sostiene pereira: la censura negli anni trenta in portogallo
DESCRIPTION
Tesi di Laurea triennale in Storia del giornalismo sulla censura in Portogallo neglli anni TrentaTRANSCRIPT
1
UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
Sede di Brescia
Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di laurea in Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo
SOSTIENE PEREIRA:
LA CENSURA IN PORTOGALLO NEGLI ANNI TRENTA
Relatore:
Chiar.mo prof. Massimo FERRARI
Correlatore:
Chiar.mo prof. Gianluca GALLINARI
Tesi di laurea di:
Marco STIZIOLI
Matricola N. 3505198
Anno accademico 2009-2010
2
«... ma in che mondo vivi, tu che lavori in un giornale,
senti Pereira, vai un po' ad informarti»
Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira
«... un giornale non può mentire,
sarebbe il più grande peccato del mondo...»
José Saramago, L'anno della morte di Ricardo Reis
3
Indice
Introduzione 5
Capitolo Primo 7
Sostiene Pereira, una testimonianza
Capitolo Secondo 13
La dittatura salazarista
2.1 Dalla Repubblica all’Estado Novo 13
2.2 L’ideologia Salazarista 17
2.3 L’organizzazione dell’Estado Novo 20
Il cittadino e lo Stato 20
La repressione e la PVDE 27
La propaganda e la fallimentare política do espírito 29
Capitolo Terzo 37
La censura in Portogallo negli anni Trenta
3.1 La censura come male necessario 37
3.2 La Legislazione e le Commissões de Censura 40
3.3 Os Ridiculos 53
Conclusioni 64
4
Prospettive di ricerca 68
La Saudade, Salazar e l’irrealismo portoghese
Appendice Immagini 72
Bibliografia 85
5
Introduzione
Lo stimolo iniziale che mi ha spinto a scegliere come argomento di Tesi la censura negli
anni Trenta in Portogallo, è stato Sostiene Pereira1, il coinvolgente romanzo di Antonio
Tabucchi. La trama, infatti, si dipana attraverso la rappresentazione storica dell’Estado
Novo, il regime di António de Oliveira Salazar, e il travaglio interiore di un giornalista, il
quale si rende conto che nel suo paese la libertà di stampa è scomparsa. Ho trascorso,
inoltre, il secondo semestre dell'anno accademico 2008/2009 a Lisbona, come studente
all'interno del Progetto Erasmus.
Questi due fattori mi hanno spinto ad approfondire le conoscenze sul periodo storico
trattato dal romanzo e, soprattutto, a comprendere le modalità di funzionamento della
censura e il tipo di ripercussioni che questa ebbe sulla società civile. In accordo con il mio
relatore di Tesi, il Professor Massimo Ferrari, si è utilizzata la storia del Signor Pereira
come porta d'accesso principale a questa ricerca.
La trattazione, dunque, sarà suddivisa in tre capitoli: nel Primo si riporterà il riassunto
di Sostiene Pereira2 cercando di evidenziare i temi che saranno utili nello sviluppare
l'argomento scelto; nel Secondo s’illustreranno alcuni elementi chiave dell'Estado Novo, le
ragioni storiche dell’instaurarsi di tale regime e l'ideologia di cui si faceva portatore. Solo
fornendo un’inquadratura generale, e sicuramente non esaustiva, delle strutture tese alla
partecipazione, alla repressione e alla persuasione dei cittadini, si può tentare di
comprendere quello che fu il sistema censorio. Nel Capitolo Terzo, pertanto, si affronterà
la legislazione portoghese degli anni Trenta riguardante la stampa, le misure coercitive a
livello economico e i fatti e i termini la cui pubblicazione non era permessa. Un occhio di
riguardo avranno le Commissões de Censura e il modo in cui si articolava il loro lavoro.
Ritenendo che sia d'obbligo riportare un esempio concreto dell'azione dei censori,
saranno presentati alcuni documenti conservati nell'Hemeroteca Municipal de Lisboa e resi
pubblici nel 2008, in occasione della mostra Os Ridiculos: Desenho Humorístico e
1 Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2008. 2 Ibidem.
6
Censura (1933-1945)3. Trattasi di evidenti prove, visibili nell'Appendice Immagini,
incentrate sulle vignette umoristiche di J. G. Santos Silva4. Confrontando la versione
originale redatta dall'autore con quella che fu poi pubblicata, dopo essere stata filtrata dalle
“forbici” dei censori, è possibile osservare una Commissão “all'opera”, evidenziando i temi
vietati e provare a capirne le motivazioni.
Infine, nelle Conclusioni, si recupererà lo stimolo iniziale di questo studio, ossia
Sostiene Pereira5, per evidenziare i legami tra la finzione romanzesca, la realtà storica
esaminata e l'attualità del libro, che trascende la contingenza in cui è ambientato per
divenire un messaggio universale di libertà.
3 Rosa Barreto, Álvaro Costa de Matos e Pedro Bebiano Braga, Catálogo de Os Ridiculos: Desenho
Humorístico e Censura (1933-1945), Imprensa Municipal, Lisboa, 2008, p. 5. 4 Ibidem, p. 17. 5 Antonio Tabucchi, op. cit.
7
Capitolo Primo
Sostiene Pereira, una testimonianza
Antonio Tabucchi, con il romanzo Sostiene Pereira6, offre, come chiarisce il sottotitolo,
Una (immaginaria ma fedele) Testimonianza sulla situazione politica del Portogallo negli
anni Trenta del XX secolo. La narrazione, infatti, ha inizio il «venticinque luglio del
millenovecentotrentotto»7, mentre Mussolini e Hitler stanno allargando la loro influenza
sul resto d’Europa e l’esercito di Francisco Franco prende piede in Spagna8. Nel vicino
Portogallo, intanto, la dittatura di António de Oliveira Salazar, Presidente del Consiglio dei
Ministri dal 19329, sta consolidando il suo potere.
Il lettore, in questo quadro storico, prende parte a «una scelta, un tormento, una vita»10,
che il protagonista riporta a un misterioso recorder, attraverso un resoconto testuale11, in
forma di discorso indiretto scandito dai vari «sostiene Pereira»12. In una Lisbona travolta
dalla calura estiva, si sviluppa il percorso interiore del Signor Pereira, unico responsabile
della pagina culturale del Lisboa, un piccolo giornale del pomeriggio. É un intellettuale,
appassionato alla cultura francese, che trascorre la sua giornata lavorativa in una «squallida
stanzetta»13 in «Rua Rodrigo da Fonseca numero sessantasei, vicino alla Alexandre
Herculano»14. Dopo la morte della moglie è divenuto «una sorta di feticista dei ricordi»15,
ancorato alla memoria della sua gioventù. La sua vita è solo «una sopravvivenza, una
finzione»16, totalmente scollata dal mondo reale, in una città e in Europa che puzzano di
6 Ibidem.
7 Ibidem, p. 10. 8 Flavia Brizio-Skov, Antonio Tabucchi. Navigazioni in un arcipelago narrativo, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 2002, p. 129. 9 José Hermano Saraiva, Storia del Portogallo, Paravia Bruno Mondadori Editori, Milano, 2004, p. 315. 10 Antonio Tabucchi, testo pubblicato su Il Gazzettino, settembre 1994, citato in Antonio Tabucchi, op. cit., p. 212. 11 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 129. 12 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 7. 13 Ibidem, p. 10. 14 Ibidem, p. 31. 15 Ibidem, p. 157. 16
Ibidem, p. 15.
8
morte17. Per di più è grasso, soffre di cuore e ha la pressione alta. Tutti questi elementi lo
portano a essere, usando le stesse parole dell’autore, «ossessionato dall’idea della morte»18.
Sarà proprio questo suo particolare assillo, paradossalmente, ad aprirlo alla vita.
Leggendo un articolo a esso dedicato decide di mettersi in contatto con l’autore,
Francesco Monteiro Rossi, per offrirgli la possibilità di scrivere necrologi anticipati sul
Lisboa. Questo giovane, però, si rivela «in completa antitesi con l’ideologia dominante»19,
la dittatura salazarista. Attraverso il necrologio di García Lorca e il “coccodrillo” su
Marinetti, il giovane attua forti critiche alla situazione spagnola e italiana. Scrive
dell’assassinio di García Lorca e definisce Marinetti «un violento […]. Nemico della
democrazia, bellicoso e bellicista»20. Pereira si trova così di fronte ad articoli
impubblicabili, visto il legame delle autorità portoghesi con entrambi i regimi21.
Il rapporto con Monteiro e la sua fidanzata Marta s'inserisce in «un momento
cruciale»22 della vita del giornalista dove, alla «situazione esistenziale di uomo solo,
vedovo, malato, si sovrappone una realtà che lo turba»23, quella di un paese che tace, che
non può far altro che tacere e intanto la gente muore e la polizia la fa da padrona24. In
risposta il protagonista si «trincera in una alienazione spirituale che lo porta a un
conformismo politico»25, a praticare una «forma di silenzio»26, di «benigna ipocrisia»27, o
meglio di «reticenza»28, nei confronti della Storia29.
Sono appunto i necrologi di Monteiro a trascinare Pereira fuori dalla sua impasse,
scatenando in lui un processo di dubbio su se stesso e sulla realtà che lo circonda30. A ogni
appuntamento con Monteiro suda, si sente male e non ne capisce il motivo31. Sebbene
17 Ibidem, p. 14. 18Antonio Tabucchi, testo pubblicato su Il Gazzettino, settembre 1994, citato in Ibidem, p. 213. 19 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 133. 20 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 51. 21 Per approfondire il rapporto tra Estado Novo e il regime fascista italiano si veda: Mario Ivani, Esportare il
Fascismo. Collaborazione di polizia e diplomazia culturale tra Italia Fascista e Portogallo di Salazar (1928-
1945), CLUEB, Trento, 2008. 22 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 132. 23 Ibidem. 24 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 14. 25 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 133. 26 Ibidem, p. 134. 27 Ibidem, p. 133. 28 Ibidem. 29 Ibidem, p. 135. 30 Ibidem, p. 133. 31 Ibidem, p. 135.
9
continui a considerare il giovane un «sovversivo»32, ne conserva gli articoli «in una
cartellina dell’archivio»33 e gli invia i pagamenti alla «casella postale 202»34, provando per
lui «un affetto che ha qualcosa di paterno»35.
Pereira, anche grazie all’incontro con un’ebrea che lo esorta a fare «qualcosa»36, «ad
agire nella sua veste di intellettuale»37, si rende conto che «le libertà di stampa e di parola
sono sparite»38. Avviene in lui, che è sempre stato «una persona onesta, che […] crede
nella democrazia […], nel vivere civile»39, una lenta ma sempre più profonda e sofferta
riflessione sul suo essere giornalista e i doveri deontologici che ne conseguono. Lavora per
un quotidiano che si definisce apolitico e indipendente, ma in realtà il direttore è un uomo
legato al regime, «appare in tutte le manifestazioni ufficiali, e come tende il braccio,
sembra che voglia lanciarlo come un giavellotto»40. Non permette la pubblicazione di
notizie sconvenienti, ad esempio quella di un carrettiere socialista massacrato dalla polizia,
preferendo dedicare la prima pagina alla partenza dello yacht più lussuoso del mondo41. Il
Portogallo è una nazione imbavagliata dalla censura, dove per essere informati bisogna
ascoltare le «chiacchiere di caffè»42, come fa Pereira tutte le volte che entra nel Café
Orquídea domandando al cameriere Manuel gli sviluppi sulla Guerra Civile Spagnola.
Parlando con Silva, un vecchio compagno di studi, il giornalista rivela la sua
preoccupazione nei confronti di «uno stato autoritario»43 dove «l’opinione pubblica non
conta più nulla»44. L’amico gli fa notare che i portoghesi obbediscono da secoli «a chi
grida di più»45 e hanno sempre avuto bisogno di un capo. Pereira invece è cosciente
dell’obbligo morale della professione giornalistica, che deve essere libera e «informare la
gente in maniera corretta»46. Dall’altro lato, però, si sente solo un «oscuro direttore di una
32 Ibidem, p. 133. 33 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 52. 34 Ibidem. 35 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 131. 36 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 72. 37 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 137. 38 Ibidem, p. 138. 39 Ibidem, p. 137. 40 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 129. 41 Ibidem, p. 14. 42 Ibidem, p. 145. 43 Ibidem, p. 64. 44 Ibidem. 45 Ibidem. 46 Ibidem, pp. 64-65.
10
pagina culturale»47, che non s'interessa di politica, con «una concezione della letteratura da
torre d’avorio»48.
Il punto di svolta giunge nel momento in cui il suo medico curante gli consiglia di
ricoverarsi nella clinica talassoterapica di Parede, dove fa la conoscenza del Dottor
Cardoso. Attraverso le loro conversazioni acquisisce sempre più consapevolezza dei
cambiamenti che stanno avvenendo in lui. Il medico, laureato in psicologia, lo aiuta a
esternare l’inquieta ipotesi che lo consuma fin da quando ha conosciuto Monteiro e Marta:
«e se quei due ragazzi avessero ragione?»49.
Decide di tradurre il racconto di Alphonse Daudet La dernière classe, per poi
pubblicarlo sul Lisboa. È un piccolo tentativo di Pereira di inviare «un messaggio nella
bottiglia»50, sperando che qualcuno lo colga. Ambientata in Alsazia alla fine della guerra
franco-prussiana, racconta le difficoltà di un maestro che tenta di far partecipare alle
lezioni i figli dei contadini. L’ultimo giorno di scuola, all’indomani dell’occupazione
tedesca, la gente del villaggio si reca a salutarlo e lui scrive sulla lavagna “Viva la
Francia”51. Il direttore del Lisboa non può accettare un testo di questo tipo, considerate le
forti simpatie del Portogallo per la Germania. Lo definisce un «panegirico della Francia»52
ed esorta Pereira a essere più patriottico, a ritrovare le sue radici portoghesi, come ha fatto
António Ferro, direttore del Secretariado Nacional de Propaganda53, che «ha avuto la
brillante idea di far coincidere il giorno di Camões con il giorno della Razza […]
portoghese»54. Gli fa notare, inoltre, che i censori, essendo solo «poveri poliziotti pagati
perché non passino le parole sovversive come socialismo e comunismo»55, non sono in
grado di comprendere la complessità di un racconto come quello di Daudet. É dunque
compito dei giornalisti essere cauti, concludendo con un laconico e inquietante:
47 Ibidem, p. 73.
48 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 134. 49 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 122. 50 Ibidem, p. 78. 51 Ibidem, p. 128 52 Ibidem, p. 168. 53 Isabel Forte, A Censura de Salazar no Jornal de Notícias, Edições MinervaCoimbra, Coimbra, 2000, p. 55. 54 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 185. 55 Ibidem, p. 168.
11
«Noi dobbiamo sorvegliare noi stessi»56.
Intanto Monteiro è in Alentejo, una piccola regione nel Sud del Portogallo, a reclutare
giovani per la battaglia civile in Spagna. Continua a inviare articoli a Pereira il quale,
tornato a Lisbona, viene a conoscenza da padre António che la situazione in Spagna è
grave e che «scrittori cattolici quali Bernanos, Mauriac e Maritain hanno preso posizione
[…] a favore della Repubblica, perché costituzionale»57. Inoltre scopre che il telefono della
redazione è stato collegato con la guardiola del palazzo, in modo tale che la portinaia
Celeste, «informatrice della polizia»58, possa controllare ogni telefonata.
Malgrado ciò «continua ad essere titubante; solo un evento brutale come l’assassinio di
Monteiro»59 riuscirà a spingerlo all’azione. Il giovane è ormai braccato dalla polizia e si
rifugia a casa del giornalista. Ben presto «tre uomini civili e […] armati di pistole»60 si
presentano alla sua porta, definendosi della polizia politica, nonostante non mostrino il
tesserino di riconoscimento. Due di loro scovano Monteiro nello studio. Non ne uscirà
vivo.
I tre facinorosi scappano e al giornalista, vedendo i capelli del ragazzo «pieni di
sangue»61 e il suo corpo senza vita, viene in mente «un’idea folle»62. La morte dell’amico
lo porta a confrontarsi direttamente con la violenza e la sopraffazione della dittatura, una
crudeltà tale che trascende qualsiasi posizione ideologia, sia il marxismo “sovversivo” di
Marta e Monteiro, sia il cristianesimo di Padre António, che la scienza del Dottor
Cardoso63. Nel suo piccolo appartamento in «Rua de Saudade numero 22»64 è avvenuta la
negazione totale dei diritti umani e Pereira, dopo tanti dubbi, trovare la forza di denunciare
e ribellarsi alla violenza perpetrata. Utilizza un’arma che, come «uomo di cultura»65,
conosce e gli è consona: la parola.
56 Ibidem, p. 169. 57 Flavia Brizio-Skov, op. cit., pp. 142-143. 58 Ibidem, p. 136. 59 Ibidem, p. 143. 60 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 193. 61
Ibidem, p. 198. 62 Ibidem, p. 201. 63 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 144. 64 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 203. 65 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 144.
12
Scrive, infatti, un articolo per il Lisboa: Assassinato un giornalista, è il titolo. In queste
righe parla di Monteiro, del suo amore per la vita e dei suoi testi sui grandi scrittori
dell’epoca. Racconta che «la morte è andata a cercarlo»66 per colpa di tre facinorosi e li
descrive:
«Se i nomi non erano falsi essi si chiamano Fonseca e Lima, sono due uomini alti e
robusti, di incarnato scuro, con l’aria poco intelligente. Mentre l’uomo magro e
basso teneva sotto il tiro della pistola chi scrive questo articolo…»67.
Chiude invitando
«le autorità competenti a vigilare attentamente su questi episodi di violenza che alla
loro ombra, e forse con la complicità di qualcuno, sono perpetrati in Portogallo»68.
Il giorno seguente si reca a consegnare l'articolo al proto, il quale nota subito che «non
c'è il visto della censura»69 e dunque non gli è permesso stamparlo. Pereira, con finta
noncuranza, chiama il Dottor Cardoso che, fingendosi il maggiore Lourenço, capo della
Polícia de Vigilâcia e Defesa do Estado70, esorta il tipografo a pubblicare il pezzo il giorno
stesso perché «la polizia portoghese non ha paura di questi scandali»71. Pereira, infine, «lo
firma di suo pugno e poi fugge»72.
66 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 202. 67 Ibidem, p. 203. 68 Ibidem. 69 Ibidem, p. 205. 70 Mario Ivani, op. cit., p. 83. 71 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 206. 72 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 144.
13
Capitolo Secondo
La dittatura salazarista
Come illustrato nel capitolo precedente, nel romanzo Sostiene Pereira73 la svolta personale
del protagonista, il suo riappropriarsi di se stesso e dei suoi valori, s'intreccia e si fonde con
l’argomento di questa Tesi, la censura negli anni Trenta in Portogallo. Per capirne i
meccanismi è fondamentale tracciare le motivazioni storiche dell’instaurarsi dell’Estado
Novo e le sue peculiari caratteristiche.
2.1 Dalla Repubblica all’Estado Novo
Instauratasi con la rivoluzione «che abbatté la monarchia dei Bragança il 5 ottobre del
1910»74, la Prima Repubblica portoghese fu caratterizzata da un «degradante disordine»75 e
da forte instabilità politica, dove le questioni personali occupavano la gran parte del tempo
dei parlamentari. L’amministrazione dello Stato «era pessima, caotica, sfruttatrice,
incontrollata»76 e, in quindici anni, si susseguirono otto Presidenti della Repubblica e
quarantacinque Governi77.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, viste le ingenti perdite, la situazione economica
precipitò; la moneta – l’escudo - si svalutò e l’inflazione galoppante divorò i piccoli
risparmiatori. Gli operai iniziano a scioperare frequentemente, con violenti scontri e
l’utilizzo di bombe. Tutto ciò allarmò il fondamento stesso della Repubblica: la piccola
borghesia, che ormai vedeva l’attività dei partiti solo come un ostacolo alla realizzazione di
una politica progressista78.
73 Ibidem. 74 Mario Ivani, op. cit., p. 25. 75 Aldo Bizzarri, Origine e caratteri dello “Stato Nuovo” Portoghese, Istituto per gli studi di politica internazionale, Milano-Varese, 1941, p. 7. 76 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 7. 77 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 310. 78 Ibidem.
14
«Sola la dittatura può salvarci [...]. Non diciamo tale dittatura […] di tali uomini,
[...] con tali finalità o tali processi, la dittatura basata su tale o talaltra forza
nazionale superiore alle classi, alle caserme, ai partiti. Diciamo, molto
semplicemente, la dittatura e basta»79.
Quest'opinione, espressa in un articolo della Seara Nova nel 1924, era l’idea dominante
anche nei due più diffusi quotidiani portoghesi: O Século e il Diário de Notícias, entrambi
punti di riferimento delle classi medie e alte80. Nell’arco di due anni “l’augurio” degli
intellettuali del Seara Nova si sarebbe avverato.
Nel maggio del 1926 il Partido Democrático di António Maria da Silva era già in
carica da ventidue mesi, una longevità inammissibile per gli altri partiti, ansiosi di
alternarsi al potere81. Per mettere fine a un sistema parlamentare bloccato, «una vasta
coalizione di forze […] tra loro molto eterogenee, dalla sinistra repubblicana alla destra
fascisteggiante»82 decise di ricorrere a un golpe militare. Il 28 maggio 1926 il generale
Manuel Gomes da Costa, sfruttando il suo prestigio nell’esercito, proclamò la rivolta di
Braga ottenendo in fretta l’adesione delle truppe del Nord. A Lisbona i tumulti giudicati
dall’ufficiale di marina Cabeçadas non ebbero lo stesso numero d'adesioni, ma, di fronte
alla situazione del Nord, il Presidente della Repubblica Bernardino Machado lo nominò
Capo del Governo83.
L’interesse delle forze di destra, però, non era solo di «mettere fine all’egemonia del
Partido Demócratico, ma all’esistenza stessa dei partiti, quali essi fossero»84. Facendo
pressione sui capi militari riuscirono, con il pretesto di una parata militare per le vie della
capitale, a imporre le dimissioni di Cabeçadas, sostituito da Gomes da Costa. Destituito il 9
luglio da un nuovo golpe comandato dal colonnello João Sinel de Cordes, al suo posto
s'inserì il generale Óscar Carmona, che dal carattere poco ambizioso forniva ampie
79 Ibidem, p. 313. 80 Goffredo Adinolfi, Ai confini del Fascismo. Propaganda e consenso nel Portogallo salazarista (1932-
1944), FrancoAngeli, Milano, 2007, p. 24. 81 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 313. 82 Mario Ivani, op. cit., p. 28. 83 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 313. 84 Ibidem, p. 314.
15
rassicurazioni e larghi consensi negli ambienti militari. Nell’arco di tre mesi, attraverso
diverse leaderships, il Portogallo passò dalla Repubblica alla Ditadura Militar85
.
La giunta militare si presentò con un regime d'ordine e carattere eccezionale che, una
volta risanate le finanze e rilanciata l’economia, avrebbe lasciato il posto a una rinnovata
democrazia liberale86. Il potere centrale e locale fu gestito inizialmente dai militari, in un
sistema che un giornalista francese, in visita in Portogallo nel 1927, definì così:
«il comando è esercitato dal basso verso l’alto. Sono “soviet dei tenenti” che si
impongono ai generali e dettano la politica. Di tanto in tanto si vede un gruppo di
ufficiali e di subalterni salire le scale di un ministero. Sembrano molto contenti di
sé. É una commissione di tenenti che va a dare gli ordini»87.
Per questi gruppi il problema dominante fu l’ordine pubblico. Le divergenze politiche
furono considerate un attentato alla sicurezza dei cittadini, fu introdotta la censura
preventiva sulla stampa, qualsiasi contatto con i governanti degli anni precedenti era
considerato sospetto88. Le rappresaglie del regime furono implacabili: arresti, torture,
deportazioni senza processi, licenziamenti di massa e persecuzioni d’ogni genere89. Dal
punto di vista economico, le spese aumentarono e i militari, incapaci di elaborare un
programma chiaro e unitario, portarono il deficit alle stelle. Sinel de Cordes fu costretto, di
seguito alla sua fallimentare gestione del Ministero delle Finanze, a chiedere un cospicuo
prestito alla Società delle Nazioni. Come garanzia fu imposto al Portogallo il controllo
finanziario90. Una condizione giudicata offensiva all’indipendenza nazionale, risvegliando
«il vecchio spirito portoghese […], la volontà di fare da sé»91.
Vincente Freitas, il Presidente del Consiglio dei Ministri, «vedendo il paese sfaldarsi
completamente»92 tra le mani dei militari, decise di chiamare al Dicastero delle Finanze
85 Mario Ivani, op. cit., pp. 28-29.
86 Ibidem, p. 28.
87 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 315. 88 Ibidem. 89 Mario Soares, L’opposizione democratica in Portogallo, Edizioni il Formichiere, Milano, 1974, p. 22. 90 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 9. 91 Ibidem. 92 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo che schiacciò il Portogallo, http://www.storiain.net/arret/num60/artic3.htm.
16
«l’uomo della provvidenza»93: António Oliveira Salazar, professore di Scienza delle
Finanze all’Università di Coimbra. Il piano di Salazar per porre fine alla crisi economica
implicava forti restrizioni della spesa pubblica e contenimento dei salari94. Riuscendo
nell’impresa di ristabilire l’equilibrio finanziario, già nel 1929 egli era considerato «il
miglior cervello e l’uomo più forte del Governo»95. Nessun ministro poteva prendere
misure che portassero a un aumento di spesa senza la sua approvazione e, forte del
prestigio acquisito in breve tempo, vincolò la sua partecipazione al Governo a una svolta
definitiva della dittatura in senso antiliberale e autoritario96.
Salazar riuscì a trovare l’appoggio dei banchieri, dei grandi proprietari terrieri e di tutta
la classe agiata97 e, a livello politico, fu in grado di creare un compromesso tra i vari partiti
della destra portoghese (i liberal-conservatori, i radicali, i conservatori autoritari)98, sotto il
conforto delle grandi certezze, delle verità assolute e indiscutibili:
«Dio, e la virtù; […] la Patria e la sua storia; […] l’autorità e il suo prestigio; […]
la famiglia e la sua morale; […] la gloria del lavoro e il suo dovere»99.
La pubblicazione della nuova Costituzione l’11 aprile 1933, che fu sottoposta a plebiscito
in un sistema elettorale nel quale le astensioni furono considerate come tacite
approvazioni100, fu una sorta di rito di passaggio tra la Ditadura Militar e quella civile di
Salazar, sancito dal massimo titolo onorifico portoghese: la Grã Cruz da Ordem da Torre e
Espada. Salazar fu il primo civile nella storia a ricevere un simile onore101. Il 5 luglio 1932
nacque ufficialmente il suo primo Governo e, nel discorso inaugurale, parlò
instancabilmente di un «risorgimento nazionale», di «un Portogallo da ricostruire», per il
93 Ibidem. 94 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 36. 95 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 315. 96 Mario Ivani, op. cit., p. 30. 97 Mario Soares, op. cit., p. 44. 98 Helena Ângela Veríssimo, Os Jornalistas nos anos 30/40. Elite do Estado Novo, Ediçoes MinervaCoimbra, Coimbra, 2003, p. 22. 99 Discorso di Salazar alla commemorazione del X anniversario del 28 Maggio, citato in Ibidem («conforto das grandes certezas»; «Deus, e a virtude; […] a Pátria e a sua história; […] a autoridade e o seu prestígio; […] a família e a sua moral; […] a glória do trabalho e o seu dever»). 100 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 316. 101 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 44.
17
quale era necessaria l’«unione di tutti i Portoghesi di buona volontà»102. Prese cosi vita
l’Estado Novo.
2.2 L’ideologia Salazarista
Salazar, figlio di proprietari terrieri, cattolici e conservatori, nacque nel 1889 a Santa
Comba Dão, un piccolo borgo agricolo tra Viseu e Coimbra, dove non passava la ferrovia e
gli unici cambiamenti erano dovuti all’alternarsi delle stagioni. Da questo background
personale, limitato e ristagnante, sorsero i tratti salienti del suo regime103.
La figura di Salazar, costruita a tavolino da António Ferro, «di un uomo timido e
solitario che contro la sua volontà assume il compito di reggere il fardello […] di un paese
come fosse la sua croce»104 si discosta fortemente, secondo Jacques Georgel, dalla vera
natura del dittatore. Un uomo freddo, distaccato, misantropo e sedentario che «sfugge agli
uomini semplicemente perché li disprezza; è un asociale»105 che «afferma di conoscere
meglio i problemi delle persone chiudendo la sua porta di casa»106. «Concepiva il
Portogallo come una specie di proprietà rurale, estremamente chiusa al fine di evitare i
contagi impuri della civiltà esterna»107. L’alterità «non esercitava in lui alcun tipo di
attrattiva, ma al contrario gli appariva ostile»108.
Fu indubbiamente un dittatore sui generis, che governò il Portogallo come un regime
autoritario di stampo ottocentesco, all’insegna di «Deus, Pátria, Família»109. Diverso da
Mussolini, il condottiero per eccellenza, di cui criticava i numeri da circo dei raduni110, e
da Hitler, totalmente privo della sua ideologia espansionistica e guerrafondaia111, sia per
102 António de Oliveira Salazar, Discursos, 1928-1934, Coimbra Editora, Coimbra, 1939, p. 154 («ressurgimento nacional»; «um Portugal a reconstruir»; «união de todos os portugueses de boa-vontade»). 103 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo…, op. cit. 104 Ibidem. 105 Ibidem. 106 Ibidem. 107 Mario Soares op. cit., p. 40. 108 Ibidem. 109 Nelson Ribeiro, A Emissora Nacional nos Primeiros Anos do Estado Novo 1933-1945, Quimera Editores, Lisboa, 2005, p. 85. 110 António Ferro, Salazar, O homem e a sua obra, 3° ed., Empresa Nacional de Publicidade, Lisboa, 1935, p. 181. 111 António Costa Pinto, O Salazarismo na recente investigação sobre o fascismo europeu – velhos
problemas, velhas respostas?, in Análise Social, a. XVII, vol. XXV, n. 108-109, p. 696.
18
carattere, sia perché già in possesso di un impero coloniale. Forse più vicino a Franco,
senza avere però la sua brillante carriera militare alle spalle. Ebbe un ruolo molto simile a
loro, ma senza mai farsi chiamare Duce, né Führer, né Caudillo, ma semplicemente il
dottor Salazar, Presidente del Consiglio dei Ministri. Incapace di parlare al pubblico senza
un foglio scritto, non aveva alcun tipo d’ascendenza sulla folla112.
Considerava l’Estado Novo come «una creazione politica strutturalmente
portoghese»113 e, per tratteggiarne le singolarità, è utile far riferimento al saggio di
Fernando Rosas O Salazarismo e o homem novo: ensaio sobre o Estado Novo e questão do
totalitarismo114, nel quale l’ideologia salazarista è sintetizzata con cura in sette miti
ideologici115.
Innanzitutto il mito palingenético, ossia della rinascita del Portogallo grazie al Nuovo
Stato, l’Estado Novo appunto, che aveva interrotto il secolo oscuro del liberalismo
monarchico e del suo parossismo repubblicano116. In secondo luogo il mito central de
essência ontológica do regime, o meglio della convinzione che l’Estado Novo fosse, non
una semplice e indistinta forma di governo ma, ontologicamente, l’«istituzionalizzazione
del destino nazionale»117, la materializzazione nel XX secolo della mitica Storia del
passato. Quel passato fatto di viaggi, di esplorazioni, di conquiste e grandi avventure
marittime, ben rese dal poema Os Lusíadas118
di Camões. Il terzo mito Rosas lo definisce
imperial per la vocazione storico-provvidenziale del Portogallo di colonizzare ed
evangelizzare «popolazioni indigene»119. Un impero «pluricontinentale», ma «indivisibile
e inalienabile»120. Un mito enfatizzato spesso da Salazar nei suoi discorsi, nonostante
redisse l’Acto Colonial121 senza sapere cosa fosse l’Angola, il Mozambico e gli altri
112 Mario Soares, op. cit., p. 38. 113
Aldo Bizzarri, op. cit., p. 14. 114 Fernando Rosas, O Salazarismo e o homem novo: ensaio sobre o Estado Novo e a questão do
totalitarismo, in Análise Social, a. XXXVIII, vol. XXXV, n. 157, pp. 1031-1054. 115 Ibidem, p. 1034. 116 Ibidem. 117 Ibidem («institucionalizacão do destino nacional»). 118 Luís Vaz De Camões, Os Lusíadas, Biblioteca Universale Rizzoli, Roma, 2001. 119 Fernando Rosas, op. cit., p. 1034 («populações indigenas»). 120 Ibidem, p. 1035 («pluricontinental»; «indivisível e inalienável»). 121
Ibidem, p. 1034.
19
domini, e fosse uscito dal Portogallo solo tre volte, di cui due per recarsi al confine per
incontrare il Generale Franco122.
É evidente che il regime salazarista, sorto per salvare la nazione, non poteva essere
discusso, perché discuterlo era mettere in discussione il Portogallo stesso. Il celebre slogan,
utilizzato anche come occhiello del Diario da Manhã123,
«Tudo pela Nação, nada contra a Nação»124
rende l’idea di questa «sacralizzazione dello Stato»125 che comporta la subordinazione di
ogni partito e gruppo sociale «alla suprema armonia nazionale»126 e all’attuazione di una
politica autarchica127 volta a salvaguardare il Portogallo da tutto ciò che è diverso
dall’identità lusitana, che tanto incensa il direttore del Lisboa a Pereira128.
Il quarto mito, denominato da ruralidade, nasce dalla struttura territoriale ed
economica dello stesso Portogallo, «un piccolo paese periferico»129, essenzialmente
agricolo, la cui terra è fonte principale di ricchezza. Ne consegue una critica
all’industrializzazione e all’urbanizzazione, che portano solo «ambizioni malate»130 e
squilibrata promozione sociale. Dalle campagne trae origine anche il quinto mito, della
pobreza honrada, in altre parole della povertà e della mediocrità (economica e culturale)
come unica felicità possibile e della conformità di ognuno al proprio destino131. La
condizione sociale, quindi, come motivo d’orgoglio, che nella realtà si tradusse in una
radicale conservazione di un immobile stato quo132. Una salvaguardia possibile solo
attraverso una società corporativa, esplicata nel sesto mito definito ordem corporativa. La
creazione di «una società organica e rigida»133, secondo un supposto ordine naturale delle
122 Goffredi Adinolfi, Il timido uomo…, op. cit. 123 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 108. 124 Fernando Rosas, op. cit., p. 1034 («Tutto per la Nazione, nulla contro la Nazione»). 125 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 108. 126 Decálogo do Estado Novo, Edizioni SPN, Lisboa, 1936, p. 17 citato in Ibidem, p. 107 («à suprema harmonia do Interesse Nacional»). 127 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo..., op. cit. 128 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 185. 129 Helena Ângela Veríssimo, op. cit., p. 22 («um pequeno país periférico»). 130 Fernando Rosas, op. cit. p. 1035 («ambiçoes doentias»). 131
Ibidem. 132 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 136. 133 Fernando Rosas, op. cit., pp. 1035-1036 («uma sociedade orgânica e regida»).
20
cose, è l’espressione dell’indole conservatrice di Salazar. Il settimo e ultimo mito descritto
da Rosas è quello della essência católica da identidade nacional, intendendo il
Cattolicesimo come elemento essenziale del Portogallo, che ne definisce l’identità e la
storia134.
2.3 L’organizzazione dell’Estado Novo
Dalla figura di Salazar e dai topos descritti si modellò di conseguenza la struttura
dell’Estado Novo. Come rivela Goffredo Adinolfi, Salazar agì su tre tipi di organi per
legittimare e orchestrare il suo regime:
«quelli volti a includere nello Stato il cittadino/massa (gli organi corporativi e il
partito unico), gli organi repressivi ([…], polizia politica, […]) e infine quelli
persuasivi (Secretariado da Propaganda Nacional)»135.
Il cittadino e lo Stato
Allontanati e censurati tutti i partiti precedentemente esistiti, si creò, intorno a Salazar, un
vuoto politico che occorreva colmare136, per «inquadrare tutti coloro che volessero
partecipare alle attività politiche»137 e nel quale fossero conglobate tutte le anime accettate
del regime138. Nel maggio 1932 il Governo, non ancora guidato da Salazar, ma nel quale
la sua egemonia era già evidente, fece pubblicare sia il testo della nuova Costituzione, sia
gli statuti del partito unico, União Nacional (UN)139. Partito unico in quanto, nonostante
non vi fosse una proibizione esplicita, ogni organizzazione, di fatto, doveva sottoporsi a
un'autorizzazione preventiva del Governo. In Portogallo la realizzazione concreta della
dittatura avveniva, sostanzialmente, con un semplice diniego amministrativo140.
134 Ibidem, p. 1036. 135 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 12. 136 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo…, op. cit. 137 José Hermano Saraiva, op. cit., p. 316. 138 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo..., op. cit. 139 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., pp. 41-42. 140 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo..., op. cit.
21
In realtà, nel suo statuto, l'UN non si qualificava come partito, ma come
«un'associazione senza carattere di partito e indipendente dallo Stato, destinata a
garantire [...], con la collaborazione dei suoi membri, a prescindere
dall’appartenenza a una scuola politica o a una fede religiosa, la realizzazione e la
difesa dei principi descritti nel presente statuto»141.
«Una specie di superpartito, aperto a tutti i partiti o, meglio, a tutti gli uomini di tutti i
partiti»142, il cui compito era
«combattere le rimanenti cause dell’antica decadenza, curare i mali derivati dai
partiti, dalle sette e dalla guerra [...] e deviare i pericoli delle correnti
rivoluzionarie»143.
Questo carattere di organizzazione indipendente dal Governo, volta solo al bene dei
cittadini, nascondeva in realtà una totale dipendenza dall’Esecutivo144. I finanziamenti
uscivano direttamente dalla stanza del Ministero degli Interni e ai prefetti spettava
approvare o nominare le candidature. A questo nuovo “partito/non partito”, fu affiancato,
come organo ufficiale del Governo, il giornale Diário de Manhã, anch’esso finanziato
dallo Stato. A chiudere il regolamento vi era infine l'art. 30 il quale specificava che la
commissione centrale dell’UN sarebbe stata nominata direttamente dal Governo,
contraddicendone esplicitamente la sua presunta autonomia145.
All'UN fu affidato il compito di preparare le tornate elettorali della Costituzione, le
elezioni del Parlamento (Assembléia Nacional) nel 1934 e quelle presidenziali nel 1935146.
141 I congresso da UN, vol. I, s.e., p. 75, citato in Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 42 («uma associação sem carácter de partido e indipendente do Estado, destinada a assegurar […], pela colaboração dos seus filiados, sem distinção de escola política ou de confissão religiosa, a realização e a defesa dos princípios designados neste estatutos»). 142 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 12. 143 Diário de Manhã, 27 maggio 1932, citato in Goffredo Adinolfi, Ai confini….op. cit., p. 42 («combater as causas subsistentes de antigas decadências, curar os males feitos pelos partidos e pelas seitas […] e pelas guerra, e desviar os perigos das correntes revolucionárias»). 144 Ibidem. 145 I congresso da UN vol. I, s.e., p. 77 citato in Ibidem. 146 Ibidem, p. 42.
22
Dopo l’approvazione della Costituzione nel 1933, però, UN entrò in una «fase di
letargia»147, destinata a interrompersi solo durante i riti elettorali. Di fatto non divenne mai
un partito paragonabile a quello fascista o nazista, non gli furono mai assegnate
caratteristiche tali da far partecipare il popolo alla vita dello Stato, a farlo vivere in un
clima di tensione ideale148. Non fu un vero partito di massa, ed era solo utilizzato per
evitare il «costituirsi di nuove aggregazioni politiche meno agevolmente controllabili»149.
L'UN, inoltre, non fu uno strumento di conquista del potere perché a Salazar, la presidenza
del Consiglio dei Ministri, gli fu offerta «su un piatto d’argento dai militari che si
ritenevano incapaci di governare»150. É opportuno rilevare anche che non dovette mai
sottoporsi personalmente alle elezioni, poiché, come sancito dalla Costituzione, gli era
sufficiente l’appoggio del Presidente della Repubblica151, il Generale Óscar Carmona, su
cui aveva un ascendente palese152.
Per quanto riguarda le elezioni, esistendo come unico partito l’UN, non erano
competitive e il diritto di voto era concesso solo ai padri di famiglia appartenenti a un
«ceto ristrettissimo, circa il 5% della popolazione»153. Inoltre, a livello locale, il regime
trovava ancora difficoltà a imporsi per la presenza dei caciques - medici, notabili,
proprietari terrieri, avvocati – persone influenti, spesso più dei prefetti, legate al vecchio
sistema partitico ormai abrogato154. Le votazioni e l'UN pertanto servivano ad assorbire
all’interno del regime queste figure e, grazie al sistema proporzionale delle liste, a capire
quali erano i caciques più importanti, premiandoli con un posto di deputato all’Assembléia
Nacional155. Il potere legislativo, in teoria, risiedeva nelle mani dei parlamentari, ma i loro
poteri furono radicalmente ridotti, diventando nel tempo un semplice palco di confronto tra
le diverse correnti che appoggiavano la dittatura156. La pratica governativa iniziò a essere
147 Ibidem, p. 49.
148 Mario Ivani, op. cit., p. 65. 149 Ibidem. 150 Mario Soares, op. cit., p. 45. 151 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 82. 152 Nelson Ribeiro, op. cit., p. 64. 153 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 108. 154 Nelson Ribeiro, op. cit., p. 68. 155 Ibidem, p. 69. 156 Ibidem, p. 64.
23
condotta personalmente da Salazar, il quale non nascondeva di considerare una perdita di
tempo le discussioni del Consiglio dei Ministri157.
L'UN non fu utilizzata come organo per inserire il cittadino nello Stato, poiché non era
il partito, ma il sistema corporativo a essere il fondamento della nazione158. Nella visione
corporativa
«ogni uomo vive radicato e sicuro nel suo naturale status di vita – contadino,
operaio, religioso o professionista - [...]. L'appartenenza al gruppo garantisce
rappresentanza a tutti gli elementi della società, oltre a consentir loro di beneficiare
dei diritti e privilegi dovuti all’esser membri di un privilegiato organo»159.
Questo volle realizzare Salazar, ovvero uno
«Stato sociale e corporativo in stretta corrispondenza con la costituzione naturale
della società. [...] Secondo l'ideologia corporativista, la nuova organizzazione
politica e sociale del paese avrebbe dovuto basarsi su organismi o associazioni
"naturali", come la famiglia, la chiesa e le altre unità corporative di carattere
economico e professionale, coerenti con gli interessi della nazione portoghese»160.
Nel settembre del 1933 fu istituito il Subsecretariado do Estado e das Corporaçoes,
diretto da Pedro Teotónio Pereira, ma il cui controllo, come sempre, era nelle mani di
Salazar. Fu inoltre creato, ispirato alla Carta dei Lavoratori italiana, l’Estatuto do Trabalho
Nacional161, il cui scopo era «la cancellazione dei conflitti di classe» e la loro risoluzione
157 Ibidem. 158 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 81. 159 Sílvia Lemgruber Julianele Anciães, A Revolução dos Cravos e a adoção da opção européia da política
externa portuguesa, Dissertação de Mestrado, PUC-RIO, Rio de Janiero, 2004, p. 42 («each man would be rooted and secure in his natural station in life – peasant, urban worker, cleric or Professional – […]. Group membership would guarantee representation to all elements in society, as well as enabling them to qualify for the rights and privileges due them as members of an officially sanctioned body»). 160
Ibidem («Estado social e corporativo em estreita correspondência com a constituição natural da sociedade […]. Dessa forma, de acordo com a ideologia corporativa, a nova organização política e social do país deveria basear-se em organismos ou associações “naturais”, como a família, a Igreja e outras unidades corporativas de caráter econômico e profissional, supostamente condizentes com os verdadeiros interesses da nação portuguesa»). 161 Nelson Ribeiro, op. cit., p. 66.
24
all’interno di un preteso ordine nazionale162. I vecchi sindacati di classe erano costretti o ad
accettare i nuovi regolamenti imposti, oppure rifiutarli, decretando così la propria fine. In
cambio della perdita della libertà i lavoratori ottennero la settimana lavorativa di otto ore, il
salario minimo garantito e varie misure per la tutela del lavoro infantile. A coronamento
della struttura corporativa fu posta la Câmara Corporativa, un organo consultivo
dell’Assembléia Nacional, composto dai rappresentanti delle forze vive del paese. Come
nel caso dell’UN, anche per il sistema corporativo non furono messi in pratica i principi
ispiratori poiché gli unici sindacati ad avere un’organizzazione strutturata a livello
nazionale furono quelli delle professioni liberali, mentre agli altri fu consentito
organizzarsi solo a livello distrettuale, senza raccordi con altri distretti. Per tutti l’Instituto
Nacional do Trabalho e Previdência si occupava dei contratti collettivi di lavoro. Cosi,
senza le corporazioni, i membri della Câmara Corporativa non furono scelti tra le forze
vive del paese, ma passarono a essere nominati direttamente da Salazar163.
Oltre ai sindacati nazionali fu istituita la Fundaçao Nacional para ad Alegria no
Trabalho (FNAT), organo dedito a organizzare il tempo libero dei lavoratori. Avevano il
diritto di usufruire delle sue strutture i membri dei sindacati nazionali, ma, se gli iscritti
agli organismi erano pochi, ne consegue che anche i partecipanti delle attività della FNAT
fossero ridotti numericamente164. Il fine del corporativismo, si può infine aggiungere, non
fu solo quello di inquadrare braccianti agricoli e proletari, ma anche di «coordinare e
regolare la vita sociale ed economica, determinandone gli obiettivi»165, dunque di
subordinare l’élite economica agli interessi della produzione nazionale. Salazar, attraverso
gli organi di coordinazione economica, controllò le dimensioni delle imprese, le quote di
produzione e di consumo delle materie prime e l’autorizzazione all’importazione166.
Altri due organi volti all’inquadramento del cittadino furono la Mocidade Portuguesa
(MP) e la Legião Portuguesa (LP), entrambe istituite nel 1936167, nella mutata situazione
162 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 83. 163 Ibidem, pp. 83-84. 164 Ibidem, p. 84. 165 Decreto legge 25 050, 23 Settembre 1933, citato in Ibidem, p. 85 («coordenar e regular […] a vida económica e social, determinando-lhe os objectivos»). 166
Ibidem, p. 85. 167 Ibidem, p. 129.
25
internazionale determinata dallo scoppio della guerra civile in Spagna168. É in questo
periodo che avviene un processo di fascistizzazione dell’Estado Novo, dovuto
all’incombere del «pericolo rosso»169, di quel «nemico di speciale virulenza che tenta di
installarsi nel corpo sociale delle nazioni»170.
La MC fu un’organizzazione paramilitare obbligatoria analoga ai Balilla italiani171,
che, in un momento nel quale i professori non erano ancora considerati sufficientemente
fedeli, serviva a formare i giovani dei licei con lezioni di morale e di valori portoghesi172.
La MC è ben resa in Sostiene Pereira173
, quando il giornalista incontra Monteiro per la
prima volta a una festa salazarista, dove molte persone portano «camicia verde e il
fazzoletto al collo»174. Per quanto riguarda la LC questa era una sorta di milizia volontaria,
riconosciuta ufficialmente da un decreto nel settembre 1936175, destinata alla difesa
dell’ordine pubblico contro i nemici della nazione, e sotto controllo diretto del Ministero
della Guerra176. I membri furono inviati come volontari nella vicina guerra civile spagnola
per aiutare le truppe franchiste177. Va rilevato che queste due strutture che non furono un
mezzo per mantenere o ottenere il potere, ma semplicemente una generosa concessione di
Salazar alla destra radicale178.
Traendo le conclusioni sul rapporto tra il cittadino e lo Stato, si può affermare che,
nell’Estado Novo, «l’individuo in quanto singolo non doveva esistere»179, se non, come
espressamente riportato nel Decalogo dell’Estado Novo pubblicato nel 1934,
«in quanto […] parte dei gruppi naturali (famiglia), professionali (sindacati e
corporazioni), territoriali (comuni); e soltanto in queste qualità gli sono riconosciuti
168 Mario Ivani, op. cit., p. 36. 169
Ibidem. 170 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 235. 171 Goffredo Adinolfi, Il timido uomo..., op. cit. 172 Nelson Ribeiro, op. cit., p. 67. 173 Antonio Tabucchi, op. cit. 174 Ibidem, p. 20. 175 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 228. 176 Ibidem, p. 239. 177 Mario Ivani, op. cit., p. 36. 178 Nuno Luís Rodrigues, «A gravidade da hora que passa!»: a criação da Legião Portuguesa em 1936, in
Análise Social, a. XXXII, vol. XXX, n. 130, p. 117. 179 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 107.
26
tutti i diritti necessari. Vale a dire: nell’Estado Novo l’individuo non ha diritti
“astratti”, ma diritti “concreti”»180 .
È fondamentale evidenziare che
«la volontà totalitarista del dittatore non andò mai nel senso di voler creare una
società di massa. I cittadini, infatti, furono in qualche modo “liberi” di scegliere se
iscriversi o meno nelle strutture dello Stato corporativo, cioè liberi di non esprime
nessuna opinione, di non scegliere, ma nel caso avessero voluto scegliere,
avrebbero dovuto farlo in sintonia con le prescrizioni dell’Estado Novo»181.
Salazar sembrava aver capito, e utilizzato a suo favore, l’indole naturale dell’Uomo
Lusitano, il quale è
«un latino, ma un latino “atlantico”, non mediterraneo. Ha della razza alcune
caratteristiche delle più spinte, e non le migliori, […] è molle, amante del
benessere, in fondo calmo e posato, bonario, lento, malinconico […] può viver
benissimo al di fuori della vita pubblica, e la disciplina invece di rafforzarlo, lo
avrebbe forse esasperato, un inquadramento, coi suoi doveri avrebbe probabilmente
provocato del disagio»182.
I differenti settori del regime, dunque, attraevano solo chi era già in parte predisposto
ideologicamente a farne parte183. La partecipazione si configurò così come un
assemblaggio delle varie anime disposte a collaborare al progetto dell’Estado Novo184 e per
la massa di «miserabili»185 lavoratori non ci si poneva neppure nei loro confronti il
problema del consenso e dell’adesione alla dittatura. Per capire quanto questa fosse ridotta,
180 Aldo Bizzarri, op. cit., p. 69. 181 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 119. 182 Mario Ivani, op. cit., pp. 65-66. 183 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 163. 184
Ibidem, p. 107. 185
Ibidem, p. 164.
27
basta considerare i dati del 1942, forniti dell’Instituto Nacional de Estatística, che su una
popolazione attiva di 5.209.720 persone rivelano che solo 380.000 erano iscritti ai
sindacati nazionali186. Le attività del regime finirono per concentrarsi nei centri urbani,
dove risiedeva il 20% della popolazione, mentre il restante 80%, simbolo di quel mondo
rurale che costituiva una delle basi ideologiche del regime, sembrava preferire «restare a
casa»187.
La dittatura era destinata a delle élites conservatrici che consideravano il popolo
portoghese portatore di una «bontà malata»188, di un «carattere volubile, inconcludente,
molto infantile e irresponsabile»189. Un popolo che, a detta di Salazar, desiderava solo
«essere ben governato»190. Era un regime scevro della partecipazione attiva, privo di
visioni massificanti, il cui scopo era mantenere immutato lo stato delle cose, promuovendo
un «atteggiamento fortemente passivo»191. Esemplare l’architettura delle case popolari, che
dovevano essere unifamiliari e dotate di un piccolo orto, in modo tale che le persone non
sentissero l’esigenza di momenti d'incontro, anzi era necessario che fossero isolate affinché
potessero dedicarsi unicamente alle proprie famiglie192.
La repressione e la PVDE
A differenza degli organi corporativi la polizia politica fu dotata di ampi poteri diventando
uno strumento cardine per il controllo e la repressione della popolazione. Nel 1933,
attraverso la fusione della Polícia de Informações e della Polícia Internacional, create
durante la Ditadura Militar, il Ministero dell’Interno costituì la Polícia de Vigilãncia e
Defesa do Estado (PDVE) 193. Si venne a creare «un sistema di giustizia parallelo, che si
contrapponeva ai principi di tutela sanciti dalla Costituzione appena approvata»194.
186 Ibidem, p. 163. 187 Ibidem, p. 165. 188 Fernando Rosas, op. cit., p. 1038 («bondade doentia»). 189 Ibidem («carácter volátil, inconsequente, impressionável, algo infantil e irresponsável»). 190
Ibidem. 191 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 136. 192 Ibidem, p. 87. 193 Mario Ivani, op. cit. p. 81. 194 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 70.
28
Fu sostanzialmente un organo segreto, i cui membri non erano conosciuti, le regole
erano definite in maniera vaga, ma possedeva una forza capace di reprimere in maniera
terroristica ogni forma di dissenso. Per chi era arrestato divenne impossibile difendersi di
fronte a qualsiasi tribunale e spesso il processo, poiché si faceva ampio uso della
carcerazione preventiva, divenne una prassi ininfluente. Il comandante Agostinho
Lourençõ, citato nel finale di Sostiene Pereira195, comprese che per aver un controllo
efficace sul territorio bisognava creare una rete d'informatori civili. Forti del fatto di essere
persone comuni, erano in grado di estendere il controllo dello Stato nei luoghi più intimi
del vivere sociale196 . La portinaia che controlla le telefonate, le mosse e le frequentazioni
di Pereira lungo tutto il romanzo, né è una rappresentazione fedele197.
La violenza non fu mai non valore intrinseco dell’Estado Novo che, come si è visto, era
teso verso l’armonia nazionale. I soprusi contro il macellaio ebreo, la morte del carrettiere
socialista e di Monteiro, sempre in Sostiene Pereira198, vanno inquadrati all’interno di una
tolleranza del regime verso le sue frange più violente ed estreme. In genere Salazar preferì
“economizzare il terrore”, utilizzandolo solo contro i dissidenti politici, in modo tale da
ridurre i costi, le vittime e garantire la durata del regime199.
Ciò non toglie, come testimonia Mario Soares nel libro L’opposizione democratica in
Portogallo200, che la tortura contro gli oppositori fosse brutale, esercitata con «colpi di
frusta o di nerbo di bue, luci abbaglianti, manette elettriche»201. Le violenze arrivavano non
di rado all’omicidio. Spesso, infatti, i detenuti “cadevano” dalle finestre del teatro di São
Carlos, che allora ospitava il quartiere centrale della polizia. Un'altra tortura era quella del
sonno, subita dallo stesso Soares. Fu costretto a passare quattro giorni e quattro notti
consecutive in una stanza vuota, con una guardia che gli impediva di addormentarsi202.
Nel 1936 fu creato il campo di concentramento di Tarrafal, nell’isola di Santiago, a
Capo Verde, dove furono trasferiti soprattutto i militanti delle opposizioni anarchiche e
195 Antonio Tabucchi, op. cit. 196
Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit, p. 71. 197 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 148. 198 Ibidem. 199 João Madeira (coord.), Irene Flunser Pimentel, Luís Farinha, Vítimas de Salazar. Estado Novo e violência
política, Esfera dos Livros, Lisboa, 2007, pp. 25-26. 200 Mario Soares, op. cit. 201
Ibidem, p. 48. 202 Ibidem, pp. 51-52.
29
comuniste. I detenuti erano privati delle più elementari condizioni igieniche, senza cibo,
imprigionati nelle famigerate frigideiras (letteralmente padelle),
«minuscoli compartimenti ricoperti di lastre di cemento, senza finestre, illuminati
solamente da una piccola presa d’aria di 30 centimetri per 40, nelle quali i
prigionieri, esposti al sole tropicale, cocevano lentamente»203.
La propaganda e la fallimentare política do espírito
Nella seconda metà del 1933 mancava ancora un unico tassello all’impalcatura dell’Estado
Novo, un organo che si occupasse della propaganda, di costruire la «verità di regime»204.
Per svolgere questo ruolo, con il Decreto Lei 23 054 (25.09.1933), fu istituito il
Secretariado da Propaganda Nacional (SPN)205. Come direttore fu designato António
Ferro, già autore di una serie d’interviste a Salazar, pubblicate nel 1932 sul Diário de
Notícias206. Ancor prima del golpe militare del 1926, Ferro si fece notare come inviato a
Fiume e con un’intervista a Mussolini nel 1923, nella quale sottolineò l’ammirazione per il
dittatore italiano207. Lo esaltò come baluardo contro lo spettro comunista, e punto di
riferimento per lo Stato portoghese208. L’interesse di Ferro nei confronti del fascismo era di
aspetto prevalentemente estetico, legato all’immagine eroica di un capo e del suo rapporto
simbiotico con «il Popolo»209. Il Popolo con la P maiuscola, un’entità astratta, solo uno
sfondo sfumato per le coreografie del fascismo210.
Con l’ingresso di Salazar al potere, Ferro fu uno dei primi a porre l’accento sui modi
con cui il dittatore avrebbe dovuto rapportarsi con le masse. Lo fece in modo esplicito con
un articolo sul Diário de Nóticias, O ditator e a multidão, nel quale sembrava suggerire a
Salazar un rapporto con le folle simile a quello che Mussolini adottava in Italia, con le
203 Ibidem, pp. 49-50.
204 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 92. 205 Ibidem. 206 Ibidem, p. 56. 207 Mario Ivani, op. cit., p. 47-48. 208
Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 31. 209 António Ferro, Viagem à volta das ditaturas, Ed. Diário de Notícias, Lisboa, 1927, p. 20 («o Povo»). 210 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 34.
30
«ventimila persone che si accumulano, si agitavano, in Piazza Venezia e esigevano
che il Duce venisse alla finestra, a parlar con loro, che dedicasse loro un minuto
della sua vita, della sua forza»211.
Ferro voleva mettere in guardia il Presidente del Consiglio dai rischi di rinchiudersi in una
dittatura banalmente conservatrice, destinata a suo avviso a soccombere212. Bisognava dare
«una motivazione metafisica al regime, capace di giustificarne in ogni momento la sua
esistenza»213 e creare una política do espírito, i cui sacerdoti sarebbero stati gli artisti, i soli
in grado di coinvolgere il popolo che altrimenti se
«non vede, non legge, non sente, non vibra, non esce dalla sua vita materiale, fatta
di doveri, diventa un popolo inutile e scontento»214.
Salazar, a dispetto del fatto che rifiutasse la politica di massa, scelse António Ferro
come presidente del SPN in quanto uomo di fiducia, al di fuori di qualsiasi partito, e questa
sembrava, in un momento nel quale la situazione interna non si era ancora stabilizzata,
l’unica soluzione per dare alla nazione un’«unica, uniforme, visione delle cose»215. Il
Secretariado divenne l’unico organismo competente alla «direzione e alla sovrintendenza
della Propaganda Nazionale»216, il cui compito era «coordinare tutta l’informazione
relativa all’azione dei differenti ministeri»217 e l’organizzazione di «manifestazioni
nazionali o feste pubbliche con intento educativo o di propaganda»218. Manifestazioni che,
211 António Ferro, O ditator e a multidão Diário de Notícias, 31 ottobre 1932, p. 1, citato in Ibidem p. 53 («vinte mil pessoas acumulavam-se, congestionavam-se, na Piazza Venezia e exigiam que o Duce chegasse à janela, que lhes falasse, que lhes arremessasse um minuto da sua vida, da sua força»). 212 Ibidem, p. 54. 213
Ibidem. 214
António Ferro, Política do Espírito, Diário de Notícias, 21 novembre 1932, p. 1, citato in Ibidem, p. 55 («não vê, que não lê, que não ouve, que nãó vibra, que não sai da sua vida material, do Dover e Haver, torna-se um povo inútil e mal-humorado»). 215 Ibidem, p. 94. 216 Decreto Lei 23 054, citato in Ibidem («direccão e superintendência da Propaganda Nacional) 217 Decreto Lei 23 054, citato in Ibidem («coordenar toda a informação relativa à acção dos diferentes Ministérios»). 218 Decreto Lei 23 054 citato in Ibidem, p. 96 («organizar manifestações nacionais e festas publicas com intuito educativo o de propaganda»).
31
come ricordò Salazar all'inaugurazione del SPN, sarebbero state diverse da quelle fasciste
in quanto, lui per primo, non era un
«grande oratore come Mussolini […] faticava a accendere le folle ed era chiaro che
ben difficilmente il regime si sarebbe organizzato nel senso di offrire una presenza
ossessiva del suo capo»219.
Salazar, leggendo le relazioni dei prefetti sulle condizioni precarie della popolazione220,
era consapevole che il Portogallo fosse uno dei paesi più poveri d’Europa e, pertanto, la
política do espírito avrebbe dovuto a far intendere al “volgo” che, se nel loro quartiere le
scuole chiudevano, i treni erano in ritardo e le strade erano disastrate, da qualche parte nel
territorio portoghese le cose avrebbero potuto anche essere diverse221. Bisognava che i
portoghesi si sentissero parte di un tutto, nel quale la singolarità della loro cara rua doveva
lasciare il posto alla (presunta) universalità dei fatti. Il SPN sarebbe dovuto diventare,
quindi, un
«autentico costruttore di verità o, come sarebbe più giusto dire, di realtà, la realtà
che aveva in mente il regime e che, da ora in poi, sarebbe stata l’unica
consentita»222.
L’ideologia che intendeva diffondere SPN si basava, essenzialmente, sui miti
sintetizzati da F. Rosas nel suo saggio223, con un occhio particolare alla «tradizione
secolare dell’unicum lusitano»224. Il concorso Aldeia mais portuguesa de Portugal225,
indetto nel 1938 per premiare il villaggio più portoghese Portogallo, permette di analizzare
la politica culturale salazarista «sotto un duplice aspetto, ovvero quello della retorica rurale
219 Ibidem, p. 97. 220 Ibidem, p. 98. 221 Ibidem. 222 Ibidem. 223 Fernando Rosas, op. cit. 224 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit, p. 136. 225 Ibidem («Villaggio più portoghese del Portogallo»).
32
negli ambienti urbani e dell’intervento dello Stato nei piccoli centri»226. L’idea del
concorso era abbastanza semplice: le varie province dovevano nominare giurie locali con il
compito di scegliere due paesi che corrispondessero ai criteri richiesti dal bando:
«impermeabilità alle influenze straniere e un carattere tipico delle abitazioni, degli arredi,
del mondo di vivere e, insomma, di tutti gli aspetti del vivere quotidiano»227. Infine, una
giuria centrale avrebbe attribuito al vincitore il Gallo d’Argento.
La gara rappresentava, per le campagne, un modo di rompere la monotonia delle
abitudini quotidiane. Tuttavia il folclore contadino non era quello che il popolo
spontaneamente aveva creato durante i secoli, ma ciò che il regime intendeva come tale228.
Fu operata una vera e propria «reinvenzione della tradizione»229, coadiuvata dall’etnografia
che, opportunamente manipolata, inquadrò il concorso in un contesto fortemente estetico,
svuotato di ogni contenuto, teso solo a un'esaltazione della cultura popolare rurale. Una
cultura che, come più volte sottolineato, l’Estado Novo tentava di promuovere per rendere
il popolo «arrendevole e diligente nell’accettare la propria condizione sociale»230. A
vincere fu il paese di Monsanto, per cui il Gallo d’Argento è ancora un vanto, ma è
difficile capire quanto abbia inciso questa gara nella formazione del consenso tra gli
abitanti delle aldeias231. Per António Ferro, molto probabilmente, le campagne erano solo
lo sfondo ideale da diffondere nei grandi centri urbani, per stigmatizzare le abitudini
cittadine e per «pubblicizzare l’idea che, nelle sue più profonde radici, il Portogallo era un
paese sano e dai costumi genuini»232. Questa, è evidente, fu un’opera di totale finzione,
nella quale la fatica dei campi non appariva:
«quei uomini e quelle donne – sudati, stanchi, vestiti di stracci e spesso costretti a
dividere il loro spazio domestico con gli animali – […] erano spariti, mentre al loro
226 Ibidem. 227 Ibidem. 228 Ibidem, p. 137. 229 Ibidem. 230 Ibidem, p. 136. 231 Ibidem, p. 138. 232 Ibidem.
33
posto figuravano persone ben vestite, sorridenti, intente a svolgere i loro lavori con
serenità»233.
Nonostante i propositi e gli ideali che muovevano Ferro e la sua direzione del SPN
poco fu fatto, al di fuori di eventi eccezionali come l’inevitabile manifestazione in
occasione del X anniversario del 28 maggio 1926234 o le Esposizioni internazionali di
Parigi e New York nel 1939235, per attuale una vera e propria politica di propaganda. I
poteri del SPN erano sempre condivisi con altri organi, le manifestazioni erano spesso
organizzate da commissioni miste e, sopratutto, il Secretariado non aveva il potere di
emanare decreti e di partecipare al Consiglio dei Ministri, a differenza del suo omologo
tedesco236.
Suscita perplessità, ad esempio, che in un paese con un altissimo tasso di
analfabetismo, non si approfittasse di un mezzo diretto ed efficace come la radio237. Le
competenze dell’Emissora Nacional (EM), la radio di regime, erano affidate al Ministero
delle Opere Pubbliche, ma, per contro, il decreto istitutivo del SPN relegava la
responsabilità ad António Ferro. Le polemiche tra il Ministero dell’Opere Pubbliche e il
SPN su chi avrebbe dovuto essere il responsabile della radio, che si ridussero a relegare il
SPN a diffondere semplici bollettini informativi, in realtà trovano poca ragione d’essere
nella realtà. L’EM, infatti, aveva un ruolo di scarsissimo rilievo sul territorio, in quanto le
sue frequenze raggiungevano solo un raggio di 2-300 chilometri intorno a Lisbona238.
Per quanto riguarda il teatro, tutto si riduceva in sporadici interventi, come il Teatro do
Povo itinerante nel paese. Privo di velleità artistiche, era un’iniziativa modesta che nella
sua neutralità artistica aveva come obiettivo quello di essere rappresentato in zone rurali ai
confini con la Spagna, per preservarle dall’influenza con il Frente Popular239. Più che
233 Ibidem. 234 Ibidem, p. 116. 235
Ibidem, p. 138. 236 Ibidem, pp. 105-106. 237 Ibidem, p. 105. 238 Ibidem. 239 Ibidem, pp. 151-152.
34
propaganda attiva, quindi, una forma di resistenza, coerente con un regime che aveva come
punto di forza la «smobilitazione»240 delle masse.
Allo stesso modo il cinema di produzione portoghese trovava difficoltà ad affermarsi,
nonostante questa fosse l’unica attività che vedesse una partecipazione abbastanza
consistente241. Dominavano le commedie americane, sebbene fossero sottotitolate
impedendone la comprensione a chi non sapeva leggere, ovvero il 70% della
popolazione242. Durante il decennale del 28 maggio 1926, uscì nella sala Revolução de
Maio, scritto António Ferro. Un film dalla forte carica simbolica legata all’Estado Novo,
attraverso la storia di un giovane bolscevico che, grazie all’amore di un'infermiera, si rende
conto della benevolenza del regime portoghese243. I risultati al botteghino furono deludenti:
i portoghesi preferivano le commedie, sentendosi poco attratti da film che consideravano
probabilmente troppo noiosi. Le commedie rappresentavano i problemi della piccola
borghesia, le difficoltà economiche, l’inettitudine dei protagonisti, ma erano ben lontani da
riprodurre realmente la situazione di povertà del proletariato. Erano film di svago, dove la
povertà – come nel caso della Aldeia mais portuguesa de Portugal - era sempre
rappresentata come una forma di felicità244.
Il Secretariado si cimentò anche nella produzione di cinegiornali, i Jornais
Portugueses, legati anche in questo caso all’importanza di informare i portoghesi che, se
non nelle loro case, da qualche parte il regime stava attuando importanti opere per il bene
del paese. Anche quest’operazione si rivelò fallimentare poiché la scadenza mensile non
permetteva, chiaramente, di occuparsi di attualità, i cinema non erano obbligati a proiettarli
e, essendo prodotti solo in quattro copie, non avevano grande distribuzione245.
Per quanto riguarda il rapporto con la stampa, SPN scriveva articoli che i giornali erano
caldamente invitati – ma non obbligati - a pubblicare246. Avveniva così che i grandi
quotidiani, tra cui Diário de Notícias e O Século, che intrattenevano rapporti diretti con
240 Ibidem, p. 153. 241 Ibidem. 242 Ibidem, p. 156. 243 Ibidem, pp. 156-157. 244 Ibidem. 245 Ibidem, pp. 158-159. 246
Ibidem, p. 102.
35
Salazar247, semplicemente li ignorassero oppure, come i giornali di provincia, li
ricopiavano ciecamente248. Le uniche notizie la cui pubblicazione era obbligatoria erano le
note ufficiose del governo, gestite direttamente da Salazar249.
Nel 1943 furono festeggiati i dieci anni del SPN e per Ferro fu un momento per fare un
bilancio della política do espírito250. Egli dovette ammettere, ufficiosamente, il suo
fallimento per
«mancanza di spirito rivoluzionario, pessima organizzazione delle forze politiche,
egoismo, eccessiva libertà di azione agli intellettuali di sinistra, mancanza di una
stampa opportunamente organizzata, e, infine, carenza di mezzi legali per la
propaganda e mancanza di ordinamento con gli altri organismi pubblici»251.
Con il Decreto Lei 34 133 (24.11.1944)252, il SPN fu completamente riformato e
rinominato con una definizione più neutra: Secretariado Nacional da Informação (SNI) nel
quale furono centralizzate, ovviamente nelle mani di Salazar seppur diretto fino al 1950
ancora da Ferro253, tutte le funzioni inerenti l’informazione, la cultura popolare, il turismo
e la censura. Il SNI divenne un organo più di controllo che non d'inquadramento
ideologico, sancendo così il crepuscolo della política do espírito254.
Un declino in qualche modo predestinato, vista la personalità di Salazar. Per lui dare
spazio alla política do espírito voleva dire uscire da una posizione di ambiguità, sulla quale
aveva basato il suo regime, ed esporsi troppo255. Concordando con Goffredo Adinolfi
«la ragione alla base di una propaganda frammentaria, caotica e dispersiva è che
[…] essa non doveva servire a formare lo spirito della Nazione, ma più
247 Ibidem, pp. 110-111.
248 Ibidem, p. 222. 249
Ibidem, p. 207. 250 Ibidem, p. 221. 251
Ibidem, pp. 224-225. 252
Ibidem. 253 Isabel Forte, op. cit., p. 56. 254
Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 225. 255 Ibidem, pp. 230-232.
36
modestamente ad occupare uno spazio che avrebbe potuto essere conquistato da
altri»256.
Per questo bastava la censura, «arma più sofisticata, che uccideva lentamente qualsiasi
forma di opposizione scritta»257.
256 Ibidem, p. 233. 257 Ibidem, p. 230.
37
Capitolo Terzo
La censura in Portogallo negli anni Trenta
La
«depoliticizzazione e la smobilitazione civile dei portoghesi, per cercare di
impedire la presa di coscienza di alternative sociali, culturali, politiche e
ideologiche»258,
era l’obiettivo dell’Estado Novo, e, per questo, la censura fu la miglior arma per
contrastare il diffondersi di differenti possibilità di scelta.
3.1 La censura come male necessario
Interrogato da António Ferro sulla possibilità di porre fine alla censura presente in
Portogallo fin dal golpe militare del 1926, Salazar rispose:
«Comprendo che la censura la irriti [...] perché non vi è nulla che l'uomo consideri
più sacro del suo pensiero. Mi spingo più in là: arrivo a concordare che la censura è
un’istituzione difettosa, ingiusta, soggetta a volte al libero arbitrio dei censori,
secondo il loro carattere e il loro mal umore. Una digestione difficile, una semplice
discussione familiare, può influenzare, per esempio, il taglio inopportuno di un
articolo»259.
258 João Madeira (coord.), Irene Flunser Pimentel, Luís Farinha, op. cit., p. 33 («despolitização e desmobilização cívica dos portugueses, ao tentar de impedir a tomada de conhecimentos de alternativas sociais, culturais, políticas e ideológicas ao Estado Novo»). 259 António Ferro, Salazar..., op. cit., p. 46 («Eu compreendo que a censura os irrite [...] porque não há nada que o homem considere mais sagrado do que o seu pensamento. Vou mais longe: chego a concordar que a censura é uma instituição defeituosa, injusta, por vezes, sujeita ao livre arbítrio dos censores, às variantes do seu temperamento, às consequências do seu mau humor. Uma digestão laboriosa, uma simples discussão familiar, pode influir, por exemplo, no corte intempestivo de uma notícia»).
38
Conosceva bene i limiti di quest’organismo, essendo stato allontanato dall'insegnamento
per propaganda filo-monarchica durante le sue lezioni260, ma, nonostante questo,
considerava il controllo sulle testate giornalistiche irrevocabile poiché
«non è legittimo […] che si deturpino i fatti, per ignoranza o per malafede, per
giustificare attacchi ingiuriosi all'opera del Governo che pregiudichino gli interessi
del Paese. Sarebbe come riconoscere il diritto alla calunnia. Non è giustificabile in
questi casi la censura, come elemento di chiarimento e correzione necessario?»261.
La censura, secondo Salazar, era un male necessario262, una
«legittima difesa degli Stati liberi, indipendenti, contro il grande disorientamento
del pensiero moderno, della rivoluzione internazionale del disordine»263.
I tagli dei giornali assumevano quindi una sfumatura morale264, intesa come difesa del
popolo portoghese, di cui il Presidente del Consiglio, come si è trattato nel Capitolo
Secondo, aveva una scarsa opinione, considerandolo «sentimentale, emotivo, ingenuo»265.
Dunque bisognoso di essere protetto da un «elemento forviante per le masse»266 come la
stampa.
Parlando delle reazioni volubili dei portoghesi nei confronti delle proporzioni esagerate
con cui i giornali trattavano i crimini, così le sintetizzava:
260 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 61. 261 António Ferro, Salazar..., op. cit., p. 46 («não è legítimo […] que se deturpem os factos, por ignorância ou por má fé, para fundamentar ataques injustificados à obra de um Governo, com prejuízio para os interesses do País. Seria o mesmo que reconhecer o direito à calúnia. [...] Não se justificará a censura, nestes casos, come elemento de elucidação, como correctivo necessário?»). 262 Helena Ângelo Veríssimo, op. cit., p. 36. 263 João Madeira (coord.), Irene Flunser Pimentel, Luís Farinha, op. cit., p. 37 («legítima defesa dos Estados livres, indipendentes, contra a grande desorientação do pensamento moderno, a revolução internacional da desordem»). 264 Helena Ângelo Veríssimo, op. cit., p. 42. 265 António Ferro, Salazar..., op. cit., p. 77 («sentimental, emotivo, crédulo»). 266 Isabel Forte, op. cit., p. 30 («elemento insubordinador das massas»).
39
«Il primo movimento che avviene nel popolo è di violenza, di rancore, quasi di
odio, contro il criminale, contro i suoi cattivi istinti, contro la bestia. […] Ma
l'assassino [...] ha sempre una figura che appare al suo fianco: la compagna, la
madre anziana, il figlio abbandonato... E presto avviene un voltafaccia, un
movimento di compassione nell'opinione pubblica: “Poverino! Ha già abbastanza
sofferto!”… E quando è letta la sentenza, contenente una condanna giustamente
grande, si sente di nuovo, tra le righe dei giornali, tra le voci della gente, un nuovo
movimento di violenza, di rancore, quasi di odio, ma contro i giudici, contro la
giustizia»267.
Salazar riteneva che, attraverso la censura, bisognasse
«modificare poco a poco, con pazienza, le passioni degli uomini, atrofizzandole,
calmandole, azzittendole, forzandole [...] a tenere un ritmo più lento, più sicuro,
facendo scendere la temperatura, curando la febbre...»268.
La stampa, essendo un «alimento spirituale del popolo», doveva essere «controllato come
tutti gli alimenti»269 e doveva assumersi il compito di
«calmare gli spiriti, far dimenticare gli odi e le passioni, concentrando gli sforzi di
tutti i portoghesi per il bene della Nazione»270.
267 Ibidem («O primerio movimento é de violência, de racor, quasi de odio, contro o criminoso, contro os seus maus instintos, contra a fera. [...] Mas o assassino [...] ha sempre una figura humana que aparece na teia, ao seu lado: a companhiera dedicada, a mãe velhinha, o filho abandonado...E logo se sente una reviravolta, un movimento de compaixão na opinião pública: «Coitado! Pobre homen! Bem basta já o que sofre»... E quando é lida a sentença, quando a pena è justa mas grande, sente-se de novo, nas entrelinhas dos jornais, nos rumores do público, un novo movimento de violência, de raconor quasi de odio, mas contra os juizes, contra a justiça»). 268 Helena Ângela Veríssimo, op. cit., p. 28 («modificar pouco a pouco, pazientemente, as paixões dos homens, atrofiando-as, calando-as, forçando-as […] a um ritmo vagaroso, mas seguro, que nos faça descer a temperatura, que nos cure a febre..»). 269 Ibidem, p. 48 («o alimento spiritual do povo»; « fiscalizado como todos os alimentos»). 270 Art. 16, Circular urgente de Direcção-Geral dos Serviços de Censura à Imprensa, de 28 de Agosto de 1931, citato in Isabel Forte, op. cit., p. 31 («acalmar os espíritos, de fazer esquecer os ódios e paixões, congregando os esforços de todos os portugueses para o bem de Nação»).
40
Per raggiungere questo chimerico bene era perciò necessario «vigilare, supervisionare,
correggere»271 ogni tipo di informazione, rendendo i portoghesi a conoscenza solo di ciò
che fosse necessario alla pace sociale, all’armonia nazionale. Tutto il resto diveniva inutile,
come se «non avesse esistenza effettiva»272.
3.2 La Legislazione e le Commissões de Censura
La censura, che soffocò ogni libertà in Portogallo fino alla Rivoluzione dei Garofani del
1974, iniziò a stringere le sue maglie agli albori della Ditatura Militar273. Il 22 giugno
1926, superate i trambusti del golpe, i direttori dei quotidiani di Lisbona ricevettero una
nota urgente da parte di Aníbal de Azevedo, il secondo comandante della Polícia Cívica:
«Signor Direttore del giornale...
Per ordine superiore, La porto a conoscenza che, da oggi, è istituita la censura sulla
stampa, non essendo permessa l’uscita di alcun giornale senza che quattro copie
degli stessi non siano presentate al Comando da Guardia Nacional Republicana.
Cordialmente.
Lisbona. 22 Giugno 1926»274.
I rappresentanti dei giornali furono subito convocati al Quartel do Carmo, dove il
colonnello di fanteria Augusto Prata Dias, presentandosi come presidente della Comissão
da Censura à Imprensa, abbozzò gli argomenti di cui non era permessa la pubblicazione:
«insulti o offese ai membri del Governo; notizie infondate; e notizie la cui
divulgazione, sebbene siano fondate, è considerata inconveniente»275.
271 Ibidem, p. 42 («vigiar, supervisionar, corrigir»). 272 Ibidem («não tivesse existência efectiva»). 273 Cândido de Azevedo, Mutiladas e Proibidas, Para a história da censura literária em Portugal nos tempos
do Estado Novo, Editorial Caminho, Lisboa, 1997, p. 27. 274 Joaquim Cardoso Gomes, Os Militares e a Censura. A Censura à Imprensa na Ditatura Militar e Estado
Novo (1926 – 1945), Livros Horizonte, Viseu, 2006, p. 20 («Sr. Director do jornal... Por ordem superior, levo ao conhecimento de V.Exa, que, a partir de hoje, é estabelecida a censura à imprensa, não sendo permitida a saída de qualquer jornal sem que quatro exemplares de mesmo sejam presentes no Comando da Guardia Nacional Republicana, para aquele fim. Saúde e Fraternidade. Lisboa. 22 de Junho 1926»).
41
Le forbici dei censori iniziarono ad agire nel pomeriggio del 23 giugno e, com’è
perfettamente visibile dalla copertina di A Capital (fig. 1), dal 24 giugno in ogni
pubblicazione presente nelle edicole o tra le mani degli «ardinas»276 fu possibile leggere,
ben visibile in prima pagina:
«ESTE NUMERO FOI VISADO PELA COMISSÃO DA CENSURA»277.
Nell’estate del 1926 fu pubblicato un Decreto Lei, nel quale si specificata che
«a tutti è permesso manifestare liberamente il proprio pensiero […]
indipendentemente dall'azione della censura e senza autorizzazione o abilitazione
preventiva»278.
In realtà
«l'entrata in vigore della legge non implicò la revoca della censura, che fu
mantenuta senza che nessuna legge la prevedesse negli articoli, come misura
straordinaria»279,
come precauzione transitoria, dovuta alla sospensione temporanea delle garanzie
costituzionali. Molti giornali furono sospesi, come O Mundo per aver pubblicato in prima
pagina
«Republicanos: Às Armas!/ A Revolução em marcha/ Abaixo a Ditadura»280
275 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 28 («insultos ou agravos aos membros do Governo; notícias infundamentadas; e notícias, embora fundamentadas, cuja divulgação seja considerada inconveniente»). 276 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 29 («strilloni»). 277
Ibidem («QUESTO NUMERO È STATO CONTROLLATO DALLA COMMISSIONE DELLA CENSURA»). 278 Decreto Lei 12 008, Capítulo I, art. 1, in Diário do Governo, n. 167, 1° Série, de 2 de Agosto de 1926, citato in Ibidem p. 47 («a todos é lícito manifestar livremente o seu pensamento […] independentemente de caução ou censura e sem necessidade de autorização ou habilitação prévia»). 279 Graça Franco, A censura a impresa (1820-1974), Imprensa Nacional- Casa da Moeda, Lisboa, 1993, p. 72 («a entrada em vigor da lei não implicou o levantamento da censura, que existia e se mantinha sem que a lei a previsse em nenhum dos seus artigos, como medida extraordinaria»).
42
e, nell'agosto del 1926, il direttore del settimanale O Cardeal Saraiva, fu incarcerato una
notte non aver eseguito i tagli imposti ad alcuni articoli281.
La censura era sotto il controllo diretto del Ministério da Guerra282 e, nonostante nel
1928 fosse stata creata la Direcção Geral dos Serviços de Censura à Imprensa (DGSCI)
guidata da Prata Dias, ci furono molte difficoltà a organizzare un sistema efficiente in tutto
il paese, con criteri uniformi e collegamenti tra le varie commissioni283. Le norme e le
varie direttive non furono mai orientate verso un'istituzionalizzazione dell'apparato,
continuando a sfociare in istruzioni verbali e circolari vaghe e imprecise284.
È con l’inizio del governo Salazar, nel luglio del 1932, che fu redatto per la prima
volta, nelle Instruções Gerais da Direcção Geral dos Serviços de Censura285, un elenco
dettagliato di ogni termine e notizia di cui non era permessa la pubblicazione. Vale la pena
citarlo:
«a) riferimenti offensivi al Capo dello Stato, agli alti gradi dello Stato, ai Capi di
Stato stranieri e ai loro rappresentanti in Portogallo;
b) riferimenti irriverenti ad autorità e funzionari ufficiali;
c) riferimenti ad argomenti che si collegano direttamente con la pubblica sicurezza;
d) notizie di attentati di carattere politici;
e) notizie dettagliate dei processi per motivi politici;
f) notizie che creino allarme e inquietudine pubblica;
g) composizioni la cui forma accusi la finalità intenzionale di nascondere la verità;
h) argomenti che rivelino l'intenzione deliberata di ostacolare il successo
dell’azione dello Stato;
i) corrispondenza, notizie o composizioni relative ai deportati o emigrati politici
che coinvolgano questioni di politica nazionale;
j) dettagli di crimini passionali e di tutti quelli che possano suggestionare;
280 Galeria Virtual da Censura, http://www.museudaimprensa.pt/galeriavirtualdacensura/ («Repubblicani: Alle Armi!/ Rivoluzione in marcia!/ Abbasso la dittatura!»). 281 Joaquim Cardoso Gomes, op. cit., p. 23. 282 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 30. 283
Ibidem, p. 31. 284 Graça Franco, op. cit., pp. 88-89. 285 Galeria Virtual da Censura, op. cit.
43
k) critica sistematica agli atti della Ditatura Militar che riveli lo scopo, non tanto di
chiarire e costruire, ma il desiderio di confondere e distruggere;
l) suicidi, ad eccezione di quelli commessi da criminali conosciuti e come tali
presentati al pubblico;
m) infanticidi, quando non sono seguiti dalla notizia che i tribunali hanno inflitto la
pena agli autori del crimine;
n) annunci pubblicitari di astrologi, streghe, veggenti e simili; di corrispondenza
amorosa di natura immorale; […] specialità mediche la cui lettura porti alla
conoscenza della loro applicazione a fini illeciti; prestiti immorali; lavori
moralmente sospetti e la cui redazione indichi chiaramente la dissoluzione dei
costumi. Si noti che la Censura, nell'ambito delle sue funzioni, è particolarmente
interessata ai termini utilizzati che possano ferire la morale familiare […];
o) crimini commessi dai minori;
q) allusioni ai servizi di Censura;
r) gli spazi in bianco e qualunque altra cosa che possa essere ricondotta, anche
erroneamente, all'azione della Censura;
s) la designazione della qualità di ufficiale dell'Esercito a individui accusati di
cattiva condotta, che implichino disonore per il buon nome delle Forze Armate. A
eccezioni per gli autori di crimini militari;
t) notizie che interessino le relazioni diplomatiche con i paesi stranieri senza il
permesso di questa Direzione Generale;
u) la propaganda di dottrine politiche considerati pericolosi per la sicurezza
nazionale;
v) tutti gli argomenti su quali sorgeranno dubbi saranno esaminati da questa D.
G.»286.
286 Circular da Direcção dos Serviços de Censura de Julho de 1932, citata in Cândido de Azevedo, op. cit., p. 37-38 («a) referências desprimorosas para o Chefe do Estado, altos poderes do Estado, Chefes de Estados estrangeiros e seus representantes em Portugal; b) referências irreventes às autoridades e entidades oficiais; c) referências a assuntos que se liguem directamente com a ordem pública; d) notícias de atentados de carácter político; e) notícias pormenorizadas de julgamentos por motivos políticos; f) notícias que originem o alarme e a intranquilidade pública; g) composições cuja forma acuse o propósito intencial que velar a verdadeira alusão e esta seja suspeita; h) assunto que possam significar o propósito deliberado de entravar a marcha dos negócios públicos; i) corrispondência, notícias ou composiçoês referentes a deportados ou emigrados políticos que envolvam questões de políticas nacional; j) pormenorização extensa de crimes passionais ou de
44
Con la nomina, nel novembre del 1932, del tenente Álvaro Salvação Barreto come
direttore generale della censura287, s'iniziò una riorganizzazione degli apparati all'insegna
dell'accentramento, perché:
«non ci deve essere una censura in ogni distretto e tanto meno in ogni delegazione:
c'è una censura generale del Governo della Dittatura che la orienta e a cui è
direttamente subordinata»288.
La prima novità, entrata in vigore nel gennaio 1933, fu la creazione di tre strutture
intermedie, chiamate Comissões de Censura de Zona: la Commissione del Nord, con sede
a Porto, quella del Centro, con sede a Coimbra, e quella del Sud, con sede a Lisbona289.
Ogni Commissione di Zona, oltre ad eseguire una dettagliata censura sulle pubblicazioni,
aveva anche il compito di controllare l'attività delle varie delegações, così distribuite sul
territorio:
«1. Zona Norte: Braga, Bragança, Chaves, Guimarães, Póvoa do Varzim, Peso da
Régua, Santo Tirso, Viana do Castelo, Vila Real e Lamego;
2. Zona Centro: Aveiro, Caldas da Rainha, Castelo Branco, Guarda, Leira e Viseu;
outros de fácil poder de sugestão; k) crítica sistemática aos actos da Ditatura Militar que relevel menos o propósito de esclarecer e costruir do que o desejo de baralhar e destruir; l) suicídios, come excepção dos cometidos por criminosos reconhecidos e come tal apresentados ao público; m) infanticídos, quando não seguidos da notícias da puniçáo, aplicada por sentença dos tribunais aos autores do crime; n) anúncio de astrologos, bruxas, videntes e outros: de correspondência amorosa de redação desmoralizadora; […] de especialidades farmacêuticas de cuja leitura resulte de conhecimento da sua aplicação a fins condenáveis; de empréstimos imorais; de empregos de moral suspeita e todos aqueles de cuja redacção possa claramente transparecer dissolução de costumes. É de notar que à Censura, no âmbito determinado pelas suas funções, interessam especialmente a redação, os termos empregados cuja leitura possa ferir a moral doméstica. […]; o) crimes cometidos por menores: p) notícias de nomeações, exoneração, demissões ainda não confirmadas; q) alusões aos serviços de Censura; r) espaçoes em branco, escarificações ou outros de que se julge poder depreender-se, mesmo erradamente, a acção da Censura; s) a designação da qualidade de oficial do Exército dos indivíduos acusados de faltas que impliquem deslutre para a honra militar. Exceptuam-se os autores de crimes militares; t) notícias que interessem às relações diplomáticas com países estrangeiros sem autorização desta D. G.: u) propaganda de doutrinas políticas consideradas perigosas para a segurança do Estado; v) todos os assuntos sobre os quais surgirem dúvidas os quais serão sujeitos à apreciação desta D. G.»). 287 Joaquim Cardoso Gomes, op. cit., p. 45 288 Ibidem, p. 46 («Não há uma censura em cada distrito e muito mais menos em cada delagação: há a Censura geral do Governo da Ditatura que ele orienta e lhe è directamente subordinada»). 289 Ibidem, p. 47.
45
3. Zona Sul: Beja, Elvas, Estremoz, Évora, Faro, Lagos, Portalegre, Santarém,
Setúbal, Ponta Delgada, Angra do Heroísmo, Horta e Funchal»290.
Nella pratica, ogni direttore di Commissione doveva elaborare relazioni, che erano
suddivise in questões de ordem social, de ordem política e administrativa, de ordem
religiosa e questões não classificadas291. Questi rapporti erano la base sulla quale il
Direttore Generale inviava un resoconto finale al Presidente della Repubblica, a Salazar e
ai vari ministri292.
Le Commissioni erano composte principalmente da militari in pensione o in riserva,
selezionati dalla Direcção-Geral dos Serviços e dal Capo del Governo293. La presenza dei
militari nell’apparato censorio fu un compromesso con l’esercito, un modo per far
partecipare le forze armate all’interno dell’
«apparato repressivo del regime […]. Erano loro che praticavano il terrorismo
psicologico sulla popolazione e sui giornali»294.
Inoltre
«il militare è disciplinato […] non crea difficoltà. […] Il militare non ha lo statuto
per dire quello che è certo e quello che non lo è. Esegue semplicemente gli
ordini!»295.
La mentalità del censore era «avida di guadagni economici», di «ottenere remunerazioni
extra» e per questo stava «sempre nervosamente attento alle istruzioni provenienti dall’alto
290 Ibidem. 291 Ibidem, p. 49. 292 Ibidem, p. 50. 293 Isabel Forte, op. cit., p. 59, 294
Ibidem, p. 60 («o aparelho repressivo do regime. [...] eram eles que praticavam o terrorismo psicológico nas populações e nos jornais»). 295 Ibidem, pp. 60-61 («o militar é disciplinado, […], não dificulta. [...] O militar não tem estatuto para dizer o que está ou não está certo. Cumpre sempre!»).
46
e le interpretava senza eccezioni, nel modo più rigoroso»296. La sua preparazione culturale
era in genere esigua e non gli permetteva di apprezzare con giusta imparzialità i testi
giornalistici, o le opere letterarie297, come incisivamente rivela il direttore del Lisboa a
Pereira definendo i militari dei «cafoni [...] degli analfabeti»298.
La realizzazione di questo efficiente coordinamento di commissioni avvenne al di fuori
da qualsiasi ordinamento giuridico. Solo con l’entrata in vigore della Constituiçao do
Estado Novo l’11 aprile del 1933299, si ebbe la regolamentazione legislativa della
censura300. Infatti, nonostante l'art. 8 garantisse
«libertà di espressione sotto qualunque forma»301,
nel secondo paragrafo dello stesso articolo si può leggere:
«leggi speciali disciplineranno l'esercizio della libertà di pensiero, di educazione, di
riunione e di associazione, avendo la priorità di impedire, preventivamente o
regressivamente, la perversione dell’opinione pubblica nella sua funzione sociale e
salvaguardare l'integrità morale dei cittadini»302.
Leggi speciali che non si fecero attendere poiché, lo stesso 11 aprile 1933303 fu pubblicato,
firmato da «Óscar Carmona, Presidente da República, e Oliveira Salazar, Presidente do
Conselho»304, il Decreto Lei n. 22 469 sul Diario do Governo (fig. 2). L’art. 1 ribadiva la
garanzia della libertà di espressione305 nei limiti, però, inseriti all’interno dello stesso
decreto. Nell’art. 2, infatti, si specifica che
296 Ibidem («avidada pelo interesse económico»; «obter remunerações extra»; «sempre nervosamente atento às intruções vindas de cima e interpreta-as sem excepção do modo mais rigorista».). 297
Ibidem. 298 Antonio Tabucchi, op. cit., p. 168. 299 Isabel Forte, op. cit., p. 36. 300 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 48 301 Isabel Forte, op. cit., p 36. («libertade de expressão do pensamento sob qualquer forma»). 302
Ibidem («Leis especiais regularão o exercício da libertade do pensamento, do ensino, de reunião e associaçao, devendo, quanto à primeira, impedir preventiva o repressivamente a perversão de opinião pública na sua funçao social e salvaguardar a integridade moral dos cidadãos»). 303 Cândido de Azevedo, op. cit. p. 49. 304 Galeria Virtual da Censura, op. cit. 305 Helena Ângelo Veríssimo, op. cit., p. 38.
47
«continuano a essere soggetti alla censura preventiva le pubblicazioni […], cosi
come i volantini, manifesti e altre pubblicazioni, ogni volta vi siano contenuti
argomenti politici o sociali»306.
Con l’art. 3 fu definito lo scopo della censura che era quello di impedire la «perversione
dell’opinione pubblica»307 e di tutelarla perché, come riportato nel titolo VI della
Costituzione, era
«elemento fondamentale della politica e dell'amministrazione del Paese e incombe
allo Stato difenderla da tutti gli elementi che la possano disorientare contro la
verità, la giustizia, la buona amministrazione e il bene comune»308.
Le Commissioni di Censura iniziarono a essere nominate direttamente dal Governo, con la
possibilità di remunerare i censori (art. 4)309, passando di competenza dal Ministério da
Guerra a quello do Interior310, per intermediario della Commissão de Censura de Lisboa
che avrebbe funzionato come direzione centrale (art. 5). L'art. 6 chiarisce che
«le Commissioni di Censura non possono alterare l'atto censurato con integrazioni
o aggiunte dovendosi limitare a eliminare i testi o ai passaggi ritenuti
inconvenienti»311.
Infine la legge assicurava agli autori degli articoli censurati il diritto di ricorso, che si
rivelò presto fallace, in quanto le commissioni create per giudicare tali istanze erano
composte dai governadores civis (di nomina governativa), dai membri della censura e da
306 Ibidem («continuam sujeitas a censura prévia a publiccações […] e bem assim as folhas volantes, cartazes e outras publicações, sempre que em qualquer delas se versem assuntos de carácter político ou social»). 307 Isabel Forte, op. cit, p. 36. («perversão da opinião pública»). 308 Bizzarri Aldo, op. cit., p. 88 («elemento fundamental da política e da administração do Páis, incumbindo ao Estado defendé-la de todos os factores ques a desorientem contra a verdade, a justiça, a boa administração e o bem comun»). 309 Isabel Forte, op. cit., p. 57. 310 Ibidem, p. 36. 311
Ibidem, p. 67 («as comissoes encarregadas da censura não podera alterar o acto censurado com aditamentos ou substituicoes, devendo limitar-se a a eliminar os textos ou passagens reputados de inconvenientes»).
48
una persona scelta dal Governo (art. 7). Si chiarisce, così, il numero ridotto, negli anni, di
casi in cui la censura modificò le sue decisioni312.
All’inizio del 1934 una circolare pose l'accento, nuovamente, sugli argomenti banditi
dai giornali, tra cui
«la lotta di classe; […] sviluppare l'odio tra le classi e corporazioni […]; la morale
sessuale; […] il falso pacifismo contro la Nazione; la socializzazione della
proprietà […]; […] la demoralizzazione della famiglia per mezzo del femminismo
che non fa parte di una sana morale; la propaganda a organizzazioni politiche e
sociali degli Stati comunisti […]; propaganda pseudo-umanitaria con la scusa di
migliorare le condizioni di vita delle classi operaie o rurali. Con altri più nobili
processi, l'Estado Novo sta cercando di compiere la medesima cosa»313.
Nel febbraio dello stesso anno fu disciplinata la Censura a livro e outras publicações
não periodicas con la creazione di una sezione speciale a Lisbona, una secção che
vigilasse sulla perversão dos costumes presente nei libri314. Nel 1935 furono multati gli
stand 11, 12 e 27 della Feira do Livro de Lisboa al fine che servissero da esempio per tutti
gli altri espositori315. Negli anni furono proibiti capolavori della letteratura mondiale, come
I fratelli Karamazoff ritenendo che «le classi meno colte non avrebbero alcun vantaggio
alla sua lettura»316.
Durante gli anni della guerra civile spagnola (1936/39) e della Seconda Guerra
Mondiale il Portogallo si dichiarò in una «situazione di neutralità»317 e pertanto la censura
si fece più ferrea, negando la diffusione di «materiali che potessero pregiudicare le
312 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 50.
313 Joaquim Cardoso Gomes, op. cit., p. 65 («Luta de classes; [...] desenvolver o ódio entre classes e corporações; moral sexual; […] um falso pacifismo contra a Nação; socialização da proprietade; [...]; desmoralizaçãõ da familía por via de conceitos de femminismo nãõ integrados numa moral sã; propaganda da organização política e social dos Estados comunistas […]; propaganda pseudo-humanitária de que sejam objecto as classes operárias ou rurais a pretesto de melhoraria de condições de vida que com outros mais nobre processos o Estado Novo procura atingir»). 314 Ibidem, p. 69. 315 Ibidem, p. 70. 316 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 202 («as classes menos cultas julgo náo tirarem qualquer vantagem da sua leitura»). 317 António de Oliveria Salazar, op. cit., p. 173-174. («situação de neutralidade»)
49
relazioni diplomatiche con i paesi stranieri»318. Una neutralità fittizia, visto il commercio di
volframio che il Portogallo intratteneva con la Germania319 e il massiccio aiuto alle forze
franchiste in Spagna320. Un’esposizione eccessiva del Portogallo a favore di Franco
avrebbe potuto compromettere i rapporti inviolabili con l'Inghilterra321 e, inoltre, vi era il
pericolo di una possibile unificazione di tutta la Penisola Iberica sotto l'insegna di un
governo filo tedesco322. Per salvaguardare l'indipendenza del Portogallo era meglio far
apparire l'ambiguità tipica di Salazar come sintomo di neutralità, nonostante ci furono ben
ottomila morti portoghesi al fianco dei nazionalisti spagnoli323.
Con il Decreto-Lei n. 26 589 (14.5.1936)324, le pressioni si fecero sempre più forti
dando alle Commissioni
«poteri illimitati per proibire la fondazione di giornali, per decidere la creazione o
la modifica dei titoli delle pubblicazioni, proibire l'ingresso e la distribuzione di
giornali e riviste straniere nel paese (art. 8) e applicare sanzioni ai giornali»325.
Nell'art. 2 si chiosa
«nessuna pubblicazione può essere fondata senza che sia riconosciuta l'idoneità
morale e intellettuale dei responsabili»326,
un'idoneità morale decisa ovviamente secondo l'arbitrio delle Comissões. Fu proibita la
pubblicazione di giornali che
318 João Madeira (coord.), Irene Flunser Pimentel, Luís Farinha, op. cit., p. 40 («matéria que pudesse prejudicar as relações diplomáticas com países estrangeiros»). 319 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit, p. 182. 320 Ibidem, p. 122. 321 Ibidem, p. 143. 322 Ibidem, p. 128. 323 Ibidem, p 129. 324 Isabel Forte, op. cit., p. 37. 325 Ibidem, p. 39 («poderes ilimitados para proibir a fundação das jornais, para decidir sobre a criação ou mudança de titulo das publicações; proibir a entrada e distribuição de jornais e revistas entrangeiras no país (art. 8) e aplicar sanções aos jornais»). 326 Helena Ângelo Veríssimo, op. cit., p. 38 («nenhuma publicação pode ser fundada sem que seja reconhecida a idoneidade intelectual e moral dos responsáveis»).
50
«non prestino garanzia sufficiente, in anticipo di sei mesi e attraverso
l'approvazione bancaria, delle spese di composizione, revisione, stampa e salari dei
giornalisti e dei collaboratori»327.
Fu fissato un tetto massimo di «70 páginas»328 settimanali per i «jornais diários»329 e
furono attuate anche misure verso i «giornali contrari alla “situazione”»330, come
l'esclusione nei suddetti di annunci amministrativi e giudiziari che rappresentava una delle
loro poche entrate. Privarli voleva dire aiutarne il fallimento331. Si iniziò dunque a colpire i
giornali trasversalmente con provvedimenti anche di carattere economico e nel giugno
1936 fu fissato a centottanta il limite massimo di 180 giorni di sospensione per un giornale
che non pagava le multe, che potevano avere un valore dai 200 ai 5000 escudos332.
Il 4 Luglio del 1939 fu inviata una circolare sobre questões militares, dove si esigeva
che fossero prese precauzioni adeguate per evitare la pubblicazione di
«informazioni su temi che interessino direttamente la difesa nazionale; viaggi o
missioni ufficiali; articoli o notizie che pongano nella scacchiera internazionale le
particolarità della nostra posizione geografica [...]; movimento di navi di guerra,
quando non espressamente autorizzato dal Ministero della Marina; reportage o
fotografie su materiale bellico; riferimenti al riarmamento dell'Esercito e della
Marina, nonché semplici allusioni per esprimere o lodare lo sforzo realizzato; [...]
particolari della vita di caserma o di campo»333.
327 Ibidem («por meio de […] aval bancário não preste a garantia sufficiente dos salário e ordenados ou correspondentes despesas de colaboraçãõ, composição, revisão e impressão durante o prazo de seis meses»). 328 Isabel Forte, op. cit., p. 37. 329 Ibidem. 330 Goffredo Adinolfi, Dittatura e lavaggio del cervello, http://www.storiain.net/arret/num61/artic3.htm. 331
Ibidem. 332 Joaquim Cardoso Gomes, op. cit., p. 86. 333 Cândido de Azevedo, op. cit., p. 41 («conferências sobre assuntos que interessem directamente à defesa nacional; viagens de estudo de missões de oficiais; artigos ou notícias que ponham no jogo dos interesses internacionais as particularidades da nossa posição geografáfica; movimento de navios da guerra quando não espressamente autorizado pelo ministério da Marinha; reportagens ou fotografias sobre material de guerra; referências ao riarmamento do Exército e da Marinha além de alusão simple para exprimir e luovar o esforço realizado; […] pormenores da vida do quartel ou de campana»).
51
Iniziarono a essere tagliare le notizie concernenti la partenza, il viaggio e l’arrivo dalla
Germania di nuovi aerei militari334. E ancora, furono cortadas: le trascrizioni dei giornali
francesi e inglesi con espressioni ingiuriose contro Hitler335, come tutte le informazioni
riguardanti la presenza di rifugiati ebrei e politici in Portogallo. L’articolo del 23 giugno
1940 di O Século, Refugiados de todas as nacionalidades aguardam em Vilar Formoso
autorização para seguirem para vários pontos do país, fu tagliato per intero336. Il Jornal
de Notícias, infine, si vide tagliare un articolo nel quale si ricordava l'impegno portoghese
nella guerra civile spagnola per evitare l'infiltrarsi di quelle passioni che sconvolgevano la
nazione vicina337.
All’inizio del nuovo decennio Salazar decise di centralizzare ulteriormente i servizi
legati all’informazione e con il Decreto Lei 30 320 (19.3.1940)338 istituì il Gabinete de
Coordenção dos Serviços de Propaganda e Informações (GCSPI). Si trattava di un nuovo
organismo costituito dai direttori dei servizi di propaganda e di censura, dal presidente
dell’Emissora Nacional e dal capo dei servizi stampa del SPN339. I lavori sarebbero stati
diretti dal Presidente del Consiglio in persona340 e lo scopo era quello di migliorare le
relazioni dello Stato con la stampa e assicurare l’esecuzione delle direttive di governo341.
Questa centralizzazione aprì le porte alla creazione, nel 1944, dell'SNI, il Secretariado che
avrebbe inglobato in un’unica struttura tutte le funzioni inerenti all'informazione, tra cui la
censura342.
E' chiaro che la censura divenne «la colonna portante del regime salazarista»343,
intessendo una rete sviluppata in ogni angolo del Portogallo. Si tratta di una
«una capillare struttura piramidale nella quale vi è un forte controllo sul territorio
da parte delle Commissioni di Zona, le quali devono settimanalmente produrre
334 João Madeira, (coord.), Irene Flunser Pimentel, Luís Farinha, op. cit., p. 40. 335 Ibidem. 336 Ibidem (Rifugiati di tutte le nazionalità aspettano a Vilar Formoso l'autorizzazione per spostarsi in altri punti del paese). 337 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 147. 338 Isabel Forte, op. cit., p. 38. 339 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 204. 340 Ibidem. 341 Isabel Forte, op. cit., p. 38. 342 Goffredo Adinolfi, Ai confini..., op. cit., p. 225. 343 Goffredo Adinolfi, Dittatura..., op. cit.
52
relazioni sulle pubblicazioni da inviare alle Commissioni superiori e le stesse
devono produrre istruzioni alle Commissioni di Zona circa il modo di procedere sui
tagli da effettuare preventivamente e, successivamente, sulle eventuali pene da
comminare alle pubblicazioni nel caso non rispettino le norme sulla censura»344.
Un impianto talmente perfetto da riuscire a essere controllato da un'unica persona: António
de Oliveira Salazar.
È facile evincere che l’insieme di decreti e misure qui riportate permettesse ai censori
di limitare fortemente la libertà dei giornali. Il lavoro quotidiano dei militari era
estremamente semplice, quasi automatico. L’autocensura divenne parte integrante del
lavoro di redazione345 e, per poter controllare meglio l’attività dei giornalisti, si creò il
Sindicato Nacional dos Jornalistas, legato al sistema corporativo gestito da Salazar, in cui
statuto si specificava che le regole deontologiche della professione dovevano essere, prima
di entrare in vigore, approvate dal Governo e che l’indipendenza dei giornalisti andava sì
difesa, ma innanzitutto subordinata al superiore interesse nazionale346.
Ogni direttore di Comissão aveva una linea telefonica diretta con ogni responsabile dei
giornali, con il quale comunicava almeno un paio di volta al giorno. Solo dopo aver
ricevuto ordini precisi sui temi di cui, quel giorno, era permesso trattare e in che misura, si
iniziavano a redigere gli articoli. Successivamente era obbligatorio consegnare alla
Comissão tre bozze di ogni pagina, in fogli lunghi e rettangolari347. I censori li leggevano,
controllavano entrelinhas che non vi fossero argomenti non permessi e segnavano con una
matita le parti da tagliare348.
La matita utilizzata per fare os cortes a Lisbona era il famigerato Lápis Azul, la matita
azzurra, destinata a divenire il drammatico simbolo di un'epoca349 (fig. 3). Sembra che non
vi siano ragioni particolari per l’utilizzo di questo colore, in quanto, ad esempio, a Porto
era usato il vermelho350. É probabile che la causa fosse essenzialmente economica, poiché
344 Ibidem. 345 Isabel Forte, op. cit., p. 69. 346 Helena Ângela Veríssimo, op. cit., pp. 46-47. 347
Isabel Forte, op. cit, p. 66. 348 Ibidem. 349 Andreia Lobo, O Lápis Azul, in A Página da Educação, a. XIII, n. 139, p. 24. 350 Isabel Forte, op. cit., p. 143.
53
si acquistavano «quelle matite che hanno una punta rossa e l’altra azzurra»351. Le
dividevano a metà e una parte era destinata a Porto, l'altra a Lisbona352.
In seguito all’esame delle bozze di stampa, le copie erano marcate da una serie diversa
di timbri: uno per indicare il titolo del giornale, l'anno, il numero e la data di pubblicazione
e un altro con la dicitura Visado pela Censura353 (fig. 4). Il risultato dell’analisi dei censori
si presentava in quattro forme:
«Cortado, Autorizado, Autorizado com cortes ou Sospeso»354.
Cortado indicava che era proibita la pubblicazione della notizia; Autorizado, come rivela il
nome, ne permetteva invece la stampa; Autorizado com cortes consentiva la stampa ma
solo con tagli che ne modificassero il senso. Sospeso, infine, bloccava l'uscita del pezzo
fino a una eventuale approvazione della Comissão355. Com'è esplicitato nel finale di
Sostiene Pereira356, ogni articolo, per essere stampato in tipografia, doveva essere
corredato dal visto della censura.
3.3 Os Ridiculos
É d’uopo, per dimostrare un’effettiva esistenza del controllo ferreo sulla carta stampata,
riportare degli esempi concreti. I documenti conservati nell’Hemeroteca Municipal de
Lisboa e presenti sia nel Catalogo della mostra Os Ridiculos: Desenho Humorístico e
Censura (1933-1945)357 sia nell’articolo Jornalismo Gráfico e Censura no Estado Novo,
Uma aproximação ao problema a partir do bissemanãrio “Os Ridiculos”358 sono
351 Ibidem, p. 150 («daqueles lápis que tinham ponta vermelha e ponta azul, deviam parti-los ao meio»).
352 Ibidem. 353 Ibidem, p. 67. 354
Ibidem, p. 68 («Tagliato, Autorizzato, Autorizzato con tagli e Sospeso»). 355
Ibidem. 356 Antonio Tabucchi, op. cit. 357 Rosa Barreto, Álvaro Costa de Matos e Pedro Bebiano Braga, op. cit. 358 Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, Jornalismo Gráfico e Censura no Estado Novo, Uma
aproximação ao problema a partir do bissemanãrio “Os Ridiculos”, in Jornalistas e Jornalismo, a. XX, n. 38, pp. 50-65.
54
un’importante testimonianza dell’assurdità del sistema censorio, che destinò il Portogallo a
un «irrimediabile olocausto culturale informativo»359.
Questa documentazione riguarda una serie di vignette che Alonso, pseudonimo del
disegnatore J. G. Santos Silva360, realizzò tra il 1933 e il 1941 per la rivista Os Ridiculos,
fondata a Lisbona nel 1895 da Cruz Moreira, soprannominato Caracoles361. Questa rivista,
definita da Fernando Pessoa, nella sua guida turistica Lisbon, what the tourist should
see362, come bi-settimanale «indipendente e umoristico»363 con sede in Rua de Barroca, si
era prefissata la missione di
«ridicolizzare, beffeggiare, prendere in giro l’umanità in genere e i politici in
particolare. Non siamo mossi dall’odio, o da cattiva volontà, né è nostra intenzione
offendere o ferire la suscettibilità di qualcuno»364.
Interrotta la stampa nel 1898 per la forte concorrenza e l’elevato analfabetismo, riprese
nel 1905, sfruttando l’effervescenza politica che precedette la Repubblica. In breve tempo
divenne uno dei più importanti titoli umoristici del Portogallo, impegnandosi, attraverso
disegni e caricature, nella critica politica e nella satira sugli eventi dominanti dell’epoca365.
Rebelo da Silva ne fu direttore dal 1933 al 1945, periodo cruciale nell’architettura
dell’Estado Novo, di relazioni tese tra la censura, con sue le “mutilazioni” ai disegni, e la
redazione di Os Ridiculos, costretta a venire patti con l’inesorabile azione liberticida del
Lápis Azul366.
Caricatura centrale della rivista fu il celebre Zé Povinho, figura satirica creata da Rafael
Bordalo Pinheiro nel 1875 per il periodico Lanterna Mágica367 (fig. 5). Nell’immagine o
359 César Principe, Os Segredos da Censura, 3° ed., Ed. Caminho, Lisboa, 1994, p. 3 («irreparável holocausto cultural informativo»). 360 Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 61. 361
Ibidem, p. 53. 362 Fernando Pessoa, Lisbon, what the tourist should see, Shearsman Books. 2008. 363 Ibidem, p. 34 («independent and humoristic»). 364
Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 54 («ridicularizar, apepinar, troçar a humanidade em geral e os políticos em particolar. Não nos movem ódios, nem malquerenças, nem é nosso intento ferir, ou molestar as susceptibilidedes de alguém»). 365 Ibidem. 366 Ibidem, p. 55. 367 João Medina, Rafal Bordalo Pinheiro e o Zé Povinho, Auto-caricatura português, in Linguas & letras, a. VI, vol, 6, n. 11, p .140.
55
Zé, visibile sulla destra, è dipinto attraverso semplici, ma diretti stilemi che ne
decreteranno il successo. È un sempliciotto, un contadino, buffo e dal viso un po’ tonto,
malvestito, con la postura grottesca, la barba poco curata, gilet e cappello tradizionali. Si
accinge, grattandosi la testa, a pagare le imposte al Ministro delle Finanze. A sinistra il
comandante delle Polícia Municipal è pronto con la frusta in caso di resistenza. Sullo
sfondo, il primo ministro Fontes Pereira de Melo è ritratto, come sant’Antonio che, tra le
braccia, tiene il re D. Luís I, nelle vesti di un infante368.
O Zé Povinho è «una sintesi della mentalità stessa del popolo [... ] e, attraverso un
(doppio) diminutivo»369 - Zé infatti deriva dal nome José, povinho invece è un
vezzeggiativo di povo, popolo –
«è diventato il nostro simbolo totemico. Ci costa dolore dover accettare questa
immagine scomoda, deprimente e contadina che spiamo nelle profondità del nostro
specchio collettivo»370.
Sono la passività e l’ignoranza le caratteristiche che contraddistinguono lo Zé,
«una sorta di rassegnato Sancho Pança senza Don Chisciotte (e forse, anche per
mancanza di questa guida sublime, nel suo sangue non circola neppure una goccia
d’inquieta trascendenza o di fermento metafisico). É significativo che il nostro
emblema nazionale può essere definito, nelle viscere della sua anima, come
assolutamente anti-donchisciottesco e anti-faustiano, come la negazione delle
preoccupazioni europee più intense e tragiche: il nostro Zé una figura
essenzialmente non drammatica»371.
368 José Augusto França, Rafael Bordalo Pinheiro. O Português Tal e Qual, Livraria Bertrand, Lisboa, 1981, p. 46. 369 João Medina, op. cit., p. 138-139 («uma sinopse da própria mentalidade do povo […] e nele, através dum (duplo) diminutivo tão revelador, se tornou nosso símbolo totémico, ainda que nos custe aceitar essa imagem deprimente e incomodamente labrega que nos espreita do fundo do nosso espelho colectivo»). 370
Ibidem («uma sinopse da própria mentalidade do povo […] e nele, através dum (duplo) diminutivo tão revelador, se tornou nosso símbolo totémico, ainda que nos custe aceitar essa imagem deprimente e incomodamente labrega que nos espreita do fundo do nosso espelho colectivo»). 371
Ibidem («espécie de resignado Sancho Pança sem D.Quixote (e, talvez por isso mesmo, por falta deste guia sublime, sem uma gota de inquieta transcendência existencial ou de idealista fermentação metafísica a circular-lhe no sangue). Não deixa de ser significativo que o nosso emblema nacional se possa definir, desde
56
Archetipo privo di tensioni ideali e, quindi, ideale per essere utilizzato come
«stereotipo satirico concepito per esemplificare l’inerzia, lo sconforto atavico e lo
scetticismo […] dei portoghesi»372.
É un’immagine sardonica per caricaturare i lati più negativi delle masse, a prescindere dal
contesto storico e, negli anni, o Zé «si è reso autonomo dal suo creatore volando con le sue
ali»373, attraverso le mani di altri disegnatori.
Come Alonso che, tra le pagine di Os Ridiculos, adottò lo Zé come emblema
dell’atteggiamento dei portoghesi verso la dittatura salazarista, un modo
«conformista, conformato, apatico, rassegnato, incapace di trascendere questo
incubo monotono chiamato Storia».
È “il dormire” la vera natura dello Zé, vittima del suo passivo nichilismo che non lo isola
dalla vita storica, che lo porta a rimanendo immobile di fronte a «tutti i cambiamenti e le
metamorfosi della realtà»374. Così come voleva Salazar.
Alonso rappresenta lo Zé povinho come un «Cristo crucificado»375 (fig. 6), in un
disegno dal forte impatto emotivo che, come si evince chiaramente dalla X tracciata con il
Lápis Azul, fu censurato. Il timbro dei censori riporta la data 11 ABR. 1933, giorno in cui
entrò in vigore la Costituzione e il Decreto Lei 22 469. Nel titulus crucis è presente
l'acronimo S.P. che si può supporre si riferisca a Senhor Povinho (il Signor Popolano) o a
Sociedade Portuguesa (Società Portoghese). In ogni caso è evidente la scelta del
disegnatore di mettere in scena, attraverso il capo chino dello Zé trafitto di spine e il suo
corpo contorto, la straziante sofferenza del Portogallo messo in croce da Salazar.
as suas entranhas anímicas, como rotundamente anti-quixotesco e também anti-fáustico, ou seja, como negação das duas inquietudes européias mais intensas e trágicas, sendo o nosso Zé uma figura essencialmente não-dramática»). 372 Ibidem, p. 145 («estereótipo satírico concebido para epitomizar a inércia, o desconforto atávico e o cepticismo [...] dos Portugueses»). 373 Ibidem, p. 146 («se autonomizou do seu criador para voar com asas próprias»). 374 Ibidem, p. 146-147 («conformista, conformado, apático, resignado, incapaz de transcender esse pesadelo monótono chamado História»; «a todas as mudanças e metamorfoses da realidade.»). 375 Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 57.
57
Ambizione sicuramente raggiunta e resa ancor più d'impatto dalle note scritte a matita,
presenti agli estremi della vignetta. Visto il tono di queste, si può quasi certamente
presumere che non siano appunti aggiunti successivamente dai censori, ma in precedenza
dal vignettista stesso. Erano una sorta di annotazioni che sarebbero state inserite, se non
fosse intervenuta la censura, all'interno della versione pubblicata. Infatti, nella parte
superiore della pagina, vi è appuntato Em Quarta-feira de trevas, Nel Mercoledì delle
tenebre, chiara citazione ai versi del Vangelo
«E, chegada a hora sexta, houve trevas sobre a terra até à hora nona»376,
ma anche un riferimento palese all’attualità: l’11 aprile 1933 fu, effettivamente, un
mercoledì. L'altra espressione, nel fondo della pagina, è Ecce-Trouxa!, Ecco il Babbeo!,
che riprende la celebre locuzione
«Ecce homo»377
di Pilato quando mostra ai Giudei Il Cristo flagellato. Alonso, definendo il suo Zé un
babbeo, non sembra intenzionato solo a denigrare i suoi concittadini, ma anche a
smuoverne le coscienze.
Questa provocatoria definizione, infatti, si contrappone a un'immagine che rimanda
con, realismo espressivo, alla «Paixão De Cristo»378, un Evento di cruciale importante per
una società cattolica come quella portoghese. Oltre all’aspetto prettamente religioso, la
Croce è legata al mito su cui si fonda questa nazione. La leggenda narra che Afonso
Henriques, futuro sovrano del Portogallo, prima della battaglia di Ourique del 1139, che
segnò di fatto la creazione del regno portoghese, abbia visto comparire in cielo la croce di
Cristo, come presagio positivo alla vittoria del scontro379.
376 A Bíblia Sagrada, Paulus Editora, 2009, Marcus 15, 33 («e arrivatqa l’ora sesta, il cielo si riempì di tenebre fino all’ora nona»), 377 Nova Vulgata, Bibbiorum Sacrorum Editio,
http://www.vatican.va/archive/bible/nova_vulgata/documents/nova-vulgata_index_lt.html, Ioannem 19, 5. 378 José Gil, Salazar: A Retórica da Invisibilidade, Relógio D'Água Editores, Lisboa, 1995, p. 29. 379 Eduardo Lourenço, Il labirinto della saudade, Portogallo come destino, Edizioni Diabasis, Reggio Emilia, 2006, p. 143.
58
Il paragone tra la Sociedade Portuguesa, rappresentata da o Zé, e Il Cristo morente in
croce, dunque, non è solo una forte presa di posizione contro la plebe “babbea”, ma, dando
vita sulla carta ad uno degli elementi centrali di questo popolo, Alonso sembra voler
scuotere la sensibilità lusitana, spronarla non a farsi crocifiggere, ma a uscire dalle trevas,
e dalla passività con cui si rapportava al regime. É dunque facilmente comprensibile che
questa immagine, secondo l’ottica dei censori, andasse assolutamente epurata.
Un altro esempio, sempre all'insegna della rappresentazione di un popolo destinato al
dolore, è la vignetta del 4 maggio 1934 (fig. 7) raffigurante Salazar, riconoscibile dal
caricaturale naso, al capezzale dello Zé malato380. In questa prima versione, non ancora
filtrata dalla censura, Salazar oltre a vida nova, economias, salvação, somministra al
malato anche contribuiçoes e impostos, “medicine” che scompaiono nella versione
pubblicata (fig. 8). Grazie alle iscrizioni aggiunge dai censori, riconoscibili dal color azul
della matita, il dittatore diviene un medico381, un curatore del Portogallo che, nella semana
da tubercolose, offre Assiténcia médica permanente! Salazar doveva risultare, per i
cittadini, come un «padre che, serenamente, si rivolgeva ai suoi figli per
tranquillizzarli»382.
Il 6 marzo 1941 Alonso dipinge o Zé intento a osservare, con un cannocchiale,
l’orizzonte, dove dominano grandi nubi383, a metafora del futuro incerto del Portogallo
(fig. 9). Sotto “consiglio” dei censori i cirri scompaiono, lasciando un emblematico
panorama vuoto (fig. 10). Per la «tranquillità dei lettori»384 O Zé portoghese doveva
risultare
o único […] da Europa que pode olhar o futuro com tranquilidade!, CHEIO DE
CONFIANÇA385.
380 Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 57. 381
Ibidem. 382 Goffredo Adinolfi, op. cit., p. 215-216. 383 Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 57. 384 Ibidem («sossego dos leitores»). 385 (l’unico […] che può guardare il futuro con tranquillità!, PIENO DI FIDUCIA).
59
I censori non colpirono solo la satira nei confronti del regime e di Salazar, ma anche
l’innocente ironia rivolta alla «debolezza»386 dei portoghesi verso il cibo e le Festa de
Lisboa. Nella vignetta del giugno 1935 O Zé è raffigurato mentre si gusta, traboccante
d’ingordigia, un pollo con patate (fig. 11). Il motivo di questo taglio, come sempre palesato
da una grande X sovraimpressa al disegno, è spiegabile con l'attitudine dell'Estado Novo a
inibire «le tendenze e le pulsioni più “carnali”, più “egoiste”, più “mediocri”»387 e risulta
del tutto coerente con la logica di smobilitazione più volte sottolineata nel Capitolo
Secondo. L'obiettivo di Salazar era di portare il popolo portoghese ad aver un
«comportamento permanente di privazione, di restrizione», rinunciando «alle sue
ambizioni, aspirazioni, ai suoi desideri (ai suoi piaceri, etc.)»388. L'appetito vorace del
popolano, espresso dalla caricatura in fondo affettuosa di Alonso verso le bonarie passioni
umane, non rappresentava l'ideale salazarista del bom português, la cui vita doveva essere
una «morte simbolica», svolgendosi nell'anonimato, nell'«invisibilità»389 in quanto
individuo.
La morte ritorna nell'ultima delle prove qui riportate. In un disegno del marzo 1938, in
occasione dell’Exposição dos Humoristas, Alonso disegna la veglia alla Graça Portuguesa
(fig. 12). Prima di inoltrarsi nell’illustrazione, è bene chiarire che Graça, nella lingua
portoghese, è una parola polisemica che può essere tradotta con
«grazia, leggiadria […] concessione, favore, perdono, […] benevolenza,
amicizia»390,
ma anche con
«detto spiritoso, battuta di spirito, celia, facezia; dar um ar da sua graça,
sorridere, fare buon viso; […] ter graça essere spiritoso, divertente, piacevole;
386 Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 57 («debilidade»). 387 José Gil, op. cit., p. 53 («tendências e pulsões mais “carnais”, mais “egoístas”, mais “medíocres»). 388
Ibidem, p. 30 («comportamento permanente de privação, de restrição»; «as suas ambições, as suas aspirações, os seus desejos (os seus prazeres, etc.)»). 389 Ibidem, p. 30 («morte simbólica»; «invisibilidade enquanto indivíduos»). 390 Giuseppe Mea, o Dicionário Português seconda edizione portoghese-italiano, Zanichelli e Porto Editora, Porto, 2003, voce Graça.
60
[…] scherzare, motteggiare, celiare, dire cose spiritose; [...] graças pesadas battute
piccanti por graça per scherzo»391.
Considerata l'ambientazione della vignetta (come si è detto Exposição dos Humoristas) e i
nomi riportati sulla corona funebre, dove domina un triste Eterna Saudade de392 Gervásio
Lobato, umorista del secolo XIX393, de Rafael Bordalo394, de André Brun, autore di
commedie teatrali395, de Caracoles, il fondatore di Os Ridiculos e de Zé Povinho, si può
ritenere che la traslazione più adeguata in lingua italiana sia, in questo caso, Umorismo
Portoghese.
«Nel funerale dell'Umorismo Portoghese – oltre ad Alonso presente con
un'autocaricatura (che appare a destra, senza occhiali), insieme a altri disegnatori
umoristici – quello che è importante evidenziare è il taglio che il censore fece alle
didascalie», 396
presenti all'interno delle candele, che identificano il
«Lápis Azul. Senza questo riferimento, la vignetta perde molta della sua forza
critica e dalla forma (il Lápis) può essere facilmente confuso con una grande
candela [...] soprattutto per un lettore comune e meno attento»397.
391 Ibidem. 392 Saudade, ancor più di Graça, è un termine dai molteplici significati. Come riportato da Ibidem, voce Saudade, può essere tradotto con nostalgia, rimpianto, ma vista la sua posizione all’interno della vignetta, ovvero su una ghirlanda funebre, reputo che la traduzione ideale possa essere “Alla Memoria di…”. 393 Américo Enes Monteiro, A recepção de Friedrich Nietzsche na vida intelectual portuguesa (1892-1939), Tese de Doutoramento, Faculdade de Letras da Universidade do Porto, 1997, p. 36. 394 Come si è visto creatore dello Zé Povinho. 395 Primeira Republica, http://www.primeirarepublica.org/portal/index.php?option=com_content&view=article&catid=15:biografias&id=697:brun-andre-francisco-1881-1926&Itemid=14 396 Estratto della e-mail inviatami da Pedro Bediano Braga, autore insieme ad Álvaro Costa de Matos, di Jornalismo Gráfico e Censura no Estado Novo, Uma aproximação ao problema a partir do bissemanãrio
“Os Ridiculos, op.cit., in risposta alla mia richiesta di delucidazioni su questa vignetta («No funeral da Graça Portuguesa - também de “Alonso” que se auto-caricatura (figurando à direita, sem óculos), ao lado de outros desenhadores humoristas - o que foi importante cortar, para o censor, foram as legendas»). 397 Estratto della e-mail inviatami da Pedro Bediano Braga. Vedasi nota n. 396 («Lápis Azul. Sem esta referência, perde grande parte da sua força crítica e a forma facilmente se confunde com a de uma grande vela [...] no caso do leitor comum e menos atento»).
61
Epurato il riferimento al Lápis Azul questa illustrazione assume tutto un altro significato
(fig. 13). Nonostante questo funerale è ancora in onore all'Umorismo Portoghese,
l'illustrazione si trasforma in una semplice nota di nostalgia verso gli umoristi portoghesi
del passato, marcata dalla didascalia aggiunta dai censori
Na Sociedade Nacional de Belas Artes, onde ésta sendo velada a velha graça
portuguesa, têm-se realizado numerosos turnos398.
Si perde la duplice accezione che le affidò Alonso, ossia di veglia funebre in onore dei
colleghi ormai defunti, ma soprattutto, attraverso la somiglianza delle candele a due grosse
matite, di perentoria critica al regime che stava uccidendo, tra le sue maglie, la Graça
Portuguesa.
Come si è potuto appurare in questi documenti, i censori apportavano modifiche alle
immagini nonostante l'art. 6 del Decreto Lei n. 22 469 lo vietasse espressamente. Come ho
potuto riflettere grazie a Goffredo Adinolfi
«Non essendo il giornale in questione un quotidiano c’erano anche margini
maggiori di contrattazione. Pur essendo una dittatura, il salazarismo, era un regime
pragmaticamente elastico e adottava un’attitudine rigida unicamente quando
necessario... Quindi se era possibile pubblicare la rivista con qualche
rimaneggimento perché no?»399.
Inoltre le modifiche arrecate furono in grado di trasformare le vignette di Alonso in
illustrazioni celebrativi di Salazar, della sua ideologia e dello Zé povinho, non più come
simbolo di critica ma icona del “buon portoghese” cui anelava la dittatura. Dove per buon
portoghese s’intendeva una “persona/non persona”, lobomizzata su idee conformi, priva di
senso critico, totalmente neutrale a livello politico, passivo di fronte agli avvenimenti
storici.
398 (Nella Sociedade Nacional de Belas Artes ci sono state molte visite in occasione della veglia funebre alla Graça Portuguesa). 399 Estratto della e-mail inviatami da Goffredo Adinolfi, autore di Ai confini…, op. cit., in risposta alla mia ricerca di alcune delucidazioni riguardo l’art. 6 del Decreto 22 469 e la sua reale applicazione.
62
In conclusione, si può giustamente confermare il ruolo morale che Salazar volle
affidare al Lápis Azul, fondato non sul rispetto dell’individuo e delle sue capacità di critica,
ma sull’importanza di proteggere la tranquillità della nazione e dei cittadini. L’analisi della
legislazione portoghese negli anni Trenta ha rivelato un’ambiguità di fondo, poiché, da un
lato, la Costituzione garantiva la libertà d’espressione ai giornali, ma rimandava a “leggi
speciali” la sua regolamentazione. Attraverso un’abbondanza serie di Decreti Lei e
circolari, dunque, la censura rese il Portogallo, chiaramente solo attraverso la carta
stampata, un «paraíso»400, una «República da Ilusitania»401, abile gioco di parole tra
Lusitânia (l’antico nome del Portogallo quando era una provincia romana) e illusão
(illusione).
Secondo Salazar
«Politicamente só esiste o que o público sabe que esiste»402;
e nelle pagine dei giornali iniziarono a non esistere più
«suicidi. Né baracche. Né colera. Ne aumenti di prezzo. Né l'aborto. Né la guerra.
Né gli hippies. Né scioperi. Né droghe. Né l'influenza. Né gli omosessuali. Né la
crisi. Né i massacri. Né il nudismo. Né inondazioni. Né febbre gialla. Né
l'imperialismo. Né fame. Né le violenze. Né inquinamento. Ne i deragliamenti. Né
il tifo. Né il Partito Comunista. Né le truffe. Né relazioni extraconiugali. Né il
razzismo»403.
La censura divenne così il «preservativo do “velho regime”404», in quanto, castrando dalle
pagine dei giornali ogni tipo di dissenso e di comportamenti ritenuti immorali, tendeva a
400 Isabel Forte, op. cit., p. 83 («paradiso»). 401 Termine coniato da José Hipólito Vaz Raposo, citato in Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., p. 146. 402 Ibidem, p. 97 («Politicamente esiste solo quello che la gente sa che esiste»). 403 César Príncipe, op. cit., p. 12 («suicídios. Nem barracas, nem cólera. Nem aumentos de preços. Nem abortos. Nem guerra. Nem hippies. Nem greves. Nem droga. Nem gripes. Nem homossexuais. Nem crises. Nem massacres. Nem nudismo. Nem inundações. Nem febre amarela. Nem imperialismo. Nem fome. Nem violações. Nem poluição. Nem descarrilamentos. Nem tifo. Nem Partido Comunista. Nem fraudes. Nem poisos extraconjugais. Nem racismo»). 404
Ibidem.
63
rendere la percezione del Portogallo come di un luogo battericamente puro, radicalmente
sterilizzato, profilatticamente immune405.
405 Ibidem.
64
Conclusioni
Nel presente lavoro si è analizzata la censura in Portogallo negli anni trenta, usando come
spunto per la trattazione il romanzo di Tabucchi Sostiene Pereira406. Dopo aver sviscerato,
per quanto lo permetta una Tesi triennale, la legislazione dell’Estado Novo riguardante la
stampa e riportato alcuni esempi estratti dal settimanale umoristico Os Ridiculos, si può
affermare con convinzione che la finzione romanzesca di Tabucchi è una fedele
rappresentazione della situazione storico-politica portoghese agli albori della Seconda
Guerra Mondiale.
L’atmosfera che traspare tra le pagine è quella un regime che censura i quotidiani e
controlla la popolazione, dove le forme di dissenso non sono permesse e punite a volte con
la morte, come nel caso di Monteiro. La violenza, però, non fu un elemento centrale nella
dittatura, ma fu semplicemente tollerata, se proveniente da gruppi vicini al regime. Salazar
fu, per queste compagini di estrema destra, come un padre paziente che perdona le
irrequietezze del figlio adolescente, per poi trasformarsi in un padre/padrone nei confronti
dei cittadini che non concordavano con la sua visione del mondo.
Istituì un feroce apparato censorio eretto da leggi e decreti che tarparono le ali alla
libertà d’espressione. Non c’era l’obbligo, però, per i giornali di essere asserviti alle
esigenze propagandistiche del regime; la cosa importante era che non esprimessero critiche
nei confronti dello Stato, della classe dirigente salazarista e che non turbassero l’opinione
pubblica con notizie negative.
L’Estado Novo si qualifica pertanto come un regime autoritario, ma non totalitario.
Questa locuzione, infatti, è problematica e controversa in quanto, come si è ampiamente
trattato, non vi fu mai in Portogallo una spinta a totalizzare la società, a inquadrare in
gabbie ideologiche le masse. Semplicemente la finalità era «il mantenimento di uno status
quo considerato come immutabile e per il quale non serviva dunque la mobilitazione»407
dei cittadini.
406 Antonio Tabucchi, op. cit. 407 Goffredo Adinolfi, Ai confini…, op. cit., pp. 234-235.
65
Come auspica Goffredo Adinolfi è un’importante priorità dell’avanzamento degli studi
trovare una definizione storica adeguata all’Estado Novo408. É innegabile tuttavia che le
libertà di stampa e d’espressione, come si è accertato nel caso di Os Ridiculos, furono
cancellate, rendendo il Portogallo una «Disneyland, senza scandali, né suicidi, e neppure
veri problemi»409. Se si ritiene moralmente sbagliato anteporre alla libertà di critica e
d’espressione una presunta armonia nazionale è evidente che il regime di Salazar, che fu
innegabilmente “soft” rispetto alle dittature nazifasciste e comuniste che terrorizzarono
l’Europa nel secolo scorso, vada ascritto, in definitiva, come periodo cupo all’interno della
Storia dell’umanità.
Ritornando a Sostiene Pereira410, il protagonista è sì un personaggio letterario, ma
come chiarisce lo stesso autore, è ispirato alla vita di un vecchio giornalista che esercitò la
professione
«negli anni quaranta e cinquanta […] sotto la dittatura di Salazar. Ed era riuscito a
giocare una beffa alla dittatura salazarista pubblicando un articolo feroce contro il
regime»411.
Questo fortificare il valore storico del romanzo che, pur essendo fiction, ha contenuti
storici concreti e dimostrabili. Per di più funge da stimolo al lettore incuriosendolo sul
periodo storico trattato e, come nel mio caso, spingendolo ad approfondire l’argomento.
Inoltre la scelta, sapientemente giostrata da Tabucchi, di tratteggiare Pereira come un uomo
estraneo all’attualità, immerso nei ricordi del “bel tempo che fu”, non è casuale. Come lo
Zé Povinho egli è il prototipo dell’uomo immobile e invisibile che desiderava Salazar.
Isolato dal mondo, a Pereira servirà l’incontro con Monteiro per far vacillare le sue finte
certezze e aprire gli occhi di fronte alla realtà.
Ancora un punto da sviscerare: l'attualità del messaggio. Dopo l'ultima parola del
racconto appare una data: «25 agosto 1993»412. Appuntando al termine del libro il giorno
408 Ibidem.
409 Eduardo Lourenço, op. cit., p. 29. 410 Antonio Tabucchi, op. cit. 411 Antonio Tabucchi, testo pubblicato su Il Gazzettino, settembre 1994, citato in Ibidem, p. 211. 412
Ibidem, p. 207.
66
in cui ne ha terminato la scrittura413, l'autore vuole rimandare il lettore, o meglio a noi
lettori, alla contemporaneità. «La mancanza di Libertà di parola e di Stampa non è solo una
realtà del Portogallo del 1938»414 e dunque Tabucchi compie quello che Pereira solo alla
fine del romanzo trova il coraggio di fare: liberare la Letteratura dalla sua gabbia nella
torre d'avorio e inserirla nella Storia. Ancora oggi in molti (troppi) paesi del mondo la
libertà di pensiero, liet-motiv della personalità confusa di Pereira, è sfregiata e annullata.
Secondo l’organizzazione internazionale Freedom House, che si occupa di stilare una
classifica degli Stati in base alla libertà di stampa, nel 2009 il 32% delle nazioni è Not
Free, il 33 % Partly Free e il 35% Free415. Dal punto di vista della popolazione globale
questi dati si traducono che al 40% degli uomini e delle donne è negata totalmente la
libertà di stampa416. Il Portogallo si classifica sedicesimo su 196 Paesi ed è valutato
Free417. Se questi dati rappresentano una proiezione onesta della realtà, si può ben
affermare che il Lápis Azul è stato definitivamente spezzato418.
Questa graduatoria è compilata attraverso l’assegnazione di un punteggio da zero a
cento basato sulle condizioni economiche, legali e politiche della stampa419. Da zero a
trenta la nazione è considerata Free, da trentuno a sessanta Partly Free, da sessantuno a
cento Not Free420. L’Italia, attraverso questa classificazione, si qualifica settantaduesima e,
avendo ottenuto trentatré punti, è considerata Partly Free421.
Non è compito di questa Tesi confermare o negare questi dati422, che definiscono
l’Italia in una situazione in bilico, visto il punteggio ottenuto, tra l’essere Free e il Partly
Free. È compito, però, di tutti noi riflettere su di essi e vigilare che la libertà di manifestare
413 Antonio Tabucchi, testo pubblicato su Il Gazzettino, settembre 1994, citato in Antonio Tabucchi, op. cit., p. 213. 414 Flavia Brizio-Skov, op. cit., p. 149. 415 Freedom House, Freedom of the Press 2009, http://www.freedomhouse.org/uploads/pfs/371.pdf, p. 38. 416
Ibidem, p.48. 417 Ibidem, p. 33. 418 Secondo un'altra organizzazione internazionale, Reporters sans frontières, il Portogallo si classifica quarantesimo su 179 paesi, Reporters sans frontières, http://www.en.rsf.org/press-freedom-index-2010,1034.html 419Freedom House, Freedom of the Press 2009, op. cit., pp. 12-13. 420 Ibidem, p. 11. 421
Ibidem, p. 34. 422 Secondo Reporters sans frontières l’Italia, invece, si classifica cinquantesima su 179 paesi, Reporters sans frontières, Reporters sans frontières, op. cit.
67
liberamente il nostro pensiero ci sia sempre garantita, interiorizzando il messaggio che
Pereira ci dona dalle vie di una calda Lisbona.
68
Prospettive di ricerca
La Saudade, Salazar e l’irrealismo
portoghese
Durante le ricerche volte alla comprensione dell'Estado Novo all'interno della storia
portoghese, ho intuito una tangenza particolare, che trovo opportuno accennare in questo
breve spazio, come prospettiva per un futuro sviluppo di ricerca. Sto parlando della
relazione che potrebbe intercorre tra la Saudade e l’immobilità dell’individuo promossa da
Salazar.
La Saudade contraddistingue il Portogallo nel mondo ed è una complessa emozione
«intraducibile»423, un
«sentimento [...] malinconico d’incompiutezza, legato nel ricordo alla privazione di
una presenza di qualcosa o di qualcuno, di allontanamento [...] o all’essenza di
certe esperienze e determinati piaceri già vissuti»424.
Partecipa alla malinconia e alla nostalgia, ma in «modo [...] paradossale425 perché è «una
delicata passione dell'anima […] lasciandoci indistinto il dolore dalla soddisfazione. E' un
male che piace e un bene che si patisce»426.
423 Guia Boni, Saudade, testo trattato dalla lezione Parole della Nostalgia: Saudade, Sehnsucht nel seminario
Esistono gli intraducibili?, 21 aprile 2009, Università degli Studi di Napoli “L’orientale”, http://www.slideshare.net/clod13/saudade-1329020, p. 2. 424Antonio Houaiss, M. de Salles Villar, Francisco Manoel de Mello Franco, Dicionário Houaiss da lingua
portuguesa, Tema e Debates, Lisboa, 2003, voce saudade, citato in Ibidem («Sentimento […] melancólico de incompletude, ligado pela memória a privação da presença de alguém ou de algo, de afastamento […], ou à ausência de certas experiências e determinados prazeres já vividos»). 425 Eduardo Lourenço, “Tempo Portoghese”, nel suo Mitologia della saudade, Napoli, Orient-Express, 2006, p. 33 citato in Guia Boni, Ibidem, p. 2. 426 Francisco Manuel de Melo, Epanáfora amorosa, citato in Ibidem, p. 7 («uma mimosa paixão de alma […] deixando-nos indistinto a dor da satisfação. E' um mal de que se gostae um bem que se padece»).
69
Con la disfatta di Alcácer-Quibir del 5 agosto 1578427, la Saudade iniziò ad assumere i
connotati di blasone della sensibilità portoghese428. Dom Sebastião, sovrano senza eredi,
scomparve in questa battaglia. Il suo corpo non fu ritrovato, nessuno lo vide morire e,
quando Filippo II di Spagna fu incoronato Re di Portogallo429, al patriottismo portoghese
non restò che sperare nel ritorno di D. Sebastião «in un mattino nebbioso in sella al suo
cavallo bianco»430. Una ricomparsa mitologica per ripristinare la sovranità nazionale del
Portogallo, che rimarrà sotto l'egemonia della Spagna fino al 1640431. Quest’attesa
comporta Saudade, la «nostalgia di un'antica grandezza»432 e passività, poiché si
contraddistingue da «un’assenza di dinamismo perché la soluzione arriva da un deus ex
machina»433, ovvero D. Sebastião.
E quest’attesa, priva d'iniziativa personale tesa a modificare lo stato delle cose, questo
lasciarsi vivere cullati dal passato, non è, in fin dei conti, la non-partecipazione del
cittadino a cui anelava Salazar?
Lo stesso Pereira, che non casualmente risiede in Rua de Saudade, vive ancorato al
passato, all'idea della moglie morta, per fuggire alla situazione politica contingente. Fugge
pure Fernando Pessoa, il poeta con gli occhi, con il suo «baule pieno di gente»434 e i suoi
eteronomi. Si trincera in un mondo poetico forgiato da «stelle che brillano da tanto
tempo»435 e da «uccelli pieni di abisso, come ci sono nei sogni»436. Isolato in una mansarda
cantò
«la canzone dell’Infinito in un pollaio, e sentì la voce di Dio in un pozzo
tappato»437.
427 Giulia Lanciani, Il sebastianesimo: un sogno che nasce come logos, in Associazione Ispanici Italiani, Sogno e scrittura nelle culture iberiche, Atti del XVII Convegno, Milano 24-25-26 ottobre 1996, Bulzoni Editore, Roma 1998, vol. I, pp. 339. 428 Eduardo Lourenço, Portugal como destino seguido de Mitologia da saudade, Lisboa, Gravida, 2001, p. 113, citato in Guia Boni, op. cit., p. 1. 429 Giulia Lanciani, op. cit., p. 340. 430
Ibidem. 431 Rita Marmoto, Onde a terra se acaba e o mar começa, in Studi (e testi) italiani, a. VIII, n. 22, p. 77. 432 Giulia Lanciani, op. cit., p. 343. 433 Guia Boni,op. cit., p. 6. 434 Titolo del saggio introduttivo di Antonio Tabucchi al libro Fernando Pessoa, Una sola moltitudine, vol. I, Adelphi Edizioni, Milano, 1993. 435 Ibidem, pp. 158-159 («estrelas luzindo há tanto tempo»). 436
Ibidem, pp. 176-177 («cheias de abismo, como nos sonhos as há»). 437 Ibidem, pp. 376-377 («a cantiga do Infinito numa capoeira, E ouviu a voz de Deus num poço tapado»).
70
Vi è una gran differenza tra Salazar, l’impianto autoritario dell'Estado Novo e la poiesis
di Pessoa, ma entrambi sono demiurghi di mondi irreali. Salazar fu «sacerdote stregone»438
di un “Portogallo/paradiso” che paradiso non era e Pessoa architetto di mille identità
(Alberto Caeiro, Álvaro de Campos, Ricardo Reis, Berando Soares etc...) che non
esistevano nel mondo, ma solo tra le pagine da lui scritte.
Questo «scollamento tra mondo reale e mondo immaginario»439 è l'anima stessa del
Portogallo. Eduardo Lourenço parla di «prodigioso irrealismo»440 dell'immagine che
questa nazione ha di se stessa. Fin dalle origini, attraverso miti diversi, tra cui quelli di D.
Sebastião e di Afonso Henriques citato descrivendo lo Zé crocifisso, ha inteso il suo essere
nazionale garantito non dalla semplice abilità umana, ma da un potere altro, qualcosa come
«la mano di Dio»441. Lo stesso irrealismo vale per le grandi conquiste marittime:
«Accadde […] che anche nell’ora solare della nostra affermazione storica, questa
grandezza fosse, concretamente, una finzione. Eravamo grandi, di quella grandezza
che gli altri percepiscono dal di fuori [...], ma eravamo grandi da lontano, fuori di
noi, nell’Oriente di sogno o in un Occidente ancora impensato»442.
Dunque l'essere impero del Portogallo era «più immaginato che reale»443 essendo
semplicemente un piccolo Stato, che nascondeva a se stesso il suo essere fragile444.
È la dicotomia tra sogno, immaginazione, attesa di D. Sebastião, il “Paradiso” di
Salazar, contro attualità, verità, miseria della popolazione non espressa dai quotidiani, che
potrebbe fungere da fil rouge tra l’Estado Novo e la Saudade.
Una ricerca accurata dovrebbe approfondire la storiografica culturale del Portogallo nel
Primo Novecento, studiando il possibile utilizzo che fece il dittatore di questo sentimento,
attraverso discorsi e mezzi di comunicazione. Un uso che potrebbe non essere palese,
poiché lo stesso tipo di valori promulgati dal regime, come si è visto analizzando la
438 Eduardo Lourenço, op. cit. , p. 190. 439 Roberto Vecchi, Il Molo Estremo, in Limes, a. XI, n. 5, p. 83. 440 Ibidem. 441 Eduardo Lourenço, op. cit., p. 20. 442 Eduardo Lourenço, op. cit., p. 21. 443 Roberto Vecchi, op. cit., p. 83. 444 Eduardo Lourenço, op. cit., p. 21.
71
censura nei confronti del bi-settimanale Os Ridiculos, sottintendeva un'immagine immobile
del bom português, uomo pacato, che non si ribella, che è vittima della Saudade.
Un’emozione che rischia di divenire giustificazione/consolazione per gli ignavi, per chi
non schiera, per chi non ha il coraggio di agire nel presente, appisolandosi su immagini
fasulle.
Chiunque abbia soggiornato a Lisbona avrà sicuramente osservato, o meglio amato, il
suo essere sospesa nel tempo e nello spazio, in un'atmosfera onirica. Camminando con
fatica per le rua dell'Alfama, provando Saudade dal Miradouro da Senhora do Monte
mentre si osserva l'orizzonte e le fatiscenti case accatastate sui pendii delle colline, si può
concordare con il controverso occultista Aleister Crowley, che in visita a Lisbona per
conoscere Fernando Pessoa affermò:
«una volta Dio tentò di svegliare Lisbona con un terremoto, ma dovette rinunciare
perché era un'impresa impossibile»445
.
445 John Symonds, Aleister Crowley, La Bestia 666, a cura di Sebastiano Fusco, Edizioni Mediterranee,
Roma, 2006, p. 451.
72
Appendice Immagini
73
Fig. 1 Copertina di A Capital del 24 giugno 1926. Nel particolare è visibile la dicitura Este numero d'A
CAPITAL foi visado pela comissão de censura,
Hemeroteca Digital de Lisboa, http://www.hemerotecadigital.cm-lisboa
74
Fig. 2 Decreto-lei 22 469, pubblicato su Diário do Governo n. 83, 11 aprile 1933, Ibidem.
75
Fig. 3 O Lápis Azul e Vermelho, le matite utilizzate dai censori, Galeria Virtual da Censura, op. cit.
76
Fig. 4 Timbri utilizzati per bollare i giornali vagliati dalle Commissioni di Censura, Ibidem.
Fig. 5 Prima apparizione dello Zé Povinho (a destra) su Lanterna Mágica, 12 giugno 1875.
França José-Augusto, Rafael Bordalo Pinheiro na Reabertura do seu Museu, in Revista ICALP, a. IV, vol.
16-17, p. 142.
77
Fig. 6 Vignetta di Os Riducolos censurata l’11 aprile 1933,
Álvaro Costa de Matos, Pedro Bediano Braga, op. cit., p. 51.
78
Fig. 7 Vignetta di Os Riducolos censurata il 4 maggio 1934, Ibidem.
79
Fig. 8 Versione pubblicata su Os Riducolos il 5 maggio 1934 della fig. 7, Ibidem, p. 55.
80
Fig. 9 Vignetta di Os Riducolos censurata il 6 marzo 1941, Ibidem, p. 56.
81
Fig. 10 Versione pubblicata Os Riducolos il 9 marzo 1941 della fig. 9, Ibidem, p. 57.
82
Fig. 11 Vignetta di Os Riducolos censurata l'11 giugno 1935, Ibidem, p. 60.
83
Fig. 12 Vignetta di Os Riducolos censurata il 6 marzo 1938, Ibidem, p. 64.
84
Fig. 13 Versione pubblicata su Os Riducolos il 9 marzo 1938 della fig. 12, Ibidem, p. 65.
85
Bibliografia
A Bíblia Sagrada, Paulus Editora, 2009.
ADINOLFI GOFFREDO, Ai confini del Fascismo. Propaganda e consenso nel Portogallo
salazarista (1932 - 1944), FrancoAngeli, Milano, 2007.
ANCIÃES LEMGRUBER JULIANELE SÍLVIA, A Revolução dos Cravos e a adoção da
opção européia da política externa portuguesa, Dissertação de Mestrado, PUC-RIO, Rio
de Janiero, 2004.
AZEVEDO de CÂNDIDO, Mutiladas e Proibidas, Para a história da censura literária em
Portugal nos tempos do Estado Novo, Editorial Caminho, Lisboa, 1997.
BIZZARRI ALDO, Origine e caratteri dello “Stato Nuovo” Portoghese, Istituto per gli
studi di politica internazionale, Milano-Varese, 1941.
BRIZIO-SKOV FLAVIA, Antonio Tabucchi. Navigazioni in un arcipelago narrativo,
Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 2002.
CAMÕES de VAZ LUÍS, Os Lusíadas, Biblioteca Universale Rizzoli, Roma, 2001
FERRO ANTÓNIO, Salazar, O homem e a sua obra, 3° ed., Empresa Nacional de
Publicidade, Lisboa, 1935.
FERRO ANTÓNIO, Viagem à volta das ditaturas, Ed. Diário de Notícias, Lisboa, 1927.
FORTE ISABEL, A Censura de Salazar no Jornal de Notícias, Edições MinervaCoimbra,
Coimbra, 2000.
86
FRANÇA, AUGUSTO JOSÉ, Rafael Bordalo Pinheiro. O Português Tal e Qual, Livraria
Bertrand, Lisboa, 1981.
FRANCO GRAÇA, A censura a impresa (1820-1974), Imprensa Nacional-Casa da
Moeda, Lisboa, 1993.
GIL JOSÉ, Salazar: a Retórica da Invisibilidade, Relógio D'Água Editores, Lisboa, 1995.
GOMES CARDOSO JOAQUIM, Os Militares e a Censura. A Censura à Imprensa na
Ditatura Militar e Estado Novo (1926 –1945), Livros Horizonte, Viseu, 2006.
IVANI MARIO, Esportare il Fascismo. Collaborazione di polizia e diplomazia culturale
tra Italia Fascista e Portogallo di Salazar (1928-1945), CLUEB, Trento, 2008.
LANCIANI GIULIA, Il sebastianesimo: un sogno che nasce come logos, in Associazione
Ispanici Italiani, Sogno e scrittura nelle culture iberiche, Atti del XVII Convegno, Milano
24-25-26 ottobre 1996, Bulzoni Editore, Roma 1998, vol. I, pp. 339-349.
LOURENÇO EDUARDO, Il labirinto della saudade, Portogallo come destino, Edizioni
Diabasis, Reggio Emilia, 2006.
MADEIRA JOÃO (coord.), PIMENTEL FLUNSER IRENE, FARINHA LUÍS, Vítimas de
Salazar. Estado Novo e violência política, Esfera dos Livros, Lisboa, 2007.
MONTEIRO ENES AMÉRICO, A recepção de Friedrich Nietzsche na vida intelectual
portuguesa (1892-1939), Tese de Doutoramento, FLUP, Porto, 1997.
PESSOA FERNANDO, Lisbon, what the tourist should see, Shearsman Books, 2008.
PESSOA FERNANDO, Una sola moltitudine, vol. I, Adelphi Edizioni, Milano, 1993.
87
PRÍNCIPE CÉSAR, Os Segredos da Censura, 3° ed., Editorial Caminho, Lisboa, 1994.
RIBEIRO NELSON, A Emissora Nacional nos Primeiros Anos do Estado Novo 1933-
1945, Quimera Editores, Lisboa, 2005.
SALAZAR de OLIVEIRA ANTÓNIO, Discursos, 1928-1934, Coimbra Editora, Coimbra,
1939.
SARAIVA HERMANO JOSÉ, Storia del Portogallo, Paravia Bruno Mondadori Editori,
Milano, 2004.
SOARES MARIO, L’opposizione democratica in Portogallo, Edizioni il Formichiere,
Milano, 1974.
SYMONDS JOHN, Aleister Crowley, La Bestia 666, a cura di Sebastiano Fusco, Edizioni
Mediterranee, Roma, 2006.
TABUCCHI ANTONIO, Sostiene Pereira, Universale Economica Feltrinelli, Milano,
2008.
VERÍSSIMO ÂNGELO HELENA, Os Jornalistas nos anos 30/40. Elite do Estado Novo,
Ediçoes MinervaCoimbra, Coimbra, 2003.
RIVISTE E CATALOGHI
BARRETO ROSA, MATOS de COSTA ÁLVARO, BRAGA BEDIANO PEDRO,
Catálogo de Os Ridiculos: Desenho Humorístico e Censura (1933-1945), Imprensa
Municipal, Lisboa, 2008.
88
FRANÇA JOSÉ-AUGUSTO, Rafael Bordalo Pinheiro na Reabertura do seu Museu, in
Revista ICALP, a. IV, vol. 16-17, pp. 136-146.
LOBO ANDREIA, O Lápis Azul, in A Página da Educação, a. XIII, n. 139, pp. 24-27.
MARMOTO RITA, Onde a terra se acaba e o mar começa, in Studi (e testi) italiani, a.
VIII, n. 22, pp. 75-88.
MEDINA JOÃO, Rafal Bordalo Pinheiro e o Zé Povinho, Auto-caricatura português, in
Linguas & letras, a. VI, vol. 6, n. 11, pp. 137-148.
MATOS (de) COSTA ÁLVARO, BRAGA BEDIANO PEDRO, Jornalismo Gráfico e
Censura no Estado Novo, Uma aproximação ao problema a partir do bissemanãrio “Os
Ridiculos”, in Jornalistas e Jornalismo, a. XX, n. 38, pp. 50-65.
PINTO COSTA ANTÓNIO, O Salazarismo na recente investigação sobre o fascismo
europeu – velhas problemas, velhas respostas?, in Análise Social, a. XVII, vol. XXV, n.
108-109, pp. 695-713.
RODRIGUES LUÍS NUNO, «A gravidade da hora que passa!»: a criação da Legião
Portuguesa em 1936, in Análise Social, a. XXXII, vol. XXX, n. 130, pp. 91-119.
ROSAS FERNANDO, O Salazarismo e o homem novo: ensaio sobre o Estado Novo e a
questão do totalitarismo, in Análise Social, a. XXXVIII, vol. XXXV, n. 157, pp. 1031-
1054.
VECCHI ROBERTO, Il Molo Estremo, in Limes, a. XI, n. 5, pp. 79 - 85.
89
TESTI TELEMATICI
ADINOLFI GOFFREDO, Dittatura e lavaggio del cervello,
http://www.storiain.net/arret/num61/artic3.htm.
ADINOLFI GOFFREDO, Il timido uomo che schiacciò il Portogallo,
http://www.storiain.net/arret/num60/artic3.htm.
BONI GUIA, Saudade, testo trattato dalla lezione Parole della Nostalgia: Saudade,
Sehnsucht nel seminario Esistono gli intraducibili?, 21 aprile 2009, Università degli Studi
di Napoli “L’orientale”, http://www.slideshare.net/clod13/saudade-1329020.
Nova Vulgata, Bibbiorum Sacrorum Editio,
http://www.vatican.va/archive/bible/nova_vulgata/documents/nova-vulgata_index_lt.html.
Galeria Virtual da Censura, http://www.museudaimprensa.pt/galeriavirtualdacensura/.
Freedom House, Freedom of the Press 2009,
http://www.freedomhouse.org/uploads/pfs/371.pdf.
Hemeroteca Digital de Lisboa, http://www.hemerotecadigital.cm-lisboa.pt/
Primeira Republica, http://www.primeirarepublica.org/
Reporters sans frontières, http://www.en.rsf.org/
DIZIONARIO
MEA GIUSEPPE, O Dicionário Português, seconda edizione portoghese-italiano,
Zanichelli e Porto Editora, Porto, 2003.