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Università degli Studi di Sassari Dipartimento di Scienze Politiche, Scienze della Comunicazione e Ingegneria dell’Informazione Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione

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Università degli Studi di Sassari

Dipartimento di Scienze Politiche, Scienze della Comunicazione e Ingegneria dell’Informazione

Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione

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Tesi di Laurea in Storia Contemporanea

di Giovanni Addonizio

IL DIBATTITO POLITICO IN ITALIA E LE FOIBE

Relatore: Prof.ssa Assunta Trova Sassari, 21 aprile 2015

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LE FOIBELa parola foiba è un termine dialettale dell’area giuliana che deriva dal latino fŏvea che significa fossa, cava. Una fenditura del terreno provocata dall’erosione millenaria dell’acqua scavata nelle rocce carsiche, spesso utilizzata per nascondere e far sparire tutti gli oggetti ormai inservibili e inutilizzabili.

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Durante il lungo dominio austriaco la componente slava e quella italiana vivevano separate. La prima concentrata nelle campagne, la seconda invece risiedeva prevalentemente nelle città.

Il contrasto si acuisce al termine della Grande Guerra. Con lo spostamento della frontiera orientale italiana, e l’avvento della dittatura fascista, circa 400.000 sloveni e oltre 100.000 croati conoscono i duri metodi del regime di Benito Mussolini.

La nascita di due opposti nazionalismi

durante la dominazione asburgica

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La politica fascista contro antislava segue tre direzioni:

Una violenza di matrice squadrista più virulenta e precoce rispetto al resto dell’Italia.

La scomparsa delle lingue slave dalla vita pubblica.

Provvedimenti miranti alla rovina economica dei non italiani.

Il regime fascista e l’italianizzazione

forzata della regione

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La guerra d’aprile determina lo smembramento della Jugoslavia e il conseguente rafforzamento del dominio italiano.

Si forma immediatamente un movimento di resistenza coeso e radicato, facente capo al partito comunista sloveno e croato.

La repressione italiana è estremamente feroce, vengono commessi crimini di guerra e devastazioni di villaggi. Numerosi civili periscono nei campi di concentramento di Arbe e di Gonars.

La seconda guerra mondialeL’invasione della Jugoslavia

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L’annuncio dell’armistizio dell’otto settembre 1943, provoca lo sbandamento dell’esercito italiano che crede che la guerra sia finita.

I contadini e i partigiani slavi ne approfittano per dare vita a una vera e propria rivolta.

È in questo momento si scatena la prima ondata di violenze delle foibe, non solo nei confronti dei rappresentanti del regime fascista, ma anche verso tutti coloro che ricordassero l’odiata amministrazione italiana.

La prima ondata di violenze del 1943

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Le operazioni di recupero delle salme

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Un’operazione congiunta dell’esercito tedesco e di quello della neonata RSI consente ai nazifascisti di riconquistare il controllo territorio.

Le operazioni per soffocare l’insurrezione istriana sono estremamente brutali e prevedono fucilazioni, torture e incendi di villaggi, come quello di Lipa il 30 aprile 1943.

Subito dopo cominciano le operazioni di recupero delle salme. Una riesumazione delle vittime che secondo molti studiosi è stata realizzati con scopi propagandistici.

Le operazioni di recupero delle salme

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La resa dei soldati tedeschi nel maggio del 1945, consente alle truppe di Tito l’immediata occupazione della Venezia Giulia, comprese le città di Trieste, Gorizia e Pola.

Si scatena rapidamente la seconda ondata di violenze delle foibe. Molte vittime non concludono la propria esistenza nelle voragini carsiche, ma muoiono di fame e di stenti nei campi di concentramento della Jugoslavia.

A differenza della prima ondata di violenze, maturata da propositi di vendetta, in questo caso si assiste a una determinata azione jugoslava, volta ad assicurarsi i territori giuliani prima dell’arrivo degli alleati.

La seconda ondata di violenze del 1945

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Con la divisione dei territori realizzata dalla Linea Morgan e le successive clausole imposte alla Conferenza della pace di Parigi, la popolazione italiana residente nei territori della Jugoslavia avrebbe potuto optare per la conservazione della cittadinanza italiana.

La questione dell’opzione fu un dramma per gli italiani, perché rimanere cittadino italiano significava perdere tutti i propri averi.

Gli optanti, nonostante le umilianti condizioni, furono praticamente la totalità degli italiani, spinti a questa scelta dal timore di nuove operazioni di pulizia etnica.

Il dramma dell’opzione

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L’esodo

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Circa 300.000 persone nell’arco di un decennio abbandonarono la propria terra di insediamento storico, a causa delle pressioni portate avanti dalle autorità jugoslave.

L’esodo

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La popolazione italiana accolse con ostilità i profughi giuliani-dalmati, perché su di loro ricadevano pregiudizi politici e ideologici.

Venivano raffigurati come fascisti in fuga dal paradiso della classe operaia e scomodi concorrenti per i pochi posti di lavoro disponibili.

Uno degli episodi più eclatanti si verificò alla stazione di Bologna il 17 febbraio 1947, con un treno che trasportava i profughi, bloccato per ore sui binari.

L’accoglienza riservata ai profughi

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Fertilia, i profughi nella città incompiuta del fascismo

Fertilia è una realtà unica rispetto agli altri centri di accoglienza per i profughi giuliani dislocati sul territorio italiano. Si tratta di una città voluta dal fascismo ma rimasta incompiuta a causa dello scoppio della guerra, che verrà progressivamente portata a termine e popolata per la prima volta soltanto grazie all’arrivo dei profughi.

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La difficile integrazione dei profughi giuliani in Sardegna fu dovuta come altrove, a motivi economici legati alla difficile situazione occupazionale.

Un altro elemento di divisione riguardava le quattro anime che coesistevano in quel territorio: sarda, algherese, ferrarese e appunto giuliana.

Gli esuli ricostruirono la nuova vita all’insegna della continuità con il passato e ne sono un esempio il dialetto istroveneto e i caratteri urbanistici.

Fertilia, i profughi nella città incompiuta del fascismo

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Sul dramma delle foibe e dell’esodo di circa 300.000 italiani è calato un silenzio lungo quasi cinquant’anni e soltanto a partire dagli anni novanta si è cercato di far luce su quei fatti.

Le foibe, capitolo oscuro per lunghi anni della storia

italiana

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Gli atti parlamentari sulle foibe

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I crimini commessi durante la guerra civile in Bosnia-Erzegovina furono l’occasione giusta per alcuni schieramenti politici per far riemergere la questione.

Disegno di legge n. 1353 del 25 settembre 1996, su iniziativa del deputato Giulio Camber per l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulle stragi delle foibe.

La legge n. 92 del 30 marzo 2004 che istituisce la solennità civile nazionale del giorno del ricordo, celebrato il 10 febbraio di ogni anno al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia delle vittime delle foibe, e dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra.

Gli atti parlamentari sulle foibe

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La rappresentazione mediatica

delle foibe

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Gli avvenimenti dei primi anni novanta, comportarono l’abbattimento di tutti quegli elementi che avevano costituito un ostacolo alla pubblicizzazione delle foibe.

Rai Fiction produce uno sceneggiato sulle foibe dal titolo Il cuore nel pozzo, trasmessa in prima visione nei giorni immediatamente precedenti la prima ricorrenza del giorno del ricordo del 2005.

Nel 2013 il cantante Simone Cristicchi realizza lo spettacolo “Magazzino 18”, dal nome del celebre sito di stoccaggio delle merci lasciate dai profughi che transitavano a Trieste.

La rappresentazione mediatica

delle foibe

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Le foibe sono un argomento storico acceso e dibattuto da valutare continuamente con la maggiore obiettività possibile.

Le divisioni sono dovute alla radicale contrapposizione delle interpretazioni. Da parte jugoslava si parla di giustizia politica contro il nazifascismo, mentre in Italia si usano apertamente termini come genocidio o pulizia etnica.

Le foibe nel dibattito politico italiano

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Il numero dei morti infoibati è forse l’aspetto più controverso della questione.

Chi minimizza i crimini commessi dalla Jugoslavia, sostiene che non si parla mai abbastanza dei morti causati dall’azione dei nazifascisti.

Nel momento in cui lo scontro politico sulle foibe è stato più aspro, si è parlato anche di trentamila morti, ma ipotizzare la stima di circa 10.000 persone eliminate nelle foibe o nei campi di concentramento, ci serve a inquadrare il fenomeno entro le sue reali dimensioni.

Le foibe nel dibattito politico italiano

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Resta quindi aperto l’interrogativo sul numero delle vittime di queste atrocità. Ma un aspetto sul quale riflettere è che se da parte della popolazione giuliana la memoria e le ferite di quei tragici fatti sono rimaste sempre aperte, nel resto del paese è gravato per oltre mezzo secolo un colpevole silenzio.

Un silenzio attribuibile da una parte all’ambiguo comportamento tenuto dal PCI. Dall’altro alle scelte fatte dai governi dell’Italia del dopoguerra in politica internazionale, alla luce della rottura che si consumò fra Tito e Stalin nel 1948.

La spiegazione fornita da Belgrado, circa il carattere antifascista e colpevolezza dei morti, divenne quindi una sorta di versione ufficiale anche per le autorità italiane che fecero calare il silenzio sull’argomento.

Le foibe nel dibattito politico italiano

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Negli ultimi anni però si è riusciti almeno in parte a sottrarre agli usi politici la memoria su questi

tragici fatti, e dopo diversi decenni la tragedia degli italiani uccisi nelle foibe e del dramma vissuto dai

profughi giuliani, ha acquisito uno spazio più sereno e consapevole nella coscienza nazionale.

Le foibe nel dibattito politico italiano

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Grazie a tutti per l’attenzione

Giovanni Addonizio