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SI PUÒ STACCARE E INSERIRE NEL DVD Wagner PARSIFAL

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si puÒ staccarEE insErirEnEl dVd Wagner

PARSIFAL

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20Ola musica e la storia

Il mito del Gral è stato costretto, sin dalla sua origine, nella stretta

camicia di forza della religione: così vogliono le culture aggrappate a un Pensiero Unico a sua volta fondato su un Libro Unico, caratterizzato da un pessimo stile d’invenzione e di scrit-tura e da una mortificante precetti-stica. Eppure, il mito del Gral non si adatta ai fondamenti della tradizione narrativa ebraico-cristiana né della tradizione islamica. Un’elementare analisi narratologica, senza scomoda-re Tzvetan Todorov o René Wellek o Gérard Genette, dimostra come gli elementi sia paradigmatici sia sintag-matici di quel mito tendano a confi-gurarsi non come parabole (o favole morali) bensì come fiabe extra-morali o meta-morali. In essi, la storia sacra e l’escatologia lampeggiano illusoria-mente e sono lampi effimeri, mentre il carattere di “aventiure” (“Abenteu-er”, avventura in quanto “ad-ventu-ra”, ossia la tensione dell’animo, ad, verso la cose che verranno, ventura) è dominante. Malgrado un formulario che seduce proprio perché straniante, malgrado strane ed erotiche eucari-stie e usando parole come “Eros” ed “erotico” nel mio significato, l’unico legittimo, e non nel significato bolso e corrente, il mito del Gral è una sfera di mistero e non di dogma, di arcana curiosità e non di fede, di tarocchi e di scacchiere più che di preghiere, di spade più che di croci. Sotto spoglie cristiane ma eterodosse, forse càtare, così come forse càtara è la Commedia di Dante, il Gral è un mito pagano.

Gral, non Graal

Forse, è un aggregato di ciò che re-sta dopo la cosmica collisione tra

archetipi celtici, formule magiche nord-germaniche, leggende finnico-baltiche e remote teogonie orientali. Per ipotesi, un’ibridazione tra il Cú Chulainn, l’Edda norrena d’Islanda, Lemminkäinen e l’Avesta. La “que-ste du Gral” ha l’ampiezza del my-sterium, della tenebra, dell’angoscia. Possiamo ascriverlo al novero dei temi mitopoietici che “fanno paura”. Se in tempi recenti, se nella lettera-tura dei secoli XX-XXI si fossero im-padroniti dell’oggetto Gral scrittori di vocazione terrorizzante e davvero grandi (come Montague Rhodes Ja-mes, adattissimo a tal fine grazie alle sue predilezioni antiquarie e filolo-giche, o Howard Phillips Lovecraft, o August Derleth, o Arthur Machen) anziché avventurieri del narrare come Dan Brown o simpatici bounty-killers di presunta storiografia come i rinomati Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln, sarebbe sta-to illuminato (naturalmente, di luce sinistra e sulfurea) uno fra i molti elementi del rebus chiamato Gral. Un ammonimento: “Gral” con una sola “a”, secondo l’opzione che del resto fu scelta da Wagner, e non “Graal” con due “a”, che è grafia certo più epider-micamente appagante, di quelle che fanno figura grazie a un’intonazione foneticamente ma soprattutto visiva-mente esotica o esoterica o fantasti-ca, ma è, comunque, una grafia non plausibile, anzi, lo dico francamente, errata. Chi sostiene la grafia “Graal” fa derivare la parola da “gradale”, forma di genere neutro del presunto basso latino “gradalis”: e significhe-rebbe “oggetto che ci fa ascendere per gradi fino al mistico contatto con il divino. Oppure, si ricorre all’ambizio-

di Quirino PrinciPe

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21Ola musica e la storia

sa e lambiccata etimolo-gia da “sang réal” ossia sangue di Cristo versato per noi eccetera eccetera. In realtà, come sostengo da sempre, “Gral” è un complemento morfolo-gico del digramma gr che nell’idioma “altger-manisch” indica luce, splendore, scintillio di metallo prezioso, e che è presente anche nel nome “Lohen-gr-in” (già, il fi-glio di Parsifal cercatore del Gral). È soltanto Eros

Nella peregrinaziome del puro folle Parsifal, il paesaggio che il pubblico meglio conosce, quello per così dire wagneriano, è di foreste e di monta-gne, di grotte e di versan-ti impervi, di laghi e di castelli incantati e di eroi corazzati in templi inac-cessibili poiché i sentieri si coprono d’erba e di-ventano invisibili. Ma se riduciamo e stilizziamo la “Urlinie”, se isoliamo e lasciamo decantare le forme simboliche come ci hanno insegnato Ernst Cassirer, Mircea Eliade, Furio Jesi, Leo Spitzer e altri maestri, vediamo, come immagini eideti-che, una landa gelida in penombra e una strana figura vivente. Tuone-la, mondo degli inferi, è

Manifesto per l’Arena di Verona, 1924

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22Ola musica e la storia

circondato da un’immensa distesa di acqua nera. Là nuota un cigno, e sul-lo sfondo, come scenari che cadono l’uno dopo l’altro rivelandosi sempre più veri e più gelidi: la malinconia, la bellezza lugubre, il divino, il numino-so, il sinistro, il terribile. Ma il Gral, dov’è? Soprattutto, che cos’è?Non basta dire: “La parola rivestita di musica”. È la musica, più che la paro-la, l’arcata di conduzione dei signifi-cati. Ma la parola è un potente mezzo di propulsione. Il nesso “Ton-Wort”, la musica che trascina con sé la paro-la fiammeggiando in mille acri profu-mi, è un nodo che stringe e accende. Nella radice del verbo latino “stringo” c’è strig-, da cui “striga”e “strix” (Pe-tronio, Satiricon, 63 e 134), la strega. L’incantatrice Kundry? Se in altri “Musikdramen” wagneriani ammiro l’energia, l’artificio che è arte, l’alta temperatura, in due di essi, Tristan und Isolde e Parsifal, indissociabili

l’uno dall’altro, avverto molto di più. Nel “Tristan-Akkord” o nel “Liebe-stod” o nella formula di Amfortas ripresa da Gurnemanz, “Durch Mit-leid wissend, der reine Tor”, avverto l’esistenza delle fate e delle sirene, e, se preferite, degli dèi. Anche sol-tanto in quella prima semifrase, da La a Si bemolle a Mi a Do a Fa, sen-to un’immensa mano che avvolge e solleva, senza che si soffra di vertigi-ne. In quella prodigiosa sequenza di transizioni, da Fa maggiore (“Durch Mitleid wissend…”) a Mi bemolle maggiore (attraverso un fuggevole Re minore), e poi di nuovo a Re minore fino a irradiare luce in Re maggiore, riconosco la magia, l’incantesimo in atto, il numinoso. Nulla di religio-so: è soltanto Eros, ossia la vetta di qualsiasi esperienza. In questo mito, il “divino” è contemplazione del Bello sotto il segno di Eros, l’unico segno interamente circoscritto nella sfera

L’opera in breveLe fonti Wolfram von Eschenbach e il suo Parzival, poema incompiuto scritto tra il 1200 e il 1210, in 16 libri e 827 stanze, ciascuna di 30 dimetri giambici spesso irregolari, fu la fonte primaria per Wagner, di Lohengrin nel 1845-1849 e di Parsifal nel 1877-1882.

La primaAl Festspielhaus di Bayreuth mercoledì 26 luglio 1882, sotto la direzione dell’ebreo Hermann Levi. L’esclusiva che il festival tenne per 30 anni fece sì che l’opera debuttò altrove nel 1914 (tranne che negli Stati Uniti, con il Met che infranse il divieto nel 1903). In Italia Parsifal arrivò il 1 gennaio 1914, al Comunale di Bologna.

CuriositàNonostante la fama di opera germanica, il Parsifal è profondamente influen-zato dal legame di Wagner con l’Italia: non solo perché il III atto fu scritto a Palermo, ma anche per l’ambientazione di alcune scene: per il giardino di Klingsor Wagner fu influenzato dalla visione dei giardini di Villa Ruffolo a Ravello, per la scena del Gral agli ambienti del Duomo di Siena.

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23Ola musica e la storia

dell’Essere e radicalmente estraneo alla sfera dell’Avere. La metaforica fiaba di Wieland der Schmied è così perfetta nel suo significato. Dopo gli intelletti pagani e pre-cristiani atti a volare, Richard Wagner è stato uno fra i rari esseri nati dal connubio tra Eros e Logos. Io, che sono, come il Mefistofele goethiano, “ein Spottge-burt von Dreck und Feuer”, un mise-rabile aborto di fuoco e fango, chino il capo dinanzi a loro e dinanzi a Lui, così come non m’inginocchio dinanzi all’altare o al tabernacolo, così come non m’inchino dinanzi ai benefattori dell’umanità, né dinanzi agli apostoli, ai capi carismatici, ai “libertadores”, né ai potenti e opulenti che pretendo-no anche il rispetto dovuto a chi “ve-glia pensoso sui destini della nazione e sul bene pubblico”, né ai loro lac-ché pronti a credere a quella pretesa, vuoi per miserabile avidità di poveri, vuoi per pura e brada imbecillità. In Parsifal la musica, trascinando con sé la poesia e la tensione ipnotica del

teatro, non è il soprannaturale, il tra-scendente, il “totalmente altro”, non è strumento di religione né mistica meta in cui annegare. È il “totalmente noi”, il “totalmente mondo”, la Natu-ra che diventa magica e onnipotente soltanto se la formula altrettanto magica con cui evocarla è quella iper-naturale: l’unica vera trinità, Mythos-Eros-Logos.

sacra, comE l’artE

Anch’io sono disposto a chiamare “Bühnenweihfestspiel” (sagra scenica sacra, o meglio, sacra rappresentazio-ne festiva) questo dramma musicale, questa estrema creazione dell’arte wagneriana chiamata Parsifal, e ri-velata al mondo nel Festspielhaus di Bayreuth mercoledì 26 luglio 1882, sotto la direzione di Hermann Levi, e con una serie di “Männer” fra gli interpreti: Theodor Reichmann (Am-

Fanciulle in fiore, bozzetto di Ewal Dülberg, Amburgo 1914

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24Ola musica e la storia

fortas), August Kindermann (Titu-rel), Hermann Winkelmann (Parsifal, che però s’incarnò anche in Heirich Gudehus e in Ferdinand Jäger), ol-tre a Emil Scaria e a Gustav Siehr (Gurnemanz), Carl Sill e Anton Fuchs (Klingsor), Amalie Materna (Kundry, che però assunse anche le sembianze di Marianne Brandt e Therese Mal-ten). Però, e lo dico per calmare le velleità di effervescenza religiosa da parte di spettatori-ascoltatori facili alla commozione e certo ipersensibili

a stimoli di natura estetica ma fuor-viati da un’educazione fideistica, sono convinto che quella radice -weih- (“sacro”), infilata da Wagner in una parola dal chiaro sentore laico, “Büh-nenfestspiel” (“festival teatrale”), sia da interpretarsi nel senso di “atten-zione tesa”, di “sguardo assorto”, di “rispettoso silenzio” e di “assoluto divieto di applaudire a scena aperta”. Si tratta di una sacralità artistica, l’unica che io riconosca, e che con-sidero sacralità laica per eccellenza ma anche “divina”, dal momento che credo negli dèi, Ares, Atena, Apollo,

Dioniso, Afrodite, pro-tettori delle arti e mai e poi mai censori, e li invoco. Un teatro “sa-cro” poiché in ogni suo elemento visivo e udi-tivo è animato dall’ele-mento più alto e nobile di cui gli esseri viventi abbiano esperienza: l’Eros. Mi conferma in que-sta mia persuasione il suono laico ed erotico, arcano e malinconico, ferrigno o variopinto. La “queste du Gral”, sia essa oppure no at-tinente al sangue di Cristo, ha il carattere che descrivo, senza soluzione di continu-ità. Eros, nobiltà, vi-vidi colori e metallici scintillìi sono il flusso d’immagimi e di sim-boli che ereditano l’uno dall’altro Chrétien de Troyes, Wauchier de Denain, il misterioso Perlesvaus, Gerbert

Parsifal alla Scala nel 1913-14

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25Ola musica e la storia

de Montreuil, Manessier, Robert de Boron. Una sequenza di meraviglie, una vena aurifera che infine splende di fulgore abbagliante con Wolfram von Eschenbach e il suo Parzival, poema scritto tra il 1200 e il 1210, in 16 libri e 827 stanze, ciascuna di 30 dimetri giambici spesso irregolari, e incompiuto. Fu quel poema la fonte primaria, per Wagner, di Lohengrin nel 1845-1849 e di Parsifal nel 1877-1882. Proprio la lettura di Wolfram ci aiuta a svincolare il Gral dall’ob-bligatorio legame d’identificazione con la coppa dell’ultima cena e del sangue di Cristo. In un divampante passo di Parzival (V, 235, vv. 20-30), lo sprovveduto protagonista entra nel castello del Gral, e in una sala tutta fulgore vede qualcosa sull’abito di verde seta araba (“achmardi”): “il desiderio di paradiso, insieme radice e fioritura, una cosa che si chiama Gral, insuperabile in terra”. Dunque, che cosa è il Gral?

opEra apErta

A questa domanda non rispondo qui. Chi riconosce la libera Natura che lascia liberi gli esseri, tutti viventi e tutti pensanti siano essi amebe o serpenti o umani o betulle o rocce o asteroidi o stelle o nubi cosmiche o quasar, e respinge l’immagine di un creatore autoritario, suggerisce di ascoltare Parsifal come itinerario nel mistero senza l’illusione che il mi-stero possa essere svelato. Qualcosa di simile fu l’illuminazione di Theo-dor Wiesengrund Adorno in Minima moralia (sezione “In nuce”): “Kunst ist Magie, befreit von dert Lüge, Wahrheit zu sein”, l’arte è magia li-berata dalla menzogna dell’essere ve-rità. Poiché, aggiungo, è menzogna in assoluto affermare che, nell’universo

in cui tempo e spazio ci governano con leggi di ferro, esista la verità. Tuttavia, se attraversiamo la soglia, se entriamo in uno degli N universi possibili, in quello che chia-miamo musica e nel quale è la musica a governare tempo e spazio, ci avvi-ciniamo vertiginosamente a qualcosa che è prossimo alla verità, così come il ramo discendente dell’iperbole si avvicina per valori infinitesimi al suo asintoto, pur senza mai raggiun-gerlo. Non possiamo permetterci di andare a teatro senza studiare, senza aver decifrato i simboli sparsi a piene mani nei poemi di Chrétien, di Ger-bert, di Wauchier, di Robert, di Wol-fram, senza avere riaperto Die Welt als Wille un Vorstellung di Schopen-hauer, senza aver letto almeno qual-cuno dei testi orientali che Hermann Brockhaus indicò a suo cognato Ri-chard Wagner, senza almeno masti-care la lingua tedesca. Soprattutto, una nazione non è più degna di pos-sedere teatri d’opera, tesori di biblio-teche musicali e di strumenti unici al mondo, senza che i suoi cittadini conoscano gli elementi della musica come linguaggio e pensiero. Senza conoscenza, senza studio, andare a una rappresentazione di Parsifal di-viene una farsa penosa e degradante, una circostanza triviale in cui sareb-be persino possibile che un capo di Stato, al pari dei suoi concittadini, si assopisca e cominci a russare nel momento in cui Gurnemanz, alla dubitosa osservazione di Parsifal, “Ich schreite kaum, doch wähn’ ich mich schon weit”, “cammino appe-na, eppure mi sembra di essere già là, avanti”, risponde: “Du sieh’st, mein Sohn, zum Raum wird hier die Zeit”, “vedi, figlio mio, qui il tempo diventa spazio”.

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26Ol’opera in scena

Nessun’altra opera del repertorio lirico ha avuto, nei suoi primi

anni di vita - che sono poi quelli de-cisivi nella creazione d’uno stile - un percorso scenico “obbligato” qual è stato il caso di Parsifal: che Cosi-ma riuscì a riservare in esclusiva al festival di Bayreuth, valendosi della legge sui diritti d’autore che, benché non universalmente accettata e co-

munque diversa nei vari Stati, era in linea di massima fissata a trent’anni. E dunque, l’allestimento dello sceno-grafo Paul von Joukovsky fu quel-lo “su cui si posarono gli occhi del Maestro”: reliquia alterare la quale equivaleva a blasfemia.

nipotE blasfEmo

E difatti, blasfemo fu ritenuto l’al-lestimento di Wieland Wagner. Il primo a lanciare l’anatema fu proprio

di elvio Giudici

A Bayreuth, regia di Wieland Wagner

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27Ol’opera in scena

Hans Knappertsbusch, che pure lo diresse tanto splendidamente da diventare per tredici anni il Parsifal da cui giudicare tutti gli altri: lad-dove nessun dubbio che il direttore perfetto per questo allestimento si rivelò essere, dal 1966 al 1968 (anno della morte di Wieland) Pierre Boulez. Blasfemo perché? Perché faceva completa piazza pulita d’ogni naturalismo con la sua scena vuota al centro della quale una luce opa-lescente evidenzia la Scheibe, disco circolare che di Wieland è la firma più caratteristica. Su di essa, quattro cerchi concentrici creano gradini cir-colari su cui poggiano un blocco ci-lindrico e il sedile di Amfortas. Nes-suna marcia verso il tempio, ma solo i volti di Gurnemanz e Parsifal quasi smaterializzati nella fitta oscurità, prima dell’apparizione subitanea dei cavalieri emergenti dal buio e dispo-sti attorno a un parallelepipedo, di forma semicircolare parallela alla circonferenza della Scheibe, dove sta un calice per ciascuno: sullo sfondo, s’intravedono quattro esili colonne che sembrano plasmate quasi sola-mente da una luce appena appena dorata, che domina e modella ogni cosa, vibrando in infinite sfumature cromatiche e d’intensità. Memorabi-le il castello di Klingsor: metaforiz-zato in una sorta di esile ragnatela formata da una serie parallela di ver-ticali parentesi unite in alto e in bas-so, sempre più ampie attorno al loro centro - e quindi dell’intera scena - formato dalla figura di Klingsor che regge la lancia, unica linea orizzon-tale a spezzare l’altrimenti uniforme verticalità curvilinea. Segno astratto, questo delle due parentesi accostate, che allude certo a un vortice di gran-de forza attrattiva, ma che proprio

per questo è da sempre il più comune graffito osceno posto a rappresentare il sesso femminile, ripreso in infinite variazioni. Non ultima, e credo an-che non casuale, quella con cui Peter Jackson scandisce il proprio Signore degli anelli: dove l’occhio di Sauron tra i due picchi della torre di Mordor è copia conforme - in orizzontale - di quello che Wieland moltiplicava nel buio, fissando definitivamente i ca-noni del suo stile gestuale. Quanto poteva sembrare immobilismo era invece tensione, esplorazione conti-nua delle infinite possibilità espres-sive possedute dalla fisicità corpo-rea: nel vuoto scenico dove il vibrare della luce attorno a piccole, dense macchie di colore (che citano espli-citamente le da lui molto ammirate tele di Jackson Pollock) si fa oscillo-gramma emotivo dello scorrere sin-fonico, sicché la relazione reciproca stabilita tra due personaggi col loro atteggiarsi e la loro gestualità tesse progressivamente la tela narrativa che, nell’illustrare scenicamente le idee fondamentali su cui poggia la vicenda, mira nel contempo a mo-strare il divenire psicologico dei suoi personaggi.

baGliori dirEttoriali Morto Wieland, il fratello Wolfgang – grandissimo organizzatore ma pes-simo regista - ne prese il posto pro-ducendo al festival due allestimenti uno più brutto dell’altro, esempi entrambi d’un non-teatro il secondo dei quali riusciva a reggersi solo per la magnifica, vibrantissima direzio-ne di Giuseppe Sinopoli, uno dei massimi protagonisti della storia in-terpretativa moderna dell’opera. Un altro è sicuramente Herbert von Karajan, ma quanti hanno avuto,

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28Ol’opera in scena

accanto alla somma fortuna di poter ascoltare a Salisburgo la più lirica, sfumata, luminosa direzione che quest’opera abbia avuto, la sfortuna di vederne la regia: record assoluto della cartolineria wagneriana, col suo prato di plastica verdissima po-polato di margheritine che, calpesta-te, tornavano poi su impettite entro luci immobili in totale contrasto con le infinite vibrazioni di quelle musi-cali. Tra i due allestimenti di Wolfgang, quello di Götz Friedrich del 1982 venne aureolato dal successo di scandalo fornito dall’iperpubbliciz-zata avversione totale dichiaratagli da James Levine che lo dirigeva (molto male, nella sua lutulenta pesantezza grigiastra): e invece era parecchio interessante. Punto di partenza ne era la fin troppo celebre frase di Gurnemanz “qui il Tempo diviene Spazio”, raffiguran-do la loro fusione in scene per le quali An-dreas Reinhardt s’ispi-rò all’inconfondibile Palazzo della Civiltà del Lavoro all’eur di Roma, visto in prospet-tiva stravolta. L’arco scenico è il pavimento (che lo spettatore vede quindi dal di sotto) del romano Palazzo, con le pareti laterali in pro-spettiva accentuatis-sima verso il lontano punto di fuga costi-tuito - sull’estremo fondo della scena - da un quadrato aperto anch’esso inizialmen-te sul buio nulla. Gli

ordini regolari di archi che si suc-cedono sul pavimento e sulle pareti laterali diventano pertanto infini-te cavità buie che evocano l’idea di catacombe o di nicchie sepolcrali: ma anche di qualcosa non troppo lontano da certi veicoli spaziali nei migliori film di fantascienza, sicché le due Trasformazioni assumono un arcano sapore di viaggio nello spazio ma anche nel tempo. Il quadrato ter-minale nero, rivelerà poi Titurel e il Gral al prim’atto; un cielo denso di nuvolaglia al terzo; e mostrerà an-che, nella prima parte del terz’atto, l’unico cenno di Natura: esili aste nere - stilizzazioni di cipressi - che spuntano dal basso, tra rettangoli verdi racchiusi dagli archi sul pavi-mento. Questo spazio che sembra sfidare le leggi della fisica, in cui il “sotto” diventa “sopra” e la profon-

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29Ol’opera in scena

dità diventa altezza, proprio perciò comunica immediatamente la sensa-zione d’una struttura metaforica di un’idea drammaturgica. Da impianto siffatto, chiaro come ogni idea di re-ligiosità scompaia: sostituita da una secolarizzazione a forte impronta so-ciale. Spazio chiuso come mai prima, catacombale, dove l’idea originaria di comunione tra gli uomini fa posto a una gerarchia nominalmente reli-giosa ma guidata in realtà da mon-dana volontà di dominio: spazio che il finale dell’opera vede aprirsi nuo-vamente allorché le donne - le stesse Fanciulle fiore liberate dal laccio di Klingsor – irrompono dall’esterno ad affiancare gli uomini che hanno deposto elmi e spade.

VEnto fEmminista

Per Ruth Berghaus (Francoforte 1982) il Gral è una consorteria mi-sogina resa moribonda dal suo per-vicace isolarsi dal mondo reale, e per la quale ogni “redenzione” appare come utopia irrealizzabile nella spic-cata atmosfera alla Beckett di Finale di partita che domina dall’inizio alla fine. I cavalieri chiusi entro un cer-chio infuocato, ciascuno con valigia ai piedi, pronti per un viaggio che non inizierà mai, mentre Gurnemanz (cieco e veggente come Tiresia) inse-gna stancamente reiterando antiche formule tracciate col gesso sopra una lavagna riempita così di segni enig-matici e ormai privi di senso. Entro questo recinto di giovani già vecchi e chiusi nel loro credo, l’irruzione di Parsifal è quella d’un ragazzino in abito da gioco rosso fiamma, metafo-ra della forza anarchica di chi ancora nulla sa ma contrasta comunque col mondo sclerotizzato e internamente malato: riassunto dalla potentissima immagine al prim’atto di Amfortas, corona in capo ma corpo tutto avvol-to in bende candide che lo apparen-tano a una mummia vivente, poggia-to contro la parete verticale nera su cui pendono le due lavagne fittamen-te scritte da Gurnemanz e affiancato da Kundry. Per la Berghaus, è irre-dimibile una società tanto maschi-lista e incurabilmente piagata (una fenditura spacca diagonalmente il palcoscenico, esprimendo nel con-tempo ferita sociale e tenue speranza che essa possa essere guarita - non con la sua chiusura ma al contrario aprendola maggiormente verso il mondo esterno), per la quale la don-na è vista secondo l’immutabile tria-de borghese bellezza inafferrabile-puttana-serva. All’atto di quanto in

A Zurigo, regia di Guth

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30Ol’opera in scena

definitiva è un passaggio di potere, Parsifal entra dunque nel cerchio di fuoco del Gral, e per la prima volta comincia a tremare, come investito da un vento ghiacciato. Kundry inve-ce ne resta al di fuori, simbolo d’una rinuncia ma anche d’un sostanziale fallimento: s’accascia, non facendo-ci comprendere se avviata alla morte o alla servitù perpetua d’un mondo maschile incapace di rinnovarsi e d’abbandonare i riti che ne hanno determinato la decadenza.

rEdEnzionE E dittatura

Il problema della redenzione (quest’eterna fissa wagneriana che purtuttavia occorre in qualche modo risolvere) ha spinto diversi registi soprattutto tedeschi verso le so-luzioni più disparate, accomunate dalla destrutturazione della dram-maturgia cui segue una ristruttura-zione non sempre gratificata dalla chiarezza, quantunque quasi sempre sorretta da robusto linguaggio tea-trale giacché si tratta pur sempre di registi autentici. Molti (troppi) quiz affliggevano ad esempio lo spettacolo di Christoph Schlingensief (Bayreuth 2004): ambientato in una sorta di terra in-cognita un po’ Nepal un po’ Nami-bia, cerchio rotante diviso in otto spicchi in ciascuno dei quali sono possibili ambientazioni e storie au-tonome. In questa desolata terra di nessuno, s’ammassano detriti urba-ni, simboli religiosi provenienti da credo disparatissimi ma per lo più pagani, che si stratificano dunque su quello esclusivamente cristiano a sua volta alternato a una specie di Cimitero delle Arti, deposito di pit-ture celebri da rottamare. Sempre a Bayreuth, Stefan Herheim identi-

fica Parsifal con la Germania: sicché la storia della ricerca della salvazio-ne del Gral diventa la storia stessa della Germania, dagli anni subito precedenti la prima guerra mondiale ai crimini orrendi di cui s’è macchia-ta ma dai quali è tuttavia meritevole di finale redenzione, simboleggiata dal nuovo Reichstag (un Reichstag le cui pareti sono a specchio e riflet-tono la cavea del teatro fitta di spet-tatori): modo oltremodo teatrale per mostrare come gli aspetti mitici e mistici dell’opera si leghino tutto-ra al nostro presente; e nel contem-po realizzare con estrema coerenza il concetto fondamentale del “tempo che diventa spazio”, che negli sno-di centrali diventa inoltre indagine freudiana sul rapporto irrisolto di Parsifal con la madre e quindi con l’elemento femminile in generale.Claus Guth (Zurigo 2011) non concede invece alcuna speranza, facendo dell’uto-pistica Redenzione l’ultimo e più tragico degli ingan-ni in una ristrutturazione della vicenda svolta à la Thomas Mann: all’interno d’un gruppo familiare della grande borghesia tedesca, dilaniato dalla contesa dei fratelli Amfortas e Klingsor per la gestione del tesoro di famiglia, il Gral, minata da una misteriosa epidemia che costringe Amfortas e il suo seguito in un sanatorio, mentre il fratello mette in piedi un cupo cabaret della Berlino anni venti, popo-lato da figure uscite dritte da un quadro di Otto Dix. E il finale è appunto quello

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31Ol’opera in scena

A New York, regia di Girard

di tale borghesia: Klingsor e Amfor-tas trovano nella comune sconfitta un modo per riconciliarsi, mentre Parsifal mette entrambi da parte assumendosi il compito di riporta-re l’ordine in una società dilaniata. Un ordine, però, imposto dall’altro appunto sfruttandone le intrinseche debolezze, eliminate a prezzo della dittatura: e Parsifal, il Redentore, assume il sinistro profilo di Hitler.

VocE di paraGonE

A fronte di queste riletture estreme ma comunque sempre del massimo interesse, sta l’atteggiamento tipi-camente gattopardesco del Metro-politan, riassunto nell’allestimento di François Girard. Simbologia

elementare però pertinente (la colpa ha isterilito la terra, dove uomini e donne hanno perso la reciproca co-munione e vivono divisi finché lancia e coppa del Gral – metafora maschile e femminile – siano lavati dal sangue impuro), e soprattutto portata avanti da una recitazione modernissima e del tutto simbiotica con un canto (dal sensazionale Jonas Kaufmann, il Parsifal dal quale d’ora in poi si do-vranno giudicare tutti gli altri, a Pe-ter Mattei, René Pape, Katarina Dalayman) che fa del cast il miglio-re, e di gran lunga, oggi ipotizzabi-le: ulteriormente enfatizzato dalla direzione di Daniele Gatti che con le sue nervature ampie, possenti ma allo stesso tempo agili, crea una ten-sione narrativa costante e soprattut-to di formidabile teatralità.

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32Opersonaggi e vocalità

AMFoRtAS ___________________________ baritono

tituReL suo padre ___________________ basso

GuRneMAnz ___________________________ basso

PARSiFAL ___________________________ tenore

KLinGSoR___________________________ basso-baritono

KunDRy ___________________________ soprano

2 CAvALieRi DeL GRAL___________________________ tenore e basso

4 SCuDieRi___________________________ soprani e tenori

6 FAnCiuLLe-FioRe _________________________soprani e contralti

unA voCe ___________________________ contralto

Coro di cavalieri, scudieri, ragazzi e fanciulle-fiore.

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33OAtto iAmfortas, che regna sul Monsalvato e custodisce il sacro Gral insieme ad una confraternita di cavalieri, è da anni indebolito da una ferita perenne, apertasi il giorno in cui il malvagio mago Klingsor gli sottrasse la sacra lancia che lacerò il costato di Cristo. La profezia dice che solo un “puro folle” potrà guarirlo. Giunge un giovane ignoto, che non conosce nemme-no il suo nome (si scoprirà poi che è Parsifal). Kundry, un’amazzone al servizio dei cavalieri costretta da una maledizione a reincarnarsi senza fine, gli dice di aver visto tutta la sua vita. Gurnemanz, uno dei cavalieri più saggi, sospettando che Parsifal possa essere il “puro folle”, lo porta nella sala del Gral per assistere al rito dell’Ultima Cena. Durante la ceri-monia, Parsifal rimane in disparte; Gurnemanz, innervosito dall’insipien-za del giovane, lo caccia.

Atto iiParsifal giunge al castello di Klingsor. In un magnifico giardino vivono le bellissime fanciulle-fiore, create dal mago per attirare e catturare i cava-lieri del Gral. Klingsor ha anche il potere di comandare Kundry e così le ordina di sedurre Parsifal. Il giovane è sul punto di cedere alla donna, ma alla fine riesce a sfuggirle. Klingsor gli lancia addosso la sacra lancia, ma Parsifal la afferra e, compiendo con questa il segno della croce, provoca la distruzione del regno del mago.

Atto iiiDopo anni, Parsifal ritrova il regno di Amfortas. Molte cose sono cambia-te: il re non officia più il rito del Gral, sperando nella morte, ma ha così privato i cavalieri del sacro nutrimento, provocando anche la morte del padre Titurel. È la mattina di Venerdì Santo: Gurnemanz e Kundry (che in questa vita è tornata al servizio del Gral) salutano Parsifal e lo cospar-gono di unguento, designandolo così come nuovo re. Parsifal viene con-dotto alle esequie di Titurel, durante le quali Amfortas dovrebbe officiare il sacro rito: sopraffatto dal dolore, il re però si rifiuta e chiede di essere ucciso. Parsifal si fa allora avanti e, toccandola con la sacra lancia, gua-risce la ferita perenne. La profezia si è avverata: il “puro folle” ha salvato Amfortas e gli succederà come custode del Gral. Kundry muore, ormai liberata dalla maledizione.

il soggetto

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34Ochi, come, dove, quando

Atto ILuogo Personaggi Avvenimenti Testo

Foresta sul Monsalvato,

presso un lago

Gurnemanz, scudieri

Gurnemanz ordina agli scudieri di preparare il bagno per Amfortas.

Gurnemanz: Jetzt auf, ihr Knaben! Seht nach dem Bad

Kundry, Gurnemanz,

scudieri

Kundry porta dall’Arabia un unguento per lenire i dolori della ferita perenne di Amfortas.

Kundry: Hier! Nimm du! Balsam

Amfortas, Gurnemanz,

Kundry, scudieri

Amfortas sa che la sua ferita potrà essere guarita solo da un “puro folle”.

Amfortas: "Der Reine Tor"! Mich dünkt, ihn zu erkennen

Gurnemanz, Kundry, scudieri

Gurnemanz difende Kundry dai lazzi degli scudieri. Gurnemanz racconta la storia di Titurel e di Klingsor e di come la sacra lancia fu sottratta ad Amfortas.

Gurnemanz: Hm! Schuf sie euch Schaden je?Gurnemanz: O wunden-wundervoller heiliger Speer!... Titurel, der fromme Held

Gurnemanz, cavalieri, scudieri, Parsifal

Un cigno viene ucciso sul lago: è stato il giovane Parsifal.Parsifal non sa rispondere a nessuna domanda.

Gurnemanz: Wer schoss den Schwan?Parsifal: Das weiss ich nicht

Parsifal, Gurnemanz,

Kundry

Kundry ha seguito tutto l’arco della vita di Parsifal e ora gliela racconta. Parsifal apprende da Kundry della morte della madre Herzeleide.

Kundry: Den Vaterlosen gebar die MutterParsifal: Todt? Meine - Mutter?

Gurnemanz, Parsifal

Gurnemanz decide di portare Parsifal al rito del sacro Graal: è forse lui il “puro folle”?

Gurnemanz: Bist du rein, wird nun der Gral dich tränken und speisen.

Sala del Graal

Cavalieri, scudieri

I cavalieri si preparano al rito del sacro Graal.

Cavalieri: Zum letzten Liebesmahle

Titurel, Amfortas, cavalieri, scudieri

Il vecchio Titurel invita il figlio Amfortas ad officiare la cerimonia.Amfortas vorrebbe tirarsi indietro, ma alla fine cede all’insistenza del padre.

Titurel: Mein Sohn Amfortas, bist du am Amt?Amfortas: Nein! Lass ihn unhenthüllt!

Cavalieri, scudieri, Titurel,

Amfortas

Amfortas compie il rito del sacro Graal, che rievoca l’Ultima Cena di Cristo.

Scudieri e cavalieri: Nehmet hin meinen Leib

Gurnemanz, Parsifal

Gurnemanz, rendendosi conto che Parsifal non ha capito nulla del sacro rito, lo caccia in preda all’ira.

Gurnemanz: Dort hinaus, deinem Wege zu!

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35Ochi, come, dove, quando

Atto IILuogo Personaggi Avvenimenti Testo

Castello di Klingsor

Klingsor Klingsor vede Parsifal avvicinarsi al castello.

Klingsor: Die Zeit ist da.

Klingsor, Kundry

Klingsor risveglia Kundry e le comanda di sedurre Parsifal.Klingsor vede che Parsifal sconfigge tutti i suoi cavalieri, ma spera di vincerlo facendogli perdere la purezza.

Klingsor: Erwachst du?... Kundry: Muss ich? Muss?Klingsor: Die Reinheit dir entrissen, bleib'st mir du zugewiesen!

Giardino delle fanciulle-fiore, nel

castello di Klingsor

Fanciulle-fioreLe fanciulle-fiore apprendono che i loro amati sono stati sconfitti da Parsifal.

Fanciulle-fiore: Weh! Du dort! Oh weh'!

Parsifal, fanciulle-fiore

Le fanciulle-fiore capiscono che Parsifal non ha intenzioni minacciose e iniziano a corteggiarlo.

Fanciulle-fiore: Komm! Komm, holder Knabe!Parsifal: Lasst ab!

Kundry, Parsifal,

fanciulle-fiore

Kundry manda via le fanciulle-fiore e resta sola con Parsifal, ricordandogli la sua storia.

Kundry: Hier weile! Parsifal!... Ich sah' das Kind am seiner Mutter Brust.

Kundry, Parsifal

Kundry bacia Parsifal, che però la respinge.Kundry implora l’amore di Parsifal come forma di espiazione.Parsifal respinge ancora Kundry.

Kundry: Die Liebe lerne kennenParsifal: Verderberin! Kundry: Lass' mich dich Göttlichen lieben.Parsifal: Vergeh', unseliges Weib!

Kundry, Klingsor, Parsifal

Kundry chiede l’aiuto di Klingsor.Klingsor getta la sacra lancia su Parsifal.Parsifal ferma la lancia, fa il segno della croce e distrugge il regno di Klingsor.

Kundry: Hilfe! Hilfe! Herbei!Klingsor: Dich bann' ich mit der rechten Wehr!Parsifal: Mit diesem Zeichen bann' ich deinen Zauber.

Atto IIILuogo Personaggi Avvenimenti Testo

Prato sul Monsalvato

Gurnemanz, Kundry

Gurnemanz risveglia Kundry. La donna è nuovamente al servizio dei cavalieri.

Gurnemanz: Das wird dich wenig müh'n!

Gurnemanz, Parsifal

Giunge Parsifal e Gurnemanz gli racconta della sorte del regno del Graal.

Gurnemanz: O Gnade! Höchstes Heil!

Parsifal, Kundry,

Gurnemanz

Kundry lava Parsifal e Gurnemanz lo unge con l’unguento, designandolo futuro re.Parsifal battezza Kundry e la libera dalla maledizione.Incantesimo del Venerdì Santo: Parsifal osserva il rigoglio della natura.I tre si avviano verso la sala del Graal.

Gurnemanz: Die heil'ge Quelle selbst erquicke uns'res Pilgers Bad.Parsifal: Die Taufe nimm und glaub' an den Erlöser!Gurnemanz: Das ist ... Karfreitagszauber, Herr! Gurnemanz: Die Stund' ist da.

Sala del Graal

Cavalieri, Amfortas

Amfortas ha promesso ai cavalieri di compiere per l’ultima volta il rito del Graal per i funerali di Titurel.Amfortas si tira indietro e chiede ai cavalieri di essere ucciso.

Cavalieri: Geleiten wir im bergenden SchreinAmfortas: Mein vater!Amfortas: Auf! Ihr Helden! Tötet den Sünder

Parsifal, Gurnemanz,

Kundry, Amfortas, cavalieri

Giunge Parsifal e con la sacra lancia guarisce la ferita di Amfortas.Parsifal è il nuovo custode del Graal ed è ora a lui che tocca compiere il rito.Kundry, finalmente liberata dalla sua maledizione, muore.

Parsifal: Sei heil, entsündigt und gesühnt!... Öffnet den Schrein!Cavalieri: Höchsten Heiles Wunder! Erlösung dem Erlöser!

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36Oguida al dvd

PARSiFALBerlino, Staatsoper unter den Linden 1992

Il soggetto è raccontato da Giulio Castronovo

con una guida alla visione di Giovanni Chiodi

dVd 1

atto i

2) prEludio

3) HE! Ho! WaldHütEr iHr!Foresta nei dintorni della rocca del Sacro Gral, sul Monsalvato. Il vecchio Gur-nemanz ordina a due scudieri di tenersi pronti per il bagno del re Amfortas. Il sovrano è afflitto da una ferita che non si rimargina mai, ma forse un bagno nel lago gli darà almeno un po’ di sollievo.

Il berlinese Harry Kupfer, Chefregisseur della Komische Oper, presso la quale era stato allievo di Walter Felsenstein, montò questa produzione

di Parsifal alla Staatsoper di Berlino. Con Daniel Barenboim aveva già col-laborato nel Ring a Bayreuth - vale a dire nella messinscena più importante

della Tetralogia dopo quella di Chéreau - pervaso dal tragico pessimismo profuso an-che nel suo Parsifal. Il primo approccio con quest’opera a teatro, Kupfer lo aveva avuto una ventina d’anni prima. La scenografia di Hans Schavernoch, che ritroveremo anche negli atti successivi, ci pone d’innanzi a uno scenario particolare. Siamo infatti all’interno di un immenso ca-veau, al quale si accede da una gigantesca porta blindata circolare, con gli ingranaggi

visibili, da cui traspare appena la vista del mondo esterno: la luce, il cielo con le nuvole all’orizzonte e le nebbie che scivolano all’interno. Un ambiente cupo e claustrofobico, con la nera superficie lucida del pavimento sormontata da una incombente parete metallica. In questo deposito è custodito il sacro Gral da una congregazione di cavalieri anch’essi giovani e vestiti con candide uniformi, che nel primo atto risultano ancora ordinate e ben tenute, al contrario di quanto

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37Oguida al dvd

vedremo nel desolante terzo atto. La distanza fisica tra interno ed esterno è su-bito evidente. Al di là c’è il contaminato mondo degli umani, al di qua l’universo - apparentemente puro - di esseri superiori, concentrati tuttavia solo sulla loro sopravvivenza e in realtà meno eroi incorruttibili e forti di quel che sembri. Un mondo ancora vitale, ma già proiettato verso la sua tragica fine. Una grande energia caratterizza Gurnemanz nella versione di Harry Kupfer. Non il solito pontefice massimo dei cavalieri, ma uomo ancora di vigorosa bal-danza, barba e capelli lunghi, autorevole e autoritario.

4) sEHt dort, diE WildE rEitErin!Giunge Kundry, selvaggia amazzone, che è andata fino in Arabia per procurare un balsamo per Amfortas. Il re viene quindi trasportato presso il lago per il ba-gno.

Nella sua prima apparizione, Kundry si presenta come una misteriosa creatura affascinante, capelli rossi, scarmigliata, selvaggia, irrequieta.

5) rEcHt so! Habt dank!Amfortas è consapevole che solo la venuta di un “puro folle, sapiente per com-passione” potrà guarirlo dalla ferita. Gurnemanz intanto gli porge il balsamo portato da Kundry, che se ne sta in disparte ritrosa.

Amfortas viene condotto in scena adagiato su una sedia-trono metallica, la ferita sanguinante ben visibile al fianco. Cavaliere anche lui di eviden-

te aspetto nobile e giovanile (Falk Struckmann, qui alle prime prove in un ruolo che interpreterà molte altre volte), ma palesemente lacerato da una sofferenza fisica e morale.

6) HE! du da! Was liEGst du dort WiE Ein WildEs tiEr?Gli scudieri si fanno beffe di Kundry, ma Gurnemanz la difende, poiché è una loro fedele servitrice. Il vecchio re Titurel, padre di Amfortas, la trovò nel bosco rigida e fredda, come morta: forse ora rivive solo per espiare un grande peccato commesso in una vita precedente. Gurnemanz le chiede dove si trovasse il gior-no in cui Amfortas si fece sottrarre la sacra lancia (ovvero quella che aprì la ferita nel costato di Cristo) e perché non corse in suo aiuto.

Il Monstsalvat è il regno di un ordine sacro, separato dal mondo, ma che al

suo interno non ha chiuso i conti con il pec-cato e le sue manifestazioni peggiori. Infatti, due dei quattro scudieri - dei quali uno ri-tratto in modo particolarmentesubdolo- ap-profittano dell’assenza di Gurnemanz per prendere a calci Kundry, salvo arrestarsi all’istante quando Gurnemanz rientra.

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38Oguida al dvd

7) das ist Ein and’rEs, jEdEm ist’s VErWEHrt

Uno degli scudieri suggerisce che Kundry potrebbe essere mandata alla ricerca della lancia perduta, ma Gurnemanz precisa che nessuno, all’infuori dell’Eletto, potrà ritrovarla. Ecco spiegato l’antefatto: un giorno Amfortas si lasciò sedurre da una donna bellissima (Kundry, si scoprirà poi) e si fece così sottrarre la sacra lancia dal malvagio mago Klingsor. Dopo questo episodio, nel fianco del re si aprì la ferita che ancora lo tormenta.

8) titurEl, dEr frommE HEld, dEr kannt’ iHn WoHl

Gurnemanz racconta inoltre di come l’anziano Titurel ricevette in dono dagli an-geli il sacro Gral (il calice da cui Cristo bevve durante l’Ultima Cena e che ne raccolse il sangue) e la sacra lancia. Per custodire queste reliquie, Titurel costruì il santuario sul Monsalvato e creò l’ordine dei cavalieri del Gral, che da esso ricevo-no poteri soprannaturali. Klingsor, un pagano, aspirò ad entrare nell’ordine per espiare un grave peccato; cercò anche di diventare santo attraverso la mortifica-zione della carne: non riuscendovi, decise di evirarsi e di impossessarsi del Gral, ma Titurel riuscì ad impedirglielo. Klingsor si votò allora alla magia nera e creò un giardino delle delizie, pieno di donne bellissime ma sataniche, che attirano e sequestrano i cavalieri del Gral: molti hanno fatto già questa fine.

9) Vor allEm nun: dEr spEEr kEHr’ uns zurück!La profezia del Gral ha predetto ad Amfortas che solo un “puro folle, sapiente per compassione” potrà riuscire nell’impresa di riconquistare la lancia.

10) WEH! WEH! - HoHo!All’improvviso, una freccia abbatte un cigno sul lago. Si scopre in breve che è stato un giovane armato solo di arco e frecce.

11) Wo bist du HEr?Il ragazzo, inconsapevole della gravità dell’uccisione del cigno, è un ingenuo che non conosce nemmeno il proprio nome (si scoprirà poi che è Parsifal). Ricorda solo di aver avuto una madre di nome Herzeleide (“Dolor di cuore”) che l’ha al-levato da sola nel bosco. Interviene allora Kundry, che nell’arco delle sue vite ha visto molte cose e conosce anche questa storia: il padre di Parsifal, Gamuret, morì in battaglia ed Herzeleide, per evitare al figlio una fine simile, lo crebbe lontano dalle armi. Il giovane si riconosce nel racconto ed aggiunge che un gior-no, vedendo passare dei cavalieri armati, volle diventare uno di loro; cercando di raggiungerli, cominciò a vagare senza meta, combattendo contro malfattori e giganti. Kundry gli rimprovera di aver così abbandonato Herzeleide, che è morta di dolore. Parsifal, sconvolto dalla notizia della morte della madre, vorrebbe ag-gredire Kundry, ma Gurnemanz lo trattiene. La donna sparisce.

Mentre la gigantesca porta blindata della rocca-cassaforte si chiude, sul-le fatidiche parole “durch Mitleid wissend, der reine Tor” l’oscurità piom-

ba nella sala, e il pavimento laccato si tinge del bianco candore del cigno ucciso

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39Oguida al dvd

dalla freccia scoccata dall’ignaro Parsifal. Poul Elming - artista danese, che da baritono passò con successo al registro tenorile, consegnando ai posteri alcune memorabili interpretazioni wagneriane, malgrado la carriera lampo - definisce in modo compiuto un protagonista eccellente e, come gli altri interpreti principali, corri-sponde fisicamente in modo ideale al suo personaggio ed è bravissimo nel rendere i diversi volti e la trasformazione psicologica di Parsifal. Nel primo atto, colpisce il reali-smo con cui si muove: l’andatura dinocco-lata e i gesti impulsivi tradiscono la natura non coltivata di chi è vissuto isolato nei bo-schi. Lo stupore attonito, ad esempio, della scena in cui Gurnemanz lo rimprovera per l’atto compiuto sul cigno - entrambi a terra: molte scene Kupfer le fa recitare efficacemente in questo modo - e il rimorso per la colpa commessa sono tradotti con naturalezza e semplicità.

Merita attenzione anche un altro punto: quando Parsifal apprende della morte della madre da una Kundry altera, dalla lingua particolarmente

sferzante (perspicuo il viso della Meier durante la rivelazione), egli l’assale alle spalle per strangolarla, per poi piombare a terra, il volto nascosto tra le mani. E qui si coglie un’altra attitudine di Kupfer: quella di creare immagini potenti, a siglare momenti fondamentali.

12) Vom badE kEHrt dEr köniG HEim

Amfortas sta tornando dal bagno nel lago. Gurnemanz, che ha intravisto in Parsi-fal qualche segno premonitore (del resto, solo qualche forza sovrannaturale può averlo guidato fin lì), vuole introdurlo al banchetto del sacro Gral.

13) nun acHtE WoHl und lass micH sEHn

Gurnemanz dice a Parsifal che se sarà il predestinato alla rivelazione, il Gral gli darà nutrimento e conoscenza. Qualche istante dopo i due si ritrovano proprio nella sala del Gral.

Un lampo di luce abbagliante illumina repentinamente la scena con Ti-turel sul trono, in perfetta sincronia

con la musica. I cavalieri avanzano verso il proscenio a gruppi di quattro. Ecco quindi comparire un altro elemento scenico capita-le: il lungo e stretto altare a punta di lancia, illuminato alla base superiore, su cui è ada-giato Amfortas. Luogo del rito e dell’espia-zione, ma anche luogo dove Amfortas è stato sedotto e che rivedremo infatti, con questa specifica funzione, nel castello di Klingsor.

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40Oguida al dvd

14) zum lEtztEn liEbEsmaHlE GErüstEt taG für taG

I cavalieri si preparano al sacro banchetto, durante il quale si svolgerà il rito del Gral.

15) mEin soHn amfortas, bist du am amt?Titurel è troppo vecchio e debole per officiare il rito; Amfortas però è altret-tanto indebolito dalla sua ferita e preferirebbe morire: è infatti convinto che né la vista del Gral né la penitenza potranno guarirlo da quel male e vede come unica speranza l’avvento del “puro folle” che verrà a portargli il sollievo della morte. Titurel ordina di scoprire il Gral e la cerimonia ha inizio.

La scena, pur nella sua complessità, scorre fluida e porta direttamente al monologo di Amfortas, che Struckmann recita con un impressio-

nante senso di impotenza fisica. È come se non solo il dolore, ma anche la colpevole caduta nelle spire di un peccato senza usci-ta e l’ossessiva ricerca di un impossibile ri-scatto non gli consentano di stare in piedi. Si lamenta quindi sdraiato, seduto, trasci-nandosi a stento verso il Gral o ancora a terra, dopo essere letteralmente piombato giù dall’altare, a carponi o in ginocchio. Amfortas, tuttavia, ha anche delle repen-tine impennate a pieno petto, torsioni o

scatti di dolore e insieme di orgoglio, che rendono tesissima l’ansia che lo divora.

Lo svelamento del Gral è il punto culminante dell’agape. Amfortas risale fa-ticosamente sulla punta della lancia e, sempre semisdraiato, toglie il velo. La piattaforma a forma di lancia si alza e così pure viene elevato il Gral che si tinge di rosso, mentre le pareti si illuminano di lampadine blu e una sinistra ombra violacea pervade tutta la scena. Tutti si stendono a terra.

16) nEHmEt Hin mEinEn lEib

Durante il rito, ispirato all’Ultima Cena, Amfortas solleva il sacro calice, che sprigiona un luminoso bagliore, e con questo benedice il pane e il vino.

17) WEin und brot dEs lEtztEn maHlEs

I cavalieri condividono il pane e il vino benedetti, che daranno loro una forza sovrannaturale. Parsifal assiste immobile e inconsapevole al rito. Ad un trat-to, Amfortas getta un grido di dolore (la ferita ha ricominciato a sanguinare) e nello stesso istante il ragazzo sente una fitta al petto.

18) Was stEHst du nocH da?Gurnemanz, che vede Parsifal in disparte, si avvicina a lui chiedendogli se si sia reso conto di ciò a cui ha assistito. Il ragazzo non risponde e si porta la

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41Oguida al dvd

mano al petto dolorante. Gurnemanz, in uno scatto d’ira, lo caccia. Un coro di voci dall’alto invoca la venuta del “puro folle”.

Parsifal - che aveva rifiutato di prendere la comunione, pure esortato da Gurne-manz - si butta a terra, mani intorno al ginocchio: un altro dei gesti emblematici attraverso i quali Kupfer sintetizza uno stato d’animo.

“Durch Mitleid wissend, der reine Tor. Selig in Glauben”: alla pronuncia di

queste parole Kundry, che era rimasta nei pressi della sala, comprende e, anche lei alla spasmodica ricerca della redenzione, stri-sciando a terra guarda in alto, da dove pro-viene la voce misteriosa.

dVd 2

atto ii

1) prEludio

2) diE zEit ist da

La scena si apre nel castello di Klingsor. Il mago vede Parsifal avvicinarsi alla reggia e decide di svegliare Kundry, che giace in suo potere.

La forza delle immagini evocate dal visionario Kupfer esplode nel secondo atto. Intanto, all’aprirsi del sipario, scopriamo che il castello di Klingsor altro non è che un luogo simmetrico e gemello a Montsalvat, solo strutturato in modo opposto (la porta è sulla destra). Sulla sinistra del proscenio avanza la piattaforma sulla quale avevamo lasciato Amfortas, appare Klingsor, anch’egli sdraiato, brandendo ben stretta la lancia sottratta all’incauto sconfitto.

Formidabile lo sguardo con cui Günter von Kannen guarda la lancia di Amfor-tas. La cattiveria del suo Klingsor ricorda la perfidia del suo Alberich, sempre con Kupfer, a Bayreuth.

“Ans Werk!”. Kupfer è maestro nel fra-zionare l’azione in singoli particolari

gestuali significativi: ecco dunque Klingsor posare la lancia e alzare la mano sinistra per tirare su Kundry, che così sembra effet-tivamente cavata fuori da un’oscura voragi-ne, per poi essere scaraventata con la testa all’indietro e fatta piombare al suolo.

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42Oguida al dvd

“Herodias warst du, und wars noch?”: la frase è detta con estrema cupidigia da Klingsor, che poi abbraccia la lancia come un fucile, mentre Kundry, rannicchia-ta, si rialza lentamente e si butta a terra. Un altro esempio di come l’azione può ravvivare un momento altrimenti statico.

3) ErWacHst du?Klingsor canzona Kundry: sa che la donna ha servito anche i cavalieri del Gral, che però reputa poco temibili, in quanto facili prede delle sue malefiche fanciulle-fiore. Solo Parsifal sarebbe davvero pericoloso, perché protetto da uno scudo di follia, ma Klingsor lo farà sedurre da Kundry, alla quale è impossibile resistere. L’unico che vi riesce è proprio Klingsor, che è evirato, ed è questo che garantisce la supremazia del suo potere su quello di Kundry. La donna non vorrebbe dover sedurre Parsifal, ma Klingsor insinua che forse è proprio giacendo con il “puro folle” che potrà porre fine alla sua maledizione di eterna reincarnazione.

Da notare la violenza con cui Klingsor tratta Kundry e come lei lo guarda in-

solente e reagisce.

“Ich will nicht”: questa piccolo frase è scandita dalla Meier in un tono leg-

gero e scanzonato; a questo punto, Klingsor le strappa la gonna (sulle parole “denn du must”): altro esempio di azione sulla musica.

Un’altra immagine alla Kupfer suggella l’incontro: la lancia infilzata a terra e Kundry con il volto girato. Intanto, lo scontro tra Parsifal e

i cavalieri si intravede al di là della porta blindata che conduce al castello di Klingsor.

4) jEtzt scHon Erklimmt Er diE burG

Parsifal si avvicina e sconfigge i cavalieri di guardia al castello. Il mago è colpito da tanto valore, ma sa che grazie a Kundry il ragazzo sarà presto in suo potere.

5) HiEr War das tosEn

Parsifal vede un lussureggiante giardino incantato, nel quale si aggirano le fanciul-le-fiore. Le giovani sono in subbuglio poiché hanno appena scoperto che i cavalieri, loro amanti, sono stati feriti. In breve si accorgono della presenza di Parsifal e individuano in lui l’autore del massacro.

La comparsa del giardino di Klingsor è spettacolare: avanza dal buio retro-

stante un tappeto ondulato, costituito da un reticolato rosso, cosparso di innumerevoli

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43Oguida al dvd

schermi televisivi sui quali compaiono immagini di occhi, visi bellissimi, corpi nudi, schiene e, naturalmente, di fiori. Sono scatti intermittenti, quasi impazziti, di mille particolari. Fanciulle-fiore disincarnate e virtuali, simbolo di un uni-verso alla matrix, dove tutto è finzione e menzogna, e i contatti umani sono, per l’appunto, irreali e si rivelano solo illusione mentale. Simbolo di una femminilità esibita solo nel corpo e anche della civiltà dei media, con i suoi possibili eccessi.

6) iHr scHönEn kindEr

Parsifal spiega alle fanciulle di non volere far loro alcun male. Le ragazze, passan-do dallo stupore alla gaiezza, corteggiano il giovane.

Parsifal batte sugli schermi quando si spengono. Le successive immagini

sono ancora più procaci: seni e corpi nudi.

Parsifal, beato, accarezza lo schermo dove è appena comparso un bellissimo

viso truccato. Ora ci sono labbra e i rosset-ti rossi in primo piano. In breve però cala il buio e si vedono solo gli schermi, il tappeto si divide, avanza la lancia. Kundry arresta Parsifal in modo imperioso, velata di rosso, dalla fenditura centrale.

7) komm, komm! HoldEr knabE!Le fanciulle-fiore si contendono Parsifal e si stringono a lui, quasi soffocandolo.

8) parsifal! WEilE!All’improvviso si ode la voce di Kundry, che per la prima volta chiama Parsifal per nome e fa allontanare le fanciulle-fiore. Il giovane ricorda che sua madre una volta lo chiamò con quel nome e realizza quanto Kundry sappia sul di lui.

La donna si toglie il velo: qui tutto viene avvolto in una carezza legge-rissima, mentre una pericolosissima Kundry tenta la seduzione con toni

melliflui. Il duetto della sfida e della seduzione incomincia infatti voluttuoso, come una dolcissima ninna-nanna. Poi la tentatrice si volge a Parsifal che in gi-nocchio la guarda ammirato e stupito. La piattaforma a punta di lancia è diven-tata un muro, su cui ora è sdraiata Kundry: la levità e la dolcezza con cui ella proferisce il nome di Gamuret e Parsifal si inginocchia ad ascoltare il racconto rapito sono momenti memorabili.

Notevole il trasalimento doloroso che prende Kundry quando dichiara di

provenire da una patria lontana. Kundry quindi si alza e racconta con gioia di aver

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44Oguida al dvd

udito il primo balbettare di Parsifal (“sein erstes Lallen lacht mir noch im Ohr” è una delle grandi frasi tipiche della Meier).

9) icH saH das kind an sEinEr muttEr brust

Kundry ha visto l’intera vita di Parsifal, dall’infanzia nel bosco fino alla morte della madre.

Alla memoria della calda rugiada delle lacrime materne, il giovane cade al suolo e vi rimane, col volto a terra. Kundry lo tocca per la prima volta

e sembra veramente una madre protettrice.L’accelerazione sensuale, il desiderio di Parsifal si realizza nel modo seguente: lui che si protende verso di lei sulla lancia e si lascia andare per ricevere il bacio. Ma al grido di Amfortas, dopo il racconto della ferita, sarà Kundry a tendere verso Parsifal, con un rovesciamento di ruoli di grande effetto.

10) WEHE! WEHE! Was tat icH? Wo War icH?Realizzando di essere stato colpevole della morte della madre, Parsifal è affranto. Kundry prova a consolarlo, dicendo di volergli far provare la passione che suo padre sentì nell’amare sua madre. Avvicinandosi, dà il primo bacio a Parsifal, giustificandolo come l’estremo saluto della madre.

11) amfortas! diE WundE!Parsifal, sconvolto dal bacio, si ritrae e sente un dolore al petto, quasi un segno

del vacillare della sua purezza.

Kundry prende lentamente la mano a Parsifal e si accascia su di lui: ora è lei

che lo cerca. Ma Parsifal, al ricordo del ba-cio, la butta giù dal muro. Dopo che Kundry ha scagliato le profezie più rabbiose contro Parsifal, ora è di nuovo lui che la cerca, ten-dendosi verso lei, ma fermo.

12) GElobtEr HEld! EntfliEH dEm WaHn!Parsifal intuisce che quei tentativi di seduzione sono simili a quelli che furono tanto funesti per Amfortas e allontana quindi Kundry. La donna gli dice però che si vorrebbe unire a lui per redimersi dal suo grave peccato: aver riso - in una vita precedente - alla vista di Cristo in croce.

“Ich sah ihn”: il famoso momento in cui Kundry ricorda di aver riso da-vanti a Cristo in croce trova prontissima la Meier a emettere un orgoglio-

so si acuto sul verso “lachte” e a portarsi subito dopo alla bocca il pugno destro. Ora è di nuovo Kundry, in questo continuo scambio di ruoli con cui Kupfer ha voluto fare interpretare il duetto, a risalire verso Parsifal, come se lui fosse il redentore e guardandolo intensamente negli occhi.

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13) nun sucH’ icH iHn Von WElt zu WElt

Più di una volta Kundry è stata sul punto di essere salvata dallo sguardo salvifico di Cri-sto, ma ogni volta è ricaduta nel peccato della lussuria. È però convinta che un’ora d’amore con Parsifal potrà salvarla.

Kundry corre verso Parsifal e lo ab-braccia, poi si stende a terra e quindi

si attacca alla sua gamba: è un continuo re-lazionarsi tra i due.

14) auf EWiGkEit Wärst du VErdammt

Parsifal si rifiuta: se la debolezza dei sensi è la causa del peccato di Kundry, come è possibile che la passione per lui possa salvarla? La liberazione sarà piuttosto nella castità e nella mortificazione della carne. Alle insistenze della donna, il gio-vane risponde che potrà avere la salvezza se gli mostrerà la via per raggiungere Amfortas.

15) VErGEH, unsEliGEs WEib!Kundry prova ancora a gettarsi addosso a Parsifal, promettendo di svelargli come arrivare ad Amfortas, ma viene violentemente respinta. La donna chiama allora in aiuto Klingsor.

16) Halt da! dicH bann’ icH mit dEr rEcHtEn WEHr!Klingsor, nel tentativo di impedirle la fuga a Parsifal, gli lancia addosso la sacra lancia; ma l’arma si ferma miracolosamente appena sopra la testa del giovane, che la impugna e la usa per fare il segno della croce. Questo gesto fa disintegrare fragorosa-mente il malefico regno di Klingsor. Parsifal dice a Kundry che certamente saprà dove ri-trovarlo.

Luci di laser nel caveau; torna la luce azzurro cobalto, il giardino diventa un

cumulo di macerie di video in frantumi.

atto iii

17) prEludio

18) Von dortHEr kam das stöHnEn

La scena si apre di nuovo nel regno del Graal, all’alba di un giorno di primavera. Gurnemanz, ormai vecchio, ritrova in un cespuglio Kundry, che giace fredda e rigida. Gurnemanz riesce a risvegliarla e la donna torna al suo servizio, come un tempo. Kundry va alla sorgente sacra per raccogliere dell’acqua.

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Un alto e spesso parallelepipedo metallico argenteo si staglia sullo sfondo, emergendo dal buio circostante, illuminato dall’alto e al

lato destro. Nero e grigi predominano. Gurnemanz visibilmente invec-chiato. Kundry in saio, giovane e bellissima. Abile la maestria con cui la Meier recita il risveglio di Kundry e incisivo il suo sguardo fisso, eppure espressivo al massimo. “Verändert dunkt mich alles” (Tutto mutato mi sembra), esclamerà ben a ragione Parsifal.

19) WEr naHEt dort dEm HEil’GEn QuEll?Dal bosco si avvicina un cavaliere avvolto nella sua armatura. Gurnemanz gli rende noto che su quel suolo sacro non può rimanere così armato di tutto punto, soprattutto in quel giorno: è infatti Venerdì Santo. Il cavaliere si spo-glia delle sue armi e prega. Gurnemanz riconosce in lui il giovane che uccise il cigno e nota che ha con sé la sacra lancia.

20) HEil mir, dass icH dicH WiEdErfindE!Parsifal racconta di aver a lungo vagato prima di trovare il regno di Amfortas. Gurnemanz gli dà il benvenuto e gli racconta che il vecchio re, sempre più in-debolito dalla sua ferita, ormai da anni non officia il rito del Gral e spera solo nella morte, che tuttavia non può coglierlo finché non si troverà un nuovo cu-stode della reliquia; Titurel, invece, è appena morto. Così i cavalieri, privati del loro cibo divino, conducono un’esistenza debole e grama e non sono più chiamati a sacre battaglie. Parsifal si sente responsabile di tutto ciò per aver vagato tanti anni prima di tornare sul Monsalvato.

XXXX (dal 3° dVd)Tutto il dialogo con Parsifal è sviluppato con gesti mirati, anche pic-coli, sulle parole del testo. I personaggi non sono mai statici in questa

produzione. Ogni parola è sempre accompagnata da un movimento che ne amplifica il significato allo spettatore. Basta che Gurnemanz si inginocchi e scruti Parsifal con tono interrogativo. E tutti ascoltano l’interlocutore, ne

seguono i racconti. Sui loro visi, soprattut-to, si disegnano mutevoli reazioni a quan-to gli altri dicono. Il modo in cui Gurne-manz accoglie la notizia del ritrovamento della lancia ne è un esempio plastico ed evidente. L’abbracciare la lancia e porsi in ginocchio assieme a Parsifal crea inoltre un’altra immagine forte che si imprime nella memoria, come moltre altre dissemi-nate ad arte da Kupfer. Finalmente Parsifal si volta. Kundry,

appena ridestata, agisce in maniera straniata e con gesti lenti. Le luci si abbassano mentre Gurnemanz racconta a Parsifal l’inesorabile corso de-gli eventi che ha portato alla morte di Titurel, mentre Kundry ascolta ora immobile ora incedendo lentamente.

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21) nicHt so! diE HEil’GE QuEllE sElbst ErQuickE unsrEs pilGErs bad

Parsifal viene lavato e dissetato con l’acqua della sacra fonte. Gurnemanz promet-te di condurlo al castello di Amfortas, dove verrà celebrato per un’ultima volta il sacro rito in occasione delle esequie di Titurel. Kundry lava i piedi di Parsifal e li cosparge di unguento profumato; Gurnemanz lo benedice aspergendolo con l’acqua della sacra fonte.

22) du salbtEst mir diE füssE

Gurnemanz cosparge poi il capo di Parsifal di unguento e lo saluta già come il nuovo re. Il giovane, come primo atto regale, battezza Kundry e la redime dai suoi peccati.

23) WiE dünkt micH diE auE HEut so scHön

Parsifal si ferma in contemplazione; i prati sono in fiore, l’erba profuma e i boschi splendono: come è possibile che la natura sia così ridente in un tale giorno di dolore? Gurnemanz gli spiega che questo è l’incantesimo del Venerdì Santo, in cui la natura, redenta dalle lacrime dei peccatori pentiti, gioisce per questo suo unico giorno d’innocenza. Baciandola sulla fronte, Parsifal invita allora Kundry, in lacrime per la commozione del battesimo, a sorridere come fa la natura.

Bellissima la visione di Kundry con i capelli sciolti e lunghi. E molto bel-lo anche il gesto con cui Gurnemanz tiene la testa di Parsifal che, con

l’arrivo di Kundry, dal viso enigmatico e rilassato, pulito, con solo un tocco di rossetto, va a comporre un’altra delle immagine icastiche di Kupfer. Molto importante è anche lo sguardo che Kundry, a terra come Parsifal, rivolge al giovane. Sguardo raccolto subito da Parsifal, che le accarezza il capo e lo co-sparge di acqua. E qui la risposta muta della Meier, rigorosamente sulle ali della musica, è straordinaria: una sorta di doloroso trasa-limento che anticipa il miracolo del Venerdì Santo (sentire in orchestra la morbidezza dei legni), che intanto ci è mostrato dalle imma-gini di nuvole proiettate sulla austera parete e dal sole che gradualmente inonda questo spazio celeste. Mentre la conversazione con-tinua, sempre sul pavimento della scena, tra Parsifal e Kundry (lei ovviamente silenziosa, ma ora finalmente gioiosa, ad ogni parola di Parsifal). Ora, al Karfreitagszau-ber le pareti sono invase da una luce azzurrina e dalle proiezioni di nuvole in un cielo blu. Nuvole che si rincorrono nello spazio e vanno a specchiarsi nelle tonalità di grigio e mero preesistenti.Si crea in questa scena una straordinaria complicità fra i tre, che prelude a ciò che vedremo nel finale. Straordinario ora lo sguardo intriso di pace e di calma interiore, come di chi ha placato un dissidio, che invade il volto luminosissimo della Meier.

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Da rimarcare il gesto semplicissimo di Kundry, che solleva da terra una pic-

cola zolla di terra fiorita, e l’immagine del piccolo fiore che bagna poi delle sue lacrime. Le porge la mano per alzarsi e i due si scam-biano uno sguardo molto acuto.

24) mittaG: diE stund’ ist da – musica di trasformazionE

Suona mezzogiorno. Gurnemanz conduce Parsifal e Kundry nella reggia di Amfortas.

25) GElEitEn Wir im bErGEndEn scHrEin dEn Gral zum HEi-liGEn amtE

Una processione di cavalieri trasporta il Gral; una seconda processione reca in-vece la bara di Titurel.

La scena si fa scura: l’azzurro sullo sfondo si fa più accecante. La muraglia ruota (e continuerà a ruotare) mentre la scena si apre su un’altra parete solcata da sette raggi orizzontali. I cavalieri del Gral invadono la scena, anche loro visibilmente trasformati in gelidi reduci da un immane disastro, sopravvissuti in spoglie e misere tuniche, massa atterrita e inerme, esclusivamente concentra-ta sulla propria esistenza, in un’atmosfera palpabile di morte. Si formano due gruppi-cortei: uno intorno alla bara di Titurel a e l’altro che entra arretrando davanti al bambino che porta il Gral. Anche questa scena è in continuo movi-mento e i cavalieri si muovono a gruppi.

26) ja! WEHE! WEHE! WEH übEr micH!Amfortas leva un lamento alla vista del cadavere del padre, esposto nella bara aperta. I cavalieri gli chiedono di compiere ancora una volta il rito, ma Amfor-tas si tira indietro e arriva a chiedere ai suoi confratelli di piantargli una spada nell’eterna ferita sanguinante.

Sulla destra avanza la lancia-altare con sdraiato sopra Amfortas - che è sem-pre il magnetico Struckmann - illuminato in modo abbagliante. Egli si lascia scorrere verso il Gral, al quale tende spasmodicamen-te senza riuscire a raggiungerlo e cade a ter-ra, mentre il coro si alza in sincronia.

Strepitosa la scena in cui Amfortas mostra la sua ferita: a petto scoperto, l’orribile squar-cio lo porta a ergersi in piedi per la prima volta. I cavalieri, intanto, protestano per il mancato rito.

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27) nur EinE WaffE tauGt

Entra Parsifal: toccando Amfortas con la sacra lancia, il giovane rompe la male-dizione e guarisce miracolosamente la ferita. Dalla punta della lancia comincia a colare sangue santo. Il sacro calice viene scoperto e Parsifal si inginocchia in preghiera.

Gurnemanz prende Amfortas ed en-trambi si inginocchiano, il custode in

una torsione che lo allaccia spasmodicamen-te al primo, in attesa di essere risanato.L’apertura dello scrigno avviene in questo modo: l’altare con Gral e lancia si alza; la parete ruota a destra, le luci si tingono di blu e viola, Parsifal si guarda intorno; Kundry è presente davanti ad Amfortas, ma nulla accade.

28) HöcHstEn HEilEs WundE

Il Gral torna a risplendere di un bagliore sempre più intenso. In mezzo ai canti e alle preghiere, una colomba scende dal cielo e si posa sulla testa di Parsifal, nuovo custode del sacro calice. Amfortas e Gurnemanz si inginocchiano. Kundry cade al suolo senza vita, finalmente liberata dalla maledizione.

Il finale è concepito in modo diverso da Kupfer. La redenzione non arriva

affatto: il mondo è senza Dio e gli eletti si sfaldano come neve al sole.

Amfortas muore e con lui altri cavalie-ri cadono a terra.

Kundry afferra la mano di Parsifal, come a condurlo verso la vita umana.

Parsifal si prende il volto tra le mani, Gurnemanz lo consola, Kundry si avvicina.

Resteranno i tre uniti, staccati da quel mondo e da quella vita trascendentale,

a guardare avanti, in un percorso senza più guida, verso un futuro misterioso.

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O P E R A