sistemazioni fluviali - università di pavia · deflusso di piena, consentendo, nel caso di ponti...
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Facoltà di Ingegneria
Dipartimento di Ingegneria Idraulica e Ambientale
Corso di
SISTEMAZIONI FLUVIALI
Prof. Mario Fugazza1
Effetti idraulici
prodotti
dai ponti nei corsi d’acqua
1 Questi appunti sono stati ricavati dalla relazione conclusiva del corso di laurea triennale dell’Ing. Andrea Mogni.
AA 2004/05
2
1. Premessa
In questa relazione si considerano le problematiche relative all’interazione
della corrente con le opere di sostegno dell’impalcato di un ponte collocate in alveo,
ovvero le pile e le spalle. Infatti queste opere, collocate all’interno della sezione di
deflusso, provocano il restringimento della sezione stessa e, conseguentemente, la
variazione dell’assetto idrometrico della corrente in particolare durante il deflusso
della portata di piena.
Il fenomeno idraulico più visibilmente rilevante è l’aumento del tirante idrico
a monte dell’ostacolo (rialzo idraulico). Le portate connesse a tempi di ritorno
elevati sono in grado di provocare sovralzi notevoli, in relazione al restringimento
della sezione e alle condizioni di deflusso che si instaurano. La dipendenza del
rigurgito a monte della struttura dal grado di restringimento deve indurre a
considerare possibili ulteriori riduzioni della sezione di deflusso dovuti:
1) all’ostruzione parziale delle luci presenti, fenomeno molto probabile nelle parti
alte del bacino a causa del trasporto di materiale galleggiante di varia natura
(detriti, tronchi, etc.);
2) al fatto che la direzione della corrente non sia normale a quella dell’impalcato (e
quindi parallela alla dimensione maggiore delle pile) ma abbia un angolo di
incidenza molto diverso da zero: ad esempio a causa di una esondazione
verificatasi a monte che ha creato un nuovo percorso fuori dall’alveo per la
corrente di piena.
Il rigurgito provocato dalla presenza di un ponte va dunque attentamente
valutato al fine di conferire un adeguato grado di sicurezza alle zone limitrofe alla
struttura. Tale obiettivo è conseguibile ad esempio tramite la costruzione o
l’adeguamento delle arginature per un tratto sufficiente verso monte, in modo da
garantire un adeguato franco di sicurezza.
Il secondo ma non meno importante fenomeno idraulico da considerare è
l’erosione localizzata che si verifica alla base delle opere di fondazione in alveo. Gli
effetti erosivi si producono a causa dell’aumento della velocità della corrente e dei
conseguenti fenomeni di turbolenza che si instaurano in corrispondenza della sezione
controllata dal ponte. L’asportazione di materiale dalla base delle pile e delle spalle
può creare problemi di stabilità alla struttura, conducendo allo scalzamento della
fondazione.
Altri aspetti idraulici relativi alla costruzione e gestione di un ponte non vengono
trattati in questa relazione per brevità: si ricordano i problemi relativi all’esercizio
della navigazione e agli usi idroelettrici e irrigui delle acque defluenti.
2. Deflusso delle acque in corrispondenza di un restringimento della
sezione
Durante l’evento di piena è necessario garantire il deflusso della portata di
progetto attraverso le luci del ponte, assicurando la formazione di rialzi idraulici
compatibili con le arginature presenti. Tale obiettivo si realizza attraverso alcuni
3
basilari accorgimenti nella fase progettuale oppure tramite opere di adeguamento e
rifacimento delle strutture esistenti:
a. dimensionamento delle luci tale da non creare eccessivi restringimenti sulla
sezione;
b. assegnazione di un dislivello minimo (6-7 m) tra fondo dell’alveo e quota di
sottotrave;
c. rispetto di un franco di sicurezza (1,5-2 m) tra il livello idrometrico raggiunto
in corrispondenza dell’impalcato e la quota di sottotrave durante la piena di
progetto considerata;
d. valutazione della necessità di adeguare tali franchi nel caso in cui il ponte
possa essere soggetto a fenomeni di ostruzione parziale delle luci.
Queste norme tecniche mirano a garantire un sufficiente grado di sicurezza
contro l’eventuale sormonto dell’impalcato da parte della corrente durante la piena di
progetto. Tale situazione infatti, oltre a trasmettere sollecitazioni orizzontali
improprie alla struttura, determina una condizione di rigurgito verso monte che può
provocare la tracimazione dagli argini esistenti.
L’assegnazione di luci adeguate per ogni campata è il provvedimento più
importante per il corretto funzionamento idraulico del tratto interessato dal
restringimento durante le piene. E’ innanzitutto necessario operare un distinguo tra i
ponti costruiti sino al Secondo Dopoguerra e quelli di moderna concezione. Se per i
primi, infatti, non era possibile garantire campate con luci superiori a 15-30 m a
causa della natura isostatica della struttura e della mediocre qualità dei materiali
impiegati, dagli anni ’60-’70 la situazione cambiò radicalmente. L’introduzione di
materiali qualitativamente superiori, l’applicazione di nuovi schemi strutturali di tipo
iperstatico e le tecniche di scavo più avanzate per le fondazioni rendono oggi
possibile la costruzione di campate anche superiori ai 100 m. Questo risultato
comporta che spesso le opere di sostegno dell’impalcato siano quasi ininfluenti sul
deflusso di piena, consentendo, nel caso di ponti su corsi d’acqua di larghezza
modesta, lo scavalco diretto senza la necessità di collocare pile in alveo. Al contrario
nel caso di corsi d’acqua di larghezza trasversale di alcune centinaia di metri resta
necessaria la collocazione di opere di sostegno direttamente in alveo. In tal caso si
cerca di posizionare tali strutture nella zona dell’alveo meno attiva (golena),
garantendo in tal modo un’interazione tra le pile e la corrente solo durante piene di
una certa rilevanza.
Con le moderne tecniche di costruzione è dunque possibile garantire, per i
normali tempi di ritorno utilizzati nei calcoli, luci libere di larghezza tale da non
ostacolare il deflusso delle piene. In tal modo si evita sia il sormonto della struttura
da parte della corrente che un rigurgito consistente a monte della stessa, anche con il
rispetto dei franchi di sicurezza riguardanti la quota di sottotrave sopra riportati.
Diversamente i ponti di vecchia costruzione molto spesso non rispettano i
franchi relativi alla quota di sottotrave né sono in grado di garantire sufficienti luci
libere, imponendo così un eccessivo grado di restringimento alla sezione interessata.
Come già accennato, tale restrizione della sezione di deflusso risulta
particolarmente pericolosa nelle zone alte di un bacino e tanto più se la sezione
considerata è soggetta ad interramento. In questo caso infatti la piena di progetto,
oltre a dover superare una soglia creata dal deposito di materiale solido, trova un
ulteriore riduzione della luce libera nella parziale ostruzione determinata dalla
presenza di corpi galleggianti nella corrente (tronchi, carcasse, etc.), più frequenti
4
nella parte alta del bacino a causa del regime di velocità elevate in grado di
determinare il loro trasporto.
Risulta dunque evidente l’importanza dell’individuazione e del monitoraggio
delle strutture fondate in alveo in grado, in base a quanto detto, di determinare
fenomeni di rigurgito eccessivo o di sormonto e provocare la tracimazione delle
acque durante le piene con frequenze non accettabili. Sono infatti sempre più
frequenti gli interventi manutentivi riguardanti la messa in sicurezza idraulica (e
strutturale) di ponti già esistenti piuttosto che la costruzione sostitutiva di una nuova
opera. Tale tendenza si può tra l’altro attribuire ai caratteri di pregio storico-
architettonico che rivestono numerosi ponti italiani.
2.1 Dinamica della corrente in corrispondenza di un restringimento della sezione
di deflusso
Le tipologie fondamentali di restringimento della sezione di deflusso di un corso
d’acqua sono due:
• la contrazione (contraction), con cui si indica solitamente un restringimento
che lascia libera una luce nella zona centrale del corso d’acqua, come avviene
nel caso delle spalle dei ponti o di affioramenti rocciosi laterali che
ostruiscono in parte la sezione (figura 2.1).
Figura 2.1 - Schema di contrazione della sezione di deflusso prodotta dalle spalle di un ponte
• l’ostruzione (obstruction), caratterizzata dalla presenza di ostacoli nella zona
centrale della sezione di deflusso, che provocano la separazione della corrente
(figura 2.2)
Bridge
abutment
Dead storage
zone
Q
5
Figura 2.2 – Schema di ostruzione della sezione di deflusso prodotta dalla pila di un
ponte
Entrambe le tipologie di restringimento provocano dissipazioni energetiche
della corrente e alterano il suo assetto idrometrico in relazione alle caratteristiche
idrauliche e geometriche del singolo caso considerato. Tuttavia, sebbene in un
restringimento indotto da un ponte la contrazione determinata dalle spalle e
l’ostruzione provocata dalle pile interagiscano e sovrappongano i loro effetti sulla
corrente, è opportuno separare, almeno in linea teorica, i risultati idraulici che
determinano singolarmente sul corso d’acqua. Si deve osservare che spesso,
attraverso l’impiego delle formule pratiche per il calcolo del sovralzo, si tende a
considerare gli effetti indotti dalle pile, tralasciando quelli delle spalle. Questo
procedimento è certamente giustificato nel caso in cui la presenza delle pile (numero
di pile in alveo, ma anche dimensioni e geometria delle stesse) sia idraulicamente più
rilevante rispetto a quella delle spalle.
Generalmente le spalle di un ponte non dovrebbero interessare la zona di deflusso
se la corrente è veloce, mentre nel caso di corrente lenta esse dovrebbero essere
studiate in modo da non indurre il passaggio per lo stato critico. Allo stesso modo
anche la presenza di pile nella sezione di deflusso può determinare una corrente
lenta, veloce oppure un regime misto.
La figura 2.3 schematizza il passaggio della corrente attraverso un generico
restringimento della sezione di deflusso di un corso d’acqua dovuto alla presenza
delle spalle di un ponte.
Tale restringimento della sezione determina un tipico comportamento della corrente
transitante: a monte si determina una contrazione della vena affluente, contrassegnata
dall’angolazione media CR delle traiettorie dei filetti idrici più esterni. A valle
dell’ostacolo, al contrario, si sviluppa un’espansione dei filetti idrici caratterizzati da
una divergenza con angolazione ER rispetto all’orizzontale meno marcata della fase
precedente (mediamente 4°).
Rispetto alle traiettorie limite rappresentate in figura dalla retta tratteggiata, le
traiettorie reali dei filetti idrici descrivono le linee curve concave verso la corrente.
6
Figura 2.3 - Schema di un restringimento della sezione di deflusso provocato
dalla presenza in alveo delle spalle di un ponte
E’ possibile dunque suddividere la corrente transitante tra la sezione 4 a monte e la
sezione 1 a valle in tre zone distinte, in base ai differenti comportamenti idraulici:
• la zona 1 è collocata tra la sezione 2, immediatamente a valle del ponte, e la
sezione 1 (exit section). In essa si completa l’espansione della corrente dopo il
suo passaggio attraverso il restringimento in alveo, caratterizzata da forti perdite
energetiche a causa dei rilevanti fenomeni di turbolenza. La distanza Le in cui
tale espansione riesce ad espletarsi, collegata alla già citata angolazione ER dei
filetti idrici in questo tratto, dipende dalla velocità della corrente in prossimità del
restringimento e dalle caratteristiche fisiche del tratto dell’alveo interessato. Tale
distanza occorrente alla corrente per tornare ad occupare l’intera sezione di
deflusso è mediamente pari a circa 4 volte la larghezza delle pile o delle spalle
sporgenti in alveo. Nel caso di più pile collocate in alveo, come accade
abitualmente per i ponti a più campate, il restringimento efficace per ogni
campata è determinato da metà di due pile, ovvero dalle dimensioni di una
singola pila per campata, ipotizzando pari dimensioni per ogni struttura
• la zona 2 è quella compresa tra le sezioni 2 e 3 ed è interessata dal passaggio
della corrente attraverso la sezione ristretta determinata dalle opere di sostegno
del ponte. In tale zona si possono generare accentuati fenomeni di turbolenza con
rilevanti dissipazioni energetiche determinati dal forte incremento di velocità
della corrente e la formazione di onde trasversali se la corrente diventa veloce.
• la zona 3, tra la sezione 4 e la sezione 3 a ridosso del ponte, individua l’area in
cui la corrente subisce una contrazione per attraversare la sezione imposta dalla
presenza delle spalle. Tale area è caratterizzata da un aumento graduale della
velocità della corrente, proporzionale al grado di restringimento imposto. La
distanza Lc tra la sezione 4, in cui inizia la contrazione dei filetti fluidi, e il ponte
è stimabile nello stesso ordine di grandezza della misura caratteristica di
ingombro dell’alveo, ovvero una pila, una spalla o la media del loro ingombro
trasversale a seconda dei casi. In tale zona di contrazione i fenomeni di
dissipazione energetica sono molto ridotti rispetto alle zone 2 e 3 e dipendono
dalla forma delle pile.
7
La dinamica idraulica descritta è valida per ogni tipo di restringimento della
sezione di deflusso, indipendentemente dal grado di contrazione imposto dalle opere
di sostegno all’impalcato. Inoltre il comportamento della corrente in prossimità di un
ostacolo sono simili a quelli che si verificano nel caso in cui la corrente incontri una
soglia di fondo, struttura che produce, allo stesso modo, una riduzione della sezione
di deflusso.
Il parametro fisico maggiormente condizionante il regime idraulico che si instaura
nel tratto interessato dal restringimento è il rapporto di contrazione r: considerando
per semplicità una sezione trasversale di forma rettangolare, esso è definito come il
rapporto tra la misura della sezione libera b1 in corrispondenza del restringimento e
la larghezza trasversale b0 dell’alveo a monte e a valle dell’opera.
(1) 0
1
b
br =
Il grado di restringimento viene indicato anche con un parametro detto coefficiente
di ingombro α:
(2) rb
bb−=
−= 1
0
01α
In conclusione, mentre il rapporto di contrazione indica la percentuale di luce libera
rispetto a quella disponibile a monte, il coefficiente d’ingombro rappresenta la
percentuale della sezione trasversale occupata dalle opere di sostegno all’impalcato
rispetto alla luce libera.
Se consideriamo una portata Q (m3/s) transitante definiremo quindi due valori della
portata specifica (m2/s) q1 =Q/b1 e q0=Q/b0 con q1 > q0.
In base alle caratteristiche idrauliche della corrente e al grado di restringimento
dovuto alla presenza in alveo di opere di sostegno di un ponte è possibile suddividere
in tre classi le tipologie di deflusso che possono instaurarsi:
• Classe A: la corrente è lenta a monte e rimane tale attraverso il restringimento e a
valle dell’ostruzione;
• Classe B: il moto è caratterizzato dal passaggio da un’altezza di corrente lenta a
una di corrente veloce o viceversa. In questi casi nella sezione ristretta si verifica
sempre lo stato critico;
• Classe C: la corrente è veloce a monte e rimane tale attraverso il restringimento e
a valle della struttura.
Le differenti modalità di deflusso sono rappresentabili mediante una relazione tra il
numero di Froude Fr della corrente nella sezione ristretta e in quella di valle (sez. 2 e
3 nella Fig. 2.2) e il rapporto di contrazione r.
Consideriamo l’alveo di forma rettangolare di Fig. 2.2 attraverso cui passa la portata
Q.
Il bilancio energetico tra la sezione 2 interessata dal restringimento e la sezione 3 a
valle del restringimento si scrive:
(3) g
vh
g
vhH
22
2
3
3
2
220 +=
+= ε
8
e quindi, utilizzando la definizione del numero di Froude gh
vFr =
(4) ( ) ( )2
33
2
22 22 FrhFrh +=+ε
dove nell’equazione (3) H0 è l’energia specifica della corrente rispetto al fondo nella
sezione ristretta e ε è un coefficiente diminutivo che tiene conto della dissipazione
energetica che si attua a valle a causa dell’espansione.
L’equazione di continuità per la corrente si scrive:
(5) 333222 hbvhbv =
che diventa
(6) 3
3
2
3
3
2
22
2 hFrhrFr =
Eliminando h2 e h3 tra (4) e (6) si ottiene:
(7) ( )
( )32
3
2
2
32
22
3
32
2
2
FrFr
FrFrr
+
+= ε
Imponendo il passaggio dallo stato critico sul restringimento (Fr2 = 1) e trascurando
la perdita di energia si ottiene infine l’equazione semplificata
(8) ( )32
3
2
32
227
Fr
Frr
+=
che rappresenta la condizione di energia minima per il passaggio attraverso il
restringimento al variare del numero di Froude della corrente indisturbata per
assegnato rapporto di contrazione r.
Figura 2.3 - Classi di deflusso in base al comportamento della corrente
9
La (8) è rappresentata graficamente dalla figura 2.3. Si possono fare le seguenti
considerazioni:
La curva rappresentata dalla relazione (8) corrisponde alla situazione in cui la
corrente diventa critica attraverso il restringimento. Fissato un qualunque valore di r
la (8) ha due soluzioni, una di corrente lenta Fr3,l(r) e una di corrente veloce Fr3,v(r).
Possiamo fare le seguenti considerazioni:
• Al crescere del numero di Froude della corrente indisturbata (Fr3) ci
muoviamo lungo un’orizzontale che corrisponde a situazioni differenti dal
punto di vista del comportamento della corrente;
• Per Fr3 < Fr3,l(r) la corrente, lenta a monte, resta lenta attraverso il ponte:
corrente in CLASSE A;
• Per Fr3,l(r) ≤ Fr3 <1 la correnta diventa critica attraverso il restringimento e
veloce a valle di esso per poi tornare lenta attraverso un risalto: corrente in
classe 1b;
• Per 1< Fr3 ≤ Fr3,v(r) la corrente, veloce a monte, diventa lenta attraverso un
risalto prime del restringimento, diventa critica sul restringimento e poi torna
veloce a valle: corrente in classe 2b;
• Per Fr3 è > Fr3,v(r) la corrente, veloce a monte, resta veloce attraverso il
ponte: corrente in CLASSE C.
2.2 Variazione dell’assetto idrometrico della corrente prodotto da un restringimento
della sezione di deflusso
L’inserimento delle opere di sostegno di un ponte all’interno dell’alveo di un
corso d’acqua produce una variazione dell’assetto idrometrico della corrente per un
certo tratto rispetto alla posizione di tali strutture.
Considerando un tratto abbastanza breve ed ipotizzando l’instaurarsi di un
moto permanente gradualmente variato2, tali variazioni del tirante idrico possono
coincidere con rigurgiti positivi o negativi rispetto al tirante di moto uniforme h0
associato a Q. Per valutare le condizioni di sicurezza alle esondazioni delle aree
limitrofe al corso d’acqua è necessario valutare il rialzo idraulico associato alla
portata di progetto. Imponendo tale rigurgito come condizione al contorno è possibile
ricostruire il profilo di moto permanente generato durante la piena.
Di particolare interesse è il profilo di moto permanente che si instaura, a
seguito di un rialzo idraulico, in un alveo a debole pendenza. Tale situazione risulta
essere quella a cui è connesso il maggior grado di rischio, sia per i valori dei rigurgiti
che possono prodursi in occasione delle piene di progetto, sia per la lunghezza del
tratto a monte interessato dal rigurgito.
I regimi idraulici che si producono a causa della presenza in alveo di un ponte si
possono raggruppare in quattro diversi casi, definiti in relazione rapporto esistente tra
la pendenza critica ic e la pendenza i dell’alveo3 e tra l’energia specifica H0 della
corrente indisturbata e l’energia minima compatibile con q1 H min,q1 (classificazione
di Yarnell). I casi possibili sono i seguenti:
2 in realtà questo non è sempre vero e parlare di corrente monodimensionale nel senso tradizionale è soltanto una
schematizzazione idraulica, utile per la comprensione del fenomeno. 3 Si ricorda che la pendenza critica dipende dal valore della portata transitante
10
• Caso I
i < ic
H0 > H min,q1
Alvei a debole pendenza • Caso II A
• Caso II B
i > ic
H0 < H min,q1
Alvei a forte pendenza • Caso III
i > ic
H0 > H min,q1
Mentre i casi I e II A riguardano alvei con pendenza inferiore a quella critica i casi II
B e III sono tipici di alvei con pendenze elevate, superiori a quella critica. L’ulteriore
differenziazione proposta è dovuta al confronto dell’energia posseduta dalla corrente
rispetto a quella minima necessaria per superare il restringimento (superamento in
stato critico).
Ricordando che negli alvei a debole pendenza il moto uniforme è lento mentre in
quelli a forte pendenza è veloce, si deduce che il caso I è l’unico ad appartenere ad
un deflusso di classe A, così come il caso II B è l’unico riconducibile alla classe C.
La condizione energetica H0 > Hmin,q1 , che indica un’energia posseduta dalla
corrente superiore rispetto a quella minima richiesta per il superamento del
restringimento, garantisce caratteri di stabilità alla corrente. Un valore dell’energia
specifica inferiore a quella critica comporterebbe l’instaurarsi di fenomeni di
instabilità nella corrente quali rialzo e risalto idraulico. Tale situazione è invece
caratteristica dei casi 2 e 4, riconducibili entrambi alla classe B. Il risalto e il rialzo
idraulico consentono infatti alla corrente di acquistare l’energia minima necessaria
per il passaggio del restringimento in stato critico, con le seguenti modalità:
• Caso I : i < ic ; H0 > H min,q1
Nel caso I il moto è di tipo lento a monte e rimane tale sia sul restringimento
che dopo l’espansione. Il rialzo che si determina a monte del ponte è dovuto alla
necessità della corrente di recuperare l’energia dissipata localmente nell’espansione a
valle del restringimento. Il rigurgito è di modesta entità e risulta tanto più accentuato
quanto maggiore è tale dissipazione energetica. Tuttavia tale rialzo è prodotto da
valori prossimi a 1 del rapporto di contrazione r, in quanto riduzioni più marcate
della sezione di deflusso determinerebbero un aumento dell’energia necessaria per il
11
transito della corrente sino ad indurre il passaggio per l’altezza critica sul
restringimento e la conseguente variazione del regime idraulico: in questo caso si
parla infatti di corrente strozzata.
Figura 2.4 – Curva H(y) e profilo idraulico nel caso I
Il diagramma H(y) in figura rappresenta l’energia specifica della corrente al variare
del tirante idrico in una determinata sezione. Nel tratto interessato dal transito della
corrente attraverso il ponte è necessario passare dalla curva costruita per sezione
libera con corrispondente portata per unità di larghezza pari a q0, a quella costruita
per sezione ristretta con larghezza b1 e portata per unità di larghezza q1.
(9) 1
1
0
0b
b
Qq =<=
Il confronto delle due curve evidenzia una crescita dell’altezza critica y1,c rispetto a
yc, dovuta all’aumento della portata per unità di larghezza q. La portata specifica
risulta legata al coefficiente di contrazione r da un rapporto di proporzionalità
inversa: al diminuire del valore di r e dunque al crescere dell’ingombro delle opere di
sostegno in alveo, aumenta la portata specifica q che determina una traslazione verso
l’alto della curva dell’energia.
(10) rb
b
q
q 1
1
0
0
1 ==
L’aumento di y1,c è connesso alla crescita dell’energia minima richiesta per il transito
attraverso il restringimento. Tuttavia si deduce dal grafico H(y) come l’energia H0
posseduta dalla corrente a valle del restringimento sia in questo caso superiore
rispetto al minimo di energia richiesto. Il particolare a destra del grafico evidenzia
come, dopo il rialzo idraulico che si attua tra le sezioni A e B per un recupero di
energia pari a ∆H, dissipata in espansione, il tirante si riduce nel passaggio attraverso
il restringimento (sezione C). Tale fenomeno è spiegabile graficamente nella
diminuzione di tirante che si attua tra y0 e y1 a seguito del passaggio della corrente
dallo stato indicato dal punto B a quello in C, che avviene senza dissipazione
12
energetica. Nella successiva fase di espansione il tirante tende asintoticamente a
raggiungere l’altezza di moto uniforme.
• Caso II A : i < ic ; H0 < H min,q1
Il moto uniforme lento presente a monte del restringimento è rappresentato dal
punto A in figura 2.13. Al contrario rispetto al caso I, l’energia posseduta dalla
corrente risulta insufficiente a superare il restringimento imposto dalla presenza del
ponte. L’energia richiesta per il passaggio si ricava dal minimo della curva
dell’energia H(y) costruita per la portata specifica q1 nella sezione ristretta. Per
recuperare l’energia minima richiesta E c,1 la corrente lenta rigurgita, producendo un
rialzo idraulico a monte che le permette di raggiungere, attraverso il campo delle
correnti lente rappresentate in figura, il tirante idrico y max. Tale altezza d’acqua,
raggiunta nella sezione B subito a monte del restringimento, rappresenta il rialzo
idraulico massimo rispetto al tirante di moto uniforme. La stima della misura di
questo rigurgito, di particolare rilevanza negli alvei in condizioni di debole pendenza,
verrà approfondita nei prossimi paragrafi.
Dalla sezione B a monte del ponte la corrente passa attraverso il
restringimento, ipotizzando l’assenza di dissipazioni energetiche, raggiungendo il
punto di minimo C1 con portata pari a q1. Nella sezione D la corrente perde la
quantità di energia δH a causa dell’espansione della corrente.
Tuttavia la corrente, dopo essere passata per lo stato critico in corrispondenza
del restringimento, è caratterizzata nella sezione D da un’altezza d’acqua veloce4, in
contrasto con il moto uniforme lento che deve instaurarsi all’interno dell’alveo. Per
raggiungere questo tirante idrico la vena liquida deve dissipare l’energia in eccesso
∆H che possiede nella sezione D rispetto a quella di moto uniforme relativa alla
sezione A. Tale dissipazione si realizza tramite la formazione di un risalto idraulico
che, determinando una transizione da un’altezza veloce ad una lenta, produce forti
fenomeni di turbolenza all’interno della corrente.
Figura 2.5 – Curva H(y) e profilo idraulico nel caso II A
4 come già ricordato a pag 8 in realtà il moto non è più monodimensionale.
13
La collocazione del risalto in una sezione definita dell’alveo avviene tramite
l’applicazione dell’equilibrio della spinta prodotta dalla corrente. Ciò significa che il
risalto si colloca ove la spinta di monte eguaglia quella di valle. L’equazione della
spinta totale si scrive:
(11)
+=gy
qybqyS
2
0
2
002
),( γ
dove y e q0 sono il tirante e la portata per unità di larghezza, γ è il peso specifico
dell’acqua e b0 è la larghezza della sezione di deflusso. Il primo termine in tale
equazione rappresenta la componente idrostatica della spinta, mentre il secondo
indica la spinta idrodinamica.
Nella stessa figura 2.5 è riportato l’andamento della spinta totale, variabile con il
tirante idrico a portata fissata costante. Al valore della spinta esercitata nella sezione
finale A, che rappresenta il tirante di moto uniforme che deve instaurarsi verso valle
e quindi risulta essere la condizione idraulica da imporre, si trova il corrispettivo
nella sezione E. I tiranti idrici corrispondenti alle sezioni A ed E sono definite altezze
d’acqua coniugate.
• Caso II B : i > ic ; H0 < H min,q1
In questo caso la corrente uniforme veloce a monte del restringimento (sezione A)
non possiede energia sufficiente per attraversare il restringimento prodotto dal ponte
(H0 < H min,q1).
Considerando la figura 2.6, nel diagramma H(y) per portata q0 il tirante di moto
uniforme y0 deve raggiungere il tirante yd. Imponendo la solita assenza di
dissipazioni energetiche attraverso il restringimento, il tirante yd rappresenta la
condizione a cui è associato il minimo di energia H min,q1 utile a superare l’ostacolo.
Per raggiungere questo tirante la corrente deve però passare dal ramo delle correnti
veloci a quello delle correnti lente per la portata q0 che caratterizza la sezione non
ristretta: nell’alveo si deve dunque individuare un risalto idraulico tra la sezione A e
la sezione B che permette una dissipazione energetica pari a ∆H. Come analizzato
nel caso II A esso si localizza tramite la costruzione della curva della spinta totale
S(y, q0): imponendo il tirante y0 di moto uniforme si trova graficamente l’altezza
coniugata yb sul ramo delle correnti lente. Una corrente ritardata permette infine
l’aumento del tirante da yb a yd, sufficiente per il passaggio attraverso il
restringimento. Dalla sezione D si attua il passaggio per il ponte con il transito per lo
stato critico C1, corrispondente al minimo della curva dell’energia costruita per la
portata q1. A valle del ponte la corrente è soggetta ad un’espansione con dissipazione
energetica pari a δH con ritorno nel campo delle correnti veloci dopo il passaggio per
l’altezza critica y1,c (sezione E). La dissipazione δH non consente il raggiungimento
del tirante di moto uniforme di partenza y0, che si instaura verso valle con un profilo
di tipo F3.
14
Figura 2.6– Curva H(y) e profilo idraulico nel caso II B
• Caso III : i > ic ; H0 > H min,q1
Il caso III è per comportamento idraulico similare al caso I precedentemente
analizzato. Il moto mantiene le sue caratteristiche di corrente, questa volta di tipo
veloce, dalla zona a monte rispetto al restringimento sino alla sezione in cui avviene
l’espansione della corrente.
Il profilo caratteristico, rappresentato in figura 2.7, evidenzia come nella situazione
di stabilità di corrente veloce il tirante idrico tenda ad alzarsi in corrispondenza del
restringimento. A ridosso del ponte (sezione A) la corrente, a meno della presenza di
altre cause perturbative localizzate, presenta un’altezza d’acqua coincidente con
quella di moto uniforme. Questa peculiarità è dovuta all’altezza di moto uniforme
veloce in alveo a forte pendenza che non consente il propagarsi di perturbazioni di
livello a monte del restringimento determinato dal ponte. Come già analizzato nel
caso I, il passaggio attraverso il ponte (sezione B) è permesso dal valore di energia
della corrente H0 superiore rispetto a quella minima richiesta H min,q1 ed è esplicato
dallo spostamento dal punto A sulla curva costruita per portata specifica q0 al punto
B sulla curva a portata specifica q1, caratteristica del restringimento. Si noti come
questa transizione produca in effetti un tirante yb > ya e avvenga in assenza di
dissipazioni energetiche (orizzontale H0). Superato il restringimento la corrente è
soggetta alla dissipazione energetica in espansione: questo fenomeno si manifesta nel
passaggio dal punto B al punto D sulla curva, corrispondenti alle sezioni segnate sul
profilo a fianco in figura. Questa transizione comporta il ritorno alla curva a portata
specifica q0 (sezione libera) e l’instaurarsi di un tirante idrico yd compreso tra ya e yb,
tendente asintoticamente al tirante di moto uniforme ya verso valle.
15
Figura 2.7 – Curva H(y) e profilo idraulico nel caso III
2.3 Stima del rialzo idraulico tramite le formule sperimentali più utilizzate
L’analisi del rialzo idraulico prodotto dalle pile di un ponte costituisce un
argomento di particolare interesse. L’importanza di questo problema è dovuto alla
frequente presenza di pile nella sezione attiva dei corsi d’acqua, sia in prossimità di
centri abitati, sia fuori dall’abitato. Questa suddivisione corrisponde spesso ad una
differente connotazione strutturale e, quindi, ad una differente comportamento
idraulico. Spesso, infatti, i rischi di esondazione dei corsi d’acqua sono elevati
proprio nei centri abitati, sia per la maggior concentrazione di ponti più antichi che
determinano un minore rapporto di contrazione, sia per le arginature che possono
limitare ulteriormente la sezione del corso d’acqua per lunghi tratti.
I fenomeni idraulici connessi alla presenza di pile in alveo furono studiati già a
partire dal XIX secolo: la prima pubblicazione conosciuta a riguardo è datata 1852 e
curata da J. F. D’Aubuisson de Voisins. Egli propose la prima formula pratica per
la determinazione del sovralzo prodotto dalle pile di un ponte.
Nel XX secolo furono condotte numerose ricerche riguardanti gli effetti
provocati dalla presenza di restringimenti in corsi d’acqua, ma relativamente pochi
studi rivolti alla determinazione degli effetti idraulici prodotti dalla presenza di pile
di un ponte.
Un importante contributo venne da alcuni ricercatori che, tramite rilievi sperimentali
ed osservazioni, relazionarono il rialzo idraulico al numero di Froude e al rapporto di
contrazione delle pile. Da menzionare a riguardo è l’opera di David Leroy Yarnell,
un ingegnere idraulico statunitense impiegato presso l’U.S. Department of
Agriculture che, negli anni compresi tra le due guerre mondiali, si dedicò ad una
vasta opera di indagine sul tema del sovralzo, comprendente esperimenti in
laboratorio, riordinamento della letteratura esistente ed elaborazione della formula di
stima del rialzo idraulico prodotto dalle pile di un ponte tuttora più utilizzata In questo paragrafo si analizzano le formule storiche, ovvero le relazioni di
stima del rialzo idraulico determinate sperimentalmente. Al termine di tale
trattazione si evidenzieranno i limiti a cui sono soggette tali formule e si
considereranno recenti proposte di correzioni ed adeguamenti delle stesse.
16
Esistono diverse formule sperimentali utilizzate per valutare il rialzo idraulico
prodotto dalle pile di un ponte in funzione delle caratteristiche idrauliche della
corrente e delle caratteristiche geometriche della sezione occupata dal ponte:
a. formula di D’Aubuisson (1852)
b. formula di Nagler (1918)
c. formula di Rehbock (1919)
d. formula di Yarnell (1934)
e. formula di Al-Nassri (1994)
a. Formula di D’Aubuisson
Le ricerche condotte da D’Aubuisson a partire dal 1852 sono riassunte nella
formula da lui proposta. Essa si basa sull’ipotesi che l’abbassamento del pelo libero
sul restringimento sia prodotto dalla variazione delle altezze cinetiche della corrente
tra le sezioni 1 e 2 (assenza di perdite di carico nella fase di contrazione della vena
liquida). L’imposizione della conservazione dell’energia rispetto al fondo (E)
permette dunque di scrivere, con riferimento alla figura 2.8:
(12) 21 EE = ovvero 22
2
2
2
21
122
DAKgA
Qy
g
vy +=+
La formula di D’Aubuisson si scrive in modo implicito rispetto a ∆y:
(13) 2
132 2 vygybKQ DA +∆=
dove:
Q = portata di progetto
DAK = coefficiente di D’Aubuisson di forma della sezione (vedi tabella 2)
b2 = larghezza dell’alveo nella sezione ristretta
y∆ = rialzo idraulico = y1-y3
Figura 2.8 - Rialzo idraulico prodotto dalle pile di un ponte e sezioni notevoli
17
b. Formula di Nagler
La formula di Nagler, proposta nel 1918, presenta una forma simile a quella di
D’Aubuisson. Essa è quella che restituisce i risultati più simili a quella di Yarnell per
correnti subcritiche o critiche:
(14) g
vCy
g
vygbKQ rN
222
21
23
32 +∆
−= θ
dove, oltre ai termini già considerati, compaiono, con riferimento alla figura 2.8:
• θ = coefficiente di aggiustamento che rapporta il tirante osservato a valle del
ponte a quello sul restringimento; esso tende ad annullarsi quando il grado di
contrazione si annulla e diventa molto grande quando il moto nella sezione
contratta risulta essere fortemente turbolento.
• Ordinariamente θ è assunto pari a 0.3
• C r = coefficiente funzione del rapporto di contrazione r (parametro β in Fig. 2.9)
• K N = coefficiente della forma della pila funzione del rapporto di contrazione r,
dell’angolo α formato dalla corrente con l’asse della pila e dalla forma della pila
stessa (tabella 2).
•
Figura 2.9 –Valori del coefficiente C r per diversi rapporti di contrazione
c. Formula di Rehbock
La formula di Rehbock (1919) risulta valida solo nel campo di correnti poco
turbolente nei pressi del restringimento considerato:
(15) ( )g
vrKy R 2
122−=∆
dove, sempre con riferimento alla figura 2.8, oltre ai termini già citati:
• RK = il coefficiente di forma di Rehbock (vedi tabella riassuntiva 2)
18
d. Formula di Yarnell
David Leroy Yarnell nel 1934 pubblicò, all’interno dei bollettini tecnici emessi
mensilmente dall’U.S. Department of Agriculture, due articoli dai titoli Bridge piers
as channel obstructions e Pile trestle as channel obstruction. Essi contenevano, tra
l’altro, i risultati sperimentali ottenuti da Yarnell in laboratorio, basati sulla
simulazione di vari regimi idraulici, associati a diversi tipi di ostruzioni prodotti dalle
pile di ponti.
La formula che Yarnell presentò all’interno di queste due pubblicazioni fu ricavata
tramite interpolazione dei dati sperimentali nelle diverse situazioni di regime
idraulico imposto e di rapporti di contrazione sperimentati in laboratorio. La formula
di Yarnell è la più utilizzata tra le diverse espressioni di stima del rialzo idraulico:
(16) g
vFrKKy YY
2)15)(6.05(2
2342
3 αα +−+=∆
dove:
• y∆ = rialzo idraulico prodotto dalle pile
• KY = coefficiente di forma della pila ottenuto sperimentalmente da Yarnell
• 3Fr = numero di Froude della corrente nella sezione immediatamente a valle del
ponte (vedi figura 2.8)
• α = coefficiente di ingombro definito come rapporto tra l’area della sezione del
ponte occupata dalle pile e l’area bagnata a monte del ponte (complemento a 1 del
rapporto di contrazione r)
• 3v = velocità della corrente nella sezione 3 a valle del ponte
La formula di Yarnell può essere riscritta rapportando il rialzo idraulico y∆ al tirante
idrico indisturbato y3 misurato alla sezione occupata dalle pile, indicato con la linea
tratteggiata in figura 2.25:
(17) 2
342
33
)15)(6.05( FrFrKKy
yYY αα +−+=∆
I valori da adottare per il coefficiente di forma KY (Pier coefficient)sono riassunti
nella tabella 1:
Tabella 1 - Valori del coefficiente di forma della pila KY di Yarnell
19
La formula di Yarnell ha validità per le correnti di classe A, tuttavia il suo utilizzo
può essere esteso anche a correnti di classe B. In figura 2.10 è proposta una soluzione
grafica della formula, equivalente al metodo computazionale. Il grafico più a sinistra
fornisce il valore x (in ascisse) per mezzo di un fascio di curve, funzione del rapporto
di contrazione (indicato con σ in 2.10) e della velocità nella sezione a valle. Il valore
di Froude della corrente, la forma della pila e il valore della grandezza x permettono
di risalire al valore del rialzo idraulico h* con la metodologia indicata in figura.
Figura 2.10 – Risoluzione grafica dell’equazione di Yarnell
Nelle sue esperienze in laboratorio Yarnell riprodusse per le pile le dimensioni e le
forme maggiormente utilizzate in quegli anni negli U.S.A., utilizzando quattro
coefficienti di ingombro α pari a 0.117, 0.233, 0.350 ed infine 0.500.
Subito dopo la pubblicazione alla formula di Yarnell venne riconosciuto un buon
accordo tra i risultati da essa forniti e un’ulteriore serie di test effettuati da Anon nel
1939, che favorì la diffusione del suo utilizzo. La successiva vasta accettazione della
formula di Yarnell è dovuta inoltre al rilevante numero di prove effettuate: le
esperienze complessive furono infatti più di 2600 anche se non tutte consideravano
correnti di classe A.
Il canale su cui Yarnell realizzò i suoi test misurava 10 piedi (3.05 m) e vi potevano
essere addotte portate sino a 4.5 m3/s. La maggior parte delle pile utilizzate avevano
forma rettangolare e dimensioni di 35.6 cm di larghezza e 1.07 m di lunghezza, per
un rapporto complessivo lunghezza-larghezza di 3:1. Yarnell chiamò queste pile
regular o standard piers. Successivamente vennero considerate altre forme,
semplicemente inserendo dei rostri di varia forma (semicircolare, triangolare con
angolo di 90°, etc.) alle estremità delle pile. Il numero delle forme considerate variò
da 11 nella prima serie di esperimenti da lui condotti sino a 14 nella seconda serie.
L’aggiunta di tali rostri provocava un passaggio del rapporto lunghezza-larghezza a
4:1 o anche maggiore. La terza e quarta serie di test furono caratterizzate da un
numero molto più esiguo di forme considerate. Tra l’altro esse includevano alcune
esperienze con due pile circolari in linea con e senza diaframma.
Per investigare l’effetto idraulico prodotto dalla variazione del rapporto lunghezza-
larghezza delle pile Yarnell condusse apposite esperienze su pile di forma
20
rettangolare considerando rapporti da 7:1 sino a 13:1. I risultati ottenuti sono riportati
in figura 2.11 che evidenzia la variazione del rialzo idraulico dipendentemente dalle
condizioni idrauliche della corrente e dalla forma delle pile.
Figura 2.11 – Rialzo idraulico dovuto alla variazione del rapporto
lunghezza-larghezza della pila per diverse forme
I risultati dei test condotti da Yarnell sul rialzo prodotto da pile di ponti di diversa
geometria e dimensione consentono di trarre le seguenti considerazioni generali:
• l’altezza del rialzo idraulico varia direttamente con il tirante relativo alle
condizioni indisturbate
• le formule empiriche prese da Yarnell come riferimento, ovvero quelle di
D’Aubuisson, Nagler e Rehbock di seguito discusse, forniscono
approssimazioni valide per velocità ordinarie, mentre per velocità elevate non
si adattano ai risultati sperimentali
• le forme delle pile idraulicamente più efficienti (che producono un rialzo
idraulico meno accentuato) sono quelle a rostri arrotondati e semicircolari,
che accompagnano meglio la corrente
• le forme delle pile idraulicamente meno efficienti, ovvero quelle che
producono la variazione più apprezzabile dell’assetto idrometrico nel corso
d’acqua, sono quelle triangolari con angolo rivolto verso la corrente di 90° e
quelle a pianta rettangolare o quadrata
• il rapporto lunghezza-larghezza idraulicamente ottimale per una pila varia
con la velocità, essendo compreso tra 4 e 7
• la formazione di un angolo di attacco α inferiore ai 10° determina effetti poco
rilevanti sul rialzo a monte, di fatto trascurabili. Se l’angolo di attacco supera
invece i 20° il suo effetto sul rialzo non è più trascurabile, determinando
aumenti dei coefficienti K delle varie formule compresi tra il 7 e il 10%.
e. Formula di Al-Nassri
La formula di Al-Nassri deriva da alcuni risultati sperimentali riguardanti il rialzo
idraulico a monte delle pile di un ponte, prodotto da coefficienti d’ingombro
compresi tra 0.07 e 0.47:
21
(18)
29.2
8.1
3
95.0
3 )1(
0678.0
−=∆
αφFr
y
y
dove, sempre con riferimento alla figura 2.8 φ è un coefficiente di forma definito
come il rapporto tra l’area delle pile esposta alla corrente sul restringimento e l’area
A3 di deflusso a valle dello stesso.
Pier shape KDA KN KR
Semicircular nose and tail 1.079 0.934 3.35
Lens-shaped nose and tail 1.051 0.952 3.55
Twin cilinder piers with connecting diaphragm (L/D=4) 0.966 0.907 5.99
Twin cilinder piers without connecting diaphragm (L/D=4) 0.991 0.892 6.13
90° triangular nose and tail 1.050 0.887 3.54
Square nose and tail without batter 1.065 0.871 2.64
Tabella 2 - Valori dei coefficienti di forma per varie tipologie di pile
Considerazioni circa i limiti delle formule di stima
L’equazione di Yarnell viene ampiamente utilizzata anche dai programmi di
calcolo idraulico per la valutazione del rialzo idraulico prodotto dai ponti nel caso di
corrente di classe A, anche se in alcuni casi può fornire risultati piuttosto imprecisi.
E’ stato dimostrato che l’utilizzo dell’equazione di Yarnell all’interno del
programma di calcolo HEC - 2 comporta scostamenti crescenti tra i risultati forniti
dal modello computazionale e quelli restituiti dal modello fisico con il tempo di
ritorno dell’evento considerato (Wisner, 1989). Lo stesso Wisner concluse che il
risultato fornito dalla formula di Yarnell diventa inaccettabile da tempi di ritorno
superiori a 500 anni.
Una recente serie di esperimenti condotti da J. Charbeneau e Edward R. Holley
dell’University of Austin, Texas (2001), rispondenti alle condizioni riprodotte dallo
stesso Yarnell nel 1934, evidenziano come i limiti connessi all’utilizzo di tale
formula riguardano:
• il rapporto di contrazione della sezione trasversale
• la forma della sezione trasversale
• la forma della pila
• l’angolazione della corrente rispetto all’asse della pila
Il coefficiente di ingombro α = 1- r utilizzato da Yarnell nelle sue osservazioni
sperimentali variava, come già ricordato, da 0.117 sino a 0.500. Tali gradi di
restringimento si addicono solo ai ponti costruiti sino agli anni ’60, ma non alle
contrazioni prodotte dai ponti di recente costruzione, spesso caratterizzati da
coefficienti di ingombro inferiori a 0.10.
In presenza di pile di un ponte come primo passo HEC -2 determina la classe della
corrente che transita attraverso la corrente. Se essa appartiene alla classe A la stima
del rialzo idraulico viene attuata per mezzo della formula di Yarnell. Tale
espressione, però, è stata sviluppata da osservazioni sperimentali all’interno di un
22
canale con forma rettangolare a sezione regolare sia a monte che a valle
dell’ostruzione, geometria difficilmente approssimabile in corsi d’acqua naturali,
dove le sezioni a ridosso di un restringimento possono essere molto irregolari.
La formula di Yarnell fornisce coefficienti correttivi per un’angolazione tra la
corrente e l’asse della pila non superiore a 10°. E’ evidente come molti casi
d’interesse cadano al di fuori di tale valore.
La stessa valutazione del coefficiente KY risulta difficoltosa nel caso in cui si
incontrino delle pile di sostegno con una forma non considerata dagli esperimenti di
Yarnell. In questo caso è necessario approssimare il valore del coefficiente di forma
a quello della pila più simile considerata da Yarnell. E’ inoltre da sottolineare come
la maggioranza delle pile oggi utilizzate siano di forma circolare, che furono al
centro, viceversa, di un numero piuttosto ristretto di esperimenti condotti da Yarnell.
Charbeneau e Holley hanno messo a confronto i risultati forniti dalle cinque formule
di stima del rialzo idraulico prima citate, al variare del numero di Froude e
considerando diversi coefficienti d’ingombro. Dalla figura 2.12 si nota come la
formula fornita da Al-Nassri sia quella che fornisce i valori inferiori di rialzo a monte
dell’ostruzione, mentre l’interpretazione dell’andamento delle altre formule di stima
è differente al variare del coefficiente di ingombro α considerato:
Figura 2.12 - Rialzo idraulico relativo fornito dalle formule di stima
al variare del coefficiente di ingombro α
Interpretando i valori sperimentali ottenuti, Charbeneau e Holley hanno proposto una
modifica della formula di Yarnell tramite l’introduzione, previa apposita taratura, di
23
due parametri correttivi β e µ. La formula di Yarnell a due parametri (o corretta)
risulta dunque:
(19) 242 )15)(6.05( FrFrKKy
yYY ααµβ +−+=∆
dove i parametri correttivi sono stati determinati minimizzando l’errore assoluto dei
risultati sperimentali per le tre serie di test con pile di forma circolare. Il loro valore
risulta, per i test condotti da Charbeneau e Holley, β = 1.24 e µ = 0.4.
Riportando in un grafico i risultati ottenuti dai test sulle pile circolari di 3.5 [in] e
6.5 [in] di diametro e confrontandoli con il rialzo fornito a pari coefficiente di
ingombro dalla formula di Yarnell (figura 2.13) si nota come:
1. i risultati forniti dalla formula di Yarnell tendono a sovrastimare il rialzo
idraulico, in misura crescente con l’aumentare del numero di Froude della
corrente
2. la sovrastima fornita dalla formula di Yarnell si mantiene per tutte le tipologie di
pile considerate nei test
Figura 2.13 - Rialzo idraulico fornito dall’equazione di Yarnell a due parametri (32)
interpolante i dati sperimentali ottenuti dall’University of Austin, Texas.
24
I risultati riportati nel grafico precedente si riferiscono a pile da 3.5 [in] e 6.5 [in] e
sono confrontati con la stima fornita dalla formula di Yarnell (17).
I risultati forniti dalla formula di Yarnell corretta può essere confrontata, con lo
stesso procedimento utilizzato in figura 2.12, con i valori del rialzo idraulico
calcolati tramite le altre formule di stima. Si nota come per tutti e quattro i
coefficienti di ingombro considerati in figura 2.14 i valori forniti dall’equazione di
Yarnell a due parametri risultino intermedi rispetto ai risultati dedotti dalle altre
formule di stima.
Fig. 2.14 - Rialzo idraulico relativo fornito dalla formula di Yarnell a due parametri
confrontato ai valori ricavati dalle altre formule di stima per vari gradi di
contrazione
2.4.1 Stima del rialzo idraulico mediante le equazioni dell’idraulica
Premesso che quanto descritto nel seguito vale nell’ipotesi di corrente
monodimensionale, per ricostruire il profilo della corrente nel passaggio attraverso il
ponte (tratto 1-3 in Fig. 2.8) e per valutare il rialzo idraulico a monte dello stesso le
metodologie di calcolo normalmente utilizzate si basano sulle equazioni del bilancio
energetico e di conservazione della spinta totale, associate all’equazione di continuità
25
Queste metodologie di calcolo sostituiscono con profitto l’utilizzo delle formule
pratiche trattate nei paragrafi precedenti, sono anzi, le uniche che portano a risultati
accettabili nel caso di sezioni con geometria fortemente irregolare.
I metodi di calcolo proposti richiedono però soluzioni per tentativi o calcoli
ricorsivi: essi vengono generalmente implementati per mezzo di appositi programmi
per la ricostruzione del profilo.
Per effettuare il calcolo è necessario che la geometria del ponte sia rappresentata con
tre sezioni:
• sezione 1 a monte del ponte;
• sezione 2 (ristretta), che tiene conto dell’ingombro delle pile e delle spalle;
• sezione 3 a valle del ponte.
Ricordiamo che:
• tra la sezione 1 e la 2 le dissipazioni energetiche sono trascurabili: la corrente
accelera e le eventuali perdite localizzate dipendono dalla forma delle pile e
delle spalle, che possono produrre, se non arrotondate, il distacco locale dello
strato limite;
• tra la sezione 2 e la 3 la corrente si espande con una forte dissipazione
energetica, che dipende dal rapporto di contrazione;
• è possibile che la corrente diventi critica in corrispondenza del
restringimento, con formazione di un risalto a monte (corrente indisturbata
veloce) o a valle (corrente indisturbata lenta).
La tecnica da utilizzare è la seguente:
corrente lenta: si conosce la quota assoluta zw3 del pelo libero nella sezione 3
1) si applica l’equazione della spinta totale tra la sezione 3 e la sezione 2:
(18)
Li2
AALJ
2
AAyA
gA
QβyA
gA
QβyA 32
m32
pdpd3
23
332
22
22
+−
++−+=+
1 2 3 4 5 Spinta totale Spinta totale Spinta pila Reazione contorno Peso
dove:
Q = portata di progetto (m3/s)
A = area bagnata effettiva alla sezione considerata (m2)
y = misura della distanza del baricentro della sezione dal pelo libero (m)
A pd = area di deflusso ostruita dalla pila a valle (m2)
L = distanza tra le sezioni trasversali (m)
Jm = cadente media tra le due sezioni (m/m)
i = pendenza media del letto del fiume (m/m)
β = coefficiente di Boussinesques
nella (18) i termini 4 e 5 sono trascurabili per cui essa può essere riscritta nella
forma:
26
(18’) pdpd3
23
332
22
22 yAgA
QβyA
gA
QβyA −+=+
Da questa si ricava la quota assoluta del pelo libero zw2 nella sezione 2; se non si
trova una soluzione, ciò significa che si ha la formazione dello stato critico nella
sezione 2; si calcola l’altezza critica in 2.
Tra la sezione 2 e la 3 ci sarà un tratto di corrente veloce e la formazione di un
risalto.
2) si applica l’equazione del bilancio energetico tra la sezione 2 e la sezione 1:
(19) g
VKLJ
g
Vzw
g
Vzw m
222
22
222
2
211
1 +++=+ αα
K = coefficiente di perdita localizzata per brusco restringimento (pile e/o spalle
non
raccordate)
α = coefficiente di Coriolis
nella (19) le perdite continue sono trascurabili, per cui essa può essere riscritta come:
(19’) g
VK
g
Vzw
g
Vzw
222
22
222
2
211
1 ++=+ αα
Dalla (19’) si ricava zw1.
corrente veloce: si conosce la quota assoluta zw1 del pelo libero nella sezione 1
1) si applica l’equazione del bilancio energetico (19’) tra la sezione 1 e la 2 e si
ricava zw2. Se non si trova una soluzione, ciò significa che si ha la formazione dello
stato critico nella sezione 2; si calcola l’altezza critica in 2. A monte della sezione 2
vi sarà un tratto di corrente lenta separato dalla corrente veloce da un risalto
2) si applica l’equazione della spinta totale (18’) tra la sezione 2 e la sezione 3 e si
ricava zw3.
Il sovralzo sarà dato dalla differenza tra il tirante y = zw-z nella sezione 1 e nella
sezione 3 (essendo z la quota assoluta del fondo).
E’ possibile che per valori elevati di portata o per ingombro delle luci il ponte
vada in pressione e che il passaggio della portata avvenga sotto battente.
In questa eventualità sono possibili due diversi comportamenti idraulici: un
deflusso libero, nel caso in cui la sezione di valle del ponte non sia totalmente
27
occupata, e un deflusso rigurgitato quando la sezione di valle funziona, come quella
di monte, in pressione.
Il comportamento del deflusso a battente libero (figura 2.15) è descritto
dall’equazione (20):
(20)
+−=
g
vZygACQ BUd
222
2
3
33 α in cui:
Q = portata totale defluente (m3/s)
Cd = coefficiente di portata
Ab = area di deflusso sotto il ponte nella sezione BU (m2)
y3 = profondità della corrente alla sezione 3 (m)
Z = distanza tra la quota di sottotrave e il fondo del letto nella sezione BU (m)
Figura 2.15 - Schema di deflusso libero a battente attraverso le luci di un ponte
Dalla (20) si ricava la quota assoluta del pelo libero nella sezione di monte (sezione 3
nella figura)
Il coefficiente Cd varia con il rapporto tra la profondità della corrente nella sezione 3
e quella nella sezione BU. Cd in particolare risulta crescente al crescere del rapporto
Y3/Z, tendendo asintoticamente verso il valore 0.5 già per rapporti Y3/Z pari a 1.5. I
valori di Cd al crescere del rapporto Y3/Z evidenziano come il coefficiente tenda ad
avvicinarsi al coefficiente Cc = 0.61 utilizzato per le paratoie a battente. In ogni caso
il comportamento di un ponte con luce a battente è idraulicamente più complesso
rispetto a quello di una semplice paratoia a battente.
In caso di un deflusso a battente rigurgitato (Fig. 2.16) si utilizza l’equazione (21):
(21) gHCAQ 2=
dove:
C = coefficiente di efflusso
A = area bagnata nella sezione sottesa dal ponte (m2)
H = differenza di carico idraulico tra le sezioni BU e BD rispettivamente a monte e a
valle della struttura (m)
28
Dalla (21) si ricava la quota assoluta del pelo libero nella sezione di monte.
Il coefficiente C assume valori variabili tra 0.7 e 0.8 in funzione di Y3/Z e Y2/Z.
Figura 2.16 - Schema di deflusso rigurgitato a battente attraverso le luci di un ponte
E’ appena il caso di rilevare che:
• per valori di Y2 prossimi all’altezza della luce si verificano battimenti nel
deflusso sotto il ponte che avviene, di conseguenza, con modalità non ben
definibili;
• è possibile che il valore di Y3 ricavato con la (20) o (21) sia superiore
all’estradosso dell’impalcato o alla quota del parapetto, per cui il ponte viene
scavalcato. In questo caso si verifica il passaggio di una parte della portata al
di sopra del ponte, che si comporta come una soglia ad efflusso libero o
rigurgitato.
In questo caso alla equazioni (20) e (21) si associano le equazioni
(22) hghLCQ s ∆∆= 2 efflusso libero sopra il ponte
in cui L è la larghezza del ponte , ∆h è ila differenza tra la quota assoluta del pelo
libero a monte del ponte e la quota assoluta dell’estradosso o del parapetto e Cs è il
coefficiente d’efflusso per uno stramazzo a larga soglia, in questo caso certamente
minore del valore 0.385 che è relativo ad un efflusso regolare e frontale.
(23) HghLQ ∆∆= 21µ efflusso rigurgitato sopra il ponte
in cui ∆h1 è la differenza tra la quota assoluta del pelo libero a valle e la quota
assoluta dell’estradosso o del parapetto, ∆H è la differenza tra la quota assoluta del
pelo libero a monte e la quota assoluta del pelo libero a valle è µ è un coefficiente
d’efflusso.
La portata transitante è data dalla somma di due portate: quella che passa attraverso
le luci e quella che passa al di sopra dell’impalcato.
Per correnti di classe B il restringimento indotto dal ponte diventa una sezione di
controllo del corso d’acqua, facendo transitare la corrente in stato critico. Quando
29
questa condizione si verifica esistono due possibilità per il transito della corrente,
come già visto nel paragrafo 2.1: o la corrente è rapida a monte del ponte e diventa
lenta prima dello stesso tramite un risalto idraulico, oppure, viceversa, è lenta a
monte e, dopo essere transitata in stato critico sul restringimento, diventa per un
breve tratto veloce prima di localizzare un nuovo risalto.
La localizzazione del risalto in un tratto sufficientemente corto a monte o a valle del
ponte dipende dal passo di discretizzazione utilizzato per il modello numerico
dell’alveo, cioè dal numero di sezioni esistenti a monte e a valle del ponte.
3. Effetti erosivi in corrispondenza delle opere di sostegno dei ponti
L’erosione operata dalla corrente in corrispondenza delle pile e delle spalle dei
ponti rappresenta una delle maggiori cause di cedimenti e danneggiamenti delle
strutture poste in alveo. I ponti maggiormente a rischio di erosione sono quelli di più
antica costruzione, con pile di dimensioni notevoli e luci molto ridotte, che
producono forti gradi di contrazione della corrente e conseguentemente possono
esporre le fondamenta a rischi di erosione a causa dell’aumento di velocità e della
formazione di vortici. Inoltre le tecniche di fondazione utilizzate prima degli anni ’60
si basarono prima su scavi di tipo manuale e poi su perforazioni di tipo pneumatico,
inadatte a fornire sufficienti garanzie contro i rischi di scalzamento. Il miglioramento
della qualità dei materiali impiegati nel campo delle costruzioni ha permesso di
ridurre notevolmente il grado di contrazione della corrente e di costruire fondazioni
adeguate.
Lo studio dei fenomeni erosivi in un tratto di un corso d’acqua interessato dalla
presenza di un ponte è un problema complesso che richiede la considerazione di
numerose variabili proprie del tratto considerato, quali:
• curva granulometrica caratteristica del terreno
• geometria della sezione ristretta
• caratteristiche idrauliche della corrente in corrispondenza della portata di
progetto
• pendenza media dell’alveo
• caratteristiche dell’ostruzione
Lo studio dell’erosione localizzata attorno alle opere di sostegno di un ponte implica
l’individuazione di una relazione funzionale tra le variabili significative appena
elencate e la misura dello scavo prodotto dalla corrente attorno alle opere di
sostegno.
L’approccio seguito per la risoluzione del problema è di tipo più sperimentale che
analitico a causa delle difficoltà di valutazione delle variabili coinvolte. Inoltre
l’erosione, al contrario del fenomeno del rialzo idraulico che si valuta per portate
associate a tempi di ritorno nell’ordine delle centinaia di anni, è un fenomeno che
necessita di essere studiato su periodi idrologici completi. Questo risulta necessario
per simulare l’alternanza di comportamento tra periodi piovosi e secchi, che possono
comportare una variazione del comportamento di erosione-deposito.
Come già ampiamente discusso nel capitolo 2, la presenza di un ponte implica la
variazione dell’assetto idrometrico della corrente per un certo tratto. Poiché la
capacità di trasporto dei sedimenti è una funzione delle caratteristiche della corrente,
la stessa capacità di trasporto risulterà modificata dal restringimento determinato da
30
un ponte. In ogni zona dove, come conseguenza di tale variazione delle
caratteristiche della corrente, la capacità di erosione supera la capacità di deposito
si verifica uno scavo, che, a causa di fenomeni di turbolenza, interessa innanzitutto le
zona attorno alle opere di sostegno. Al contrario se la capacità di deposito supera
quella di erosione si verifica un deposito di sedimenti.
Figura 3.1 - Tipica relazione tra profondità di scavo e tempo
A causa della variabilità nel tempo dei parametri coinvolti nello studio dell’erosione,
si verifica una variazione dello scavo e del deposito in ogni punto del letto del corso
d’acqua, fino a che viene raggiunto un equilibrio tra la capacità erosiva e quella di
deposito di sedimenti (Fig. 3.1). Una risoluzione di tipo analitico richiede dunque
una valutazione della variazione delle caratteristiche della corrente nel tempo e
contemporaneamente una descrizione locale del trasporto solido. Tuttavia, mentre la
prima operazione può essere effettuata con strumenti simili a quelli descritti nel
capitolo 2, anche se mediati su un periodo più lungo, la descrizione del trasporto
solido è di difficile attuazione. Per questo è frequente affidarsi a formule pratiche per
il calcolo dello scavo sia attorno alle pile che attorno alle spalle di un ponte, che
forniscono risultati accettabili in un numero ampio di situazioni.
L’approccio sperimentale è stato utilizzato nel passato con risultati limitati,
solitamente perché gli studi erano ristretti ad una sola applicazione o ad alcune fasi di
un problema generale.
Il primo studio in laboratorio a noi pervenuto riguardante un problema di erosione
localizzata risale al 1894 e fu curato da Engels a Dresda, in Germania. Nel rapporto
si fa inoltre riferimento ad un’esperienza precedente eseguita da Durand-Claye in
Francia nel 1873. Questi primi risultati sperimentali tuttavia non furono né
abbastanza precisi né tanto approfonditi da poter fornire risultati generali riguardanti
lo scavo in vicinanza di ostacoli in alveo.
3.1 Dinamica dei fenomeni erosivi e calcolo dello scavo
Poiché il processo di erosione attiva è il risultato di un’alternanza tra scavo e
deposito prodotto dalla corrente, la dinamica della formazione di uno scavo attorno
ad opere di sostegno deve essere considerato in termini generali di trasporto solido.
Nell’intorno di un ostacolo posto in alveo rapide variazioni di intensità e di
distribuzione della velocità possono provocare fenomeni di erosione localizzata,
specie quando l’alveo sia composto da materiale incoerente. Tra gli effetti indotti
dalle diverse tipologie di ostacolo (restringimenti, salti di fondo, occupazioni
d’alveo, etc.) sono stati particolarmente studiati quelli dovuti alle pile di un ponte,
per l’importanza connessa alla stabilità delle strutture.
31
La presenza di una pila in alveo causa un aumento di velocità nel suo intorno,
evidenziata dall’addensamento delle linee di corrente. Contestualmente si osserva la
formazione di un vortice a ferro di cavallo (figura 3.2), così detto a causa della sua
forma caratteristica. Tale vortice interessa planimetricamente tutta la zona circostante
la pila ed è il principale responsabile della turbolenza che provoca l’erosione del
fondo.
La descrizione della dinamica erosiva chiarisce le modalità di formazione dello scavo
nel tempo. Ipotizzando una condizione iniziale in cui sia presente sul fondo del letto
uno strato di materiale incoerente distribuito uniformemente con una curva
granulometrica definita, durante il transitorio che stabilisce una portata costante nel
tempo pari a Q, si verificano una serie di piccoli scavi attorno alle pile del ponte,
dovuti alla formazione del vortice a ferro di cavallo. Durante il processo di erosione
attiva la velocità del vortice è tale da rendere la capacità erosiva molto superiore
rispetto a quella di deposito all’interno dello scavo che via via si approfondisce.
L’aumento di dimensioni dello scavo attorno alla pila produce una riduzione della
velocità del vortice e conseguentemente una diminuzione della sua capacità erosiva.
Unitamente all’approfondimento dello scavo alla base della pila, il volume di
sedimenti che risulta necessario rimuovere per un approfondimento ulteriore dello
scavo è sempre maggiore. Per questo motivo il tasso di erosione, misurato dalla
rapidità dell’approfondimento dello scavo, decresce rapidamente da un valore
iniziale molto elevato.
E’ possibile definire una condizione di “equilibrio” riferendosi alle
condizioni di bilancio tra il materiale rimosso dallo scavo e quello depositato. Poiché
il deposito di sedimenti e la capacità erosiva è variabile con le fluttuazioni dei vortici
e di conseguenza esistono delle continue variazioni nella profondità dello scavo, le
condizioni di “equilibrio” dello scavo possono essere determinate mediando le sue
condizioni su un periodo temporale abbastanza lungo.
La tipologia e la conformazione dello scavo che si produce al piede di un ostacolo
in alveo dipende essenzialmente dalle sue caratteristiche geometriche (dimensione,
forma, etc.) e dalla sua collocazione rispetto alla corrente. Nel caso delle pile,
collocate in una posizione centrale rispetto alla corrente lo scavo avrà la forma di un
cono rovesciato, a volte con una pianta diversa dalla circolare a seconda,
principalmente, dell’angolo di attacco della corrente. Lo scavo ha generalmente
pendenze delle superfici laterali circa pari all’angolo di riposo del materiale di cui è
costituito il letto. La zona di maggior scavo è di solito collocata sulla faccia a monte
della pila. La maggior capacità di deposito misurabile a valle della pila definisce una
zona separata da quella di monte con scavi assoluti inferiori.
32
Figura 3.2 - Scavo alla base di una pila prodotto dalla formazione di vortici
La fondazione in alveo di due pile (ad esempio di forma circolare) separate da
un setto determina una configurazione particolare dello scavo, secondo cui gli scavi
che si formano separatamente al piede delle rispettive pile tendono ad avvicinarsi al
crescere dell’angolo di attacco della corrente con la posizione del setto. L’aumento
dell’angolo α determina una variazione della collocazione dello scavo massimo. Si
nota inoltre come una direzione della corrente parallela alla direzione delle pile non
comporta un effetto significativo del setto.
Nella figura 3.4 sono riprodotte le profondità e le conformazioni degli scavi ai piedi
di pile di diversa forma e geometria e con diversi angoli d’attacco, risultati ottenuti
da E. M Laursen e A. Toch dell’Iowa Institute of Hydraulic Research (1956).
33
Figura 3.3 - Conformazione e profondità dello scavo prodotto da pile di diversa
forma
con setto al variare dell’angolo di attacco della corrente
34
Figura 3.4 - Conformazione e profondità dello scavo prodotto da pile di diversa
forma
con setto al variare dell’angolo di attacco della corrente
La differenza sostanziale dello scavo prodotto attorno alle spalle del ponte rispetto a
quello prodotto dalle pile è che esso si produce solo sul lato rivolto verso la corrente
(figura 3.5).
Figura 3.5 – Scavo prodotto al piede di una spalla del ponte
Supponendo di considerare una velocità costante della corrente, è possibile
relazionare lo scavo osservato al variare della forma delle spalle e del rapporto di
contrazione.
La prima osservazione che si può dedurre dalle prove sperimentali è che per ogni
forma considerata la profondità dello scavo risulta crescente con l’aumento del grado
di contrazione. La seconda riguarda la forma delle spalle considerate: quando esse
risultano a spigolo vivo lo scavo osservato risulta maggiore di circa il 15% rispetto a
quello di spalle con spigoli arrotondati (rispettivamente in figura 3.6 e 3.7).
35
Figura 3.6 - Conformazione e profondità dello scavo attorno a una spalla di un
ponte
a forma rettangolare
Figura 3.7 - Conformazione e profondità dello scavo attorno a una spalla di un
ponte
a forma arrotondata
Nel caso in cui si sovrappongono gli effetti erosivi di pile e spalle esiste una grande
variabilità di risultati sperimentali. Dai test è possibile osservare come la presenza di
pile associate a quella delle spalle non determini una variazione marcata dello scavo
attorno a queste ultime. Al contrario la presenza delle spalle provoca effetti erosivi ai
piedi delle pile in alveo (figura 3.8). In particolare la configurazione dello scavo
attorno alle pile in questo caso è simile a quella osservata per un angolo d’attacco α
della corrente pari a 45°. I risultati di queste osservazioni sperimentali possono
essere spiegati con la deviazione indotta dalle spalle di un ponte ai filetti idrici della
corrente nella fase di contrazione.
Figura 3.8 - Conformazione e profondità dello scavo prodotto attorno a pile e spalle
36
Calcolo dello scavo
Per il calcolo dello scavo si ricorre all’utilizzo di formule di tipo empirico, vista la
complessità che caratterizza lo studio analitico del problema.
Assumendo come riferimento una pila di forma generica, la profondità dello scavo ds
può essere descritta dalle seguenti variabili, che sintetizzano i parametri significativi
per lo studio del problema già elencati nell’introduzione del capitolo:
(24)
= α,,, 00 forma
s
y
v
vf
s
d
cr
s
dove:
ds = profondità dello scavo misurata a partire dal fondo dell’alveo in condizioni
indisturbate
s = larghezza della pila caratterizzata da una lunghezza l
v0 = velocità media della corrente indisturbata
vcr = velocità critica di trascinamento, ovvero la velocità a cui inizia l’erosione dei
sedimenti
scelti come rappresentativi del fondo (ad esempio d50)
d50 = dimensione del materiale
α = angolo che la corrente indisturbata forma con l’asse della pila (angolo d’attacco)
y0 = profondità della corrente indisturbata
La formula sperimentale adottata per il calcolo dello scavo, dipendente dalle variabili
sopra elencate, può essere scritta nella seguente forma:
(25)
=
s
lfformaf
s
y
v
vf
s
d
cr
s ,)(tanh2 3200
1 α
• la funzione f1 viene determinata come:
001 =
crv
vf per 5.00 ≤
crv
v
12 001 −=
crcr v
v
v
vf per 0.15.0 0 ≤<
crv
v
101 =
crv
vf per 10 >
crv
v
Il campo della velocità v0 , relativa alla corrente indisturbata, condiziona la dinamica
di scavo. La condizione imposta sulla velocità capace di annullare f1, e, dunque,
azzerare anche lo scavo, è quella in cui la velocità della corrente indisturbata v0 è
meno della metà della velocità critica a cui si ipotizza abbia luogo l’inizio dei
fenomeni erosivi. Questa scelta assicura l’adozione di un coefficiente di sicurezza
pari a 2 riguardo al fenomeno dello scavo.
Si ricorda come una stima della velocità critica vcr sia deducibile dall’equazione del
trasporto solido:
37
(26) γ
γγ )(285.0 50
−= s
cr gdv
• la funzione f2 assume i valori più piccoli per le forme delle pile che creano
turbolenze inferiori alla corrente:
)(2 formaf = 1.00 per pile circolari o con rostri arrotondati
)(2 formaf = 0.75 per pile sagomate in modo da accompagnare la corrente
)(2 formaf = 1.30 per pile rettangolari
• la funzione f3 è determinabile tramite l’utilizzo del grafico di Fig. 3.9. f3 è
influenzato in misura maggiore dal rapporto lunghezza-larghezza l/s della pila. Il
valore dell’angolo d’attacco α della corrente è invece meno rilevante ai fini del
calcolo dello scavo, come si deduce anche dall’inclinazione poco marcata delle
curve anche per valori molto elevati di α.
Figura 3.9 – Valori della funzione f3 al variare dell’angolo di α e del rapporto l/s
La formula sperimentale appena presentata permette di stimare lo scavo attorno ad
una pila in alveo, ipotizzando che esso non interferisca con gli scavi su altre pile o
sulle spalle del ponte. Al contrario i casi che possono produrre un’interazione tra gli
scavi al piede di due strutture distinte sono, ad esempio, un’autostrada realizzata con
due ponti affiancati oppure un ponte stradale ed uno ferroviario affiancati.
Esistono alcune indagini empiriche che indagano il fenomeno di scavo nel caso di
due pile allineate (angolo d’attacco α = 0°) al variare del rapporto tra l’interasse tra le
pile a e il diametro s della pila. I risultati sperimentali di questo caso sono espressi in
figura … ed evidenziano il rapporto tra lo scavo osservato e quello che si
osserverebbe in presenza di pila singola. Il massimo incremento di scavo si verifica
per un rapporto a/s circa pari a 2.5 – 3.0, per cui l’aumento dello scavo risulta pari a
circa il 35% per la pila di monte e meno accentuato per la pila di valle.
38
Figura 3.10 – Profondità di scavo per due pile allineate in funzione dell’interasse
Al contrario per angoli d’attacco α variabili tra 45° e 90° (Fig. 3.10) si nota un
notevole incremento dello scavo per a/s compreso tra 1 e 1.5. Lo scavo risulta
notevolmente diminuito per a/s > 2.
Figura 3.10 – Profondità di scavo per due pile allineate in funzione dell’interasse e
dell’angolo di attacco
La figura 3.11 mostra infine l’effetto dell’angolo di attacco α sulla profondità dello
scavo per una pila con rapporto a/s = 5. Per α = 45° si notano i valori maggiori dello
scavo.
39
Figura 3.11 – Effetto dell’angolo di attacco sulla profondità di scavo di due pile con
interasse di cinque volte il loro diametro
In ogni caso la stima della profondità dello scavo può rendere preferibile, soprattutto
per la valutazione di situazioni caratterizzate da una geometria complessa, il ricorso a
modelli fisici a scala ridotta.
3.2 Contromisure e consolidamenti contro gli effetti erosivi
In fase di progettazione è necessario adottare opportune scelte per contenere la
profondità dello scavo alla base delle strutture fondate in alveo.
La contromisura più importante per limitare la profondità dello scavo e assicurare
che le fondamenta delle pile non vengano scalzate dagli effetti erosivi prodotti dalla
corrente è evitare che il bordo superiore del plinto di fondazione venga raggiunto
dallo scavo. Il bordo superiore del plinto va dunque posto a una profondità superiore
rispetto alla stima dello scavo ds, considerando opportuni margini di sicurezza. Nel
caso in cui la fondazione venisse raggiunta dagli effetti erosivi lo scavo tenderebbe
infatti ad approfondirsi ulteriormente. Un calcolo in sicurezza della profondità dello
scavo attorno ad un ostacolo in alveo consiglierebbe di utilizzare la misura
trasversale della fondazione al posto di quella della pila.
Un’ulteriore accorgimento in fase di progettazione riguarda il calcolo dei carichi
che le fondamenta devono essere in grado di ripartire. E’ opportuno infatti verificare
che le fondamenta siano in grado di sopportare i carichi trasmessi dalla struttura
sovrastante nella situazione più sfavorevole, ovvero in quella di massimo scavo.
Nel caso di fondazione su pali, ad esempio, il tratto compreso tra la loro testa
(corrispondente al fondo alveo nelle situazioni iniziali senza la presenza delle pile) e
la quota stimata di massimo scavo va considerato totalmente scoperto, e dunque non
contributivo alla stabilità della struttura.
I ponti più vecchi hanno spesso l’imposta delle fondamenta non abbastanza
profonda per evitare lo scalzamento parziale, principalmente a causa delle tecniche
inefficaci di fondazione utilizzate in passato. Nel caso in cui vengano individuati
scavi attorno alle pile tali da compromettere la stabilità della struttura, la scelta più
plausibile per il consolidamento dei ponti antichi è intervenire tramite opere di
sottofondazione delle fondamenta già presenti.
40
In particolare la sottofondazione dovrà essere estesa fino ad una profondità in grado
di assicurare la stabilità della struttura.
Le moderne tecniche di fondazione permettono la realizzazione di diaframmi,
micropali e jet-grouting, con un’ampia disponibilità di scelte per i diversi casi. In
alternativa si può ricorrere alla realizzazione di una platea di fondo estesa a tutta la
sezione, in genere disposta alla quota di estradosso dei plinti. La platea è limitata a
monte e a valle da opportuni taglioni adeguatamente approfonditi.
Quando il pericolo di scalzamento delle fondamenta possa derivare da un fenomeno
di abbassamento dell’alveo, un provvedimento alternativo alla sottofondazione è
quello di realizzare subito a valle del ponte una soglia che riporti a monte la quota
del fondo alle condizioni di pre-abbassamento. Questa soluzione può richiedere
anche l’adozione di un sistema di dissipazione dell’energia. La fondazione della
soglia stessa deve essere sufficientemente profonda da garantire la stabilità contro
l’eventuale erosione operata dalla corrente. La realizzazione della soglia risulta
essere spesso una soluzione economicamente preferibile a quella della platea di
fondo, tuttavia la sottofondazione offre maggiori garanzie per durata e per assenza di
manutenzione.
La limitazione degli effetti erosivi può essere ottenuta anche tramite la posa di massi
di dimensioni tali da non essere rimossi dalla corrente, disposti sopra un geotessuto.
Tale intervento è comunemente detto protezione flessibile e fornisce buoni risultati a
patto che i massi siano collegati tra loro.
La protezione della pila si può attuare disponendo attorno ad essa del materiale di
caratteristiche tali da non dar luogo a trascinamento. La posa del materiale è da
realizzare tramite tre strati sovrapposti a un geotessuto, circondando la pila per una
larghezza di circa due volte la sua dimensione planimetrica s. In passato si era soliti
collocare una gettata di massi lapidei posti a protezione della fondazione delle pile
dall’erosione. Successivamente con la manutenzione, qualora fosse stata osservata
una parziale rimozione della disposizione lapidea protettiva, si provvedeva a
ricaricare la zona con massi.
Oltre alla collocazione di una protezione contro l’erosione del materiale solido è
importante prevedere anche una protezione contro i fenomeni abrasivi dovuti al
materiale solido trasportato con continuità dalla corrente. Tale protezione è
solitamente eseguita incamiciando la pila dal plinto sino a circa un metro sopra il
fondo dell’alveo indisturbato con un rivestimento in acciaio inossidabile (spessore
minimo di 6 mm), oppure realizzando la parte più inferiore della pila stessa con
conglomerato cementizio addittivato con fibre.
4. Riferimenti normativi per le opere idrauliche
La prima normativa italiana organica riguardante opere idrauliche delle diverse
categorie risale al 1904 ed è il Regio Decreto del 25-07-1904, n. 523. Costituito da
102 articoli, il R.D. 523/1904 è ancora oggi alla base della legislazione che regola le
opere idrauliche e la difesa del suolo in generale. Infatti, nonostante sia stato
cancellato, gran parte delle sue disposizioni sono ancora contenute nelle normative
attuali.
Durante lo scorso secolo si sono succeduti molti interventi legislativi, la maggior
parte dei quali legati a eventi calamitosi eccezionali, quali l’alluvione del Polesine,
quello di Firenze o quello del Po. I più recenti sono:
• D.P.C.M. 29/09/1998 Atto di indirizzo e coordinamento per gli adempimenti
connessi al D.L. 180/89
41
• D.L. 13/05/1999 n. 132 Interventi urgenti in materia di protezione civile
• D.P.C.M. 21/12/1999 Programmi di intervento delle regioni per l’applicazione
dei piani di bacino
La commissione interministeriale De Marchi nel 1970 redisse un’importante
relazione riguardante il riassetto della legislazione sulla sistemazione idraulico -
forestale e sulla difesa del suolo. Solo nel 1989 si giunse però ad una nuova legge
quadro in materia di gestione idraulica, con la legge 18/08/1989, n. 183 Norme per il
riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo.
La legge 183/89 ha radicalmente modificato la politica territoriale e di gestione del
suolo, decentrando il potere statale in materia ambientale e demandandolo alle
Autorità di Bacino, nuove istituzioni che hanno il compito di gestire i bacini
idrografici. I mezzi con cui essi possono operare sono tra gli altri una serie di piani a
scadenza pluriennale come i Piani Stralcio o i Piani di Tutela delle acque.
Altre leggi di riferimento oltre alla legge quadro 183/89 sono il D.L. 180/98, che
potenzia il ruolo delle Autorità di Bacino, il D.L. 279/00, che contiene interventi
urgenti per le zone a rischio idrogeologico e il D.Lgs. 152/99, concernente le acque
di inquinamento.
Esiste inoltre una direttiva quadro 2000/60 della Comunità Europea che doveva
essere recepita entro il 2003 ma la sua ratifica non è ancora avvenuta. Lo scopo di
tale direttiva è di istituire un quadro normativo per la protezione delle acque
superficiali interne, delle acque di transizione, delle acque costiere e sotterranee e per
la gestione del suolo.