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STUDI E SAGGI LINGUISTICI XLIII-XLIV FONDATA DA TRISTANO BOLELLI Studi in onore di RICCARDO AMBROSINI a cura di Romano Lazzeroni, Giovanna Marotta e Maria Napoli 2005-2006 Edizioni ETS PISA

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STUDI E SAGGILINGUISTICI

XLIII-XLIV

FONDATA DA

TRISTANO BOLELLI

Studi in onore di

RICCARDO AMBROSINI

a cura di

Romano Lazzeroni, Giovanna Marotta e Maria Napoli

2005-2006

Edizioni ETSPISA

001-pag. edit. 19-02-2007 16:13 Pagina III

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RISERVATO OGNI DIRITTO DI PROPRIETÀ

E DI TRADUZIONE

Studi e Saggi LinguisticiSupplemento alla rivista L’Italia Dialettale

Registrazione Tribunale di Pisa 1/1961 in data 31 Gennaio 1961Direttore resposabile: Alessandra Borghini

001-pag. edit. 19-02-2007 16:13 Pagina IV

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SOMMARIO

Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Bibliografia degli scritti di Riccardo Ambrosini . . . . . . . . . . . .

Roberto Ajello, Per un’analisi dell’aumento nel primo testo scrit-to in lingua kikongo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Maria Giovanna Arcamone, Prato nella toponomastica toscana . .

Pierangiolo Berrettoni, L’atto di verità nella cultura indoeuropea .

Maria Patrizia Bologna, L’«enigma saussuriano» e la ricostru-zione linguistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Carlo Consani, Lingue e scritture di Creta antica. Considerazionisulla ‘formula di Archanes’. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Franco Fanciullo, Un’etimologia toscana (mózzi m. ‘moine’ emózze f. ‘svenevolezze’), viareggino ramaciugliori e qual-che altra considerazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Giacomo Ferrari, Linguistica… e oltre (?) . . . . . . . . . . . . . . . . .

Francesco Giuntini, Nerone in collegio . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Romano Lazzeroni, Arealità italica e riorganizzazione degli al-lomorfi: induzione di morfemi o induzione di regole? . . .

Giulio Lepschy, To Be, or Not To Be Translated? . . . . . . . .

Daniele Maggi, Annotazioni metriche a Vento a Tìndari diSalvatore Quasimodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Giovanna Marotta, Sulle rive del Mersey. Note sull’etimologiadi Scouse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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VI

Filippo Motta, Tra Lucca e Lugano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Florida Nicolai, Il collo della giraffa e lo zoo comunale. Lin-guaggio, funzioni cognitive e sistemi neurali . . . . . . . . . .

Paolo Poccetti, Un contributo della toponomastica alla ricostru-zione del lessico italico e dei suoi sviluppi diacronici: ilnome dell’insediamento vestino Peltuinum . . . . . . . . . . .

Domenico Silvestri, Etnici di appartenenza ed etnici di prove-nienza nelle lingue dell’Italia antica . . . . . . . . . . . . . . . . .

Alfredo Stussi, Sull’utilità delle varianti d’autore . . . . . . . . . . .

Patrizia Torricelli, Della lingua e degli inganni verbali. Su Camil-leri e La concessione del telefono . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Cristina Vallini, Autorità e prestigio nel discorso etimologico (aproposito della coppia latina matrimonium-patrimonium). .

Edoardo Vineis, In margine al tema dell’equilibrio intertestuale:Stefan George e la traduzione del Sonetto XXXIII di W.Shakespeare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Indirizzario degli Autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

pag. 201

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1 Dallo Scouse accent deriva il nome Scouser, che indica il parlante di Scouse; cfr. Cam-bridge International Dictionary of English (1995: 1270).

GIOVANNA MAROTTA

Sulle rive del Mersey. Note sull’etimologia di Scouse

Running against the rainrunning through the rain

“Ferro Battuto”F. Battiato e M. Sgalambro

1. I due significati di Scouse*

In Gran Bretagna, ed in particolare nel Merseyside, il termine Scouse pos-siede due diversi significati, apparentemente poco attinenti l’uno all’altro:

a) un significato metaforico, che fa riferimento ad uno speciale accent, tipicodei Liverpudlians appartenenti alle classi sociali basse;1

b) un significato più concreto, riferito ad un piatto tradizionale di Liverpool,una specie di zuppa preparata con carne e verdure stufate, consumata daimarinai durante i loro viaggi (cfr. SPIEGL, 2000); gli ingredienti di base sonopatate, cipolle, carote e carne di agnello.

Per quanto riguarda il significato culinario, va osservato innanzitutto cheesistono molte varianti locali di questo piatto; i siti Internet che si riferisconoalle tradizioni popolari della città di Liverpool elencano infatti diverse ricettedi Scouse, alcune delle quali particolarmente interessanti; fra queste, il cosid-detto blind Scouse, la versione light del piatto, in quanto priva di carne, oppurela versione fatta con gli avanzi del giorno prima. Come si vede, lo Scouse è unpiatto di basso livello, che rinvia ad uno stile di cucina povera e popolare.

* L’argomento trattato in questo articolo ha costituito l’oggetto della mia comunica-zione al XXIInd International Congress of Onomastic Sciences, svoltosi a Pisa nel settembre2005. Poiché la stampa dei relativi Proceedings prevede tempi lunghi, ho ritenuto di pubbli-care ora in italiano una parte dei risultati presentati in quella sede, cogliendo l’occasione peraggiungere nuovi materiali ed argomenti ivi assenti, anche nella presunzione che il tema pre-scelto possa esser gradito al nostro festeggiato, considerata la sua non comune competenzanel campo dell’anglistica.

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2 Cfr. TRUDGILL (1984; 1986), TRUDGILL e HANNAH (1982), HUGHES e TRUDGILL (1996),TRUDGILL e CHESHIRE (1998), WELLS (1982, 1984), BEAL (2004).

3 Per un quadro globale della fonologia Scouse, si veda KNOWLES (1974; 1978), nonché al-cuni nostri precedenti studi in questo settore; cfr. MAROTTA (2004); MAROTTA e BARTH (2005).

4 Per ulteriori dettagli sulla qualità vocale dello Scouse rinviamo al recente contributo diBARBERA e BARTH (2006).

Nella sua accezione linguistica, lo Scouse è uno degli accents più cono-sciuti dell’inglese europeo, e in quanto tale, compare normalmente nelle rasse-gne delle varietà inglesi2. Le sue peculiarità interessano soprattutto il livello fo-netico e prosodico3, ma anche il lessico e la morfologia non sono esenti da spe-cifici tratti. Tra le caratteristiche fonologiche principali di questo dialetto in-glese ricordiamo la lenizione delle consonanti occlusive ed alcuni fenomeni dicentralizzazione vocalica, che alterano l’inventario fonemico RP. Ricordiamoinoltre che un tratto particolarmente rilevante per identificare un parlante comeScouser è l’intonazione, dal momento che negli enunciati dichiarativi, il profi-lo intonativo Scouse tipico mostra un’ascesa melodica finale, anziché una di-scesa, come in RP.

Il cosiddetto Final Rising Pattern è un tratto prosodico che l’inglese di Li-verpool condivide con le varietà che ricadono sotto l’etichetta di Urban Nor-thern British English (cfr. CRUTTENDEN, 1994), vale a dire le varietà inglesiparlate nell’Irlanda del Nord e nella Scozia occidentale, oltre che nelle città diBirmingham e Newcastle (cfr. GRABE e POST, 2002). Si osservi che tutte questevarietà hanno in comune due caratteristiche essenziali: il sostrato celtico ed unaforte immigrazione da parte di popolazioni di origine celtica. Ricordiamo infi-ne che lo Scouse è spesso descritto come dotato di una qualità della voce spe-ciale. Nel suo dettagliato studio su questa varietà, Knowles (1974) ha mostratocome durante la fonazione di un parlante Scouse la lingua sia innalzata e retrat-ta, con conseguente velarizzazione generalizzata; parallelalemente, il rilassa-mento di alcuni organi fonatori, in particolare il labbro inferiore e la lingua,producono l’effetto di lax voice, con incompleta chiusura e parziale fuoriuscitadi aria tra le labbra durante l’articolazione delle consonanti occlusive4.

In Gran Bretagna, la voce Scouse è di solito percepita come sgradevole erozza; negli ultimi anni, tuttavia, il giudizio degli inglesi su questo accent sem-bra essersi almeno in parte attenuato, tanto da far supporre che attualmente siadotato di un certo prestigio coperto (cfr. MAROTTA, 2004). Nella città di Liver-pool, d’altro canto, il prestigio dello Scouse è attualmente manifesto, soprattut-to nelle classi sociali meno elevate, in quanto strettamente legato all’espressio-ne dell’identità sociale.

Sull’origine e sullo sviluppo di questo accent affatto particolare ha proba-bilmente influito la pronuncia dell’inglese da parte degli immigrati irlandesi

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5 L’analisi dei quozienti ecologici svolta da POOLEY (1977) in rapporto alla distribuzioneresidenziale nell’area urbana di Liverpool in età vittoriana conferma l’ipotesi di una stretta correla-zione tra zona di residenza e gruppo sociale immigrato. Emerge così un quadro globale che con-sente di evidenziare un modello sociologico basato sulla segregazione della comunità irlandese.

6 Per l’applicazione delle reti sociali in sociolinguistica, si vedano i fondamentali lavori diMILROY (1980; 2002).

che giunsero a Liverpool in numero cospicuo per un lungo periodo di tempo.L’immigrazione dall’Irlanda verso l’Inghilterra, e, in particolare, verso la cittàdi Liverpool, iniziò precocemente e rimase costante nel corso dei secoli: partitagià all’inizio dell’età moderna, continuò ininterrotta nei secoli seguenti e fuparticolarmente intensa nel corso del XIX secolo. Come abbiamo avuto giàmodo di rilevare (MAROTTA, 2006), gli studi condotti in ambito storico e demo-grafico hanno dimostrato che già nel 1841 un quarto degli abitanti di Liverpoolera nato in Irlanda. I dati dell’ultimo censimento (Liverpool Census 2001) indi-cano che circa il 60% di tutti i Liverpudlians hanno origini irlandesi, almeno inun ramo familiare.

Il fenomeno migratorio irlandese ha avuto dimensioni tali da essere defini-te senza esagerare gigantesche. In passato, e per molto tempo, la comunità ir-landese di Liverpool viveva separata sia dalla comunità inglese autoctona chedalle altre comunità immigrate, in particolare, gallese e scozzese. La separa-zione aveva innanzitutto motivazioni socio-economiche, essendo gli immi-granti irlandesi i più indigenti. Anche nell’insediamento in città si riflettevanole differenze sopra menzionate: gli irlandesi occupavano infatti il centro di Li-verpool e le aree prossime al porto, caratterizzate da alta densità demografica eda abitazioni di basso livello, spesso prive dei servizi essenziali, il che configu-rava queste aree come veri e propri ghetti5. Inoltre, la mobilità degli irlandesiall’interno della città era bassa e le loro opportunità di lavoro erano ristrette adoccupazioni precarie e di basso rango.

Diversi elementi cospiravano dunque nel configurare la comunità di im-migrati irlandesi come caratterizzata da una rete sociale relativamente chiusa ea maglie fitte, contrassegnata da forti legami gerarchici tra gli individui che viappartengono e quasi del tutto priva di ‘ponti’ tra reti sociali diverse6. La segre-gazione degli immigrati irlandesi a Liverpool era motivata dalle loro stessecondizioni di reddito, con conseguente residenzialità obbligatoria; al tempostesso, queste precarie condizioni alimentavano ed accentuavano il forte senti-mento di discriminazione nutrito nei loro confronti dagli altri abitanti dellacittà, in primo luogo, gli inglesi.

Tuttavia, non soltanto i fattori socio-economici determinavano la condi-zione di segregazione degli immigrati irlandesi, ma anche gli elementi cultura-li cospiravano nella deriva che collocava questa comunità ai margini della so-

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cietà cittadina. In primo luogo, la religione cattolica contribuiva ad aumentarela distanza rispetto agli altri gruppi etnici, anche immigrati, nonostante tra co-loro che provenivano dall’Irlanda vi fossero dei protestanti. In secondo luogo,la lingua era un ulteriore rilevante elemento di differenziazione, dal momentoche gli irlandesi immigrati parlavano una varietà di inglese che risentiva forte-mente dell’interferenza con l’irlandese, che per molti rappresentava ancora lalingua-madre, specialmente nei secoli XVI e XVII. D’altra parte, gli stessi trat-ti sociofonetici che rendevano facilmente riconoscibile un parlante come im-migrato irlandese finivano per costituire uno strumento essenziale per l’iden-tità sociale della comunità di immigrati (cfr. LE PAGE e TABOURET KELLER,1985). Sul piano strettamente culturale, la comunità degli irlandesi era del pariomogenea e marcata verso il polo basso della società, essendo in genere costi-tuita da persone incolte e prive di istruzione.

Poiché la comunità immigrata irlandese era relativamente chiusa e caratte-rizzata da legami interni forti, ha potuto conservare facilmente e a lungo i trattidistintivi della propria pronuncia dell’inglese, riducendo al massimo la conta-minazione con la popolazione autoctona. La varietà di inglese parlato dagli im-migrati irlandesi, lingua non standard e non prestigiosa, coesisteva e al tempostesso si opponeva all’inglese locale, varietà di prestigio. Ed è proprio questaforma speciale di inglese, intriso di tracce di Irish English, che a nostro parerecostituisce la base dello Scouse accent.

Soltanto nel corso del XX secolo le condizioni socio-economiche e, diconseguenza, anche quelle latamente culturali della comunità irlandese a Li-verpool hanno conosciuto un sensibile miglioramento. L’incremento degliscambi commerciali marittimi e l’importante sviluppo dell’industria manifat-turiera in città modificarono pesantemente il quadro sociologico della città,rendendolo più dinamico. Soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, l’inte-grazione sociale tra gli immigrati irlandesi, molti dei quali ormai non più di pri-ma o seconda generazione, e gli altri abitanti di Liverpool aumentò in misurasignificativa e finì con l’alterare in modo irreversibile la struttura delle reti so-ciali, garantendo allo Scouse non solo la sua sopravvivenza, ma addirittura lasua espansione.

Vari fattori hanno contribuito alla diffusione dell’accento Scouse a Liver-pool come pure nel repertorio inglese. Avendo già trattato altrove e più diffusa-mente questo tema (cfr. MAROTTA, 2004), ci limitiamo qui a ricordare le tra-smissioni radiofoniche della BBC condotte da una vasta serie di comici inglesiche parlavano Scouse in quanto nativi di Liverpool; né possiamo evitare di fareriferimento ancora una volta alla band musicale dei Beatles, originaria propriodi questa città, che con il suo successo planetario ha di certo giocato un ruolonon marginale nel favorire un mutamento di giudizio nei confronti di Liverpoolnel suo complesso, e del suo accent in particolare.

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Attualmente, a Liverpool lo Scouse è la lingua parlata non soltanto dalleclassi sociali più basse, ma sta diventando la varietà linguistica maggioritaria,nonostante lo scarsissimo prestigio di cui ha goduto per secoli. Il mutato qua-dro socio-culturale sembra aver determinato una diversa percezione sociolin-guistica dello Scouse, che, nonostante a tratti sia ancora percepito come huglyaccent, si è diffuso lentamente, ma costantemente e progressivamente non sol-tanto nella comunità cittadina, ma anche in tutto il Merseyside.

2. Aspetti etimologici

La parola inglese Scouse è normalmente considerata una semplificazionedel composto lobscouse, forma presa in prestito da una parola più antica lab-skaus, di origine danese o comunque appartenente ad una varietà germanicasettentrionale.

La mancanza della palatalizzazione nel nesso consonantico -sk- è infatticon ogni probabilità dovuta all’interferenza dell’inglese con i dialetti germani-ci del Nord, che non palatalizzavano (cfr. LASS, 1994: 59). Allo stesso tempo, ildittongo ou da au è una prova della forma scandinava originaria, perché au pro-to-germanico è diventato in inglese ea.

Nel nome composto labskaus del germanico settentrionale (= lobscouseinglese), sono riconoscibili due elementi: LAB/LOB + SKAUS/SCOUS. Il termi-ne non ha finora trovato una etimologia soddisfacente, in particolare, restaignoto l’etimo del secondo elemento del composto.

2.1. Sull’etimo di Lob

Per quanto riguarda il primo elemento, nella scarsa letteratura disponibilefinora sull’argomento, le etimologie proposte sono le seguenti:

a) da una radice germanica LAB, il cui significato sarebbe “comodità,conforto”; attestata nel verbo dell’antico alto tedesco laba “conforto”, enel tedesco moderno laben “ristorare, confortare, rianimare; rinfrescarsi,ristabilirsi”;

b) da una radice germanica LOP, col significato di “abito, pezza”; attestata nelmedio nederlandese lobbe, nell’antico inglese lob, e nel moderno ingleselob, da cui, con epentesi nasale, lump “un grande pezzo”, termine dialettateusato per carne o denaro (cfr. Oxford Dict.).

c) dal medio inglese LOB, col significato di “un tipo di pesce”; vedi Onions(1966, s.v.), Hoad (1986); in questo caso, il riferimento al mondo marinare-sco sarebbe diretto.

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186 GIOVANNA MAROTTA [6]

Vorremmo tuttavia proporre un’ulteriore ipotesi, a parer nostro più plausi-bile di quelle precedentemente avanzate. Il primo elemento del composto po-trebbe essere ricollegato ad una radice germanica LAB/LOB col significato di“pendere in modo floscio”, attestata in norvegese lapa, islandese lapa, svedeselafa, labba, danese lab, labbe. Questa radice è presente anche nella forma tede-sca labbern “appendersi in modo morbido, pendere”. Si noti che questo verbosi usa in particolare nel registro marinaresco, con riferimento fondamentale al-la navigazione a vela. Come accade frequentemente nelle lingue i.e. antiche, lastessa radice può mostrare una variante con l’aggiunta di un consonante sibi-lante iniziale; abbiamo così la forma slapa in islandese e norvegese, che ha lostesso significato; parallelamente, in antico alto tedesco troviamo slap, e in go-tico slepan; in inglese, la forma sleep potrebbe essere connessa con quelle pre-cedenti.

Interessante rilevare un possibile nome derivato da questa medesima radi-ce: in islandese è attestata la forma lap, glossata come homo sui negligens inJóhannesson (1956: 752). In danese, laban indica un “monello”, oppure una“persona alta e ciondolante”; in particolare, il sintagma allitterante langer La-ban indica “una persona allampanata”. Questo termine può essere paragonatoad alcune parole nordiche simili, che però mostrano, con la tipica alternanzache abbiamo già avuto modo di menzionare, una consonante sibilante iniziale;ad es. norvegese slubb “persona che ciondola, menefreghista”, oppure i terminidialettali svedese slubba e olandese slubbe, che hanno praticamente lo stessosignificato. Inoltre, in olandese si trova la forma lubbe, derivata dalla stessa ra-dice, con il significato di “labbro pendulo”, che documenta in modo esplicito loslittamento della parola verso un campo semantico che crucialmente si riferi-sce alla figura umana.

Il verbo inglese che si ricollega alla stessa radice è lop, attestato verso la fi-ne del secolo XVI. Il senso iniziale di questo verbo dovrebbe essere “lasciarpendere pesantemente”, ma ben presto ha assunto anche altri significati, riferi-ti all’essere umano; da un lato “muoversi pesantemente o in modo impacciato”(cfr. Oxford Dict., 1933: 375), dall’altro, forse consequenzialmente, “compor-tarsi come uno zoticone”. Oltre al verbo, troviamo anche attestazioni del nomelop, che esprime “qualche cosa di pesante, impacciato, o che pende in modo li-bero e casuale” (Oxford Dict., ibidem). Lop è infine anche un aggettivo, che si-gnifica “rozzo, villano”. La metafora funziona in riferimento ad una personache si muove avanti e indietro, qui e là senza meta, uno che vaga sprecando ilsuo tempo.

D’altra parte, lob è anche un termine dialettale che significa “far ribollire,far gorgogliare”, e quindi, per estensione metaforica all’ambito umano, “man-giare e bere in modo rumoroso”. Da menzionare la radice i.e. LAB dal significa-to di “succhiare, leccare”, e quindi anche “mangiare e bere in modo rumoroso”.

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7 Cf. Oxford Dict. (1933: 377), s.v. loblolly; SHIPLEY (1957), s.v. lobscouse.

Verbi derivati da questa radice sarebbero danese labe, svedese lapa, olandese la-pen, antico alto tedesco laffan, tedesco läppen, anglosassone lapian, da cui l’in-glese lap up (cfr. FALK e TORP, 1960: 615). Si ricordi a questo proposito anche laforma italiana lappare, probabilmente parola di prestito dal germanico, come leanaloghe forme romanze (cfr. CORTELAZZO e ZOLLI, 1983, III vol., s.v.).

Pare ragionevole supporre – come i dizionari etimologici di inglese fannodi norma – che a questa stessa radice verbale siano collegati anche il verbo loll“pendere pesantemente”; è inoltre attestata anche la parola onomatopeica lollyper “brodo, zuppa”.

Menzioniamo infine il derivato loblolly, che ha diversi significati, tra diloro connessi:

1) “un grosso pezzo di cibo”,2) “una minestra da mangiarsi con il cucchiaio”, in riferimento ad un piatto

marinaresco servito a marinai indisposti quale semplice rimedio medici-nale7,

3) “villano, rustico”, in quanto, probabilmente, “persona che mangia e be-ve rumorosamente”.

La prima attestazione della parola loblolly risale alla fine del XVI secolo oalla prima decade del XVII secolo. A nostro parere, tuttavia, il primo elementodel composto loblolly potrebbe essere ricollegato alla radice LOB “pendere pe-santemente”, sopra menzionata a proposito di Lobscouse. Non è altresì daescludere che possa esserci stata un’interferenza con la radice LAB “mangiaree bere in modo rumoroso”. In ogni caso, forse anche in quanto rinforzato daquesta interferenza, il termine loblolly poteva facilmente acquistare il signifi-cato metaforico di “bifolco, zoticone”. Con questo significato, la parola è benattestata in Inghilterra a partire dal XVII secolo.

2.2. Sull’etimo di Scouse

Per il secondo termine del composto labskaus, poi lobscouse, nessuna eti-mologia è stata finora proposta in letteratura, almeno per quanto ci risulta. Lospoglio dei dizionari etimologici delle lingue germaniche antiche sembra tutta-via fornire alcuni suggerimenti interessanti.

La nostra ipotesi è che la forma germanica settentrionale skaus come purequella inglese scouse abbiano origine dalla radice SKAUTA del germanico an-tico, con il significato di “bordo di un panno, angolo di un tessuto” (cfr. DE

VRIES, 1961: 487). Questa radice è attestata nel Nord Europa in norvegese

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188 GIOVANNA MAROTTA [8]

8 Cf. BATTISTI e ALESSIO (1957, s.v.); DEVOTO (1979, s.v.); leggermente diverso il quadropresentato in CORTELAZZO e ZOLLI (1988, s.v.).

skaut, islandese skaut, danese skiød; inoltre, si ritrova in medio nederlandeseschoot, antico alto tedesco skoza (cfr. KÖBLER, 1993: 971; SCHADE, 1969: 803),gotico skaut, col significato non solo di “grembo”, ma anche di “bordo, orlo”.Per l’inglese, abbiamo antico inglese sceat, medio inglese skaute “un pezzo distoffa”, poi anche “abito”; il termine è attestato già nei secoli XV e XVI (cf.LEWIS, 1956: 983-984). Dalla stessa radice nasce il derivato *skauti, che costi-tuisce la base per la forma antico inglese sceata “bordo, orlo”, ma anche “vela”;parallelamente in medio e moderno nederlandese schote, antico alto tedescoscozo “vela”. Interessante rilevare che nel dizionario etimologico di De Vries(1961: 487) sono citate anche alcune forme di prestito dal germanico in lingueceltiche con lo stesso significato di “vela” o anche “bordo, angolo della vela”;ad es. antico irlandese lín-scóit, scozzese sgòd; a ciò si aggiunga la testimo-nianza di lingue non i.e., come la forma estone kaud “vela, telo per navigare”, oquella lappone skakta, skafta “angolo di una vela”.

D’altra parte, la forma germanica *skaut- costituisce la base del terminemarinaresco “vela” anche nelle lingue romanze: francese écoute, spagnoloescota, italiano scotta sono tutti prestiti dalla stessa radice germanica8, entratinel Mediterraneo dai dialetti germanici settentrionali oppure dal basso tedesco,come indica l’assenza di palatalizzazione nel nesso consonantico iniziale. Ori-ginariamente, il termine indicava “la vela”, in seguito, più precisamente, “la fu-ne che la manovra”, ovvero “la scotta”.

La deriva semantica di SKAUT- può quindi essere riassunta come segue:il primo significato della parola era “angolo di un tessuto”, “parte di un panno”;abbastanza presto, è avvenuta una sorta di specializzazione della parola, diven-tata il termine per indicare il “panno per la navigazione”, e quindi, più sempli-cemente, “la vela”.

A questo punto della deriva semantica, è possibile supporre che siano en-trate in funzione due metonimie:

a) dalla vela alla nave, per cui in inglese scauti “vela” diventa scouti “navea fondo piatto”, termine attestato nella prima metà del XV secolo;

b) una parte speciale della vela, ovvero la “fune di manovra”, che in ingle-se assume la forma palatalizzata di sheet, vale a dire la “scotta”.

È altamente probabile che lo slittamento semantico in a) abbia precedutoquello in b), perché nel significato di sail sheet, vale a dire “telo della nave, ve-la” la parola è sempre scritta sheet, in cui il digramma <sh> indica la palataliz-zazione del nesso sk-, tipico processo fonologico della lingua inglese, come

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dimostrano molte altre coppie di parole che alternano una forma più antica, pri-va di palatalizzazione, ad una più moderna, palatalizzata (ad es. skirt/shirt).

Seguendo la nostra ipotesi, avremmo quindi in inglese due forme diverse,con significato differente, derivate dallo stesso etimo *skaut- germanico:

1. scouti/scouse, senza palatalizzazione, ma con possibile spirantizazzio-ne dell’occlusiva coronale nella seconda sillaba;

2. sheet, con palatalizzazione iniziale di sk-.

La prima forma si è trasformata ben presto in una parola arcaica, una spe-cie di relitto. La seconda forma è invece molto produttiva, poiché nell’evolu-zione della lingua la parola ha assunto molti altri significati; dal primario sensodi “panno, tessuto”, sheet viene così ad indicare “biancheria da letto, lenzuo-la”; oppure il pezzo di carta su cui scrivere, cioè “foglio”.

3. L’inglese Lobscouse

In inglese, la parola lobscouse è attestata dall’inizio del XVIII secolo, col si-gnificato di “piatto di carne stufata con verdure e gallette” (cf. ONIONS, 1966;Oxford Dict., s.v.). Qualche dizionario etimologico scrive ‘di origine ignota’ (ades. HOAD, 1986: 269, Longman Dict., 1984: 860), mentre altri comparano la pa-rola inglese con alcune forme di lingue germaniche del Nord: danese labskous,lobskous, norvegese lapskaus, svedese lapskojs, e le sue varianti lappkojs elappskaus, nederlandese lapskous, tedesco Labskaus (ONIONS, 1966).

È utile sottolineare che oggi tutte queste parole si riferiscono ad un piattotradizionale, preparato nello stesso modo e con ingredienti simili allo Scouse diLiverpool. In particolare, Labskaus è il piatto tipico di Amburgo, fatto con car-ne stufata (o anche aringhe), patate e cipolle.

I dizionari storici di inglese concordano nel definire lobscouse “un piattotipico marinaresco fatto di carne e verdure stufate” (cf. Oxford Dict., 1933,SHIPLEY, 1957, s.v.); talvolta propongono inoltre che lobscouse derivi da lob’scourse, lap’s course; quindi, da lobscouse “piatto del marinaio” sarebbe deriva-to lobscouser, i.e. “marinaio”.

La prima citazione di lobscouse presente nei dizionari risale allo scrittoreinglese E. Ward che in The Wooden World Dissected (1706) scrisse «He hassent the Fellow (…) to the Devil, that first invented lobscouse». La parola si ri-trova quindi in T. Smollett (1751): «A mess of that savoury compositionknown by the name of lob’s course». Vi sono varie altre citazioni per il XIX se-colo; per esempio, nel 1867 lap’s course è descritto come «one of the oldest andmost savoury of the regular forecastle dishes» (cf. Oxford New English Dict.,1933: 377-378; SHIPLEY, 1957, s.v.).

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Particolarmente interessante ci pare il brano di F.F. Moore in Journalist’sNote del 1894: «something like a glorified Irish stew, or perhaps what yachts-men call lobscouse» (citato da Oxford Dict., 1933: 378). Si osservi che questa èl’unica citazione che collega la parola lobscouse agli irlandesi; tale aspetto puòessere rilevante per il quadro socio-economico specifico della città di Liver-pool che abbiamo delineato in precedenza (cfr. § 1).

4. Marinai e metafore

Una volta identificate le radici dei due elementi del composto inglese lob-scouse, possiamo ora articolare la nostra ipotesi etimologica .

Il termine originale labskaus potrebbe essere una forma danese arrivata inInghilterra ed Irlanda in tempo antico, forse già in epoca medievale. In tal caso,la parola sarebbe stata in uso presso i Vichinghi, esperti marinai, per indicaregli abitanti costieri delle isole britanniche, considerati inesperti, in breve, “ma-rinai d’acqua dolce”.

Sappiamo da fonti storiche che nel IX e X secolo, popolazioni nordiche in-vasero l’Irlanda ed ebbero intense relazioni commerciali con l’Inghilterra; illoro contributo allo sviluppo dei commerci e dell’urbanizzazione fu particolar-mente rilevante per tutto il Nord Europa. Contatti tra scandinavi da un lato ebritannici o irlandesi dall’altro sono stati del resto frequenti e proficui anche inepoca moderna.

Se il composto germanico labskaus derivasse dalla combinazione della ra-dice verbale LAB “pendere pesantemente” e dall’etimo SKAUT-/SKAUS-“vela”, la parola avrebbe letteralmente il significato di “vela che pende pesan-temente”. Nella nostra ipotesi, la connotazione semantica della parola sarebbestata negativa sin dall’inizio, dal momento che la vela di un bravo marinaio nonè mai floscia, bensì sempre tesa e gonfia. Basti pensare al sintagma italiano“andare a gonfie vele”, o all’analogo inglese to be under full sail, espressioniconnotate positivamente, in quanto fanno riferimento ad una vela ben tesa, chesfrutta appieno la forza dei venti e che può pertanto imprimere alla nave un’an-datura spedita.

La parola originale scandinava labskaus sarebbe stata presa in prestitodall’inglese agli inizi dell’epoca moderna; l’adozione nella lingua inglese neavrebbe determinato il cambiamento in lobscouse: l’innalzamento vocalicodall’originale a in o è infatti compatibile con la fonologia dell’inglese (cfr.MIONI, 1988). Come abbiamo già avuto modo di osservare, l’assenza di pala-tizzazione del nesso sk e la conservazione del dittongo au costituiscono forti in-dizi a favore dell’origine nordica del composto (cfr. LASS, 1994: 59). Il prestitosarebbe entrato nelle isole Britanniche quando la tipica regola di palatalizza-

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zione del gruppo sk non era attiva nella lingua inglese.Un’ipotesi alternativa potrebbe far risalire l’origine della parola composta

labskaus ad una forma del basso tedesco, entrata nelle lingue germaniche delNord e nell’inglese nel corso del secolo XIV, in coincidenza con il periodo dimaggiore espansione della Lega Anseatica, che, com’è noto, diede origine aduna koiné linguistica di matrice commerciale più che letteraria, avente comebase il dialetto di Lubecca. A questo periodo risalgono infatti molti prestiti dalbasso tedesco alle lingue scandinave, in particolare, danese e norvegese. Ricor-diamo che anche nel basso tedesco (come nel germanico settentrionale), non siverifica la palatalizzazione della sibilante preconsonantica, ma, di contro, ildittongo au monottonga in o oppure u lunga, per cui ci attenderemmo una for-ma come skoos anziché skaus (cfr. MIONI, 1988: 53-54).

È importante sottolineare che l’etimologia da noi proposta (Labskaus“marinaio inesperto”) non è in contrasto con nessuna delle due ipotesi quiavanzate circa l’origine della parola: in entrambi i casi (popolazioni vichingheoppure marinai della Hansa), si fa riferimento a contesti caratterizzati daun’elevata competenza in ambito marinaresco.

Né pare costituire obiezione alla nostra etimologia il fatto che la parolasheet, derivata dalla stessa radice del germanico settentrionale o anche del bas-so tedesco skauti-, mostri una forma palatalizzata in inglese, mentre in lob-scouse, poi semplicemente scouse, non si riscontra palatalizzazione: nel com-posto labskaus, poi lobscouse, che si configura come un vero e proprio relitto, èconservata la forma originale scandinava o basso tedesca, con il gruppo sk- nonancora palatalizzato, mentre nella parola sheet il gruppo ha seguito il suo nor-male percorso evolutivo tipico dell’inglese.

In entrambe le forme (labskaus e lobscouse), a partire dal primo significa-to letterale di “vela moscia”, il composto avrebbe potuto facilmente acquisire ilsignificato metaforico di “marinaio che naviga con la vela floscia”, cioè “mari-naio inesperto”, ovvero “marinaio d’acqua dolce”. Non sono escluse ancheconnotazioni della parola in senso sessuale, che renderebbero ancora più nega-tivo il senso globale della metafora. In ogni caso, il processo metaforico proce-de mediante una depauperizzazione del taxon originale (cfr. CARDONA, 1982),sebbene si mantenga nella stessa sfera semantica (lessico marinaresco).

Se la nostra ipotesi è corretta, il significato originale di lobscouse sarebbequindi quello di un etnonimo, ed in particolare un etnonimo eteronimo datodai Vichinghi, oppure dai tedeschi del Nord (in entrambi i casi, esperti naviga-tori nei mari del Nord Europa) agli inglesi ed agli irlandesi. Questa classe spe-ciale di nomi mostra di norma connotazioni di tipo negativo, in quanto basatasu un’opposizione fondamentale – mirabilmente messa in luce già da G.R.Cardona – tra NOI, che siamo migliori, superiori e GLI ALTRI, che sono peg-giori, inferiori.

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Nel nostro caso specifico, avremmo dunque il contrasto:

“NOI, marinai esperti” versus “LORO, che non sanno navigare”.

Riteniamo altamente probabile che la semplificazione del composto (dalabskaus a skaus, e in inglese da lobscouse a scouse) sia avvenuta soltanto dopoche la parola aveva assunto la specifica connotazione metaforica antropologica.

Se il nome lobscouse indica il “marinaio inesperto”, il passo successivonella deriva semantica della parola può facilmente prevedere uno slittamentoverso due aspetti fondamentali per l’identificazione e la caratterizzazione deigruppi etnici, vale a dire il cibo e la lingua. In altri termini, riteniamo che la pa-rola lobscouse come pure la sua forma semplificata scouse siano passate ad in-dicare da una parte quello che i “cattivi marinai” mangiano, ovvero una miserazuppa, dall’altra il modo in cui parlano, ovvero il loro dialetto. Entrambi i pas-saggi sopra menzionati non sono certo strani o inattesi, dal momento che cibo elingua rappresentano le caratteristiche fondamentali per la caratterizzazioneantropologica di un popolo (cfr. ancora CARDONA, 1982; LE PAGE e TABOURET

KELLER, 1985). La deriva semantica di lobscouse potrebbe quindi essere schematizzata nel

modo seguente:

vela floscia↓

marinaio con vela floscia↓

cattivo marinaiozuppa mangiata dai cattivi marinai

dialetto parlato dai cattivi marinai

5. Il piatto

È ben noto che il cibo è un elemento che contribuisce in modo essenzialeall’identificazione di un gruppo etnico. Possono essere citati molti esempi inquesto senso: la forma italiana crucchi in riferimenti ai tedeschi, e l’analogo in-glese Krauts; la parola polentoni usata dai parlanti meridionali d’Italia per i set-tentrionali; ancora, la forma maccaroni usata dai tedeschi per indicare gli italia-ni, oppure il termine Eskimo (lett. “mangiatori di carne cruda”) usato dagliamericani per gli Inuit.

A favore del passaggio dal “marinaio” a quello che il marinaio mangia, o,più in generale, dal nome di un lavoratore o professionista a quello che il lavora-tore/professionista mangia, cioè il suo cibo, potranno d’altro canto essere citateespressioni del tipo “spaghetti alla marinara” oppure “penne alla boscaiola”.

Una volta chiarito che lobscouse era passato ad indicare il piatto tipico dei

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“cattivi marinai”, diventa possibile spiegare la presenza di carne in una zuppamarinara: i “cattivi marinai” non sanno andar per mare, non sono capaci di pe-scare, quindi tornano a casa senza pesce, con le reti vuote; di conseguenza, so-no costretti a mettere carne anziché pesce nella loro minestra.

Il significato alimentare della parola composta Labskaus/Lobscouse è percosì dire migrato in tutto il Nord Europa; si ricordi che il termine labskaus è inuso nelle lingue scandinave ed in tedesco, in particolare ad Amburgo, dove in-dica un piatto tipico simile a quello di Liverpool. Nella nostra ipotesi, il termi-ne potrebbe essere entrato in danese, norvegese, svedese e basso tedesco comeprestito dall’inglese, probabilmente nel XVI e XVII secolo. La presenza dellepatate tra gli ingredienti necessari per la preparazione di questa minestra con-sente di collocare almeno un termine temporale post quem, visto che la coltiva-zione di questo tubero in Europa è posteriore alla scoperta dell’America.

Non sarà del resto strano che proprio la lingua inglese, che aveva preso inprestito l’antica forma scandinava in epoche precedenti, l’abbia poi esportatanel resto del Nord Europa, dal momento che in epoca moderna la nazione in-glese aveva avuto modo di aumentare considerevolmente il suo prestigio eco-nomico e culturale: gli inglesi costituivano ormai una vera e propria potenzanavale europea e mondiale.

Stiamo quindi ipotizzando un lungo percorso circolare per la nostra paro-la: nata nell’Europa del Nord, entrata in Inghilterra con connotazione negativa,assunti due diversi ma correlati significati metaforici, nella sua accezione ali-mentare viene esportata dall’inglese nel Nord Europa. Non ci stupirà certo cheil nome di un piatto ‘viaggi’, per così dire, da un capo all’altro dell’Europa: percitare un solo esempio, gli “spaghetti alla bolognese” vengono attualmentepreparati e consumati in tutto il mondo occidentale, talora senza consapevolez-za alcuna dell’origine geografica del piatto, spesso trascritto in modo non-stan-dard, e propinato nei ristoranti stranieri, con varianti anche fantasiose, ben po-co attinenti alla tradizione emiliana.

6. Il dialetto

Oltre al passaggio metaforico da “cattivo marinaio” a “zuppa del cattivomarinaio”, un nuovo slittamento semantico ebbe luogo, dal momento che allaparola scouse venne assegnato anche un altro significato, vale a dire la linguaparlata dai “cattivi marinai”, cioè dalle popolazioni che abitavano le coste occi-dentali dell’Inghilterra. Come il cibo, anche la lingua è caratteristica rilevante efondante di un gruppo etnico, e dunque anche questo elemento può diventareelemento di scherno e di disprezzo tra etnìe diverse. Non mancano certo gliesempi, più o meno illustri, per illustrare la connotazione negativa associata ad

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etnonimi eteronimi facenti leva sull’elemento linguistico, a partire dal terminebárbaroi (letteralmente, “coloro che dicono ba-ba”), con cui gli antichi grecinominavano le popolazioni confinanti, fino alla più recente denominazione di-dones usata dagli spagnoli per i francesi (dall’espressione dis-donc, comune-mente usata da questi ultimi), come pure al nome dispregiativo dato dagli un-gheresi ai tedeschi, cioè vigéc (forma storpiata della frase tedesca wie geht’s).

Mentre il passaggio metaforico da “cattivo marinaio” a “zuppa del cattivomarinaio” non si è limitato alle isole britanniche, essendo il secondo significa-to attestato in varie zone dell’Europa settentrionale, la deriva semantica che da“cattivo marinaio” conduce a “lingua parlata dai cattivi marinai” mostra unaconnotazione spaziale più ristretta, dal momento che ha assunto il significato diaccent specifico dell’area di Liverpool, in cui i “cattivi marinai” parlano un in-glese per così dire ‘bastardo’. Lo stesso fenomeno si applica al derivato Scou-ser, vale a dire, l’abitante di Liverpool che parla con il caratteristico accent del-la città.

A questo proposito è essenziale ricordare che per moltissimo tempo Liver-pool è stato uno dei porti più attivi della costa occidentale britannica; sia perquesto motivo che per la vicinanza geografica, è stato il principale polo di im-migrazione irlandese in Gran Bretagna. Come abbiamo notato in precedenza,buona parte della popolazione cittadina ha ascendenti irlandesi (cfr. § 1), percui è legittimo supporre che i “cattivi marinai” che parlavano l’inglese con unforte accento ‘straniero’ potessero essere facilmente identificati con gli immi-grati irlandesi. Non è dunque un caso che proprio nella città di Liverpool e nonaltrove, il significato di scouse come specific accent abbia potuto attecchire,svilupparsi e mantenersi sino ad oggi. In questo modo, soprattutto in bocca de-gli inglesi autoctoni, la parola scouse acquistava una connotazione negativaancor più marcata, perché aveva come referente primario proprio la parte dellapopolazione cittadina più disprezzata, in quanto misera, incolta, cattolica: inuna parola, gli irlandesi.

Non sarà infine fuori luogo richiamare l’attenzione del lettore su una speci-fica caratteristica fonetica: nel composto germanico attestato nel Nord Europaancora oggi, labskaus, così come nelle forme inglesi lobscouse e scouse rilevia-mo una sibilante al posto dell’occlusiva coronale. Il cambiamento fonetico da t as potrebbe essere spiegato in riferimento al tipico processo di lenizione che inte-ressa le consonanti occlusive nell’inglese parlato a Liverpool. Ricordiamo a taleproposito che il processo di lenizione sembra particolarmente attivo nel caso dibersagli occlusivi coronali, per i quali la sibilante rappresenta uni degli esiti fo-netici superficiali possibili (cfr. MAROTTA e BARTH, 2005). Non è pertanto daescludere che il cambiamento t > s (cfr. lobscouti > lobscouse) sia avvenuto aLiverpool, dal momento che proprio in quella città le occlusive intervocalichesono soggette a spirantizzazione, in epoca antica come ancora oggi.

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7. Conclusione

In queste pagine abbiamo avanzato una nuova proposta etimologica per laparola inglese Scouse. La letteratura precedente sull’argomento riconosce con-corde la derivazione di Scouse da un composto del germanico settentrionaleLabskaus, entrato in inglese come prestito nella forma lobscouse. Mentre per ilprimo elemento del composto è già stato in passato proposto qualche etimo, peril secondo elemento l’etimologia era finora ignota.

Nell’ipotesi etimologica qui avanzata, suffragata dai riscontri con terminiattestati in epoca sia antica che moderna in numerose lingue germaniche set-tentrionali, il composto nordico originario Labskaus avrebbe avuto il significa-to di “vela floscia”, ben presto riferito, per estensione metaforica, anche a “ma-rinaio che naviga con la vela floscia”, cioè “marinaio inesperto”. In quantoetnonimo eteronimo, inventato da popolazioni del Nord Europa esperte nellanavigazione dei mari – Vichinghi o tedeschi del Nord Europa – il nome espri-meva un atteggiamento dispregiativo nei confronti di irlandesi e inglesi, consi-derati di competenza inferiore in ambito marinaresco (e non solo).

La parola fu in seguito estesa a due elementi fondamentali della cultura diun popolo, vale a dire il cibo e la lingua. Mediante una deriva semantica asso-lutamente non marcata sul piano antropologico e culturale, lobscouse, o piùsemplicemente scouse, passarono ad indicare da una parte “il cibo che il cattivomarinaio mangia”, e dall’altra “la lingua che il cattivo marinaio parla”.

Il valore originario della parola composta così come quello del semplicederivato scouse si è perduto nel corso dei secoli. Anche le persone che oggiusano quotidianamente la parola non sono più coscienti della sua origine eti-mologica. La deriva semantica nei suoi vari passaggi è ormai del tutto opaca:

marinaio → zuppa del marinaio → dialetto del marinaio → dialetto di Liverpool.

Un tratto del significato originario del termine è rimasto tuttavia costante: laparola ha mantenuto una connotazione sociale negativa. Ancora oggi, in Inghil-terra, nonostante la crescente diffusione dei tratti scouse, questo accent è perce-pito e giudicato almeno in parte sgradevole; in parallelo, il parlante scouser con-tinua ad essere associato a persona incolta, poco educata e poco affidabile.

In sintesi, la storia della parola Scouse costituisce un ulteriore esempiodella forza degli atteggiamenti culturali di un popolo (attitudes) e di come taleforza possa esprimersi in modo particolarmente energico nel linguaggio. Que-sti medesimi atteggiamenti possono essere più forti dei cambiamenti linguisti-ci e perciò mantenersi inalterati, sia pure variatis variandis, anche per secoli,mostrando una vitalità ed un radicamento insospettati ad una prima e superfi-ciale considerazione.

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Finito di stampare nel mese di febbraio 2007in Pisa dalle EDIZIONI ETS

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