sottovoce n.06 (novembre 2009)

12
S S i i g g n n o o r r e e a a b b b b i i a a m m o o b b i i s s o o g g n n o o d d i i t t e e . . M M a a r r a a n n a a t t h h a a ! ! È Avvento, di nuovo. Come ogni anno. Come ogni periodo che precede il Natale. Come ogni tempo in cui l'uomo attende. E spera. E lavora perché “l'arrivo”, quell'arrivo sia ancora più importante, più partecipato. Signore, abbiamo bisogno di te. È Avvento, di nuovo. Un Avvento - come ce ne sono stati nella storia - contrassegnato da venti di guerra, da dolori e da sconfitte, da ansie e da paure. Come ai profeti una volta, anche oggi a noi il Signore, però, torna a dire: “Preparate le mie vie”. Signore, abbiamo bisogno di te. È Avvento, di nuovo. Ma è Avvento ogni giorno se l'uomo si impegna perché la giustizia e la pace possono nascere ancora, come in quella notte nella stalla di Betlemme. È Avvento ogni momento se il credente combatte per una giustizia per tutti, e non per pochi; per gli ultimi anziché per i primi. Signore, abbiamo bisogno di te. È Avvento, di nuovo. È Avvento ogni giorno se sapremo leggere questo periodo come attesa per riscoprire la nostra identità di uomini e di cristiani; la nostra spiritualità di figli di Dio; la nostra verità di custodi di un messaggio di salvezza; la nostra realtà di battezzati nella Chiesa e per la Chiesa. Signore, abbiamo bisogno di te. E con te, abbiamo bisogno degli altri, di tutti gli altri. Nostri fratelli, nel pellegrinaggio comune che ci conduce al tuo regno, già presente e non ancora goduto; già in noi e non ancora disgelato. Signore, abbiamo bisogno di te. Perché attraverso il nostro impegno in questo Avvento si possa, finalmente, vivere un Natale un po' meno di guerra, almeno nei nostri cuori. Signore, abbiamo bisogno di te. Per ridare vigore alla vita, stupenda e da te donata e salvata. Troppe “ossa aride” abitano i nostri giorni. Tante sono le malinconie generate da fatue libertà. Signore, abbiamo bisogno di te. Noi ti crediamo anche se ci viene la tentazione dei primi discepoli di volerti vedere e sappiamo che sei con noi sempre in attesa di vederti quando tu vorrai e verrai. Qui, ora, ci custodisca la maternità di Maria e della Chiesa. Amen! Don Tonino Bello

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SSiiggnnoorree aabbbbiiaammoo bbiissooggnnoo ddii ttee.. MMaarraannaatthhaa!!

È Avvento, di nuovo. Come ogni anno. Come ogni periodo che precede il Natale. Come ogni tempo in cui l'uomo attende. E spera. E lavora perché “l'arrivo”, quell'arrivo sia ancora più importante, più partecipato. Signore, abbiamo bisogno di te. È Avvento, di nuovo. Un Avvento - come ce ne sono stati nella storia - contrassegnato da venti di guerra, da dolori e da sconfitte, da ansie e da paure. Come ai profeti una volta, anche oggi a noi il Signore, però, torna a dire: “Preparate le mie vie”. Signore, abbiamo bisogno di te. È Avvento, di nuovo. Ma è Avvento ogni giorno se l'uomo si impegna perché la giustizia e la pace possono nascere ancora, come in quella notte nella stalla di Betlemme. È Avvento ogni momento se il credente combatte per una giustizia per tutti, e non per pochi; per gli ultimi anziché per i primi. Signore, abbiamo bisogno di te. È Avvento, di nuovo. È Avvento ogni giorno se sapremo leggere questo periodo come attesa per riscoprire la nostra identità di uomini e di cristiani; la nostra spiritualità di figli di Dio; la nostra verità di custodi di un messaggio di salvezza; la nostra realtà di battezzati nella Chiesa e per la Chiesa. Signore, abbiamo bisogno di te. E con te, abbiamo bisogno degli altri, di tutti gli altri. Nostri fratelli, nel pellegrinaggio comune che ci conduce al tuo regno, già presente e non ancora goduto; già in noi e non ancora disgelato. Signore, abbiamo bisogno di te. Perché attraverso il nostro impegno in questo Avvento si possa, finalmente, vivere un Natale un po' meno di guerra, almeno nei nostri cuori. Signore, abbiamo bisogno di te. Per ridare vigore alla vita, stupenda e da te donata e salvata. Troppe “ossa aride” abitano i nostri giorni. Tante sono le malinconie generate da fatue libertà.

Signore, abbiamo bisogno di te. Noi ti crediamo anche se ci viene la tentazione dei primi discepoli di volerti vedere e sappiamo che sei con noi sempre in attesa di vederti quando tu vorrai e verrai. Qui, ora, ci custodisca la maternità di Maria e della Chiesa. Amen!

Don Tonino Bello

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TU SEI RE!

TU SEI RE,

TU SEI RE

SEI RE GESU’.

A TE ELEVIAMO

I NOSTRI CUORI,

A TE ELEVIAM

LE NOSTRE MANI,

RIVOLTI VERSO

IL TUO TRONO,

LODANDO TE.

TU SEI RE,

TU SEI RE

SEI RE GESU’.

Che vuoi da me Signore, perché io oggi dovrei celebrarti mio Re, Signore della mia vita? Io ho bisogno della mia libertà, in una società che mi dice a gran voce che tutto è lecito, che io posso tutto, che nessuno può impedirmi di essere o fare quello che io voglio. E invece tu arrivi e travolgi tutto, i tuoi comandamenti riducono le mie possibilità. Con te ho limiti ed io non ne voglio. Io ho bisogno del mio tempo, del tempo da dedicare alle cose che per me sono importanti, da dedicare al piacere, al benessere, alla cura di me stesso. Ed invece eccoti di nuovo a dirmi che Tu sei il Signore del tempo e della storia, che sei tu che decidi e che il mio tempo deve essere speso in una lode incessante a te. Mi dispiace, io ho ben altro da fare. Io voglio gestire la mia vita. Non mi servi tu che vieni a fare la scaletta delle mie priorità. È un capitolo che riguarda solo me. Tu non sei il centro del mio mondo, tu, semmai, sei qualcosa per cui se voglio posso trovare dello spazio. Come faccio in tutto questo caos a trovare posto per te? Perché sei io ti riconoscessi realmente mio Re, allora la mia vita dovrebbe prendere tutta un’altra direzione. Allora io dovrei prendere veramente coscienza della mia chiamata, del mio essere figlio di Dio, della mia vocazione a fare non la mia, ma la Tua volontà. Se io avessi il coraggio di proclamarti mio Re la mia libertà sarebbe sublimata nel percorrere la strada che tu hai tracciato per me, uomo libero solo lungo il sentiero che mi conduce a Te. Se io trovassi la forza di accettarti Re non sarei più padrona del tempo e della mia vita, tu saresti il solo in grado di non farmi perdere nemmeno un istante di questa avventura meravigliosa per cui mi hai scelto fin da prima che io nascessi. E tutto questo è troppo bello e troppo perfetto per poter essere vero. Tu non lo sai quanto è difficile oggi Signore fare quello che tu mi dici, sarei un fallito agli occhi del mondo se cercassi di incarnare anche solo una parte di quello che mi chiami a vivere. Ma se riuscissi … se potessi trovare il coraggio di seguirti..allora la mia vita diventerebbe veramente piena di significato! Signore vieni, rapisci il mio cuore troppo spesso sordo alle tue parole e al tuo amore, il mio cuore che teme il giudizio del mondo e la sua condanna e rendimi una persona veramente libera, che non ha paura di mettere la sua vita nelle tue mani e che possa essere degna del progetto d’amore che tu hai per me. Allora si, non avrò paura oggi di proclamare a gran voce… TU SEI RE GESU’.

Giusy e Ilvia

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Cristo Re

e il servizio del diacono

Nell’ultima domenica del tempo Ordinario, che conclude l’anno liturgico, la Chiesa ci propone la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’ Universo. Il Vangelo ci descrive l’interrogatorio di Pilato a Gesù. È evidente che siamo vicini alla morte sulla croce del Figlio di Dio; ma se all’occhio dell’uomo questa sembra una sconfitta, in realtà Gesù è glorificato e proclamato Re proprio quando è innalzato sulla croce. È l’ultimo gesto di amore che Gesù compie per l’umanità. Nella Diocesi di Roma è tradizione che in questa solennità vengano ordinati i Diaconi Permanenti, per sottolineare come Cristo Servo sale sul patibolo per offrirci il suo “servizio” più prezioso. Nella Chiesa romana di San Salvatore in Lauro è possibile ammirare una bellissima icona: Cristo Crocifisso vestito da Diacono con la dalmatica, la tunicella, veste propria degli schiavi, oggi veste liturgica del diacono che impersona Cristo Servo. È proprio nell’ora della Passione che maggiormente risalta la divergenza tra la via di Dio e la via dell’uomo che rifiuta Dio. Pilato chiede a Gesù: “Ma tu sei re?” Gesù risponde: “Il mio Regno non è di questo mondo”. Tradotto per noi: “ Io rifiuto il potere, come lo intendete voi uomini; io condanno il potere, come lo intendete voi

uomini. Io condanno il potere consegnandomi come uno schiavo. Sì, sconfiggo il potere! Perché sia ben chiaro: Io sono re! La vittoria è di Dio. Non abbiate paura: “Io ho vinto il mondo”. Sono vere queste parole? Un supplizio, la croce, stoltezza per i greci e scandalo per gli ebrei,è diventato il centro della storia. Secondo la logica umana, la vicenda di Cristo doveva finire sul Calvario e tutto doveva essere dimenticato. Non è stato così. Aveva ragione Cristo? Un poverello che ha avuto il coraggio di seguirlo, ha segnato tutto il secondo millennio dopo Cristo: Francesco d’Assisi. È inspiegabile il fenomeno di San Francesco se Cristo non avesse ragione. Ma quale è la nostra risposta? Guardate l’ora della Passione! Giuda tradisce, Pietro rinnega, gli altri scappano. Eppure Gesù aveva detto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Solo il “buon ladrone” ha potuto intuire il vero senso della regalità di Gesù e di questa morte regale che conduceva entrambi verso la gloria. “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Ma questo regno non riguarda solo un lontano futuro. Esso esiste fin da ora per tutti quanti osano implorare la misericordia. Dio vince portando la croce e non esiste altra strada per vincere la battaglia della vita. Qualche domanda: i drammi di oggi non sono forse legati al fatto che, seguendo il mondo, noi abbiamo rifiutato il sacrificio? Rifiutando il sacrificio, non diventa insopportabile ogni dovere? Il comportamento disfattista e violento di una parte della gioventù moderna, non ha origine proprio in una educazione senza sacrificio? Diceva don Primo Mazzolari: “Fratelli, potreste inventare una civiltà senza croce, ma ricordatevi che sarà una civiltà senza Dio”. E allora non sarà civiltà.

diacono Rolando Sugaroni

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Introduzione all’enciclica

«Caritas in veritate»

-Papa Benedetto XVI-

1.La carità nella verità, di cui Gesù Cristo s'è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera. L'amore - "caritas" - è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace. È una forza che ha la sua origine in Dio, Amore eterno e Verità assoluta. Ciascuno trova il suo bene aderendo al progetto che Dio ha su di lui, per realizzarlo in pienezza: in tale progetto infatti egli trova la sua verità ed è aderendo a tale verità che egli diventa libero (cfr. Gv 8, 22). Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita sono pertanto forme esigenti e insostituibili di carità. Questa, infatti, "si compiace della verità" (1 Cor 13, 6). Tutti gli uomini avvertono l'interiore impulso ad amare in modo autentico: amore e verità non li abbandonano mai completamente, perché sono la vocazione posta da Dio nel cuore e nella mente di ogni uomo. Cristo stesso è la Verità (cfr. Gv 14, 6). 2. La carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa.

Ogni responsabilità e impegno delineati da tale dottrina sono attinti alla carità che, secondo l'insegnamento di Gesù, è la sintesi di tutta la Legge (cfr. Mt 22, 36-40). Essa dà vera sostanza alla relazione personale con Dio e con il prossimo; è il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici. Sono consapevole degli sviamenti e degli svuotamenti di senso a cui la carità è andata e va incontro, con il conseguente rischio di fraintenderla, di estrometterla dal vissuto etico e, in ogni caso, di impedirne la corretta valorizzazione. In ambito sociale, giuridico, culturale, politico, economico, ossia nei contesti più esposti a tale pericolo, ne viene dichiarata facilmente l'irrilevanza a interpretare e a dirigere le responsabilità morali. Di qui il bisogno di coniugare la carità con la verità non solo nella direzione, segnata da san Paolo, della "veritas in caritate" (Ef 4, 15), ma anche in quella, inversa e complementare, della "caritas in veritate". La verità va cercata, trovata ed espressa nell'"economia" della carità, ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità. 3. Per questo stretto collegamento con la verità, la carità può essere riconosciuta come espressione autentica di umanità e come elemento di fondamentale importanza nelle relazioni umane, anche di natura pubblica. Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L'amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell'amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario. La verità libera la carità dalle strettoie di un emotivismo che la priva di contenuti relazionali e sociali, e di un fideismo che la priva di respiro umano ed universale. 4. Perché piena di verità, la carità può essere dall'uomo compresa nella sua ricchezza di valori, condivisa e comunicata. Nell'attuale contesto sociale e culturale, in cui è diffusa la tendenza a relativizzare il vero, vivere la carità nella verità porta a comprendere che l'adesione ai valori del Cristianesimo è elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di

una buona società e di un vero sviluppo umano integrale. Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. In questo modo non ci sarebbe più un vero e proprio posto per Dio nel mondo. 5. La carità è amore ricevuto e donato. Essa è "grazia" (cháris). La sua scaturigine è l'amore sorgivo del Padre per il Figlio, nello Spirito Santo. È amore che dal Figlio discende su di noi. È amore creatore, per cui noi siamo; è amore redentore, per cui siamo ricreati. Amore rivelato e realizzato da Cristo (cfr. Gv 13, 1) e "riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo" (Rm 5, 5). Senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c'è coscienza e responsabilità sociale, e l'agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società. 6) "Caritas in veritate" è principio intorno a cui ruota la dottrina sociale della Chiesa, un principio che prende forma operativa in criteri orientativi dell'azione morale. Ne desidero richiamare due in particolare, dettati in special modo dall'impegno per lo sviluppo in una società in via di globalizzazione: la giustizia e il bene comune. La carità eccede la giustizia, perché amare è donare, offrire del "mio" all'altro; ma non è mai senza la giustizia, la quale induce a dare all'altro ciò che è "suo", ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare. Non posso "donare" all'altro del mio, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli compete secondo giustizia. Chi ama con carità gli altri è anzitutto giusto verso di loro. Non solo la giustizia non è estranea alla carità, non solo non è una via alternativa o parallela alla carità: la giustizia è "inseparabile dalla carità". La giustizia è la prima via della carità o, com'ebbe a dire Paolo VI, "la misura minima" di essa. Dall'altra, la carità supera la giustizia e la completa nella logica del dono e del perdono. La "città dell'uomo" non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione 7. Bisogna poi tenere in grande considerazione il bene comune. Amare qualcuno è volere il suo bene e adoperarsi efficacemente per esso. Accanto al bene individuale,

Chiesa, Società e Cultura

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c'è un bene legato al vivere sociale delle persone: il bene comune. È il bene di quel "noi-tutti", formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale . Volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza di giustizia e di carità. Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall'altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città. Si ama tanto più efficacemente il prossimo, quanto più ci si adopera per un bene comune rispondente anche ai suoi reali bisogni. Ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d'incidenza nella pólis. È questa la via istituzionale - possiamo anche dire politica - della carità, non meno qualificata e incisiva di quanto lo sia la carità che incontra il prossimo

direttamente, fuori delle mediazioni istituzionali della pólis. Quando la carità lo anima, l'impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell'impegno soltanto secolare e politico. 8.Pubblicando nel 1967 l'Enciclica Populorum progressio, il mio venerato predecessore Paolo VI ha illuminato il grande tema dello sviluppo dei popoli con lo splendore della verità e con la luce soave della carità di Cristo. Egli ha affermato che l'annuncio di Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo 9. L'amore nella verità - caritas in veritate - è una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione. Solo con la carità, illuminata dalla luce della ragione e della fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati

di una valenza più umana e umanizzante. La condivisione dei beni e delle risorse, da cui proviene l'autentico sviluppo, non è assicurata dal solo progresso tecnico e da mere relazioni di convenienza, ma dal potenziale di amore che vince il male con il bene (cfr. Rm 12, 21) e apre alla reciprocità delle coscienze e delle libertà. La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende "minimamente d'intromettersi nella politica degli Stati" .Ha però una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell'uomo, della sua dignità, della sua vocazione. Questa missione di verità è per la Chiesa irrinunciabile. per la chiesa irrinunciabile.

Perché l’educazione ( Card. Camillo Ruini)

In ogni epoca l’educazione delle nuove generazioni ha rappresentato per ciascun gruppo umano un compito fondamentale, a cui dedicare attenzione, risorse ed energie, dando vita a regole, percorsi, usanze e anche riti formativi. Nel nostro tempo, però, l’educazione è diventata un problema: un nodo che sembra ogni giorno più difficile da sciogliere, un territorio quasi sconosciuto. Sono diventati incerti i rapporti tra le generazioni, riguardo ai modelli di comportamento e di vita, tanto da parlare di vera frattura. E si restringono le possibilità di una autentica formazione della persona, la capacità di orientarsi nella vita, di trovare motivi di impegno e di fiducia, di sapersi rapportare agli altri senza smarrirsi di fronte alle difficoltà e alle contraddizioni. Mentre si sono dilatate le opportunità e le facilitazioni della vita, diventa più arduo giungere alla consapevolezza di sé e del mondo attorno, alla libertà e alla responsabilità delle nostre decisioni. La Chiesa è interpellata da tutto questo, da sempre ha esercitato una vocazione educativa. “L’uomo è la via della Chiesa”. In questi anni la Chiesa ha richiamato più volte l’attenzione sull’attuale “emergenza educativa”, sapendo che non si tratta di un suo compito specifico, ma di cercare la più ampia collaborazione. Noi consideriamo l’educazione come un processo umano globale, nel quale entrano in gioco le strutture portanti dell’esistenza degli uomini e delle donne: le relazioni umane,

dal bisogno d’amore la conoscenza, l’attitudine a capire e a valutare, la libertà e la responsabilità. Scrive Benedetto XVI:” il rapporto educativo è anzitutto l’incontro di due libertà e l’educazione ben riuscita è formazione al retto uso della libertà”. Hanno bisogno di educazione, prima ancora di essere buoni cittadini o buoni cattolici, ma semplicemente esseri umani.

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EUCARESTIA: CENTRO DELLA VITA

LITURGICA E PARROCCHIALE Lunedì 12 ottobre scorso si è tenuto presso la parrocchia di Sant’Andrea Corsini a Gregna, il primo incontro formativo per la “verifica” sulla partecipazione alla Messa domenicale, come ci è stato richiesto dal Cardinal Vallini nell’ambito delle riflessioni avviate dal Convegno diocesano del maggio 2009. Per la nostra parrocchia erano presenti i alcuni componenti del Consiglio pastorale. È intervenuto all’incontro Mons. Marco Frisina, il quale ricopre, tra gli altri, l’incarico di Maestro del Coro della Diocesi di Roma e Direttore dell’Ufficio Liturgico del Vicariato di Roma. Pubblichiamo di seguito la sintesi della sua catechesi sull’Eucarestia. La Messa non è solo un precetto, ma la fonte e il culmine della vita parrocchiale e liturgica delle persone e della comunità. Il termine domenica deriva dal latino dies dominica, giorno del Signore ( dominus= signore; dies = giorno, in latino è al femminile). La domenica non è l’ultimo giorno della settimana, come intendiamo noi con la mentalità del weck end, ma è il primo ed ha inizio al tramonto del sabato ( i primi vespri della domenica). Ogni eucarestia è un’eco della Pasqua. Il centro di tutta la vita cristiana è appunto la Pasqua. Il calendario liturgico si costruisce a partire dalla Pasqua, che cade variabilmente nella domenica di luna piena intorno all’equinozio di primavera. La grande settimana santa si ripropone in qualche modo in tutte le settimane dell’anno: il giovedì, giorno eucaristico per eccellenza con l’adorazione, il venerdì giornata di penitenza e il sabato, giorno della vigilia e dell’attesa, dedicato a Maria, donna dell’attesa, che conservava ogni cosa nel suo cuore . I giorni della settimana richiamano anche i sette giorni della creazione. Il settimo giorno, Dio si riposò, per gli Ebrei lo Shabbat, il sabato in cui l’uomo sperimenta la libertà dai vincoli della vita e dal lavoro. Gesù, dice la Scrittura, risuscitò il primo giorno dopo il sabato, appunto la domenica, giorno santo per i cristiani, giorno dedicato a Dio, giorno della Risurrezione, primo ed ultimo. Tutto si compie in quel giorno. La redenzione dell’uomo. Ogni volta che si celebra l’Eucarestia si rinnova la Pasqua e si proclama: Cristo è risorto. Per i martiri la domenica era una consolazione. Per i cristiani è un dono da godere, non un semplice precetto. L’Eucarestia è il pane per nutrire il cuore, il viatico del nostro cammino (il viatico era il pane che il pellegrino si portava per il viaggio). Per parlare del sacramento dell’eucarestia mi piace partire dal concetto di corpo. Il corpo è lo strumento essenziale per vivere, è il nostro compagno di viaggio. È un dono di Dio che ci permette di relazionare con gli altri e con tutto il creato. Uno strumento di relazione. Senza il corpo non si può amare. Il corpo si stanca, cura, abbraccia; la mamma che allatta nutre il piccolo con il suo corpo. Dio ci dona il corpo per amare, per donarci, non per usarlo per il nostro interesse o piacere. Il corpo è felice quando ci doniamo e ci stanchiamo per amore agli altri. Anche Gesù accoglie un corpo che dorme, mangia, si affatica: un corpo mi hai dato, ecco io vengo, o Signore, per fare la tua volontà... Il corpo di Gesù è il modo che Dio ha scelto per rivelare il suo amore.

Il corpo donato per amore è l’apice della gloria dell’uomo (pensiamo all’estremo sacrificio di un Padre Kolbe). Ma Gesù non solo ha un corpo che muore, ma risorge con il corpo e ci ama con il corpo da oltre 2.000 anni. Questo corpo risorto è l’Eucarestia. Cristo non ci ha lasciato solo il Vangelo, ma, nell’Eucarestia, il suo stesso corpo. Che fa e realizza la sua Chiesa. Tutti facciamo parte dello stesso corpo, che continua ad amare in noi. Quando amiamo, soffriamo è Cristo che ama e soffre. Come diceva S. Paolo: non sono io che vivo, ma Cristo vive in me! Nel battesimo ci è stato conferito il sigillo ( fatto di ceralacca, plasmabile come noi) con il fuoco ( lo Spirito Santo) l’immagine di Gesù Cristo . Sempre S. Paolo esorta ad offrire i nostri corpi come sacrificio a Dio, questo è il nostro culto spirituale (cfr. Rm 12, 1) Come vivere questo sacrmento? Con bellezza, ordine, solennità, intensità, significato, perché è un atto d’amore a Cristo e a noi stessi. Insopportabile è una liturgia sciatta, non tanto per la povertà dei mezzi, piuttosto per una partecipazione distratta e superficiale. Il rischio, in primis di noi preti, è la routine. Il rispetto dovuto all’Eucarestia non è tanto culturale o rituale, ma è reale; per questo noi abbiamo una particolare attenzione per una serie di cose, vediamole: La cura dei segni

Cura per i paramenti, le tovaglie, il leggio, i fiori, il modo di stare seduti o in piedi o in ginocchio

L’atteggiamento personale

Il rispetto dovuto al sacramento, non arrivare tardi, i gesti liturgici, confessarsi stabilmente (allo scopo è utile avere una disciplina personale)

La preparazione della celebrazione

Preparare bene tutto quello che serve per la celebrazione, importanza di un gruppo liturgico

I canti e il silenzio

La musica e il canto aiutano la contemplazione e la preghiera. Vanno curati bene e scelti canti il più possibile significativi del momento liturgico

Servizio alla Parola

Meditare per tempo la Parola, proclamare con responsabilità come servizio ai fratelli, fare delle brevi monizioni per introdurre le letture

La pulizia della sala

Il servizio di pulizia contribuisce non poco a godere della bellezza della liturgia

La partecipazione dei bambini

I bambini vanno istruiti gradualmente, Vogliono vedere, capire, sono curiosi e partecipano ad una messa non noiosa, ma gioiosa, la festa di Cristo Risorto. Non è opportuno far leggere le letture ai piccoli durante la Messa.

La catechesi

Certamente aiuta a partecipare alla liturgia se sostenuta da una appropriata catechesi.

Vita di COMUNITA’

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GESTIRE I CONFLITTI

I conflitti sono inevitabili… Un Consiglio pastorale o una Comunità perdono la loro funzione e diventano insensati se non affrontano i conflitti. Ciò comporta ‘imparare a litigare’; passare dalla demonizzazione alla valorizzazione del conflitto come momento di crescita e anche di illuminazione. Termini come irritazione, litigio, conflitto, contrapposizione, fallimento, incomprensione, tensione, difficoltà ricorrono nella narrativa pastorale dei consigli e mettono in evidenza la inevitabile fatica che una valida attuazione di essi comporta. L’assenza di conflitti (o perlomeno di questioni dibattute) in una comunità non è sintomo di buona salute: mostra o disinteresse, o partecipazione da parte prevalentemente di assenzienti, o mancanza di relazione tra le diverse realtà e forze che agiscono nell’ambito della vita ecclesiale (parrocchia – movimenti). La presenza di conflitti non positivamente risolti è ugualmente sintomo di patologie. Scarsa attitudine del pastore a svolgere compiti di leadership; tendenza a voler far prevalere la propria posizione; necessità un nuovo stile di leadership ecclesiastica: stile partecipativo, capace di favorire l’espressione di tutti. Occorre la leadership ‘direttiva’ che annuncia le decisioni e chiede adesione e collaborazione, scegliere invece uno stile consultativo, capace di decidere, ma che chiede indicazioni e suggerimenti. Gli atteggiamenti che non favoriscono sono: la rimozione del conflitto;

1) la generalizzazione dei problemi: la causa viene rinviata a fenomeni generali, quali la secolarizzazione, o l’indifferenza religiosa

2) la personalizzazione dei problemi: se avessimo un altro parroco… un altro vescovo…

3) l’ istituzionalizzazione dei problemi: vengono indicate come responsabili le strutture:

4) incapacità organizzativa, mancanza di competenza… o la Gerarchia.

Poi bisogna tener conte della tipologia dei ‘contendenti’: tipo Paolo: temperamento forte, che non ama mimetizzarsi; apocalittico: tutto o niente; retorico: argomenta minuziosamente in molteplice forma…;creativo: segue propri percorsi sui quali incontra gli oppositori; cercatori: mai decisi…ecc. Vige nell'ambito ecclesiale la tendenza a demonizzare teoreticamente e a rimuovere praticamente il conflitto. La conflittualità, certo, non appartiene al progetto originario del Creatore, ma é piuttosto un segno emergente dello squilibrio originale. Tale situazione, tuttavia, non deforma a tal punto la realtà umana da dover essere totalmente respinta. In essa, al contrario, sono presenti elementi positivi e fattori di riscatto. Ecco perché i conflitti non vanno mitologicamente consacrati, ma neppure demonizzati. Eludere il conflitto non consente più di ritrovarsi. Traccia un'invisibile cortina di incomunicabilità, che falsa ogni rapporto. Anche la comunità cristiana conosce i conflitti. Anche in essa possono diventare motivo di approfondimento e di crescita.

O di involuzione autoritaria, o di tragica divisione, quando non siano correttamente compresi, quando non si attivino quelle strutture di partecipazione che sono in grado di trasformare il conflitto in un fattore di crescita. “La contestazione, finché si esprime, non é poi così negativa, perché rappresenta pur sempre una forma di dialogo e di comunicazione, per quanto non quella ottimale. Molto più negativa invece é la mancanza di comunicazione, la noncuranza, il disinteresse, l'andare ciascuno per i fatti propri (Cf. W.KASPER, Chiesa come comunione…, 289).” La comunità cristiana non si contenta di gestire diplomaticamente le divisioni. Non accetta le scorciatoie (riconciliazioni strategiche, o per via di subordinazione). Percorre la via difficile della verità. Il conflitto si supera, non rimuovendolo, ma affrontandolo.

Mons. Sergio Lanza, prof. di Teologia pastorale

Avvisi Importanti

DOMENICA 13 DICEMBRE 2009

GIORNATA DELLA CARITA’ Il 13 dicembre la Chiesa festeggia Santa Lucia, giovane martire a Siracusa nel 304 d.C., venerata dal la pietà popolare, a causa del suo nome, come protettrice degli occhi. Nella chiesa ambrosiana è tradizione fare i regali nel giorno di Santa Lucia. Anche in sintonia con questo spirito del dono, la nostra parrocchia indice per il 13 dicembre la Giornata della Carità, per consentire alla nostra Caritas parrocchiale di far fronte alle sempre più frequenti richieste di cibo e di prodotti di igiene. Siamo tutti invitati per l’intera giornata a portare in chiesa pacchi dono contenenti

1) Derrate alimentari in scatola: pelati, legumi, frutta sciroppata, carne in scatola ecc. 2) Olio, caffè, biscotti, latte in polvere, confezioni non degradabili ecc. 3) Prodotti di igiene personale e ambientale: sapone, dentifricio, shampoo, detersivi vari ecc.

Data la presenza di numerose famiglie bisognose con bambini piccoli servono anche alimenti idonei: Omogeneizzati, biscottini, poppatoi, latte di svezzamento ecc.

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L’educazione religiosa dei bambini piccoli (seconda parte)

Alla scoperta del mondo e della sua dimensione trascendente Il bambino conosce progressivamente il mondo. È attraverso i genitori che egli dà un nome alle cose e ne comprende la funzione; che arriva a capire ciò che è buono e ciò che è cattivo (o pericoloso), ciò che è bello e ciò che è brutto. È attraverso mamma e papà che pian piano acquisisce la scansione del tempo (del giorno e della notte, delle stagioni…), che entra nei ritmi della vita (mangiare, dormire, tempi della pulizia personale, giocare, osservare…), che impara a comunicare, a comportarsi, a entrare in rapporto con gli altri. Insomma, tutta la realtà prende corpo, si struttura nella mente del piccolo sotto la guida quotidiana e determinante dei genitori (altre figure familiari ed extrafamiliari hanno per ora un ruolo secondario). In questo compito così fondamentale si deve collocare l’educazione religiosa. È necessario che i genitori aiutino il bambino a capire che la realtà non si esaurisce in ciò che vediamo e tocchiamo con mano, ma che ha anche una dimensione trascendente, ultraterrena: misteriosa, non percepibile con i sensi, ma profondamente vera. Che c’è un Dio che ci ama, che ci è vicino, che ci accompagna lungo le strade della vita. La crescita del religioso nel bambino

E’ importante non dimenticare la crescita religiosa nel bambino, così come – giustamente – quella fisica, psichica e mentale. Aiutiamo nostro figlio nella consapevolezza che in lui agisce la grazia del Battesimo

La ricettività del bambino rispetto all’ambiente circostante

Come trasmettere concretamente la fede ai nostri figli? Attraverso la vicinanza della mamma, le sue coccole, le sue parole affettuose, la comunione profonda, il bambino si fa sicuro e fiducioso rispetto al mondo. All’interno di questa comunicazione, in cui anche il padre comincia ad avere importanza, si sviluppa la parte religiosa dell’educazione.

La fiducia, fondamentale per lo sviluppo della fede

La fede passa al bambino anche attraverso lo sguardo e il sorriso dei suoi genitori. Egli non pensa e non parla ancora, ma percepisce, prova emozioni e così comunica con il mondo esterno. In questo stadio preverbale, il bambino forma inconsciamente una disposizione verso il mondo. Prende corpo in lui una fiducia di base su cui potrà fondarsi il

successivo sviluppo della fede. Così il piccolo, scoprendo nella madre il primo «altro» che l’accoglie e gli dà fiducia, entra in qualche modo nella dimensione del sacro e si prepara a scoprire in Dio il definitivo «Altro», le «braccia eterne» di Dio.

La memoria implicita

Le neuroscienze confermano che oltre alla memoria, si forma in noi nei primi due anni una memoria implicita che non potrà più essere rievocata, ma neanche eliminata, anzi rimane parte attiva della psiche. Tanto da conservare l’atteggiamento di fondo verso la realtà, a secondo dell’amore con cui siamo stati accolti.

L’importanza di parlare al bambino

Parlare al bambino fin dai primi giorni di vita è fondamentale. Guai a pensare che “tanto non capisce”. O rivolgersi al piccolo come fosse un animaletto o un bambolotto. Egli gradisce che gli diciate le cose, come per esempio: “adesso ti cambio il pannolino”. “In principio era la parola” vale anche per i bambini. Anzi la parola, per così dire, li nutre più del latte stesso. (continua)

Vita di FAMIGLIA

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SONO STATI BATTEZZATI

3 ottobre 2009 CLAUDIA Arrigoni; TOMMASO Zambardi ROCCO Pompei; GABRIELE Gallo

10 ottobre 2009

GIULIA Catini

11 ottobre 2009

FEDERICO Risati

18 ottobre 2009

ALESSIO Tuccio; MATTEO Leopardi

24 ottobre 2009

SIMONE Siracusa; ALESSANDRA Di Paolantoni

27 ottobre 2009

FRANCESCA Buono

7 novembre 2009

DANIELE Matarrese; ZOE Russo

8 novembre 2009

CESARE Castrignanò

ANNIVERSARI Auguri vivissimi ai coniugi Ruggieri Mario e La Valle Loredana, che sabato 10 ottobre 2009 hanno celebrato il loro XXV° anno di matrimonio.

SONO TORNATI AL PADRE Giovedì 15 ottobre 2009

DOMENICO Gianferro

Anni 89

Venerdì 16 ottobre 2009

ANNITA Pellegrini Anni 73

Lunedì 26 ottobre 2009

ANNA MARIA GIUSEPPINA Germani

Anni 69

Lunedì 9 novembre 2009

VINCENZO Ciarafoni

Anni 82

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Salvatore e Maria:

oltre la paura c’è la vita! L’ultima volta che ho fatto loro visita, Maria mi ha accolto immobile, distesa sul letto, con l’apparecchio che attraverso la sua gola, la fa respirare, guardandomi sorridente con i suoi occhi penetranti, struggenti e bellissimi. Maria, madre di tre splendidi figli, aveva appena 40 anni, solo sei anni fa, quando si ammalò di SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica).

All’inizio sembrava una banale occlusione del tunnel carpale, così ci diceva quando veniva in Comunità per l’Eucarestia del sabato sera, ci raccontava i suoi “guai” con la sua voce che sembrava acqua sorgiva, con il suo aspetto di donna procace, mediterranea, fiera della sua femminilità. Come va, Maria? – gli ho chiesto baciandola sulla fronte distesa – Bene! Grazie a Dio! – mi risponde lei, ma non più con la sua voce cristallina, perché ormai non ce l’ha più; lei esprime il suo sì con un lento battito di ciglia, che tu devi cogliere se vuoi “sentirla”. Accanto a lei c’è sempre Salvatore, suo marito, uomo sanguigno e schietto, pieno d’amore per la sua donna, stanco e disfatto per le diuturne 24 ore per lavorare, chiedere assistenza ai servizi sociali e per accudire la sua sposa, giorno e notte, ogni giorno, tutti i giorni della settimana, festività comprese, senza mai staccare. Non ce la faccio più, Dio mi sta massacrando , mi stende come un asfalto per portarmi non so dove!? - mi dice sconsolato - Stasera vengono a casa mia i fratelli della mia comunità per la celebrazione della Parola, ma sono così stanco! Vuoi che telefoni per non farli venire? - No, no, la mia testa è invasa da demoni inferociti, se lascio la Parola addio Salvatore. Sono sempre arrabbiato con me stesso che non arrivo a fare tutto, con le istituzioni, con voi che non venite a trovare Maria, con Dio che….non si accontenta mai! Vorrei tanto gridargli in faccia le mie angustie, parlare con suo Figlio Gesù o con un suo amico. Salvatore e Maria vivono nella nostra parrocchia l’esperienza del Cammino neocatecumenale, ma ormai non possono più venire. Stavamo ancora sotto la tenda, l’ultima volta che Maria e Salvatore hanno partecipato alla Liturgia parrocchiale. Ora vivono nella loro casa di Torre Angela, dopo che Maria si è dovuta sottoporre alla tracheotomia per la respirazione

assistita da una macchina. In ospedale era conosciuta da tutti come “la signora che sorride”. Maria si alimenta con la PEG ( un preparato senza sapore immesso direttamente nello stomaco, ma ha ancora tanta fame di vita e di bellezza: la vestono sempre dignitosamente e qualcuno provvede a curarle persino le unghie, con dei colori sgargianti, vivi. Comunica fissando con le pupille le lettere disegnate su una lastra trasparente, mentre l’interlocutore alzando la lastra indica con il dito la letterina guardata e che Maria conferma abbassando le palpebre. Così compone le parole per organizzare il compleanno di Salvatore in tutti i suoi dettagli, per chiedere aiuto e per spandere ai suoi amici le sue perle preziose: - il mio cervello funziona meglio di prima, io voglio vivere, gridare ai quattro venti l’amore di Dio per me, per Salvatore, che vedo bene quanto si affatichi, per i miei figli, per tutti. Voglio scrivere un libro intitolato “ Oltre la paura c’è la vita”. Sì, la paura di perdere se stessi, lo spavento che ci fa chiudere in noi stessi e non ci permette di amare veramente, di sentirci liberi, di lasciare che la speranza prenda il largo. - Il combattimento quotidiano è proprio la conversione – ha detto in sintesi don Romano, venuto a rispondere alle angosce di Salvatore - ogni giorno abbiamo bisogno che Cristo ci trasferisca dalla difesa codarda del nostro Io impaurito e stanco, alla serena accoglienza del destino preparatoci dal Signore, prendendo coscienza, sempre più, che non è un destino cieco e crudele, ma un senso compiuto della nostra salvezza e della nostra liberazione. Non si tratta di salvare, da noi, la nostra vita, ma di lasciarla condurre e di scoprirla, con rinnovata meraviglia, da un Dio Padre che fa nuove tutte le cose. Salvatore e Maria sembrano l’icona di una Pietà a rovescio: il Figlio Gesù che stringe tra le sue braccia la mamma sofferente. Prima di consegnarsi totalmente per le nostre paure, per le nostre resistenze, per le nostre fughe, alle cui dipendenze ci azzanniamo ed eleviamo barriere. “ Fate questo in memoria di me… oltre la paura c’è la vita!”

(Livio Bottone)

FEDE e VITA

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UNA STORIA

(la testimonianza di un parrocchiano) Vorrei condividere con la comunità parrocchiale una storia di cui ancora oggi si continuano a scrivere le pagine. La storia di un frate francescano - padre Valerio Vittor - e di una comunità parrocchiale che frequentai per alcuni anni, dal Febbraio 1983. Fui accolto come uno di loro. Da subito feci parte del gruppo giovani di S. Maria Maggiore a Trieste. Tale comunità era guidata da frate Valerio. Guidata con l’esempio che incarnava le parole. Ero ancora lì quando avvenne il suo trasferimento a Treviso. Breve fu il tempo trascorso nella nuova destinazione, perché Valerio sentiva forte il desiderio di esprimersi attraverso l’esperienza a Mondo X, realtà attiva nel recupero dalle schiavitù della droga, dell’alcool, della depressione. Da quel momento soprattutto si è preso sempre cura delle persone che dalla società venivano giudicate come “scarti, rifiuti umani”. Con loro ha restaurato a Rieti il santuario di S. Maria della Foresta e lì ha vissuto anni di vita quotidiana con ”reietti” che ricostruivano il loro essere uomini. E lui la guida. Con i rigidi principi morali, con l’esempio e con l’affetto paterno. E lui Il sostegno. Per la crescita di molte persone. Anche il mio sostegno. Di ieri e di oggi. Il Padre, nei Suoi inconfutabili disegni, ha però deciso che lo scorso anno frate Valerio salisse a Lui dopo circa un anno di grandi sofferenze. Però non è di lui che voglio parlare, ma di quella comunità di Trieste che, in questa esperienza sacerdotale ed umana, non ha mai perso la “guida”, il riferimento, il “porto sicuro”! Nessuno si è “perso” benché molti sparsi nel “mondo”. Anzi, nell’unione dei suoi “fioi” si esprime, in concreto, il modello di vita testimoniato da Valerio. Ma la “storia” che ancora si sta scrivendo narra di un momento ancora più terribile ed insopportabile, vissuto quasi contemporaneamente alla grave malattia di Valerio. Non immaginavamo che sarebbe arrivato di peggio. Purtroppo anche Gianni, uno dei suoi “fioi”, si ammala gravemente. Sposato con Ersilia e padre di tre figlie in giovane età. Tuttora infermo. Ebbene, non è neanche la storia di Gianni che voglio raccontare, la cui gravità è tale da lasciare attoniti, ma di quella comunità che è rimasta viva ed unita nel Signore, nonostante abbiano perduto la presenza fisica del loro pastore ed alcuni membri fossero gravemente provati dalla vita. Il “sostegno” non è più presente, ma non gli insegnamenti. Essi ci risuonano nelle orecchie quotidianamente. E di esempi, di questi uomini, ne è piena la storia. Grazie a Dio! Ecco, questa comunità è stata capace di trovare nuove modalità per stare insieme, per dare vicinanza e partecipazione alla famiglia di Gianni. Pensate che ad agosto 2009 hanno affittato per un mese una grande casa in montagna per consentire la presenza di tutte le famiglie del gruppo di SMM; chiunque poteva andare secondo le proprie disponibilità. Il 26 settembre scorso è stato il primo anno dalla “trasformazione” di frate Valerio e quella “datata” comunità era tutta presente alla messa di commemorazione. Anche a distanza eravamo tutti uniti, consapevoli che frate Valerio è vivo tra di noi e ci unirà sempre. La sua vita è stata riassunta in “Pennellate di vita” (titolo scelto da Gianni). Inizia in questo modo:“Vivere il Vangelo per poter continuare a conoscere ed amare quanto il Signore ogni giorno ci offre” (frate Valerio)

Un uomo che ha creduto in sorella Provvidenza. Questa “storia” che sono certo non avrà mai fine, perché è la storia dell’uomo nell’umanità, vuole essere la condivisione di un “pezzo di vita” di una persona qualunque che è venuta a contatto con le meraviglie del Signore. E’ una esternazione di gioia al fine di dare incoraggiamento e fiducia. Incoraggiamento affinché anche la nostra comunità sia fervida di esempi d’amore e di fiducia, perché il Padre compie meraviglie in ogni luogo e tempo. Noi “poveri strumenti” nelle Sue mani per intonare meravigliosi suoni.

(Daniele Refrigeri)

APPU NTAMENTI Counseling psicologico Tutti i lunedì dalle ore 16 alle ore 18, è presente in parrocchia uno psicologo per un aiuto gratuito in soccorso di disagi personali e famigliari. Comunità Neocatecumenali Celebrano l’Eucarestia il sabato alle ore 20,00 nel salone parrocchiale, la partecipazione è aperta a tutti. Figli spirituali di Giovanni Paolo II Incontri di preghiera, con cadenza mensile, ogni secondo martedì alle ore 17,00 in chiesa, per l’Adorazione eucaristica e alle ore 18.00 per la Santa Messa. Fratelli di Sangue La prossima donazione si sangue è prevista per gennaio 2010. Caritas parrocchiale La distribuzione dei viveri si effettua il primo e il terzo martedì del mese dalle ore 16,00 alle ore 17,30. Chi ha bisogno di indumenti può recarsi presso la Caritas il secondo e il quarto martedì del mese dalle ore 16,00 alle ore 17,30. Domenica 13 dicembre, giornata della carità Oratorio Per tutti i bambini ogni domenica dalle ore 11.00 alle ore 12.00. L’incontro degli animatori è fissato ogni mercoledì alle ore 19.00. Cresima per adulti Per le persone di oltre 18 anni. Ogni martedì alle ore 20.30 Preparazione al matrimonio Il diacono Rolando incontra i fidanzati il lunedì alle ore 20.30, fino al 21 dicembre. Coro parrocchiale Si raduna per le prove ogni giovedì alle ore21 Legio Mariae Alle ore 17,00 dei giorni feriali per il Santo Rosario. Lectio divina Don Antonio prosegue la riflessione biblica sul tema sulla preghiera il martedì alle ore 21,00, ogni quindici giorni. Gruppo delle giovani coppie Ci si incontra il mercoledì, ogni quindici giorni, alle ore 21.00. Adorazione Eucaristica TUTTI I SABATI ORE 17.00 – 18.00 OGNI PRIMO VENERDI’ DEL MESE

ORE 21.00 – 22.00

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Carissimi parrocchiani, con grande gioia, attraverso il nostro giornalino parrocchiale, mi rivolgo a voi per informarvi su tutto ciò che viviamo come comunità, e soprattutto sulla possibilità di arrivare a voi attraverso questo strumento, così da sentirci sempre più uniti, anche se purtroppo, tante volte per diversi motivi non riusciamo ad incontrarci. Con la Solennità di Cristo Re termina l’anno liturgico, termina cioè un tempo di Grazia che, domenica dopo domenica, ci ha visti alla scuola della Parola di Dio così da crescere nella fede e nella conoscenza di Cristo. Mi domando, tante volte se, durante questo tempo, riusciamo ad aiutare tutta la comunità a crescere e a fortificarsi nella fede. Oggi viviamo in una mondo dove i valori, ed in modo particolare i valori cristiani, sono sempre più messi in difficoltà da una società apparentemente emancipata e che è ormai sgombra da ogni limite e da ogni buon gusto. Quali strumenti abbiamo per resistere ad un secolarismo così marcato e così irruento? L’anno liturgico è sicuramente un tempo che dovremmo sfruttare sempre meglio per poter maturare una coscienza cristiana che non si perde e non si disorienta nelle difficoltà della vita. Inizia domenica il tempo dell’Avvento, tempo di preparazione al Santo Natale; mi piacerebbe dirvi, da pastore e da fratello, cercate in questo periodo di

preparare realmente la giusta accoglienza al Cristo che viene, non cerchiamo solo nei centri commerciali addobbati a festa o nella frenetica corsa ai regali, accogliamolo anche e soprattutto nei nostri cuori, nelle nostre case, permettiamo al Signore di entrare nella nostra storia. Vorrei inoltre ricordarvi attraverso questo scritto ciò di cui vi ho parlato la volta scorsa: il nostro Cardinal Vicario, Agostino Vallini, desidera che tutte le comunità parrocchiali della diocesi di Roma riflettano in questo tempo sulla Domenica. Mi piacerebbe organizzare un incontro aperto a tutti per riflettere su questo tema, ma che a motivo dei mille impegni di ciascuno sarebbe difficile immaginare una partecipazione consistente. Permettetemi lo stesso di porvi alcune domande, secondo voi parrocchiani :

1) La nostra comunità come vive la domenica? 2) Come celebriamo il sacrificio eucaristico di

Gesù? 3) Voi che partecipate puntualmente alla Messa

domenicale, gustate la bellezza delle nostre celebrazioni?

4) Attraverso il servizio venite aiutati nella preghiera, oppure disturbati?

Vorrei confrontarmi con voi su questi argomenti e su tanti altri, (chi volesse approfondire tale tema può scaricare dal sito della diocesi www.diocesidiroma.it lo strumento di riflessione donatoci dal nostro cardinale) credetemi sono sempre a vostra disposizione per un sereno e fraterno confronto, tutti dobbiamo sentirci impegnati in una attenta revisione che ci consenta di crescere come singoli e come comunità. Vi garantisco che il parere di tutti è prezioso, non abbiate paura di esprimere considerazioni mossi dal desiderio di costruire e di migliorare; dobbiamo crescere nella correzione fraterna, dobbiamo gareggiare nello stimarci a vicenda, dobbiamo aiutarci nel cammino verso Cristo. Tutti protagonisti, nessuno spettatore, proprio per arrivare a ciò vi condivido questi miei pensieri desideroso di un riscontro da parte di chiunque lo desideri. Fratelli carissimi, sentiamoci sempre più uniti nella diversità dei percorsi di vita e dei carismi che abbiamo ricevuto, camminiamo insieme per sentirci sempre più Chiesa che testimonia Cristo, soprattutto con la coerenza della vita. Augurandovi ogni bene, prego per ciascuno di voi affinché l’Avvento, ormai alle porte, sia tempo forte di conversione e di preparazione al Signore che viene.

Don Antonio

LA PAROLA DEL PARROCO