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SHIATSU E MUSICA (articolo pubblicato su Shiatsu News nel luglio 1998) SHIATSU NON E’ SOLO TOCCARE C’è chi fa shiatsu sempre e solo con la musica, c’è chi la usa di tanto in tanto, c’è chi considera il silenzio indispensabile. E come sempre, ogni punto di vista ha la sua ragion d’essere.Per quanto mi riguarda, negli ultimi dieci anni sono passato dal silenzio ascetico ai pieni orchestrali, dai sitar indiani alle cornamuse celtiche, dalla musica elettronica alla fusion. E a questo punto del viaggio, posso affermare con certezza che la “pressione” ambientale fornita dalla musica (e più in generale dai suoni) può cambiare drasticamente gli effetti di un trattamento. Non ci vuole molto a capire che lo stesso trattamento darà effetti differenti se accompagnato da un quartetto di Mozart, dal silenzio rotto a tratti dal vento che muove le cime degli alberi, dalla passione di un flamenco, o dai decibel di clacson, antifurti e motorini. In realtà esistono altri parametri ambientali che influenzano notevolmente l’efficacia del trattamento. Ad esempio la temperatura (della stanza, del futon, delle mani di tori), la luce (soffusa, diretta, insufficiente, variabile), gli odori (dell’ambiente e soprattutto di tori!), l’arredamento (pieno di diplomi, di stampe cinesi, ordinato al punto che si ha paura di sporcare, senza privacy, casalingo, etc.), l’abbigliamento di tori (sembrate medici o samurai, fricchettoni o guru, avete un aspetto professionale o trasandato?). Se poi consideriamo la pubblicità che facciamo (targa, volantini, libri e riviste) o che fanno i nostri stessi clienti attraverso il passaparola (che si suppone positivo), e il modo con cui accogliamo il cliente (compresa la mon-shin, la diagnosi basata su domanda e risposta) e lo congediamo (compreso il rilascio o no della fattura), ci rendiamo conto di come in realtà il trattamento vero e proprio sia solo una delle componenti del “Trattamento”. Tutti noi shiatsuka sappiamo che la diagnosi di uke non inizia sul futon, ma da quando telefona per fissare l’appuntamento. Facciamo attenzione a come stringe la mano quando entra nello studio, a come cammina, come si veste, come si esprime, che odori emana il suo corpo, ai segni del volto, etc. e solo alla fine (quello che uke considera l’inizio) avendo già un’idea di chi abbiamo di fronte, cerchiamo prime conferme attraverso domanda e risposta, per poi cercarne ulteriori con la diagnosi del tocco. L’importante è ricordarsi che la stessa cosa sta facendo uke! E che quindi non arriva “vergine” al trattamento, ma con uno stato d’animo di “apertura” (disponibilità a contribuire al processo di guarigione) o di “chiusura” (protezione o fuga) che anche noi abbiamo contribuito a formare. Ogni strategia di shiatsu che si rispetti non può non considerare tutti questi aspetti, e, anche se ovviamente, è la qualità della pressione l’aspetto più importante del Trattamento, il contesto in cui esso avviene può limitarne o aumentarne enormemente l’efficacia. Ogni scuola in genere è caratterizzata da un suo particolare stile, e suggerisce (od obbliga) ad assumere alcuni comportamenti distintivi, sovente riguardo all’abbigliamento (ghi bianco, magliette con manica-kimono, libero, etc.) che diventa quasi una divisa vera e propria. Altre volte vengono date precise indicazioni sull’arredamento dello studio, ma non ho mai sentito di lezioni sul corretto utilizzo della musica. Per questo motivo, spero che quello che leggerete vi interesserà, e che le segnalazioni vi facciano anche risparmiare qualche lira (pardon, euro), perchè sinceramente, non è sempre così facile trovare della buona musica che sia inoltre adatta allo shiatsu.

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SHIATSU E MUSICA (articolo pubblicato su Shiatsu News nel luglio 1998)

SHIATSU NON E’ SOLO TOCCARE  C’è chi fa shiatsu sempre e solo con la musica, c’è chi la usa di tanto in tanto, c’è chi considera il silenzio indispensabile. E come sempre, ogni punto di vista ha la sua ragion d’essere.Per quanto mi riguarda, negli ultimi dieci anni sono passato dal silenzio ascetico ai pieni orchestrali, dai sitar indiani alle cornamuse celtiche, dalla musica elettronica alla fusion. E a questo punto del viaggio, posso affermare con certezza che la “pressione” ambientale fornita dalla musica (e più in generale dai suoni) può cambiare drasticamente gli effetti di un trattamento.  Non ci vuole molto a capire che lo stesso trattamento darà effetti differenti se accompagnato da un quartetto di Mozart, dal silenzio rotto a tratti dal vento che muove le cime degli alberi, dalla passione di un flamenco, o dai decibel di clacson, antifurti e motorini.  In realtà esistono altri parametri ambientali che influenzano notevolmente l’efficacia del trattamento. Ad esempio la temperatura (della stanza, del futon, delle mani di tori), la luce (soffusa, diretta, insufficiente, variabile), gli odori (dell’ambiente e soprattutto di tori!), l’arredamento (pieno di diplomi, di stampe cinesi, ordinato al punto che si ha paura di sporcare, senza privacy, casalingo, etc.), l’abbigliamento di tori (sembrate medici o samurai, fricchettoni o guru, avete un aspetto professionale o trasandato?).    Se poi consideriamo la pubblicità che facciamo (targa, volantini, libri e riviste) o che fanno i nostri stessi clienti attraverso il passaparola (che si suppone positivo), e il modo con cui accogliamo il cliente (compresa la mon-shin, la diagnosi basata su domanda e risposta) e lo congediamo (compreso il rilascio o no della fattura), ci rendiamo conto di come in realtà il trattamento vero e proprio sia solo una delle componenti del “Trattamento”.    Tutti noi shiatsuka sappiamo che la diagnosi di uke non inizia sul futon, ma da quando telefona per fissare l’appuntamento. Facciamo attenzione a come stringe la mano quando entra nello studio, a come cammina, come si veste, come si esprime, che odori emana il suo corpo, ai segni del volto, etc. e solo alla fine (quello che uke considera l’inizio) avendo già un’idea di chi abbiamo di fronte, cerchiamo prime conferme attraverso domanda e risposta, per poi cercarne ulteriori con la diagnosi del tocco.    L’importante è ricordarsi che la stessa cosa sta facendo uke!  E che quindi non arriva “vergine” al trattamento, ma con uno stato d’animo di “apertura” (disponibilità a contribuire al processo di guarigione) o di “chiusura” (protezione o fuga) che anche noi abbiamo contribuito a formare.  Ogni strategia di shiatsu che si rispetti non può non considerare tutti questi aspetti, e, anche se ovviamente, è la qualità della pressione l’aspetto più importante del Trattamento, il contesto in cui esso avviene può limitarne o aumentarne enormemente l’efficacia.  Ogni scuola in genere è caratterizzata da un suo particolare stile, e suggerisce (od obbliga) ad assumere alcuni comportamenti distintivi, sovente riguardo all’abbigliamento (ghi bianco, magliette con manica-kimono, libero, etc.) che diventa quasi una divisa vera e propria.  Altre volte vengono date precise indicazioni sull’arredamento dello studio, ma non ho mai sentito di lezioni sul corretto utilizzo della musica. Per questo motivo, spero che quello che leggerete vi interesserà, e che le segnalazioni vi facciano anche risparmiare qualche lira (pardon, euro), perchè sinceramente, non è sempre così facile trovare della buona musica che sia inoltre adatta allo shiatsu. 

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  PER CHI STATE METTENDO LA MUSICA?  Per voi o per uke? Forse questo è l’interrogativo più importante.  Siete arrivati al decimo trattamento e non ne potete più? Dopo tutta questa concentrazione, questo silenzio, c’è bisogno di un po' di movimento. Ecco che viene spontaneo mettersi un bel sottofondo per “alleggerire” la stanchezza. Benissimo. Ma è d’accordo anche la commessa del grande magazzino che vive tutto il giorno con la musica di sottofondo e ha bisogno invece di un po' di silenzio ed interiorità?  Altro esempio.  Siete di quelli che usano sempre la musica per fare shiatsu, ma a forza di sentire sempre le solite musichette rilassanti (che costano poco, in edicola, e potete comprarne di più), incominciate ad avere esigenze di musica un po' più impegnata, e così poco alla volta il vostro palato vi porta a gustarvi la prima linea della sperimentazione etno-acid-cultural-tantrica (il tantra ci sta sempre bene). Ed in effetti, invece della solita musica plin-plin (come la chiama un mio cliente) vi ritrovate con armonie e melodie più complicate e di non facile ascolto che però fanno venire gli incubi al vostro povero uke, che come sempre ha solo voglia di non sentire più male, e qui i casi sono tre:    1. non ci capisce niente e “stacca” facendosi una bella dormita    2. senza rendersene conto cerca di capire e seguire suoni improbabili e linee melodiche complicate e quindi non si apre al trattamento ed all’ascolto di sè, procurandosi magari qualche tensione in più    3. dopo il secondo trattamento a base di gorilla sintetizzati che sodomizzano monaci tibetani campionati decide di scegliersi un massaggiatore “classico” che nel peggiore dei casi gli parla della crisi del Milan.    Insomma, se state mettendo della musica per uke, è perché siete consapevoli di cosa state facendo e avete scelto usando qualche criterio (vedremo più avanti).Ma se la state mettendo per voi stessi, attenzione! Potreste andare incontro a spiacevoli sorprese. Ormai ho capito che non esiste musica “neutra”, e anche quella cosetta semplice semplice di sottofondo e a basso volume che non può che rilassare, può invece essere vissuta da uke in modo estremamente negativo. Perché magari non ci sente bene da un orecchio, e visto che lo stereo è piazzato proprio da quella parte, praticamente quella che era una musica rilassante diventa un continuo susseguirsi di suoni disarticolati e discontinui che: a)non sono musica ma rumore, b)ricordano in continuazione a uke la sua “menomazione” uditiva e lo fanno sentire a disagio. Ed è un’esperienza tra le molte che ho vissuto.    ACCORGIMENTI GENERALI  Questo spazio di Shiatsu.To.it non vuole assolutamente essere un corso di musicoterapia, ma soprattutto uno scambio di esperienze sull’utilizzo consapevole della musica nello shiatsu. Ed inoltre una fonte di segnalazioni di autori e titoli che possono essere usati con successo e con piacere durante il trattamento.  Anzi, vi prego di segnalarmi vostre “scoperte” ed esperienze in tal senso.  Vediamo quindi quali sono gli aspetti più importanti da tenere presente quando mettiamo della musica. Di volta in volta verrà approfondito un tema e verranno proposti cd di vario genere. In realtà questo è un elenco di domande a cui ognuno potrà dare la propria risposta a seconda della sensibilità ed esperienza maturate.    1. Per chi sto mettendo la musica? A cosa serve?  2. Uke ha bisogno di silenzio? 

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3. Uke ha senso musicale, gli piace la musica? Quale?  4. Uke ha problemi di udito?  5. Quali caratteristiche deve avere lo stereo? Meglio cd o cassette?  6. Ogni stanza va bene? (rumorosità, spazi tropo grandi, troppo piccoli, etc.)  7. Che musica scegliere? (rilassante, evocativa, induttiva stati alfa, etc.)  8. Che cosa mettere quando...?    RECENSIONI  In giro c’è molta musica, ma soprattutto nel settore “New Age” o comunque della musica rilassante, meditativa e tradizionale, bisogna fare molta attenzione. Il confine tra rilassante e noioso è molto sottile. E se poi vogliamo usare la musica per facilitare movimenti del ki, rilasci emozionali o più semplicemente l’interiorizzazione, abbiamo assoluto bisogno che (tanto per cambiare) questa musica abbia un “cuore”, e non sia solo il risultato di una iniziativa commerciale.  Il problema è che in pochi negozi è possibile ascoltare prima di acquistare. Inoltre, anche se “andiamo sul sicuro” acquistando musica di autori che già conosciamo e apprezziamo, possiamo sempre andare incontro a esperimenti poco felici.  Quindi, se decidete di usare della buona musica non c’è altro mezzo se non quello di cercare, ascoltare e... spendere. Dedicheremo comunque una puntata proprio ai consigli sul come cercare e trovare spendendo il meno possibile.  Gli autori ed i titoli che mi permetterò di consigliarvi hanno tutti superato l’esame del tempo, nel senso che anche dopo averli ascoltati a lungo, non mi hanno stancato. Sì perché c’è anche questo aspetto da considerare. Se mettete spesso della musica, fate attenzione che non sia del tipo “usa e getta”, e comunque avete bisogno di un certo numero di cd nei vostri scaffali se non volete avere crisi di rigetto.  Buon Ascolto.  Daniele Arnaldo Giorcelli      Mark-Almond, “NIGHTMUSIC”, White Cloud  Iniziamo subito con uno dei più bei dischi in cui mi sono imbattuto ultimamente. Musica jazz evocativa, sexy ed estremamente raffinata. Se avete mani grandi, calde ed il vostro stile di shiatsu è particolarmente avvolgente, questa è la vostra musica. Attenzione però se è sera, e tra voi ed uke c’è “feeling”. Con una musica come questa è come se Cupido invece di usare i soliti arco e frecce fosse dotato di una 44 magnum con proiettili esplosivi.    Riley Lee, “Oriental Sunrise”, ENSO  Musica tradizionale giapponese di alta qualità. Paesaggi sonori che infondono pace e serenità attraverso l’uso del flauto shakuhachi e di altri strumenti tradizionali come il koto. Il ghi bianco qui è di rigore.  

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LA PRESSIONE DEL SILENZIO (articolo pubblicato su Shiatsu News nel novembre 1998)

Soprattutto in una civiltà fracassona come la nostra, il silenzio è già di per sè una cura. Se poi estendiamo il concetto di silenzio al corpo (immobilità) e alla mente (calma e vuoto) abbiamo la meditazione, pilastro portante della ricerca del Sè.Detto questo, il silenzio sembra essere quindi il contorno ideale ad un trattamento shiatsu.  Il silenzio per uke, facilita il rilassamento e l'ascolto di sè. Il silenzio per tori, facilita la concentrazione e l'ascolto dei segnali emessi in varie forme da uke, in quanto spontanei od in quanto risposta alle stimolazioni operate attraverso la pressione.  Ma...  Facciamo un passo indietro nel tempo (per qualcuno una lunga camminata) e torniamo ai nostri primi trattamenti shiatsu, quando l'urlo delle nostre caviglie era l'unica "percezione" del ki, e quando insieme ad i nostri compagni di studio (o di esplorazione?) ci calavamo in quella dimensione così magica e meravigliosa che è il tocco, specie quando è mediato da una visione spirituale ed energetica come quella orientale.  Fate mente locale. In genere sono ricordi molto forti, e molto belli, che spesso ci danno la forza di continuare anche in quelle giornate in cui non sappiamo cosa rispondere ai nostri figli o ai nostri amici quando ci chiedono: "Ma tu che lavoro fai?".Ora che siete tornati sul vostro primo futon, sarà facile ricordare anche i vostri amici aspiranti shiatsuka, i vostri compagni di gioco e di stupore.  Bene. Vi ricordate (ce n'è sempre almeno uno, in ogni gruppo) di quell'amico/a, che mentre voi eravate in difficoltà nel percepire sensazioni del tipo "duro", "morbido", "freddo", "caldo", descriveva invece chiare percezioni e visioni mistiche in technicolor? Che quando voi sentivate l'elemento legno come il ki di un albero, la spinta vitale della primavera, lui/lei vedeva direttamente la croce di Gesù Cristo? Che passava più tempo seduto in seiza, di fianco al partner in fase di "centratura" pre-trattamento, che a fare pressioni?  Ok. Vedo che vi ricordate. Anzi. Da allora ne avete conosciuti diversi, e forse uno ve lo siete pure sposato. A dire la verità, il tipo "ultra-spirituale" con turbo-aura a vibrazione multipla, è abbastanza diffuso nel nostro ambiente, e comunque, se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. Soprattutto per compensare il suo opposto, il "meccanico" dello shiatsu.    Quello che vi registra al millimetro l'allineamento del bacino, e guai a tornare disassati, che gli hai rovinato tutto il lavoro, e non hai neanche seguito alla lettera i suoi esercizi correttivi. E non te ne venire a parlarmi di emozioni, cali energetici e Niueigge, che sono tutte balle che ciai in testa. La realtà è che mangi da cane e non ti muovi.    Correre! Dieta! Movimento    Ma ritorniamo al nostro amico/a che così facilmente scivola in una dimensione spesso troppo immaginifica, perdendo il contattto con la realtà fisica del trattamento. Ora, a parte gli scherzi, non si tratta di criticare, ma anzi, aiutare a fare tesoro, come sempre va fatto, delle proprie caratteristiche e capacità uniche; utilizzare al meglio i propri punti di forza cercando di porre attenzione ai propri punti deboli. Ed in questo caso il pericolo per questo genere di persone è quello di far diventare il trattamento un rito, che richiede assoluto silenzio, specie da parte di uke, e massima serietà, anzi seriosità da parte di ambedue.  La pressione del silenzio associata alla seriosità di tori può trasformarsi facilmente in una sensazione di op-pressione da parte di uke, che potrebbe risultarne intimidito (e sentirsi solo). E anche per tori l'ostinata ostentazione di un silenzio ascetico che non tollera distrazioni, può in realtà essere un modo per non farsi coinvolgere troppo, mettersi al

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riparo da critiche, e comunque proteggersi dietro ad un formalismo che impedisce una comunicazione più naturale tra i due.    Anche a noi sarà sicuramente capitato, specie agli inizi, che, a metà del trattamento, mentre eravamo al massimo della concentrazione e ci sentivamo così vicini a quella persona, rapiti dalla sensazione di vivere un momento molto intenso e importante per tutti e due, le nostre due vite a contatto, due anime che condividono il ki dell'universo, un momento così sacro...  ...che quello apre gli occhi (orrore!) mi guarda e mi dice che è scomodo (che insulto!), che si è stufato di farsi toccare la pancia (ma... ma...), e che gli piacerebbe molto se gli facessi anche un pò la schiena, che lui è venuto apposta! (ma allora non capisce niente il buzzurro...)    L'errore in quelle occasioni è proprio quello di credere che la bellezza e la sacralità del momento (in cui io credo fermamente) vadano perdute se chi riceve il trattamento parla, o si muove, o si lamenta, o ancora se il trattamento non viene eseguito nel più assoluto silenzio da parte di entrambi.    A volte si evita di parlare o di chiedere ad esempio se la pressione è troppa, per paura di perdere l'immagine che abbiamo creato o ci hanno affibbiato ed abbiamo accettato, e che spesso corrisponde a quella di un sensitivo, o indovino, o "luminare", o comunque uno che sa il fatto suo e che non ha bisogno di chiedere per sapere. Mai. (chi vi ricorda?).  Ed allora ecco che un bel giorno, mentre come sempre, in religioso silenzio, impettito e tutto vestito di bianco, in perfetto stile ... (mettete voi quello che volete) stai dando il meglio di te, uke si gira e timidamente ti chiede: "mm..., eeh,... mi scusi se interrompo il suo lavoro..., posso parlare o la disturbo?". Come se non fosse lui l'oggetto della nostra attenzione, e noi fossimo impegnati a fare qualcos'altro. Ovvero la quint'essenza della distanza.  Cosa fare per evitare tutto questo? Ogni tanto, lasciate andare il silenzio, e fate entrare la vita, con tutte le sue manifestazioni. Evviva dunque i pazienti “impazienti”, che fanno casino, che puzzano, quelli che sembrano anguille che ti scappano da sotto le mani. Quelli che hanno la ridarella, che piangono e che soffrono il solletico. Evviva anche i vicini di casa che mettono la techno, e quel bellissimo e amorevolissimo cucciolo di pastore abruzzese che abbaia così bene!    Ovvero: "VI AMO, BASTARDI!"    Non fatevi intrappolare dal silenzio. Cercatelo, createlo, ma non siatene dipendenti. Il successo dipende dal silenzio che avete dentro, non da quello che c'è fuori.  Anche De Mello affermava che la meditazione che preferiva (ei fu) è quella che si fa in una stanza non troppo lontana dal traffico cittadino, con la possibilità di percepire tutti i rumori della vita che scorre. Se avete bisogno del silenzio assoluto per concentrarvi, vuol dire che state mettendo troppa attenzione fuori e non dentro.  Ciò non toglie che non è il caso di cercarsi rogne e programmare la propria meditazione quotidiana nella mezz'ora di metropolitana del mattino. O fare shiatsu con l'heavy metal. Anche se... (ma qui mi fermo, non voglio esagerare e rischiare di essere messo al rogo per eresia).    MA QUESTO CHE SILENZIO E'?  Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. Anche tra il silenzio e la musica c'è il mare. O la foresta, i delfini, la pioggia, il vento... e tutti i suoni della natura che vengono ormai catalogati e registrati, campionati, alterati, utilizzati nella produzione di musiche che

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assicurano essere rilassanti e vivificanti in quanto l'ascoltarle ci permette di sentirci in un ambiente naturale, anche se viviamo tra cemento e plastica con aria condizionata.  E se il silenzio può opprimere e la musica distrarre, cosa meglio dei suoni "naturali" per accompagnare lo yoga, lo shiatsu, il tai chi e tutte le discipline che cercano di "rilassare" e "armonizzare" il corpo-mente-spirito? Vero. Però anche qui servono avvertenze e modalità d'uso. (Di nuovo? Che noia!) In realtà è tutto molto semplice, e non bisogna laurearsi in agraria per coltivare il proprio orto, essere architetti per spostare qualche mobile, e omeopati per mettersi un pò di arnica sulla bua. Così non serve essere shiatsuka-musicologi per usare bene anche la pressione dei suoni, della musica o del silenzio. Basta usare la consapevolezza e l'esperienza, senza fare le cose distrattamente, o perchè sono di moda.  E chi pratica lo shiatsu ha fatto voto di consapevolezza, dal momento che ci arroghiamo la capacità di "sentire" scorrere la qualità della vita in un altro essere umano.  Ma cosa ci può essere di sbagliato nel mettere un bel cd suoni della natura come sottofondo? Perchè ascoltare il delicato ed ovattato rumore della pioggia autunnale che cade sulle foglie può essere controindicato? PERCHE' SOLO LE MIE ORECCHIE LO STANNO ASCOLTANDO, E MAGARI IL MIO CORPO MI STA DICENDO CHE FA UN CALDO BOIA, E QUINDI CHE CACCHIO C'ENTRA QUESTA PIOGGIA? E L'ODORE DEL MUSCHIO DOV'E'? QUESTO ODORE DI AGLIO E DI PEPERONATA E' QUELLO DEI BOY SCOUT CHE STANNO CUCINANDO SOTTO LE CANADESI O E' LA MAMMA MACROBIOTICA DI MARIO CHE GLI STA PREPARANDO IL PRANZO?  E' vero che la pioggia è rilassante ma l'ambiente deve essere coerente perchè funzioni l'effetto che gli scrittori chiamano sospensione dell'incredulità.  L'immaginazione non deve essere deviata. Insomma, se volete usare un'ambientazione "naturale" come sottofondo, avete bisogno di creare uno spazio fisico "neutro": nè troppo caldo, nè troppo freddo; possibilmente senza odori e senza richiami troppo forti alle caratteristiche reali della stagione corrente o del territorio o della stanza.  Addirittura una volta mi è successo di farmi venire un mal di testa perchè mentre facevo un rilassamento yoga ho messo dei suoni di ruscelli, cinguettii e vento. Peccato che mentre la mia mente si ostinava a creare un pacifico paesaggio di campagna, il mio naso sentisse l'odore del gasolio della caldaia ed il mio corpo sentisse il freddo del pavimento. E così, il prezzo che ho pagato per non voler accettare la stanza così come era e calarmi nel profondo di me stesso, è stato di cadere nella lacerante lotta tra mente e corpo, dove uno cercava di convincere l'altro.  Quindi usate pure la musica delle onde dell'oceano, e le oche selvatiche del Canada, ma attenzione alle controindicazioni alla natura "in pillole". Spesso è molto meglio un genuino rumore di traffico, che una falsa ambientazione del mulino bianco.    Daniele Arnaldo Giorcelli       RECENSIONI 

Hariprasad Chaurasia – KRISHNA’S FLUTE – Oreade Music  La musica indiana non poteva mancare in queste recensioni. Ecco un cd con uno degli strumenti più adatti all’accompagnamento dello shiatsu: il flauto traverso “bansuri”. Chaurasia è un vero virtuoso e potete comprare a colpo sicuro qualsiasi sua registrazione. Sono sicuro che non vi deluderà. In questo caso la musica è particolarmente ipnotica e diventa presto parte del vostro movimento, senza per questo essere invadente.    Keith Jarrett Trio – CHANGELESS – ECM 

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Keith Jarret non ha certo bisogno di presentazioni. E’ uno dei miti del jazz e di tutte le sue contaminazioni. In questo disco lo scopo dichiarato è quello della riscoperta del Sé, del proprio centro, della propria natura, di cosa è essenziale, anche nella musica. Può essere molto interessante paragonare questa “via” occidentale (pianoforte, basso, batteria) a quella orientale di Chaurasia (flauto bansuri). Anche questo cd, in modo molto discreto, vi aiuterà a entrare nelle profondità dell’animo. 

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SHIATSU È MUSICA (articolo pubblicato su Shiatsu News nel marzo 1999)

DALLA TEORIA ALLA PRATICA  Questa volta poche speculazioni e molte informazioni. Un’unica considerazione iniziale.  Ultimamente andando alla ricerca di musica da utilizzare con lo shiatsu, mi sono spesso imbattuto in dischi espressamente consigliati, o addirittura ideati, per lo shiatsu.  Pensate che a volte nelle pagine interne si trovano anche delle spiegazioni su cosa è lo shiatsu e/o la MTC.  Ho trovato perfino uno schema delle 5 fasi di trasformazione, ed un elenco di terapisti!  Ed ascoltando questa musica “fattapposta” mi sono ritrovato a pensare a quelle volte quando, alla fine di un trattamento, sicuro della mia ottima prestazione, aspettavo con un tronfio sorriso sul volto il “risveglio” ed i complimenti di uke…che invece si lamenta del dolore eccessivo delle pressioni, della fastidiosa sensazione di freddo e insomma, non mi è piaciuto per niente questa volta, per favore la prossima volta mi rifaccia le solite cose… Mah!!  Non voglio giudicare il metodo e gli scopi di chi scrive musica espressamente per lo shiatsu, massaggi, tai-chi, etc. Posso solo rilevare che fin’ora, l’unica musica che mi piace usare con lo shiatsu, non è pensata per lo shiatsu. Forse la strategia migliore è anche qui quella di svuotarsi e aspettare che i segni si presentino, ovvero che la musica nasca spontaneamente dal cuore, senza costringere la creatività a percorrere binari predefiniti.    Ad ogni modo ecco qualche piccolo trucchetto per procurarvi ed utilizzare la musica “giusta”, seguendo ovviamente i vostri personalissimi gusti. Ed un bel po’ di segnalazioni che spaziano nei vari generi musicali    DOVE TROVARE LA MUSICA GIUSTA  1. Il negozio sotto casa  Piccolo può anche essere sinonimo di qualità. Anzi, in genere i piccoli negozi possono competere con le grandi reti di vendita solo specializzandosi in qualche genere musicale e attraverso servizi quali il pre-ascolto del disco o la competenza del venditore. 

2. Il grande negozio in città  In questo caso, o hanno tutto, o devono anche loro fornire un qualche servizio all’acquirente, e quindi questo significa avere del personale competente. In questo caso, è possibile cercare con successo, anche se quasi sempre è impossibile ascoltare prima di acquistare. 

3. Per corrispondenza  Qui non è proprio possibile ascoltare prima, ed il rischio di prendere cantonate è alto. E’ pur vero che nei cataloghi ci sono le recensioni, ma i gusti sono gusti e la musica giusta per fare shiatsu non è facile a trovarsi (vi rimando alla prima puntata). In questo caso, un buon rivenditore per corrispondenza, specializzato in musica New Age, Jazz o Tradizionale è:  Dream City - 167-829018 numero verde  C’è anche il relativo sito internet ma non è per niente aggiornato. Fatevi mandare il catalogo completo.    4. Internet  Le spese di spedizione dall’america sono alte, ma il gioco vale la candela. C’è TUTTO. E nel sito che vi segnalo, c’è anche la possibilità di ASCOLTARE PRIMA DI COMPRARE (!) alcuni brani del cd che ci interessa. D’accordo, la qualità del suono (Real Audio, software

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scaricabile gratuitamente) non è eccelsa, ma sufficiente a farci capire di che “musica” si tratta.  Il sito è Cd Now: www.cdnow.com  Probabilmente tra un po’ (non subito) potremo vedere anche siti italiani di vendita CD paragonabili per qualità, ma per ora gli americani grazie alla loro esperienza e diffusione sono imbattibili.  (Nota recente -2003-: adesso i siti italiani sono aumentati e sono a volte tematici. Fate qualche ricerca!)  (Nota del 2010: ora è tutto cambiato, siamo nell’era di Itunes e di decine di siti dedicati oltre che al fenomeno del peer to peer; si è voluto lasciare comunque tutto il testo per memoria di quanto in fretta si sia evoluto il mondo della musica)   Daniele Arnaldo Giorcelli       RECENSIONI    William Ackerman MAGINARY ROADS WINDHAM HILL RECORDS  “Will” Ackerman è il fondatore di questa storica casa discografica che ha saputo riunire moltissimi artisti di grande valore, non solo nel campo della New Age, ma anzi nelle avanguardie del Jazz e della musica etnica. In particolare, presso questa etichetta si trovano molti dischi “acustici”. Come in questa occasione, dove la chitarra sa creare (a volte con l’accompagnamento al piano di George Wiston, altro grande musicista) atmosfere intime e a volte un po’ nostalgiche.     Flesh&Bone SKELETON WOMAN SILVER WAVE RECORDS  Un’interpretazione musicale che trae ispirazione dal libro di Clarissa Pinkola Estes “Donne che corrono coi lupi”. Bello. Unico. Una coppia di artisti, marito e moglie. Lui famoso tastierista, lei voce straordinaria. Se potete, ascoltate la traccia 9 in cuffia, con gli occhi chiusi, ad un buon volume. Da brivido.    Michael Hammer (Yahoel) THE DOORWAY TO THE PLEIADES COUNCIL OF LIGHT  La produzione di Hammer è sterminata. Tutta di alta qualità. Musica elettronica “luminosa”, sottile. E non annoia! Anche se viene espressamente dichiarata come musica per meditazione (e reiki) addirittura “trasmessa” durante alcune meditazioni, non stufa, non è solo ripetitiva, ma contiene lunghe linee melodiche che si seguono volentieri e che ci portano facilmente su stati di consapevolezza più alti.    Al Gromer Khan-Amelia Cuni MONSOON POINT NEW EARTH  Qui invece la ripetizione c’è! Un unico brano per tuto il cd. Ipnotico. Ma anche sensuale. Un esempio ben riuscito di accostamento di suoni elettronici (Khan) e di vocalizzazioni tipiche dell’India del Nord (Cuni).     Chuck Wild LIQUID MIND CHUCK WILD RECORDS  Non è facile a trovarsi. Ma se riuscite a trovarlo non ve ne pentirete. Posso solo dire che il titolo mantiene la promessa. Vi ritroverete a muovervi senza peso nelle profondità dell’oceano, e la vostra mente con voi. Bellissimo. E come tutti i capolavori, unico. Non sono riuscito a trovare altri titoli di Wild. Ed è un vero peccato.      Ludovico Einaudi LE ONDE BMG-RICORDI 

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Entro in uno dei più grandi negozi di musica di Torino. Avanzo con difficoltà tra underground e rap che pretendono la mia attenzione. Finalmente trovo rifugio in un coro a cappella di Schubert. Mi avvicino ad una commessa del reparto di musica classica e chiedo guardandola dritto negli occhi:”Che cosa ti piacerebbe ascoltare durante un massaggio?”. Risponde automaticamente: “La musica per massaggi è al piano…”, ma il mio sguardo le fa capire che non è quella la musica di cui sto parlando. Intanto si avvicinano gli altri due commessi che capiscono che sta succedendo qualcosa di interessante e che forse gli permetterà di essere qualcosa di più che dei cassieri e/o magazzinieri. Sono cuori e spiriti che amano la musica e che vengono consultati per questo, finalmente. Questo titolo è il risultato di quel pomeriggio.    Daniel Kobialka TIMELESS MOTION OREADE MUSIC  Ex bambino prodigio, ora adulto dedito ad arrangiamenti di brani famosi come questo Pachebel Kanon. Delle decine di versioni questa è particolarmente adatta ai nostri scopi. Ci sono anche altri due brani di Kobialka che dimostra di essere anche buon compositore.     Nightnoise AT THE END OF THE EVENING WINDHAM - HILL RECORDS  Morbide sensazioni. Luci e ombre su paesaggi celtici. Per tutto il disco la dolce sensazione del ritornare a casa dopo una giornata di lavoro. Mancano solo la famiglia, gli amici, e un buon bicchiere di whisky.  E un caldo massaggio, naturalmente. 

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LA MUSICA DEL DIAVOLO (articolo pubblicato su Shiatsu News nel luglio 1999)

Innanzi tutto grazie a tutti per l’attenzione che mi state accordando. Sono molte le persone che mi scrivono o mi chiamano per avere ulteriori notizie o per raccontarmi le loro esperienze sull’utilizzo della musica durante il trattamento. Ora che sento tutto questo interesse e so che così tante persone sono come me affascinate dalle potenzialità della musica, mi sento stimolato a osare di più, scoprendo poco a poco le carte delle mie sperimentazioni così poco ortodosse.    Due cuori – un ritmo  Diciamo la verità: nessuno di noi può affermare con certezza di sapere perchè la persona che ha ricevuto il trattamento sta meglio (o peggio!). Certo, a proposito abbiamo diverse teorie, ma in sostanza quello che accade è che tutti quelli che operano in qualche modo sulla salute delle persone, non importa se attraverso medicine scientifiche o arti tradizionali, si comportano allo stesso modo. Intervengono, fanno del loro meglio, e poi aspettano che la natura agisca, in curiosa e a volte ansiosa attesa del risultato.  Per noi che facciamo shiatsu è evidente questo ruolo di stimolazione e sostegno dei processi vitali sempre presenti nell'essere umano. E ciò non significa "dare una mano" alla natura. Non ne ha bisogno. La forza della vita è sempre lì, con noi o senza di noi (operatori). Quello che facciamo è aiutare la persona a rimettersi in contatto (consapevolezza) con quella forza e insegnarle a non ostacolarla.  Da questo punto di vista siamo facilitatori e non manipolatori, siamo fulcri su cui la persona fa leva, per innalzarsi ad un livello più soddisfacente di vita.  L'ambiente in cui si svolge questa "reazione chimica" tra paziente e operatore è molto importante, e tra i molti elementi (accennati già in precedenti articoli) la musica può costituire da vero e proprio "catalizzatore".  L'obbiettivo primario che mi pongo in ogni trattamento è sempre quello di entrare non solo in contatto ma anzi in profonda sintonia con la persona che sto trattando.Perchè? Perchè in quella condizione riesco a sentire quasi come se fossero mie, le sensazioni di piacere e di dolore di uke (empatia), e di conseguenza so come e dove premere.Ognuno di noi è una galassia di cellule che vibra ad una certa frequenza, si muove con un certo ritmo, pensa con una certa logica ed evocando particolari immagini e sensazioni sperimenta le proprie emozioni.    Ascoltare la stessa musica (durante il trattamento) è un tentativo di vibrare all'unisono per comunicare, per entrare in risonanza, per incontrarsi, non solo nel punto in cui premo. La scelta della musica diventa a questo punto fondamentale, ed è l'operatore che deve sviluppare sia la capacità di intuire il genere musicale appropriato per quel momento (compreso il silenzio) sia quella di operare al meglio con qualsiasi musica. Ma, come ho già avuto modo di dire, se non siamo sicuri di cosa usare, facciamo domande, e se anche allora non siamo tranquilli, è meglio non usare niente. La musica rappresenta una opportunità di ottenere di più dal trattamento, ma se usata a sproposito si può facilmente trasformare in un ostacolo.    Detto questo, sperimentate e permettevi di sbagliare. E soprattutto non ponetevi limiti. Usate di tutto. E' ovvio che ci sono generi musicali facili e generi più difficili da usare, come ad esempio l'heavy metal o la musica dodecafonica. Però per casi particolari funzionano benissimo. Mi è successo di usare con successo (misurabile a volte dalla rumorosità del russare di uke) anche i Led Zeppelin e i Van Halen. L'unica musica che non uso mai è quella italiana. Per una ragione molto semplice: se nella musica straniera le parole tutto sommato sono un ulteriore strumento (non le capisco, o le capisco con difficoltà), in quella

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italiana ovviamente si seguono le parole e non si riesce a "staccare" la mente razionale, e ad abbandonarsi all’ascolto delle sensazioni interne.    Iniziamo a partire da questa puntata un’esplorazione sulle potenzialità (per quanto concerne la pratica dello shiatsu) di alcuni generi musicali. Per ognuno vi consiglierò inoltre alcuni titoli o musicisti che ritengo di sicuro effetto.    Shiatsu blues  “All’inizio del mondo Adamo aveva il blues perché era solo. Allora Dio venne in suo aiuto e creò la donna: e ora tutti hanno il blues”  Willie Dixon    Anche chi non ha sviluppato la propria intelligenza musicale, anche chi “non ha orecchio”, non può rimanere indifferente ascoltando il blues. Il blues è forza, sofferenza, passione. Il blues è una sfida che l’uomo lancia alla vita, è speranza, è amore e dannazione. Il blues è viscerale, ha la capacità di muovere i sentimenti, perché nasce dalla necessità di esprimerli. Anche se inizialmente, il blues era un urlo di dolore che si alzava dalla comunità nera in america, estirpata, soggiogata e snaturalizzata, con il tempo, alla rabbia si sono aggiunte altre emozioni, fino ad arrivare al blues che conosciamo oggi, più metropolitano, ricco di influssi da vari altri generi musicali, ma sempre con una fortissima anima.  Io utilizzo il blues molto spesso nel fare shiatsu, specialmente quando mi trovo di fronte a blocchi emotivi e rigidità mentali. Aiuta a entrare nella propria ombra, ad accettare anche le parti più scure della propria vita. E lo fa, a differenza della musica New Age, non proponendo il paradiso, bensì l’inferno. Alla serenità preferisce la sensualità, al sacro il profano. E forse per questa sua “umanità”, e per questo riconoscerci più in Paperino che in Topolino, che la musica New Age va presa in piccole dosi, mentre il blues può fare da sottofondo alla nostra vita.  Quali musicisti? Io preferisco il vecchio stile: una voce e una chitarra, meglio se acustica. Per esempio T-Bone Walker e Lightnin’ Hopkins tanto per intenderci. L’unico problema con i “vecchi” è che anche le registrazioni spesso non sono all’altezza e ricordano i fonografi a tromba. Altri interpreti che mi piacciono molto sono l’arcinoto Eric Clapton, specie nelle sue performances acustiche (es. “Unplugged”), ma anche in quelle elettriche (es. “Pilgrim”); o anche Muddy Waters, B. B. King (due musicisti con cui si può andare a colpo sicuro) e John Lee Hooker. Ci sono poi altri bluesman che mi piacciono molto ma che eviterei per quanto riguarda lo shiatsu, poiché già troppo “contaminati” dal rock e dal pop o perché sono in fase di continua sperimentazione. Ad esempio Robert Cray, George Benson, Carlos Santana, Stevie Ray Vaughan.    Daniele Arnaldo Giorcelli

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THE PERFECT STORM

Siamo tutti in cerca di qualcosa.   Chi fa shiatsu con la musica è alla ricerca della “tempesta perfetta”, quella alchemica simbiosi tra contatto e musica che permette di vibrare all’unisono e di entrare l’uno dentro l’altro, di non essere più soli, almeno per qualche minuto.  Di visitare i reciproci universi.  Lo shiatsu permette alla musica di entrare nell’inconscio.  La musica permette alle mani di trovare più facilmente la via per arrivare all’anima.    Però non ci sono garanzie sui risultati.  Serve il tocco giusto.  Che deve arrivare al momento giusto.  Con la musica giusta.    Parliamo della musica giusta.  Del disco perfetto che tutti stiamo cercando. Non è facile trovarlo perché spesso ci imbattiamo in dischi che sono belli… a parte quei due pezzi.  E infatti l’ultima tendenza di molti dei ricercatori di bellezza con cui mi sono confrontato in questi anni è quella di farseli, i dischi.  La moderna tecnologia permette di creare CD anche in casa. Però bisogna fare attenzione a un paio di cosette. Vediamole.    Tanto per cominciare attenzione a non usare i formati di compressione per copiare i brani. Si perdono dati, si perdono vibrazioni che l’orecchio non percepisce (forse) ma che IL CORPO PERCEPISCE. Attenzione perché la musica non si percepisce solo con le orecchie ma con tutto il corpo. Basta provare la differenza tra la musica in cuffia e quella delle casse e quella dal vivo con tanto di vibrazioni energetiche di pubblico e musicisti.L’altro ostacolo è la difficoltà di mettere insieme vari brani senza che il risultato sia una specie di mostro, un golem, uno zombie, un Frankestein. Non basta mettere insieme la musica che preferiamo per  dargli un’anima.    Perché funzioni deve essere ben accostata e accostabile, deve esserci un filo conduttore. Un fattore armonizzante. Se non c’è succede quello che capita alle squadre di calcio che comprano il meglio sul mercato ma poi non riuscendo ad armonizzare i giocatori tra di loro se le beccano anche da squadre con meno campioni ma più affiatate.    Ora sembra che vadano di moda i 5 elementi. In effetti ben si prestano a fare da orientamento per la costruzione di un CD. Molti mi fanno sentire le loro “compilations” degli elementi. Ed è molto interessante scoprire che ognuno pensa al fuoco, alla terra, ecc. in termini musicali assolutamente unici e personali. Ho sentito di tutto. Chi basa i propri accostamenti sul ritmo, chi sulle sensazioni suscitate, chi sugli strumenti utilizzati.    Chi mi conosce bene sa che prendo spesso le distanze da cinesi e giapponesi e che rivendico le mie radici mediterranee. Per questo preferisco utilizzare altri temi per la creazione dei miei dischi. Le 5 fasi mi stanno strette.  I titoli dei miei CD sono cose come: “spazi aperti”, “nostalgia”, “visions”, “carne e sangue”, “dolore”, etc.  Però raramente sono soddisfatto: sento spesso una frattura troppo netta tra un pezzo e l’altro. Non ho uno studio di registrazione e il missaggio è un’arte molto sottile. Per questo motivo preferisco mettermi a caccia del disco perfetto. 

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Io qui sotto metterò ora un brevissimo elenco di alcuni dischi che mi soddisfano pienamente e che a volte mi hanno aiutato a realizzare il miracolo della tempesta perfetta.  Sarebbe bello se qualcuno di Voi lettori condividesse i propri tesori.    Che il dio Pan sia con Voi,  Daniele Arnaldo Giorcelli       RECENSIONI    The Cure – “Disintegration”  Magico.    Eva Cassidy – “Songbird”  Voce straordinaria, musicisti di prim’ordine, ottima registrazione. Toccante.    Angelo Branduardi – “Branduardi canta Yeats”  Poesia + Poesia    Autori Vari – “Afrique Dinamique!”  E’ il disco del convegno FIS di Montesilvano, usato per le “tecniche sinergiche”. Energia allo stato puro!    James Lavelle – “Romania#026”  Non per tutti. Musica Underground. Da sballo.    Miles Davis – “Kind of blue”  Disco storico. Elegante, raffinato.

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DIVENIRE

Ascolto L. Einaudi praticamente dagli albori, adesso approdo a “Divenire” ultima creazione musicale. Sono andata al suo concerto a Torino, ero tra le prime file, l’onda d’urto della musica è arrivata in pieno alla mio cuore, alla mia anima. Sicuramente un capolavoro di “rotondità musicale” che qualcuno definisce senza precedenti; musica particolare, fuori dagli schemi comuni, trasparente, immediata; altri dicono dolce e un po’ malinconica, sensazioni indicibili, dolcissime, pacificatrici con sé stessi e con il mondo, moti di ondeggiamenti romantici, atmosfere raffinate, a qualcuno si scalda il cuore, qualcuno sente il profumo dei fiori…  Einaudi stesso lascia giustamente che la sua musica sia interpretata e del resto è ovvio che sia così.  E io? Io al terzo brano di divenire sarei voluta scappare. Nulla da dire sulla maestria musicale ma la sensazione di fondo è che più che un divenire sia un “affondare”. Dove? Nella malinconia struggente di chi sente che la vita è un raggio di sole bello e caldo ma dietro la finestra però qualcosa che aneli e che non afferrerai mai… divenire come canto del cigno morente, come i toni che vanno dal nero al massimo al grigio scuro su un fondo che è ripetitivo e non ha mai slanci a meno solo del tentativo. La sensazione era di “fine” più che di divenire, di qualcosa in fondo all’anima che non parte e mai partirà, la faticosa e amara consapevolezza del proprio sentire intimo e stanco, ripetitivo fino alla morte, forse un po’ egoico e compiaciuto. Un divenire “straziante”. Io ho un concetto evidentemente più colorato ed energico della vita, lo slancio è slancio! non è buttarsi dal trampolino con i piedi legati e con le ali di Icaro facendo finta di sentirsi un’aquila. Mi sono sentita diversa, come spesso accade, dagli altri che facevano di questa musica un inno; un inno a che? Alla depressione o al martellamento di calli? Ho riascoltato allora i cd precedenti (le onde ad esempio), la musicalità era un po’ più speranzosa allora... mi sa che sta peggiorando… e ancora peggiore è l’ultima colonna sonora composta “sotto falso nome”, direi “senza luce”!  Facendo trattamenti shiatsu e avendo fatto e facendo un lavoro di riequilibrio su di me, prendo coscienza delle mie emozioni e delle sfumature, poi le rivedo nella gente che tratto.  Potrei utilizzare questa musica per esempio per aiutare chi non vuole o non riesce ad “interiorizzarsi” ed è proiettato sempre fuori da se stesso, ma non di certo per un depresso o un malinconico che mi si suiciderebbe in studio. Oppure sì! Trattamento provocatorio con intensificazione del segnale di disagio, da concordare, perché è forte come scelta. Non lo userei per chi è arrabbiato, se sei arrabbiato hai già invertito la rotta e stai risalendo verso la soluzione, se ascolti questo cd rivolgi la rabbia verso te stesso, no buono! Non lo userei a chi mi chiede pace, serenità e speranza. Sembra strano ma a volte è proprio questo che chiedono con disarmante semplicità. E a voi cosa chiedo?? Dimenticate tutto quello che ho scritto, le induzioni ipnotiche di queste righe e ascoltate “divenire”…ascoltate bene e poi chiedetevi quale sia per voi l’anelito alla vita e alla speranza. Quale sia la vera forza di propulsione di un divenire lanciato nel futuro. 

Liliana Tubetti

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PRIMI PASSI VERSO UNA MUSIC SHIN (articolo pubblicato su Shiatsu News nel 2009)

Dalle mie prime sperimentazioni degli anni ‘90 sull’utilizzo della musica nello shiatsu agli ultimi attuali (e ancora inediti) sviluppi sono passati vent’anni. E’ del 1998 il mio primo articolo su Shiatsu News della serie “Shiatsu e Musica”. E’ del 2003 il convegno nazionale di Montesilvano dove ebbi l’occasione di presentare al di fuori dei confini del mio dojo il Gengo Shiatsu, lo stile dove la musica è parte integrante dello shiatsu. Alcuni di voi si ricorderanno anche la ormai famosa ”notte di Montesilvano” dove ebbi il privilegio di condurre un’esperienza collettiva di shiatsu a ritmo di musica (vi ricordate amici quanta meravigliosa energia riuscimmo a scatenare?). In tutti questi anni la sperimentazione è continuata e mi ha messo di fronte ad alcune evidenze che hanno in qualche modo reso ancora più asciutto e diretto il mio modo di fare shiatsu (sia con la musica che senza). In questa nuova serie di articoli eseguirò delle pressioni perpendicolari sulla vostra curiosità, sulla vostra legittima voglia di divertirvi e sperimentare con lo shiatsu. Questa per me è una sfida, credo che lo shiatsu si apprenda per osmosi, e non avervi di fronte in carne ed ossa mi rende l’impresa molto difficile. Ad ogni modo, in ogni puntata sarà trattato un argomento specifico, a volte più filosofico a volte più tecnico, riguardante l’utilizzo della musica nello shiatsu. Non trattenetevi e inviatemi liberamente commenti e domande. Scrivete a: [email protected] nei limiti del possibile e di quanto in linea con le linee editoriali della rivista, alcune lettere e relative risposte saranno pubblicate su Shiatsu News. Namasté, Daniele Arnaldo Giorcelli

Sono ore che guido. Era ancora buio quando sono salito in auto e adesso ho fame. Ho sempre preferito alzarmi presto e vedere l’alba piuttosto che guidare dopo il tramonto. Una volta era perché facevo fatica a rimanere sveglio la sera, ma dopo anni di corsi serali che mi hanno obbligato alla cattiva abitudine di non rispettare il ciclo solare, ho imparato a lasciar passare il treno del sonno e ora se voglio posso rimanere lucido anche durante la notte. Però preferisco sempre il primo mattino. Il profumo dell’aria a quell’ora sa di giovinezza, è come una promessa di vita. Sento entrare l’aria fredda, a volte umida nei polmoni e so già che giornata sarà. E respirare profondamente quell’aria, non perdermi quel momento è come avere le istruzioni per affrontare tutto ciò che seguirà. Mi fermo alla stazione di servizio ma prima di fare il pieno al mio stomaco do da mangiare al cavallo. Faccio il pigro, invece di usare il self-service mi faccio fare il pieno da un addetto dotato di tutti gli optional: tuta e berretto d’ordinanza, faccia inespressiva e auricolari infilati nelle orecchie (ma si può sul posto di lavoro?!) che non gli impediscono comunque di capire la mia richiesta. Noto che mentre lui si ascolta tranquillo la sua musica in cuffia, gli altoparlanti collocati sotto la tettoia stanno diffondendo quella della radio. Evidentemente lui preferisce la sua. Vedo partire un pullman di ragazzi in gita e molti di loro hanno l’i-pod nelle orecchie. Mi viene da ridere pensando che se mio nonno fosse stato sbalzato di colpo qui dal passato avrebbe pensato che questo era un posto per audiolesi visto che tutti portano “l’apparecchio acustico”. Entro in autogrill e la prima cosa che mi colpisce è la musica troppo alta. Decido di passare prima in bagno, dove ci sono... altri altoparlanti e altra musica. Mi sento un po’ frastornato, ma forse è solo un calo glicemico; ora torno dentro e mi faccio un bel panino al prosciutto, un caldo caffè in tazza grande e riparto di slancio. Ma il bel panino che avevo immaginato esiste solo nella mia fantasia. Dalla vetrina dell’autogrill fanno capolino

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schiere di sandwich che per quanto possessori di nomi allegri e fantasiosi sembrano diafani ed affannati reduci di guerra con la lingua di fuori. Da tutti spunta infatti un lembo bianco o giallastro, chiara indicazione della presenza del formaggio. So già come andrà a finire ma non so perché questa volta non sto al gioco e con la gentilezza di un cobra mi rivolgo al barista. - Buongiorno, vorrei un panino al prosciutto. - Vuole un “primavera”? - No, quello ha anche la lattuga e la scamorza... - Allora può prendere un “campagnolo”. - No, quello ha anche caprino e rucola... Vedo che si sta spazientendo e mentendo spudoratamente provo la tattica della compassione. - Mi scusi, ma non c’é un panino senza formaggio? Sa, sono allergico... Ha funzionato, ha cambiato registro e si è messo effettivamente a cercare qualcosa senza formaggio ma (e io me la sto ridendo sotto i baffi) ovviamente non troverà nulla. Anche lui è sorpreso, non ci ha mai fatto caso. In questo momento sono il suo bodhisattva, sta per illuminarsi: si è reso conto che nel bancone tutto, TUTTO è con formaggio. Sono felice, la mia missione per oggi è compiuta: un illuminato al giorno. Però ho ancora fame...

A me piace la musica, amo il cibo e anche il formaggio, ma cerco di usare rispetto e attenzione. E’ anche un fatto di cultura. Un barolo non si tracanna d’un fiato come fosse aranciata. Va assaporato. E’ un vino da meditazione. Ma qui si aprirebbe l’enorme capitolo di come si vive e di quale valore si dà al tempo nella nostra società. E prima o poi ci torneremo perché ovviamente lo shiatsu ha molto a che fare con aspetti riguardanti il tempo: richiede tempo per essere appreso, per essere applicato e per produrre risultati e quindi lo shiatsuka tira il freno a mano nella vita di uke ma non sempre questo fatto è apprezzato. Ora come ora è utile notare quante cose in comune abbiano musica e formaggio. Li si vuol fare diventare dei duttili fac-totum, dei riempitivi. Sono dappertutto. Così come il formaggio viene messo il più possibile perché nasconde il rancido dei salumi di cattiva qualità, lega, dà consistenza al pane che non ne ha e perché da gusto con poca spesa, anche la musica ci segue ovunque. Addirittura si vive in una continua musica di sottofondo: palestre, supermercati, ristoranti, negozi, metropolitana, bar, parrucchieri, auto, uffici, casa, telefoni, aereo, auto, a piedi, in bicicletta... sembra che sia difficile stare senza musica, sembra che si debba coprire un vuoto che fa paura: non si è più capaci di ascoltare se stessi e la natura? C’é anche la musica da meditazione!!! Quando ho fatto vedere il film “Alien” a mio figlio, ero pronto a ricevere critiche sugli effetti speciali un po’ datati, ma confidavo nella continua tensione sapientemente sviluppata dal regista, invece il suo commento è stato: “C’é troppo silenzio in questo film, e poi è troppo lento...”. Il punto è: dopo queste riflessioni avete ancora voglia di mettere la musica di sottofondo per fare shiatsu? Se sì, continuate con la lettura. Siete proprio appassionati... come me. Vediamo come farlo senza farci (fare) del male.

Una questione di intensità Non importa quale stile di shiatsu io stia utilizzando, per me l’Intensità è il più grande obbiettivo. Spostare la persona da dove si trova. Convincere i suoi sistemi omeostatici a trovare un altro equilibrio, migliore di quello in cui si è stabilizzato il suo corpo-mente. Fino a quando siamo vivi siamo in equilibrio. Ci sono però equilibri migliori e peggiori, stabili e instabili. Quando il nostro è un equilibrio nella sofferenza (ci si abitua a tutto) chi

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cerca di portare il sistema omeostatico su un altro livello fa terapia (non importa se energetica o no). Se invece non c’é sofferenza ma si vogliono sperimentare stati di coscienza “altri” o realizzare potenzialità di piacere e/o prestazioni psico-fisiche più elevate, allora dovremo cercare un’eccellenza e spingere al limite tutti i sistemi. Questo significa operare nel campo del benessere. Lo shiatsu può essere un valido strumento per entrambi i tipi di riequilibrio “energetico”, inteso come una riconfigurazione, una ritaratura del sistema-uomo. Ottenere risultati, riuscire effettivamente a produrre dei cambiamenti anche piccoli ma percepibili già durante il trattamento significa essere intensi. Noi non usiamo il bisturi e neanche le molecole. Non siamo come il famoso Dottor House che considera il paziente un ostacolo da evitare posto tra lui e la malattia. Noi facciamo fare delle esperienze. Possiamo intervenire e produrre risultati anche senza una vera partecipazione da parte di chi riceve il trattamento ma i migliori risultati si ottengono solo grazie alla condivisione. Lo shiatsu non è fare qualcosa addosso a una persona o a qualche suo apparato, significa entrare in relazione. Creiamo momenti di frattura con la normalità del sentire grossolano, per accedere alle possibilità di attivazione del sentire sottile. La musica può essere un potente alleato, un catalizzatore che facilita queste esperienze, ma ovviamente se usata nel contesto sbagliato o senza la necessaria consapevolezza può trasformarsi al contrario in distrazione, o mille altre cose che aumentano la distanza tra uke e tori o tra uke e se stesso. Per questo, se vogliamo utilizzare al pieno delle sue potenzialità la musica (e per me questo è l’unico modo) dobbiamo sviluppare una specie di music-shin che si affianchi alle classiche quattro: bo, bun, mon e setsu shin (osservazione, ascolto, interrogazione, tocco).

Prima considerazione: metterla o non metterla? La prima considerazione è quindi cercare di capire se sia il caso di mettere la musica durante il trattamento. Dico subito che mano a mano che passano gli anni la metto sempre di meno, ma quando la metto cerco di usarla veramente come un terzo braccio. Ma non è facile. Una volta chiedevo alle persone se volevano della musica di sottofondo e che tipo di musica volessero ascoltare (e già qui il primo gradino: bisogna avere moltissima musica per soddisfare tutti). Punto e basta. Dopo di che cercavo di armonizzare il trattamento e la musica scelta da uke (o da me se non esprimevano preferenze). Però, a volte, sì lo ammetto, mettevo la musica, ma non è che la mia tecnica fosse influenzata più di tanto: musica da supermercato per l’appunto. Ma quella fase non è durata molto. Quindi ora non basta più chiedere se vogliono la musica e quale. Devo fare una music-shin. Cerco di capire se la persona è già desensibilizzata da un uso quotidiano e superficiale della musica (vedi sopra) oppure se c’é qualche possibilità di non declassare lo shiatsu ad uno dei tanti momenti da “arricchire con il formaggio”. Dopo di che iniziano valutazioni più complesse su come realizzare un trattamento dove EFFETTIVAMENTE musica e tecnica siano diverse espressioni di un unico intento.

Musica no - Musica si Sente musica passivamente gran parte del giorno - Ascolta la musica con attenzione Vive in ambienti rumorosi - Vive in ambienti tranquilli E’ molto stanco - Non è debilitato Ha poca intelligenza musicale - Apprezza molti generi musicali Ha scarsa consapevolezza corporea - Sa dare indicazioni precise rispetto alle sue percezioni fisiche

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E’ emotivamente instabile - Anche se soffre psicologicamente per qualche situazione attuale o passata non muta repentinamente umore Ha problemi di udito - Sente bene da entrambe le orecchie E’ ai primi trattamenti shiatsu - Conosce già lo shiatsu Parla durante il trattamento - Sa rimanere nelle sensazioni durante il trattamento Si addormenta facilmente durante il trattamento - Sa rilassarsi senza dormire

Seconda considerazione: l’educazione musicale e la consapevolezza psicofisica Lo shiatsu è linguaggio non verbale ed in quanto tale deve adattarsi alla persona. Se una persona parla solo in dialetto, non si può parlare in italiano colto. Se parlo con un bambino, per farmi capire, non posso usare termini tecnici e metafore per adulti. Se faccio shiatsu ad una persona con una consapevolezza psicofisica simile a quella di una Barbie, è inutile, anzi controproducente, esibirmi in tecniche acrobatiche e ascolti minimalisti. Nel primo caso sarò fermato da arti rigidi e controllati, nel secondo la persona dopo un po’ mi chiederà se sono stanco o quando incomincia il massaggio (ovviamente tutte esperienze che ho vissuto...). Si deve adattare lo shiatsu alla persona, la complessità delle manovre deve essere proporzionale alla capacità di essere comprese e utilizzate dal corpo-mente di uke come esperienze importanti. Ebbene, se si vuole utilizzare la musica nello shiatsu, una minima base di consapevolezza corporea non basta! Dobbiamo aggiungere un certo orecchio, una decente capacità di distinguere ed apprezzare vari generi musicali. Se sono ascoltatori monotematici, se piace solo un genere musicale, se non “sentono” il ritmo, o peggio, se vi accorgete che non sono attirati o coinvolti dalla musica, lasciate perdere. Perderete il vostro ed il loro tempo. Cadrete nella casistica dei trattamenti “subiti” e non in quella dei ricevuti.

Terza considerazione: quale musica? Qui si aprono molte possibilità. Una volta passato il Rubicone della scelta di mettere la musica le direzioni possibili sono molte e dipendono dall’obbiettivo del trattamento. Di sicuro si dovrà uscire dalla dicotomia tonificazione/sedazione e chi è abituato ad utilizzare i meridiani come orientamento non pensi a facili associazioni del tipo genere musicale/meridiano! Per semplificare, diciamo che qualsiasi genere può potenzialmente essere utilizzato, non solo la solita musica “rilassante”. Preparatevi a usare rock, disco, hardcore, metal, underground, afro, blues, jazz, melodica, sinfonica. Tutto. E a volume medio alto. Usare il volume basso significa ricadere nel sottofondo che come prima cosa non deve disturbare troppo e dove quindi tutto diventa uguale. Usare la musica richiede coraggio. Non è infrequente l’errore che rovina il trattamento. Dobbiamo essere pienamente consapevoli che quando usiamo la musica stiamo rischiando tutto con la speranza di raggiungere l’esperienza di picco. Questo è un ulteriore motivo per utilizzare la musica con parsimonia. Non si può vivere sulla cima dell’Everest. Ogni tanto si può salire fin lassù, se il clima e la nostra forza ce lo permettono, ma non possiamo costruirci la casa.

Quarta considerazione: il trattamento deve essere coerente con la musica Uno degli aspetti più affascinanti del tango argentino è che quando si entra in una milonga e si osservano le coppie danzare, non ce n’é una che faccia le stesse cose di un’altra. Creatività, interpretazione. Eleganza, passione. Ma, specie in Italia a detta dei miei maestri argentini, capita spesso di vedere coppie che eseguono moltissime figure, anche notevoli, ma completamente sconnesse dalla musica, arrivando a produrre un effetto ridicolo o penoso a seconda dei gusti. Lo stesso vale per lo shiatsu fatto con la musica. Connettere, armonizzare la singola manovra con la musica.

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Questo è il cuore di tutto il sistema, questa è la difficoltà suprema. Si devono “accordare” le istanze energetiche di uke, con le azioni eseguite dalle mani di tori che devono esprimere fisicamente le ispirazioni della musica. Incominciamo ad intravedere un nuovo panorama fatto di trattamenti che non possono essere protocollati o programmati a priori, che non possono basarsi sui kata, ma su punti chiave generali e strategie aperte, e soprattutto su una completa padronanza della tecnica per non essere obbligati a scegliere la comoda via di fuga del trattamento “libero” o meglio anarchico. Dobbiamo incominciare a farci delle domande sul nostro stile, se ci permette di usare la musica e quale. E’ qui che incominciamo a modificare o meglio integrare le classiche strategie dei modelli di shiatsu con le possibilità offerte dalla musica. E attenzione a non fare musicoterapia. Il mio approccio è tutto tranne che musicoterapico. Le mie correlazioni tra musica ed effetti procurati non possono essere coincidenti con quelle fornite dalla musicoterapia. Il contesto dell’ascolto è molto differente. La musica durante lo shiatsu va fatta riverberare grazie alle mani dello shiatsuka. La persona deve sentire la musica “addosso” e partecipare in modi più o meno sottili. E’ su questa ricerca di coerenza, connessione, armonizzazione, che sono impegnato da tanti anni ed è su questo che scriverò nelle prossime puntate.

Quinta e ultima considerazione: si dà per scontato che tori abbia buona tecnica e buona intelligenza musicale e possa ascoltare quello che serve per uke Meditate sul fatto che la tabella riportata sopra vale per tori così come per uke! Ricordo che la musica è un attore principale e attivo del trattamento, è una terza mano con cui sto eseguendo delle pressioni, e visto che la pressione della musica la ricevo anch’io come shiatsuka, non la posso mettere sempre, tutto il giorno, tutti i trattamenti perché (oltre a quanto già affermato) altrimenti a fine giornata sono stordito. E devo essere in grado di utilizzare qualsiasi genere. A meno che metta solo la musica che piace a me (o che mi bilancia in quel momento) e non mi interessi delle VERE esigenze di uke.

Le cattive notizie Lo shiatsu a questi livelli non è democratico. Non è un gesto naturale. E’ frutto di una certa predisposizione, di una certa sensibilità che non si può creare dal nulla. E il solo talento non basta. Si deve studiare e praticare per anni prima di poter padroneggiare la tecnica e avere tutti gli strumenti tecnici e teorici necessari. E neanche i nostri clienti sono tutti adatti a cogliere a pieno le possibilità dell’immersione in queste esperienze. Alcuni sono da educare, possono crescere o possono addirittura aiutarci e farci crescere, ma non tutti potranno vivere questi momenti.

Le buone notizie Tutte le volte che sono alla partenza di una maratona non mi dico che correre per 42 chilometri è un’impresa impossibile, che è troppo per me. Parto con la consapevolezza di incontrare il mio limite. Non sarà il tempo impiegato a percorrerla a dirmi che è stata una buona gara, ma come mi sarò comportato durante la corsa. Se sarò riuscito a godermi il percorso e tutte le meravigliose sensazioni del correre. Se avrò trovato dentro di me le risorse per superare le difficoltà. Se avrò sofferto con dignità. E allora il traguardo sarà molto dolce e pregno di significati e soddisfazione. Di fronte alle difficoltà del lungo viaggio per diventare ottimi shiatsuka non dobbiamo scoraggiarci. Cercare l’eccellenza di un trattamento fatto con la musica è un bel modo per scoprire e fronteggiare (e magari superare) i propri limiti. Costringe a migliorare la sensibilità e soprattutto la tecnica. E sono molte le soddisfazioni intermedie in questo percorso. Garantito.

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Ma sullo splendore e la gioia di un trattamento riuscito, di una meravigliosa esperienza condivisa con uke non posso dire nulla. Posso solo augurarvi di viverle.

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SHIATSU ARRICCHITO O SHIATSU IMPOVERITO? (articolo pubblicato su Shiatsu News nel 2010)

Come io stesso ho affermato nello scorso articolo, bisogna fare molta attenzione nell’utilizzare la musica durante un trattamento Shiatsu. Partendo con la più che legittima ambizione di ottenere qualcosa in più, potremmo al contrario essere presi in contropiede e ritrovarci invischiati in tutta una serie di problemi inaspettati che riducono gli effetti delle nostre pressioni. Questo rischio si corre tutte le volte che decidiamo di “arricchire” lo Shiatsu, non solo con la musica ma con qualsiasi altro elemento, teorico o pratico. Non è male quindi fare alcune ulteriori considerazioni prima di dedicarci agli aspetti più tecnici e operativi che tratterò nella prossima puntata. Sono convinto che queste riflessioni siano molto utili anche al di là della proposta musicale e se continuate a leggere credo capirete ben presto il perché.

LESS IS MORE Il Blues a volte assomiglia allo Zen. Spesso i maestri di questo genere musicale affermano che less is more ovvero che meno è di più, intendendo che poche note ben suonate e ben collocate sono meglio di troppe note ammassate. L’arte di considerare e di ricercare il vuoto ed il silenzio come elementi di pienezza. Analogamente nello Shiatsu quando cerchiamo di fare di più dobbiamo fare attenzione a non cadere nella trappola di fare peggio. Anche se animati da buone intenzioni, cercando di arricchire la nostra tecnica, potremmo invece impoverire la qualità dei nostri trattamenti. Masunaga è venuto dopo Namikoshi ed ha “arricchito” lo Shiatsu preesistente di nuove manovre (ad esempio gli stiramenti) e di nuovi strumenti (ad esempio i gomiti). Anche dal punto di vista teorico ha aggiunto molto e la sua mappa dei meridiani con nuovi percorsi ne è un esempio. Ma i rappresentanti della scuola Namikoshi hanno accusato per lungo tempo lui (e i suoi imitatori) di aver in realtà “impoverito” lo Shiatsu, inseguendo fantasie energetiche e utilizzando tecniche e strumenti inadeguati per eseguire le pressioni. Ma anche i praticanti dello stile Iokai e derivati non si sono risparmiati le critiche dando dei “sempliciotti” ai sostenitori della shiatsuterapia Namikoshi perché agiscono solo sul piano fisico del corpomente senza tenere in considerazione il piano di esistenza energetico. Nel mio percorso, fin da tempi non sospetti ho utilizzato entrambi i modelli ed ho sempre ritenuto sterili, superficiali e sostanzialmente errate anche dal punto di vista teorico le contrapposizioni delle due scuole. Anche se orgoglio e politica a volte offuscano le idee la verità alla fine prevale e sono quindi molto felice di sentire spirare ora un vento ecumenico: per fortuna si stanno superando le reciproche diffidenze. Possiamo però utilizzare questa esperienza di opposizione come un importante spunto di riflessione sulla relatività di cosa sia giusto aggiungere o togliere dalla nostra pratica, cosa considerare evoluzione e cosa involuzione.

DALLA CINTURA DEI PANTALONI ALLO SHIATSU PRANOTERAPICO Qual è il “principio attivo” dello Shiatsu? Ovviamente la pressione, ma non tutte le pressioni sono Shiatsu anche se portate su tsubo e meridiani. E’ probabile che mentre state leggendo questo articolo stiate indossando dei pantaloni che sono tenuti da una cintura che sta premendo diversi punti, ad esempio nella zona del Tanden e in quella del MingMen. Però non credo che indossare tutti i giorni i pantaloni ci stimoli particolarmente la vitalità e non incida sulla circolazione del Ki nei canali straordinari. E che dire di certi orologi con fibbia che lasciano a volte addirittura i segni sul polso? Sono utili in caso di ansia? Direi di no, anzi a guardare l’ora di continuo l’ansia aumenta. In compenso se ci mettiamo un morbido braccialetto di gomma per il mal di mare che preme discretamente sul punto

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NeiGuan molto frequentemente la stimolazione ha effetto e ci risparmia la nausea da cinetosi. Perché vestiti e accessori d’abbigliamento non agiscono in modo significativo sulla circolazione energetica ma un braccialetto sì? Domanda interessante, e non siamo ancora nel campo dello Shiatsu. Lo Shiatsu è una pressione che viene portata da una persona su un’altra, sono due sistemi energetici, due vite che si incontrano e quindi con maggiori potenzialità di quelle offerte da un cerotto con sferetta ma anche da un ago di metallo. Per questo motivo lo Shiatsu può essere qualcosa di più, e lo shiatsuka deve essere qualcosa di meglio di un elastico, di un braccialetto di gomma o di una poltrona shiatsu. Ma cosa rende diverse queste pressioni? Cosa fa funzionare cosa? Anche se istintivamente si affollano una gran quantità di risposte (anche indignate), una chiara e solida spiegazione non è così banale. La spiegazione può essere molto interessante e articolata ma non è questa la sede adatta. Mi è sufficiente però tirare in ballo anche solo uno degli elementi fondanti la teoria energetica per comprendere alcuni meccanismi d’azione dello Shiatsu: l’attenzione. I gambaletti non vengono venduti con l’avvertenza di non indossarli nei primi mesi di gravidanza perché se l’elastico è troppo stretto e preme su M6 si rischia l’aborto, un berretto anche se calzato con forza sulla fronte non stimola il terzo occhio: sono pressioni che non attirano l’attenzione del nostro corpomente. Quando invece ho grande interesse a non vomitare durante un viaggio, sarò molto coinvolto dalla pressione del braccialetto che sento sul polso. Dove va l’attenzione lì va l’energia. E non si tratta di effetto placebo che è pur sempre dietro l’angolo. Qui si sta parlando di essere presenti, attenti, partecipare al processo. Se lo shiatsuka si pone solo come esecutore di giuste pressioni dal punto di vista meccanico, non è escluso che la tecnologia possa fornire validi sostituti del pollice. Tutte le informazioni che riceviamo durante la nostra formazione di shiatsuka servono a portarci di fronte alla porta della “giusta pressione” ma siamo noi, ovvero la nostra sensibilità ed empatia a permetterci di varcarla. Per questo lo Shiatsu è e rimarrà sempre un’Arte. Lo shiatsuka deve fare pressioni coinvolgenti, attirare con forza l’attenzione del corpomente di uke nel modo più totalizzante possibile e realizzare una risposta molto intensa. Non serve a nulla fare bene il compitino, indovinare i meridiani, le zone e i punti se poi li tratto in modo insulso e superficiale. E’ molto meglio fare buone pressioni anche se in zone non particolarmente azzeccate. Da qui il mio motto: “E’ meglio un trattamento sbagliato fatto bene, che uno giusto fatto male”. Si possono fare pressioni formalmente corrette che hanno un certo effetto, ma per attingere al pieno potenziale della risposta ci va ben altro che la perpendicolarità e l’uso del peso. Ecco perché durante i trattamenti possiamo realizzare diverse qualità: pressione non c’é uso di hara, la forza deriva tutta da uno sforzo muscolare, siamo nel campo della digitopressione. Questo tipo di tocco può attivare una risposta anche se le percezioni di uke sono del tipo “Qualcuno sta facendo qualcosa là fuori” e quelle di tori sono “Qualcuno sta facendo qualcosa là dentro”. appoggio hara è presente ed è fisico, è nella sua veste di centro di gravità, la pressione è muscolare (posturale). La risposta di uke si attiva più facilmente di prima e la percezione é di “Incontro all’esterno”. entrare, penetrare hara diventa più sottile, più mentale, si ottiene il permesso di entrare e una volta dentro la risposta coinvolge strati più profondi del corpomente. Tori riesce ad avere il giusto

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atteggiamento, il giusto Come. Questa comunicazione attiva e da’ una direzione alla risposta. La percezione è di “Incontrarsi dentro uke”. fusione hara acquisisce una valenza spirituale, si entra in reciproca risonanza, in reciproca attivazione. “Ognuno entra dentro l’altro”.

Queste qualità sono in progressione, non c’é fusione senza entrare, non c’é entrare senza appoggio. Per attivare i punti non basta toccarli, bisogna arrivarci quando sono pronti, ecco perché ci va un certo tempo per generare una forte risposta, il tempo di preparare il terreno, di passare da una modalità all’altra. Il passaggio può avvenire più o meno velocemente ma non è mai una questione di peso, il peso dipende da ciò che è gradito a uke, da ciò che serve in quel momento. Non si può associare la progressione ad un progressivo alleggerimento. Anche lo spirituale può essere raggiunto con pressioni molto pesanti. Ricordiamoci che la pressione gentile può sfociare nell’insulso e quindi irritante e quella forte può sfociare nel violento e quindi invadente. Quella troppo leggera può sfociare nel non-shiatsu, quella troppo pesante può sfociare in un brutto trattamento ma pur sempre Shiatsu.

Voglio sottolineare però che tutto ciò deve essere realizzato attraverso la tecnica Shiatsu per come la conosciamo e la proponiamo. Mentre premiamo non dobbiamo fare operazioni energetiche come un praticante di Chi Kung od un pranoterapeuta. Ci dobbiamo basare sulla “sola” (!) qualità del tocco e della nostra centratura. Anche se a volte inconsciamente si rischia di scivolare nello shiatsu “pranoterapico”, specie quando ci sembra che quello che facciamo non sia sufficiente per aiutare una persona con problemi gravi o situazioni difficili. E così arricchiamo lo shiatsu di pratiche che shiatsu non sono più.

SHIATSU ARRICCHITO O SHIATSU IMPOVERITO? Siamo tornati finalmente al punto di partenza: cosa arricchisce e cosa impoverisce lo Shiatsu? Aggiungere stiramenti alle pressioni migliora o peggiora la qualità di un trattamento? Aumentare il numero di meridiani è un’evoluzione o un’involuzione? Fare operazioni sull’aura o recitare mantra durante una pressione fisica è ancora identificabile come Shiatsu? Cosa ci fa sentire la necessità di introdurre altro oltre alla pressione perpendicolare portata con hara? La sicurezza e la creatività o la ricerca di soluzioni alternative dettate dalla pigrizia e dall’insicurezza nei nostri mezzi? Ho appena aperto una finestra su un panorama molto vasto che ora riduco al solo campo della musica. A cosa serve aggiungere la musica durante un trattamento? E’ ancora Shiatsu? Ovviamente la mia risposta è positiva, la musica può aggiungere un maggior coinvolgimento, una maggiore attenzione e partecipazione e quindi maggiore energia attivata (sia in uke che in tori!). La singola pressione può essere vissuta più intensamente. La sequenza delle pressioni può rimanere impressa più a lungo ed il trattamento Shiatsu acquisire un senso complessivo più forte. Realizzare tecnicamente questo connubio è una bella avventura.

Che il dio Pan sia con Voi, a presto, Daniele Arnaldo Giorcelli

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LA GRANDE SFIDA DELL’IMPROVVISAZIONE (articolo pubblicato su Shiatsu News nel 2010)

Negli articoli precedenti abbiamo visto perché usare la musica durante un trattamento shiatsu può amplificarne gli effetti sia in positivo che in negativo. Dopo aver definito tutti i pericoli e le necessarie avvertenze è finalmente arrivato il momento per tuffarci nella strategia esecutiva di un trattamento con la musica (per quanto possibile attraverso le parole e senza un futon ed uno stereo a disposizione). Buona immersione.

Al cinema non ho mai amato il genere horror che ho sempre evitato. Beh non proprio sempre. Non mi piace essere spaventato da urli improvvisi e immagini scabrose, da mostri, torture e dannazioni varie, ma la curiosità è più forte di qualsiasi paura. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. E così qualche film horror me lo sono sorbito pure io. Cercando di non cedere all’effetto che tutti i registi e gli scrittori conoscono bene, la sospensione dell’incredulità, che ci fa identificare con i personaggi del film o del romanzo grazie alla nostra innata empatia ed alla tendenza a cadere in una specie di ipnosi (sonno della consapevolezza) guardavo questi film sempre con un certo distacco, mantenendo una certa presenza “di sicurezza”. E così ad un certo punto ho fatto anche degli esperimenti ed ho scoperto che se si guarda un film del terrore senza audio il potenziale emotivo viene completamente disinnescato. A volte il film diventa addirittura comico. Il potere della colonna sonora! Questo fenomeno è dovuto per gran parte ad una questione atavica che riguarda le nostre paure più radicate che non sono quella del giudizio degli altri, di affogare, dei serpenti, dei ragni o quella di non riuscire ad avere successo nella vita (benché molto diffuse). Le due paure che tutti quanti condividiamo per nascita sono quella di cadere da luoghi alti e quella dei rumori forti ed improvvisi. Non è questo lo spazio per discutere sul perché di questo fatto ma a noi basti ricordare quanto i suoni siano importanti per la nostra psiche. Dove a volte non arriva la bravura degli attori arriva quella della musica. Non è un caso che gli oscar vengano dati anche agli autori delle colonne sonore. Continuando gli esperimenti potremmo immaginare di mettere una colonna sonora rabbiosa sullo sfondo di un film comico, usare la musica meditativa per accompagnare una commedia od un film d’azione. Si percepirebbe subito una dissonanza, una incoerenza che impedirebbero di apprezzare sia il film che la musica anche se entrambi di ottima qualità.

COERENZA Buttiamoci improvvisamente sul futon e rendiamoci conto che questo è infatti il primo e più importante elemento strategico da seguire per utilizzare con successo la musica durante un trattamento shiatsu. Manovre shiatsu e colonna sonora devono essere coerenti, devono indurre emozioni, sensazioni, visualizzazioni della stessa natura. Questo richiede una piena consapevolezza di cosa induca un certo genere di tocco, di pressione, di manovra, di (attenzione a questo dettaglio) sequenza di manovre. Idem per la musica. Si deve avere una certa consapevolezza di quale stato d’animo induca un certo disco, un certo brano, un certo autore. Se sia per lo shiatsu che per la musica possiamo avere da subito un discreto margine di certezza, per altri versi è solo la reciproca conoscenza tra tori ed uke che ci può dare maggiori garanzie. Non per tutti un trattamento leggero è rilassante, per alcuni è irritante o insulso. Non per tutti raggiungere il limite piacere-dolore è gratificante, per alcuni è sinonimo di violenza. E per ciò che concerne la musica i gusti sono gusti, anche se possiamo ragionevolmente collocare i vari generi musicali in ambiti ben precisi, concedendoci dei margini nell’interpretazione.

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Aggiungiamo ancora un dettaglio: non si può mettere la musica a priori, la scelta dipende dal tipo di istanze che uke mi sottopone. Mi sta chiedendo un trattamento per avere sollievo da dolori fisici, psicologici, da stanchezze o per godersi il piacere del tocco e raggiungere stati profondi di auto-percezione, meditativi? Si tratterà di integrare quindi la nostra abituale strategia shiatsu con quella musicale.

Faccio un esempio: se dopo la diagnosi di hara decido di trattare Polmone in tonificazione e Fegato in sedazione che musica metterò? Prima farò la diagnosi su hara poi interromperò il trattamento staccandomi da uke e andando a scegliere il giusto cd negli scaffali, lo metterò nello stereo e poi mi inginocchierò di nuovo accanto a uke riprendendo il trattamento? E come sceglierò la musica? In base alla combinazione dei meridiani che devo trattare? Evidentemente non è possibile usare questo tipo di approccio. Così come altrettanto evidentemente non è questa la sede per una trattazione completa dell’argomento. Posso però affermare che si dovrà stabilire comunque prima di iniziare il trattamento quale musica mettere in base alla scelta non del COSA FARE ma del COME PREMERE. Indipendentemente dalla diagnosi energetica che mi farà scegliere meridiani, zone, tsubo e opzioni di tonificazione e sedazione, io dovrò sapere già prima il COME, ovvero se sarò morbido, dolce, aggressivo, invadente, asettico, rabbioso, statico, impalpabile, etc. nel mio procedere durante il trattamento. E la musica dovrà essere la giusta colonna sonora per un trattamento morbido o dolce o aggressivo etc.

CONNESSIONE All’interno di un trattamento di shiatsu e musica, dove manovre e musica sono chiaramente coerenti e sinergiche si può ancora fare di più. Anzi, solo se riuscirete in alcuni momenti durante il trattamento a far sentire la musica addosso ad uke, avrete realizzato appieno il potenziale. Non solo muoversi all’interno di un’atmosfera coerente di musica e manovre. Far proprio sentire la connessione tra la manovra che state eseguendo e la musica che sta scorrendo. Qui diventa veramente difficile sia la mia spiegazione a parole che l’esecuzione reale durante un trattamento. L’esempio più banale è quello di iniziare a fare delle percussioni sulla schiena quando arriva un brano molto ritmico (attenzione ad andare a ritmo però!). In questo caso la percezione della connessione da parte di uke è ovvia ed è basata sul ritmo. Ma questo non è propriamente shiatsu, le percussioni non sono pressioni perpendicolari mantenute. Le percussioni si utilizzano certo, ma sono manovre sinergiche come tante altre che siamo abituati a fare quali strofinamenti, impastamenti e massaggi.

Ci sono altri tipi di connessione basati su melodia, armonia, timbro e orchestrazione.

Spiegarvi però a parole come far sentire la connessione tra questi elementi musicali e le manovre di pressione shiatsu va oltre le mie capacità. Perdonatemi. Posso solo dirvi che è possibile e che per me questa realizzazione rappresenta il vertice più alto delle difficoltà tecniche della nostra arte.

La sfida, il traguardo dell’improvvisazione. Che il dio Pan sia con Voi, Daniele Arnaldo Giorcelli

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SHIATSUTANGO

Shiatsu e tango. Le mie due grandi passioni. È da anni che continuo a sorprendermi da sola nel constatare, sempre e sempre di più, quanto la matrice ed il perno di due discipline apparentemente slegate, abbiano così tante cose in comune.

Ho iniziato lo studio di entrambe nello stesso anno, il 2009. Tango a gennaio e Shiatsu ad ottobre.

Mai avrei pensato che, lavorando su una, avrei compreso sempre di più l’altra… un costruttivo parallelismo che mi ha aiutato progressivamente a capire e sviluppare le intime capacità e necessità di ascolto e comunicazione sottile del corpomente mio e del mio partner o ricevente – a seconda che fossimo nell’ambito di un trattamento o di un tango - ed a capire l’opportunità di crescita nel potere costruttivo di quello spazio di condivisione.

Ma partiamo dall’inizio... dalla natura di queste due arti, per arrivare alla loro compenetrazione. CHE COS’È LO SHIATSU Dal giapponese… SHI= dito ATSU= pressione

Lo Shiatsu è una tecnica naturale a mediazione corporea che nasce in seno alla tradizione medico-filosofica cinese e si sviluppa successivamente in Giappone, dove il Ministero della Sanità ne ha dato ufficiale riconoscimento. Consiste in pressioni naturali perpendicolari mantenute e costanti, effettuate sul corpo lungo canali energetici detti meridiani, o su aree specifiche, attraverso l’uso di pollice, dita, palmi delle mani, gomiti, ginocchia e piedi, con l’ uso del peso del corpo e quindi senza nessuna forza o tensione muscolare.

Lo scopo è quello di ristabilire l’armonico fluire del KI, l’energia vitale che scorre nei suddetti canali, aiutando così l’organismo ad attivare le proprie capacità di auto guarigione, a tutti i livelli, per il benessere naturale di corpo, mente e spirito.

A cosa serve e a chi Lo shiatsu considera l’essere umano come un sistema multifunzionale composto da elementi energetici, psichici e fisici, in condizione di costante interdipendenza, dove l’assenza di salute, e quindi di benessere, è l’espressione concreta e percepibile della perdita di equilibrio energetico o “disarmonia”.

Ecco allora che l’importanza di questa disciplina, che mira a risvegliare le risorse energetiche dal profondo del corpo, portandole in equilibrio e concorrendo così al ripristino ed al mantenimento della salute in termini energetici.

Esso non è sostitutivo di eventuali terapie mediche, paramediche, psicologiche e psichiatriche ma è risultato essere perfettamente affiancabile, in accordo con il medico curante.

Serve PER: - raggiungere il benessere psicofisico globale, l’equilibrio e la centratura attraverso il rafforzamento di mente, corpo e spirito;

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- equilibrare il sistema emotivo, rilassare, "digerire" non solo il cibo, agendo su problematiche quali: ansia e malinconia, stress, insonnia e stanchezza cronica, cefalee, emicranie, principi depressivi; - migliorare e regolarizzare il metabolismo, il sistema immunitario, il sistema endocrino e circolatorio, eliminare le tossine fisiche e psichiche, potenziare le capacità di resa individuali; - migliorare la mobilità articolare e sciogliere tensioni e blocchi dovuti a: mal di schiena, lombalgie, sciatalgie, cervicalgie, contratture, colpi di frusta, dolori e rigidità alle spalle, periartriti scapolo-omerali, stitichezza, emorroidi e senso di nausea.

Serve A: Tutti. Giovani e anziani, sportivi e sedentari, donne in gravidanza. Attraverso diagnosi energetiche personalizzate, per ogni tipo di problema viene effettuato il trattamento più idoneo.

CHE COS’È IL TANGO Tralasciando le definizioni tecniche riassumo l’essenza del tango con una definizione di Miguel Angel Zotto, la quale rappresenta il perfetto traghetto verso le comunanze con lo Shiatsu:

«Il tango non è maschio, è coppia: cinquanta per cento uomo e cinquanta donna, anche se il passo più importante, l' "otto", che è come il cuore del tango, lo fa la donna. Nessuna danza popolare raggiunge lo stesso livello di comunicazione tra i corpi: emozione, energia, respirazione, abbraccio, palpitazione. Un circolo virtuoso che consente poi l'improvvisazione. »

E da qui il concetto di sostegno, ascolto consapevole, rispetto degli spazi… asse: il tango che si sviluppa grazie ad un asse condiviso ma se, e solo se, entrambi i ballerini riescono a gestire il proprio.

Quando è tempo di condividerlo e quando di lavorare sul proprio? Quando è tempo di creare e proporre e quando di fermarsi ad ascoltare… carpire il messaggio/proposta dell’altro, viverlo dentro per tradurlo creativamente fuori… e di lì rifiorire, gioire, sentirsi meglio…e con un di più ogni volta?

Come nel Tango, lo Shiatsu.

SHIATSUTANGO…

- Reciproco SOSTEGNO Nello shiatsu si dice che non sia proprio corretto parlare di Operatore e Ricevente, ma di chi esegue il trattamento in modo consapevole ed attivo – Torì - e di chi tratta in modo inconsapevole – Uké -. Perché? Perché Torì per agire il movimento di energia e “spostare” Uké da dov’è – cioè dalla condizione disarmonica in cui si trova prima di iniziare il trattamento, consentendogli di ripristinare la condizione di armonia fisica e psico-emotiva e spostare i suoi confini, ridisegnandoli - lavora non con la forza, ma facendosi sostenere, come in un sistema di leve.

Quindi: TORÌ PUÒ FUNZIONARE SU UKÈ GRAZIE AD UKÈ STESSO. IL RECIPROCO SOSTEGNO. Il tutto all’insegna del tono, non, ripeto, della forza.

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Come nel tango.

Questo avviene poiché il pilota dell’operatore è hara - l’addome, inteso come lo spazio dalle coste al pube, che i Giapponesi rappresenta l’individuo stesso, il centro della vita - la quale, attraverso il richiamo della forza di gravità, consente all’operatore di effettuare pressioni GIUSTE, pressioni precise e corrette, in grado di di “muovere” la forza vitale del ricevente… il suo KI.

- ASCOLTO consapevole

Oltre al COME premere, ci sono però anche il COSA e il DOVE, che si ottengono attraverso un’accurata diagnosi sia a tavolino che sul corpo (la mente mente, il corpo no! Occorre quindi sempre confutare sul campo fisico ciò che viene verbalmente riferito).

Condizione base per una corretta diagnosi è un ascolto attento, profondo, consapevole. E non solo a monte del trattamento, ma anche durante, per capire che tipo di pressioni effettuare in base a QUELLO SPECIFICO uké – siamo tutti UNICI!- come variarle a seconda di cosa si sente sotto e come reagisce..ascolto attento e continuo.

- EMPATIA

L’ascolto, che può essere autentico solo se torì lo esercita ed allena anche su se stesso e prima ancora di agire quello su uké.

Non si può ascoltare niente e nessuno, non si può creare nulla di autentico ed efficace se, a priori, non si è fatto il vuoto dentro e non ci si è centrati. Il campo neutro e fertile è la base di tutto.

Perché il cambiamento in ukè si manifesti, è però necessario che anche uké stesso faccia il vuoto e si predisponga ad ascoltare ed a ricevere. Il viaggio dentro di sé ed il superamento delle disarmonie (nello shiatsu non si parla mai di malattia, ma di disarmonia… ciò che, nell’UNICUM che è il nostro corpomente, si è staccato dalla fonte e va ricondotto ad essa per ricreare l’ARMONIA del TUTTO), presuppongono un atteggiamento/condizione di fiducia, apertura ed ascolto profondo…verso se stesso e verso l’operatore.

Questo conduce all’empatia. E, di conseguenza, alla comunicazione su più livelli, dunque alla trasformazione, alla crescita.

Come nel tango.

Vorrei, a questo proposito, condividere una curiosità sull’etimologia della parola TANGO. In realtà nessuno sa chi abbia dato il nome di tango a questo ballo, né si sa esattamente perché si chiami in questo modo.

Tuttavia, la cultura africana ha lasciato un segno indelebile sia nel ballo che nella musicalità del Tango Argentino e pare che "TANGO" in una delle tante lingue sud africane significhi "INSIEME", caratteristica fondamentale che troviamo nel suo ballo.

INSIEME. Nel tango come nello shiatsu, INSIEME per creare, trasformarsi, trasformare.

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- ARTI DEL TOCCO

Altra riflessione: in latino tango è la prima persona dell'indicativo presente del verbo “tangere” (toccare) e vuol dire quindi "Io tocco".

Con rispetto, sensibilità… IO TOCCO. E lascio entrare i messaggi dell’altro dentro di me. E trasmetto i miei messaggi...una rispettosa e sensibile comunicazione sottile.

Lo shiatsu viene definita “L’arte del tocco per la salute”. TOCCO.

Come nel tango.

Arte, tocco e comunicazione sottile come ulteriori comuni denominatori tra le due discipline.

Nello shiatsu (quello di Masunaga) il tocco passa principalmente attraverso la comunicazione tra le due mani, che hanno due ruoli ben precisi: una registra i cambiamenti , mano madre, l’altra, mano messaggera, li genera e li “porta in giro” per il corpo. Per consentire ciò , “muovere” il KI, e generare cambiamenti, tra le due mani è necessario un feedback comunicativo-sensoriale continuo.

Come nel tango.

Nella relazione tra la parte superiore del corpo - testa/spalle/busto/braccia/mani - e quella inferiore - bacino/gambe/piedi - la prima registra i comandi (o li trasmette intimamente, sottilmente), la seconda li traduce in movimenti e sequenze di passi e figure.

- CIELO E TERRA

Si sa quanto nel tango sia importante la POSTURA, ai fini di un’espressione ed un’immagine di eleganza e raffinatezza, certo, ma, soprattutto in funzione del RADICAMENTO, che permette la stabilità, dunque la centratura e l’estensione verso l’alto… nonché verso l’altro (senza questi presupposti, lo spazio della coppia sarebbe inquinato ed inibito da invasioni di asse ed accasciamenti vari…). Solo così si può accompagnare e recepire, creare e crescere…nella Bellezza, nel tono, nella sicurezza e dunque nella rilassatezza. Perché, in questo modo, non subentrano “giochi forza” e può esplicare una serena ed efficace relazione tra due interi che, sapendosi autonomamente sostenere, possono rappresentare un valore aggiunto per l’altro e creare arricchimento.

Radicarsi, quindi, per essere più belli e più forti nella spinta/estensione verso l’alto: POSSO ANELARE A TANTO PIÙ CIELO, QUANTA PIÙ TERRA RIESCO A “PRENDERE/AVERE” E MANTENERE.

Come nel tango, questo concetto di ritrova nello shiatsu, ma mentre nel primo è un caposaldo a livello corporeo, nel secondo è un must a livello psico-emotivo. Il trattamento ha senso di essere e può manifestare i suoi effetti quanto più torì ha un atteggiamento di costante ricerca del Cielo – studio, conoscenza, ispirazione, spiritualità, intuizione…- nella centratura derivante dal radicamento alla Terra. Questo vuol dire essere realisti, concreti, forti, pronti a non scappare davanti alla sofferenza e a non proiettare sull’altro le proprie paure o i propri stati d’animo…essere

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solidi, “stare in quello che c’è”. Solo così si può creare la “ciotola vuota” nel cuore e nella mente ed essere pronti per ukè, integralmente e correttamente.

Ed a metà tra Cielo e Terra, c’è il bacino di raccolta e successiva trasmissione dell’energia dell’Alto e del Basso… il CUORE: il motore del vero tango, il timone del vero shiatsu.

CONCLUSIONI

Sulla base della mio vissuto -relativamente a quanto detto - auguro a chiunque di poter fare esperienza di comunicazione sottile e reciproco sostegno.

Perché è lì che il corpo sperimenta un RISPETTO, una CURA ed un’ATTENZIONE che si trasformano in AMORE, per l’arte, per sé, per l’altro…qualità e talenti che la mente registra proprio attraverso l’esperienza del corpo…e che può poi, così, attivare ed attuare “naturalmente” nel day by day, come nuovo approccio alla vita, come nuova modalità gestionale delle proprie cose, come nuova attitudine comportamentale e di pensiero a livello generale, anche al di fuori degli spazi shiatsu e tango.

Dall’ASCOLTO vero nasce la vera AZIONE che si traduce in vera TRASFORMAZIONE. LoShiatsu ed il Tango si ABBRACCIANO in quest’ esperienza.

Ed allora, in conclusione, mi congedo con l’augurio per me più bello: BUON SHIATSUTANGO A TUTTI!

Barbara Menegatti

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SHIATSU È/E DANZA Valentina Ratto, shiatsuka e danzatrice

Non voglio scrivere degli effetti benefici dello shiatsu sul corpo di chi danza: questo è ovvio, indiscutibile; né di quanto possa essere gratificante fare pressioni e stiramenti su chi il corpo lo conosce e lo usa molto: lo tira, lo ruota, lo allunga, lo torce, lo fa girare, saltare, rotolare, tendersi leggero verso il cielo o radicarsi pesante sulla terra. Fare shiatsu su un danzatore è come fare shiatsu con l’amplificatore, si sente meglio e tutto, si sente la musica addosso: pelle, muscoli, tendini e articolazioni reagiscono pronti e ringraziano perché dopo tanti sforzi c’è qualcuno che si occupa di loro, li riporta a casa, verso il centro, verso l’unità, a riposo. Voglio piuttosto scrivere che shiatsu è danza a tutti gli effetti: è il ballo tribale di due animali che danzano al ritmo della natura, è il movimento lento e sensuale di due tangueri appassionati, è il minuetto di piccoli passi precisi e studiati, è la ballerina sulle punte che sfiora l’aria e cerca la linea perfetta, è il vortice frenetico del ballo caraibico, il molleggiamento e le onde dell’ hip hop, è la vertigine ipnotica e spirituale dei dervisci rotanti. Lo shiatsu ha in comune con la danza la maggior parte delle sue caratteristiche distintive: il flusso e il movimento, la coordinazione, il ritmo, la bellezza e la grazia del gesto, la precisione della tecnica, l’utilizzo attento dello spazio e del tempo, l’allenamento e la pratica costante, la creatività del momento unita all’esperienza e alla conoscenza degli strumenti. L’unica differenza è che quando si fa shiatsu (e non autoshiatsu) si danza sempre in due: lo shiatsu è un ballo di coppia, dove ukè e torì guidano e si fanno guidare a vicenda, alla ricerca della giusta pressione, del giusto tocco, della tecnica che apre lo tsubo, che fa fluire il ki, che disperde un jitsu o tonifica un kyo. Pina Bausch usava dire: “Dance dance otherwise we are lost” e allora facciamo shiatsu come se danzassimo, entriamo in contatto col nostro ukè, respiriamo insieme, fluttiamo con lui come su una pista da ballo, non perdiamo il ritmo, creiamo la nostra musica, seguiamo il ki come se fosse un maestro di movimento che ci prende per mano e ci insegna a fluire, tocchiamo, avvolgiamo, volteggiamo e ondeggiamo, altrimenti ci perdiamo.