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pagina 1 di 14 N. R.G. 7122/2006 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO SEZIONE I° CIVILE SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA di IMPRESE composto da: dottor Umberto Scotti Presidente relatore ed estensore dott. Vincenzo Toscano Giudice dott.ssa Maria Cristina Contini Giudice ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile iscritta in primo grado al n. 7122 R.G.2006, avente ad oggetto: concorrenza sleale, promossa da SOMM s.r.l. in persona del legale rapp.te pro tempore Patrizia Belluzzi, con sede in San Mauro Torinese, via Emilia 20, ed elettivamente domiciliata in Torino, via Stefano Clemente 22 presso lo studio dellavv. Federica Bergesio, che la rappresenta e difende per procura in atti ATTRICE contro SEI ESSE s.r.l. in persona del legale rapp.te pro tempore Domenico Cavallucci, con sede in Santa Maria degli Angeli, zona industriale, Assisi (PG) ed elettivamente domiciliata in Torino, via Bagetti 31 presso lo studio dellavv. Adriana Arena, che la rappresenta e difende, unitamente allavv.Leonardo Martinelli del Foro di Perugia, per procura in atti, CONVENUTA Udienza di precisazione delle conclusioni: 17 ottobre 2012. CONCLUSIONI PER PARTE ATTRICE: Voglia lIll.mo Giudice adito Reietta ogni contraria istanza IN VIA ISTRUTTORIA - Ammettersi prova per interpello e testi sui capitoli di prova dedotti nella memoria istruttoria datata 12.3.2007 ; - Disporsi integrazione della C.T.U. volta a determinare il danno patito da SOMM, per il comportamento illecito di SEI ESSE, sui dati SOMM, ossia il mancato guadagno alla luce dei dati economici di SOMM (prezzi di vendita, ricavi, utili,ecc.), ovvero, in subordine, in considerazione dei rilievi di cui sopra, la comparizione del C.T.U. a chiarimenti. IN VIA PRINCIPALE Firmato Da: SANTORO CARMEN Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: 8a744 - Firmato Da: SCOTTI UMBERTO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: 6e2dd Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013 RG n. 7122/2006 http://bit.ly/1gAjQGB

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N. R.G. 7122/2006

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO SEZIONE I° CIVILE

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA di IMPRESE

composto da: dottor Umberto Scotti Presidente relatore ed estensore dott. Vincenzo Toscano Giudice dott.ssa Maria Cristina Contini Giudice

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A nella causa civile iscritta in primo grado al n. 7122 R.G.2006, avente ad oggetto: concorrenza sleale, promossa da SOMM s.r.l. in persona del legale rapp.te pro tempore Patrizia Belluzzi, con sede in San Mauro Torinese, via Emilia 20, ed elettivamente domiciliata in Torino, via Stefano Clemente 22 presso lo studio dell’avv. Federica Bergesio, che la rappresenta e difende per procura in atti

ATTRICE

contro SEI ESSE s.r.l. in persona del legale rapp.te pro tempore Domenico Cavallucci, con sede in Santa Maria degli Angeli, zona industriale, Assisi (PG) ed elettivamente domiciliata in Torino, via Bagetti 31 presso lo studio dell’avv. Adriana Arena, che la rappresenta e difende, unitamente

all’avv.Leonardo Martinelli del Foro di Perugia, per procura in atti, CONVENUTA

Udienza di precisazione delle conclusioni: 17 ottobre 2012. CONCLUSIONI PER PARTE ATTRICE: “Voglia l’Ill.mo Giudice adito Reietta ogni contraria istanza IN VIA ISTRUTTORIA - Ammettersi prova per interpello e testi sui capitoli di prova dedotti nella memoria istruttoria datata 12.3.2007 ; - Disporsi integrazione della C.T.U. volta a determinare il danno patito da SOMM, per il comportamento illecito di SEI ESSE, sui dati SOMM, ossia il mancato guadagno alla luce dei dati economici di SOMM (prezzi di vendita, ricavi, utili,ecc.), ovvero, in subordine, in considerazione dei rilievi di cui sopra, la comparizione del C.T.U. a chiarimenti. IN VIA PRINCIPALE

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- Accertare che il comportamento illecito descritto in premessa posto in essere dalla SEI ESSE s.r.l. integra la fattispecie della concorrenza sleale di cui all’art. 2598 n. I c.c., nei confronti di parte attrice, e conseguentemente inibire alla società convenuta dal persistere del suddetto comportamento illecito, all’uopo condannando la società convenuta a cessare la produzione e la commercializzazione delle pensiline de quo nonché a ritirare dal mercato quelle già commercializzate; - Accertare che il comportamento illecito descritto in premessa posto in essere dalla SEI ESSE s.r.l. integra le fattispecie della concorrenza sleale di cui all’art. 2598 n. 2-3 c.c., nei confronti di parte attrice, e conseguentemente inibire alla società convenuta dal persistere del suddetto comportamento illecito, all’uopo condannando la società convenuta a cessare la produzione e la commercializzazione delle pensiline de quo nonché a ritirare dal mercato quelle già commercializzate; IN OGNI CASO - Condannare la società convenuta al risarcimento del danno a favore della società attrice nella misura di Euro 350.000,00 o nella veriore somma determinata di giustizia; - Disporre ex art. 120 c.p.c che l’intestazione e il dispositivo dell’emananda sentenza siano pubblicati a spese del soccombente sul periodico “La Repubblica”, nonché su altro periodico a tiratura regionale nell’ambito della regione Umbria, entro il termine di sessanta giorni dal deposito della sentenza. IN OGNI CASO Con vittoria di spese ed onorari di causa.” CONCLUSIONI PER PARTE CONVENUTA “Affinché il Giudice adito, ogni contraria istanza eccezione e difese reiette voglia 1. In Via Preliminare a) - Accertare e dichiarare la propria incompetenza per materia in favore della sezione specializzata; b) - Accertare e dichiarare la propria incompetenza per territorio in favore della sezione specializzata di Firenze; c) - Dichiarare improcedibile la domanda per difetto di rito. 2. In Via Istruttoria e nel caso di mancato accoglimento delle eccezioni preliminari: a) - Ordinare alla SOMM S.r.l. ex art. 210 c.p.c. la produzione in giudizio degli originali dei documenti dalla stessa allegati in copia, contrassegnati con i n. 3-4-5, e contestati in ordine alla loro genuinità e veridicità; b) - Ammettersi CTU al fine di effettuare un’analisi comparativa tra le due pensiline. 3) Nel Merito e nella denegata ipotesi di mancato accoglimento delle eccezioni preliminari: Rigettare la domanda d’inibitoria e condanna sia alla cessazione della produzione che di danni in quanto palesemente infondate per i motivi di cui in narrativa. Con vittoria di spese ed onorari di causa anche in ordine ed in caso di accoglimento delle eccezioni preliminari.”

BREVE SINTESI DELL’OGGETTO DEL GIUDIZIO

§ 1. La fase introduttiva della causa. Con atto di citazione notificato in data 23 settembre 2005, la SOMM s.r.l. ha citato in giudizio la SEI ESSE s.r.l. avanti il Tribunale di Torino, Sezione distaccata di Chivasso, al fine di ottenere l’accertamento del comportamento illecito di concorrenza sleale di cui all’art. 2598 n. 1 (imitazione servile delle pensiline ombreggianti di sua produzione), nonché 2 e 3 c.c., da questa posto in essere nei suoi confronti e conseguentemente ottenere l’inibitoria dei comportamenti illeciti, la condanna a cessare la produzione e la commercializzazione delle pensiline in questione, l’ordine di ritirare dal mercato quelle già commercializzate, nonché, in ogni caso, la condanna della società convenuta al risarcimento del danno nella misura di € 350.000,00 (o veriore somma determinata di giustizia) e infine la pubblicazione ex art. 120 c.p.c dell’intestazione e del dispositivo dell’emananda sentenza a spese del soccombente sul periodico “La Repubblica”, nonché su altro periodico a tiratura regionale nell’ambito della regione Umbria, entro il termine di sessanta giorni dal deposito della sentenza. A tal fine parte attrice ha allegato:

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di essere la produttrice di un particolare tipo di pensilina ombreggiante, costituente un modello nuovo e originale, per il quale aveva ottenuto il 2.4.1990, su richiesta del 1988, il brevetto n.214.171 per modello industriale di utilità;

che i caratteri originali scaturivano dalla particolare combinazione e forma dei pali, rastremati e curvati sostanzialmente a gomito (90 gradi) in modo da formare un’ossatura portante, costituita da un tratto di base ad andamento sostanzialmente verticale ed un tratto ad andamento sostanzialmente orizzontale (traversine), sul quale era appoggiato e vincolato un telo ombreggiante ed antigrandine;

che successivamente alla concessione del brevetto, la struttura delle pensiline SOMM era stata modificata rispetto al modello originario;

che la nuova struttura delle pensiline SOMM prevedeva che i pali - l’ossatura portante della pensilina - avessero un raggio di curvatura superiore a quello indicato nel modello brevettato, ossia compreso tra 1.700 e 1.900 mm. e comunque superiore ai 90°, in modo tale da realizzare, con il ramo superiore della copertura, un leggero spiovente;

che tale leggero spiovente richiamava l’immagine stilizzata di un battito d’ali e che tale forma c.d. “a battito d’ali” costituiva la caratteristica peculiare delle pensiline SOMM;

che le pensiline SOMM venivano commercializzate in moduli di montaggio componibili, composti da un minimo di due pali, con relativi traversina, morsetti e telo ombreggiante;

che ogni modulo aggiuntivo rispetto al modulo base era composto da un ulteriore palo, oltre a relative traversine, morsetti e telo;

che nei primi mesi dell’anno 2005, il legale rappresentante della SOMM, eseguendo una ricerca per prodotti sulla rete internet, aveva trovato il sito corrispondente alla società convenuta;

che la pensilina ombreggiante riprodotta nel sito internet della società convenuta riproduceva in modo identico la forma delle pensiline commercializzate dalla SOMM;

che le pensiline prodotte dalla SEI ESSE riproducevano il modello di pensiline SOMM concretamente realizzato dalla società attrice (con struttura a leggero spiovente) e non quello brevettato (con struttura ad angolo di 90°);

che i componenti delle pensiline della SEI ESSE sono costituiti da pali portanti conicamente rastremati e curvati in modo da dare alla copertura, in combinazione con gli altri elementi, una posizione a leggero spiovente;

che i componenti delle pensiline SEI ESSE erano intercambiabili con i componenti, tanto che clienti riforniti dalla SEI ESSE avevano acquistato i pezzi di ricambio dalla SOMM;

che il listino SEI ESSE era identico, per prezzi e materiali, a quello SOMM;

che la società convenuta produceva le pensiline ombreggianti sopra descritte sin da quando la forma delle pensiline SOMM era tutelata dalla normativa sui brevetti;

che il primo contatto tra la SOMM e la società convenuta era avvenuto nell’anno 1995;

che nel 1995 la SEI ESSE aveva posto sul mercato delle strutture a pensilina identiche a quelle commercializzate dalla SOMM;

che in seguito alla diffida inoltrata dalla SOMM, la SEI ESSE aveva accettato un accordo, che prevedeva che la SOMM avrebbe rinunciato ad azioni legali nei confronti della SEI ESSE per la violazione della disciplina brevettuale, e che, di contro, la SEI ESSE avrebbe interrotto la produzione delle pensiline ombreggianti;

che tale accordo non era stato rispettato, in quanto la SEI ESSE dal 1995 aveva continuato la commercializzazione delle pensiline;

che la SOMM aveva sostenuto negli anni ingenti spese per l’acquisto di servizi pubblicitari.

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Si è costituita in giudizio la società convenuta, eccependo in via preliminare del Tribunale di Torino, sezione di Chivasso, a favore della Sezione specializzata, nonché l’incompetenza per territorio a favore della Sezione specializzata di Firenze e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda attorea. A seguito delle eccezioni sollevate da parte convenuta il Giudice della Sezione distaccata di Chivasso ha disposto la trasmissione del fascicolo al Presidente del Tribunale, che ha assegnato la causa alla Sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale. § 2 La consulenza tecnica d’ufficio ing.Quinterno. Dopo il deposito delle memorie istruttorie è stata disposta c.t.u., affidata all’ing.Quinterno, volta a accertare:

1. se le pensiline prodotte e commercializzate dalla SOMM fossero caratterizzate da elementi individualizzanti, non necessitati da esigenze tecniche e non generalizzati o standardizzati, e dotati di originalità e capacità distintiva, così da rendere tali pensiline riconoscibili rispetto a quelle secondo la tecnica anteriore;

2. se, ed in base a quali criteri di valutazione, le pensiline prodotte da SEI ESSE riproducessero elementi individualizzanti delle pensiline commercializzate nella forma “battito d’ali” dalla SOMM,

3. comunque se esistesse confondibilità tra esse e di quale grado, tenuto conto della competenza dei destinatari di tali prodotti.

Il C.t.u. ha accertato che le pensiline SEI ESSE avevano la medesima configurazione generale di quelle prodotte dalla SOMM, con parametri dimensionali identici e che riproducevano gli aspetti individualizzanti delle pensiline SOMM “ad ala di gabbiano”, sia in base ad un criterio di valutazione dell’impressione estetica di insieme, sia in base ad un criterio di valutazione puntuale dei valori dimensionali . Sempre secondo il C.t.u. tra le pensiline SEI ESSE e le pensiline SOMM “ad ala di gabbiano” vi era un marcato grado di confondibilità, tenuto conto che tali prodotti erano destinati anche al grande pubblico, e dunque a utilizzatori normalmente dotati di una modesta capacità di discernimento. All’udienza fissata per disamina della relazione peritali, parte attrice ha chiesto la pronuncia di sentenza parziale ed il Giudice ha fissato udienza all’11 febbraio 2009 per la precisazione delle conclusioni. § 3. L’istruttoria sul quantum. Con ordinanza dell’ 8 - 18 maggio 2009, il Collegio, avendo ritenuto necessario procedere al completamento dell’istruttoria, ha ordinato alla convenuta l’esibizione in giudizio di documenti attinenti la commercializzazione delle pensiline oggetto di causa a decorrere dal 1998 a quel momento, e ha disposto disponeva ulteriore c.t.u. contabile volta a accertare il numero dei prodotti venduti dalla convenuta, a calcolare il fatturato realizzato dalla loro vendita e a quantificare l’utile da esso derivante. Con provvedimento del 14 dicembre 2009, il Giudice ha disposto che la convenuta mettesse a disposizione del CTU tutte le fatture di vendita ed i registri IVA dal 1998 al 2005, nonché tutte le fatture relative agli acquisti di materie prime e un dettaglio dei costi imputabili al tipo di lavorazione dedotto in causa per gli stessi anni. § 4. La fase decisoria. Dopo il deposito delle memorie di osservazioni alla perizia, è stata fissata udienza di precisazione delle conclusioni, poi rinviata per il trasferimento del Giudice incaricato. Indi la causa è stata ri-assegnata ad altro magistrato della Sezione, che proceduto alla fissazione di udienza per la precisazione delle conclusioni al 17 ottobre 2012, in cui la causa è stata

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trasmessa al Collegio per la decisione, con assegnazione dei termini di rito per il deposito degli scritti difensivi. Parte convenuta con la memoria di replica ha lamentato l’irrituale e tardiva produzione a opera della controparte di numerosi documenti nuovi inseriti nella comparsa conclusionale, e ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità di tali produzioni nonché di valutare l’avversaria condotta processuale ai sensi dell’art.88 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§ 5. Le eccezioni di incompetenza. Parte convenuta ha precisato le conclusioni definitive richiamando quelle dell’originaria comparsa di costituzione e risposta, così, almeno apparentemente, insistendo, in modo tralatizio, nelle eccezioni processuali a suo tempo proposte. La prima (incompetenza per materia in favore della sezione specializzata) peraltro, è ovviamente superata visto che la controversia pende ora proprio dinanzi al Giudice indicato. La seconda (incompetenza per territorio in favore della sezione specializzata di Firenze) pare anch’essa il frutto di un mero richiamo in blocco delle originarie conclusioni, poiché parte convenuta non ha più trattato l’argomento dopo la pronuncia dell’ordinanza “di rigetto” 9.5.2006 da parte del G.I. (per vero non competente in proposito ad emettere una pronuncia decisoria) e non lo ha più illustrato nei propri scritti defensionali. In ogni caso, come osservato da questo Tribunale, nella sentenza 7274 del 2011 SOMM-Comfa “la pubblicizzazione del marchio … sul sito Internet della convenuta comporta la realizzazione dell’effetto dannoso della condotta asseritamente illecita anche nell’ambito territoriale di questo Tribunale” agli effetti di cui all’art.120 C.p.i. § 6. I richiami documentali eseguiti da parte attrice in comparsa conclusionale. Parte attrice nelle pagine da 11 a 41 e 43 della sua conclusionale ha inserito la riproduzione fotostatica di numerosi documenti, definendoli “segnali di riconoscimento e apprezzamento, ricevuti da semplici cittadini e imprenditori, nonché da grandi Aziende di Prestigio Internazionale e dalle stesse Istituzioni” e manifestando l’intento di metterli a disposizione del Tribunale. Parte convenuta ha reagito con durezza in memoria di replica lamentando l’inserimento abusivo e irrituale di numerosi documenti non esistenti nel fascicolo, e facendo valere l’inammissibilità e inutilizzabilità di siffatte produzioni, protestando altresì la ravvisata violazione dei doveri di cui all’art.88 c.p.c. L’eccezione è chiaramente fondata e accoglibile. La difesa di parte attrice infatti, ponendo in essere una palese e flagrante violazione delle regole processuali e dei termini perentori assegnati per le attività istruttorie e le produzioni documentali, ha cercato, con la tecnica indiretta della riproduzione dei documenti all’interno dello scritto defensionale (comparsa conclusionale), di introdurre nel giudizio prove precostituite, di cui va sancita l’inammissibilità e la inutilizzabilità a tutela del contraddittorio e della regolarità del processo. La sanzione non può però essere estesa a quei documenti, riprodotti nella stessa conclusionale, che invece sono stati precedentemente e tempestivamente prodotti in giudizio (cfr pag. da 44 a 54) e il cui inserimento nello scritto difensivo costituisce un mero espediente tecnico di evidenziazione grafica, da ritenersi legittimo e solamente inopportuno per l’appesantimento degli atti che inevitabilmente comporta. § 7. Le prove orali di parte attrice.

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Parte attrice chiede nelle proprie conclusioni, in via istruttoria, l’ammissione delle prove per interpello e testi sui capitoli di prova dedotti nella memoria istruttoria datata 12.3.2007, senza peraltro argomentare alcunché a sostegno di tale istanza. Tali prove, peraltro, sono superflue perché vertono essenzialmente sulla descrizione dei prodotti di parte attrice e sulla contraffazione confusoria praticata dalla convenuta e quindi su temi tecnici sui quali ha risposto esaurientemente l’effettuata c.t.u., nonché sugli investimenti pubblicitari eseguiti dalla SOMM (peraltro documentati e non specificamente contestati ex art.115 c.p.c. ex adverso). § 8. I principi in tema di concorrenza sleale confusoria per imitazione servile. La SOMM accusa la convenuta SEI ESSE di concorrenza sleale confusoria per imitazione servile, ai sensi dell’art.2598, n.1 c.c. per la riproduzione pedissequa delle sue pensiline (e cioè di quelle effettivamente realizzate e commercializzate, con copertura a leggero spiovente modello, dette “ad ala di gabbiano”). E’ quindi doveroso precisare, pertanto, che è del tutto irrilevante in causa la titolarità del brevetto per il brevetto n.214.171 per modello industriale di utilità, peraltro scaduto, visto che parte attrice non lamenta la violazione di tale privativa ma deduce piuttosto la pedissequa copiatura dei suoi prodotti realizzati con significative varianti rispetto a quanto brevettato. La giurisprudenza in tema di concorrenza sleale per imitazione servile confusoria ex art. 2598 n. 1 c.c. riconosce tutela alle forme aventi efficacia individualizzante e diversificatrice del prodotto rispetto ad altri simili e per contro nega protezione a quegli elementi formali dei prodotti imitati che, nella percezione del pubblico, non assolvono ad una specifica funzione distintiva del prodotto stesso, intesa nel duplice effetto di differenziarlo rispetto ai prodotti simili e di identificarlo come riconducibile ad una determinata impresa1. Ad esempio, recentemente nella giurisprudenza di legittimità:

“In tema di concorrenza sleale per confusione dei prodotti, l'imitazione rilevante ai sensi dell'art. 2598, n. 1, c.c. non esige la riproduzione di qualsiasi forma del prodotto altrui, ma solo quella che cade sulle caratteristiche esteriori dotate di efficacia individualizzante, e cioè idonee, in virtù della loro capacità distintiva, a ricollegare il prodotto ad una determinata impresa, sempreché la ripetizione dei connotati formali non si limiti a quei profili resi necessari dalle caratteristiche funzionali del prodotto; ne consegue che, in caso di utilizzo di confezioni identiche a quelle della impresa concorrente, sussiste l'illecito predetto se tale comportamento è idoneo ad indurre il consumatore in inganno sulla provenienza del prodotto. (Cassazione civile, sez. I, 12.02.2009, n. 3478)

“In tema di concorrenza sleale, al fine di accertare l'esistenza della fattispecie della confondibilità tra prodotti per imitazione servile, è necessario che la comparazione tra i medesimi avvenga non attraverso un esame analitico e separato dei singoli elementi caratterizzanti, ma mediante una valutazione sintetica dei medesimi nel loro complesso, ponendosi dal punto di vista del consumatore e tenendo, quindi, conto che, quanto minore è l'importanza merceologica di un prodotto, tanto più la scelta può essere determinata da percezioni di tipo immediato e sollecitazioni sensoriali, anziché da dati che richiedano un'attenzione riflessiva, e considerando altresì che il divieto di imitazione servile tutela l'interesse a che l'imitatore non crei confusione con i prodotti del concorrente; tale interesse, in riferimento alla commercializzazione di un gioco di società del quale non sia in discussione la libera produzione, può ritenersi, pertanto, soddisfatto dalla presentazione del prodotto con contenitori differenti, recanti il marchio del produttore o comunque una denominazione diversa, senza che abbiano, invece, rilievo gli elementi del gioco posti all'interno delle confezioni, di natura funzionale e non immediatamente percepibili dai consumatori.”(Cassazione civile, sez. I, 19.12.2008, n. 29775).

1 Nello stesso senso, di individuare quali presupposti dell’imitazione servile l’originalità del prodotto e la sua capacità

distintiva, si vedano anche, per es.: Trib. Torino, Sez. spec. PI, 12.7.2010; 6.5.2009; 3.3.2006 n. 3194.

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“In tema di concorrenza sleale per imitazione servile, sono tutelabili le sole forme esteriori dei prodotti, che siano arbitrarie, vale a dire non necessitate dalla funzione del prodotto stesso e distintive, idonee a ricollegare il prodotto ad una data impresa, non essendo invece rilevante che si tratti di forme non standardizzate ovvero non volgarizzate, vale a dire divenute caratterizzanti di quel tipo di prodotto in generale (alla stregua di tale principio, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la tutela di colonnine per la spillatura della birra a forma di serpente cobra, in quanto non sufficientemente individualizzanti).”(Cassazione civile, sez. I, 17.12.2008, n. 29522);

“In tema di concorrenza sleale, costituisce imitazione rilevante, ai fini della concorrenza sleale per confondibilità, la riproduzione di una forma del prodotto altrui, che cada sulle caratteristiche esteriori dotate di efficacia individualizzante e, dunque, idonee, proprio in virtù della loro capacità distintiva, a ricollegare il prodotto ad una determinata impresa, imprimendosi nella mente dei consumatori.”(Cassazione civile, sez. I, 26.11.2008, n. 28215)

La giurisprudenza ha accuratamente sottolineato il riparto degli oneri probatori e la necessità di una prova rigorosa della capacità distintiva posseduta dalla forma del prodotto:

“In tema di concorrenza sleale, la tutela di cui all'art. 2598, comma 1, c.c., attiene non alla forma del prodotto in sé, bensì a quegli elementi accidentali o capricciosi che consentono di assurgere a elemento distintivo della provenienza. Quindi, l'originalità del prodotto e la sua capacità distintiva integrano entrambi fatti costitutivi della contraffazione per imitazione servile, essendo i medesimi requisiti necessari non in via alternativa ma in via cumulativa.”(Tribunale Milano, Sez. specializzata PI, 06.05.2011, Banca Dati Juris Data);

“In tema di concorrenza sleale per imitazione servile, la tutela offerta dall'art. 2598 n. 1, c.c. concerne le forme aventi efficacia individualizzante e diversificatrice del prodotto rispetto ad altri simili, non essendo, tuttavia, compresi nella tutela medesima gli elementi formali dei prodotti imitati che, nella percezione del pubblico, non assolvano ad una specifica funzione distintiva del prodotto stesso, intesa nel duplice effetto di differenziarlo rispetto ai prodotti simili e di identificarlo come riconducibile ad una determinata impresa. Ed invero, l'originalità del prodotto e la sua capacità distintiva integrano entrambi fatti costitutivi della dedotta contraffazione per imitazione servile, essendo i medesimi requisiti necessari non in via alternativa, ma in via cumulativa. Il relativo onere probatorio incombe, quindi, su chi agisce in contraffazione, mentre incombe sul convenuto in contraffazione l'onere di provare la mancanza di novità del prodotto dell'attore o la perdita sopravvenuta della sua capacità distintiva, quali fatti estintivi dell'altrui diritto. La protezione concorrenziale, riguardando gli elementi esterni ed appariscenti, si estende, oltre che alla forma del prodotto in sé, anche - e soprattutto - alla sua confezione, nella sua funzione distintiva di collegamento dei prodotti (ivi contenuti) ad una determinata impresa.”(Tribunale Milano, Sezione specializzata PI, 14.04.2011, Banca Dati Juris Data);

“L'art. 2598 n. 1 c.c. tutela esclusivamente le forme che hanno efficacia individualizzante e differenziatrice del prodotto rispetto a prodotti dello stesso genere per cui non possono essere tutelati quegli aspetti formali del prodotto imitato i quali, ancorché privi di carattere funzionale e necessario, siano comunemente adottati per un certo prodotto e non abbiano invece la funzione di diversificarlo dai prodotti dello stesso genere presenti sul mercato e quindi, al tempo stesso, di identificarlo come proveniente da una determinata impresa.”(Tribunale Torino, Sezione specializzata PI, 13.06.2011, Banca Dati Juris Data).

Pertanto costituisce imitazione servile confusoria la ripresa delle caratteristiche estetiche dotate di efficacia individualizzante (e quindi idonee a ricollegare un certo prodotto a una determinata impresa), in modo da indurre il consumatore a ritenere erroneamente che il prodotto imitante provenga dalla stessa fonte produttiva di quello imitato. Va esclusa però l’imitazione servile quando la ripetizione dei connotati formali si limiti a quei profili resi necessari dalle caratteristiche funzionali e necessitate del prodotto, in quanto il divieto di imitazione servile attiene ai caratteri non essenziali, non funzionali, capricciosi o arbitrari e per tale motivo individualizzanti, con conseguente onere di differenziazione da parte del

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concorrente)2. In buona sintesi, la giurisprudenza accorda tutela, attraverso la repressione degli atti di concorrenza sleale confusoria, contro la pedissequa imitazione delle forme del prodotto di un altro imprenditore, che non siano protette specificamente da un titolo di proprietà industriale (marchio di forma, modello di utilità) ad una triplice condizione, ossia che la forma del prodotto:

1. sia originale e arbitraria (e quindi elaborata rispetto alle forme comunemente diffuse), 2. non sia necessitata tecnicamente (così evitando di attribuire in via indiretta e surrettizia

monopoli sull’attività e sul prodotto), 3. che sia dimostrata la sua capacità distintiva, ossia la sua attitudine a connotare i prodotti

come provenienti da quello specifico imprenditore (così operando quale segno distintivo di fatto e meritando protezione a tutela dell’avviamento dell’imprenditore e dell’affidamento dei consumatori).

§ 9. Le caratteristiche originali e individualizzanti delle pensiline SOMM. Nel presente caso, non può revocarsi in dubbio, come già affermato da questa Sezione con la sentenza 7274/2011, che le pensiline SOMM in esame siano caratterizzate da una combinazione di elementi individualizzante, non tecnicamente necessitata, nè generalizzata o standardizzata, e dotata di originalità, come riferito puntualmente nella relazione del C.T.U. ing.Quinterno. Il C.T.U. ing. Quinterno, dopo aver esaminato con attenzione le anteriorità in materia di pensiline per auto (pag. 18 e ss.), così conclude (pag. 24): “La pensilina SOMM presenta, comunque, rispetto alla pensilina Substudio, una propria fisionomia originale individualizzante, caratterizzata invero dalla specifica combinazione di caratteristiche di forma generale dei suoi pali, tubolari a rastremazione conica, e della caratteristica di inclinazione della loro parte a sbalzo...La loro peculiare combinazione attuata nella pensilina SOMM per cui è causa risulta nuova, originale e riconoscibile. Alle suddette caratteristiche si deve poi aggiungere lo specifico insieme di valori dimensionali delle varie parti componenti della pensilina SOMM e delle misure relative alle distanze di posizionamento di tali parti e componenti”. Il C.T.U. ha quindi affermato (pag. 24 e ss.) che lo stato della tecnica anteriore consente di escludere che la suddetta combinazione di caratteristiche delle pensiline SOMM possa essere generalizzata o standardizzata. In particolare, il C.T.U, in sede di valutazione delle caratteristiche della pensilina SOMM, e in particolare dell’inclinazione della parte a sbalzo dei pali, ha stabilito (pag. 25 -26) che “l’inclinazione a 10° della parte a sbalzo della pensilina SOMM non si può ritenere strettamente necessitata da esigenze tecniche e/o funzionali”. Secondo il C.t.u., anche riguardo alla scelta degli specifici valori dimensionali, sono presenti alcuni margini di libertà di esecuzione e pertanto “la peculiare combinazione della conformazione generale dei pali, della inclinazione rispetto all’orizzontale della loro parte a sbalzo, nonché dell’insieme degli specifici valori di dimensioni/distanze dei vari componenti è originale e non può ritenersi necessitata da esigenze tecniche/funzionali, né generalizzata o standardizzata”. Tali conclusioni, logiche e puntualmente motivate, non criticate adeguatamente da parte convenuta e tantomeno confutate sul piano tecnico e scientifico, ben possono essere recepite dal Giudice e poste a fondamento della decisione. § 10. La capacità distintiva della forma del prodotto. Occorre poi valutare la sussistenza della capacità distintiva della forma del prodotto, questione sulla quale la difesa della convenuta ha formulato le più vivaci contestazioni e la stessa parte attrice (forse anche per effetto del campanello d’allarme rappresentato dalla sospensiva accordata ex art.283 c.p.c. dalla Sezione Specializzata della Corte di Appello di Torino nei confronti della

2 Cfr.: Trib. Torino, 22.4.2009; Cass. civ., sez. I, 12.2.2009 n. 3478; Cass. civ., sez. I, 19.12.2008 n. 29775; Cass. civ.,

sez. I, 26.11.2008 n. 28215; Trib. Milano 27.3.2007; Cass. civ., sez. I, 16.7.2004 n. 13159; Trib. Torino 22.12.1998; Trib. Milano 5.3.1992.

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parallela decisione n.7274/2011 resa da questa Sezione, in diversa composizione, in causa SOMM-COMFA) ha avvertito la debolezza del proprio castello probatorio, al punto da tentare una correzione fuori tempo massimo con la documentazione prodotta con la comparsa conclusionale, sopra stigmatizzata (cfr § 6). Occorre cioè pronunciarsi sulla capacità distintiva delle pensiline in esame, cioè circa la loro idoneità a rendersi riconoscibili, agli occhi dei destinatari dei prodotti, come provenienti dalla SOMM. Come sopra accennato, gli elementi formali dei prodotti imitati debbono assolvere ad una specifica funzione distintiva, non solo differenziandoli rispetto ai prodotti simili ma anche identificandoli come inequivocamente riconducibili ad una determinata impresa. Non a caso la dottrina ravvisa nella forma –prodotto tutelata attraverso la repressione dell’attività concorrenziale confusoria per imitazione servile una sorta di “marchio di fatto”, o quantomeno un segno distintivo atipico, rientrante nella clausola generale di cui all’art.1 C.p.i. “altri segni distintivi”), coerentemente ravvisando la competenza delle Sezioni Specializzate ex art.134 C.p.i., sul presupposto dell’interferenza con i diritti di proprietà industriale3. L’elemento della capacità distintiva rappresenta fatto costitutivo della contraffazione per imitazione servile e il relativo onere probatorio incombe, quindi, su chi agisce in contraffazione. La convenuta insiste sul fatto che il C.t.u. ing.Quinterno era stato chiamato a pronunciarsi sul punto se la combinazione originale di caratteristiche della pensilina SOMM avesse acquisito o meno agli occhi dei destinatari del prodotto capacità distintiva della sua provenienza dalla SOMM e cioè, nella sostanza, avesse assunto la funzione sostanziale del marchio di impresa. Al proposito occorre introdurre alcune precisazioni. Nell’ordinanza del 28.5.2007 il Giudice istruttore ha riservato la formulazione del quesito all’udienza di giuramento, come ancora la lettera dell’art.191 c.p.c. ante riforma del 2009 astrattamente consentiva. All’udienza del 6.7.2007 è stata data lettura del quesito, contenuto in un foglio a parte allegato al verbale, evidentemente nel frattempo predisposto dal Giudice in vista dell’udienza. Il quesito non contiene affatto una espressa richiesta al C.t.u. di esprimersi sulla capacità distintiva, perlomeno al di là dell’aspetto prettamente tecnico, giacché nel punto 1) è stato richiesto al C.t.u. di pronunciarsi solo sull’attitudine degli elementi individualizzanti, non necessitati da esigenze tecniche e non standardizzati, tali da rendere le pensiline SOMM riconoscibili rispetto a quelle confezionate secondo la tecnica anteriore. E la cosa non deve sorprendere perché al Consulente poteva essere legittimamente richiesto di esprimersi sull’aspetto tecnico sopra accennato e non già di pronunciarsi su di una questione di fatto, di rilevanza prettamente giuridica, ossia su di un fenomeno collettivo di associazione mentale fra forma del prodotto e nome dell’impresa nel pubblico mercato di riferimento. Peraltro l’ing.Quinterno, presumibilmente sulla spinta della trattazione delle parti, si è ritenuto investito della questione trattata nel punto VIII.3, pag.27, della relazione, e così si è indotto a pronunciarsi anche sul fatto se sussistessero prove documentali circa il riconoscimento e la memorizzazione da parte del pubblico dell’immagine delle pensiline SOMM. A tal proposito, a pagina 28 il C.t.u. ha osservato che:

la presentazione della pensilina SOMM in siti web della stessa società non costituiva di per sé prova che la pensilina per cui è causa avesse assunto, agli occhi del pubblico, distintività tale per cui essa fosse di per sé suscettibile di essere riconosciuta come proveniente dalla SOMM;

le pagine pubblicitarie prodotte in giudizio non mostravano la specifica pensilina SOMM che ha formato oggetto di analisi e dibattito nel corso della Consulenza Tecnica, bensì un’altra pensilina SOMM presentante pali di sostegno che, benché aventi un profilo ad

3 Cfr, da ultimo, Cass.civ. 18.5.2010 n.12153.

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“ala di gabbiano” erano nettamente diversi da un semplice palo conico curvato;

nella pagina seguente (29) era stata riprodotta una di tali pagine pubblicitarie, nella quale, in luogo di semplici pali, la pensilina ivi mostrata presentava strutture composite, comprendenti due correnti a forma di “ala di gabbiano”, interconnessi da un elemento intermedio;

che inoltre le pensiline di cui alle suddette pagine pubblicitarie presentavano un numero di tronchi o tubi traversi nettamente diverso da cinque (si direbbe circa una decina);

che in definitiva, la pensilina mostrata nella pagine pubblicitarie in esame non era sicuramente quella definita nelle memorie tecniche SOMM;

che le fatture per attività pubblicitarie non consentivano di accertare se tali attività propagandistiche avessero riguardato proprio la pensilina oggetto di c.t.u.

Il C.t.u. ha quindi concluso che al momento non risultavano elementi di prova che consentissero di affermare che la pensilina per cui è causa avesse effettivamente acquisito carattere distintivo di prodotto SOMM agli occhi del pubblico destinatario. La censura della valutazione peritale è stata affidata da parte attrice, oltre che alla documentazione irritualmente inserita all’interno della comparsa conclusionale, alle argomentazioni svolte alle pagine 42-54 della sua conclusionale, che essenzialmente vertono sulla rilevanza degli investimenti pubblicitari effettuati per la propaganda delle pensiline in questione e sull’errore commesso dal C.t.u. che nel valutare i suoi docc. 17 a 25 (che erano copie di pagine di giornale, di grosse dimensioni, ripiegate) si era soffermato solo sull’immagine raffigurata nella parte superiore (relativa alla pensilina a carico portante) trascurando l’immagine raffigurata nella parte inferiore (relativa alla pensilina ad ala di gabbiano), evidentemente per non aver aperto bene i fogli. Va dato atto a parte attrice che tale errore commesso dal C.t.u. è effettivamente evidente e balza agli occhi ove si confrontino i documenti sopra indicati (e ritualmente prodotti da parte attrice), che raffigurano anche la pensilina ad ala di gabbiano e non solo l’immagine riportata alla pagina 29 della relazione peritale, che riguarda solo la pensilina a carico portante della parte superiore delle produzioni. Tale corretta censura non è tuttavia sufficiente a ribaltare l’esito della valutazione del perito e soprattutto a influenzare decisivamente l’opinione di questo Tribunale. Il punto essenziale, infatti, è che le campagne pubblicitarie in questione si riferiscono al 2004, a parte la prima sul Sole 24 Ore che risale al 2002 (doc.17 e fattura doc.29). E’ poi la stessa parte attrice, in comparsa conclusionale, a riferire che solo successivamente alla popolarità conseguita e ai successi commerciali ottenuti la SOMM aveva avviato le campagne pubblicitarie, nel 2001 sui quotidiani (anche se la prima documentazione è del 2002, ut supra ricordato) e dal 2006 sulle reti televisive nazionali. Sulla scorta dei principi di diritto illustrati nel § 8, che governano i presupposti della tutela concorrenziale della forma del prodotto, come segno d’impresa atipico, contro le altrui imitazioni servili, in difetto di monopolio assicurato da un titolo di proprietà industriale tipizzato, appare evidente che la verifica dei presupposti della violazione imitativa confusoria va condotta con riferimento al momento storico in cui vengono immessi sul mercato i prodotti “imitati”. E’ in quel momento infatti che deve accertarsi se il segno atipico valga o meno a ricondurre nell’opinione dei consumatori il prodotto imitato all’impresa del produttore che per primo lo ha immesso sul mercato e che ne avrebbe fatto il vessillo della propria azienda. Certamente non é agevole la prova diretta di un fenomeno psichico collettivo (ossia l’associazione mentale prodotto-impresa nella mente del pubblico dei consumatori di riferimento); in difetto di un’indagine demoscopica e di rilievi statistici, nella fattispecie del tutto mancanti, la prova può essere fornita anche in via indiziaria e presuntiva, ex art.2729 c.c., ossia mediante la prova di una serie di indizi, gravi, precisi e convergenti che consentono di ricavare in via induttiva dai fatti noti il fatto ignoto-obiettivo di prova, secondo quel che normalmente accade nell’ordinario concatenarsi delle vicende umane.

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In questa prospettiva non sarebbero quindi irrilevanti la prova di un massiccio volume di vendite, di una capillare penetrazione del mercato e di massicce campagne pubblicitarie sui mezzi di comunicazione di massa, che in adeguato e calibrato concorso fra loro potrebbero autorizzare una ragionevole illazione circa la sussistenza del fenomeno psichico collettivo. E allora nella presente controversia è doveroso rimarcare che gli investimenti pubblicitari provati da parte attrice non possono servire a dimostrare – oltretutto in modo indiretto e presuntivo - il radicamento nella pubblica opinione dei consumatori di riferimento circa l’identificazione tra le pensiline ad ala di gabbiano e la SOMM, autrice degli investimenti pubblicitari, per la semplice e dirimente ragione che la SEI ESSE aveva all’epoca degli investimenti e della pubblicità già da tempo iniziato a produrre e a vendere la pensilina “contraffatta”. Si veda in proposito la relazione del C.t.u. dott. Pagliero, pag.15 e seguenti e la documentazione richiamata, da cui risultano le vendite effettuate già nel 1998 (12), nel 1999 (15), nel 2000 (25) e nel 2001 (43). Della predicata rapida e capillare diffusione della pensilina SOMM sin dal 1988 non è stata fornita prova convincente; tantomeno è stata fornita prova di quell’effetto psicologico collettivo di associazione fra prodotto e impresa che solo potrebbe giustificare la tutela richiesta, effetto, si ripete, che doveva essersi realizzato prima che la SEI ESSE iniziasse a sua volta a produrre il manufatto, non coperto da un titolo di proprietà industriale che ne assicurasse il monopolio al primo produttore. Le considerazioni al riguardo svolte da parte di questo Tribunale nella sentenza n.7274 del 2011, opportunamente e doverosamente rimeditate, non appaiono idonee a motivare un diverso convincimento. L’originalità in sé delle pensiline SOMM costituisce solo un indizio e comunque non è stata fornita la prova dell’inizio di produzione della pensilina ad ala di gabbiano e dei volumi venduti, prima dell’inizio dell’attività da parte di SEI ESSE La visibilità assunta dalle pensiline in seguito all’esposizione sul sito della SOMM è anch’essa solo un elemento indiziario. Non vi è comunque prova dell’attivazione del sito (peraltro improbabile anche alla stregua di nozioni di comune esperienza circa la diffusione di massa del fenomeno Internet in Italia) e di campagne pubblicitarie prima dell’inizio delle vendite da parte di SEI ESSE nel 1998. Il sito web di SOMM è documentato nel 2002 e nel 2005. Le fatture relative a inserzioni pubblicitarie eseguite dalla SOMM risalgono per la quasi totalità al periodo 2002 -2004 (salvo la fattura 32 del 2001 – doc.26). Le inserzioni pubblicitarie su quotidiani nazionali partono dal 2002 e poi dal 2004, come sopra osservato. Per quanto sopra esposto deve ritenersi che la SOMM non abbia fornito la prova, che le incombeva, circa la capacità distintiva del prodotto nella mente dei consumatori, perlomeno con riferimento all’epoca rilevante in cui la SEI ESSE ha iniziato la produzione. Al momento in cui SEI ESSE ha iniziato l’attività denunciata non spettava a SOMM alcun monopolio o alcuna privativa, né in forza di titolo di proprietà industriale inesistente, né in forza di un uso di fatto della forma del prodotto in funzione distintiva che non si era radicato nell’immaginario collettivo. Appare inoltre irrilevante che in epoca successiva il massiccio volume degli investimenti pubblicitari effettuati da SOMM abbia rafforzato il collegamento fra prodotto e impresa, non potendosi applicare i principi in tema di secondary meaning al campo della concorrenza sleale confusoria, in difetto di un titolo di proprietà industriale convalidabile ( cfr art.13 C.p.i.). In ogni caso non v’è prova dell’ipotizzato rafforzamento, per acquisizione della distintività nel tempo sulla base dell'uso reiterato, prova oltretutto che dovrebbe essere fornita in modo

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particolarmente rigoroso in una situazione di legittima4 compresenza delle varie forme-prodotto sul mercato. In tale ipotesi la prova della promozione pubblicitaria di uno dei prodotti di analoga forma compresenti ha ovviamente molto minor valore indiziario e presuntivo ai fini della dimostrazione dell’acquisizione di capacità distintiva ed emblematica, rispetto alla situazione in cui il prodotto pubblicizzato massicciamente sia l’unico del genere offerto ai consumatori.. Tanto basta al rigetto della domanda attorea. § 11. Le relazioni intercorse fra le due società. Parte attrice ha sostenuto in citazione che nel 1995 le due società erano venute a contatto poiché SOMM si era accorta della collocazione sul mercato da parte di SEI ESSE di pensiline contraffatte e l’aveva diffidata, minacciando l’esperimento dell’azione per violazione del brevetto; SOMM aggiunge che le parti erano addivenute ad un accordo con la rinuncia da parte sua alla proposizione di azioni legali e l’impegno di SEI ESSE ad interrompere la produzione, Parte convenuta al riguardo ha sostenuto (cfr in particolare memoria ex art.184 c.p.c. del 7.3.2007) che all’avversaria diffida, inviata peraltro dallo studio brevettuale Aprà, essa aveva risposto il 7.6.1995 (non 2005, come indicato erroneamente), fornendo chiarimenti circa la diversificazione delle pensiline prodotte dalle due aziende, che avevano soddisfatto la SOMM. Il Tribunale reputa ininfluente tale profilo. La lettera 26.5.1995, prodotta come doc.1 allegato alla memoria istruttoria da parte convenuta (e diversa dalla copia prodotta come doc.16 di parte attrice, perché non risulta sottoscritta anche dal legale rapp,.te SOMM, ma solo dallo Studio mandatario) è stata predisposta dello Studio Aprà per conto SOMM con l’inequivocabile riferimento al brevetto per modello industriale di utilità n. 214.171, richiesto il 19.2.1988 e concesso il 2.4.1990, allegato alla missiva con gli annessi disegni. Nella lettera SOMM afferma di aver progetto, sviluppato emesso in opera, nonché brevettato “una struttura a pensilina avente l’originale aspetto esteriore e la caratteristica struttura, quale risultante dal sopra indicato brevetto”; lo Studio Aprà ha quindi addotto la violazione dei diritti rivenienti dal brevetto (pur prospettandoli, cumulativamente, anche come atti di concorrenza sleale) e ha assegnato un termine alla controparte per dar assicurazione della cessazione della produzione. Ha risposto in data 7.6.1995 la SEI ESSE, riconoscendo di produrre pensiline ma escludendo qualsiasi illiceità della sua condotta per la completa diversità del suo prodotto rispetto a quello SOMM, quanto a caratteristiche estetiche, materiali usati e modo di assemblaggio. Tutta la vicenda è ininfluente, secondo il Tribunale, e non solo perché SEI ESSE non ha ammesso alcunché ed anzi ha contestato l’avversaria pretesa, mentre l’inerzia successiva di SOMM, che pur fruendo della consulenza di uno studio specializzato, non ha dato corso alla minaccia di azioni cautelari, farebbe piuttosto pensare ad una spontanea desistenza indotta dalle risposte di SEI ESSE più che a una transazione di cui non v’è la benché minima traccia documentale (necessaria ad probationem ex art.1967 c.c.). Soprattutto appare dirimente il rilievo che SOMM ha in quell’epoca allegato la produzione della pensilina oggetto di brevetto e non di quella diversa, modificata, che ha posto nella sua valenza distintiva di forma-prodotto a fondamento della presente azione giudiziale (cfr punto 4 atto di citazione). § 12. La concorrenza sleale per appropriazione di pregi e atti contrati alla correttezza professionale. Parte attrice ha altresì prospettato la commissione da parte della SEI ESSE di concorrenza sleale per appropriazione di pregi (art.2598 n.2.) e atti contrari alla correttezza professionale (art.2598 n.3).

4 Legittima in quanto, per definizione, nell’ipotesi in considerazione la forma- prodotto del primo produttore non

aveva acquisito capacità distintiva prima dell’inizio della produzione da parte del concorrente.

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Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013RG n. 7122/2006

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Page 13: Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013 RG n. 7122/2006 ... · nella causa civile iscritta in primo grado al n. 7122 R.G.2006, avente ad oggetto: concorrenza sleale, promossa da

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A tal proposito va radicalmente esclusa la sussistenza delle altre forme di concorrenza sleale lamentate dalla parte attrice, in primo e dirimente luogo, perché SOMM prospetta tali violazioni sostanzialmente sulla base degli stessi elementi di fatto posti a fondamento della denunciata violazione dell’art.2598 n.1. Secondo SOMM, SEI ESSE si appropria dei pregi dei suoi prodotti e svolge concorrenza parassitaria semplicemente perché imita servilmente i suoi prodotti, e così clona la domanda principale sotto differenti cortine giuridiche; il che ingenera un palese difetto di deduzione delle norme asseritamente violate, che considerano comportamenti dell’imprenditore diversi dalla mera imitazione servile dei prodotti del concorrente. In secondo luogo, è evidente che la tesi di SOMM sta e cade con il cadere dell’accusa di imitazione servile, visto che si basa sugli stessi elementi costitutivi e probatori. Comunque, anche a prescindere dall’inadeguata allegazione sopra stigmatizzata, non è provata una condotta di appropriazione di pregi, considerato che la SEI ESSE non risulta avere mai attribuito espressamente ai propri prodotti qualità possedute solo dalle pensiline SOMM. Infatti la concorrenza sleale per appropriazione di pregi ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie o equivalenti, attribuisce ai prodotti della propria impresa pregi, quali riconoscimenti o virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti ai prodotti o all’impresa del concorrente (cfr per es.: Cass. civ., sez. I, 21.11.1983 n. 6928). Nel presente caso non risulta che la convenuta, al di là dell’imitazione servile, comunque esclusa ut supra, abbia compiuto specifici atti (pubblicitari o meno) diretti ad attribuire ai propri prodotti qualità dei prodotti attorei, ad accostare in modo suggestivo i propri prodotti a quelli attorei e a ingenerare nel pubblico la convinzione che i propri prodotti abbiano le stesse qualità di quelli dell’attrice. Non risulta neppure una condotta di concorrenza parassitaria, non essendo stato allegato e comunque provato che la convenuta abbia posto in essere una imitazione sistematica e protratta nel tempo di tutte le iniziative della concorrente, in un cammino costante sulle sue orme. § 13. Conseguenze. In conseguenza di quanto esposto le domande tutte di parte attrice, di accertamento dell’illecito, di inibitoria e di condanna al risarcimento dei danni, come pure le richieste accessorie, vanno rigettate. § 14. Le spese processuali. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali, tenuto conto del precedente difforme di questa stessa Sezione Specializzata, reso in caso analogo, nonché del tenore dell’ordinanza collegiale 8-18.5.2009, che, dando ingresso alla consulenza tecnica sul quantum, ha ulteriormente rafforzato il convincimento di parte attrice circa la ritenuta fondatezza delle proprie pretese. I costi delle due consulenze tecniche esperite rispettivamente dall’ing.Giuseppe Quinterno e dal dott. Ivano Pagliero vanno posti in via definitiva a carico di parte attrice, così come liquidate nei decreti in atti, senza pregiudizio per le ragioni del C.t.u. scaturenti dai predetti decreti, secondo la regola generale della soccombenza. § 15. La richiesta ex art.88 c.p.c. Parte convenuta con la memoria di replica, dopo aver lamentato l’irrituale, tardiva e inammissibile produzione ad opera della controparte di numerosi documenti nuovi inseriti nella comparsa conclusionale, ha chiesto al Giudice di valutare l’avversaria condotta processuale ai sensi dell’art.88 c.p.c., che, come è noto, impone alle parti e a loro difensori il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità e in caso di mancanza dei difensori a tale dovere prevede il dovere del Giudice deve riferirne alle Autorità che esercitano il potere disciplinare su di loro.

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Il Tribunale non ritiene che il difensore di parte attrice abbia violato il dovere di condotta secondo lealtà e probità sancito dalla norma invocata; l’infrazione infatti non è ravvisabile per il solo fatto della violazione di norme processuali, ancorché presidiate da decadenze e preclusioni, se essa non avviene con modalità di per sé sleali, in quanto idonee a trarre in inganno la controparte o il Giudice. Nella fattispecie, producendo tardivamente i documenti, parte attrice ha solamente tentato di modificare inammissibilmente il materiale probatorio, ma non si è sottratta alla reazione avversaria nel contraddittorio (proposta in modo puntuale e tempestivo) e al controllo del Giudice (che sarebbe scattato anche d’ufficio), né ha cercato fraudolentemente di contrabbandare i documenti tardivi come già prodotti in giudizio. In sintesi, secondo il Tribunale, non vi è una condotta sleale ma solo una condotta processualmente irregolare adeguatamente sanzionata con la declaratoria di inammissibilità.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando; respinta ogni diversa istanza, eccezione e deduzione; respinge tutte le domande proposte da parte attrice; dichiara compensate fra le parti le spese processuali; pone, in via definitiva, a carico di parte attrice il costo delle due consulenze tecniche esperite rispettivamente dall’ing.Giuseppe Quinterno e dal dott. Ivano Pagliero, così come liquidati nei decreti in atti, senza pregiudizio per le ragioni del C.t.u. scaturenti dai predetti decreti; respinge la richiesta di trasmissione degli atti ai sensi dell’art.88, comma 2, c.p.c. Così deciso in Torino il 18 gennaio 2013, dalla Sezione Specializzata in materia di Imprese del Tribunale di Torino, nella composizione prevista per la camera di consiglio dell’11 gennaio 2013.

Il Presidente (relatore ed estensore)

dott.Umberto Scotti.

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