socrate lo sciamano - benvenuto su asterios | asterios lo sciamano pagine 3... · l’ultimo...

28
AD 10 Socrate, lo sciamano

Upload: vantuyen

Post on 18-Feb-2019

227 views

Category:

Documents


1 download

TRANSCRIPT

AD 10Socrate, lo sciamano

Nicolas Grimaldi

Socrate, lo sciamanoIl primo guaritore di anime

Traduzione di Alessandro Sfrecola

Asterios

Prefazione di Emiliano Bazzanella

Prima edizione nella collana AD: marzo 2012Titolo originale: Socrate, le sorcier

Presses Universitaires de France, 2004Asterios Editore un marchio editoriale di

Servizi Editoriali srlVia Donizetti, 3/a - 34133 Triestetel: 0403403342 - fax: 0406702007

posta: [email protected]

I diritti di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento totale o parziale

con qualsiasi mezzo sono riservati.

ISBN: 978-8895146-48-5

Indice

Nota alledizione italiana, 9Prefazione, 11

Luomo dagli occhi di toro, 17Lanima dolente, 39

I sortilegi della logica, 57La scommessa, 89

Nota alledizione italiana

Nelledizione francese di questopera lAutore ha talvolta pre-ferito, per scelta stilistica o letteraria, riportare versioni adat-tate o difformi degli originali dialoghi platonici. Nellatraduzione italiana, per quanto riguarda queste citazioni, si invece preferito offrire al lettore un testo in maggior misuraaderente alloriginale greco. Si deciso cos di ricorrere a tra-duzioni che per attendibilit e prestigio si fossero ormai con-solidate allinterno del panorama letterario italiano. Per ilCorpus Platonicum sono state quindi usate le seguenti opere:per i Dialoghi: Platone: Opere, 2 voll., Laterza, Roma-Bari,1974; per le Lettere: Platone, Dialoghi politici. Lettere, vol.II, UTET, Torino 1988. Per Diogene Laerzio: Diogene Laerzio,Vite dei filosofi, 2 voll., Laterza, Roma-Bari 1983. Per Seno-fonte: Senofonte, Le opere socratiche: Memorabili, Convito,Apologia di Socrate, Economico, CEDAM, Padova 1961. [Nellenote tutti i riferimenti, escluso quando indicato, si riferisconoa opere di Platone. N.d.T.]

11

Prefazione

Sciamanesimo e stregoneria come origine del pensierofilosofico occidentale: se in effetti, soltanto per un po,ci addentriamo nelluniverso argomentativo di NicolasGrimaldi ed ammettiamo con lui che Socrate fu ilprimo grande stregone dellOccidente, ci dobbiamoanche necessariamente abituare ad unidea di filosofiacompletamente nuova, pi tangente alle religioni ira-niche ed orfiche che ad un modello speculativo basatosulla scienza. Quindi si profilerebbe innanzi al nostrosguardo un mondo composto da guaritori, maghi, scia-mani, alchimisti, anzich il consueto pullulare di geo-metri, fisici, scienziati, matematici, moralisti.Come spesso accade, quello che potrebbe dacchitosembrare un sovvertimento alla moda ( di questigiorni ad esempio una raccolta di interviste di MartinHeidegger intitolata significativamente Heidegger,Lultimo sciamano) si caratterizza invece come unaStimmung pi decisiva che ci invita ad una riflessionemeno pregiudiziale sullannosa ed irrisolvibile interro-gazione che serano posti, tra laltro, Gilles Deleuze eFlix Guattari: Che cos la filosofia? E, soprattutto,

SOCRATE LO SCIAMANO12

sembra adombrare una prospettazione differente suldestino stesso della filosofia, prospettazione che oggi cipare di intravvedere ad esempio nella cosiddetta pra-tica di consulenza filosofica e, quindi, nellentrata difatto della filosofia nellambito delle pratiche.Dobbiamo per a questo punto far attenzione a nonlasciarci irretire dallallettante fraintendimento cheidentificherebbe gli aspetti per cos dire extrateoreticidel filosofare con il carisma del filosofo, cio con lasua capacit di poter convincere e persuadere unostuolo di adepti e discepoli: il ruolo della filosofia nellaGrecia classica era certamente di tipo sociale, nella mi-sura in cui essa si fondava su unoriginaria phila e cer-tamente assumeva un ruolo pedagogico nellambito ditaluni strati della popolazione, sia nellesercizio dellin-segnamento del Maestro, sia nella medesima esempla-rit del suo comportamento.In questo senso gli studi di Michel Foucault sullacura di s dei Greci e sulla costituzione di una sog-gettivit di tipo estetico sembrano esaustivi: rimanetuttavia e questo forse lorizzonte entro il quale cicattura Grimaldi una ligne filosofica che percorretutta la storia del nostro pensiero, con apici talora rile-vanti, cos come con periodi di latenza ed ostracismo.Se pensiamo infatti al filo rosso che lega tra di lorolepicureismo, la teurgia di Proclo, lo stoicismo, per ar-rivare a Giordano Bruno, Marsilio Ficino, Pico dellaMirandola, Heidegger stesso, ci rendiamo conto dicome il potere carismatico del Maestro, oppurelaspetto esoterico come cifra intrinseca della filosofianon siano sufficientemente esplicativi. Saffaccia sullosfondo una sorta di eccedenza, per nulla laterale ed

PREFAZIONE 13

ininfluente, ma capace di assumere un ruolo di tipofondativo: insomma, il carattere costitutivo della filo-sofia insisterebbe principalmente nel suo carattere te-rapeutico.Grimaldi azzarda ancora di pi: Socrate il primostregone non soltanto curava, ma soprattutto gua-riva. E ovviamente non guariva tutto, cio non era ingrado di compiere miracoli, campo terapeutico pispecifico della religione. Guariva soltanto una partico-lare categoria di affezioni, come avviene oggi con levarie specializzazioni in medicina. Ci imbattiamo allorain una schisi fondamentale che finisce per esserequella caratterizzante il pensiero greco e lOccidente ingenere, schisi tuttavia paradossalmente interna allideadi guarigione e quindi consentanea in origine allascienza, alla religione ed alla filosofia. Socrate si occu-pava di anime e guariva le anime, mentre il medicosi occupava dei corpi e guariva i corpi. Corpo edanima divennero cos entit differenti non per unaragione ontologica e tantomeno teologica, ma per unaragione di opportunit terapeutica.Da questa schisi Grimaldi ne deduce unaltra, sullaquale non concordiamo del tutto, quantomeno sulpiano euristico (poich tale tesi crea a nostro avvisomeno effetti di senso e risulta quindi teoreticamentemeno produttiva): da Socrate in poi la scienza si sa-rebbe alleata con la tecnica e si sarebbe rivolta soltantoal materiale ed al corporeo; la filosofia invece si sarebbeoccupata prettamente di cose spirituali e morali. Proprio sul piano della guarigione e del suo campoapplicativo, dunque, la pratica e la teoria rimangonoambiguamente separate ed intrecciate luna allaltra,

SOCRATE LO SCIAMANO14

tracciando cos ulteriori due possibilit di classifica-zione della filosofia sulla base del suo potenziale tera-peutico: ritroviamo le filosofie della speranza di direttaorigine socratica da un lato; e le filosofie descrittive del-lesperienza dallaltro, derivanti dallultimo Platone edalle cosiddette dottrine non-scritte fatte emergeredalla Scuola di Tubinga. Ma come guariva Socrate? Come pensava di alleviarele afflizioni dellanima senza ricorrere a mezzi tecnicimateriali o a particolari prescrizioni di dieta (nelsenso etimologico del termine)?Grimaldi pare ravvisare in un pensiero socratico purfiltrato dalla dottrina di Platone una sorta di grande an-ticipazione della svolta linguistica del Novecento e diquella che sarebbe stata la riflessione freudiano-laca-niana: il campo terapeutico di Socrate, lo spazio in cuiegli poteva effettivamente agire ed avere qualche suc-cesso era quello della Parola. La parola come osservaDerrida commetando Platone phrmakon, cio ve-leno e medicina nello stesso tempo: essa la causa delnostro avvelenamento e della nostra sofferenza, ma pure la fonte della nostra salvezza, il Verbo comecreazione ma anche come condanna.Siamo in altri termini dinanzi ad un altro grande sov-vertimento: non esiste un vettore specifico che passadalla realt alla logica per delinearsi in tecnica dialet-tica, ma proprio dal lgos (nel doppio significato diratio, ragione, razionalit; e discorso, linguaggio, pa-rola) che si parte per poi fondare attraverso leserciziodialettico unontologia vera e propria: insomma lonto-logia (almeno quella socratico-platonica) non rappre-senterebbe che un tassello di un processo molto pi

PREFAZIONE 15

ampio il cui nucleo non sarebbero tanto la Verit ole Idee quanto il benessere spirituale e la guarigionead esse correlate.Le assonanze con la riflessione lacaniana sulletica esul ruolo della religione sono a questo punto notevoli:Grimaldi stesso intravvede nella filosofia un anlogondella psicanalisi (cosa che Lacan ha daltronde semprerecisamente rifiutato), poich entrambe pratiche dellaguarigione articolate nel linguaggio ed entrambe carat-terizzate da un particolare rapporto con il Reale.Luomo soffre, per Lacan, a causa del significante chelo intacca, ma sempre attraverso il significante cheegli pu guarire, pu uscire dalla condizione afflittivadellimpasse simbolica. Ci viene tradotto dal Socratedi Grimaldi come unimpasse costitutiva del desiderio,da un lato fondato su una mancanza e quindi destinatoalleterno inappagamento, dallaltro aspirazione umanaal miglioramento e allaccrescimento della propria es-senza. In sostanza, scienza, religione e filosofia nonsono che costruzioni di senso volte a lenire le nostresofferenze: i discrimini che poniamo tra una disciplinae laltra (o tra un mtarcit e laltro, come direbbe Lyo-tard) possono essere riletti in vario modo. Grimaldipone laccento sulla funzione terapeutica; Lacan, in-vece, chiama in gioco la sua nozione di Reale, fonda-mentale sia nella scienza che nella filosofia e nellapsicanalisi. E allora, radicalizzando ulteriormente taletesi, potremmo affermare che anche il concetto in sestesso, ad esempio il Begriff hegeliano nella sua valenzaritornellizzante (cio di ripetizione, addomestica-mento, rassicurazione, similmente alla nenia che tran-quillizza il bambino), tale in virt della sua capacit

SOCRATE LO SCIAMANO16

terapeutica, cio di riuscire ad incavare allinterno delnon-senso e del Reale osceno e traumatico spazi di fa-migliarit e di dipendenza (fede).

Emiliano Bazzanella

LUOMO DAGLI OCCHI DI TORO

19

Quando il servo gli ebbe portato la tazza di veleno che aveva finito di preparare,

Socrate, cos, come soleva, guard luomo di sotto in su con quei suoi occhi da toro,

- Che dici, disse, se ne pu libare a qualche Iddio, o no?

Fedone, 117b.

Socrate era uno stregone. Lo stesso Platone ce ne d te-stimonianza. Mi affascini, mi di beveraggi, min-canti, gli dice Menone dopo averlo ascoltato. Sonoveramente intorpidito nellanima e nella bocca, e nonso pi cosa risponderti.1 Era questa magia a creare ilfascino di Socrate. Socrate ammaliava. Si veniva cossconvolti dalle sue parole come capita di esserlo dallamusica. Si rimaneva posseduti, come fosse sopravve-nuta una trance dionisiaca. Anche Alcibiade confessavadi non poterlo ascoltare senza venirne soggiogato2. Ac-cusarlo dunque di stregoneria: che fosse lui a ricono-scere apertamente il suo potere, proprio come faceva

1. Menone, 80a.2. Simposio, 215c-216a.

SOCRATE LO SCIAMANO20

chi lo ammirava. Daltro canto, additandolo nelle Nu-vole come il pi celebre dei sofisti, Aristofane non cipresenta un Socrate capace di persuadere non importachi a non importa cosa?E cos, vantandosi di poter far perdere a chiunque ilsenso della realt, di mostrargli il falso pi evidentedel vero e il reale pi inconsistente persino dellirreale,la sofistica non era che una stregoneria3. Anche queidiscepoli che vedevano in Socrate il pi caustico fusti-gatore dei sofisti, nondimeno lo consideravano pureloro una specie di stregone, di mago o sciamano.Quando a Socrate non rimane che qualche ora di vita,se non proprio pochi istanti, Fedone si sente pi af-flitto dalla perdita dellincantatore che dalla scomparsadellamico: Ma dove landremo a trovare un buon in-cantatore di paure come questa, se tu ci abbandoni?4. pertanto a questo sciamano, a questo stregone, chedobbiamo incessantemente far riferimento come al-lesempio stesso di quello che deve essere un filosofo.Non solo consideriamo Socrate la perfetta incarnazionedel modello umano di filosofo, ma al suo modo di pen-sare e di argomentare riconduciamo altres loriginedella filosofia. Quanto va capito che il primo dei logici,linventore della dialettica, abbia praticato la filosofiacome una stregoneria. Quale connivenza furtiva haper potuto stringersi fin dal principio tra razionale eirrazionale, tra ordine della verit e ordine della cre-denza, e, ancora, tra concatenamento logico e sortilegioterapeutico?Perch ci che in primo luogo fa di Socrate uno stre-

3. Sofista, 235a, 241b. 4. Fedone, 78a.

LUOMO DAGLI OCCHI DI TORO 21

gone lessere un guaritore. Quasi tutti i mali che af-fliggono il corpo, spiega Socrate a Carmide, hanno ori-gine nellanima5; ma lanima si cura con certi carmimagici che sono poi i discorsi belli6. Cos, come le le-vatrici, che ricorrono alle droghe per lenire i doloridelle partorienti, Socrate pretende di liberare le animedagli affanni con la sola magia delle sue parole7. Perpossedere questefficacia terapeutica era indispensabileche le sue parole avessero un effetto anestetizzante,analgesico, oppiaceo. Fedone se ne meraviglia, e congratitudine: Come bene seppe guarirci!8

In diverse ricerche Mircea Eliade ha definito con pre-cisione i caratteri dello sciamano. Fra questi, non ce ndi fatto uno che in qualche modo non si adatti a So-crate. Se andiamo a scorrerli, vediamo che il primo essere un guaritore9. Il secondo riconsegnare ognunoa se stesso ristabilendo il senso della sua identit. ciche fa Socrate tanto con Alcibiade quanto con coloro di

5. Carmide, 156e-157a.6. In parecchie circostanze, Platone impiega sempre lo stesso termineper indicare la parola guaritrice, il discorso terapeutico che attribui-sce a Socrate: . Che lo si traduca con incantesimo, fascino,incanto, sortilegio o malia, si tratta nondimeno di parole ma-giche che ogni stregone utilizza come fossero un filtro. Cfr. per esem-pio Carmide, 155e, 156b, 157a, 157b, 157d, 158b, 176b;Menone, 80a;Gorgia, 484a; Fedone, 77e, 78a, 114d; Simposio, 203a; Teeteto, 157c.Nella Repubblica (X, 608a) il termine impiegato per descrivere laseduzione poetica. Per indicare lo stesso effetto, Baudelaire parla distregoneria evocatrice. Evidenzieremo le volte che il termine ricorresoltanto per mostrare il carattere ossessivo della malia socratica neiprimi dialoghi di Platone.7. Teeteto, 149c-d.8. Fedone, 89a.9. M. Eliade, Lo sciamanismo e le tecniche dellestasi, Edizioni Me-diterranee, Roma 1974, p. 206.

SOCRATE LO SCIAMANO22

cui ricorda i tormenti nel Teeteto. Il terzo essere di-morato da spiriti o prescelto dalla divinit10. E, in ef-fetti, dei numi apparivano in sogno a Socrate perannunciargli lavvenire11 o per incitarlo alla composi-zione poetica12. Sentendosi investito dagli dei13 di unamissione di giustizia, Socrate interroga, interpella esonda lautorit di cui si fregiano i notabili ateniesi. Allostesso tempo, sempre uno spirito divino, un demone,una voce sovrannaturale14 a trattenerlo al momento dipotersi sottrarre al destino assegnatogli dagli dei. Re-stare in cella e qui attendere la morte, anzich evadere,non solo ci cui lo obbligano le Leggi in una celebreprosopopea, ma quello che il dio stesso gli impone15.

10. Ibid., pp. 89, 106 e 110.11. Critone, 44a-b.12. Fedone, 60e-61b.13. Apologia di Socrate, 29d: Obbedir piuttosto al dio che a voi; efinch io abbia respiro, e finch io ne sia capace, non cesser mai difilosofare e di esortarvi e di ammonirvi, chiunque io incontri di voi.Cfr. anche 30a; 30e: Non sar facile troviate un altro al pari di me ilquale non vi sembri risibile il paragone realmente sia stato postodal dio ai fianchi della citt come ai fianchi di un cavallo grande e dibuona razza, ma per la sua stessa grandezza un poco tardo e biso-gnoso di essere stimolato, un tafano. 31a-b: E che sia proprio iopersona siffatta che il dio abbia scelta per dare in dono alla citt, po-trete riconoscerlo anche da questo: che non pare umano io abbia tra-scurato tutti gli affari miei e [] le cose di casa mia, e sempre inveceio badi alle vostre. 33c: Hanno piacere di starmi a sentire quandometto alla prova quei tali che credono di essere sapienti e non sono.[] E a me di far questo, ve lo ripeto, fu ordinato dal dio, con vaticiniie con sogni, e insomma con altro qualunque di quei modi onde laprovvidenza divina ordina talora alluomo di fare alcunch. 14. Apologia di Socrate, 31c-d. Anche Bergson riconosce nellimpresasocratica una ragione di ordine religioso e mistico (Le due fontidella morale e della religione, Laterza, Roma-Bari 1995, p. 43).15. Queste sono del resto le ultime parole del Critone (54d): E allora

LUOMO DAGLI OCCHI DI TORO 23

Vi infine un quarto carattere da cui si riconosce il po-tere soprannaturale di uno sciamano: la capacit di ele-varsi dallesistenza corporale, di aver persinosperimentato lestasi, di aver appreso per propriaesperienza mistica gli itinerari delle regioni extraterre-stri16. Non ci potrebbero essere argomenti pi ricor-renti nei discorsi socratici. Prepararsi con ogni sortadesercizio ascetico a sciogliere i legami che tengonolanima unita al corpo per giungere gradatamente sinoallinsostenibile visione dellinfinito: non questo lin-segnamento fondamentale del Fedone17 e della Repub-blica18? La metafora ascensionale, lopposizione delleapparenze in basso alle realt in alto non sarebberostate derise da Aristofane nelle Nuvole se non fosserostate note al pubblico e cos frequenti nei discorsi di So-crate19.Nonostante si debba quindi riconoscere la condizionesciamanica di Socrate e la sua funzione di mago o stre-gone, lui stesso ad aver imposto alla coscienza occiden-tale limmagine di cos un filosofo. Ancora oggi sipotrebbe dire che un filosofo tale per quanto ha in co-mune con Socrate. Guardiamo dunque quei tratti cosdistintivi che fanno di Socrate sia il primo dei filosofi, siail modello di quanti sono venuti dopo di lui. Il primo che un filosofo insegna tanto attraverso la vita quantoattraverso la dottrina; il secondo che, facendocela com-prendere, la verit sufficiente a cambiare la nostra vita;

lascia, o Critone; e andiamo per questa via; ch questa la via per cuici conduce Iddio.16. M. Eliade, op. cit., p. 206.17. Fedone, 64c-68b, 82e-84b.18. Repubblica, VI, 509b-c; VII, 517b-c.19. Cfr. ibid., VII, 517a, 517d, 521c, 529a-b, 533d.

SOCRATE LO SCIAMANO24

il terzo che questa verit appare strettamente riflessiva,con un carattere quindi puramente logico e mai empi-rico. Proprio su questa condizione della verit si impe-gna e si gioca tutta limpresa socratica. Al contrario deifisici, la verit stante a cuore al filosofo non consiste inalcun genere di conformit al reale, ma unicamente inun accordo del pensiero con se stesso. cos persino po-tuto sembrare che essa quasi si riassumesse nel sapereci che si dice: Ma proprio questo risulta da quanto stato detto!20 risponde spesso Socrate al suo interlocu-tore. Ne consegue che per la verit non pu esservi uncriterio esteriore. Simpone da s, come una cosa che nonsi pu evitare di pensare non appena si pensa. Di frontea quanto si scopre non c quindi n testimonianza, nautorit, n maggioranza che valga. Ma poich si pugiungere alla verit unicamente con unesperienza delpensiero, solo chi ha provato questultima potr ricono-scerla. Si pu cos insegnare la filosofia soltanto a chi gila conosce. Il paradosso del filosofo sta nel fatto che eglinon pu sottrarsi al destino di essere un maestro senzadiscepoli21. In realt, il meglio che possa fare non la-sciar loro tregua, finch non abbiano scoperto in se stessiquellirrecusabile affinit o incompatibilit tra le idee che la dialettica della verit. Questinerenza della verit al pensiero la stessa ri-flessione. Questa riflessione, o manifestazione del pen-siero a se medesimo, chiamata da Platone lgos22 eda noi tradotta con ragione. Dal momento che So-

20. Ippia minore, 375d, 376b.21. Apologia di Socrate, 33a: Io non sono stato maestro mai di nes-suno.22. Cfr. per esempio Critone, 46b.

LUOMO DAGLI OCCHI DI TORO 25

crate poteva opporre la verit dellanima allappropria-zione del mondo, si comprende perch, a differenza diogni scienza e tecnica, la filosofia pu essere definitacome un chiarimento della soggettivit. Poich lanimaha la sua verit nel desiderio, e poich il desiderio hala sua verit in ci che non lascerebbe pi nulla da de-siderare, gi sintuisce come lanima abbia la sua veritoltre ogni temporalit, di l da questo mondo, inunaspirazione e una destinazione metafisica. Cosa miaspetto da me e dallesistenza? Cosa desidero? A cosaaspira la mia volont? Mentre unindagine sui mezzinon pu essere che tecnica e scientifica, la riflessionesui fini non pu essere che morale. Poich a Socrate im-portava solo ci che umano, gi Senofonte23 avevaosservato che le scienze non erano in grado di fornirealcuna risposta agli interrogativi che egli si poneva.Anche Diogene Laerzio24 riferisce che Socrate smise ra-pidamente di interessarsi alla fisica per occuparsi uni-camente di questioni morali. Nonostante il mondo siail grande robivecchi dei mezzi di cui si pu disporre edegli ostacoli che si possono incontrare, alcuni oggettinon si trasformano mai in ostacoli o mezzi se non inrapporto a fini che dipendono dal desiderio o dalla vo-lont, e che lanima ha innanzitutto dovuto assegnarsi. quindi esatto riconoscere che, con la definizione e di conseguenza la limitazione delle competenzedella filosofia, Socrate stabilisce anche il suo metodo ei suoi obiettivi. Lunico oggetto della sua riflessione lanima umana, il suo desiderio e la conoscenza di cia cui essa aspira. In effetti, il primo paradosso del-

23. Senofonte, Memorabili, I, 1, 16; IV, 7, 8.24. Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, II, 21.

SOCRATE LO SCIAMANO26

lanima umana che essa si conosce come desiderio,ma senza sapere ci che desidera: poich lanima essastessa, in una volta, enigma e tormento. Ci che lachiama, la attira, la dirige, la governa e la muove sonoi valori. La virt consiste nella capacit di ognuno direalizzare in s questo o quel valore. Giustizia, amore,piet, coraggio, i dialoghi socratici presentano altret-tanti motivi quante sono le diverse virt. Ci che indicala misura di ogni valore per il bene che se ne irradiae se ne riceve. Principe di tutti i valori, il bene quindiil valore assoluto. Tra scienze e filosofia, la differenzadelloggetto a originare la differenza del metodo e delfine. N la condizione della conoscenza, n quella dellaverit hanno nulla in comune: le scienze cercano di co-noscere i fenomeni della natura, e li considerano chia-riti quando giungono a saperli riprodurre e controllare.Per le scienze, conoscere significa quindi saper gestire.Esse sono per costituzione apparentate alla tecnica.Come ogni tecnica, non affrontano che cose reali e os-servabili nei fatti, manipolabili e misurabili di diritto.Il loro fine lutilit: conoscere per controllare. Lascienza costituisce il governo e lamministrazione teo-rica del mondo. Al contrario, la filosofia tende a spie-gare quei valori mai realizzati e di conseguenza maiosservabili, ai quali nondimeno ogni anima aspiracome propria verit. alla stessa anima che la filosofiadeve cos domandare ragione. Lanima non pu repli-care che in modo riflessivo, interrogandosi su se stessaper comprendere il senso delle proprie aspettative e,pertanto, il fine al quale anela. La famosa formula del-fica conosci te stesso va dunque intesa come un mo-nito a non aspettarsi dalla fisica nulla di propriamente

LUOMO DAGLI OCCHI DI TORO 27

metafisico: Lesteriore non tinsegner niente suquanto vi di pi interiore in te. Smetti pertanto di cer-care nel mondo una verit che sta dentro a te. Se, comepotremmo dire, la verit della fame il pane, la veritdel desiderio il suo fine. La filosofia cerca di scoprireo di caratterizzare questa verit. La scienza trova il suooggetto nella natura; anche quando lo fabbrica, questo sempre immanente al mondo. Ancorch pure luomosi trovi nel mondo, come coscienza se ne sente sempreseparato, e come anima sempre estraneo. Non vi si ri-conosce. Allinterno di tale trascendenza non vi sonoesperienze pi innate dellattesa e del desiderio. Propriadellattesa e del desiderio unaspirazione a qualcosa dimancante che li ossessiona e li attrae. La filosofia si di-stingue perci da tutte le scienze quanto un soggetto sidistingue da un oggetto, quanto lesperienza dellassenzasi distingue da quella di ogni presenza, quanto la purariflessivit si distingue dallingegnosit di ogni realizza-zione o costruzione, quanto ci che si desidera non si di-stingue da quanto si osserva. Vi fu cos un momento incui Socrate disse che la geometria andava studiata sinoal punto di saper misurare la propria terra25.Mircea Eliade aveva sottolineato che lo sciamano, inquanto visitato da divinit indicantigli la sua missione,veniva invitato a una sorta di conversione. Cessando diconformarsi alle ordinarie sollecitazioni dellesistenza,doveva seguire, dora in poi, una nuova regola divita26. anche il caso di Socrate. Egli modella quel-lanti-individuo raffigurato dalla figura del filosofo, poi-ch linclinazione pi comune nella maggior parte degli

25. Senofonte, Memorabili, IV, 7, 8; Diogene Laerzio, op. cit., II, 32. 26. Vedi M. Eliade, op. cit., p. 89.

SOCRATE LO SCIAMANO28

uomini precisamente quella di mettersi in mostra, diessere un personaggio. Dalla propria competenza, abi-lit, destrezza, gli uomini si attendono varie forme ditornaconto. La posizione, le cariche pubbliche, lauto-rit sono dei poteri. Il denaro, poi, conquista amicizie,sostegni, appoggi, complicit, connivenze, tanto chesono pochi gli incarichi o gli uffici non in vendita. Il de-naro una specie di potere universale, di autorit poli-morfica: dal momento che non esiste pressoch nullache non sia in vendita, quasi tutti gli uomini vorrannoacquistare pi potere possibile. Si tratta dellordinariae assillante preoccupazione di tutti quelli che mirano afarsi una posizione mondana. Niente in cambio diniente su questo mondo. Anche la religione un inve-stimento. Per i Greci la piet era una sorta di merca-tura27: in cambio di lodi, offerte, sacrifici, preghiere, glidei accordavano favori, protezione, successo. A tal pro-posito, Ippia, Gorgia, Polo, Alcibiade o Callicle nonsono altro che i pi dotati e ordinari dei Greci: otte-nendo ci che gli altri desiderano, sono da questi invi-diati. Nessuno per invidia Socrate. Egli rivolta la leggedel mondo. Gli dice il sofista Antigone: Fai una vita cuinessuno schiavo, sottoposto dal padrone a tale regime,potrebbe resistere.28 Non solo Socrate non possiededenaro, non solo non lo desidera, ma considera unaspregevole prostituzione sia far pagare la sua saggezzasia arricchirsi con la sua nobilt29. Alla battaglia di Po-tidea, quando il suo coraggio e la sua fermezza, anchein mancanza di riconoscimenti, gli avrebbero comun-

27. Eutifrone, 14e.28. Senofonte, Memorabili, I, 6, 1.29. Ibid., I, 6, 13.

LUOMO DAGLI OCCHI DI TORO 29

que valso la gloria, fece attribuire a un altro i suoi me-riti30. Nelloccasione avrebbe potuto anche aggiungereche il bene non stava nel premio alla virt, ma nellavirt stessa. Lo testimoniava con la sua vita: il bene non ci da cui si trae vantaggio, bens quello che abbiamoil privilegio di realizzare. Al contrario del potere, non un mezzo per arrivare a qualcosaltro. Ha il fine in sestesso.Che sia la scelta di un atteggiamento a ispirare la dot-trina che lo giustifica, o che sia la dottrina a governareil comportamento che ispira, mi sembra che non sipossa capire granch della figura del filosofo a meno dinon ricordarsi che Socrate, di fronte ai costumi corrottie alla corruzione della democrazia ateniese, si consi-dera un vecchio Greco ammiratore di Sparta. Socratesi ribella. Per la loro radicalit, tutti i suoi comporta-menti denunciano quelli dei suoi contemporanei. Ognirifiuto simile a una posa, al punto che questa pu pas-sare per superbia. Vi dunque una sorta darroganzapropriamente filosofica consistente in un senso cos ri-goroso del dovere che porta a non inchinarsi di frontead alcun potere, neanche a quello del dolore, e addirit-tura neanche alla morte. Come Diogene Laerzio31, ognialtro lettore dellApologia ha osservato che, pi degliargomenti dei suoi accusatori, stato latteggiamentodi Socrate a provocare la sua condanna. Socrate rifiutadi difendersi, e dice: Ma se, mostrando ai giudici i beni

30. Simposio, 220d-e; Diogene Laerzio, op. cit., II, 23.31. Diogene Laerzio, op. cit., II, 42: Socrate fu dunque condannatocon una maggioranza di duecentottantuno voti. Ma dopo il suo ul-timo discorso, in cui propose come sua condanna lessere mantenutonel Pritaneo, fu condannato a morte, con altri ottanta voti in pi.

SOCRATE LO SCIAMANO30

che penso daver ottenuto dagli dei e dagli uomini e,inoltre, lopinione che ho di me, riuscir a essi molesto,preferir morire pi che, mendicando qualche anno an-cora in maniera indegna dun libero, guadagnare alposto della morte una vita molto pi disgraziata. Poiaggiunge: Chi pi liberale di me, che non ricevo maida nessuno n doni n paga? Chi potreste ritenere a ra-gione pi giusto di uno che sadatta alle circostanze sda non aver mai bisogno delle altrui cose?32 Nel Tee-teto, allinterno del ritratto che fa del filosofo, Socrateallimprovviso richiama nuovamente lo stile, al tempostesso disinvolto e altero, della filosofia: Luno, quelche tu chiami filosofo [] pu bene aver laria, senza suodisonore di uomo semplice e buono a nulla quando glitocchino uffici servili; [] laltro invece [] non sa get-tarsi indietro su la destra il mantello come saddice apersona libera, e tanto meno sa cogliere larmonia delleparole s da celebrare con veridici inni la vita degli dei edegli uomini felici.33 Anche Nietzsche aveva giusta-mente colto laspetto teatrale del portamento dei filosofigreci: Quegli uomini del popolo che, convinti della pro-pria perfezione, andavano in giro con la dignit di uneroe da corrida.34 Dopo Socrate, in effetti, sia gli epicu-rei, sia i cinici e gli stoici mostreranno la preoccupa-zione, quasi didattica, di affermare la propria libertattraverso lindipendenza, la propria indipendenza at-traverso la solitudine, il proprio disprezzo per qualsiasiautorit che non fosse quella della ragione. Si tenuti

32. Senofonte, Apologia di Socrate, 9, 16.33. Teeteto, 175e-176a.34. F. Nietzsche, La gaia scienza e Idilli di Messina, nuova ed. riv.,Adelphi, Milano 1977, p. 160.