sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · padri e madri di tutti coloro che...

36
Sì, sono tutti miei! Il racconto dell’accoglienza nei fatti e nei volti dell’Associazione Fraternità Curatori: Anna D’Ambrosio, Andrea Salini, Antonio e Loredana Ricciardi, Cristiano Guarneri, Emilio e Antonella Gobbi, Paolo Martignoni. Inoltre grazie a: Tutti i fotografi, professionisti e non, che hanno fornito le immagini della mostra Gippo, Silvia e tutti i collaboratori dell’Associazione Fraternità A Bressa, Laura, Silvia, Milly e Mattia dello Studio Martignoni per la loro pazienza Collaboratori: Antonio D’Ambrosio, Cristina Tamburini, Damiano Geroldi, Giuseppe Sghirlanzoni, Guia Gobbi, Marta Ruggeri, Silvia Motta Realizzazione grafica e stampa: Martignoni srl Agli sponsor che hanno reso possibile questa mostra A tutti quelli che si sono messi a disposizione come guide o semplicemente come aiuto A tutte le famiglie citate e non citate nella mostra per la loro testimonianza A don Mauro per la sua paternità A Don Giussani per aver iniziato questa storia a cui apparteniamo e a don Carron perché ci sostiene quotidianamente sulle ragioni della fede e della bellezza del cristianesimo.

Upload: lyhanh

Post on 15-Feb-2019

213 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Sì, sono tutti miei!Il racconto dell’accoglienza nei fatti e nei volti dell’Associazione Fraternità

Curatori: Anna D’Ambrosio,Andrea Salini,Antonio e Loredana Ricciardi,Cristiano Guarneri,Emilio e Antonella Gobbi,Paolo Martignoni.

Inoltre grazie a: Tutti i fotografi, professionisti e non,che hanno fornito le immagini della mostra Gippo, Silvia e tutti i collaboratoridell’Associazione Fraternità A Bressa, Laura, Silvia, Milly e Mattiadello Studio Martignoni per la loro pazienza

Collaboratori: Antonio D’Ambrosio,Cristina Tamburini, Damiano Geroldi,Giuseppe Sghirlanzoni, Guia Gobbi,Marta Ruggeri, Silvia Motta

Realizzazionegraficae stampa:Martignoni srl

Agli sponsor che hanno reso possibile questa mostra A tutti quelli che si sono messi a disposizione come guideo semplicemente come aiuto A tutte le famiglie citate e non citatenella mostra per la loro testimonianza

A don Mauro per la sua paternità A Don Giussaniper aver iniziato questa storiaa cui apparteniamo ea don Carron perché ci sostiene quotidianamente sulle ragioni della fede e della bellezza del cristianesimo.

Page 2: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Le ragioni dell’inizio«Nessuno può esser così fortunato e felice come un uomo

e una donna che si sentono fatti dal Signore padri e madri. Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.»

Don L. Giussani

Page 3: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Donatella Severgnini, Casale Cremasco: «Don Mauro ha portato a Casale una ventata d’aria nuova ed ha ispirato subito simpatia: era giovane come noi e sapeva parlare e cantare bene. Noi ragazzi (avevamo 14 o 15 anni) lo seguivamo ovunque: incontri, pellegrinaggi, gesti, iniziative a scopo caritativo. La caritativa era prioritaria. Ognuno di noi era sensibilizzato a fare visita alle persone bisognose, ammalate e soprattutto presso i ricoveri. Don Mauro ci insegnava a capire il significato del bisogno di una persona. Era lui stesso ad accompagnarci dagli anziani e restava con noi durante la visita; poi ci caricava in sei o sette sulla sua Fiat 127 e ci portava a mangiare la pizza. Don Mauro è stato una persona decisiva in un momento importante della nostra vita».

Marilena Costenaro, Casale Cremasco: «Io ero giovane, avevo quattordici anni ed ero colpita dalla sua umanità, del tempo che ci dedicava. Era il periodo dell’austerity e questo seminarista lo aspettavamo alla fermata del pullman che arrivava a Sergnano. Gli andavamo incontro e l’accoglievamo con gran gioia. Ci faceva incontrare i ragazzi della comunità di Dergano e, quei volti, nonostante siano trascorsi trentacinque anni, li abbiamo scolpiti nella mente. Eravamo ragazzi di Chiesa anche prima, ma da noi si voleva qualcosa di più, si chiedeva la presenza di Gesù, che quella Presenza diventasse familiare, vera».

1983 RiminiLa provocazione di don Giussani Durante gli Esercizi spirituali della Fraternità di CL don Giussani invita a esprimere la gratitudine per l’incontro con Cristo nella condivisione del bisogno dell’uomo, nell’accoglienza concreta delle persone, a partire dalla comune appartenenza al Destino.

Le prime accoglienze Alcuni amici rispondono all’invito di don Giussani e aprono il proprio cuore e la propria casa.

La Storia dell’Associazione La Storia dell’Associazione

I - l’incontro con don Mauro e il carisma di CL

Interviste pag. 143

I - l’incontro con don Mauro e il carisma di CL

Interviste pag. 74

Page 4: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Francesco Severgnini, Casale Cremasco: «A Casale, in un giorno solo è cambiata la mia vita. Mi sono sentito accolto. Avevo trovato tanti amici. Mi chiamavano per nome. Questa amicizia è diventata fondamentale. Ma non era solo una compagnia. Stare insieme era bello e desiderabile. Ci dava la forza per fare tutto, anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se allora ci sfuggiva, insieme eravamo introdotti ad Altro».

Gina Bandirali, Monte Cremasco: «Tutto è cominciato trent’anni fa, quando abbiamo incontrato degli amici che vivevano un’esperienza vera per Cristo. Da quel momento io e mio marito abbiamo capito che la vita serena con i nostri due figli non ci bastava, eravamo “cristiani della domenica” e da qui abbiamo cominciato a cambiare noi per primi. Abbiamo iniziato col volontariato, in una casa di riposo per anziani. Con fedeltà al Movimento e con disponibilità totale, abbiamo aperto la nostra casa per qualsiasi bisogno. Vent’anni fa, quando mio marito è andato in pensione, d’accordo con i figli abbiamo deciso di rischiare per qualcosa di più grande: Cristo. Attraverso l’accoglienza. Ci siamo messi a disposizione per tutto, anche in parrocchia. Io mi occupavo dei rinfreschi delle cresime e delle comunioni, mio marito di tenere in ordine l’oratorio. La nostra casa era frequentata da giessini e universitari. Sentivamo l’esigenza di un luogo dove poter stare con gli amici, per pregare e cantare insieme. Abbiamo trovato una cascina a Monte Cremasco, che abbiamo acquistato con Don Mauro e altri amici, per viverci insieme. Man mano che si ristrutturava, cresceva il numero dei bambini in affido».

1984 Nasce l’Associazione Fraternità

1985 Riconoscimento giuridico Regione Lombardia

La Storia dell’Associazione

I - l’incontro con don Mauro e il carisma di CL

Interviste pag. 9

I - l’incontro con don Mauro e il carisma di CL

Interviste pag. 114

Page 5: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Liliana de Simone, Monte Cremasco: «Era il 1985. Senza rendermi conto, la gratuità dei miei amici e il loro bene mi avevano cambiata. L’educazione del Movimento mi aveva resa capace di aderire con libertà alla proposta di accogliere. Non avevo più davanti a me un’idea, ma un fatto. Iniziava per me una gratitudine per ciò che avevamo ricevuto fino a quel momento. Le prime facce che mi sono trovata davanti, insieme alla faccia di quel bambino, erano quelle di don Mauro e di don Giussani. Capivo che lì c’era l’opera di Dio e la chiamata di un Altro».

Teresa Bellani, Castelleone: «Le nostre famiglie ci avevano insegnato ad essere caritatevoli, però chi ci ha fatto capire il significato dell’ospitalità è stato il Movimento: ci ha dato i motivi e ci ha spiegato perché bisognava aprire la nostra casa. La nostra accoglienza si confrontava con quella che faceva Liliana De Simone, anche lei del Movimento. In quel periodo abbiamo conosciuto Gina e i Maffeo e c’incontravamo assieme a don Mauro per cercare di aiutare chi era nel bisogno».

Antonella Chiello, Brugherio: «Quando uno si sente debitore di Cristo e dice il suo sì, tutto può accadere. La nostra storia è simile a quella di tanti altri. Abbiamo due figli naturali e due in affido. Io e mio marito abbiamo dato la disponibilità ad accogliere bambini in difficoltà perché siamo rimasti affascinati dall’esperienza che stavano facendo alcuni amici di Monte Cremasco».

I Raduni dell’Associazione Fraternità: le ragioni

Nei raduni mensili le persone intervengono in merito alle problematiche che emergono nella loro esperienza, oppure si arricchiscono vicendevolmente con testimonianze dirette della loro storia.

Antonio Petrina, Brescia: «Abito a Brescia però di origine siciliana. Vorrei ringraziarvi perché è da un po’ di tempo che io e Silvia, mia moglie, veniamo a questi incontri. Noi abbiamo capito bene quello che nell’ultimo incontro ci dicevi, richiamando appunto il testo “Il Miracolo dell’Ospitalità”, che nell’ospitalità di queste famiglie per l’accoglienza si respira il riverbero del mistero. Penso che queste vostre testimonianze, cariche di fatica e di gioia insieme, siano proprio riverbero del Mistero, per cui mi richiama molto ad essere fedele a questo gesto e alla nostra compagnia».

Raduno, 26 ottobre 2003

La Storia dell’Associazione La Storia dell’Associazione

I - l’incontro con don Mauro e il carisma di CL

Interviste pag. 38

I - Gratitudine a Cristo

Raduno, 3 luglio 2005

I - l’incontro con don Mauro e il carisma di CL

Interviste pag. 15

Page 6: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Paolo Patrucco, Casale Monferrato: «Noi abbiamo iniziato da qualche mese un’esperienza di affido con Jessica di otto anni. Abbiamo inziato insieme a due nostre famiglie di amici che hanno preso le due sorelle più grandi di Jessika. Quest’esperienza è iniziata insieme agli amici e se non fosse stato per questo, credo che noi non l’avremmo mai fatta. Io e mia moglie non pensavamo neanche lontanamente di iniziare un’esperienza di affido, quando siamo stati invitati al primo incontro dell’Associazione nella casa di accoglienza di Piero ed Elena a San Giorgio. Invece abbiamo incominciato».

Michele Scacciante, Catania: «Sono sposato da dieci anni, abbiamo tre figli e da qualche tempo in noi è nato il desiderio di un’apertura maggiore della nostra famiglia rispetto alla condivisione del bisogno. Abbiamo parlato con don Ciccio, che ci ha introdotti nell’esperienza dell’affido e a don Mauro. Ho questo desiderio, perché ho sperimentato questa possibilità di una cosa grande per me e allora, che io possa essere, senza alcun progetto, ma nella piccolezza che ciascuno è, a mia volta in qualche modo aiuto per chi ne ha bisogno. Rispetto a questo scatta come un’obbedienza. Siamo venuti a Crema che non è a due passi da Catania».

Paola e Andrea Premi, Crema. La telefonata di Silvia Bassi, responsabile educativa dell’associazione e cara amica, è, come sempre, diretta all’essenziale: «Paola, vuoi fare la mamma?» Figurarsi se non è ciò che Paola attende da tempo. «Il nostro essere genitori iniziato così drammaticamente con Giovanni - andato in cielo quando, quasi al termine, era ancora nel grembo - proseguiva con un’altra forma». Avevamo in mente gli amici che si erano aperti all’affido. Persone normali, ma che vivono un accento di grandezza per aver fatto spazio a qualcosa di imprevisto: «Una diversa esperienza di paternità, dentro le fatiche umanamente più pesanti, come il non avere figli naturali o l’irruenza del proprio carattere, si tocca con mano la loro certezza di dar gloria a Dio».

I - condivisione del bisogno

Raduno, 17 marzo 2002

I - il fascino di alcuni amici

Ho imparato a chiamarti figlio, pag. 133-134

I - il fascino di alcuni amici

Raduno, 21 settembre 2003

Sabine Blini, Calvenzano: «Prima di Natale mio marito ha chiesto che ognuno di noi, guardando il presepio, mettesse lì un biglietto con un proprio desiderio. L’altro giorno ha smontato il presepio e abbiamo letto i biglietti con i desideri di tutti. Gloria, nel suo biglietto, ha chiesto di potere tornare con la mamma. Questo era il suo grande desiderio. Da parte mia non vedo l’ora che si avveri quello che desidera questa bambina».

>

La Storia dell’Associazione

Page 7: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Alberto Maffeo, Monte Cremasco: Allora avevo 27 anni e una sera ero a mangiare a Milano con un gruppo del direttivo delle Famiglie per l’Accoglienza. Con noi c’era don Giussani. Mi sono trovato seduto al suo fianco e a una sua domanda su come stavo ho risposto con una battuta di quelle che non dovrebbero avere mai un seguito: “In famiglia tutto bene, ma se avessi saputo prima quello che ne sarebbe derivato, sarei stato un incosciente ad accettare”. Don Giussani si è girato sorridente, ma allo stesso tempo serissimo e per riprendermi ha detto: “É proprio l’incoscienza il segno della vocazione! (…) Le parti incoscienti sono il segno della vocazione. La vocazione la dà Dio, volente o nolente”.

Angela Galantini, Castel Cerreto, Treviglio: «Quattro mesi dopo la nascita della nostra prima figlia ci è stato chiesto di accogliere una ragazza di 17 anni. Ero preoccupata. Mio marito Marco mi ha risposto che se ci era stato chiesto significava che era per noi. Don Giussani dice che la prima carità è verso se stessi. Non siamo capaci di rispondere a un bisogno perché bravi, ma rispondiamo perché abbiamo bisogno innanzitutto noi. Abbiamo accolto questa ragazza, ma la nostra famiglia è stata accolta e abbracciata dai nostri amici. Non siamo mai soli, abbiamo sempre qualcuno da guardare, soprattutto quelli che hanno iniziato vent’anni fa questa esperienza e che oggi per noi sono uno spettacolo da guardare».

Francesco Paracini, Brescia: «Abbiamo sempre scartato l’affido per una preoccupazione verso i nostri figli naturali. Questa estate, durante una vacanza col movimento di Brescia, ci è capitato di parlare con amici dell’educazione dei figli in affido. Tornati a casa, qualche giorno dopo, la responsabile della Fraternità di Brescia, Sofia, ha detto a mia moglie che stavano cercando una famiglia per accogliere un bimbo di un anno. Stop. Non una parola di più. Francesca non dice niente, viene a casa e per tre giorni ci martella con questa cosa. Sofia ci richiama e precisa che il bimbo soffre di alcune patologie. Lì devi decidere se affrontare la cosa o lasciar perdere. Abbiamo detto sì, nonostante il primo incontro coi servizi sociali ci abbia fatti preoccupare.I giorni successivi, però, sono accadute circostanze che ci hanno mostrato la bontà della strada, quasi come se il bambino dovesse finirci in braccio. Per esempio: il mio amico Moreno, che lavora in rianimazione pediatrica e sta terminando la seconda specializzazione su casi simili, ci ha detto: «Giorno e notte io sarò con voi». Mia mamma, che si è subito messa a pregare, da Medjougorie, dov’era per un viaggio, mi ha chiamato dicendomi: «Ho recitato la novena agli Arcangeli». Due ore prima, Francesca aveva saputo che il nome del bambino è proprio Gabriele come l’Arcangelo. Quando è arrivato a casa, Gabriele aveva l’ossigeno 24 ore su 24. Avevamo paura ma eravamo pieni di speranza. Adesso sta bene, è un bambino normale e ha cominciato a camminare. Lui ha sempre sorriso. Le cannette al naso e il sorriso: una cosa incredibile».

I - il fascino di alcuni amici

Raduno, 9 luglio 2006

I - chiamati dalle circostanze

Raduno, 21 giugno 2009

1 - la santa incoscienza

Interviste, pag. 29

è semplicemente perché ci siamo lasciati educare da qualcuno. Abbiamo permesso che qualcuno ci prendesse per mano e ci accompagnasse, anche là dove noi non saremmo andati perché, per molti di voi, se ci penso, si può dire: anche là dove nessuno di noi sarebbe andato. Allora il valore di questo gesto e della fedeltà e del sacrificio che tante volte comporta l’essere qui è solo ed unicamente per questo: perché ci sia più facile vivere dicendo Tu, cioè avendo familiarità con quel Mistero che fa buone tutte le cose».

Raduno, 12 gennaio 2003

Don Mauro: «Voglio dirvi una cosa riguardo alla ragione del nostro raduno. Il sacrificio che ognuno di voi compie per essere qui una volta al mese, per cui il giudizio che è sotteso, perché uno per muoversi deve esprimere un giudizio e io vorrei aiutarvi in questo, sia per chi fa dieci metri per venire qua, sia per chi fa centinaia di chilometri, che il valore di questo gesto non è nelle cose che si possono sentire e tanto meno allora nella genialità delle risposte alle domande, ma perché il venir qua afferma oggettivamente una cosa: afferma la nostra appartenenza. Ciò che nel tempo ci ha reso anche un pochino più capaci di guardare in profondità a questioni che sorgono,

>

Page 8: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Antonella Gobbi, Crema: «Quello di accogliere Fabrizio è stata proprio una santa incoscienza, di cui, però, siamo contentissimi. Ricordo che quando siamo arrivati all’aeroporto, mentre tenevo in braccio il bambino che aveva la febbre (Emilio era tornato in treno per paura dell’aereo), mi chiedevo: «Ma questo chi è? Cosa sto facendo? Sono diventata pazza?». È stato solo un momento, poi ho visto in lontananza mio padre che veniva a prendermi nonostante avesse detto di non voler sapere nulla di quello che stavamo facendo. Sia mio padre sia mia madre ci avevano detto che eravamo due incoscienti. Con cognizione di causa posso dire che fu una santa incoscienza».

1986 Acquisto vecchia cascina di Monte CremascoPer rispondere al desiderio di un luogo in cui l’amicizia e la condivisione fossero facilitati e visibili.

1986 Iscritta al registro delle persone giuridiche Tribunale di Cremona

La Storia dell’Associazione

I. la santa incoscienza

Interviste pag. 91

Plinio Costenaro, Casale Cremasco: «Tra noi parlavamo spesso di trovare un luogo dove poter abitare vicini. Era un progetto per rendere più viva la nostra amicizia. L’idea era quella della Cascina di Monte».

Francesco Severgnini, Casale Cremasco: «La Cascina, come idea originaria, era stata acquistata per creare un luogo dove poterci incontrare».

I - un luogo dove vivere insieme

Interviste pag. 75 e 115

Page 9: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Cos’è l’affido?

Legge n.149 marzo 2001“Diritto del minore ad una famiglia”

Titolo I - Diritto del minore alla propria famigliaArt. 1.1. Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia.2. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto.

>

Titolo II - Affidamento del MinoreArt. 2.1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell’articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.

La Storia dell’Associazione

I - il giudizio: a misura del Suo cuore

Interviste pag. 169

Don Mauro: «Al desiderio della Cascina non avevamo mai detto di no, perché era vero, era buono. Era solo cambiata la forma. Nessuno di noi pensava che dentro quel desiderio buono di vedersi, di condividere, di sedersi a tavola insieme, di mangiare, di cantare, potesse nascere altro. Nessuno di noi immaginava che intorno ad un tavolo ci potesse essere posto anche per un bambino. Invece, su un desiderio buono, Dio ha fatto spuntare un’operazione di carità che non ha sviluppato un luogo e basta, ma ha fatto fiorire famiglie, persone, un popolo.Se non avessimo realmente tenuto a quella casa dove potersi trovare e far festa, forse non sarebbe nata l’Associazione Fraternità. Per cui inizialmente poteva sembrare che prima avevamo in mente una cosa e poi si è dovuto cambiare. Avevamo in mente una cosa, piccola e Qualcuno, a partire da quella cosa piccola, ha dilatato il nostro cuore a misura del Suo cuore. Questo è quello che è successo».

“Non alla pietra tocca fissare il suo posto, ma al Maestro dell’Opera che l’ha scelta”

(P.Claudel)

Page 10: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Limite e Misericordia«Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia.»

Rm 5, 20

Page 11: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Don Mauro: «La sua è una giusta ribellione. Lo so che sto chiedendovi un sacrificio nel sacrificio rispetto ad una gratuità sempre maggiore, perché dopo un po’ vorremmo essere noi la loro famiglia, ma loro una famiglia ce l’hanno e non possiamo fargliela dimenticare. La vita è memoria di quello che è accaduto, non è dimenticanza di quello che è accaduto, neanche delle cose brutte, se ci fossero. Spero che nessuno un giorno possa dire: “Avete voluto farmi dimenticare mio padre e mia madre”. Ma invece possa dire: “Anche quando io non volevo parlarne, voi mi avete sempre parlato bene di mio padre e di mia madre”».

Raduno, 6 marzo 2005

Paolo Serrao, Monte Cremasco. Il limite dell’altro, a volte, diventa un ostacolo insormontabile. «Sui nostri bambini spesso c’è una pretesa che non porta a niente - dice Paolo -. Per capirci, a tavola il 99% delle cose che diciamo loro è: «Tira giù il gomito, stai composto, mangia bene, hai salutato quando sono entrato? La carne non la vuoi?» Ogni istante, allora, si consuma misurando chi si ha di fronte e il risultato è la frustrazione generale. Quando se ne accorge, Paolo mendica una posizione diversa. «Io ci sto comunque di fronte a questi figli, “anche se so mia bun”, anche se non sono capace. E ogni volta dico al Signore: «Questa cosa non sono in grado di farla da solo. Falla con me». E almeno un briciolo riconquisto una posizione più umana».

Antonio Tolasi, Crema: «Mi sono accorto che non bastavano le quattro regole che avevo messo in preventivo, poiché non c’erano solo i limiti di Denise, ma anche i miei. L’idea del soldatino con Denise sfumava giorno dopo giorno. Ho incominciato a confrontarmi con Silvia e con altre famiglie. Mi sono reso conto che i problemi di Denise erano comuni a tanti altri bambini. Con una certa carica d’ironia ho cominciato a guardare e a scoprire anche i miei limiti. Denise col tempo non è cambiata molto, però sono cambiato io, messo di fronte ad un fatto e non all’idea che avevo all’inizio. Dovevo piegarmi ai limiti della bambina per poter venire incontro ai suoi bisogni e volerle bene. I limiti che vedo in lei sono anche i miei. Questa coscienza è come se mi avesse un po’ introdotto alla misericordia, imparando a vederla nella gente che ce l’ha su di me».

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Interviste pag. 133

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Ho imparato a chiamarti figlio, pag 93

Rino Petrucci, Legnano: «Una cosa inaspettata, che abbiamo considerato un altro regalo in questa vicenda. Ritornando al discorso bugie, l’altro giorno Serena è tornata da scuola con un tema da fare dal titolo: “La mia nuova famiglia”. Dopo un po’ mi accorgo che sta scrivendo tutto circa la sua famiglia naturale. Intervengo per farle notare che sta andando fuori traccia, ma lei insiste dicendo che è stata la maestra a suggerirle quella soluzione. Per un momento mi sono impuntato, poi ho capito che mi stavo cacciando in un pasticcio e ho concordato con lei che avrebbe parlato un po’ della famiglia vecchia e un po’ di quella nuova. Al momento non mi sono chiesto il perché di questo suo comportamento». >

La Storia dell’Associazione

Roberto Giudici, Lodi: «Io e mia moglie Sabrina abbiamo quattro figli di cui due in affido. Durante il primo incontro con il padre delle due bambine in affido, mi sono state rivolte accuse ed io ho dovuto difendermi facendogli capire che non ero stato io a portargli via le figlie. Ho avuto un attimo di tentennamento: volevo tornarmene al mio paese in montagna. Don Mauro: «Si vede che sei un bergamasco!» Roberto: «Avevo messo in conto di fare fatica, di fare sacrifici, ma non quello di finire in galera» come aveva promesso il padre delle bambine, con le sue denunce. Per ora non sono ancora in galera. Sarebbe doloroso per la mia mamma ricevere le mie lettere da San Vittore. Comunque quando mia sorella mi ha chiesto se avevo intenzione di continuare ho ribadito che sarei andato avanti. Questa è l’unica cosa certa. I momenti più duri sono stati quando bisogna lasciare tutto, ma dopo, quando uno si trova dentro quest’esperienza è diverso. Noi l’ abbiamo seguita perché abbiamo visto l’esempio dei miei cognati, Antonella e Matteo. Io non sono di C.L. non mi sono ancora iscritto. Se bisogna firmare…»Don Mauro: «Quando ho detto a don Giussani, en passant, che c’era gente non di C.L. a fare l’affido, lui mi ha fermato, proprio col braccio: “Cos’hai detto? Non di C.L.? Sono di C.L. più di te e di me!” È stata la sua risposta».

Raduno, 12 gennaio 2003

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Page 12: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Pina, Treviglio, Castel Cerreto: «L’affido è una cosa seria. È una sfaccettatura dell’amore e quindi un modo di amare gratuitamente qualcun altro che non ti appartiene, che non hai fatto tu, che non sarà mai tuo ma Gesù mi ama gratuitamente. Cosa ho fatto io per essere amata da Gesù? Quello che hanno fatto Guya, Grazia, Paola, Antonio e Stefania perché io li ami».

Raduno, 25 novembre 2001

La Storia dell’Associazione

Donatella Garraffo, Buffalora, Brescia: «Teresa, quando è arrivata aveva un modo di rapportarsi con me che preoccupava: faceva domande, anche le più incredibili, senza mai smettere, fino al punto di sfiancarti. Poi è accaduto un avvenimento, perché l’ho guardata e ho avuto l’evidenza che lei non era mia. Mi sono ritrovata a rispondere a tutte le sue domande, e più rispondevo, più mi rendevo conto che questo era per me l’occasione di stare con Gesù, di godere della sua compagnia. Non ho mai voluto così bene a lei e al suo destino, cioè al fatto di accompagnarla per il tempo che il Signore vorrà. A un certo punto ha smesso di fare domande. Forse era stanca, forse, però, aveva capito che la stavo accettando per quello che era».

Petra e Paolo Martignoni, Crema. L’ennesima sfuriata di Paolo. Un altro errore. Grosso questa volta. Marti-na pensa che a quel punto avrebbe fatto meglio a farsi mandare altrove, ricominciare da un’altra parte. «Beh, allora vado a preparare la mia roba», sussurrò quel giorno Martina, «dov’è che mi mandate?»«Eh no - sbottò Petra che aveva capito l’andazzo -. Ti piacerebbe cambiare casa, scappare e ricominciare tutto dall’inizio vero? E invece no. Perché i miei figli, quando combinano cazzate, possono forse scegliersi un’altra famiglia!?»I suoi figli. La frase era rimasta in sospeso, la risposta ovvia: no che non potevano cambiare famiglia. E se non poteva nemmeno lei, significava forse che era fi-glia tanto quanto Marco, o Mattia, o Gemma? Figlia, ecco. Cioè: di qualcuno nonostante i tradimenti.

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Ho imparato a chiamarti figlio, pag. 51-53

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Raduno, 3 luglio 2005

Laura Dal Ben, Varese: «Silvia è con noi da due anni. In questo periodo è diventata molto manesca e se non ottiene quello che vuole diventa cattiva con tutti. A me, ad esempio, ha detto che sono la più antipatica del mondo e che non vede l’ora di andarsene via. Questo atteggiamento lo manifesta anche verso i fratelli. A volte faccio persino fatica a guardarla, perché vedo in lei una bambina falsa e non riesco a capacitarmi che a nove anni si possa essere così».Don Mauro: «A cosa siamo disposti? Siamo disposti a tutto. È proprio perché siamo disposti a tutto che soffriamo così tanto. Se non ci interessasse, se non fossimo così disposti a tutto, non soffriremmo così tanto per un atteggiamento poco riconoscente. Ma è questa la vostra grandezza».

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Raduno, 29 maggio 2005

Page 13: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Giorgio Vittadini: «L’affido è pura gratuità. Dietro la maternità c’è inevitabilmente un aspetto di verginità: prima o poi, devi permettere che uno abbia il suo destino e il suo destino non ti appartiene. Quindi l’affido segna una modalità contro di cui, anche con i figli naturali, prima o poi bisogna impattare. La gratuità è il punto d’inizio e se uno non ce l’ha, deve comunque arrivarci, anche col figlio naturale. Il miracolo non è l’esito, ma la posizione di apertura, la gratuità. Il miracolo è la gratuità iniziale, il resto è gratuito. Il cristiano lo sa e lo mette in preventivo e quando riesce a raddrizzare una vita, questo è un doppio miracolo. Non è detto che dando l’amore a una persona questa sia in grado di venirne fuori. Il valore è proprio nella gratuità come posizione». Raduno, 3 luglio 2005

La Storia dell’Associazione

Anna Mombrini, Pianengo: «Giorgio, 10 anni, mi ha chiesto dei soldi per fare un regalo alla sua fidanzatina, ho risposto che non ce n’erano per cose simili. Dopo venti giorni di scuola, come può aver già una fidanzata e volerle fare un regalo? Ne ho già due di figli che fanno i regali, ma hanno vent’anni. Il giovedì, verso le nove vengo convocata dalla maestra per una comunicazione urgente. A scuola mi mostrano il mio braccialetto d’oro che Giorgio aveva regalato alla sua fidanzatina. Mi sono sentita ribollire il sangue, l’avrei preso a schiaffi, perché quel braccialetto non l’aveva trovato sopra un mobile, ma l’aveva cercato frugando nella mia camera e questo mi faceva male. Ma quando me lo sono trovato davanti che stava piangendo, l’ho abbracciato e l’unica cosa che mi è venuta in mente di dire è stata: «Ma perché mi hai fatto questo?» Quando si è calmato mi ha chiesto: «Dopo la scuola dove vado?» A casa gli ho risposto. Dopo un fatto come questo io speravo che percepisse un bene o una riconoscenza. Invece, neanche due ore dopo, me ne aveva già combinata un’altra.Don Mauro: «Potrebbe anche finire qui tutto, ma quel fatto resta. Noi potremmo chiudere in qualunque momento e nessuno ci direbbe niente, ma quel fatto resta. Gli avresti voluto spaccare la faccia, invece gli hai detto: “Perché mi hai fatto questo?” Due ore dopo che sia ancora come prima, può essere, ma non è più come prima e voi questo lo definireste un “oblò chiuso”? Sono sicuro che troverete un pertugio».

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Raduno, 15 gennaio 2001

Page 14: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

1987 Inizia la vita in Cascina a Monte Cremasco Tre famiglie vanno lì a vivere e diventano punto di riferimento delle relative “Comunità familiari”.

1991 Iscritta al registro regionale del volontariato Regione Lombardia

1992 Nascono a Crema due nuove Comunità familiari dell’Associazione Fraternità

La Storia dell’Associazione

Romana Dottori, Milano: «Ho tre bambine e la più grande, Giuditta, è con noi da due anni; poco tempo fa ci hanno detto che a breve rientrerà a casa. Ammetto che per me non è un grosso strappo, insomma è una fatica in meno. Io le voglio un bene dell’anima però se devi andare vai, ti apro anche la porta. Che sia chiaro questo. La storia con lei ha esaltato tantissimo il mio limite, perchè lei non è mia e questo mette nelle mie mani ancora di più il mio limite. La cosa bella è che più mi accorgo di essere limitata e più dipendo, anche se la fatica c’è sempre. Noi ci dovremo trasferire di casa e lei verrà con noi, lasciando i compagni per andare in un’altra scuola. Alla fine dell’anno fuori dal cortile tutti l’hanno aspettata per salutarla. Lei è arrivata a casa e mi ha detto: “Non capisco perchè i miei compagni piangono perchè me ne vado. Io so dove sto andando!” Io l’ho guardata con sospetto perchè pensavo che stesse mettendo la sua corazza. E invece no. Non ha paura di andare perché è certa di Uno che le vuole bene adesso, che sono io, che è mio marito. Di noi che siamo gli esseri più limitati del mondo. Don Julian Carron: «È impressionante perchè questo testimonia ancora una volta che il problema è la certezza, che è un problema di conoscenza. Perchè quando Giuditta è certa non ha paura. Lei ha fatto un percorso di conoscenza che l’ha portata ad essere certa. Allora come dice Don Giussani: “Quando uno è certo si vede dal fatto che può entrare in qualsiasi circostanza con una possibilità di letizia”. E invece noi, come ci diceva Romana, certe volte entriamo col sospetto, con incertezza».

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Raduno, 21 giugno 2009

Giuseppe Cantoni, Crema: «I miei limiti li ho visti e ti dico che non c’era la possibilità di nasconderli. Erano proprio le persone accolte che te li rinfacciavano. Mettevano a nudo le mie debolezze, mi provocavano, ma non mi sono mai fatto fregare dai miei limiti. Inizialmente mi prefiggevo d’essere come questo o quello, come don Mauro, come Augusto, come Massimo, ma io ero un povero falegname e il Signore mi chiamava ad essere così com’ero, ad essere me stesso, ad usare il martello, proprio con i miei limiti. Il Signore mi aveva chiamato a fare quello che sapevo fare e non altro. Solo così sono riuscito ad accettare i miei limiti e continuare ad accogliere».

Valentina Racca, Perugia: «I professori, in coro, mi hanno fatto un quadro bruttissimo di Simona, l’hanno dipinta come un mostro. A casa si comporta in modo diverso, è una ragazzina brava, accudisce ai piccoli e pulisce, fa tantissime cose buone, sa farsi perdonare. Ma non posso ignorare come si comporta fuori ».Don Mauro: «Quando si è convocati dal preside, il dito è puntato subdolamente su di voi, non sui ragazzi: che non siete capaci e che pretendete di educare i vostri figli e anche gli altri. Noi, però, siamo stati educati a partire da un positivo. Il punto è che almeno per cinque minuti ci si ritrovi insieme con la scuola, per esempio, a sostenerci, non ad abbatterci. Per questo prima ti ho consigliato di invitare il preside a casa tua, perché una volta lì, forse si rende conto. Tutti possono cambiare e se uno cambia, non cambia per un rimprovero né per un dovere, ma cambia sempre per un incontro, per un miracolo».

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Raduno, 24 giugno 2001

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Interviste pag. 23

Page 15: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Per me questo cambiamento è stato difficile, poiché io sono una persona portata alla programmazione, che vorrebbe mettere le cose in ordine. Occorre appunto una grande disponibilità a tutto quello che accade e una grande disponibilità all’incontro con l’altro che sempre ti chiede qualcosa. Nel mio lavoro il test è entrare nel rapporto con l’altro sfidando uno schema, che rinchiude l’altro in una gabbia, in una definizione senza misericordia. Questo vale in ogni rapporto ma in particolare nel nostro lavoro, dove si incontrano persone a volte non equilibrate: non avere uno schema significa riconoscere che c’è in loro una possibilità di bene ineliminabile. Allora c’è un lavoro infinito nel lavoro».

La Storia dell’Associazione

Ida Cavagnoli, Castel Cerreto, Treviglio: «Chiedo perdono per come sono. Ho coscienza del mio limite e questo mi rende più facile accettare quello dei figli e degli amici. Ho imparato ad accettarmi così come sono e quando sbaglio ricomincio. In questo mi è molto di aiuto Paolo, mio marito, nonostante ogni mio errore ogni mattina si piega su di me e mi esorta a ripartire».

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Interviste pag. 158

Silvia Bassi: «Lavoro in Associazione dal 13 dicembre 1994. Sono la Responsabile Educativa. Per alcuni bambini sono il punto di riferimento, perché ne seguo direttamente l’affido, per altri lo sono indirettamente perché li seguo attraverso il lavoro delle mie colleghe. Questo è un tipo di lavoro che richiede un livello molto personale: quando si entra in rapporto con le famiglie che stanno facendo questa esperienza entra in gioco la persona, diventa un coinvolgimento con gli altri; è un’esperienza che ti permette una grande familiarità con tantissime persone e che quindi ti chiede una disponibilità nel rapporto in modo grande, totale.Dare la vita per l’opera di un Altro ha voluto dire essere disponibile al cambiamento in tutti i sensi.

Page 16: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Diego Dolci, Crema: «Sono amico di don Mauro da trentatré anni. Sono sposato, ho quattro figli dai 26 ai 18 anni, e con mia moglie abbiamo condiviso con loro il fatto che facevamo questa esperienza per lasciare che il Mistero entrasse nella nostra vita. Abbiamo accolto Luigi come Gesù, non come se fosse Gesù, ma come Gesù. Luigi non è di Crema e la sua storia resta ancora molto misteriosa anche per noi. Chi lo conosce sa che è un tipo tosto, impegnativo, un teppistello.Veramente un duro, non si piega. Non saremmo riusciti a gestire questo bambino adulto, perché è bambino nel pieno senso della parola, tra l’altro molto intelligente, ed è un adulto per altri aspetti, senza l’aiuto di questa compagnia e dei nostri figli.Quando si è prospettata la possibilità dell’affido di Luigi, mi fu subito detto che, visto il tipo, era necessaria per lui una forte figura paterna, proprio intesa come uno in grado di mettere paletti, stabilire un minimo di regole. In realtà, il mio ruolo in questo senso è andato presto in crisi, anche per un episodio accaduto in montagna in cui mi aveva svillaneggiato in pubblico. Mi sono dovuto interrogare sulla questione della paternità, chiedendomi innanzitutto quale fosse la figura di padre per me. Mi sono venuti in mente la parabola del Figliol Prodigo e quel volantone che dice: “Egli è mandato dal Padre per farci conoscere che l’essenza di Dio ha come caratteristica suprema per l’uomo la misericordia”. Ho così scoperto che la misericordia è maschile, nel senso che la paternità ha la misericordia come fondamento».

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Raduno, 17 aprile 2005

Anna Maria Galimberti, Monte Cremasco:«Ho un figlio naturale e quattro in affido. Due dei bambini in affido oggi hanno ricevuto la Prima Comunione. I bambini però erano veramente arrabbiati, al punto che uno dei due è arrivato a dire che, una volta ricevuta l’Eucarestia, l’avrebbe spezzata per fare sentire a Gesù quanto dolore provasse lui. La ragione era che la mamma, giustamente ma senza parlarne, aveva deciso di festeggiare l’evento al ristorante, sola coi figli, mentre loro avrebbero preferito essere anche con noi e con gli amici, cosa, per altro, che ci sarebbe stata alla sera. Le mie paure si sono sciolte quando ho consegnato davvero tutto, avendo la certezza che quello che stava accadendo era buono per questi bambini. Alla fine tutto è andato meglio di quanto pensassi, compreso il fatterello del segno della pace, durante il quale la mamma ha dato la mano a tutti, mio marito compreso, ma non a me. Al termine della cerimonia ci ha comunque ringraziato. In questa vicenda ho toccato con mano la presenza di una compagnia di amici che mi hanno aiutata e in questa compagnia ho gustato la pienezza della presenza di Cristo».Don Mauro: «La nostra libertà sorpassa qualunque condizione di grettezza umana quando il nostro cuore è pienamente soddisfatto di Cristo. Se quello che domandiamo insieme è questa pienezza di soddisfazione nel rapporto con Lui, allora non c’è limite al perdono. Ed è un perdono pieno di letizia, perché uno è contento di perdonare, perché nel perdono c’è il segno che Gesù è risorto».

II - di fronte al limite, uno sguardo nuovo

Raduno, 29 maggio 2005

Page 17: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Giorgio Vittadini: «La misericordia che ti abbraccia permette, a tua volta, di abbracciare, di partire di fronte a uno, non perché sei bravo, non perché sei capace di accogliere, ma perché l’unica cosa che puoi fare è dire di sì, come sei, a tutto quello che accade. E questo rilancia la vita perché si è peccatori lo stesso, ma si ha lì uno, uno, che ci ricorda questo.Una volta Giussani a tavola, dice: “Vita comunis massima penitentia”. Perché? Perché quando tu capisci che quello che hai davanti, a cui hai ripetuto una cosa venti volte, non cambierà mai, eppure te lo devi tener lì, allora capisci cos’è l’accoglienza: stare di fronte a quel che ti viene come la benedizione di Dio che ti riapre. Un avvenimento davanti da abbracciare che ti costringe a dire: “Signore, con questo gesto riprendimi”».

II - il giudizio: il limite come apertura

Raduno, 9 luglio 2006

Angelo Gipponi: «Lavoro in Associazione dal 1997 con l’incarico di Direttore. Nella mia esperienza o circostanza che è data, conciliare quelle che sono le pratiche burocratiche e legali con ciò che fa parte del cuore umano non solo è possibile, ma è utile alla vita, in quanto mi permette di apprezzare la realtà in tutti i suoi aspetti e a non scivolare in un rischioso sentimentalismo/buonismo che, naturalmente e quasi inconsapevolmente, è ancora più presente per chi lavora in un’opera no profit o a non cadere in un tecnicismo esasperato».

La Storia dell’Associazione

Page 18: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

La carità:un tu accolto e amato

La carità è paziente, è benigna la carità;Non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia;

non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira,non tiene conto del male ricevuto; non gode dell’ingiustizia,

ma si compiace della verità.Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

La carità non avrà mai fine.

(S.Paolo, 1 Cor 13, 4-6 )

Page 19: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Grazia Zuccala, Lodi: «Dieci anni fa insieme a mio marito abbiamo iniziato l’esperienza dell’affido, dando la disponibilità per accogliere nella nostra famiglia neonati in attesa di adozione. La vigilia di Natale del 2002 è arrivato Fabio, nato con una grave malformazione cerebrale che nel tempo ha determinato una tetraparesi spastica. Fabio è rimasto con noi dal momento che nessuno ha fatto richiesta di adottarlo; non parla, non sa stare seduto da solo, non cammina e ha una ridottissima capacità visiva, pertanto dipende totalmente dalle nostre cure. Nel giugno 2005, esattamente nel giorno del nostro ventesimo anniversario di matrimonio l’imprevisto ha fatto irruzione nella nostra vita: a mio marito è stato diagnosticato un tumore intestinale; nell’arco di un paio di mesi, il male ha avuto il sopravvento e il 10 agosto Mino ci ha lasciati. Io ho ricevuto la grazia di vivere questi giorni di dolore accanto e insieme al mio sposo come una salita al calvario in compagnia di Gesù. Inizialmente ho provato un grande smarrimento, era il tentativo di negare una circostanza che mi appariva ben al di là di qualsiasi possibilità di sopportazione. Non potevo credere che mi venisse chiesto un tale sacrificio, come avrei potuto portare avanti da sola la nostra famiglia, in particolare seguire Fabio? Come crescere i nostri figli in modo equilibrato, io che mi sentivo così piena di limite? Per qualche tempo ho lottato con Dio, poi ha cominciato a farsi largo un pensiero che a poco a poco, ma inesorabilmente, si è trasformato in certezza. Quella che ero portata a guardare come una condanna doveva essere invece un atto d’amore del buon Dio, il quale secondo il suo misterioso disegno, proprio attraverso l’imprevedibile, si rende presente in modo potente nella nostra vita, costringendoci così a mettere a nudo il nostro cuore. Capivo sempre più chiaramente che il mio

stare di fronte a questa circostanza coincideva con il mio rapporto con Cristo, starci accettando che il volere di Dio si esprimesse in quella precisa forma, che io certamente non avrei mai, non solo scelto, ma neppure lontanamente immaginato. Era rispondere al suo amore, con il mio. Lui mi aspettava proprio li, dentro alla forma di quella circostanza dolorosa e mi chiedeva di dimostrargli la verità del mio attaccamento a Lui, del mio desiderio di servirLo offrendo questa croce da portare, era qualcosa di vertiginoso, ma al tempo stesso di un’attrattiva irresistibile. Era per me del tutto evidente che lì si giocava la verità della mia vita, non avrei potuto certo fare nulla per evitare questa prova, ma stava alla mia libertà subirla come l’ingiustizia di un’immeritata disgrazia, oppure accoglierla dalle mani di Dio come qualcosa che era per me, per il cambiamento del mio

cuore e quindi per la mia santificazione.Ho pianto a lungo e ho pregato e mi è stata concessa la grazia di abbracciare la croce fino ad amarla e questo ha reso bello ogni singolo istante di questa storia, pur con tutto il suo carico di strazio. Sì, perché l’abbandono a Cristo senza riserve se è vero che ribalta completamente la posizione del cuore, non risparmia però nessuna fatica. Tutto nella mia vita, infatti, è diventato più duro, ad esempio il rapporto con uno dei miei figli naturali o quello con Fabio, con tutto quello che comporta la sua condizione, i ricoveri e i frequenti controlli o anche soltanto la gestione della quotidianità. Anche le rinunce sono ormai una costante della mia realtà, come quella sofferta che ho affrontato quest’anno quando per l’impossibilità di organizzare in modo adeguato la situazione familiare ho dovuto rinunciare a partecipare agli esercizi della Fraternità.Succede così qualche volta che mi ritrovi a dire: “Sono stanca Signore sotto la croce, devi aver sbagliato i tuoi calcoli perché è troppo pesante per le mie spalle, non ce la farò mai a portarla fino alla fine”. Questo mi accade di gridargli quando ho la pretesa di affrontare il reale facendo affidamento unicamente sulle mie forze, così sproporzionate e inadeguate.Ciò che mi salva però in questi casi è far memoria di tutte le volte in cui dentro una circostanza critica o all’apparenza senza via di uscita, Lui è venuto in mio soccorso consolandomi in misura traboccante rispetto a qualunque mia aspettativa, attraverso l’aiuto semplice e concreto di tante persone che in questa storia mi stanno facendo compagnia nei modi più diversi, come non sentirmi allora “tranquilla e serena come un bimbo svezzato in braccio a sua madre?»

Punto 3 - senza tempio non ci sono dimore

Raduno 21 giugno 2009

Page 20: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

1998 Apertura a Perugia di una nuova comunità fami-liare

La Storia dell’Associazione

Antonella e Matteo Maschi, Lodi. La ribellione di Lidia non poteva trovare motivo solo nei suoi tredici anni. «Lei aveva slanci di bene, poi esplodeva in un rancore e un disprezzo immotivati», ricorda Antonella. In casa, Lidia giocava a metter zizzania tra tutti: aizzava Veronica alla ribellione, metteva in crisi Beatrice, quarta figlia dei Maschi. Ciononostante, nessuno ha voluto sbarazzarsene. Si è andati avanti così per sei mesi. Fino al giorno in cui Lidia è fuggita senza che nessuno l’abbia più vista. «Perché non ci siamo arresi? Non è stato l’orgoglio – racconta Matteo – quando ci sono di mezzo i sacrifici, quelli grandi, non ci sono ragioni che tengano se non una: fare le cose per Cristo. Poi ti accorgi che è più Lui che le fa per te. Noi siamo così poveri e incapaci».

Marina Bianchi, Milano: «Simone, il mio bambino in affido, vede periodicamente i suoi parenti, e capita che alcuni incontri li facciamo con i fratelli. Mi ha colpito che Alvise, l’affidatario di Matteo, il fratello più grande, sia venuto in tutti questi mesi con me e Simone ad accompagnarci dalla nonna pur in assenza di Matteo che per varie ragioni non va a trovare la nonna. Un giorno io gli ho detto: «Ma Alvise, perché? In fondo Matteo non c’è, potremmo andare solo noi». Lui mi ha risposto: «Perché è bene che Matteo sappia che se anche lui non ha a cuore questi rapporti, noi li abbiamo a cuore per lui». Io di fronte a una posizione così, a parte la meschinità e la piccolezza di cui mi sento fatta, capisco che l’educazione alla gratuità è una cosa che si può imparare giorno dopo giorno ed è una cosa su cui io devo lavorare tanto».

Elisabetta Sardini, Castelleone: «Abbiamo un bambino di nome Fabrizio, nato prematuro e idrocefalo, abbandonato alla nascita in ospedale a Milano. L’Associazione Fraternità, tramite Silvia, ci ha proposto la sua accoglienza. Lui era rimasto in ospedale, perché doveva essere operato. Non sapevamo che il bambino fosse di colore, l’abbiamo notato soltanto in ospedale. Non avevamo ancora accettato l’affido ma siamo comunque rimasti in ospedale, perché non c’era nessuno ad attenderlo fuori della sala operatoria. Dopo l’affido, Fabrizio ha subito altri diciotto interventi alla testa. Ci siamo portati a casa un bambino di nessuno e che nessuno ha mai voluto. Così è iniziata la storia di Fabrizio nella nostra famiglia».

III - accogliere un figlio

Interviste pag. 162

III - accogliere un figlio

Raduno, 9 luglio 2006

III - accogliere un figlio

Ho imparato a chiamarti figlio, pag. 117

Page 21: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Dott.ssa Livia Pomodoro: «Nell’affido familiare credo che dobbiamo avere delle regole agili, ben chiare e precise, ma che consentano ai protago-nisti di quella specifica e determinata sotira di dialogare tra loro: i Servizi sociali, la famiglia d’origine che non va dimenticata, gli affidatari che non vanno abbandonati a loro stessi e queste forme nuove e diverse di associazionismo tra famiglie che io trovo molto positivo».

Silvia e Cristiano Guarneri, Cremona. Le prime crisi epilettiche di Alessandro le riconosciamo intorno ai quattro mesi di vita. Insieme arrivano bronchiti e polmoniti. Dopo i due anni d’età le cose si fanno ancora più serie; nell’estate 2008, abbiamo rischiato che non ce la facesse. Ventisei giorni d’ospedale, alternati da riprese e ricadute inaspettate. «Lì – dice Silvia – ho imparato cosa volesse dire la frase: “…e anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Al tempo stesso so che mi è concesso l’onore più grande: vivere come la Madonna, impotente ai piedi della croce di Suo figlio».Dei giorni di quel lungo ricovero mi resta impressa la lotta quotidiana, la stanchezza perenne, i piccoli tradimenti dello sconforto e dell’impazienza. Soprattutto restano i segni. Cioè tutta quella potenza di bene esplosa in chi è entrato in questa storia. Elisa, Pietro, Ilaria, Daniele, che in ospedale portavano caffè, gelati, panini, acqua e il sollievo di due chiacchiere e una sigaretta fumata in cortile. Le decine e decine di messaggi che riempivano i cellulari. Il popolo degli amici chiamato a recitare rosari in chiesa. Alessandro è un tesoro preziosissimo. Non è solo un pungolo a meritarsi il Paradiso. È uno sprone micidiale a vivere da uomini. Tanti, attraverso di lui, imparano a stare al mondo con la schiena dritta. Cristiano dice: «io imparo ad arrendermi. A piegare la testa e ad arrendermi a Lui. Imparo la fede di Abramo. Quella roba piena di speranza, che vacilla un po’ ma non crolla. È una resa senza sconfitta. È la resa della nostra misura per la certezza di una promessa che si compie».

Enza e Mauro Sottili, Crema: «Quando una famiglia accoglie un bambino nella propria casa, dice Mauro, questo diventa un figlio per sempre, per cui l’affetto e il bene per lui diventano una cosa naturale. Non so come dirlo, ma Andrea io l’ho sempre considerato mio figlio. È stato abbastanza naturale il riaccoglierlo, quando ci ha chiesto di tornare da noi ad affido concluso. Per me è un figlio sia quando era lontano sia adesso che è qui e questa necessità di studiare ora è una buona ragione per tenerlo con noi. Non so neanche se la scuola che ha scelto è quella più giusta per lui e se ce la farà. Quello che so è che lui avverte un abbraccio di bene e che l’ha voluto sperimentare di nuovo». Enza: «Io imparo dalla sua mamma, perché lei, nonostante lo volesse con sè ha avuto la libertà di lasciarlo tornare da noi».

Lorenzo Simonini, Borghetto Lodigiano: «E poi c’è Paola, che di anni ne ha quasi sei e sta coi Simonini dall’età di sei mesi. I ritmi di vita familiare sono cadenzati sui suoi bisogni: controlli medici periodici, antiepilettici da somministrare, posture da correggere con riduttori costruiti su misura. E poi il problema del rigurgito e l’alzarsi due-tre volte per notte a cambiar posizione. Insomma: c’è tutto quello che comporta far crescere una bimba cerebrolesa. Eppure in nessuno di quelli che la ama si legge il cedimento della disperazione. L’andare e il venire per lei, l’imboccare, l’asciugare e il pulire, il rialzare e il vestire è fatto tutto con una certezza strana agli occhi del mondo». Lorenzo, il papà affidatario, racconta della gioia, non dei sacrifici: «È da sei anni che Paola è con noi e mai una volta mi è venuto da dire “basta”. Paola mi ricorda innanzitutto di che cosa ho bisogno io e, dico sempre anche ai miei figli, che noi possiamo vivere senza tante cose di questo mondo, ma non senza uno che ti vuole bene. Paola l’unica cosa che può fare è sorridere, poi non fa più niente e basta tenerla in braccio e lei ti sorride, come dire: basta poco a essere felici, basta proprio sentirti voluto bene, e questo mi riempie di gioia. La settimana scorsa ho partecipato a un incontro sul caso di Eluana. A un certo punto non ce l’ho più fatta, sono intervenuto e ho detto: “Io non ho bisogno di leggi che regolino questo o quello. Io ho bisogno di amici che tutte le mattine mi aiutino a inchinarmi davanti al Mistero. Perche Paola è il Mistero”. E io “sarà presunzione ma è così faccio tutto con una grande passione, perché so che tutto è per il mio bene”. È lì, ce l’hai davanti, basta guardare e afferrarlo. Lei è lì».

III - accogliere un figlio

Ho imparato a chiamarti figlio, pag. 147-148

III - accogliere un figlio

Interviste pag. 155-156

III - accogliere un figlio

Raduno, 21 giugno 2009

Page 22: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

1999 Eretto ad Ente Morale con Decreto Ministero Interno

1999 Convegno 15° Anniversario “La famiglia, fondamento della sussidiarietà”. Con-tributo alla revisione della legge 184 sull’affido. Tra gli invitati: On.le Livia Turco, Ministro per la Solidarietà sociale, Roberto Formigoni, Presidente Regione Lombardia. Dott.ssa Livia Pomodoro, Presidente Tribunale dei Minori di Milano.

La Storia dell’Associazione

Amedeo Capetti, Milano: «Io e mia moglie Maria ci chiediamo spesso qual è il nostro rapporto con i genitori naturali di Gigi. La nostra tentazione è di percepire quel rapporto come un ostacolo, un peso, sebbene ci sia sempre stata riferita la loro stima nei nostri confronti. Ieri ho accompagnato Gigi all’incontro: arrivati, lui è corso ad abbracciare sua madre e sua nonna, io ho abbracciato suo padre. Gli ho detto che tutto quello che stiamo facendo per Gigi ora, è perché possa tornare da loro. Ero molto commosso di quello che è accaduto e lo dico perché questo miracolo, il nostro bene a Gigi e ai suoi, è accaduto dentro una figliolanza; cioè è possibile solo perché noi, a nostra volta, viviamo una dipendenza, siamo figli».

III - un amore che viene prima

Raduno, 11 ottobre 2009

La storia del piccolo Gianluca. Gianluca non sarebbe vissuto molto. E per quel poco sarebbe stato un calvario fatto di tubi da infilare, aghi da affondare, notti da passare insonni. Gianluca era un bimbo da assistere 24 ore su 24. Non so come, ma a un certo punto mi sono detta: «Coinvolgiamo non una, ma più famiglie», racconta Silvia Bassi. Il 31 dicembre 2002 Gianluca è arrivato nelle case delle famiglie Vignati, Fiori e Gobbi: a ognuna spettava l’ospitalità del bambino in precisi giorni della settimana. Ricorda Stefano Vignati: «Gianluca mi ha insegnato la fede. Mi costringeva a dirmi ogni giorno: o c’è Cristo o è tutta una pazzia». Marco Fiori: «Vederlo star male era come ricevere delle coltellate. C’era una sola cosa da fare: offrire. Perché non si capisce il senso della sofferenza se non dentro un Mistero più grande». L’accoglienza comune a tre famiglie non è stata semplice. Eppure, dentro la diversità dei caratteri, è sbocciato il germoglio dell’amicizia. «Ci ha aiutati la coscienza di servire il Mistero mentre servivamo Gianluca – spiega Emilio Gobbi –. Lui non era di nessuna delle famiglie e allo stesso tempo di tutte e tre. Se ne mancava una sarebbe crollato tutto». «Quando Gianluca è morto – racconta Marta Vignati, figlia di Stefano – ho sognato che la Madonna del Carmine, esposta nella chiesa di SS. Trinità di Crema, lo teneva in braccio. Il volto di Gesù l’ho visto in Gianluca. Lo vedevo in quel bambino che era stato classificato dai medici come un vegetale». Camilla e Guia Gobbi, figlie di Emilio, ricordano di aver ricevuto di più rispetto a quanto dato. L’esperienza con Gianluca ha loro insegnato ad amare il prossimo. «Ogni bambino ospitato in casa nostra ha sempre portato qualcosa di nuovo. L’amore è alla base di ogni gesto».

III - accogliere un figlio

Ho imparato a chiamarti figlio, pag. 99-108

Page 23: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

2000 Iscritta al registro regionale delle Associazioni di Solidarietà famigliare

2002 Inaugurata a Lodi nuova struttura

La Storia dell’Associazione

Anna Casari, Brescia: Lia è la mamma dei due bambini che abbiamo in affido. Era molto agitata. Aveva ricevuto una lettera dall’assistente sociale nella quale era scritto che non era idonea ad educare i suoi figli, perciò nessuno dei cinque figli potevano rientrare a casa sua. Mi ha chiesto se anch’io la pensassi come l’assistente sociale. Le ho risposto che non mi sentivo di giudicare un’amica, ma che poteva rivolgersi a un’altra assistente sociale, che conosciamo e di chiedere consigli su cosa poter fare per riavere i bambini. Lia ha seguito i miei suggerimenti e le è stato concesso d’incontrare i bambini. Questo è per raccontarti dell’amicizia che è nata con questa famiglia». Don Mauro: «C’è da ringraziar Dio, quando nascono amicizie così anche tra genitori dei bambini nostri accolti. Noi siamo e voi siete amicizie e se qualcosa di nuovo accade è solo attraverso questa dinamica».

Alessandra e Gabriele Benzing, Crema. Miriam deve ricevere la sua prima comunione. Alessandra, l’affidataria, desidera che sia il giorno più bello. Desiré, la mamma naturale è incapace di gestire sentimenti ed emozioni. Nella chiesa già gremita di fedeli, Desiré piange, salta e grida tra lo stupore di tutti. Alessandra, oltre che in imbarazzo, è parecchio innervosita. Poi ricorda: “Dare la precedenza a quello che Lui fa”, aveva detto Julian Carron agli esercizi della Fraternità Alessandra si domanda cosa voglia dire in quel frangente “andare all’origine” senza liquidare il disagio che prova con un “Tanto è matta!” Comincia a tenere, tra le sue, la mano di Desiré, sempre sussurrandole di far piano. Insomma, si piega a quella condizione, come Dio si piega su di lei in ogni fatto della vita.

Maria Di Tullo, Manfredonia: «Arianna è nata nel settembre 2002. È stata una gran gioia e mi sono sentita da subito chiamata a fare la mamma. Lei però manifestava già alcuni problemi e a 18 mesi le è stato diagnosticato il disturbo pervasivo dello sviluppo, più comunemente chiamato autismo infantile. Di fronte a questo sono stata molto male ma ho subito desiderato di aiutarla il più possibile, nonostante avessi 19 anni e nessuno che potes-se sostenermi. Grazie all’unico appoggio di una amica pediatra, ho accettato la proposta di andare a Crema, presso l’Associazione Fraternità, perché la vicinanza con alcune famiglie mi potesse sostenere e perché al Nord c’erano più possibilità di cure per la patologia di mia figlia. Arianna è una bambina bellissima, è molto affettuosa, nonostante il suo disturbo riconosce il legame speciale che c’è fra me e lei. Quello che ho sempre provato istintivamente per lei, un forte senso di appartenenza e maternità, da quando sto con queste famiglie è maturato, ne sono molto più consapevole. È come se mi sen-tissi preferita da Gesù che mi chiede il compito doloroso ma amorevole di accompagnare Arianna nella sua vita. È dura! La fatica è tanta, spesso lei si picchia e urla e bisogna stringerla forte per ridarle il contatto con la realtà, però sto imparando sem-pre più cosa vuol dire amare. Mi sono stupita per esempio, quando Antonella pur di star con lei si metteva una cuffia di lattice in testa, per evitare che Arianna le strappasse tutti i capelli, oppure Lauret-ta che è sempre disponibile alle mie richieste d’aiu-to, o Emilio che mi ha accolto come una figlia e da Arianna si fa trattare come un nonno. Sto facendo esperienza di un bene infinito su me e su mia figlia che a mia volta imparo a comunicare a lei».

III - un amore a tutto

Raduno, 17 febbraio 2002

III - un amore a tutto

Ho imparato a chiamarti figlio, pag. 85-86

III - un amore che si comunica

Intervista

Page 24: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Lauretta Fiori, Crema: «In famiglia ci stiamo accorgendo che l’arrivo in affido di Carlo, 6 anni, è un grosso sacrificio per i nostri figli. Come possiamo aiutarli a giudicare quello che accade nella nostra famiglia e ad essere liberi dal rimorso quando non si sentono capaci di vivere l’accoglienza?»Giancarlo Cesana: «Secondo me, un ragazzo percepisce la realtà e il giudizio di valore su di essa attraverso gli occhi del papà e della mamma. Il problema di come questo bambino guarda la realtà è il problema di questi occhi. È ovvio che una nuova persona nella famiglia possa creare problemi, per esempio di gelosia infantile. Mi ricorderò sempre quando Giussani disse che dovevo fare il punto di riferimento del movimento. Gli ho risposto: “Ma io non so se sono capace”. E lui: “Nessuno è capace di fare quello che è chiamato a fare: per questo c’è Dio”. Con le nostre forze noi non siamo in grado di ridurre al silenzio questi problemi, ma confidiamo in Dio. Pur sentendo il dramma delle difficoltà che ci entrano in casa e magari piangendoci anche sopra, noi abbiamo un ultimo punto di certezza, di consolazione, che è inamovibile: la ragione della nostra fede. Questo, secondo me, è il fattore che ultimamente tiene anche quando la corda diventa tesissima, perché è ciò che le impedisce di rompersi. Noi non siamo capaci di essere la soluzione. Noi proviamo a risolvere questi problemi perché sappiamo che c’è Qualcuno molto più grande e molto più forte di noi che, prima che risolvere i problemi che abbiamo in casa, risolve il nostro problema esistenziale. Don Giussani in Brianza a un gruppo di imprenditori ha detto: “Dio è come un’imprenditore brianzolo, se investe su qualcuno è difficile che ci perda”.

III - il giudizio: la fede, sospesi su un pieno

Raduno, 18 marzo 2001

Stefano Vignati, Crema. «Abbiamo quattro figli, uno è in cielo, due li abbiamo fatti noi e uno ce l’ha dato don Mauro. Gianluca era malato ed abbiamo avuto il compito di accompagnarlo in cielo dalla Madonna; Maddalena, invece è stata con noi molti anni, ad un certo punto è voluta andare via e dopo poco è tornata. Siamo passati dal dolore di vederla andare alla sfida di riaccoglierla. Sono stati come strappi che io e mia moglie abbiamo sentito verso il cielo, per portarci ad uno sguardo sulla nostra famiglia come non abbiamo mai avuto prima d’ora. E così, strappo dopo strappo, ci siamo sentiti pieni di gratitudine, perché abbiamo visto come questa ferita è diventata una grandissima occasione di gratitudine per essere diventati coscienti di una Presenza. È così che oggi mi sento di dire che è possibile essere grati per un dolore».

III - una fede che rende grati

Raduno, 9 gennaio 2005

Sofia Pagnoni: «Lavoro in Associazione Fraternità dal 2002, sono referente dei minori nell’ufficio educativo. Quando ho conosciuto don Mauro ed ho iniziato a fre-quentare Silvia, Carmen, Sara, Anna, Francesca, Donata, Flavio mi sono sentita immediatamente voluta bene così come sono, guardata con la stessa tenerezza e commo-zione di Gesù verso Zaccheo o la Samaritana, avendo pietà per il mio niente. Da allora il desiderio è stato di non staccarmi più da lì, anzi di coinvolgermi sempre di più, fino a dare la mia vita per l’ opera di un altro, sperimentando una crescita del mio umano imprevista ed una sovrabbondanza di Grazia che mi commuove perché assolutamente immeritata. Ho un marito a cui voglio sempre più bene, tanti figli che mi sorprendono e mi provocano senza sosta, degli amici che mi aiutano a far memoria che solo Cristo basta.

Ho iniziato a capire che spendere bene la mia vita, vuol dire offrirla a Lui, per la Sua gloria e questo si è fatto concreto nella realtà precisa, storica e contingente dell’As-sociazione: ancora una volta sono stata afferrata da Lui, in modo assolutamente imprevedibile e gratuito. È un lavoro sussidiario alle famiglie che sono le vere protago-niste e che bisognerebbe adorare per quello che fanno. Cerco di condividere con loro un pezzo di strada che ci è dato di compiere insieme, spianando alcune difficoltà nel rapporto con i Servizi o con la famiglia naturale, ma offrendo spesso solo la mia compagnia, ascoltando magari in silenzio, nella consapevolezza che non sono io la rispo-sta ai bisogni loro e dei bambini che accolgono».

La Storia dell’Associazione

Page 25: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Il centuplo: gioia e promessa mantenuta

«Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto e non turba mai la gioia dei suoi figli se non per

prepararne loro una più certa e più grande»

A. Manzoni

Page 26: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Ombretta Merlini, Brescia: «Nasce Matteo, che Dio ci affida segnato da un’ importante malformazione cerebrale. I medici spiegano a me e a Sergio che la sua vita sarà breve e molto sofferente. Matteo resterà con noi quattro anni, metà dei quali trascorsi in ospedale. Che vale la vita se non per essere data? Matteo l’ha data tutta e interamente per la nostra conversione al vero e al bello. Di fronte alla sua sofferenza tutti i rapporti si sono fatti intensi e la nostra famiglia ha conosciuto anni di sovrabbondanza della Sua grazia. Lo spettacolo quotidiano di un figlio sul calvario ci ha portati a riconoscere la nostra dipendenza da qualcun Altro che solo poteva realizzare il desiderio di felicità. Cosa desiderare più di questa grazia che riempie il nostro cuore di pace e letizia?».

IV - sovrabbondanza

Convegno 25° anniversario Associazione Fraternità

Franco Riz, Treviglio: «Il giorno dopo c’era lì un bambino di due mesi. Il primo figlio ha vent’anni anni, poi diciotto e poi quindici e ne è arrivato uno di due mesi di colore e siamo tornati tutti daccapo. E allora chiamo mia moglie e le dico: Ma forse è il caso che ci guardiamo negli occhi un secondo. Lei aveva parlato con don Mauro, mentre io ero a lavorare e la cosa era avvenuta. ci siamo guardati e le dico: Va bene! Così abbiamo iniziato. Giunti alla nostra età, c’è un ritmo tale per cui tu arrivi a casa la sera, domandi se è pronta la cena. Adesso non è mai pronto niente. E allora abbiamo iniziato a darci da fare in cucina. Questo, per dire che quell’arrivo, prima di essere un aiuto a lui, è stato un aiuto a noi, perché ha cambiato totalmente la nostra famiglia. Ora la figlia di quindici anni stira, i ragazzi lavano i pavimenti e io arrivo a casa dal lavoro un po’ prima».

Barbara Sanvito, Fagnano Olona: «Anche nella fase più tragica, di questa esperienza di affido, mi sono ancora sentita preferita, perché il Signore ha dei metodi un po’ discutibili dal nostro punto di vista. Umanamente parlando, però nel momento di maggiore crisi, mi sono sentita talmente amata che, guardando Alex, non ho potuto fare a meno di dirmi: “Adesso io di questa sovrabbondanza cosa me ne faccio, se lui se ne va?”».Don Mauro: «È una bellissima domanda. “E adesso, di questa sovrabbondanza cosa me ne faccio se lui se ne va?” Allora il problema è che lui se ne va o la sovrabbondanza? A questa domanda è necessario che tu, e solo tu, risponda».Barbara: «Io adesso più che mai desidero dire di nuovo sì».

Monica Bandirali, figlia di Gina e Mario, Crema: «Ho ricevuto in cambio centomila volte di più. Non ho mai pensato alla divisione dell’affetto dei miei, quando hanno cominciato a fare affido, perché ogni amore è intero. Il bene è intero per tutti. Quello che ho visto accadere nella mia famiglia, mi è entrato dentro e mi fa crescere e mi educa a spalancare il cuore, a guardare e seguire quello che mi fa crescere.Il Mistero è entrato dentro, ha spaccato il mio orizzonte e l’ha dilatato. Il Mistero come avvenimento è entrato nella nostra casa ed ha generato il cambiamento. L’imprevisto è diventato la regola. Se penso a quello che è accaduto nella mia famiglia, non posso non mettere in primo piano l’imprevisto».

IV - sovrabbondanza

raduno, 14 gennaio 2007

IV - scoprirsi cambiati

Raduno, 9 luglio 2006

IV - sovrabbondanza

Interviste pag. 146-147

2004 Apertura a Cremona di due nuove comunità familiari

2004 Convegno 20° Anniversario “Il Miracolo dell’ospitalità” Tra gli invitati: On.le Roberto Maroni, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Dott.ssa Livia Pomodoro, Presidente Tribunale dei Minori di Milano, Prof. Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà

On.le Roberto Maroni: «Dare una risposta al disagio minorile utilizzando come risorsa fondamentale la famiglia. Questa è l’intuizione che ha guidato la vostra Associazione e l’ha fatta crescere e che ha vinto la sifda con quell’altra visione che intendeva e ha tentato in questi anni di affrontare i problemi del disagio, dell’esclusione sociale, della lotta alla povertà attraverso la struttura, la mano pubblica, l’intervento istituzionale creando strutture e provvedimenti che alla fine si sono dimostrati fallimentari».

La Storia dell’Associazione

Page 27: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

2005 A Busto Garolfo viene trasformata una comunità alloggio in comunità familiare

2006 A Monte Cremasco vengono aperte due nuove comunità familiari.

Apertura a Borghetto Lodigiano di una nuova comunità familiare.

2007 Apertura a Varese di una nuova comunità familiare

Apertura a Treviglio di 4 nuove comunità familiari

La Storia dell’Associazione

Tina Petazzi, Vanzago. «Arriva un ragazzo di sedici anni, che bello! E poi: È nero, va bene? Lui non aveva mai avuto regole e ci rendevamo conto che forse l’unica cosa che potevano dargli era fargli capire che c’è un amore più grande.In seguito un giorno ha detto: “Io sono contento di stare qua, perché loro hanno visto che in me c’era qualcosa di buono che potevo fare”. Questo mi ha molto colpito, perché anche io sono stata guardata in questo modo da qualcuno che ha visto in me qualcosa di buono e su quello ha scommesso tutto. Ci sono dei momenti in cui si fa fatica, tanta, però non c’è un momento in cui il Signore non dà quello che promette. Noi abbiamo un figlio naturale che ci ha aiutati ad aprire la nostra casa. Questa grazia che ha lavorato dentro la nostra vita è una promessa che si è realizzata e noi siamo così lieti da pensare di aprirla ancora».

Tiziano De Luca, Treviglio, Castel Cerreto: «Sono sposato da sei mesi, però mi rendo conto che qui, in queste Case Famiglia, stanno accadendo cose impossibili, perché c’è la possibilità dell’impossibile. Io sono grato, perché è stata data risposta a un desiderio che io ho da tutta la vita: appartenere a qualcuno. Questo desiderio me lo porto dentro da quando, a quindici anni, ho incontrato un sacerdote e alcuni adulti del Movimento. Questo fatto dell’appartenenza cominciano a capirlo anche i ragazzi che stanno con noi, perché si accorgono che quello che stiamo facendo sia la cosa che più loro interessa.

IV - una domanda compiuta

Raduno, 23 maggio 2004

IV - una domanda compiuta

raduno, 10 novembre 2004

Page 28: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Carmen D’Alessio, Crema. Carmen D’Alessio, madre di Laura, a 15 anni di età viene accolta con la figlia, da Teresa e Erminio Bellani. Con loro incontra una compagnia fedele di amici che condivide tutto con lei, compresa l’ipotesi che Cristo non sia un fattore tra i tanti ma la risposta al desiderio di felicità che le pulsa dentro.Ci sono i 5 fratelli e sorelle acquisite, gli amici del Liceo e dell’università di Lingue. E infine Giuliano, con cui si sposa e da cui avrà due bimbe, Benedetta e Francesca. Quest’abbraccio inaspettato diventa il modo con cui Carmen affronta la vita, fino al punto di decidere, con Giuliano, di essere madre come Teresa lo è stata per lei; accogliendo, cioè, prima una bimba di due anni e poi una ragazzina di quindici. Carmen: «Sono grata al buon Dio che mi ha portata fin qui perché qualsiasi circostanza è un passo per raggiungere la Verità della nostra vita».

IV - una domanda compiuta

Convegno 25° anniversario Associazione Fraternità’

Come nascono le case alloggio? Un esempio.Gianfranco Pinotti, Osio Sotto: «È dall’anno scorso che abbiamo espresso il desiderio a don Mauro di poter condividere il miracolo dell’accoglienza che sta succedendo nelle case famiglia di Castel Cerreto, cioè di poterlo iniziare anche a Osio. Ci sono voluti 9 mesi per sensibilizzare il sindaco a fare un piccolo passo rispetto a questa ipotesi. Abbiamo cercato di provocarlo e finalmente è venuto con i suoi assessori a Castel Cerreto a vedere questa esperienza in atto. Tutti sono stati toccati da questo spettacolo di fraternità piena, matura di amici. Questo cammino ha una ragione: tanta fede, ci vuole la fede per fare il percorso che queste famiglie stanno facendo, per mettere su delle case di questo genere, con un’origine in Cristo così evidente da abbagliare chi passa. Questo vogliamo per noi e ci stiamo muovendo per realizzarlo».

La Storia dell’Associazione

Elena e Giorgio Aliprandi, Crema. L’annuncio a parenti e amici dell’arrivo del quarto figlio è accolto da un tripudio. Perché questa volta si tratta di qualcuno che arriverà direttamente dal grembo di Elena. A darne notizia ai nonni sono Micol, Delia e Brandon, i bambini in affido. Chiara nasce nel gennaio 2007 e tutti parlano di miracolo. «In effetti – spiega Elena – le possibilità che rimanessi incinta erano bassissime». «Avevamo fatto tutti i controlli del caso – aggiunge Giorgio – e alla fine ci avevano prospettato l’inseminazione artificiale. Tanti saluti a tutti».Invece succede che a quasi dieci anni dal suo matrimonio Elena aspetti dal suo grembo la sua prima figlia e a distanza di altri due anni arrivi addirittura la seconda, Anna, che nasce il primo gennaio 2009. Il miracolo diventa ancora più grande. «Tanti ci dicono che è il regalo di Gesù per aver preso tre bambini in affido», dice Giorgio. «Io non so se è veramente così - aggiunge Elena-. Anche l’arrivo degli altri tre è stato un miracolo. Quella promessa di Dio di fecondità a cui tanti anni fa aveva accennato il nostro amico Stefano era già stata mantenuta».Cinque figli, cinque miracoli. Eppure non basta ancora. «Non basta perché ogni mattina mi alzo con lo stesso problema di sempre: essere felice - dice Elena -. Ed è un desiderio che non si esaurisce neanche con l’arrivo miracoloso di queste due bambine». Il fatto di ritenerle un “premio” non la convince del tutto. «Direi più sinceramente che Dio mi ha concesso una grazia. Questi figli sono una grazia. Perché con loro è cresciuta la mia fede, tanto che adesso so riconoscerLo».

IV - una domanda compiuta

Ho imparato a chiamarti figlio, pag. 30-31

Page 29: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Un’amicizia, unamentalità cambiata,

un popolo nuovo.«Il risveglio del popolo cristiano verso una maggiore

coscienza di Chiesa, costruendo comunità vive in cui la sequeladi Cristo si rende concreta, investe i rapporti di cui la giornata

è fatta e comprende le dimensioni della vita: questa è l’unicarisposta adeguata alla cultura secolarista che minaccia i principi cristiani

e i valori morali della società»

Giovanni Paolo II

Page 30: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Betty Parenti, Casal Pusterlengo: «Ho fatto questa domanda a una mia amica: “Se questo affido finisce, dove trovo il coraggio di rifarne un altro?” Perché se penso all’inizio, certamente non è stato bello. Lei mi ha risposto:“Il coraggio lo trovi da Gesù”».Don Mauro: «Il coraggio non lo trovi da Gesù. Mi dispiace, ma non è così. Voglio che questa cosa qui diventi chiara. Altrimenti noi diventiamo spiritualisti e abbandoniamo la gente, è una deresponsabilizzazione. Invece Gesù l’ha proprio affidato a te questo compito, proprio a te e a me e allora o accade tra me e te, cioè tra noi, perché finché non succede quel “Ti amo” che Pietro ha detto a quell’Uomo che aveva davanti, finché uno non dice a un altro “Ti amo”, non è compiuta quell’esperienza; non regge nel tempo. È giusto dire Gesù ma quel Gesù lì, proprio quel Gesù lì». Betty: «Riguardo a quello che dici tu adesso, è vero. Senza mio marito non avrei retto. Sono stata aiutata anche da alcune amiche. Una di queste mi è stata particolarmente vicina. Spesso mi ha invitata a casa sua, dove le bambine non le hanno risparmiato disastri. Dopo un anno ridendo le ho detto che in qualche modo l’avevo costretta a fare affido e lei mi ha dato una risposta molto bella: “Tu pensi di avermi costretto a fare l’affido, ma non è così, per me quest’anno è stato bellissimo poter stare con te, e io ho detto di sì a te. Attraverso l’affido, io ho detto di sì a te”. Questo mi ha colpito tantissimo perché ho sentito quel “Ti amo” che dicevi tu adesso».

V - un’amicizia che genera rapporti nuovi

Raduno, 29 giugno 2003

2009 Convegno 25° Anniversario “Occorre amarli uno a uno totalmente e incondizionatamente” Tra gli invitati: On.le Maurizio Sacconi, Ministro del Welfare, Dott.ssa Livia Pomodoro, Presidente Tribunale di Milano

«Le istituzioni devono fare di più per facilitare i percorsi di accoglienza. Ad ogni livello legislastivo e amministrativo è necessario un riconoscimento sempre più deciso della famiglia e delle comunità familiari come fulcro dell’affido».

On.le Maurizio Sacconi

La Storia dell’Associazione

Damiano e Laura Geroldi, Cremona. Insomma, quella dei Geroldi non è propriamente una casa d’accoglienza. Almeno non come la intende il gergo comune. È un posto in cui vai e dici: mi sento a casa mia. Lo si legge in faccia a quelli che la frequentano. Perché dei Geroldi sono diventati, chi un modo chi in un altro, amici. In questo senso la loro casa è veramente un luogo di accoglienza. Perché è innanzitutto un luogo di amicizia. Emiliano, che di mestiere fa il traslocatore, si occupa del trasferimento dei mobili nella nuova abitazione dei Geroldi. E finisce, senza volerlo, nel vortice di persone che entrano ed escono indaffaratissime da quella casa. Un giorno non ce la fa più. “Adess te fermet chi n’atim”, (Adesso ti fermi qui un attimo)”. Quel via vai di persone lo interroga. Non sono tecnici, non sono operai. Sono amici che si danno da fare. Sono tanti e lavorano sodo. «Cosa sta succedendo qui?» «Io gli ho raccontato – risponde Damiano – gli ho detto di don Mauro, dei bambini, di tutti quelli che si erano mossi per darci una mano». Lui, alla fine aveva gli occhi lucidi. Emiliano continua a frequentare quella casa. Prima con la scusa di riparare qualcosa, poi perché ammette in cuor suo di essere stupito e ci va con Maddalena, sua moglie. Il segreto sta tutto in un fatto: di Laura e Damiano loro sono diventati amici.

V - un’amicizia che genera rapporti nuovi

Ho imparato a chiamarti figlio, pag 71, 73, 74

Preghiera a Maria - Madre dell’accoglienzaO madre dell’accoglienza: ogni giorno Tu vegli premurosa sui tuoi figli.Spalanca il tuo cuore verso quanti entranoattraverso questa via, nella città che tu amiE nella quale sei amata. Tu conosci da vicino i sentimenti di coloro che passano, i loro crucci interiori,la loro affannosa ricerca di felicità e di pace.Risveglia in quanti maternamente tu accogli il gustodella vera festa, che si sviluppa attraverso i sentieri dell’amicizia e della solidarietà.Benedici il loro desiderio di bene e apri la loro speranza al di là dell’effimero e del provvisorio, perché sappiano trovare in Cristo, tuo figlio, la pienezza di ciò che essi attendono che colma ogni desiderio del cuore.

Mons. Oscar Cantoni, Vescovo di Crema

La Storia dell’Associazione

Page 31: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Anna D’Ambrosio: «Qual è il fattore vincente di questo associazionismo familiare? La risposta viene da sé: l’unità ad esso intrinseca.Le associazioni familiari di questo genere sembrano infatti possedere un “segreto”, qualcosa che le rende estremamente efficaci, qualcosa che rende quasi facile ciò che altrove è terribilmente difficile. Il segreto di queste opere familiari è che non nascono per se stesse: il loro movente è esterno, per assurdo l’associazione può anche andare male in qualche momento, ma la ragione non viene meno, lo scopo in comune, quella concezione di sé per cui l’io si realizza in un noi, quell’unità che è più forte e più grande dell’esito sociale che ne deriva, perché ha il potere di coinvolgere la totalità della persona in una maturazione umile e quotidiana che sembra non avere mai fine.

La Storia dell’Associazione

Mattia Ballotta, Crema: «Parlavo una sera di questo con un’amica di mia moglie che opera nel sociale e lei sosteneva che l’istituto giuridi-co dell’affido è un istituto in cui lei non crede. Non sapendo darle una risposta tecnica le ho comunque risposto in base alla mia esperienza: ogni cosa può essere sicuramente perfettibile, ma senza un popolo come questo non è possibile alcuna costruzione umana. Ho poca esperienza, ma capisco che se non ci fosse un popolo così, un’amicizia così, in cui io e mia moglie siamo innestati, avremmo ben poco da far guardare a Giulia e ai nostri figli e a noi stessi».

V - un popolo nuovo

Interviste pag. 74

Danilo Gazzola, Casalpusterlengo: «Roberto, nostro figlio più piccolo, è quello con cui Guido ha più a che fare. Guido fa davvero disperare. Quando Elisabetta, una compagna di classe di Roberto, gli ha chiesto come stava andando con Guido, lui ha risposto secco: “Sarà dura ma ce la faremo.” Io sto imparando da lui e sto imparando da voi. Quello che desidero in questo momento è che mi facciate compagnia, che questa esperienza sia la possibilità di un rapporto con voi più familiare, più incisivo, che mi faccia alzare lo sguardo. Don Mauro: «Pensate, cosa significa per un bambino di nove anni dire: “Sarà dura, ma ce la faremo”. La domanda è stata fatta a lui e lui risponde al plurale. Vuol dire due cose, implicite ma chiarissime. Primo, che la realtà è positiva, anche se è dura; secondo che il fattore che determina la possibilità della durata nel tempo è l’unità: “Ce la faremo”».

V - un popolo nuovo

Raduno, 21 settembre 2003

È la struttura dell’unità che resiste e genera una capacità di amare e una semplicità nell’amore impensabili e sorprendenti, capaci a volte di sfidare i secoli. L’unità costituisce l’origine stessa dell’opera e insieme ne segna lo scopo, nella concretezza del bisogno che si va ad incontrare, ben coscienti che il bisogno di una famiglia è il più decisivo per la crescita della persona.Esiste una modalità che permette di raccogliere politicamente il “suggerimento” che proviene dall’Associazione Fraternità e da altre realtà simili, ed è il riconoscimento che la prossimità e la libertà di una risposta di base, in cui le persone sono protagoniste dell’azione sociale, è normalmente più efficace del migliore dei piani di intervento».

Tesi di Laurea con il Prof. F. Villa docente di Politiche Sociali Università Cattolica

Page 32: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Minori accolti

Cristiano Guarneri, Cremona: «L’insegnante di Sonia, la nostra prima bimba in affido, ci scrive sul diario: “La bambina non fa i compiti. Va seguita di più”. Questa non è una nota alla bambina, ma una nota ai genitori. Ovviamente sia io che mia moglie ci arrabbiamo, ma nonostante questo vogliamo incontrare l’insegnante e prendiamo appuntamento. Le spieghiamo che le cose non sono esattamente come pensa lei, perché è evidente che se la bambina non fa i compiti è perché ha deciso di non farli nonostante le minacce e i castighi stessi. Non ci sono alternative con Sonia, o gliela fai pagare, o la sopporti, ma questo poi rompe il rapporto oppure decidi di chiedere a Dio di darti la forza di volerle bene».Don Mauro: «L’onore di servire Cristo e anche chi ti rompe le scatole a noi è stato dato come un privilegio e in certe circostanze questo è più evidente, perché possa essere con tutti, perché la vita è fatta di rapporti così. Con una maestra come questa, che di fronte all’impotenza che lei sperimenta, cioè di non riuscire ad accattivarsi il rapporto con Sonia, di non affascinarla al lavoro, scarica immediatamente su altri la responsabilità. Verrebbe voglia di reagire, di usare lo stesso metro, di dare una nota alla maestra. Ma voi non avete usato lo stesso metodo, pur arrabbiandovi. Voi avete preso un appuntamento, siete andati a incontrarla. Pensate alla diversità di metodo, pur dentro la reazione istintiva che a nessuno è tolta. Cosa c’è di diverso? Questa è la novità che si insinua nei rapporti e che è fattore di cambiamento della società. Ma da dove nasce? Dall’onore di poter servire Cristo. Capite che padre abbiamo noi? Dove un briciolo di sequela ci porta? A questo livello di purità».

V - una mentalità cambiata

Raduno, 18 febbraio 2007

Evelino e Antonella Belloli, Crema: «Una delle ragazze che abbiamo in affido, fra alcune settimane, diventerà maggiorenne e abbiamo deciso di accettare il prosieguo amministrativo. Il fatto che lei abbia scelto di rimanere con noi è perché si è trovata bene, ha riconosciuto che in casa nostra, ma soprattutto nella compagnia in cui si trova, c’è un positivo per la sua vita».Antonella: «Anche i nostri figli fanno parte di quel popolo che si sente costretto a riconoscere quello che un Altro costruisce su di noi. È come se a un certo punto avesse riconosciuto il bene che le è stato dato in questi anni. Ed è un grazie, che secondo me, va esteso a tutti voi, perché per me è chiaro che lei è nella nostra famiglia, ma è accolta dentro un popolo».

Don Mauro: «Oggi un uomo che ha più di settantacinque anni, un uomo molto cristiano, che stima tantissimo alcuni di voi mi ha detto: “Vede don Mauro, io è un po’ che volevo dirglielo, ma sa cosa siete voi?” Gli ho detto di no, non perché non lo sapessi, ma volevo sapere cosa pensava lui ovviamente. Allora ha continuato: “Lei sa che cosa ha fatto rinascere la Chiesa?” Ho risposto: “Il Monachesimo”. “Ecco, voi siete il nuovo monachesimo, fuori dai conventi: tra la gente!” Io l’ho guardato e ho chiesto: “Da dove le viene questa cosa?” Mi ha risposto: “Perché io vi osservo tanto”.

V - un popolo nuovo

Raduno, 29 giugno 2003

V - un popolo nuovo

Raduno, 10 ottobre 2004

Page 33: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Mino Zuccala, Lodi: «Abbiamo in affido Fabio, un bambino di sette mesi e mezzo, con problemi di salute, per cui spesso siamo in ospedale per visite ed esami. Recentemente è capitato un episodio che ci ha fatto capire come la gente che ci incontra, se è minimamente attenta a quello che ha davanti, non può non tirarne fuori un giudizio per la propria vita. In ospedale c’è una dottoressa che gli fa, ogni due settimane, l’ecografia cerebrale.Il mese scorso, mia moglie, si è trovata a passare con lei tutta una mattinata al San Raffaele, in attesa che il neurochirurgo visitasse Fabio. Grazia, mia moglie, mi ha raccontato che ha cominciato a farle un sacco di domande. Ha voluto sapere chi siamo noi, perché facciamo l’affido, cos’è l’esperienza che genera quello che stiamo facendo. Nelle sue domande c’era veramente una curiosità tremenda. Poi le ha detto che a lei piace moltissimo il suo lavoro, però si è resa conto che a casa ha due bambini piccoli che stanno crescendo senza di lei. Tutto questo peso l’ha provato conoscendo noi e la nostra storia. Recentemente ci ha fatto chiamare. Siamo andati in Pediatria e si sentiva vociare animatamente. Dopo un po’ è arrivata questa dottoressa ed era raggiante. È venuta da noi e sottovoce ha detto: “ho fatto domanda di part-time e me l’hanno accettata così potrò stare un po’ coi miei figli, adesso il mio primario mi sta massacrando però non importa”. Detto questo è ritornata dentro. Indipendentemente da noi, lei, ha incontrato un bimbo di fronte al quale, è stata e ha cominciato a riflettere sulla propria vita.Don Mauro: «Questo è un esempio che fa capire quello che ci ha detto quell’amico: “Voi siete come i monasteri nel mondo, in mezzo alla gente”».

V - una mentalità’ cambiata

raduno, 29 giugno 2003

2009 L’Udienza dal Santo Padre Benedetto XVI

La Storia dell’Associazione

Page 34: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

2010 Apertura a Milano di 5 comunità familiari

Apertura a Castelleone (CR) di 2 comunità familiari

La Storia dell’Associazione

Generare tracce

Don L. Giussani. “Il nuovo Popolo che Cristo ha generato nel mondo, questo fiume irresistibile, pur nelle vicende tragiche che deve attraversare, è fatto di gente che accetta in qualche modo di vivere queste cose; e là dove ancora non le capisce chiede a Dio la grazia di capirle e ai propri fratelli la grazia di un aiuto. La responsabilità dei cristiani è quella di essere ciò che hanno conosciuto, ciò che è diventato parte della loro mente e del loro cuore. Siamo perciò responsabili di essere ciò che siamo, ciò cui siamo stati chiamati da Gesù nel Battesimo e nell’incontro che lo ha fatto fiorire. La nostra responsabilità è quella di essere amici secondo un incontro fatto.

V - il giudizio: un cristianesimo capace di perturbare la realtà

E questa amicizia non può non incidere sui rapporti che si stabiliscono in famiglia, sul lavoro, nella vita sociale e politica. Si rivela così attuale l’osservazione dello studioso americano, Alasdair Mac Intyre, che, riguardo alla situazione europea del tardo impero, fa notare quanto segue: «Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione dell’imperium romano. Il compito che invece si prefissero fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca di incipiente barbarie e di oscurità, alla corruzione della società».

L’amicizia degli uomini chiamati da Gesù nel Battesimo è l’inizio delle comunità di cui parla Mac Intyre, l’inizio di una cultura nuova, di un sentimento diverso della società e dello Stato, del mondo”.

Page 35: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Don Luigi Giussani (per il 20° anniversario dell’Associazione Fraternità)

Siamo ammirati e commossi dal vostro impeto che ha saputo immaginare operazioni di carità con il coraggio giocato dalla fedeltà ai principi della vostra fede. Vi esprimiamo il nostro desiderio di seguire quella fedeltà che, anche nelle peggiori situazioni, ha saputo costruire quello che nessuno immaginava.Preghiamo la Madonna di Caravaggio che vi assista in questo fondamentale urto del bisogno nascente, così che vedano la partecipazione di tutti noi.Tutto il mondo si senta costretto ad amare quello che voi costruite.

Julian Carron(per il 25° anniversario dell’Associazione Fraternità)

Carissimi, la festa per i vostri 25 anni vi trova più grati e più certi della ragione per cui ogni giorno portate il peso di un amore gratuito verso coloro che vi sono affidati: la sorpresa di essere stati abbracciati da Cristo, l’unico che ha avuto pietà del nostro niente fino a dare se stesso perché noi fossimo felici. Questo vuol dire amare incondizionatamente.

Page 36: Sì, sono tutti miei! - associazionefraternita.it home page... · Padri e madri di tutti coloro che si incontrano.» ... anche quello che non avresti mai pensato di fare. Anche se

Edificare la comunità cristiana dovunque, attraverso la nostra presenza, qualunque temperamento uno abbia; non importa le doti di cui uno dispone, occorre la fede e basta. Presenza vuol dire il modo di essere dentro la situazione, perchè non si vive per aria, ma dentro il rapporto con la propria ragazza, i genitori, gli amici, il lavoro, lo studio universitario, dentro il momento culturale e politico. Dentro tutto. Essere presenza in una situazione vuol dire esserci in modo da perturbarla, se no non si è presenza. Cristo è venuto nel mondo sconvolgendo il ventre di una donna, sconvolgendo un grandissimo uomo che si chiama Giuseppe e mettendo in crisi i grandi legulei di Israele (non ha chiesto “Permesso?”). Si è posto per quello che era, non si tratta di fare discorsi: il vero annuncio lo facciamo attraverso quel che Cristo ha perturbato nella nostra vita. È una baldanza umile e certa.

Enzo Piccinini Il cristianesimo è in grado di colpire il nocciolo duro della nostra mentalità oppure riesce soltanto ad aggiungere qualcosa di decorativo, di pio, di moralistico, di organizzativo ad un io già perfettamente costituito, refrattario a qualsiasi ingerenza?

Julian Carron

Abbiamo voluto chiudere la mostra con la provocazione che queste frasi hanno suscitato innanzitutto in noi, perché descrivono bene quello che ci ha mosso nel presentare le testimonianze che avete letto. Un’umanità, una carità e una verginità che non dipendono dall’essere più o meno bravi, ma dal sì che queste famiglie pronunciano, ogni giorno, di fronte a Chi risponde al grido del loro cuore. Tutto ciò è possibile anche per me e per te, amico mio. Non, necessariamente, nella medesima forma, l’affido. Ma di fronte all’identica vibrazione del cuore, che ci spinge a desiderare cose grandi, possiamo essere leali allo stesso modo e, finalmente, cedere a Colui che solo le compie.