta con maggiore evidenza un discostamento dei
dati simulati da quelli di volo per valori negativi della deflessione. Infatti,
se per i dati simulati si ha una contaminazione di protoni di spillover non
eliminata fino a deflessioni di −0.004 c/GV, per i dati acquisiti in volo
si nota una coda piu alta che arriva fino ad energie minori. Questo puo
essere dovuto al fatto che i dati di volo utilizzati per questa analisi posso-
no essere affetti da uno spostamento nel valore della deflessione causato
da un probabile disallineamento dei sensori che formano il sistema trac-
ciante. In particolare nei dati di volo, si osserva un gruppo di eventi di
spillover con energie inferiori a 200 GeV. E necessario quindi correggere
con la procedura per l’allineamento, attualmente in fase di finalizzazione,
l’eventuale spostamento nella misura di deflessione.
Per questa ragione nel considerare il rapporto p/p per il momento
non vengono utilizzati i dati a piu alta energia, ma si limita l’analisi a
125
CAPITOLO 5. Studio della contaminazione di protoninella misura di antiprotoni
(c/GV)η-0.015 -0.01 -0.005 0 0.005
Eve
nti
1
10
210
Figura 5.14: Ingrandimento nella zona attorno allo zero per ledistribuzioni di figura 5.13.
energie inferiori a 10 GeV.
5.5 Stima del rapporto antiprotoni-protoni
In figura 5.15 e confrontata la stima da noi ottenuta (in rosso) con i
valori dei piu recenti esperimenti basati sulla rivelazione diretta dei raggi
cosmici. Si puo osservare la consistenza dei valori ricavati con i risultati
dei precedenti esperimenti, che confermerebbe l’ipotesi di sola produzio-
ne secondaria di antiprotoni almeno in questo intervallo energetico. Si
puo osservare come l’errore statistico associato ai valori ottenuti, grazie
al maggiore intervallo temporale di acquisizione, sia considerevolmente
inferiore a quello relativo alle precedenti misure.
In futuro, una volta terminata la procedura di allineamento e otti-
mizzati ulteriormente i criteri di selezione per aumentare le prestazioni
dello spettrometro, sara possibile estendere le misure sul rapporto p/p
126
5.5. Stima del rapporto antiprotoni-protoni
Energia cinetica (GeV)-110 1 10 210
/pp
-710
-610
-510
-410
-310
-210
BESS 1995-97 BESS 2000 BESS 1999 BESS 1993 HEAT-pbar 2000
IMAX 1992 BESS-polar 2004 MASS 1991 CAPRICE 1994 CAPRICE 1998 PAMELA 2006-07
m & Ullio 1999 (CAPRICE94 p flux) oBergstr
Figura 5.15: Stima del rapporto p/p ad alte energie per il campione conbraccio di leva 6 selezionato dai dati acquisiti in volo da PAMELA inun anno (in rosso), confrontato con i dati dei piu recenti esperimenti cheeffettuano una misura diretta dei raggi cosmici.
sia ad energie superiori sia a basse energie dove e attualmente in corso
l’analisi.
127
Conclusioni
In questo lavoro e stata data una panoramica generale sull’appara-
to sperimentale PAMELA e sulle caratteristiche della missione, ponendo
una particolare attenzione allo spettrometro magnetico. Questo rivelato-
re ha il compito principale della misura della deflessione delle particelle
che lo attraversano.
La procedura di analisi dei dati, con cui si riescono ad ottenere le
informazioni relative alle particelle che hanno attraversato la cavita ma-
gnetica, e stata descritta in dettaglio. L’ottimizzazione di tale procedura,
effettuata con campioni di dati prodotti con i programmi di simulazione,
ha evidenziato che la misura in deflessione da parte dello spettrometro
puo essere effettuata fino ad una massima rigidita di ∼ 1 TV/c. Infatti,
i valori ottenuti per l’MDR sono stati:
MDR = 954 ± 49 GV/c per eventi con braccio di leva 6,
MDR = 594 ± 32 GV/c per eventi con braccio di leva 5.
Al fine di portare le prestazioni dello spettrometro al limite massimo
raggiungibile nella rivelazione degli antiprotoni, e stato condotto uno stu-
dio, con l’aiuto della simulazione, sulla contaminazione di protoni nella
misura spettrale di antiprotoni. Il limite massimo risultante dalle simu-
lazioni e compatibile con il valore di progetto di ∼ 190 GeV.
I risultati ottenuti per l’ottimizzazione dei criteri di selezione per gli
eventi generati da antiprotoni sono stati applicati al campione di eventi
acquisiti in volo da PAMELA. Con il campione di eventi selezionato e
stata, quindi, fornita una stima del rapporto antiprotoni/protoni in un
intervallo energetico compreso tra 2 e 10 GeV. Tuttavia i dati potranno
129
Conclusioni
essere estesi sia ad energie inferiori che superiori non appena saranno
ultimate le procedure di allineamento dello spettrometro e di analisi dei
dati.
130
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1998.
134
Ringraziamenti
Innanzi tutto desidero ringraziare Oscar, Paolo, Elena, Sergio, Massi-
mo, Elena T., Sergio R. e Lorenzo per l’aiuto e i consigli forniti in questi
tre anni, senza i quali questo lavoro non sarebbe stato possibile. Lavorare
con voi e stata un’esperienza piacevole e molto istruttiva.
Un ringraziamento particolare va ai miei genitori per il sostegno che
mi danno in tutto cio che faccio e per tutto quello che mi hanno insegna-
to, che mi ha permesso di arrivare fino a qui.
Come non ringraziare anche Marco, i’ Rikka e l’Anto che in tanti
pranzi (soprattutto ultimamente) mi hanno sostenuto e incoraggiato. Ci
troveremo a festeggiare dalla Manola.
Anche se mi mancano ancora molto i prepartita al chioschino, devo
ringraziare Eddie perche, nonostante un periodo in cui ci eravamo un po’
“allontanati”, sento la sua amicizia nuovamente forte e questo mi confor-
ta.
Un persiero speciale va a Mileno. Non poter mai piu suonare con te
e cosı triste che non credo potro mai abituarmi all’idea.
Dulcis in fundo, non posso concludere questo lavoro senza prima rin-
graziare con tutto il mio cuore Giulia per avermi sopportato in questi ulti-
mi mesi, ma soprattutto per essere la madre di quello splendido miracolo
della natura che e il bambino che porta in grembo, nostro figlio.
135