sofferenze bancarie la difficile gestione dei crediti ...di non performing loans se ne parla ormai...

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SOFFERENZE BANCARIE La difficile gestione dei crediti deteriorati Di Non Performing Loans se ne parla ormai da anni, ^^ ma oggi più che mai il problema preoccupa governi, istituzioni, & operatori del mercato finanziario decisf a trovare una rapida ed efficace soluzione a un'incombenza di portata globale. La risposta italiana Federica Chiezzi A preoccupare l'intera comu- nità finanziaria europea sono gli ultimi numeri relativi alla percentuale dell" incidenza dei crediti inesigibili sul totale di quelli erogati. In Italia il dato si attesta intorno al 17%. cifra molto superiore rispetto ad altri paesi europei come Germania. Fran- cia e Spagna che. insieme, non raggiun- gono il 15%. Questo ha rappresentato per il nostro Paese un campanello di allarme nei confronti di una situazione che ne- cessita di immediati ed efficaci interventi normativi. In sintesi, i crediti deteriora- ti, detti anche Npls, sono crediti che la banca vanta verso soggetti terzi, i quali. trovandosi in uno stato di insolvenza e non potendo restituire le somme prese in prestito, non ne garantiscono il rimborso. Di conseguenza le banche devono racco- gliere il capitale necessario per coprire questa eventuale assenza di pagamento, rischiando la bancarotta in caso di man- cata copertura. Numerose sono state le proposte pensate dal Governo italiano ed esposte alTUnione Europea per risolvere il problema e ridurre la portata dei crediti in sofferenza. In primis, il progetto di una bad bank. Progetto che, basandosi all'o- rigine su risorse pubbliche e rischiando quindi un aumento del prezzo di mercato dei crediti, non ha incontrato i favori di Bruxelles, da sempre ostile agli aiuti di Stato. Successivamente c'è stata la pro- posta, questa volta accolta dall'Ue, di una Garanzia sulla cartolarizzazione del- le sofferenze bancarie (Gacs): un siste- ma che permetta alle banche italiane di cedere i propri crediti deteriorati a nuovi veicoli finanziari creati per ciascun isti- tuto, che potranno rivendere i crediti at- traverso l'emissione di un titolo cartola- rizzato coperto da una garanzia pubblica. A questi si è aggiunta la terza strada, che alla fine ha avuto la rneglio, ritenuta da molti una via di mezzo fra una bad bank e un fondo di solidarietà per garantire gli aumenti di capitale delle banche credi- CBA STAMPA

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Page 1: SOFFERENZE BANCARIE La difficile gestione dei crediti ...Di Non Performing Loans se ne parla ormai da anni, ^^ ... Din di Paul Hastings dal mercato, però secondo me il gap è minore

SOFFERENZE BANCARIE

La difficile gestione dei crediti deteriorati Di Non Performing Loans se ne parla ormai da anni, ^ ^ ma oggi più che mai il problema preoccupa governi, istituzioni, & operatori del mercato finanziario decisf a trovare una rapida ed efficace soluzione a un'incombenza di portata globale. La risposta italiana

Federica Chiezzi

Apreoccupare l'intera comu­nità finanziaria europea sono gli ultimi numeri relativi alla percentuale dell" incidenza

dei crediti inesigibili sul totale di quelli erogati. In Italia il dato si attesta intorno al 17%. cifra molto superiore rispetto ad altri paesi europei come Germania. Fran­cia e Spagna che. insieme, non raggiun­gono il 15%. Questo ha rappresentato per il nostro Paese un campanello di allarme nei confronti di una situazione che ne­cessita di immediati ed efficaci interventi normativi. In sintesi, i crediti deteriora­ti, detti anche Npls, sono crediti che la banca vanta verso soggetti terzi, i quali.

trovandosi in uno stato di insolvenza e non potendo restituire le somme prese in prestito, non ne garantiscono il rimborso. Di conseguenza le banche devono racco­gliere il capitale necessario per coprire questa eventuale assenza di pagamento, rischiando la bancarotta in caso di man­cata copertura. Numerose sono state le proposte pensate dal Governo italiano ed esposte alTUnione Europea per risolvere il problema e ridurre la portata dei crediti in sofferenza. In primis, il progetto di una bad bank. Progetto che, basandosi all'o­rigine su risorse pubbliche e rischiando quindi un aumento del prezzo di mercato dei crediti, non ha incontrato i favori di

Bruxelles, da sempre ostile agli aiuti di Stato. Successivamente c'è stata la pro­posta, questa volta accolta dall'Ue, di una Garanzia sulla cartolarizzazione del­le sofferenze bancarie (Gacs): un siste­ma che permetta alle banche italiane di cedere i propri crediti deteriorati a nuovi veicoli finanziari creati per ciascun isti­tuto, che potranno rivendere i crediti at­traverso l'emissione di un titolo cartola-rizzato coperto da una garanzia pubblica. A questi si è aggiunta la terza strada, che alla fine ha avuto la rneglio, ritenuta da molti una via di mezzo fra una bad bank e un fondo di solidarietà per garantire gli aumenti di capitale delle banche credi-

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trici. Si tratta di Atlante, il fondo d'inve­stimento alternativo gestito da Quaestio Sgr e varato l'I 1 aprile scorso, il quale, con una dote di 5 miliardi di euro aumen­tabili fino a 6. si prefigge l'obiettivo di sostenere la ricapitalizzazione delle ban­che italiane e favorire la cessione delle sofferenze. Dei rischi, delle incertezze e delle difficoltà relative alla complessa questione dei Non Performing Loans e ai vari strumenti proposti se ne è parlato alla tavola rotonda di Le Fonti dal titolo «Banche e imprese: la gestione dei credi­ti deteriorati», moderata da Angela Ma­ria Scullica, direttore responsabile delle testate economiche del gruppo. Alla ta­vola hanno partecipato: Alberto Del Din di Paul Hastìngs: Giulia Battaglia di Chiomenti: Umberto Mauro di Norton Rose Fulbright; Matteo Bascelli di Cba Studio Legale e Tributario: Fabrizio Colonna di Stelè Perelli Studio Legale: Oliviero Cimaz dello studio Biscozzi Nobili e Vieri Bencini Ceo di Sigla.

Al problema dei crediti deteriorati il Governo ha risposto con varie solu­zioni. Oltre alla bad bank, quali altri strumenti sono stati proposti al fine di arginare la crisi? BASCELLI Siamo di fronte a una situa­zione che pretende soluzioni sistemiche e innovative. Una recente variante introdot­ta per evitare che lo Stato subisca costi di processo ed scongiurare in tal modo la censura degli aiuti di Stato, è rappre­sentata dalla costituzione di bad banks per ciascuna banca o per pluralità indi­viduata di banche in crisi, come avvenu­to per le quattro banche commissariate Banca Etruria. Banca Marche, CariChie-ti e CariFerrara. In questi casi, nella/e bad bank/s, priva/e di licenza bancaria e posta/e in liquidazione coatta ammi­nistrativa, sono concentrati in forma di contenitore/i i prestiti in sofferenza che residuano una volta fatte assorbire le perdite dalle azioni e dalle obbligazioni subordinate e. per la parte eccedente, da un apporto del cosiddetto Fondo di Ri­soluzione (previsto dalle nonne europee

con la Direttiva europea sulla risoluzione delle crisi bancarie - BRRD. recepite nell'ordinamen­to italiano con il D.Lgs. 180/2015, amministrato dall'Unità di Risoluzione della Banca d'Italia ed alimentato con contribu­zioni di tutte le banche del sistema), mentre alla par­te buona (banca-ponte o bridge bank) sono confe­rite tutte le attività diverse dai prestiti in sofferenza, nonché i depositi, i conti correnti e le obbligazioni ordinarie. Sempre con il fine di smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari, il Governo ha recente­mente introdotto con il D.L. 18/2016 le regole che definiscono la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di ope­razioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza (cosiddette Gacs). Lo Stato garantirà in questa tipologia di operazioni soltanto le tranche senior delle cartolarizzazioni. cioè quelle più sicure, in quanto destinate a sopportare per ultime, rispetto alle tran-che più rischiose (junior e mezzanine) le eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese. DEL DFX II tema della bad bank è un tema su cui si lavora da oltre quattro anni, ci sono delle banche che hanno dichiarato da tempo che non avrebbero aderito alla bad bank pubblica e hanno scelto delle strade autonome e diver­se, ad esempio scegliendo per le grandi esposizioni creditizie di costituire delle piattaforme di investimento con l'ade­sione degli operatori professionali che si propongono l'obiettivo di valorizzare il sottostante attraverso processi di turn-around e ristrutturazione industriale e fi­nanziaria, accompagnati dall'erogazione di nuova finanza. Ovviamente in questo caso stiamo parlando di portafogli che

EMERGENZA «Siamo di fronte a una situinone che pretende soluzioni sistemiche e innovative», afferma Matteo Bascelli di Cba Studio Les;ale e Tributario

non sono granulari, ma di loans di importi rilevanti e che richiedono l'ela­borazione di strategie di valorizzazione che non può essere fatta su posi­zioni granulari. I progetti di bad bank tre. quattro anni fa erano progetti che tendevano ad aggregare banche di piccole e medie dimensioni per poter cre­are delle masse critiche attraverso il conferimento a valori IAS compliant dei propri crediti in sof­ferenza. Questi progetti privati contemplavano infatti che una moltepli­cità di banche conferisse­

ro i propri Npl (a valori IAS compliant) potendo deconsolidare ai fini contabili e creando una massa critica che. gestita da servicers adeguati alle dimensioni com­plessive dei portafogli ceduti alla bad bank, avrebbe potuto consentire un effi-cientamento del servicing e la creazione di un track record sulle performance dei predetti portafogli che avrebbero potu­to facilitare una corretta valutazione da parte dei potenziali investitori interessati ad acquistare i portafogli Npl di tali ban­che. Questi progetti non hanno avuto al tempo il necessario seguito e non sono quindi stati all'epoca realizzati. BATTAGLIA E sicuramente importante la distinzione tra banche grandi e banche piccole, ma il mercato a mio avviso va suddiviso più tra le operazioni su credi­ti di grandi dimensioni e di dimensio­ni medio-piccole. Sulle esposizioni di grandi dimensioni possono esistere so­luzioni tecniche basate su una gestione del singolo credito su base individuale e che sono state avviate ma sono soluzio­ni che funzionano o funzioneranno solo per i crediti deteriorati per i quali vale la pena di fare uno sforzo di strutturazione, valutazione, di analisi sia da parte di un eventuale investitore in equity che delle

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banche, quindi solo per quelli di importo molto elevato. C'è poi tutto un altro mon­do che è quello dei portafogli frammen­tati e delle esposizioni verso le medie im­prese che può essere trattato solamente come "massa" e lo strumento ideale per affrontare il problema di queste esposizioni è tra­mite una cartolarizzazio-ne o una cessione, appun­to, in massa. La garanzia dello Stato per agevolare la cartolarizzazione. (vale a dire il trasferimento del rischio al di fuori del si­stema bancario), è uno strumento che funziona solo se i portafogli ven­gono venduti a prezzi di mercato e quindi tenden­zialmente solo su porta­fogli che siano già stati ampiamente svalutati (il che accade per i portafo­gli di crediti molto pic­coli ma non sempre per i crediti verso le medie imprese). Mentre per i crediti grandi esistono quindi delle possibili soluzioni privatistiche, che non implicano l'intervento dello Stato, per i portafogli già svalutati di crediti molto piccoli da gestire "in massa" sono ipo­tizzabili cartolarizzazioni e Gacs, per i crediti "medi" c'è un gap tra domanda e offerta, ovvero tra prezzo al quale il mer­cato sarebbe disposto a rilevare i crediti in sofferenza e i prezzi ai quali le banche sarebbero disposte a vendere, che al mo­mento non sembra colmabile se non con un intervento pubblico. BENCINI Concordo che il Gacs, che ha lo scopo di rendere maggiormente vendibile la tranche senior della cartola­rizzazione. funziona solo e soltanto con una struttura di capitale in cui si riesca a convincere gli investitori junior che i cash flow in sette-otto anni sono suf­ficienti a dare un ritorno del 13-15%. C'è un forte gap tra valore a bilancio e valori che sono effettivamente percepiti

AUTONOMIA «Ci sono delle banche che hanno dichiarato da tempo che non avrebbero aderito alla bad bank pubblica e hanno scelto delle strade autonome e diveise» affeima Alberto Del Din di Paul Hastings

dal mercato, però secondo me il gap è minore sui crediti piccoli, perché sono quelli più facilmente trattabili e recupe­rabili. Su di essi la banca ha dei processi di accantonamento che sono più routi­nari e con carattere di maggiore ogget­

tività perché fatti su base statistica. Il mercato, che sta crescendo fortemente, è quasi tutto sui crediti di piccolo taglio ed è lì che le banche hanno fatto il lavoro più strutturato di coprire e ridurre quel gap tra domanda e offerta.

Qual è la situazione dal punto di vista fi­scale? CIMAZ 11 problema che noi fiscalisti riscontria­mo, nel momento in cui ci poniamo dal lato del­le banche, è quello delle svalutazioni o perdite sui crediti. Le implicazioni

fiscali le valutiamo in base a quelle che sono le situazioni e le politiche di bilan­cio delle banche. Tradizionalmente era riscontrabile una grande distinzione tra le svalutazioni e le perdite su crediti, lad­dove vi era il timore che la svalutazione venisse gonfiata per ridurre le imposte. Oggi l'esigenza è invece completamen­te opposta. L'anno scorso è stato emanato un altro provvedimento che ha attutito queste differenze. Le regole che si appliche­ranno comportano una sfumatura della differen­za tra le svalutazioni e le perdite su crediti: oggi le svalutazioni sono dedu­cibili in quanto appostate in bilancio in conformi­tà con i regimi contabili applicabili. Andando a ritroso nel tempo è pos­sibile riscontrare come.

SEPARAZIONE «Il mercato va suddiviso tra opera-ioni su crediti di grandi dimensioni e di dimensioni medio-piccole», dichiara Giulia Battaglia di Chiomanti

inizialmente, fosse presente la regola che prevedeva che le svalutazioni fossero al massimo pari allo 0,50% dei crediti, ma successivamente ci si è accorti che la regola non aveva senso per le banche e quindi c'è stata un'apertura alla rego­la della deducibilità in diciotto anni. Il concetto era: rimane questo zoccolo del­lo 0.50% (poi ridotto allo 0,30%), tutto quello che viene in più si ripartisce su diciotto esercizi. In seguito, nel 2013, la regola è nuovamente cambiata, passan­do a cinque esercizi, il che significa che in banca abbiamo residui che si riporta­no su 18. oppure 9, ed infine 5 esercizi. Attualmente, invece, è tutto parificato, di conseguenza, in futuro, la regola sarà che svalutazioni e perdite su crediti an­dranno dedotte nello stesso esercizio. A governare sono i principi contabili e le impostazioni di bilancio. Qual è la posizione dell'Italia ri­spetto al resto dell'Europa nell'af-frontare il problema dei crediti de­teriorati?

MAURO Come è stato accennato in precedenza, siamo arrivati un po' in ri­tardo rispetto ad altri paesi europei. C'è un tema di fondo, che riguarda il timore che la garanzia sui crediti in sofferenza sia un'arma spuntata. Forse si potrebbe recuperare qualcosa con le servicing tee. soprattutto per i crediti di taglio minore, in cui l'incidenza della servicing fee può

essere più alta, in modo da attenuare la differenza tra prezzo richiesto e prezzo offerto (peraltro la nuova nonnativa sulla garanzia impone che l'attività di servicing venga svolta da un soggetto diverso dalla banca cedente). Il proble­ma si estende anche a pro­blemi strutturali di fondo come la lentezza giudi­ziaria nel recupero dei crediti e nelle procedure concorsuali. Inviterei il legislatore a non fermarsi

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ESAME EUROPEO // progetto di una bad bank. basandosi ali 'origine su risorse pubbliche, non ha incontrato i favori di Bruxelles, ostile agli aiuti di stato

alla garanzia, limitata nel tempo a diciot­to mesi, eventualmente prorogabile, ma ad intervenire su aspetti più importanti, ovvero sullo snellimento delle procedure di recupero dei crediti. COLONNA Riprendendo il tema del­la posizione dell'Italia e della lentezza operativa, mi viene in mente quello che è accaduto dal Governo Monti in poi. con il dialogo con la World Bank per il Doing Business che finalmente ha messo attorno a un tavolo tutti coloro che col­laboravano per capire sia la questione della lunghezza del recupero crediti sia il tema dell'enforceability dei contratti, ov­vero varie facce di una stessa medaglia. Proprio in questo contesto, per la prima volta, è stato compreso che quello dei recuperi crediti è un problema, originato in primis dalla lentezza e dall'incertezza della procedura. Il male del nostro Paese, a mio avviso, è che non conosciamo bene il "come" e il "quando" delle varie pro­cedure, e ciò pone l'Italia in uno scalino inferiore rispetto ad altri paesi simili. BASCELLI Vengono sempre più ad af­facciarsi sul mercato degli Npl quelli che la dottrina ha già battezzato come fondi d'investimento "di ristrutturazione", cioè fondi assimilabili, per certi versi, a quelli già noti di private equity che raccolgo­no il patrimonio che andranno a gestire mediante le cessioni/conferimenti dei crediti deteriorati attribuendo alle ban­

che cedenti/conferitarie quote del fondo stesso. La caratteristica fondamentale di queste ultime soluzioni sta nel diverso approccio di gestione, fortemente dina­mico, dei crediti così ceduti/conferiti, rispetto a quanto si assiste nei casi delle bad banks e delle mere cartolarizzazioni. In particolare, guardando l'operazione anche nell'ottica della società debitrice, è innegabile che la concentrazione in un nuovo ed unico soggetto interlocutore (i.e. la società di gestione del fondo ces­sionario) rispetto alla pletora indistinta dei creditori cedenti (ossia le varie ban­che con distinte posizioni di credito), la discontinuità manageria­le che la nuova gestione potrà garantire attraverso l'inserimento di figure professionali adeguate, la possibilità di apportare tramite appositi compar­ti, nuova finanza nonché le capacità di networking tipiche di un fondo di in­vestimento, rappresentino caratteristiche che fanno immediatamente intuire il diverso grado di suc­cesso che tali soluzioni, definibili di vero e pro­prio tumaround. possono avere. Le banche cedenti,' conferenti, da parte loro.

GAP «C 'è un forte gap fra valore a bilancio e valori che sono effettivamente percepiti dal mercato», afferma Vieri Bencìni ceo di Sigla.

avranno il vantaggio, a detenninate con­dizioni, di una derecognition dei crediti ceduti a fronte delle quote del fondo ri­cevute quale "corrispettivo" della cessio­ne, con diverso grado di "assorbimento" del patrimonio di vigilanza, potendo al contempo contare sull'auspicato futuro ritorno da investimento e recuperando in tal modo, almeno in parte, lo "sconto" applicato in fase di cessione. Tale ultimo aspetto potrebbe peraltro aiutare a supe­rare una delle ragioni che attualmente paiono maggionnente ostative per una vera e propria partenza del mercato degli Npl in Italia, ossia il forte divario attual­mente esistente tra i valori bid (ossia i valori che i menzionati operatori attribui­scono ai crediti deteriorati e ai quali sono disposti a comprarli) e quelli ask (ossia i valori ai quali le banche sono disposte a cedere i medesimi crediti). Quali sono state le conseguenze dell'e­splosione dei crediti deteriorati per il tessuto imprenditoriale? MAURO La conseguenza più grave dell'esplosione dei crediti in sofferenza e quindi del peggioramento dei bilanci delle banche, è stata la contrazione dei crediti alle imprese. Questo problema c'è stato anche in altri paesi e ha determinato lo sviluppo del ed. shadow banking. cioè

la disintennediazione bancaria. In questo conte­sto sono stati riconosciu­ti da molti ordinamenti nuovi player, tipicamente fondi, imprese di assicu­razione, e società per la cartolarizzazione. L'I­talia è anivata in ritardo anche in questo caso. BATTAGLIA Nel primo momento in cui c'è stata la liberalizzazione e l'a­pertura ai lender alternati­vi, e quindi l'eliminazione della ritenuta dall'este­ro, l'apertura ai fondi di credito era un momento in cui le imprese italiane

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avevano un problema enonne di accesso al credito. Adesso siamo nella situazione contraria dove coloro da proteggere sono le banche che non riescono a impiegare i pro­pri fondi: quindi in una situazione di tassi a zero in cui l'accesso al credito è più facile, è più importante dare una mano alle banche che alle imprese, che sono aiutate dai tassi molto bassi. Tornando al mio intervento precedente, l'analisi su quali sono le aree deboli dei portafogli bancari si riferiva non tanto al microcredito, ma a quei crediti che non vengono trattati nelle joint venture, ma sono comunque di importo elevato. Per tor­nare al servicing dei crediti, posso afferma­re che il servicing del credito elevato viene affrontato da solo in autonomia, il servicing del credito piccolo comporta delle proce­dure di recupero lunghe e banali, mentre la fascia di mezzo non è gestita. Proprio per quest'ultima sarebbe necessario implemen­tare delle strategie che esistono già in altri paesi ma che in Italia sono poco note. BASCELLI Paiono maturi i tempi per risolvere alcune storture di sistema e rom­pere alcuni tabù, la cui pennanenza par­rebbe da attribuirsi a resistenze culturali e preoccupazioni poli­tiche, piuttosto che ad irrinunciabili ragioni di tutela e salvaguardia di sistema. Si pensi, ad esempio, alle dif­ficoltà operative che conseguono dalla (a dir poco) confusa nor­mativa in tema di ana-tocismo (che attende ancora oggi le deter­minazioni tecniche del Cicr) e alle intrinseche limitazioni poste dal­la Legge 108/1996 in materia di contrasto all'usura, la cui neces­sità di superamento, a determinate condizio­ni, è emersa solo con i cosiddetti Decreti "Sviluppo" e "Sviluppo bis", in occasione della previsione dei mi-

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FISCALITÀ «Le implicazioni fiscali le valutiamo in base a quelle che sono le situazioni e le politiche di bilancio delle banche», sostiene Oliviero Cimaz dello studio Biscozzi Nobili

nibond. A tale ultimo pro­posito - pur sempre avendo cura di preservare il siste­ma da fenomeni "patolo­gici" e criminosi - nuove deroghe potrebbero essere pensate, ad esempio, per le Gacs alle relative tran-che junior e mezzanine e per i menzionati fondi di ristrutturazione ai relativi comparti di nuova finanza, i quali, in quanto maggior­mente rischiosi, pretendo­no remunerazioni più ele­vate di quelle di mercato. Ancora, l'ordinamento italiano attende da anni l'adeguamento del sistema garantitale, rigidamente ancorato ai principi di tipicità, di spossessamento e di non rotatività. salvo rare eccezioni come quelle introdotte con la disciplina sulle "garanzie finanziarie". DEL DLN Non per spezzare una lancia a favore della Banca d'Italia, ma cultural­mente l'Italia è diversa dal mondo anglo­sassone: nel nostro contesto storico, politi­co e sociale, la Banca d'Italia si pone a mio

avviso il problema dell'apertura indiscriminata della possibilità di fare finanziamenti perché in Italia le piccole e medie impre­se sarebbero le prime a subire le conseguenze negative di un ampliamento indiscriminato della facoltà di erogazione del credito a soggetti non istitu­zionali o comunque in assenza dei presidi ad oggi esistenti a tutela degli stessi debitori. An­che i minibond. per cui c'è stato un grande entusiasmo iniziale, hanno avuto un esito diverso da quello atteso.

COLONNA Partiamo con il dire che la garanzia dello Stato non poteva garantire tutto, altri­menti sarebbe stato un aiuto di Stato. È un dato di fatto che in

questo momento c'è la possibilità di acce­dere facilmente al credito bancario, ma le

LIMITI «Non conosciamo bene il "come " e il "quando " delle varie procedure», sostiene Fabrizio Colonna di Stelè Pere/li Studio Legale

banche non guadagnano più come una volta sullo spread sul differenziale tra raccolta e impieghi, che costituiva un tempo il piatto ricco delle banche retai!. In Italia le banche che ci hanno provato ma non sono state in grado di fare investment banking, si scontreranno poi con lo scoglio del fintech, con l'u­so di determinati strumenti di pagamento che allarghe­ranno la platea dei players. In questo modo si riducono

i margini di guadagno e c'è una massa di crediti deteriorati e una platea di soggetti che rischia di sfuggire anche al controllo della vigilanza, pensiamo anche al tema dello shadow banking. Da qui ci sarà una dicotomia tra tutta una serie di soggetti già autorizzati e quindi vigilati che proba­bilmente mantenà l'hub in Italia (si pensi alle principali banche), mentre numerosi altri soggetti entreranno in questo mercato anche e soprattutto dall'estero, e saranno difficilmente monitorabili e rintracciabili dai soggetti preposti. Per quanto riguarda le tranche junior, senior e mezzanino, mi chiedo le trancile non garantite che appeti­bilità hanno per l'investitore estero? Riten­go che ci voglia la certezza del diritto per invogliare gli stranieri a investire in questo mercato.

Che possibilità ci sono, nella gestione dei crediti deteriorati, di rivolgersi anche a investitori esteri? BENCLNI Dal mio osservatorio, oggi sono gli investitori stranieri che prevalentemen­te stanno comprando e che poi allocano ai diversi servicer gli asset in modalità diver­sa. A mio parere, dunque, il 90% dei flussi di investimento viene dall'estero e solo il 10% proviene dall'Italia. MAURO In Italia c'è un tema molto strin­gente: l'attività di acquisto crediti è un'at­tività finanziaria a tutti gli effetti, regola­mentata, pertanto limitata a certi soggetti.

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Vonei ricordare che, per i crediti deterio­rati è stata fatta un'a­pertura l'anno scorso consentendo a certe condizioni alle società che svolgono l'attivi­tà di recupero crediti, e che tecnicamente non sono degli inter­mediari finanziari, di acquistare tali crediti deteriorati da banche o intermediari finan­ziali.

BATTAGLIA Sono d'accordo che nel medio-lungo periodo è necessaria una mo­difica nell'atteggiamento italiano, in modo che diventi più creditor friendly; al momento quello che noi ve­diamo da operatori del diritto, è uno spo­stamento verso garanzie di diritto straniero, per cui per esempio su alcuni asset. come le navi, le banche straniere richiedono che tali asset siano conferiti in società che non siano italiane, con un'ipoteca non di diritto italiano, ovvero che le partecipazioni in so­cietà italiane siano trasferite a SPV lussem­burghesi o irlandesi per avere la certezza di poter escutere il pegno in caso di necessità. DEL DEV Esiste l'esigenza primaria di supportare i valori dei crediti in sofferenza

CRITICITÀ «Inviterei il legislatore a intervenirle sullo snellimento delle procedure di recupero dei crediti», dichiara Umberto Mauro di Norton Rose Fulbright

del legislatore

CREDTTI DETERIORATI In Italia la percentuale dell 'incidenza dei crediti inesigibili su! tota/e di quel/i emgati si attesta intomo al 17%. Sopra una fase del dibattito

attraverso una riforma che mo­difichi in modo più radicale il processo di esecuzione forzata allo scopo di velocizzare i tem­pi di recupero dei crediti in sof­ferenza, per poter ridurre il gap tuttora esistente tra domanda e offerta e sbloccare quindi il mer­cato delle sofferenze bancarie. Per i crediti unsecured il mer­cato si è rivalutato e si è mosso in qualche modo, mentre per le sofferenze ipotecarie non c'è una soluzione immediata. Io cre­do appunto che la soluzione più incisiva sia quella di modificare ancora le procedure esecutive e in modo più drastico per consen­tire, ad esempio, alle banche la

repossession sulle sofferenze già esistenti. Ciò consentirebbe un recupero più breve, permettendo alle banche di poter valutare in modo più adeguato i crediti garantiti da ipotecari. Il punto è che bisogna operare con una certa urgenza. Il mercato immobi­liare è tra quelli più colpiti perché la con­giuntura economica sfavorevole non dà segni di sensibili miglioramenti nel breve.

Qual è il vostro giudizio conclusivo sul provvedimento relativo ai crediti deteriorati? DEL DLN La Gags è uno strumento asso­lutamente utile, ma non risolutivo perché

siamo di fronte a una malat­tia grave e questo strumento da solo non può sbloccare il mercato delle sofferenze. BATTAGLL4 Dati i vincoli a disposizione e la necessità di conformarsi a quelli che erano i dettami della comuni­tà europea in termini di aiuti di Stato, è stato fatto proba­bilmente il provvedimento migliore possibile. Chiara­mente perfettibile in alcuni piccoli aspetti, ma tecnica­mente il giudizio è positivo. COLONNA Diciamo che il

provvedimento è una condizione necessa­ria ma non sufficiente, e come tale va con­siderato. Mantengo un punto interrogativo sulla conversione e sulle novità che com­porta. Certo è che si è consolidato un trend di apertura verso mondi giuridicamente e culttiralmente diversi dal nostro, che abo­lisce tutti i confini tenitoriali creando un mercato unico e vasto, che va verso una unifonnità di soluzioni. MAURO Anche secondo la mia opinione non era possibile fare di più. nel rispetto della normativa sugli aiuti di Stato. Ora mi auspico che si intervenga sullo snellimento delle procedure giudiziarie ed esecutive. Infine credo che se si vuole risolvere il problema dei crediti in sofferenza non ci si debba rivolgere soltanto all'istituto di ga­ranzia, ma siano necessari altri interventi in altri ambiti.

BASCELLI Personalmente mi sento di esprimere un giudizio complessivamente positivo circa gli interventi nonnativi sino­ra posti in essere nel tentativo di contrastare il protrarsi della congiuntura economica sfavorevole, convinto al contempo che le regole debbano avere anche il tempo per potersi consolidare tramite la loro appli­cazione pratica, prima di essere even­tualmente integrate e/o riformate. BENCINI Concordo sul fatto che di più non si poteva fare visti i vincoli euro­pei, e credo che il governo e la Banca d'Italia spingano nella direzione di con­solidare il sistema bancario attraverso un processo di aggregazione di banche piccole e grandi. Solo un sistema ban­cario forte potrà svalutare correttamente i crediti deteriorati e mettere di nuovo le banche nelle condizioni di erogare e finanziare l'economia. CIMAZ Lo Stato non può sostituirsi alle banche, ci sono delle regole che pennettono agli operatori di lavorare nel rispetto delle leggi e quello che ho col­to dagli esperti di diritto bancario è che qualcosa di buono è stato realizzato, ma la complessità delle procedure esecutive e il ritardo dell'Italia su quanto avviene nel resto d'Europa lascia perplessi. •

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