spagine il revival neoborbonico di silverio tomeo

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contemporanea Lecce, 21 gennaio 2014 - anno II di Silverio Tomeo sp agine Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri L ’uso pubblico della storia e il revival neoborbonico La rottura delle culture costitutive della prima Repubblica spinge molti a “inventare una tradizione” ... Il caso più consistente Padania, con i suoi riti e culti, ad opera della Lega Nord. Il Movimento Neoborbonico a Napoli nasce nel 1993

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La memoria pubblica come “un patto” su cui fondare un’identità nazionale, i programmi di studio nelle scuole, i luoghi e le giornate della memoria, viene ad essere manipolata dal cortocircuito dell’uso politico del passato. Si cerca, a vent’anni dal crollo della prima Repubblica, di fondare una memoria condivisa sul dolore per le vittime in quanto tali.

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Page 1: Spagine il revival neoborbonico di silverio tomeo

contemporanea

Lecce, 21 gennaio 2014 - anno II

di Silverio Tomeo

spaginePeriodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

L’uso pubblico della storia e il revival neoborbonico

La rottura delle culture costitutivedella prima Repubblica

spinge molti a “inventare una tradizione” ...Il caso più consistente

Padania, con i suoi riti e culti, ad opera della Lega Nord.

Il Movimento Neoborbonico a Napoli nasce nel 1993

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Nel 1986 in Ger-mania si aprì inun convegno undibattito, cono-sciuto poi comela “controversia

degli storici” (Historikerstreit),in cui Ernest Nolte avanzò le suetesi ultrarevisioniste su nazi-smo e bolscevismo e sulla “guer-ra civile europea”. Fu allora cheJürgen Habermas intervenne inpolemica contro il dilagare nelcircuito mediatico del dibattitostorico ad uso della polemicanella sfera pubblica che definì“uso pubblico della storia”.

La distinzione del filosofo te-desco tra uso “etico-politico”della storia e l’attività scientificadello storico di professione che«usa la terza persona, prende ledistanze dall'oggetto indagato econtrolla i propri pregiudizi»appariva da superare a NicolaGallerano che proponeva di ac-cettare la sfida dello storico nel-la società dell’informazione.

Di Nicola Gallerano voglio ri-cordare l’ Introduzione alla sto-ria contemporanea scritta conMarcello Flores (Bruno Monda-dori, 1995), perché è un’ ottimabibliografia ragionata su Otto-cento e Novecento.

Da quel 1986 ne è passata diacqua sotto i ponti, e la fratturatra Novecento e post-Novecentosegnata nei primi anni Novantaha come aperto le dighe alla ri-cerca di una nuova legittimazio-ne storica dell’identità naziona-le e dei fondamenti della Re-pubblica. Ecco che l’uso pubbli-co della storia nella cosiddettaSeconda Repubblica è diventatoassai funzionale al “revisioni-smo storico”, dando la stura a

tentativi radicali di revisionedella storia del Novecento.L’uso pubblico della storia sem-pre più è diventato uso politicodella stessa. Si è cercato di equi-parare repubblichini e partigia-ni, di espungere l’antifascismodal patriottismo costituzionale,di distinguere tra un primo fa-scismo “buono” e quello poi al-leato con il nazifascismo, adesempio.

Il negazionismo dello Ster-minio dei due terzi degli ebreid’Europa ha cercato inutilmen-te di autorappresentarsi comerevisionismo storico, perché ègià qualcosa di oltre, una puranegazione utile a rimuovere lafrattura di civiltà della Shoah efunzionale a minimizzare il di-segno di un Nuovo Ordine Eu-ropeo di Hitler che produsse ilsecondo conflitto mondiale.

Si è detto in chiave lusinghie-ra oppure critica che il libro delgiornalista Pino Aprile Terroni.Tutto quello che è stato fattoperché gli italiani diventasseromeridionali è accostabile per ef-fetto dirompente al libro diGiampaolo Pansa Il sangue deivinti, dove in effetti entrambiquesti testi contengono dati,circostanze, notizie e ricostru-zioni storiche romanzate per lopiù senza fonti e senza biblio-grafia di riferimento.

***E veniamo quindi ai fenome-

ni distinti del revisionismo delRisorgimento e del movimentoneoborbonico che del primo sinutre giungendo a posizioni ra-dicali apertamente antiunitari-ste e antirisorgimentali.

Il revisionismo storico sul Ri-sorgimento nasce già all’indo-

mani dell’Unità dello Stato-na-zione italiano, un suo punto diriferimento è quel Giacinto de’Sivo, già ufficiale e funzionariodel Regno delle Due Sicilie, coni suoi numerosi scritti. Nel 1971fece scalpore L’Unità d’Italia:nascita di una colonia di NicolaZitara, allora uno studioso me-ridionalista legato alla sinistrasocialista. Sulla base di teorieterzomondiste di ispirazioneneomarxista si ipotizzava uncolonialismo del Nord verso ilSud nel processo unitario. Nel1973 seguì a ruota Contro la«questione meridionale» di E.M. Capecelatro e A. Carlo, che sipresentava come una critica “dasinistra” alle riflessioni di Anto-nio Gramsci. Già in questo testoappare la considerazione balor-da che “l’epopea dei Mille (…) fupoco più che una passeggiata”,e che questo appare strano espiegabile solo con la crisi delloStato del Regno delle Due Sici-lie. Senonchè i Mille, che eranoin realtà in partenza pochi dipiù, e alquanto di meno con iprimi caduti, ebbero subitol’apporto di migliaia di volonta-ri siciliani e poi quello del gene-rale Giacomo Medici con i suoigaribaldini.

Già in Calabria se ne aggiun-sero decine di migliaia e poi si-no alle battaglie fondamentalisi andò ad ingrossare esponen-zialmente la consistenza dei vo-lontari garibaldini (tra cui risul-ta nell’Archivio di Stato di Tori-no un mio trisavolo). Zitara eb-be poi posizioni separatiste evolle ai suoi funerali l’inno bor-bonico e la bandiera del Regnodelle Due Sicilie. Già nel 1966 inProletari senza rivoluzione En-

zo Del Carria, pur riconoscen-done la direzione reazionaria,esaltò come guerriglia contadi-na il brigantaggio postunitario.Successivamente il Del Carriafinirà nella Lega Nord. Possia-mo annoverare nella vulgata re-cente del revisionismo sul Ri-sorgimento anche Carlo Alia-nello, ma è in prossimità del150° dell’Unità d’Italia che si af-follano i pamphlet revisionisti,come la Controstoria dell’unitàd’Italia. Fatti e misfatti del2007 di Gigi Fiore, autore di al-tri testi revisionistici. Il libro diPino Aprile, più volte ristampa-to, e seguito da altri suoi scritti,è del 2010. Anche i libri contro iSavoia del giornalista Lorenzodel Boca vanno menzionati inquesta vulgata revisionista,senza nulla togliere alla cata-strofica parabola di quella dina-stia.

***La memoria pubblica come

“un patto” su cui fondareun’identità nazionale, i pro-grammi di studio nelle scuole, iluoghi e le giornate della me-moria, viene ad essere manipo-lata dal cortocircuito dell’usopolitico del passato. Si cerca, avent’anni dal crollo della primaRepubblica, di fondare una me-moria condivisa sul dolore perle vittime in quanto tali. Criticoverso questa vulgata è La Re-pubblica del dolore. Le memo-rie di un’Italia divisa, un saggiodi Giovanni De Luna (Feltrinel-li, 2011), perché non è così chesi fonda una religione civile,una memoria storica come benecomune. De Luna, che dedica ilsuo libro alla memoria pubblicadel Novecento, accenna nella

Il revisionismostorico

sul Risorgimentonasce già

all’indomani dell’Unità

dello Stato-nazioneitaliano

di Silverio Tomeo

Lecce, 21 gennaio 2014 - anno II

Ignoto, La partenza di Giuseppe Garibaldi da Quarto

Museo Nazionale del Risorgimento, Torino

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Spagine n°0 - Contemporanea 06

Giovanni Fattori, Garibaldi a Palermo

prefazione come alla retoricadell’Italia liberale ripropostadal primo berlusconismo si af-fiancò ben presto la riscoperta«di quella cattolica, rurale esanfedista esaltata nei libri dellaprofessoressa Angela Pelliccia-ri, strenua sostenitrice di unatesi che guardava all’intero pro-cesso risorgimentale come unasorta di gigantesca impostura,con un’unità nazionale realizza-ta ai danni della maggioranza diuna minoranza (esterofila, mas-sonica, non italiana) inferiore al2 per cento che avrebbe impostoil proprio modello con intentipersecutori nei confronti dellaparte sana e maggioritaria delpaese».

***Non è un caso che sia stato il

1993 l’anno di nascita del Movi-mento Neoborbonico a Napoli,anche se esistono vari altrigruppi consimili. La rottura del-le culture costitutive della pri-ma Repubblica spinse molti a“inventare una tradizione”(concetto introdotto nel 1983dallo storico Heric Hobsbawm),con il caso più consistente del-l’immaginaria Padania, con isuoi riti e culti, ad opera dellaLega Nord.

Il tentativo di inventarsi unatradizione e di costruire unacontro-storia incorre spesso nelcomplottismo a sfondo paranoi-de. Scambiare processi storicitellurici e di lunga durata, conmasse e popoli in movimento,come effetto di oscure cospira-zioni, è funzionale solo a inten-dere il presente come antistoria.

La credenza neoborbonica,come una fede settaria, è divul-gata in siti web, in piccole case

loro “revisionismo spicciolo”non è opera di storici.

Le invenzioni di cifre e circo-stanze (da Fenestrelle al nume-ro dei morti in dodici anni pereffetto delle repressioni del-l’esercito), mai suffragate da ri-cerche e fonti serie, creano leg-gende riprese anche da cantau-tori come Eugenio Bennato eTeresa De Sio.

***Arruolare Antonio Gramsci

nel revisionismo sul Risorgi-mento è un’operazione ardita eingannevole. Dagli scritti giova-nili alle “Tesi di Lione” e poi ai“Quaderni deal carcere” Gram-sci riflette sull’egemonia mode-rata del Risorgimento, sui ca-

ratteri della questione meridio-nale, sulla questione cattolica,sulla possibilità di un cambia-mento sociale.

Per Gramsci la massoneriadivenne giocoforza il “partitodella borghesia” nell’unificazio-ne, per poi passare armi e baga-gli al Regime fascista che cercòdi legittimarsi con il mito del-l’Impero romano e con una ver-sione ultranazionalista dellostesso Risorgimento.

Fu in parte la Liberazione dalnazifascismo a portare avantil’incompiuto del Risorgimentoe di alcuni dei suoi valori mi-gliori.

Le riflessioni di Nello Rossel-li, dello stesso Carlo Pisacane,

di Piero Gobetti, del meridiona-lismo democratico e riformista,del federalismo di Carlo Catta-neo, rappresentano assieme alpensiero di Gramsci una plura-lità di voci ancora oggi fecondasulla vicenda storica della co-struzione nazionale e delle sueaporie.

Per finire un ultimo riferi-mento a Né Stato né Nazione.Italiani senza meta (Laterza,2010) di Emilio Gentile, sui tra-vagli della memoria e dell’iden-tità nazionale nella crisi repub-blicana e alla prova del tentati-vo sofferto e contraddittorio diuna democrazia sovranazionalenell’Europa.

Le posizionie le manifestazioni

neoborbonichepuntano

a realizzareuna sorta

di “leghismomeridionale”

e il loro“revisionismo

spicciolo”non è opera

di storici

editrici di nicchia, senza disde-gnare pubblicazioni in Contro-corrente Edizioni nel cui cata-logo primeggiano autori comeJulius Evola, Pino Rauti, AlainDe Benoist, tutte icone della de-stra radicale.

I neoborbonici hanno inven-tato persino un grottesco “Par-lamento delle Due Sicilie” oltrealle investiture onorarie congradi cavallereschi. Come dicein un’intervista lo storico Salva-tore Lupo (autore di L’unifica-zione italiana nel Mezzogior-no, Rivoluzione, Guerra Civile,Donzelli 2011) le posizioni e lemanifestazioni neoborbonichepuntano a realizzare una sortadi “leghismo meridionale” e il