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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN BIOCHIMICA CLINICA Facoltà di FARMACIA TESI METODOLOGIE DIAGNOSTICHE IN CORSO DI LEISHMANIOSI CANINA RELATORE PROF. ANTONIO LUCACCHINI CANDIDATO DOTT. ALESSANDRO ARCANGELI ANNO 2012

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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN BIOCHIMICA CLINICA

Facoltà di FARMACIA

TESI

METODOLOGIE DIAGNOSTICHE IN CORSO DI LEISHMANIOSI

CANINA

RELATORE

PROF. ANTONIO LUCACCHINI

CANDIDATO

DOTT. ALESSANDRO ARCANGELI

ANNO 2012

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Dedicata alle mie due donne Elena e Rebecca

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INDICE

Riassunto............................................................................... 4

Introduzione........................................................................... 6

Leishmaniosi umana.......................................................... 6

Leishmaniosi viscerale umana...................................... 6

Leishmaniosi canina.......................................................... 7

Epidemiologia ed Eziologia......................................................... . 9

Leishmania..................................................................... 9

Il vettore....................................................................... 11

Ciclo biologico................................................................. 13

Ciclo nell’ospite vertebrato......................................... 13

Ciclo nell’ospite invertebrato....................................... 15

Patogenesi e Quadro clinico......................................................... 17

Quadro clinico leishmaniosi canina........................................ 23

Cane esposto.......................................................... 24

Cane infetto........................................................... 24

Cane malato........................................................... 24

Cane malato con quadro clinico grave............................ 24

Quadro clinico leishmaniosi umana........................................ 25

Approccio diagnostico................................................................ 30

Leishmaniosi Canina.......................................................... 30

Diagnosi clinica........................................................ 30

Diagnosi di laboratorio............................................... 30

Esami di laboratorio aspecifici...................................... 31

Proteine totali ed elettroforesi del siero.................. 31

Esame emocromocitometrico............................... 32

Velocità di eritro-sedimentazione (VES)................... 32

Enzimi epatospecifici........................................ 33

Urea e creatinina............................................. 33

Esame delle urine............................................ 33

Esami di laboratorio specifici...................................... 34

Diagnosi eziologica........................................... 34

Metodi cito-istologici........................................ 34

Esame citologico..................................... 34

Esame istologico..................................... 36

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3

Metodi parassitologici....................................... 36

Esame colturale...................................... 36

Xenodiagnosi.......................................... 37

Metodi molecolari............................................ 37

Polymerase chain reaction(PCR)................... 37

Metodi sierologici............................................ 40

IFAT - Immunofluorescenza indiretta............. 41

ELISA - Enzyme Linked Immunosorbent Assay…. 43

Western Blot o immunoblotting (IB).............. 44

Agglutinazione diretta (DAT)...................... 44

Test rapidi di immunomigrazione e di tipo

immunocromatografico............................ . 44

Leishmaniosi umana......................................................... 45

Metodi Parassitologici....................................... 45

Metodi molecolari........................................... 45

Identificazione dei parassiti............................... 46

Analisi della sensibilità a molecole antileishmania....... 46

Ricerca degli antigeni parassitari........................... 46

Diagnosi immunologica........................................ 46

Analisi quantitativa della risposta umorale........ 46

Analisi qualitativa degli anticorpi................... 47

Terapia.................................................................................. 48

Composti Antimoniali......................................................... 49

Allopurinolo.................................................................... 51

Aminosidina.................................................................... 52

Amfotericina B................................................................. 53

Miltefosine...................................................................... 54

Metrodinazolo.................................................................. 55

Enrofloxacina.................................................................. 55

Pentamidina................................................................... 56

Immunomodulatori........................................................... 57

Trattamento delle Leishmaniosi umane................................... 58

Profilassi............................................................................... 60

Conclusioni............................................................................ 69

Bibliografia............................................................................ 71

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RIASSUNTO

La leishmaniosi è una malattia parassitaria a carattere zoonosico ad andamento

generalmente cronico, causata da protozoi del genere Leishmania. L’infezione colpisce

prevalentemente i mammiferi (uomo, canidi e roditori), anche se esistono parassiti

propri dei sauri.

La diffusione della malattia risulta influenzata da molti fattori:

Ambiente (densità dei flebotomi nelle aree endemiche, altitudine e caratteristiche

geologiche del territorio, ecc.);

Clima (temperatura, tasso di umidità, ecc.);

Condizioni socio-sanitarie (malnutrizione, incidenza nella popolazione umana di soggetti

affetti da immunodeficienza acquisita, elevata concentrazione di animali infetti,

randagismo, ecc.);

Nel cane la malattia si manifesta quasi esclusivamente nella forma generalizzata, detta

anche «viscero-cutanea». Le forme ad esclusiva localizzazione cutanea, come nel

bottone d’Oriente dell’uomo, sono rarissime ed anche in questi casi è stato possibile

rinvenire i parassiti negli organi interni. Dunque la leishmaniosi canina è considerata una

malattia viscerale in cui le lesioni cutanee sono una conseguenza della disseminazione

del parassita.

In zone dove la leishmaniosi ha un’ampia diffusione, spesso si ha la tendenza

ad etichettare un cane solo sulla base dei sintomi clinici, magari con qualche dato di

laboratorio aspecifico. Ovviamente è fondamentale non fermarsi ad una valutazione del

genere, ma procedere onde addivenire ad una diagnosi con metodo specifico; altrimenti

si corre il rischio di non diagnosticare più del 50% dei casi realmente infetti

Molti dei segni clinici rilevabili in corso di leishmaniosi, sono comuni anche ad altre

patologie, altrettanto comuni nelle zone endemiche, che possono essere concomitanti

con la leishmaniosi stessa. Questo fatto, oltre a complicare la diagnosi, rende ancor più

difficoltosa l’applicazione di un protocollo razionale per ciò che concerne la terapia.

Gli esami di laboratorio sono di fondamentale importanza al fine di emettere

correttamente la diagnosi, ma anche a fini prognostici e come monitoraggio durante la

terapia.

Classificazione degli esami di laboratorio:

Esami specifici: Parassitologici, Sierologici (tecniche indirette), PCR, Prove biologiche.

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Esami aspecifici: Protidemia totale e frazionata (protidogramma), elettroforesi delle

proteine sieriche, Formol-gelificazione Esame emocromocitometrico, BUN e

creatininemia, Enzimi epatospecifici (ALT, AST, ALP), VES, Esame delle urine, Test di

immunologia clinica (soprattutto per i fenomeni autoimmuni: latex test, test di Coombs

e ANA test).

Il paziente con segni clinici e/o alterazioni di laboratorio compatibili con leishmaniosi

(lesioni cutanee o oculari, linfoadenopatia, zoppia, anemia, disprotidemie,

iperazotemia, proteinuria) deve essere considerato malato se il parassita è evidenziabile

citologicamente nelle lesioni e/o il titolo anticorpale è 4 volte superiore al limite di

positività del laboratorio di riferimento. Se il titolo anticorpale è medio-basso e l’esame

citologico negativo, vanno eseguiti esami istologici/immunoistochimici (sulle lesioni

cutanee) o PCR su midollo e/o linfonodo. Se solamente quest’ultimo esame risulta

positivo il soggetto deve essere considerato infetto e, anche malato, solo nel caso

emerga una chiara correlazione tra la positività e la lesione. Se anche la PCR risulta

negativa il soggetto va considerato esposto e monitorato sierologicamente.

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INTRODUZIONE

La leishmaniosi è una malattia infettiva (parassitaria) a carattere zoonosico, ad

andamento generalmente cronico, causata da un protozoo flagellato del genere

Leishmania, trasmesse da mammifero a mammifero attraverso la puntura di un

artropodo vettore (il flebotomo), le leishmaniosi sono diffuse sulla superficie

terrestre sotto forma di focolai di minor o maggior importanza in 88 paesi su tutti i

continenti ad eccezione dell'Oceania.

Leishmaniosi umana

La popolazione esposta al rischio di contrarre la leishmaniosi è ad oggi stimata sui 370

milioni di persone. Attualmente vengono censite in tutto il mondo circa 2 milioni di

nuovi casi l'anno. Le manifestazioni cliniche sono variabili, dalla forma localizzata

benigna che può guarire spontaneamente, alla leishmaniosi muco-cutanea latino-

americana altamente invalidante, fino alla leishmaniosi viscerale con disseminazione

protozoaria in tutto l'organismo che, in assenza di trattamento può condurre a morte del

soggetto infetto.

Leishmaniosi viscerale umana

Sono stati descritti casi di leishmaniosi viscerale in 61 paesi su 4 continenti, nei quali

sono esposte al rischio circa 2000 milioni di persone. La sua incidenza a livello mondiale

è di 500 mila casi l'anno dei quali circa il 90% sono recensiti in soli 5 paesi (India, Nepal,

Bangladesh, Sudan e Brasile).

Dagli anni '80, la leishmaniosi viscerale è una malattia opportunista emergente

nell'Europa sud-occidentale (Portogallo, Spagna, Francia ed Italia), dove sono stati

segnalati più di 1500 casi di co-infezione HIV-leishmania. L'incidenza in questa

popolazione di immunocompromessi si è ad oggi notevolmente ridotta grazie all'utilizzo

di terapie combinate fortemente attive. Negli ultimi 20 anni, sempre in Europa, ma

anche in Brasile, l'aumento di trapianti di organo associato all'utilizzo di terapie

immunosoppressive ha portato alla comparsa di casi di casi di leishmaniosi viscerale in

questi pazienti sottoposti a trapianto. Allo stesso modo, si nota la comparsa di casi in

pazienti affetti da malattie reumatiche, autoimmuni e a seguito di trattamenti con anti-

TNF. Inoltre rimane la questione dei portatori asintomatici con possibile riattivazione

dell'infezione latente. Infine è stata dimostrata la possibilità di trasmissione da uomo a

uomo attraverso la condivisione di aghi tra tossicodipendenti.

Si distinguono 2 tipi di leishmaniosi viscerale:

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Leishmaniosi viscerale antroponotica con l'uomo come unico serbatoio di

Leishmania donovani. Essa imperversa sotto forma di epidemia in Africa orientale,

India, Nepal, e Bangladesh.

Leishmania viscerale zoonotica causata da Leishmania infantum (L. chigasi in

America Latina) con il cane che funge da serbatoio del parassita e che può

sviluppare una malattia mortale. È descritta sotto forma di casi sporadici

principalmente in Cina, Pakistan, America latina e in tutto il bacino del

Mediterraneo.

Per permettere lo sviluppo della malattia in un uomo infettato dopo una puntura da

parte del flebotomo sono necessari diversi fattori a rischio legati all'ospite o al parassita,

che possono intervenire singolarmente o in maniera concomitante: predisposizione

genetica, immunosoppressione acquisita o iatrogena, malnutrizione, quantità di parassiti

inoculata, virulenza del ceppo.

Leishmania infantum è responsabile anche delle forme di leishmaniosi cutanea, ma

queste forme sono raramente diagnosticate, forse perchè alcune passano inosservate

quando si presentano in alcune parti del corpo (ad eccezione del viso) e altre spesso

guariscono spontaneamente. I portatori asintomatici di leishmania sono numerosi e la

malattia si può verificare al momento dell'infezione primaria o per una riattivazione a

seguito di una forma latente diversi anni dopo l'infezione causata dalla puntura del

flebotomo. (63 77 138 17 128 66 183)

Leishmaniosi canina

É causata da Leishmania infantum ed è ampiamente diffusa in tutto il bacino del

Mediterraneo, comprese le isole. Con il riscaldamento globale e la movimentazione dei

cani a seguito dei loro padroni durante la villeggiatura, stiamo assistendo alla comparsa

di nuovi focolai di trasmissione, come è stato dimostrato nel nord Italia.

In Sud America, dove la leishmaniosi canina sembra essere stata importata dall'Europa,

la patologia è causata da Leishmania chigasi, che è di fatto sinonimo di Leishmania

infantum.

Nelle aree endemiche, la leishmaniosi canina è un grave problema per la sanità pubblica

principalmente a seguito dell'elevata percentuale dei cani asintomatici. Infatti è stato

dimostrato che i cani asintomatici, allo stesso modo dei soggetti sintomatici sono

potenziali serbatoi.

Ma da oggi non vi è consenso nella comunità scientifica riguardo le tecniche per la

diagnosi d'infezione in un cane asintomatico e non è stato stabilito alcun standard,

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nonostante le tecniche di biologia molecolare siano più sensibili rispetto alle tecniche

parassitologiche e sierologiche. (63 77 138 17 128 66 18)

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EPIDEMIOLOGIA ed EZIOLOGIA

Leishmania

La Leishmania appartiene al Regno dei Protisti, al Subregno Protozoi, al Phylum

Sarcomastigophora, al Subphylum Mastigophora, alla Classe Zoomastigophora,

all’Ordine Kinetoplastida, al Sottordine Trypanosomatinae, alla Famiglia

Trypanosomatidae e al Genere Leishmania.

L’utilizzo di diverse tecniche di laboratorio, come l’analisi elettroforetica degli

isoenzimi, l’analisi del DNA, la valutazione degli anticorpi monoclonali specie-specifici,

insieme alla valutazione del comportamento del parassita nell’ospite definitivo e nel

vettore, la sua distribuzione geografica e il suo risvolto clinico, hanno permesso la

descrizione di oltre 18 specie e sottospecie di Leishmania. (63 77 138 17 128 66 3)

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Le leishmanie sono microrganismi dimorfici: nei mammiferi infestati Leishmania si

presenta sotto forma di amastigote con corpicciolo rotondo, globoso od ovalare,

immobile, delle dimensioni di 2-5 µ di lunghezza per 2-3 µ di larghezza, fornito di

protoplasma granuloso omogeneo perifericamente delimitato da un plasmalemma

tristratificato; di grosso nucleo sferico centrale od eccentrico; di cinetoplasto

(kinetoplasto, DNA extranucleare) piriforme od a bastoncino, spesso situato alla periferia

del corpo parassitario ed in posizione antinucleare (spesso perpendicolare al nucleo). È

presente il rizoplasto, abbozzo di flagello costituito da due microtubuli assiali circondati

da 9 paia di microtubuli periferici, che si diparte in prossimità del cinetoplasto da un

corpo basale o blefaroplasto e si esaurisce, senza esteriorizzarsi, alla periferia della

cellula protozoaria, circoscritto, nel suo breve percorso, da un manicotto citoplasmatico

rivestito dal plasmalemma, che qui si invagina profondamente in modo da costituire

attorno al rizoplasto stesso una tasca flagellare aperta verso l’esterno.

L’amastigote si insedia nel contesto delle cellule macrofagiche (cellule del sistema

reticolo-istiocitario; monociti, ecc.) del mammifero ospite; più esattamente entro un

vacuolo intracitoplasmatico circoscritto da una membrana fagosomiale che, fondendosi

con i lisosomi, si trasforma in fagolisosoma; qui si sviluppa e si moltiplica per scissione

binaria dando luogo a numerosi elementi simili.

Negli insetti vettori (flebotomi) Leishmania si sviluppa e si moltiplica dando luogo a

forme flagellate dette promastigoti e paramastigoti.

I promastigoti sono elementi dal corpo stretto e lungo fino a 20 µ, con protoplasma

granuloso, nucleo grande centrale, cinetoplasto bastoncellare (ubicato in posizione

antinucleare subterminale o terminale), blefaroplasto prossimo a questo, puntiforme;

infine lungo e robusto flagello che si diparte dal blefaroplasto e presto si rende

cranialmente libero emergendo dalla tasca flagellare con una porzione pressoché lunga

quanto l’intero corpo. In base alle indagini compiute su Leishmania mexicana

amazonensis(che probabilmente valgono anche per altre specie di Leishmania) si

riconoscono due differenti tipi di promastigoti: il tipo nectomonade (corpo allungato,

sottile, lungo oltre 12 µ, con 76-91 microtubuli sottopellicolari, flagello libero incapace

di attaccarsi alle strutture parietali dello stomodeo del flebotomo vettore) e quello

aptomonade. Quest’ultimo ha corpo più corto, delle dimensioni inferiori a 12 µ, con 115-

138 microtubuli sottopellicolari, flagello libero e capace di attaccarsi alle strutture

parietali dello stomodeo del flebotomo vettore.

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I paramastigoti si differenziano dai promastigoti per essere muniti di cinetoplasto in

genere ubicato non anteriormente ma allo stesso livello del nucleo, o poco

posteriormente ad esso, e si possono reperire nella faringe, nel piloro e nell’ileo dei

flebotomi infestati. (63 77 138 17 128 66 3)

Amastigote

promastigote

Il vettore

I promastigoti di Leishmania vengono trasmessi agli ospiti definitivi da piccoli insetti

ematofagi appartenenti ai generi Sergentomya,Warileya, Brumptomyia, Lutzomyia e

Phlebotomus. Solo questi ultimi sono i responsabili della diffusione della malattia nelle

zone endemiche del bacino del Mediterraneo (in particolare P. perniciosus, P. perfiliewi e

P. major sono i vettori di Leishmania infantum in Italia), e vengono classificati nel

phylum Arthropoda, classe Insecta, ordine Diptera, sottordine Nematocera, famiglia

Phlebotomidae.

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Fra le circa 800 specie o sottospecie di flebotomi, 80 sono provate o sospettate di essere

i vettori delle 22 specie di Leishmaniache causano la malattia nell’uomo. In alcuni

focolai di leishmaniosi i vettori restano sconosciuti, per cui appare evidente che altre

specie saranno aggiunte alla lista.

Caratteristiche salienti dei flebotomi:

Corpo di colore giallo-pallido o giallo-ruggine, piccolo, lungo circa 2-3 mm (fino ad un

massimo di 5), coperto da lunghi e fitti peli; il torace e l’addome formano un angolo

quasi retto (ciò che li rende riconoscibili anche ad occhio nudo);

Testa allungata ed inserita sul collo in modo da formare un angolo di 45°;

Occhi composti, voluminosi, di colore scuro, situati ai lati della testa (appaiono

rotondeggianti se visti di profilo e reniformi dorsalmente);

Palpi (appendici articolate in rapporto con l’apparato buccale aventi funzione

sensoriale) pelosi ricurvi;

Proboscide corta e diretta in basso;

Antenne lunghe, pelose, costituite da 16 segmenti o articoli (alcuni di questi

fungerebbero da organi di senso);

Ali grandi, pure pelose, di forma subovale.

Mentre i maschi si nutrono di succhi vegetali, le femmine, benché sembra attualmente

non siano ematofaghe, pungono la cute per nutrirsi di sostanze organiche degli ospiti

(determinando irritazione) e per questo hanno strutture buccali atte a perforare la

pelle: un labbro-epifaringe ventralmente scanalato e denticolato alla sua estremità,

un’ipofaringe che porta il dotto salivare, due mandibole con estremità seghettata, due

mascelle a forma di lama (mandibole e mascelle sono preposte ad incidere la cute); il

tutto è contenuto, in posizione di riposo, entro il labbro inferiore (labium).

Il pasto di sangue da parte delle femmine ematofaghe si compie generalmente durante

le ore notturne, con picchi intorno alla mezzanotte ed un’ora prima del sorgere del sole;

si parla anche di un picco immediatamente dopo il tramonto. Una singola puntura può

essere indolore ma l’attacco di più flebotomi provoca quasi sempre un certo dolore. Nel

sito dove è avvenuta la puntura può manifestarsi una reazione cutanea locale,

pruriginosa, con formazione di una piccola papula che può persistere per alcune

settimane. Conseguentemente alla puntura si può verificare una reazione allergica,

soprattutto in soggetti provenienti da zone non endemiche (fenomeno più o meno

generalizzato con febbre e cefalea). (63 77 138 17 128 66 3) Il volo dei flebotomi è

molto silenzioso e di breve durata ed estensione (poche centinaia di metri, anche se in

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esperimenti di campo di rilascio e ricattura la massima distanza registrata è stata di 2,3

km ; sono disturbati dal vento e da temperature al di sotto della media estiva. La

velocità durante il volo è di circa 1 metro al secondo (0,65 – 0,70 m/sec.).

Ciclo biologico

Le Leishmanie sono parassiti dixeni, ossia necessitano di due ospiti per completare il

proprio ciclo vitale. L’ospite vertebrato svolge il ruolo di serbatoio della malattia,

mentre quello invertebrato rappresenta il vettore. L’ospite evolutivamente più antico

sembra essere quello invertebrato, data la presenza in esso di forme libere del

parassita. L’ospite vertebrato sarebbe stato acquisito in un secondo momento, per

trasferimento accidentale tramite l’insetto ematofago. Le Leishmaniosi sono per la

maggior parte delle zoonosi i cui serbatoi sono mammiferi appartenenti a diversi ordini

(Carnivora,Rodentia, Edentata, ecc.).

L’uomo, in genere, rappresenta un ospite occasionale, mentre il cane svolge il ruolo di

serbatoio della Leishmaniosi viscerale da Leishmania infantum e da Leishmania chagasi.

Le uniche antroponosi note sono il kala-azar da Leishmania donovani e il bottone

d’Oriente da Leishmania tropica. (63 77 138 17 128 66 3)

Ciclo nell’ospite vertebrato

Il ciclo inizia con l’infezione di un ospite vertebrato che avviene probabilmente

attraverso la penetrazione con il flusso della saliva di promastigoti infettanti presenti

nella proboscide e deposti nella cute.

Le cellule dell’ospite interessate dall’infezione da parte di Leishmanie sono

esclusivamente cellule della linea mononucleare, dal promonocita al macrofago tissutale

maturo. (63 77 138 17 128 66 3)

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Avvenuta la trasmissione,i promastigoti nel momento in cui sono inoculati, rimangono

negli spazi tissulari circostanti e qui fissano il complemento attivandone la via

alternativa. I monociti che contribuiranno a formare l’essudato infiammatorio vengono

attratti chemiotatticamente verso i promastigoti. I meccanismi di adesione sono

molteplici, del tipo recettore-ligando e possono essere siero-indipendenti e siero-

dipendenti. Le maggiori molecole di superficie di Leishmania coinvolte nei meccanismi

di adesione sono un lipofosfoglicano (LPG) e una glicoproteina nota come GP63. L’ipotesi

più probabile circa il contatto tra promastigoti e macrofago considera una penetrazione

del parassita con la testa, il flagello o il corpo nella stessa proporzione.

In ogni caso, il processo di penetrazione è causato per la maggior parte dall’attività

fagocitaria del macrofago, forse sostenuta dalla compatibilità superficiale tra ospite e

parassita. I promastigoti sono avvolti da una struttura di pseudopodi che ne determinano

la mobilità e che, staccandosi e riattaccandosi continuamente, ne modificano i siti di

adesione. I promastigoti morti non vengono fagocitati con la stessa facilità, per cui

bisogna ammettere un certo ruolo attivo da parte del promastigote. Una volta avvenuta

la fagocitosi, si osserva la fusione del fagolisosoma. Da questo momento il parassita è

sottoposto a diversi sistemi microbicidi del macrofago: H2O2, idrolisi lisosomiali, pH

acido e proteine cationiche. Come il promastigote possa sopravvivere è ancora oggetto

di studi. Una possibile spiegazione è legata all’LPG, tra le cui attività è annoverata

l’inibizione della ß-galattosidasi e della preoteinasi C. Quest’ultima risulta legata

all’attivazione di processi ossidativi all’interno del macrofago. Inoltre, l’LPG potrebbe

semplicemente creare una barriera superficiale all’idrolisi. I lisosomi potrebbero cioè

non contenere le glicosidasi e le lipasi necessarie a degradare l’LPG. Per quanto riguarda

l’H2O2, è nota la sua capacità di uccidere Leishmania donovani e Leishmania mexicana.

Tuttavia, rimangono poco chiari i meccanismi di detossicazione dei radicali O2 da parte

delle Leishmanie, e anche se è stato trovato l’enzima superossidodismutasi all’interno

del parassita si pensa che esso sfrutti i meccanismi di detossicazione della cellula ospite.

Tornando alle generalità del ciclo, il processo di trasformazione da promastigote ad

amastigote è scatenato dal cambiamento di temperatura (35°C) e da fattori poco noti.

Tra i due diversi morfotipi si osservano differenze antigeniche e biochimiche più

quantitative che qualitative.

Una notevole differenza è a carico della biosintesi della tubulina. Si conosce poco sulle

richieste nutrizionali e fisiche degli amastigoti. Essi si dividono per scissione binaria

all’interno del vacuolo parassitoforo, finchè non raggiungono un numero tale da portare

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a rottura il macrofago. Gli amastigoti così liberati sono fagocitati da altri macrofagi

dopo processi di adesione differenti da quelli dei promastigoti. (63 77 138 17 128 66 3)

Ciclo nell’ospite invertebrato

Questo ciclo inizia quando una femmina ematofaga appartenente alla Famiglia

Psychodidae (generi Phlebotomus nel Vecchio Mondo e Lutzomyia nel Nuovo Mondo) si

nutre su un ospite vertebrato infetto e con il pasto di sangue ingerisce anche degli

amastigoti. Dopo l’ingestione del sangue, le cellule epiteliali dell’intestino medio

producono una membrana peritrofica che avvolge il pasto di sangue e partecipa alla sua

digestione. Intanto, all’interno della membrana peritrofica, si ha la moltiplicazione di

nidi di promastigoti che, terminata la digestione, diventano liberi, colonizzando

l’intestino medio. Le forme paramastigoti sono per lo più immobili ma si osservano

anche forme in divisione binaria. Successivamente, vengono prodotti promastigoti attivi

che migreranno nell’intestino toracico. L’iniziale sviluppo dell’infezione è seguita da una

migrazione anteriore; promastigoti aptomonadi appaiono attaccati alle formazioni

chitinose della valvola stomodeale mediante emidesmosomi.

Durante il movimento dei promastigoti dall’esofago al faringe si osserva una riduzione in

grandezza dei parassiti che si trasformano in paramastigoti, adesi mediante

emidesmosomi all’intima cuticola del faringe. (63 77 138 17 128 66 3)

Anche qui i parassiti sembrano immersi in un gel, sono sessili, non si dividono per

scissione binaria e la loro vita è piuttosto breve. Per tali caratteristiche, si ritiene che i

promastigoti migrino in continuazione dall’intestino toracico, che costituisce la fonte di

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parassiti, verso il faringe. I promastigoti presenti nella proboscide sono responsabili

della trasmissione dell’infezione mediante puntura dell’insetto.

La durata del ciclo di Leishmania spp nel flebotomo è influenzata dalla temperatura

esterna, ad esempio il ciclo di L. infantum in P. perniciosus è stato segnalato variare da

6 a più di 14 giorni a seconda delle condizioni ambientali. Generalmente varia da 4

giorni (L. mexicana) fino a 19-20 gg (es. L. infantum in P. ariasi). Esso viene

completamente inibito al di sotto dei 10ºC poiché le attività del flebotomo, tra cui la

digestione del pasto di sangue, sono rallentate. Appare evidente che in alcune specie di

Leishmania esiste un livello di sviluppo associato a determinati vettori che può risultare

indipendente dalla temperatura; questo dimostra come in aree con clima simile L.

infantum si possa sviluppare in 6 giorni in P. perniciosus e possa tardare fino a 14 giorni

in P. ariasi. (63 77 138 17 128 66 3)

Sperimentalmente è stato dimostrato che il numero di flebotomi infetti e i processi

moltiplicativi dei parassiti aumentano proporzionalmente alla temperatura (intervallo

considerato 15-25ºC).In particolare, al di sopra dei 15ºC viene influenzato il movimento

anteriore del parassita, mentre sopra i 20ºC è favorito l’attacco alla valvola stomodeale.

Il fattore umidità non influenza direttamente il ciclo del parassita ma incide sulla

longevità del flebotomo.

ciclo biologico

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17

PATOGENESI e QUADRO CLINICO

Le infezioni da Leishmania hanno tre caratteristiche patogenetiche:

il bersaglio del parassita è rappresentato dai macrofagi, all’interno dei quali il

parassita si può replicare;

la comparsa e l’evoluzione della malattia dipendono dalla risposta immunitaria o

infiammatoria dell’ospite;

la persistenza dell’infezione nei tessuti. Leishmania tende a localizzarsi in tutti i

tessuti più ricchi di elementi del sistema monocito-macrofagico, dove può essere

rilevabile con metodi diretti già qualche settimana dopo l’infezione.

Una certa percentuale di soggetti infetti può negativizzarsi ad alcuni dei test

diagnostici, dopo un periodo generalmente breve dal primo riscontro positivo e senza

aver ricevuto alcuna terapia. Non è noto, in realtà, se questi soggetti si siano liberati

dell’infezione, abbiano contenuto l’infezione ad un livello tale che essa non risulti più

rilevabile con il metodo utilizzato o se il parassita si sia localizzato in tessuti diversi da

quelli esaminati in sede di prima diagnosi. (63 77 138 17 128 66 3)

La leishmaniosi e un eccellente esempio di interazione parassita-ospite.

Il vettore del genere Phlebotomus (nel vecchio mondo) o Lutzomyia (nel nuovo mondo)

s’infetta compiendo un pasto di sangue su un individuo infetto o su un animale

serbatoio. Il vettore ingerisce cosi i macrofagi contenenti gli amastigoti di Leishmania.

Giunti nello stomaco, gli amastigoti immediatamente si trasformano nella forma

flagellata, mobile, i promastigoti. Questi migrano lungo il tratto digerente del vettore,

moltiplicandosi per scissione binaria e vanno a localizzarsi nella proboscide. Quando il

vettore compie un nuovo pasto di sangue, pungendo un altro ospite, gli trasferisce i

promastigoti metaciclici infettanti di Leishmania insieme alla saliva. La saliva del

flebotomo femmina, contiene alcune molecole a diverse attività biologica (apirasi,

maxadilan, 5’nucleotidasi, ialuronidasi etc.), sostanze ad attività anti-aggregante

piastrinica, vasodilatatrice e di promozione della diffusione del parassita nei tessuti

(ialuronidasi). Prove sperimentali hanno consentito di dimostrare che le sostanze

vasoattive contenute nella saliva del flebotomo hanno la facoltà di inibire la capacita

dei macrofagi di presentazione dell’antigene ai linfociti T, nonché l’attività microbicida

degli stessi, con riduzione della produzione di ossido nitrico (NO) e altri metaboliti

dell’ossigeno. Studi condotti sui macrofagi murini e canini hanno dimostrato che l’NO e

uno delle principali molecole microbicide implicate nella morte degli amastigoti di

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Leishmania sia in vitro che in vivo.

Una volta nell’ospite, i promastigoti si legano ad alcune molecole di superficie dei

macrofagi (come i recettori del complemento 1 e 3 -CR1 e CR3-) e vengono cosi

fagocitati. Una volta che il fagosoma si fonde con i lisosomi secondari si ha la formazione

del vacuolo parasitoforo, all’interno del quale i promastigoti metaciclici si trasformano

nuovamente nella forma amastigote intracellulare. Questa trasformazione comporta la

perdita di una molecola di superficie, chiamata lipofosfoglicano (LPG), che, migrando

sulla superficie dei macrofagi infetti, inibisce il burst ossidativo postfagocitosi

e l’attivita idrolitica degli enzimi lisosomiali, mediante la chelazione del calcio e

l’inibizione della protein chinasi C prodotta dalle cellule infette. Questa azione può

essere interpretata come un meccanismo in uso dal parassita per sopravvivere e

moltiplicarsi indisturbato all’interno dei macrofagi fino a provocarne la rottura, con la

conseguente possibilità di parassitare altre cellule e disseminare attraverso la via

ematica e linfatica.

L’inibizione dell’attività dei macrofagi e indotta anche dalla presenza sulla superficie

del parassita di altre sostanze, quali: proteasi, come la gp63, una zinco-metalloproteasi

che e in grado di inattivare gli enzimi proteolitici dell’ospite ed impedire la

degradazione fagolisosomiale; antigeni, tra cui una fosfatasi acida che, insieme ai LPG

rilasciati dalla superficie, può modificare la risposta immunitaria dell’ospite; altri enzimi

presenti solo negli amastigoti (glutatione perossidasi, superossido dismutasi e catalasi),

che contribuiscono a degradare i metaboliti tossici prodotti dai processi ossidativi dei

macrofagi; glicoinositolfosfolipidi (GILP), presenti in elevata quantità sulla superficie sia

dei promastigoti che degli amastigoti che hanno la funzione di proteggere il parassita

dall’ambiente esterno.

Studi sperimentali nell’uomo hanno dimostrato che l’esito dell’infezione e strettamente

correlato al tipo di risposta immunitaria che viene innescata. In particolare, il controllo

dell'infezione o l'evoluzione della malattia sono legate alle popolazioni di linfociti T,

CD4+ e CD8+, responsabili del riconoscimento degli antigeni (Ag) presentati dai

macrofagi e dell'attivazione dell'immunità cellulo-mediata o umorale. E' stato

dimostrato che nei cani naturalmente infetti con Leishmania infantum si assiste ad una

riduzione sia dei linfociti CD4+ che dei CD8+, ed ad un loro aumento dopo trattamento

farmacologico. (63 77 138 17 128 66 3)

E’ opinione comune che il momento cruciale nell’evoluzione della malattia e

rappresentato, nei primi istanti dell’infezione, dalla capacita dei macrofagi di

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intervenire con meccanismi di killing efficaci nei confronti del parassita. Inoltre, la

presenza di determinate citochine può svolgere un’azione favorevole nell’indurre

resistenza alla malattia, influenzando l’attività leishmanicida dei macrofagi.

Figura. Impatto delle citochine Th1 e Th2 sulla metabolizzazione della L-arginina nei

macrofagi e conseguente impatto sul controllo del parassita

Quando un macrofago ingloba un patogeno, presenta gli antigeni provenienti dal

patogeno ai linfociti T helper naive (linfociti Th0). Normalmente i linfociti T non sono in

grado di rispondere agli antigeni solubili e devono contare sulla presentazione

dell'antigene da parte delle cellule presentanti l'antigene (APC), come macrofagi e

cellule dendritiche. In funzione dell'ambiente locale, del tipo di antigene e di vari altri

fattori, questi linfociti Th 0 vengono stimolati a differenziarsi in linfociti Th1 o Th2. A

questo punto inizia a svilupparsi una polarità della risposta. Rilasciando specifiche

citochine, i linfociti Th1 sostengono la risposta immunitaria cellulo-mediara mentre i

linfociti Th2 sostengono una risposta immunitaria prevalentemente umorale. Quando i

linfociti attivati stimolano a loro volta i macrofagi, mediante uno dei due profili

alternativi di citochine, la scelta di un profilo di citochine Th1 o Th2 ha un profondo

impatto sul modo in cui i macrofagi affronteranno il parassita. Ciò è dovuto in parte agli

effetti di questa stimolazione sul metabolismo della L-arginina che è un nutriente chiave

utilizzato sia dai macrofagi che dai parassiti Leishmania. Infatti esso possiede due vie

metaboliche alternative associate ad esiti molto differenti.

Una fase decisiva chiave nell'esito dell'infezione sembra essere la capacità dei linfociti di

rispondere alla presentazione dell'antigene producendo INF-γ, un importante citochina

Th1, nel macrofago si verifica un'up-regulation di un enzima detto sintetasi inducibile

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dell'ossido nitrico (iNOS). Questo processo ha come conseguenza la metabolizzazione

della L-arginina a ossido d'azoto (NO) leishmanicida e l'inibizione dell'attività di un altro

enzima drtto arginasi. Tuttavia in seguito alla stimolazione con citochine Th2, il

macrofago favorisce l'attività arginasica con conseguenza produzione di poliamine che

sono importanti nutrienti pei il parassita leishmania potenziando la replicazione e la

persistenza del parassita stesso. Nei cani infettati da Leishmania è stata dimostrata una

correlazione tra il numero di macrofagi che esprimono iNOS ed una riduzione del numero

di amastigoti di Leishmania nei macrofagi. Le citochine Th1 come INF-γ giocano pertanto

un ruolo fondamentale nel dirigere la risposta immunitaria lungo la via corretta.

Nell’uomo, una risposta Th1 specifica con produzione di IFN-γ garantisce il controllo

dell’infezione, mentre una debole risposta Th1 ed un aumento della produzione di IL-10

sono responsabili della progressione dell’infezione e della malattia clinica.

A tutt’oggi non e ancora ben chiaro il meccanismo con cui la Leishmania modula le

diverse sottopopolazioni di linfociti CD4+ e purtroppo gran parte delle conoscenze

attuali sulla immunopatogenesi della malattia sono frutto di sperimentazioni condotte in

vitro sul topo e dalle conoscenze di immunologia umana, la cui estrapolazione alla

situazione immunologica nel cane non e sempre priva di rischi interpretativi sono

indicati i principali fattori che influiscono sulla polarizzazione verso la risposta Th1 o

Th2. (63 77 138 17 128 66 3)

Nel cane, lo sviluppo della leishmaniosi viscerale e altamente variabile:

cani infetti e clinicamente sani, caratterizzati da una lieve o assente risposta Th2

e dalla presenza di una risposta Th1 specifica contro Leishmania;

cani infetti e gravemente malati, caratterizzati da un’esagerata risposta Th2 e da

una risposta Th1 assente o lieve.

E stato dimostrato che i cani sintomatici presentano un basso livello di linfociti CD4+,

rispetto ai soggetti asintomatici.

I cani con leishmaniosi viscerale sintomatica se da un lato presentano alti livelli di

anticorpi anti-Leishmania non protettivi, dall’altro presentano alterazioni

immunologiche caratterizzate da un ritardo dell’ipersensibilita di tipo ritardato (DTH)

agli antigeni Leishmania, da una riduzione delle cellule linfocitarie nel sangue periferico

e dall’assenza di produzione in vitro di citochine, IFN-γ e IL-2, da parte di cellule

mononucleari di sangue periferico (PBMC).

Nell'ambito della popolazione di linfociti CD4+ si hanno due sottopopolazioni

fenotipiche: i Th1 ed i Th2. La resistenza alla leishmaniosi viscerale e stata associata con

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l’attivazione del fenotipo linfocitario T helper 1 (Th1). I linfociti Th1, agendo mediante

un meccanismo autocrino di proliferazione IL-2 dipendente, inducono la proliferazione

cellulare e la secrezione di linfochine tipiche di questo subset linfocitario (IL-2, INF-γ,

TNF-α e IL-12). (63 77 138 17 128 66 3)

Essi cosi si rendono responsabili della risoluzione dell’infezione e quindi della protezione

dei soggetti infetti.

L’IL-2 stimola la proliferazione e/o differenziazione degli altri subset linfocitari, ad

eccezione dei linfociti Th2. L’azione più tipica e quella di indurre la maturazione e la

differenziazione dei linfociti T pre-citolitici a linfociti T citotossici.

L’INF-γ agisce in particolare sui macrofagi attivandoli ed inducendo un’efficace azione

effettrice diretta nei confronti dei microrganismi a crescita endocellulare, e quindi

anche della Leishmania.

I macrofagi, a loro volta, producono l’IL-12 che favorisce l’espansione dei Th1 protettivi

ed inibisce quella dei Th2 non-protettivi.

La prevalente produzione di IL-4, IL-5, IL-6, IL-10 e del fattore di stimolazione dei

linfociti B (BSF-1) ad opera del fenotipo Th2, e responsabile della progressione

dell'infezione verso la malattia, in seguito all’attivazione di una risposta immunitaria

prevalentemente di tipo umorale non protettiva, esitante nella produzione di anticorpi

specifici (IgG). Le sostanze prodotte dai Th2 non proteggono l'organismo dall'aggressione

delle Leishmanie perché richiamano, nel sito di partenza dell'infezione, macrofagi

immaturi a bassissimo potenziale antiparassitario; favoriscono anzi l'evoluzione della

malattia, in quanto permettono una persistenza delle Leishmanie “protette” all'interno

dei macrofagi ed una loro diffusione sistemica. (63 77 138 17 128 66 3)

La ricerca delle sottoclassi degli anticorpi IgG anti-Leishmania, IgG1 e IgG2, e un

indicatore più veritiero dello stato della leishmaniosi canina rispetto allo studio delle IgG

totali. Infatti, e stato dimostrato che i cani infetti con Leishmania infantum presentano

alti livelli di IgG1 anti-Leishmania, mentre gli anticorpi IgG2 sono prerogativa

dell’infezione asintomatica. E’ interessante ricordare che dati più recenti hanno

dimostrato un’elevata espressione di IgE, accanto alle IgG1, nei cani sintomatici

provenienti da aree endemiche differenti, ipotizzando il loro potenziale uso come

markers di malattia attiva.

I linfociti Th1 antagonizzano l’azione dei Th2 in quanto l’INF-γ da essi prodotto, inibendo

direttamente gli effetti della IL-4 sui linfociti B, ne sopprime la funzione. Inoltre,

l’azione di stimolo esercitata sui macrofagi, oltre ad aumentare il “killing” nei confronti

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dei microrganismi endocellulari, determina una maggiore produzione di IL-12.

I linfociti Th2, nel pattern di citochine prodotte annoverano l’IL-4 e l’IL-10 che

inibiscono la risposta proliferativa dei linfociti Th1, bloccandone la funzione. Mentre

nell’uomo in corso di infezione da L. chagasi, la produzione di IL-10 e stata correlata con

lo sviluppo della patologia, i dati scientifici relativi al ruolo di questa citochina nella

fase sintomatica della leishmaniosi viscerale canina sono ancora controversi.

In seguito all’attivazione del pattern linfocitico Th2 si ha una massiva proliferazione di

linfociti B, plasmacellule, istiociti e macrofagi, con incremento della chemiotassi per gli

eosinofili, con conseguente linfoadenomegalia, epato-splenomegalia ed elevata iper-γ-

globulinemia.

La risposta anticorpale che si innesca non e protettiva per il cane infetto, dal momento

che la continua sollecitazione delle cellule immunocompetenti, indotta dai parassiti

posti al riparo nei fagociti, comporta uno squilibrio del sistema immunitario, con

iperfunzione della risposta umorale, anomalie in quella cellulo-mediata e conseguente

produzione di uno stato immunopatologico caratterizzato essenzialmente da

immunodepressione e dalla produzione di immunocomplessi (Ic) circolanti.(42)

Figura. vie immunitarie che portano alla risoluzione dell’infezione o a malattia attiva.

Le lesioni organiche e tissutali che più comunemente si riscontrano nella leishmaniosi

del cane sono costituite, appunto, da vasculiti, poliartriti, ulcerazioni cutanee, uveiti,

glomerulonefriti, tutte espressioni dello squilibrio immunologico che viene innescato dal

parassita. La patologia da Immunocomplessi non e pero causata dalla loro deposizione

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fisica nei distretti vascolari, bensì dall’attivazione del complemento (C') e dal fenomeno

infiammatorio che si innesca come conseguenza di questo processo.

Pochi studi sono stati condotti sul ruolo dei linfociti CD8+ nel meccanismo di resistenza

alla leishmaniosi canina. Questi linfociti sono stati evidenziati nei cani asintomatici

sperimentalmente infetti con Leishmania infantum ma non nei soggetti sintomatici,

suggerendo che la lisi diretta dei macrofagi infettati con Leishmania infantum mediante

i linfociti T citotossici rappresenta un meccanismo aggiuntivo nella resistenza alla

leishmaniosi viscerale canina. (63 77 138 17 128 66 3)

Quadro clinico leishmaniosi canina

La leishmaniosi canina è una reticolo-endoteliosi sistemica ad andamento cronico

progressivo, caratterizzato da un quadro clinico polimorfo che si verifica in meno del

50% degli animali infetti. La notevole variabilità dei sintomi, la loro apparenza e gravità

dipendono dai numerosi meccanismi patogenetici coinvolti nell’insorgenza della

malattia, dal tipo di risposta immunitaria che si sviluppa nell’ospite e dalla stadio

evolutivo della patologia.

Nel cane possiamo riscontrare forme diverse in associazione, linfoadenomegalia, lesioni

cutanee, pallore delle mucose apparenti, dimagrimenti, cachessia, febbre, zoppie ,

depressione del sensorio, appetito variabile, disoressia, anoressia, splenomegalia,lesioni

oculari (uveiti, edema corneale, glaucomi ad angolo chiuso, scleriti ed emorragie

retiniche), epistassi,poliuria, polidipsia vomito e diarrea.

A livello cutaneo il riscontro più frequente ( 90 % dei casi) è rappresentato da scaglie

amiantacee localizzate in genere alla testa e/o al dorso. Altre lesioni possono essere

rappresentate in ordine di frequenza e comunque in associazione diversa, da alopecia

periorbitale, alopecia più o meno diffusa ulcerazioni in particolare a livello di

prominenze ossee, estremità giunzioni muco-cutanee ipercheratosi del tartufo e dei

cuscinetti plantari, onicogrifosi, formazioni nodulari, pustole sterili in corrispondenza di

addome, tronco, inguine, ascelle. In alcuni casi si possono riscontrare anche croste ben

adese.

L’infezione da Leishmania infantum può evolvere, in tempi che vanno da poche

settimane a molti mesi, in quadri di malattia estremamente variabili e polimorfi, non

sempre facilmente classificabili. Ciononostante il clinico, al momento della diagnosi,

dovrebbe sempre cercare di inquadrare l’infezione-malattia nel suo stadio evolutivo, sia

per consentirne l’opportuna terapia, sia per anticipare possibili evoluzioni verso fasi più

gravi o di irreversibilità. Per i motivi sopra esposti, pertanto, la classificazione di seguito

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proposta non vuole tentare di “ingabbiare” una malattia così complessa in uno schema,

ma solamente offrire uno strumento utile nella gestione dei pazienti affetti da tale

malattia. (63 77 138 17 128 66 3)

Cane esposto:

Vengono definiti “esposti” i cani clinicamente sani nei quali i test diagnostici cito-

istologici, parassitologici e molecolari risultino negativi ma siano evidenziabili titoli

anticorpali specifici, non superiori a 4 volte il valore soglia del laboratorio di

riferimento. I cani esposti all’infezione da Leishmania infantum sono solitamente

soggetti che soggiornano o hanno soggiornato, durante una o più stagioni di trasmissione,

in un’area dove è accertata la presenza di flebotomi vettori del parassita. (63 77 138 17

128 66 3)

Cane infetto:

Un cane infetto da Leishmania infantum è un soggetto nel quale è dimostrabile la

presenza del parassita, con metodi diretti (microscopia, coltura o PCR) e con metodi

indiretti (messa in evidenza di anticorpi specifici). Nelle zone endemiche, la sola

positività alla PCR, eseguita da materiale cutaneo in assenza di lesione, durante la

stagione di trasmissione (giugno-ottobre), potrebbe essere non sufficiente a definire

infetto un cane. (63 77 138 17 128 66 3)

Cane malato:

Un cane infetto può essere definito “malato” quando mostra uno o più segni clinici

suggestivi di leishmaniosi. Dato l’estremo polimorfismo clinico della leishmaniosi canina,

un cane infetto può essere definito malato anche se mostra uno o più segni clinici

purché chiaramente correlabili all’infezione in atto.

Un cane infetto da Leishmania infantum può essere definito malato anche se, in assenza

di segni clinici rilevabili, mostra alterazioni ematologiche, ematobiochimiche ed urinarie

riferibili alla leishmaniosi, oppure se mostra una o più alterazioni di laboratorio diverse

da quelle sopra elencate, purché siano sicuramente correlabili con l’infezione in atto.

(63 77 138 17 128 66 3)

Cane malato con quadro clinico grave:

Un cane infetto da Leishmania infantum può essere definito malato con quadro clinico

grave se:

a) è stato già sottoposto a uno o più trattamenti terapeutici con farmaci anti-Leishmania

e non mostra una remissione della sintomatologia;

b) è affetto da nefropatia proteinurica;

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c) è affetto da insufficienza renale cronica;

d) è affetto da gravi malattie oculari che possano comportare la perdita funzionale e/o

richiedano terapie immunodepressanti;

e) è affetto da gravi malattie articolari che possano invalidare la funzione motoria e/o

richiedano terapie immunodepressanti;

f) è affetto da altre severe malattie concomitanti, di natura infettiva, parassitaria,

neoplastica, endocrina o dismetabolica.

Figure. Varie forme di sintomatologiche che variano dalla cachessia, alla forma cutanea,

all’uveite, artrosi. .(63 77 138 17 128 66 3)

Quadro clinico leishmaniosi umana

I due più semplici ed usati sistemi di classificazione della malattia sono basati sulla

malattia clinica e dalla derivazione geografica:

malattia clinica: le tre forme primarie cliniche di leishmaniosi cutanee sono

mucocutanea e viscerale. La Leismaniosi cutanea può essere ulteriormente

suddivisa in localizzata e diffusa, recidivante e post-kala azar.

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Derivazione geografica: la leishmaniosi del Vecchio Mondo è causata da specie di

Leishmania che si trovano in Africa, Asia, Medio Oriente, zona Mediterranea e

India e produce la forma cutanea e viscerale. La leishmaniosi del Nuovo Mondo è

causata da specie di Leishmania che si trovano in America centrale e in Sud

America e si manifesta con le forme cutanee, mucocutanee e viscerale

Si possono riscontrare diverse forme di leishmaniosi:

cutanea localizzata: papule e ulcere cutanee si verificano dopo diverse settimane

o mesi dall'inoculazione da parte del flebotomo. Le lesioni possono essere

associate a sporotricosi e solitamente guariscono spontaneamente.

cutanea diffusa: analogamente alla lebbra lepromatosa, gli individui infetti non

hanno una risposta immunitaria cellulo – mediata al parassita e di conseguenza

sviluppano papule cutanee e noduli diffusi.

cutanea recidivante: è una variante clinica, poco comune, della forma cutanea

che appare come una lesione recidiva nel sito dell'infezione iniziale

apparentemente guarita.

cutanea post-kala azar: endemica in India e in Sudan , questa forma si sviluppa

mesi o anni dopo il recupero del paziente dalla leishmaniosi viscerale. Le lesioni

cutanee si manifestano con grande variabilità (macuole ipopigmentate ,papule

eritematose ,noduli e placche), possono essere numerose e persistono per decenni

.I parassiti isolati dalle lesioni sono identici a quelli che causano la malattia

originale viscerale.

Mucocutanea :è una forma prevalentemente del Nuovo Mondo che può

manifestarsi clinicamente pochi anni dopo la forma cutanea localizzata

guarita.Con modalità ancora sconosciute i promastigoti migrano nel tratto

respiratorio superiore ,ne conseguono lesioni dell'orofaringe e del naso, e la

migrazione si traduce in un ampia distruzione medio-facciale e può

occasionalmente portare alla morte del paziente.

Viscerale (kala azar):i parassiti si localizzano nel sistema reticoloendoteliale

piuttosto che nella cute, e producono una malattia diffusa sistematica

potenzialmente letale.

eishmaniosi cutanea

·Leishmaniosi cutanea localizzata

·Vecchio mondo - Leishmania major, Leishmania tropica, Leishmania aethiopica e

L

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Leishmania infantum

·Nuovo mondo - Leishmania mexicana, Leishmania venezuelensis, Leishmania

amazonensis, Leishmania braziliensis, Leishmania panamensis, Leishmania

guyanensis, Leishmania peruviana, e Leishmania chagasi

·Leishmaniosi cutanea diffusa

·Vecchio mondo - Leishmania aethiopica

·Nuovo mondo - Leishmania mexicana, Leishmania amazonensis , e Leishmania

venezuelensis

·Leishmaniosi cutanea recidivante

·Vecchio mondo - Leishmania tropica

·Nuovo Mondo - Leishmania braziliensis

·Leishmaniosi cutanea post-kala azar

·Vecchio mondo - Leishmania donovani e Leishmania infantum

·Nuovo mondo - Leishmania chagasi

Leishmaniosi mucocutanea

·Nuovo mondo - Leishmania mexicana, Leishmania amazonensis, Leishmania

braziliensis, Leishmania guyanensis e Leishmania panamensis

Leishmaniosi viscerale

· Vecchio mondo - Leishmania infantum, Leishmania donovani e Leishmania tropica

(può anche produrre la malattia atipica viscerotropica)

·Nuovo mondo - Leishmania chagasi

La Leishmaniosi cutanea si manifesta come un ulcera facilmente confondibile con altre

patologie infettive e non della cute. In entrambi le forme cutanea localizzata e

mucocutanea la risposta immunitaria cellulo-mediata al parassita della leishmania è

bassa. Gli individui malnutriti sono più a rischio di contrarre la leishmaniosi e rispondono

peggio al trattamento rispetto ai soggetti che seguono una nutrizione adeguata. Meno

del 5% degli individui infetti da leishmania brasilensis ,e una percentuale minore di

individui affetti da Leishmania panamensis e guyanensis sviluppano metastasi nella

mucosa diversi mesi o anni dopo la risoluzione apparente della forma cutanea. I sintomi

della leishmaniosi viscerale può essere confusa con molte altre malattie infettive,

tuttavia, in aree endemiche il paziente presenta una massiccia

splenomegalia,pancitopenia, ipergammaglobulinemia,e febbri intermittenti.

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Una lesione tipica della leishmaniosi cutanea localizzata si riscontra in una papula

infiammata ,che progredisce fino a diventare un 'ulcera. Questo può essere associato ad

una diffusione linfatica sporotricotica; nella stragrande maggioranza dei casi le ulcere

guariscono spontaneamente con cicatrici.

I pazienti affetti da leishmaniosi cutanea diffusa sviluppano centinaia di papule noduli e

placche in tutte le parti del corpo in un quadro clinico che ricorda la lebbra lepromatosa

questa forma è spesso resistente alla terapia e può assumere un decorso cronico. (63 77

138 17 128 66 3)

Nella leishmaniosi cutanea recidivante, in genere, le placche psoriasiche si manifestano

sul viso assomigliando a lesioni proprie del lupus vulgaris. Anche questa forma può essere

resistente alla terapia ed il risultato in un quadro clinico è deturpante.

Nelle manifestazioni cliniche della leishmaniosi cutanea post–kala azar le lesioni cutanee

sono poliformi e vanno da macule eritomatose a ipopigmentate o a papule e noduli che

possono fondersi.

Le caratteristiche della leishmaniosi viscerali sono febbre malessere,

epatosplenomegalia, anoressia, deperimento, pancitopenia e ipergammaglobulinemia.

Talvolta la cute diventa gravemente xerotica ed iperpigmentata a causa della

stimolazione dei melanociti. Questa forma è spesso letale se non trattata.

La coesistenza tra malattie infettive e carenze nutrizionali possono avere un impatto

significativo sulla gravità e sull'esito dell'infezione da leishmania. In Europa meridionale,

la leishmaniosi viscerale sta emergendo soprattutto come una grave infezione

opportunistica negli individui infetti da HIV infatti la maggior parte dei pazienti adulti (<

70%) affetti da leishmaniosi viscerale sono all'ultimo stadio di AIDS. .(63 77 138 17)

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Figura. Forme di leishmaniosi umana con lesioni mucocutanee, cutanea localizzata e

diffusa.

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30

APPROCCIO DIAGNOSTICO

Leishmaniosi Canina

La diagnosi di Leishmaiosi Canina deve essere basata su un approccio integrato che

tenga in considerazione segnalamento, anamnesi, reperti fisici, alterazioni clinico-

patologiche, e risultati dei test di diagnosi eziologica diretti ed indiretti.

Diagnosi clinica

Sebbene la leishmaniosi possa verificarsi in tutte le razze canine alcune, come ad

esempio Pastore tedesco e Boxer, sembrano essere predisposte. Potrebbe inoltre esistere

una predisposizione di sesso per i maschi che presentano un maggiore rischio di

sviluppare la malattia, come descritto nella specie umana. Inoltre, la malattia ha una

distribuzione bimodale, con un picco nei soggetti di età inferiore a 3 anni e un secondo

picco tra gli 8 e i 10 anni19 ed è di fondamentale importanza sapere se il cane vive o ha

soggiornato in aree endemiche e/o se è esposto ai vettori, se ha ricevuto trattamenti

preventivi potenzialmente efficaci contro i flebotomi o terapie in grado di interferire

con l’efficienza del suo sistema immunitario. La raccolta anamnestica si completa con le

informazioni riguardanti i segni clinici rilevati dal proprietario, compatibili con

Leishmaniosi canina, tra cui dimagramento, astenia, alterazioni cutanee, poliuria-

polidipsia (PU/PD) ed epistassi.(63 77 138 17)

Diagnosi di laboratorio

gli esami di laboratorio rivestono un ruolo di primaria importanza, in quanto consentono

di confermare la diagnosi e rappresentano un sicuro elemento di giudizio sia ai fini

prognostici che nel monitoraggio dell’andamento clinico in corso di terapia.

Questi esami possono essere riconducibili a due grosse categorie:

- Esami aspecifici: hanno l'utilità di segnalare al clinico segni di sofferenza d'organo

o di apparato che possa essere, direttamente o indirettamente, correlata con la

leishmaniosi. Essi prevedono la determinazione di parametri ematologici ed

ematochimici che consentono di completare il quando clinico-diagnostico,

permettendo una valutazione delle condizioni generali del paziente in senso

dinamico, ed un apprezzamento della risposta alla terapia

- Esami specifici: consentono di diagnosticare la malattia in maniera diretta e

comprendono esami parassitologici, che hanno lo scopo di evidenziare il parassita

nella sua forma di amastigote in organi e tessuti degli animali ed in coltura; esami

seriologici, che identificano gli anticorpi specifici nel siero del sangue dei soggetti

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in esame; esami di diagnostica molecolare che evidenziano porzioni del genoma

del parassita.(63 77 138 17)

Esami di laboratorio aspecifici

Proteine totali ed elettroforesi del siero:

Nell’approccio diagnostico alla leishmaniosi un’importante strumento di indagine e

rappresentato dalla misurazione quantitativa e qualitativa della protidemia: dosaggio

della protidemia totale (PT), rapporto albumina/globulina (A/G) ed elettroforesi delle

proteine sieriche (protidogramma). Nei cani malati la protidemia totale aumenta e ciò e

legato essenzialmente ad una diminuzione dell’albumina e ad un aumento delle β e γ-

globuline (talvolta anche delle α 2-globuline), con una conseguente variazione del

rapporto A/G che risulta, quindi, inferiore alla norma. L’ipoalbuminemia e conseguente

alla nefropatia, all’enteropatia proteino-disperdente, ai processi flogistici ed alla

diminuita sintesi epatica che accompagnano e spesso caratterizzano il corteo

sintomatologico della leishmaniosi. L’iper-β-globulinemia e legata alla migrazione in

questa banda elettroforetica di alcune immunoglobuline (IgM, IgA), del fattore C3 del

complemento, del fibrinogeno e della transferrina. L’iper-γ-globulinemia che si sviluppa

nel corso della malattia e il frutto dell’attivazione policlonale dei linfociti B, che

producono quantita abnormi di immunoglobuline per lo più aspecifiche. La fusione delle

β e γ-globuline in un picco policlonale indica una produzione eterogenea di

immunoglobuline aspecifiche.

Figura. Elettroforesi delle proteine tipica della leishmania con la fusione β e γ-globuline

in un picco policlonale.

In presenza di riacutizzazioni della malattia, o di forme acute di processi flogistici

concomitanti, può essere presente un innalzamento delle α-2-globuline, banda

elettroforetica in cui migrano le cosi dette “proteine della fase acuta della flogosi”

(aptoglobulina, α-2-macroglobulina, ceruloplasmina). Quest’ultime proteine si sono

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rilevate di grande valore prognostico nella diagnosi della malattia, in quanto in cani

positivi, il loro livello risulta sempre più elevato rispetto ai soggetti non infetti. Inoltre,

la concentrazione della proteina C-reattiva e significativamente più alta nei cani

sintomatici rispetto a quelli asintomatici. Questi dati, indubbiamente utili, non devono

essere sopravalutati in quanto esistono diverse altre condizioni che possono determinare

un incremento dei livelli delle proteine della fase acuta (rischio di false positività): le

concentrazioni di aptoglobulina e ceruloplasmina aumentano in caso, ad esempio, di

traumi chirurgici e di poliartriti, cosi come la proteina C-reattiva aumenta nella

Leptospirosi, nella Tripanosmiasi, nelle enteriti batteriche ed emorragiche, nella

Parvovirosi, nell’Ehrlichiosi ed in seguito ad interventi chirurgici.

Tutte e tre le proteine, inoltre, possono subire incrementi anche durante i trattamenti

corticosteroidei.

Un alto picco delle α 2-globuline, inoltre, può anche conseguire ad un interessamento

renale (nefrite o nefrosi). La persistenza dell’iper-α-2- globulinemia dopo trattamento, o

la sua ricomparsa in caso di recidive, testimonia l’esistenza di una guarigione clinica

particolarmente instabile.(63 77 138 17)

Esame emocromocitometrico:

in corso di Leishmaniosi canina. possiamo riscontrare anemia normocromica normocitica,

iporigenerativa conseguente sia a fenomeni immunomediati sia al possibile ruolo dei

radicali liberi che provocano alterazioni della membrana plasmatica degli eritrociti

favorendone la demolizione da parte del sistema reticolo istiocitario. Particolarmente

frequente inoltre il riscontro di una Trombocitopenia si ipotizza all’azione di

autoanticorpi antipiastrine. .(63 77 138 17)

Velocita di eritro-sedimentazione (VES):

questo test e molto generico e si basa sulla misurazione del tempo che impiegano gli

eritrociti nel sedimentare in un campione di sangue prelevato con anticoagulante. La

VES, nei cani affetti da leishmaniosi, e in costante aumento a causa di vari fattori, quali

l’anemia, l’aumento delle γ-globuline e del fibrinogeno, la presenza di Immunocomplessi

e la riduzione della quota albuminica; tutti fattori che contribuiscono all’aggregazione e

alla formazione di rouleaux dei globuli rossi, con dimensioni e peso superiore alle singole

emazie, e per questo con velocita maggiore di precipitazione nel plasma.(63 77 138 17)

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Enzimi epatospecifici:

il coinvolgimento epatico negli animali affetti da leishmaniosi non riveste la stessa

importanza di quello renale, sebbene, in alcuni casi, il fegato rappresenti comunque un

organo bersaglio, in quanto provvisto di cellule del sistema reticolo-endoteliale.

I danni parenchimali sono rappresentati dall’aumento nel circolo ematico degli enzimi

transaminasi glutammico piruvica (ALT) e/o fosfatasi alcalina (ALP) che, dopo adeguata

terapia, tendono a normalizzarsi.(63 77 138 17)

Urea e creatinina:

Uno degli organi maggiormente coinvolti in corso di leishmaniosi, talvolta l’unico, e

senza dubbio il rene. Pertanto il dosaggio sierico dell’urea e della creatinina, insieme

all’esame delle urine ed al protidogramma, può fornire utili informazioni sul grado di

compromissione renale, oltre ad avere un indiscutibile valore prognostico.(63 77 138 17)

Esame delle urine:

La principale alterazione che si evidenzia all’esame delle urine di cani leishmaniotici con

lesioni renali e la proteinuria. I test semiquantitativi impiegati nelle ricerche di

screening per rilevare la presenza di proteine nelle urine sono molto sensibili, ma sono

influenzati dalla concentrazione e dal volume delle urine stesse. Per questo motivo e

diventato routinario l’utilizzo del rapporto proteinuria/creatinuria (Urine P/C) per

rilevare e quantificare i casi di proteinuria significativa nei campioni di urina raccolti

secondo il criterio della casualità. IL rapporto U P/C dei singoli campioni di urina

prelevati casualmente, risulta correlato in modo eccellente con il contenuto proteico dei

campioni di urine nell’arco di 24 ore da cani normali o colpiti da disfunzioni glomerulari.

Sulla base dell’estrapolazione dei dati relativi alle proteine escrete dai cani sani e da

studi in cui la valutazione del rapporto U P/C e contemporanea alla biopsia e

valutazione istologica del danno renale, sono stati stabiliti i seguenti criteri: < 0,5

normale, tra 0,5 e 1 dubbio e > 1 patologico.

La proteinuria e un segno precoce di glomerulopatia, potendosi rilevare prima

dell’innalzamento dei valori della creatinina e dell’urea, ed e anche proporzionale al

danno renale, associato o meno alle alterazioni dell’esame del sedimento urinario. La

tipizzazione delle proteinurie e effettuata mediante metodiche di frazionamento delle

proteine con SDS-PAGE e SDS-AGE che consentono di differenziare le proteine in base al

loro peso molecolare. L’escrezione di proteine ad alto peso molecolare (60.000-70.000

d) e correlata ad un danno prevalentemente glomerulare, mentre il rilievo di proteine a

basso peso molecolare e espressione di compromissione tubulare.

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In corso di leishmaniosi canina, se il danno renale e grave la proteinuria e di tipo misto

(glomerulare e tubulare); se la compromissione renale e meno significativa, la

proteinuria e di tipo selettivo (più frequentemente glomerulare).

Esami di laboratorio specifici

Gli esami specifici utili a diagnosticare la malattia in soggetti sospetti di essere affetti

da leishmaniosi, possono essere, a loro volta, suddivisi in due categorie in base al tipo di

indagine che viene effettuata. Nel caso in cui lo scopo sia quello di individuare e

tipizzare il parassita si parla di metodi diretti, che si differenziano dalle tecniche

indirette finalizzate, di contro, a valutare la risposta immunitaria degli animali infetti. A

questi si aggiungono altri test, di più recente introduzione, come la diagnostica

molecolare (PCR).

Diagnosi eziologica

Per identificare il parassita o la risposta dell’organismo contro di esso devono essere

integrati tra loro diversi metodi di diagnosi eziologica. La positività del midollo o degli

organi linfoidi, infatti, non è sempre indice di infezione persistente, né tantomeno

permette di ascrivere a Leishmania gli eventuali segni clinici rilevati. Al contrario,

l’identificazione del parassita all’interno di organi che presentino lesioni compatibili con

leishmaniosi permette di stabilire con buona probabilità una relazione causa-effetto tra

parassita e lesioni.

I metodi diagnostici attualmente disponibili sono: cito-istologici, parassitologici,

molecolari, sierologici e di valutazione della risposta cellulare.(63 77 138 17)

Metodi cito-istologici

Esame citologico:

Il metodo permette di evidenziare la presenza di amastigoti all’interno di macrofagi

intralesionali o in sede extracellulare. Nel caso il campionamento avvenga a livello di

organi lesionati si osservano alterazioni citologiche (flogosi linfoplasmacellulare e/o

granulomatosa- piogranulomatosa, iperplasia reattiva linfonodale, iperplasia mieloide

e/o ipoplasia eritroide nel midollo osseo, ecc.) compatibili con leishmaniosi. L’indagine

citologica andrebbe quindi eseguita sui seguenti campioni:

lesioni cutanee papulari, nodulari e ulcerative: prelievo mediante ago-infissione

(o ago-aspirazione) e/o apposizione; le lesioni ulcerative di natura ischemica

possono, però, risultare negative;

midollo osseo e linfonodi in presenza di segni clinici o alterazioni clinico-

patologiche riferibili ad un loro interessamento (anemia, linfoadenomegalia,

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ecc.);

altre sedi: fluidi biologici prelevabili da sedi con lesioni (ad es. liquido sinoviale in

caso di artrite/poliartrite, liquido cefalorachidiano in caso di segni

neurologici,ecc.).

In assenza di lesioni campionabili, gli organi o tessuti in cui più facilmente si possono

riscontrare parassiti sono rappresentati, in ordine decrescente di sensibilità diagnostica,

da midollo osseo, linfonodo e milza, sangue. Il materiale raccolto per la citologia può

anche essere conservato ed inviato al laboratorio, in caso di risultato citologico

negativo, per eseguire la ricerca del genoma di Leishmania mediante PCR.

Il materiale ottenuto viene strisciato su un vetrino, fissato con metanolo e colorato con

la metodologia Giemsa. L'osservazione al microscopio, a 600 – 1000 ingrandimenti,

permette di evidenziare gli amastigoti all'interno dei macrofagi o liberi negli spazi

extracellulari. L'evidenzazione di un esame citologico positivo è molto comune in cani

affetti da leishmaniosi clinica che in soggetti subclinici, tuttavia non esiste correlazione

tra densità di amastigoti e gravità della malattia.(63 77 138 17)

Figura. Preparati citologici di midollo ossee e linfonodi

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Esame istologico:

Il parassita può essere evidenziato in sezioni allestite da lesioni colorate routinariamente

con ematossilina-eosina. In associazione al parassita, possono essere anche evidenziate

le alterazioni compatibili con leismaniosi canina, rappresentate da infiammazioni

linfoplasmacellulari o granulomatose-piogranulomatose e/o vasculiti a carico di diversi

organi, dermatopatie ischemiche, dermatiti linfoplasmacellulari dell’unione dermo-

epiteliale, iperplasia linfoide a carico di milza e linfonodi. Il ricorso all’esame istologico

è sempre consigliabile quando, nonostante un esame citologico negativo, permane il

forte sospetto di leishmaniosi canina, soprattutto in presenza di dermatiti e nelle forme

cutanee caratterizzate da lesioni focali. Nel caso si rilevino alterazioni istologiche quali

quelle sopra descritte, ma non fosse possibile identificare il parassita in sezioni colorate

con ematossilina-eosina, sarà opportuno procedere con colorazioni immunoistochimiche

utilizzando anticorpi diretti contro antigeni di Leishmania. Qualora anche questo

approccio risulti negativo, il campione bioptico può essere utilizzato per la ricerca del

genoma di Leishmania mediante PCR.(63 77 138 17)

Metodi parassitologici

Esame colturale:

È il test più specifico perché lo sviluppo in coltura di promastigoti vitali è unicamente

ascrivibile al genere Leishmania qualora si tratti di campioni prelevati in aree

endemiche del Vecchio Mondo.

Figura. Promastigoti in coltura.

Per la coltivazione di Leishmania sp. Si utilizzano terreni difasici che sono costituiti da

una fase solida, addizionata di sangue defibrinato di coniglio, e una fase liquida,

addizionata di antibiotici per prevenire la crescita batterica, all'interno della quale i

parassiti si moltiplicano. Tra questi tipi di terreni ricordiamo il terreno di Tobie

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modificato da Evans, il Novy McNeile Nicolle (NNN) oppure il terreno Brain – Heart

infusion (BHI). Lo sviluppo dei promastigoti richiede come minimo 7 giorni di incubazione

a 23°C, dopodichè la loro replicazione avviene lentamente. É un test dotato di

specificità al 100% ma di scarsa sensibilità; è infatti di non facile esecuzione per

l'estrema sensibilità delle leishmanie alle variazioni delle condizioni di crescita

(temperatura, composizione dei terreni, inquinamento batterico e fungineo) e viene

eseguito da laboratori altamente specializzati di alcuni Istituti Zooprofilattici

Sperimentali. L'isolamento di ceppi di leishmania mediante esame colturale , permette

la tipizzazione isoenzimatica, di notevole importanza negli studi epidemiologici.(63 77

138 17)

Xenodiagnosi:

Il metodo consiste nel far nutrire sul cane sospetto un certo numero di flebotomi allevati

in laboratorio che sono poi esaminati alcuni giorni dopo per la presenza di promastigoti

nel tratto intestinale. Il metodo è molto sensibile ma, ovviamente, di scarsa

applicabilità pratica.(63 77 138 17)

Metodi molecolari

Polymerase chain reaction(PCR)

La tecnica permette di amplificare sequenze specifiche del genoma di Leishmania. È un

metodo molto sensibile e specifico, soprattutto se va ad amplificare sequenze

genomiche “multicopia”, presenti cioè in numero elevato in ogni singolo parassita, quali

il DNA dei minicircoli del kinetoplasto. È quindi in grado di identificare piccolissime

quantità di DNA dei protozoi presenti nel materiale biologico esaminato.

Le tretecniche più utilizzate sono:

PCR qualitativa che permette l’amplificazione logaritmica in vitro del DNA-target

che identifica il microrganismo in esame, attraverso l’uso di “primer” specifici

che legandosi a tratti del genoma, ne permettono la duplicazione e

l’amplificazione. La PCR qualitativa e stata testata con successo su diversi

campioni biologici di cani, uomini ed anche volpi affetti da leishmaniosi (sangue,

linfonodi, cute, midollo, urine, tamponi congiuntivali), mostrandosi altamente

specifica ma non altrettanto sensibile. Il limite della tecnica e rappresentato

dalla possibile contaminazione del campione che può dare origine a falsi positivi,

e dal fatto che il test possa risultare positivo anche in seguito ad ipotetica

sterilizzazione post- terapia. La PCR qualitativa manifesta una specificita,

sensibilita ed affidabilita maggiore rispetto all’osservazione diretta (strisci e

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colture) ed alla sierologia, rendendola il metodo gold standard nella diagnosi

dell’infezione da Leishmania sia negli uomini che nel cane. In genere la PCR

qualitativa rileva, in maniera piu attendibile e con maggiore precisione di altri

metodi diagnostici, gli stadi precoci della malattia, e quindi anche i casi transitori

ed autolimitanti dei quei soggetti che in qualche modo risolvono l’infezione. Oltre

che come mezzo diagnostico, la PCR qualitativa può essere utilizzata anche per

monitorare il decorso della malattia durante e dopo il trattamento

antiparassitario, e per classificare le diverse specie di Leishmania, mediante

l’utilizzo di primers specie-specifici. A fronte di questi indubbi vantaggi, a tale

tecnica sono associati dei limiti che devono, comunque, essere messi in evidenza,

dal momento che essa non permette di distinguere un parassita “vivo” da uno

“morto” e richiede un personale più che qualificato, al fine di evitare le

contaminazioni crociate responsabili di risultati falsamente positivi.

Ma il protocollo di PCR che si è rilevato per il momento il più sensibile è stato messo a

punto da Lauchad et al. nel 2002, che usando la coppia di primers RV1-RV2, si è

dimostrato in grado di arrivare fino ad individuare la presenza di 10-3 leishmanie per

millilitro di sangue.6

Tuttavia l’alta sensibilità di questo protocollo, se da un lato ha permesso di evidenziare

come il numero di cani e umani infetti sia sensibilmente superiore a quanto prima

ipotizzato, si può rivelare controproducente nella diagnostica clinica, questo perché si

individuano molti soggetti infetti, che però non hanno, o non vanno incontro, a quadri

clinici. Si è visto che per la diagnosi di malattia comparando due protocolli di PCR, uno

con sensibilità di 500 leishmanie per ml di sangue e quello con la sensibilità di 10-3

leishmanie per ml di sangue, il valore predittivo positivo (cioè la capacità di dare come

positivo un vero malato) del test meno sensibile è del 100%, mentre per il test più

sensibile scende al 30%. Questo perché la metodica più sensibile individua molti soggetti

infetti che però non presentano un quadro clinico patologico.

PCR “Nested”: una modificazione della PCR tradizionale, più sensibile ma meno

specifica, in quanto aumentando il numero di passaggi, tende ad aumentare il

rischio di contaminazione da parte di DNA estraneo e, quindi, di risultati falsi

positivi;

PCR quantitativa “Real-Time” metodica che permette la misurazione della carica

di agenti patogeni in pazienti affetti da malattie infettive, il monitoraggio del

trattamento e la discriminazione fra pazienti rispondenti e non rispondenti alla

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terapia. La real-time PCR permette il monitoraggio del prodotto di amplificazione

ciclo per ciclo (in “tempo reale”); in questo modo e possibile determinare a quale

ciclo il prodotto comincia ad amplificarsi in maniera esponenziale, il cosiddetto

“ciclo soglia”. Per inferenza, è possibile quantificare in termini relativi il DNA

stampo presente all’inizio della reazione con precisione e riproducibilità. Da tale

quantificazione deriva una stima della carica parassitaria relativa nei diversi

campioni presi in esame. La quantificazione assoluta viene ottenuta in riferimento

ad uno standard interno amplificato simultaneamente al DNA campione, o ad uno

standard esterno ricavato mediante amplificazione di diverse concentrazioni note

di un campione di riferimento in reazioni parallele. Per il monitoraggio della

formazione del prodotto bersaglio durante l’amplificazione esistono varie

metodiche che prevedono, generalmente, l’uso di particolari sonde fluorescenti,

come le tecnologie SYBR GreenR e TaqManR. La fluorescenza che si genera

durante la PCR per effetto delle diverse reazioni chimiche, basate sia sul legame

di coloranti fluorescenti che si intercalano nella doppia elica di DNA, sia

sull'ibridazione di sonde specifiche, viene quindi misurata in tempo reale da una

telecamera CCD. Tutti le operazioni relative alle misurazioni avvengono sotto il

controllo di un software gestito da un personal computer. I vantaggi della

metodica di real-time PCR, rispetto alle tecniche di PCR standard, consistono

nella rapidità della produzione dei risultati, nell’eliminazione delle manipolazioni

post-amplificazione per la rilevazione degli amplificati (con riduzione dei tempi e

dei rischi di contaminazione), e nell’aumento della sensibilita. È ipotizzabile,

inoltre, che la quantificazione della carica residua parassitaria in corso di terapia

possa essere usato come metodo di controllo dell’efficacia della stessa ed,

eventualmente, di predizione delle recidive dopo la sospensione del trattamento,

oltre che come strumento in supporto alla valutazione della necessità di

effettuare un trattamento preventivo in soggetti infetti asintomatici, come

suggerito da ricerche comparse in letteratura a proposito di patologie virali. La

real-time PCR può anche essere usata per l’identificazione e la diagnosi di

microrganismi appartenenti allo stesso genere, permettendo la differenziazione di

specie o ceppi di importanti microrganismi patogeni mediante l’analisi delle curve

di melting dei prodotti fluorescenti di PCR. Cosi, la Leishmania major può essere

differenziata dalla Leishmania donovani, dalla Leishmania tropica e dalla

Leishmania infantum, a seconda delle temperature di melting, che dipendono

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dalla percentuale di GC/AT, dalla lunghezza e dalle sequenze nucleotidiche dei

prodotti amplificati. Tale aspetto della metodica di real-time PCR rappresenta

una rapida alternativa per l’identificazione delle specie in diagnostica e negli

studi epidemiologici della leishmaniosi o di altre parassitosi asintomatiche.

Queste tecniche, come detto sopra, possono essere eseguite su diversi campioni

biologici. Oltre ai tessuti lesionati, in caso d’infezione generalizzata gli altri tessuti che

forniscono le maggiori probabilità di identificare mediante PCR il DNA degli eventuali

parassiti presenti sono, in ordine decrescente di sensibilità: midollo/linfonodo, cute,

congiuntiva, buffy coat, sangue periferico. Va però ricordato che, nei cani resistenti,

l’inoculazione di Leishmania può non essere seguita da disseminazione del parassita,

quindi un’eventuale positività cutanea in assenza di lesioni cutanee in area endemica

non significa necessariamente che il cane sia infetto e sviluppi infezione e allo stesso

modo, eventuali positività midollari possono poi essere seguite da negativizzazione. In

linea di massima, è sempre meglio utilizzare materiale fresco o congelato o fissato in

alcol etilico al 95%. L’utilizzo di campioni fissati in formalina e paraffinati fornisce rese

diagnostiche peggiori, ma è in ogni modo utilizzabile. È quindi consigliabile richiedere

l’esecuzione di questo esame al laboratorio in quei casi in cui le indagini citologiche e

istologiche cutanee risultino negative pur in presenza di un forte sospetto

diagnostico.(63 77 138 17)

Metodi sierologici

Sono i test maggiormente utilizzati per la diagnosi ed il controllo della leishmaniosi

canina. Si basano sull’identificazione degli anticorpi specifici anti-Leishmania circolanti.

Questi metodi sono altamente sensibili e specifici, ma non possono essere utilizzati

come unico test diagnostico, poichè possono risultare falsamente positivi in quei cani

resistenti o sani che sono venuti a contatto precedentemente con il parassita, e

falsamente negativi in soggetti che, infettati di recente, non hanno ancora prodotto una

risposta anticorpale rilevabile; da notare che Nel giro di qualche mese dall’infezione, in

media 5 mesi (intervallo: 1-22) per le infezioni naturali e 3 (intervallo: 1-6) per le

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infezioni sperimentali, si assiste alla sieroconversione. Solo nei cani con disseminazione

del parassita i titoli anticorpali tendono a risultare elevati o in aumento.

Risultati falsi positivi possono essere conseguenza di una cross-reattività in quei cani

affetti da leishmaniosi cutanea, Malattia di Chagas, Ehrlichiosi, Rickettiosi,

Toxoplasmosi. Per contro, l’uso di antigeni di promastigoti crudi o parzialmente

purificati possono condurre a risultati inconsistenti.

Le tecniche diagnostiche disponibili sono diverse. Alcune, come il Western Blotting, pur

mostrando ottime prestazioni diagnostiche, non vengono utilizzate su larga scala per

ragioni di tempi di esecuzione e di costi. Quelle più ampiamente disponibili sono

rappresentate dai test di immunomigrazione rapida, dalle tecniche ELISA e

dall’immunofluorescenza indiretta (IFAT).(63 77 138 17)

IFAT - Immunofluorescenza indiretta

E il test più largamente utilizzato. Esso si basa sull’evidenziazione di anticorpi specifici

nel siero del soggetto in esame. Questo test, pur presentando dei limiti oggettivi, legati

alla soggettività della lettura, alla variabilità dell’antigene fissato sui vetrini e alla

scarsa affidabilità per i titoli bassi (false positività e false negatività), continua a

costituire ancora oggi l’esame più impiegato per la diagnosi della malattia, oltre ad

essere il test di referenza utilizzato dall’OMS per diagnosticare la leishmaniosi viscerale

sia nell’uomo che nel cane.

Tale indagine si esegue facendo reagire il siero del soggetto in esame, opportunamente

diluito, con l’antigene di Leishmania fissato su vetrini a 37°C per 30 minuti circa. Dopo

lavaggio ed eliminazione degli anticorpi superflui, si aggiunge l’antiglobulina specifica

coniugata con isotiocianato di fluoresceina. La lettura dei campioni viene effettuata al

microscopio a fluorescenza. La risposta viene espressa in titoli anticorpali di diluizione:

il valore soglia per il sospetto di uno stato di infezione nel cane e considerato 1:40.

Un animale con leishmaniosi può risultare debolmente positivo nelle fasi iniziali

dell’infezione in cui può apparire anche del tutto asintomatico, o in forme evolute, in

seguito all’instaurarsi di meccanismi di immunosoppressione. Un’altra eventualità di

frequente riscontro nella pratica e quella dell’animale trattato con cortisonici o con

farmaci specifici (antimoniali) che comportano una drastica riduzione del titolo

anticorpale.

Deve essere comunque sottolineato che non c’è una proporzionalità diretta tra titolo

sierologico e gravita della malattia, e ancora tra titolo sierologico e tasso di

immunoglobuline messe in evidenza dall’esame elettroforetico. La valutazione del titolo

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anticorpale, come marker nel monitoraggio della terapia, risulta pertanto di scarso

significato. Un aiuto in tal senso può derivare non tanto dalla modificazione del titolo

sierologico in corso di terapia, quanto dalla sua negativizzazione al termine dei diversi

cicli terapeutici e, anche, dalla ricomparsa di sieroconversione, indice precoce di

malattia. Il test ha una specificità del 100% per titoli anticorpali superiori a 1:160, ed

una sensibilità che e compresa in un range tra il 98,4% e il 99,5% pur potendosi

riscontrare un 5-6% di falsi negativi. Si può quindi affermare che un riscontro sierologico

positivo a titolo superiore o uguale a 1:160 indica sempre infezione in atto, mentre titoli

compresi fra 1:40 e 1:80, in assenza di sintomi, devono essere considerati dubbi e

sarebbe in tal caso opportuno eseguire controlli a medio termine o ricorrere ad indagini

diagnostiche più sensibili.

Figura. Ifat leishmania

Nonostante la metodica IFAT sia stata per decenni una tecnica fondamentale routinaria

per la diagnosi di leishmaniosi canina, essa e associata a numerose problematiche, sia

legate alla metodica che all'interpretazione clinica dei risultati ottenuti. Si deve

ricordare infatti che la ricerca di anticorpi mediante le metodiche di

immunofluorescenza e una prova semiquantitativa, fortemente legata alla qualità dei

reagenti impiegati, all'esperienza e capacita degli operatori. Inoltre, in mancanza di

linee guida obbligatorie, ogni laboratorio ha facoltà di eseguire la prova (e di refertarla)

con procedure "personalizzate". La mancanza di standardizzazione della prova si riflette

in modo evidente, ad esempio, nella scelta del cut-off, ovvero nel titolo soglia oltre il

quale il paziente viene considerato "positivo". Per alcuni laboratori la soglia e 1:40, per

altri 1:80. Accanto a tali valori si utilizzano aggettivi quali "reattivo", oppure si

producono referti con un titolo 1:160, preceduto dal segno matematico ―,

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implicitamente a riconoscere l'indeterminatezza del risultato. Il test, quindi, e da

utilizzare come punto di partenza per l'approccio clinico al singolo paziente; ed inoltre il

titolo non può essere utilizzato nel monitoraggio della malattia, perchè qualsiasi terapia

si associa ad una riduzione del titolo, a prescindere dalla reale "guarigione" e dal rischio

di recidiva.(63 77 138 17)

ELISA - Enzyme Linked Immunosorbent Assay.

Si tratta di un test immunoenzimatico che utilizza antigeni solubili adsorbiti su piastre.

La formazione del complesso antigene-anticorpo viene evidenziata mediante l’aggiunta

di una antiglobulina di cane coniugata con un enzima che, in caso di positività, rivela

una reazione colorimetrica che viene letta da uno spettrofotometro. Poiché l’antigene e

rappresentato da un estratto proteico crudo di parassiti in coltura, costituito

dall’insieme di tutti gli antigeni proteici del parassita, l’affidabilità del test

immunoenzimatico non e alta, a causa delle possibili risposte aspecifiche. Al fine di

ottimizzare la metodica, si e ricorsi anche all’impiego dell’ingegneria molecolare per

creare un antigene ricombinante a sostituzione dell’antigene crudo, denominato K39, da

tempo utilizzato per la sierodiagnosi della leishmaniosi viscerale umana. Sovrapponibile

alla tecnica ELISA, e quella della DOT ELISA, che utilizza promastigoti interi fissati su un

supporto in nitrocellulosa e collocati sul fondo di micropiastre: la reazione si svolge

come una normale ELISA, ma per la lettura non e necessario lo spettrofotometro. I

vantaggi rispetto all’ELISA tradizionale sono numerosi: essa e più rapida, richiede minori

quantità di antigene e la lettura non e influenzata da sieri emolitici o lipemici.

Per superare i problemi suddetti, alcuni gruppi di ricercatori hanno valutato l’uso di

anticorpi monoclonali (Mabs) per la diagnosi della leishmaniosi viscerale. Jaffe and

Mcmahon-Pratt (1987), hanno messo a punto un’ELISA competitiva, usando tre Mabs

prodotti contro la Leishmania donovani (D2, D13 e D14), in pazienti affetti da

leishmaniosi viscerale, mostrando una sensibilità ed una specificità del test

rispettivamente del 90% e del 100%. Sebbene i Mabs siano diretti contro epitopi specifici,

non sono escluse le crossreazioni.(63 77 138 17)

Figura. Test ELISA

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Western Blot o immunoblotting (IB)

Si tratta di una tecnica basata sulla caratterizzazione degli Ag proteici costituenti il

microrganismo. La prima fase prevede l'applicazione di una SDS – Page (sodio

dodecilsolfato – polyacrylamide gel electrophoresis) sulla miscela proteica, che viene

estratta dalle leishmanie attraverso appositi detergenti. Tale saggio consente la

separazione delle frazioni polipeptidiche costituenti la miscela, mediante elettroforesi

sul gel di poliacrilammide. Successivamente, si ha il trasferimento e la fissazione delle

bande ottenute, dal gel ad una membrana di nitrocellulosa, tramite campo elettrico, la

quale viene, poi esposta al siero in esame e l'eventuale presenza di Ab anti-

immunoglobuline di specie marcati con un enzima e il relativo substrato. L'utilizzazione

di questa metodica risulta tutt'ora limitata in quanto laboriosa e non ancora

standardizzata; può tuttavia essere utilizzata per la conferma dei singoli casi sospetti.

(63 77 138 17)

Figura. Tecnica immunoblotting su gel

Agglutinazione diretta (DAT)

questa metodica prevede l'impiego di Ag figurati (promastigoti di leishmania) che danno

reazione di agglutinazione in presenza di specifici Ab. Nei pozzetti di piastre microtitre

viene messo a contatto l'Ag con diluizioni seriali per raddoppio del siero in esame. Se nel

siero sono presenti gli Ab. Si vedrà comparire, nel giro di trenta minuti, agglutinazione.

Questa metodica è tuttavia condizionata da valori di sensibilità e specificità

relativamente bassi. Al titolo soglia di 1/320 si rileva una sensibilità del 71% e una

specificità del 85%..(63 77 138 17)

Test rapidi di immunomigrazione e di tipo immunocromatografico

Si trovano in kit commerciali, non richiedono né attrezzature particolari né personale

qualificato e sono quindi molto diffusi in ambito ambulatoriale.

Hanno valori di sensibilità e specificità molto variabili. Danno risultati falsamente

positivi in maniera trascurabile, mentre sono più frequenti i falsi negativi. Si può

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incorrere anche in risultati dubbi dovuti a risposte crociate con altre agenti

eziologici.(63 77 138 17)

Leishmaniosi umana

La diagnosi biologica della leishmaniosi si basa sull'identificazione del parassita e/o dei

suoi acidi nucleici e sull'analisi della risposta immunitaria indotta dal parassita

nell'ospite. In zone endemiche nel Bacino del Mediterraneo i soggetti infetti da

Leishmania possono presentarsi con differenti condizioni cliniche: portatore

asintomatico, con malattia in fase acuta, con malattia in recidiva. Per caratterizzare

questi stati sono attualmente disponibili differenti tecniche di diagnosi biologica.(18 56

45 67)

Metodi Parassitologici

Questa diagnosi viene effettuata principalmente nel contesto della diagnosi della

malattia o delle sue recidive. Dato il miglioramento della sensibilità delle tecniche di

ricerca del parassita nel sangue circolante, la loro scarsa invasività e il fatto che siano

facilmente ripetibili, il prelievo di sangue, realizzato quando possibile durante una fase

febbrile della malattia, viene proposto come primo approccio. La biopsia del midollo

osseo verrà effettuata in caso di negatività nel sangue periferico e, nei pazienti

immunocompromessi, le localizzazioni atipiche del parassita possono essere

rappresentate dalla mucosa gastrointestinale, dai linfonodi, dalla cute, dal fegato, ecc.

Per quanto riguarda l'esame su sangue e su midollo osseo, questi vengono eseguiti dopo

leucoconcentrazione per separazione in gradiente di Ficoll.

La diagnosi parassitologica include la lettura di strisci colorati con May-Grünwald-Giemsa

e la coltura del parassita in terreni specifici o classici, incubati a 24°C e regolarmente

reinoculati. L'esame anatomopatologico può rivelare la presenza di leishmanie nei

tessuti, mentre le tecniche di biologia molecolare applicate su tessuti inclusi in

paraffina possono confermare la diagnosi.(18 56 45 67)

Metodi molecolari

Le metodiche di biologia molecolare hanno contribuito in modo significativo a migliorare

la diagnosi diretta di leishmaniosi grazie alla loro assoluta specificità e sensibilità.

Questa sensibilità può variare in funzione dei geni bersaglio: i laboratori che utilizzano

la PCR convenzionale si devono distinguere in laboratori che impiegano test per

diagnosticare la malattia (sensibilità media) e laboratori che utilizzano PCR ad alta

sensibilità per le indagini epidemiologiche, che permettono di individuare i portatori

asintomatici. L'avvento della PCR quantitativa ha permesso di dimostrare l'esistenza di

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una soglia tra portatore asintomatico e malato. Quantificare la carica parassitaria

consente una diagnosi precoce di recidiva in pazienti immunocompromessi e rappresenta

un eccellente criterio per monitorare l'evoluzione della malattia.(18 56 45 67)

Identificazione dei parassiti

L'identificazione e la tipizzazione dei parassiti convenzionalmente si basa sulla loro

coltura e l'analisi dei numerosi polimorfismi enzimatici. Queste metodiche fenotipiche

rimangono le più precise, ma non prevalgano. L'identificazione delle specie avviene con

metodi molecolari, tra cui l'analisi del polimorfismo della DNAe della RNA polimerasi.

Queste analisi genotipiche, effettuate direttamente sul DNA estratto dal campione

biologico, si affiancano alla coltura e all'isolamento del parassita e consentono di ridurre

i tempi di risposta della diagnosi ad un paio di giorni.(18 56 45 67)

Analisi della sensibilità a molecole antileishmania

In corso di leishmaniosi viscerale umana l'amfotericina B liposomiale è il trattamento di

prima scelta in Europa. Rimangono attuali e validi i tentativi di trovare prove affidabili

per l'analisi di sensibilità del parassita nei confronti degli antimoniali. I test fenotipici su

macrofagi infettati riflettono meglio la globalità dei meccanismi generali di resistenza,

ma sono molto complessi da realizzare. Le tecniche di biologia molecolare, puntando in

particolare ad analizzare l'amplificazione genica correlata con la resistenza, non hanno

fornito risposte soddisfacenti.(18 56 45 67)

Ricerca degli antigeni parassitari

L'esistenza di antigeni circolanti in individui parassitati da Leishmania è nota da molto

tempo. Alcuni di questi antigeni possono essere coinvolti negli immunocomplessi e

giocano un ruolo nella patogenesi. Tuttavia la loro individuazione non partecipa alla

diagnosi della malattia. È stato sviluppato un test che ricerca un peptide di Leishmania

nelle urine, ma sembra manchi di sensibilità diagnostica.(18 56 45 67)

Diagnosi immunologica

I soggetti infetti da Leishmania sviluppano un'immunità specifica, cellulare e umorale.

Le valutazioni dell' immunità cellulare possono essere utilizzate solo per scopi

epidemiologici a causa dell'energia osservata durante la fase acuta della malattia. Al

contrario il tasso di anticorpi specifici è molto elevato in questa fase, per questo solo le

tecniche più sensibili rimangono in grado di individuare i portatori asintomatici.(18 56 45

67)

Analisi quantitativa della risposta umorale

Queste tecniche misurano l'intensità della risposta IgG con l'immunofluorescenza, e

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attualmente in modo più semplice tramite test ELISA. In aree endemiche del

Mediterraneo, queste tecniche possono differenziare il soggetto con malattia in fase

acuta dal portatore asintomatico. Queste tecniche aiutano a valutare la diminuzione

degli anticorpi dopo il trattamento, ma i cambiamenti sono troppo lenti e ritardati nel

tempo perchè essi rappresentino un buon test per monitorare l'evoluzione dell'infezione.

Fra i test diagnostici rapidi, i metodi immunocromatografici hanno una buona

specificità, mentre i test di agglutinazione portano a molti risultati falsi positivi. A

seconda dei preparati antigenici impiegati, sono state segnalate cross-reazioni con

agenti causali di altre malattie infettive quali tripanosomiasi, malaria e micobatteriosi.

(18 56 45 67)

Analisi qualitativa degli anticorpi

L'immunoblot può confermare in modo assoluto la specificità degli anticorpi e la sua

sensibilità permette di individuare piccole quantità di anticorpi nel siero di determinati

soggetti portatori asintomatici.

La diagnosi biologica di laboratorio della leishmaniosi viscerale è notevolmente

migliorata nel corso degli ultimi due decenni. Le sue performance sono tali che, al di là

della diagnosi di malattia, essa è in grado di fare nuova luce sul rapporto uomo-

Leishmania infantum, chiarendo il concetto di soggetti portatori asintomatici.(18 56 45

67)

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TERAPIA

Il trattamento della leishmaniosi canina e ancora una questione aperta in quanto non

esistono, a tutt’oggi, farmaci responsabili di una guarigione parassitologica e protocolli

standardizzati per la cura dei soggetti infetti. Il raggiungimento di una sterilizzazione

parassitologica e al momento il principale obiettivo di molti studi sia in campo umano

che veterinario, poiché i cani sono i principali serbatoi per la trasmissione della

leishmania viscerale all’uomo.

I farmaci comunemente usati per la terapia anti-Leishmania in medicina veterinaria sono

gli stessi utilizzati per la leishmaniosi umana, con modalita e posologia differenti.

Mentre in campo umano, pero, la terapia porta ad una percentuale di guarigione

completa di circa il 96% dei casi, negli animali purtroppo tale percentuale scende

drasticamente. Spesso si tende a confondere la guarigione clinica (regressione di tutti i

sintomi) con la guarigione completa (negativizzazione dei test sierologici e scomparsa

del parassita), considerata evento rarissimo. Frequenti sono infatti le recidive della

malattia in forme spesso piu gravi e refrattarie ai trattamenti.

Se la malattia viene diagnosticata precocemente, quando ancora non sussiste una

sintomatologia conclamata ed il soggetto e giovane, con una cura appropriata, si puo

raggiungere una percentuale di guarigione anche del 40%. Con l’avanzare dell’eta, ma

soprattutto nelle forme avanzate, la percentuale scende intorno al 5-15%.

Occorre distinguere una terapia specifica, diretta contro il parassita, ed una sintomatica

e di supporto, richiesta dallo stato clinico in presenza di complicanze. I protocolli

terapeutici piu frequentemente utilizzati in Italia sono quelli che prevedono l’impiego

dell’antimoniato di N-metilglucamina (GlucantimeR), in combinazione con l’allopurinolo

o con l’amminosidina, con dosaggi e tempi di somministrazione molto variabili. Altri

farmaci utilizzati nel corso degli anni sono la pentamidina, il metronidazolo e la

spiramicina.

I fluorochinoloni, in particolare l'enrofloxacina, sono potenzialmente utilizzabili in

associazione a chemioterapici specifici anti-Leishmania, in virtu di un loro effetto

immunomodulante.

Uno dei farmaci piu recenti utilizzati per la terapia della leishmaniosi viscerale

dell'uomo e l'amfotericina B inclusa nei lisosomi (AmBisome), che e stato dimostrato

essere un potente agente anti-Leishmania nel topo ma anche nell’uomo. In Italia,

l’AmBisome e considerato il farmaco elettivo per il trattamento della leishmaniosi

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umana. Nel cane invece questo farmaco induce una rapida guarigione clinica ma non e

efficace nell'eliminare i parassiti, ed e opinione generale che farmaci contenenti questo

agente non dovrebbero essere utilizzati in veterinaria per evitare la selezione di

parassiti resistenti. Ad oggi tutte le ricerche sono rivolte allo studio e all’applicazione

dell’immunoterapia.

Composti Antimoniali

La meglumina antimoniato (combinazione di antimonio pentavalente e NmetilD-

glucamina) e lo stibogluconato di sodio (farmaco non disponibile in Italia), sono due

composti di antimonio (Sb) pentavalente che sono stati introdotti per la prima volta per

la cura della leishmaniosi umana nel 1940, e a tutt’oggi sono considerati farmaci di

prima scelta nel trattamento della leishmaniosi canina.

Presentano efficacia e tossicita analoghe: lo stibogluconato e il solo antimoniale

disponibile negli USA e nei Paesi anglofoni (Africa e India in particolare), mentre la

meglumina e maggiormente utilizzata nei Paesi francofoni, in America centrale e

meridionale. Il meccanismo d’azione dei composti antimoniali non e ancora

perfettamente conosciuto: si ipotizza che essi si concentrano nelle cellule del sistema

reticolo-endoteliale (SRE) in cui sono fagocitate le Leishmanie, ed interferiscono con il

metabolismo del parassita mediante un’azione di inibizione selettiva di alcuni importanti

enzimi della glicolisi e della β-ossidazione degli acidi grassi (fosfofruttochinasi e

deidrogenasi piruvica) localizzati nei glicosomi, con conseguente riduzione della

produzione di ATP e di GPT.

Un’altra possibile azione si ha a carico della permeabilita e del trasporto di membrana

delle cellule del parassita.

In Italia l’unico farmaco disponibile e l’Antimoniato di N-metilglucamina, con il nome

commerciale di GlucantimeR. E presente anche una forma di Antimoniato di N-

Metilglucamina incapsulato all’interno di liposomi che presenta una maggiore

concentrazione di Sb nel plasma, un maggior volume di distribuzione ed una

eliminazione piu lenta.

Tuttavia il confronto tra il costo-beneficio della terapia di tipo convenzionale

(Antimoniato di meglumina) e di quella a base di questo farmaco e ancora elemento di

dibattito nella comunita scientifica.

Il destino farmacocinetico dei composti antimoniali e pressoche sovrapponibile

nell’uomo e nel cane: in entrambe le specie, infatti, la concentrazione degli antimoniali

nel sangue e ben descritta da un modello a tre compartimenti, con una corta fase

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iniziale di distribuzione seguita da un’eliminazione biesponenziale, realizzata

principalmente per via renale.

L’emivita media si e rivelata compresa tra 1,7 e 33 ore dopo la somministrazione

endovenosa, e tra 2 e 76 ore dopo l’iniezione intramuscolare. La fase finale di

eliminazione lenta puo essere dovuta alla conversione dell’antimonio da pentavalente a

trivalente; quest’ultimo puo essere poi responsabile della tossicita osservata soprattutto

in corso di trattamenti ad alte dosi e di breve durata.

In medicina umana l’efficacia dei composti antimoniali varia in base al quadro

sindromico della leishmaniosi (viscerale, mucosa e cutaneomucosa), ed alla specie di

Leishmania coinvolta. Negli ultimi decenni, si sta assistendo sempre piu di frequente alla

comparsa di insuccessi terapeutici, in percentuali variabili tra il 5 e il 70% in alcune aree

endemiche, a causa principalmente della selezione di ceppi del parassita resistenti sotto

la pressione di dosaggi sub-terapeutici dei farmaci stessi. Uno dei focolai di resistenza e

stato individuato in aree a nord del fiume Gange, in Bihar ed in Nepal.

Occorre ricordare che i composti antimoniali, analogamente agli altri farmaci utilizzati

nelle terapie anti-Leishmania, non sono in grado di garantire la negativizzazione

parassitologica degli animali ammalati, se non per brevi periodi di tempo, e, pertanto,

sono molto frequenti i casi di recidive.

Anche negli uomini sono particolarmente comuni le ricadute, e soprattutto nelle persone

ammalate di AIDS; cio sta ad indicare che il sistema immunitario stesso dell’uomo riveste

un ruolo fondamentale nella risposta clinica al trattamento. In alcuni casi di leishmaniosi

viscerale resistente ai soli antimoniali e di leishmaniosi cutanea diffusa, si e rivelata

utile la loro associazione con IFN-γ ricombinante.

I farmaci antimoniali possono essere somministrati per via endomuscolare, sottocutanea

ed endovenosa. Gli effetti collaterali sono di vario tipo ed interessano diversi distretti

organici come il cuore, il rene, il fegato; piu raramente possono verificarsi alterazioni

del profilo ematologico, rappresentati da leucopenia, grave agranulocitosi ed anemia

emolitica. Spesso, pero, diventa difficile distinguere gli effetti collaterali dei farmaci

antimoniali dai sintomi legati al progredire della malattia. Nell’uomo oltre che i classici

effetti collaterali (nausea, vomito, dolori addominali, malessere generalizzato, cefalea,

innalzamento delle transaminasi, nefrotossicita, artromialgie, febbre, esantema

cutaneo), si sono verificati quadri di pancreatite acuta (in particolare nei soggetti HIV-

positivi), e alterazioni elettrocardiografiche correlate al dosaggio del farmaco; le piu

frequenti sono rappresentate da alterazioni aspecifiche del tratto S-T, dall’allungamento

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dell’intervallo Q-T e, piu raramente,da aritmie atriali e ventricolari. Le morti improvvise

osservate sono state associate a dosaggi maggiori di quelli raccomandati.

Nel cane il protocollo terapeutico piu seguito prevede un dosaggio di 100 mg/kg di

metilglucamina frazionato in due somministrazioni giornaliere, somministrato per via

sottocutanea per un periodo di 30 giorni consecutivi, da solo o in associazione ad altri

composti (allopurinolo, amminosidina). (63 77 138 12 45 87)

Allopurinolo

L’allopurinolo e un composto analogo dell’ipoxantina, largamente impiegato nella

terapia della gotta dell’uomo per la sua azione di blocco della xantino-ossidasi nella

sintesi dell’acido urico. La sua attivita anti- Leishmania e dovuta al fatto che la

Leishmania e incapace di sintetizzare autonomamente le purine, e deve

necessariamente recuperare le basi azotate e i nucleosidi dall’ospite. Esso, quindi, viene

metabolizzato e trasformato dagli organismi del genere Leishmania in un analogo

inattivo dell’inosina, nucleoside formato dall'unione di una molecola di ribosio con una

di ipoxantina. Quando questo analogo viene utilizzato dall’RNA del patogeno, la

traduzione delle proteine che ne deriva e alterata con conseguenti effetti negativi

sull’intero metabolismo del parassita. Questo farmaco, comunque, nei confronti della

Leishmania non ha azione parassiticida, ma solo parassitostatica. Nei tessuti dei

mammiferi, al contrario, solo il 10% di allopurinolo viene convertito nell’analogo

dell’inosina (il restante 90% e trasformato in ossipurinolo, composto totalmente

inattivo), che non subisce nessuna conversione citotossica successiva. Per tale motivo,

l’allopurinolo e considerato pressoche privo di effetti collaterali e comunque, quelli che

si possono manifestare non attentano alla vita del soggetto in cura. E raccomandato

monitorare le funzioni epatiche e renali soprattutto dei pazienti di vecchia data, in

quanto si possono verificare problemi di xantinuria e formazione di uroliti xantinici,

specialmente in cani con alterazioni delle funzionalita epatiche.

L’allopurinolo e comunemente impiegato per la terapia della leishmaniosi sia da solo che

in combinazione con antimoniali pentavalenti, in quanto previene le ricadute grazie al

suo effetto parassitostatico.

Ricorrere ad una combinazione di composti antimoniali e allopurinolo, inoltre,

determina una migliore tollerabilita della terapia ed un contenimento dei costi in quanto

il sinergismo dei due farmaci consente di ridurre la dose totale dei composti antimoniali

che viene impiegata durante tutta la terapia.

Il protocollo suggerito consiste in un trattamento iniziale con entrambi i farmaci per

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almeno tre settimane, seguito da un trattamento prolungato con solo allopurinolo, alla

dose di 20-40 mg/kg al giorno o a giorni alterni. Nel cane vengono consigliati dosaggi di

10-20 mg/kg due volte al giorno, per os e per periodi variabili da 6 a dodici mesi.(63

128)

Aminosidina

L’aminosidina (o paromomicina) e un antibiotico aminoglicosidico, prodotto

dall’attinomicete Streptomyces rimosus, che e dotato di un ampio spettro di attivita

contro batteri, micoplasmi ed alcuni protozoi.

Sperimentalmente ha mostrato di avere una spiccata attivita leishmanicida se

somministrato per via parenterale in modelli murini di leishmaniosi viscerale e nel cane

(Gradoni, 2001a). Il suo meccanismo di azione e identico sia nei confronti dei batteri che

della Leishmania: riesce ad attraversare la membrana cellulare grazie ad una proteina

carrier che si forma nei microrganismi sensibili e raggiunge alte concentrazioni

intracellulari, capaci di inibire la sintesi delle proteine interferendo nel legame tra

l’aminoacyl transfer RNAs e le subunita ribosomiali 30 S. Ne consegue la produzione di

proteine anomale incapaci di assolvere alla loro normale funzione. A questo primo

importante meccanismo si aggiunge un’alterazione della permeabilita della membrana

cellulare, con perdita di elementi essenziali.

Gli aminoglicosidi sono scarsamente assorbiti per os, venendo quasi completamente

eliminati per via fecale. La somministrazione di aminosidina deve essere quindi

opportunamente eseguita per via parenterale. Se somministrata per via sottocutanea o

intramuscolare rimane in circolo per circa 5 ore e solo una minima parte viene assorbita

a livello intestinale, mentre la maggior parte viene escreta quasi esclusivamente per via

renale.

Gli effetti collaterali principali si manifestano a livello gastrointestinale e comprendono

nausea, vomito, dolori addominali crampiformi e diarrea. Se somministrata per via

parenterale, la paromomicina e potenzialmente nefrotossica ed ototossica sull’ottavo

paio di nervi cranici. A dosi elevate ha un’azione curarizzante, e puo essere responsabile

di reazioni allergiche.

Dagli studi effettuati su questo farmaco emerge che una terapia basata sulla

somministrazione di aminosidina alla dose di 5 mg/kg due volte al giorno per 3-4

settimane puo portare ad eccellenti miglioramenti clinici nei cani trattati, ma non ha

alcun effetto ne sul titolo anticorpale, ne sul tracciato elettroforetico.

Di contro, l’uso di aminosidina ad alto dosaggio (20-80 mg/kg die), e fortemente

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sconsigliato a causa dei forti effetti collaterali che ne derivano.(62 17 77 138)

Negli ultimi anni l’amminosidina ha trovato un discreto impiego nella terapia della

leishmaniosi soprattutto in associazione con l’antimoniato di N-metilglucamina, in dose

rispettivamente di 5,25 mg/kg ogni 12 ore e di 60

mg/kg bid.

Amfotericina B

Fin dal 1960 e noto che l’amfotericina B, antibiotico macrolide a largo spettro prodotto

dall’attinomicete S. nodosus, esercita una potente azione leishmanicida. Tale attivita si

esplica su un target specifico costituito dal gruppo degli ergosteroli, che costituiscono i

principali steroli della membrana citoplasmatica sia della Leishmania che dei miceti,

provocando pori di membrana responsabili della perdita di ioni potassio e magnesio e

della successiva morte del parassita. L’amfotericina B mostra pero una certa affinita

anche per il colesterolo, fondamentale costituente lipidico delle membrane cellulari dei

mammiferi e, per questo peculiare meccanismo d’azione, la sostanza non e priva di

effetti tossici di una certa importanza, in particolar modo a livello dei nefroni.

Di conseguenza, la somministrazione di amfotericina B, richiede un accurato

monitoraggio delle funzioni renali durante il trattamento ed occorre ricorrere a

temporanee interruzioni della terapia se il livello della creatinina si eleva sopra i

normali valori fisiologici. La ricerca ha pero permesso di superare, in parte, il problema

della tossicita di questo antibiotico, in quanto sono state messe a punto nuove

formulazioni (con il nome di AmBisomeR) che prevedono l’incorporazione dell’antibiotico

allo stato liofilo all’interno di microsferule di liposomi unilamellari, di diametro inferiore

a 100 nm e che hanno dimostrato particolari successi per la terapia delle forme

multiresistenti di leishmaniosi viscerale umana o post-kala-azar. La formulazione

liposomiale indirizza in maniera passiva il farmaco verso i tessuti ricchi di macrofagi, ed

e associata ad una minore nefrotossicita. Per la sua bassa tossicita, per la semplicita di

esecuzione del trattamento terapeutico e per la riduzione del tempo di ricovero

ospedaliero rispetto alla terapia con gli antimoniali, l’AmBisome e diventato il farmaco

di elezione nella terapia della leishmaniosi viscerale umana, soprattutto nei bambini,

manifestando una percentuale di guarigione del 90%.

Inoltre, esso e stato il primo farmaco approvato per il trattamento della leishmaniosi

viscerale umana dalla Food and Drug Administration degliStati Uniti.

Gli effetti collaterali ed i costi notevoli ne limitano enormemente l’impiego nelle forme

cutanee. Sono in fase sperimentale studi sull’efficacia di questo farmaco per uso topico

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su cavie animali.

Nel cane, a differenza di quanto avviene nell’uomo, questo farmaco induce una rapida

guarigione clinica, ma non e in grado di assicurare la guarigione parassitaria degli

animali.

Esiste una seconda formulazione lipidica dell’amfotericina B, costituita da una

dispersione colloidale in colesterolo (Amphocil), che e stata impiegata per la prima volta

nel trattamento della leishmaniosi viscerale umana in Brasile, dimostrando elevata

efficacia anche a basso dosaggio, ma con tossicita maggiore rispetto all’AmBisone.

Nel cane, analogamente all’uomo, dopo somministrazione endovenosa si verifica la

distribuzione del farmaco con concentrazioni maggiori a livello del fegato e della milza,

dove si e potuta rilevare la sua presenza anche dopo un anno dall’interruzione della

terapia. Vista l’importanza dell’impiego di questo farmaco in medicina umana, i prodotti

contenenti AmBisome non dovrebbero essere utilizzati in medicina veterinaria per

evitare la selezione di parassiti resistenti.(63 99 128)

Miltefosine

La miltefosine, sviluppata inizialmente come farmaco antitumorale, e chimicamente un

esa-decil-fosfo-colina, cioe un analogo della fosfocolina e come tale in grado di

interferire sui segnali metabolici cellulari e sulla permeabilita delle membrane cellulari,

nonche sulla loro composizione lipidica. A differenza di altri agenti chemioterapici, la

miltefosine non presenta mielotossicita, ed esercita effetti stimolatori sulle cellule

progenitrici emopoietiche.

La sua efficacia come leishmanicida orale e nota gia dalla meta degli anni ’80, ma e

stata dimostrata sia in vivo che in vitro agli inizi degli anni ’90 in diversi modelli

sperimentali. Solo recentemente sono stati condotti studi clinici controllati sull’uomo

che hanno permesso alla miltefosine di essere introdotta nel panorama delle terapie

anti-Leishmania nell’uomo e di rappresentare, ad oggi, il primo trattamento orale per la

leishmaniosi viscerale. Tali studi sono stati eseguiti, in stretta collaborazione, dal

governo indiano, dalla casa farmaceutica Zentaris e dal TDR (Tropical Diseases

Research), un programma sponsorizzato dall’United Nations Development Program, la

World Bank e la WHO.

La sua registrazione come farmaco orale per la leishmaniosi viscerale umana in India e

avvenuta nel Marzo del 2002, in seguito a studi che hanno dimostrato una percentuale di

guarigione del 95% e del 94% nella fase II e III della sperimentazione, rispettivamente.

Più recentemente, nel 2005, e stata registrata in Colombia per la cura della leishmaniosi

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cutanea.

Nei pazienti con HIV, la miltefosine e da preferirsi ai trattamenti con Stibogluconato di

sodio.

Gli effetti teratogeni di questo farmaco, dimostrati nel ratto, ne sconsiglianol’uso in

gravidanza ed in bambini molto piccoli. Questa forma di terapia sembra molto valida,

perche, essendo di nuova introduzione, e ben lontana dall'indurre farmaco-resistenza, a

differenza dei farmaci piu tradizionali come gli antimoniali, anche se la sua prolungata

emivita (150-200 ore) non la può escludere.

Numerosi studi indicano che il meccanismo d'azione leishmanicida della miltefosine si

esercita colpendo la via del metabolismo dei fosfolipidi del parassita, interferendo

quindi con le vie di comunicazione cellulare e inibendo la sintesi della membrana

cellulare parassitaria. Le modalita di azione del farmaco sono rappresentate

dall’inibizione della biosintesi dei recettori del GPI (glicosilfosfatidil-inositolo), molecola

chiave per la sopravvivenza intracellulare degli amastigoti di Leishmania, e

dall’alterazione del segnale di trasduzione agendo sulle fosfolipasi C e proteinchinasi C

Leishmaniaspecifiche. Ne consegue la morte per apoptosi della cellula protozoaria.

Gli effetti tossici attribuiti alla miltefosine in campo umano sono di solito

reversibili e di media intensita e comprendono sintomi di natura gastrointestinale, quali

vomito e diarrea, che possono portare a conseguenze piu gravi soprattutto in quei

pazienti malnutriti e disidratati. Alcuni soggetti hanno presentato epato e nefrotossicita

reversibili.

Nell’anno 2007 l’azienda farmaceutica Virbac ha immesso in commercio in Italia il primo

farmaco per uso veterinario a base di miltefosine.(63 42)

Metrodinazolo

I 5-nitroimidazoli rappresentano una classe di composti (del gruppo ketoconazolo) dotata

di attivita antibatterica e antiprotozoaria. L’esatto meccanismo di azione del

metronidazolo non e completamente chiarito ma, certamente, la sua attivita si esplica

sul DNA batterico. Alcune prove sperimentali hanno dimostrato che il composto una volta

penetrato nell’organismo sensibile, impedisce l’avvolgimento della doppia elica del DNA

batterico mediante l’inibizione della DNA-girasi (responsabile del super70 avvitamento

del DNA).(63 65)

Enrofloxacina

L’enrofloxacina e un Acido Chinolon-Carbossilico e possiede (unitamente ad altri

chinoloni) gruppi funzionali altamente specifici per l’attivita antibatterica. Inoltre i

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composti di ultima generazione, tra cui l’enrofloxacina, possiedono strutture specifiche

che garantiscono un’attivita selettiva contro la cellula bersaglio. Ad esempio, la

presenza in posizione 6 di un atomo di fluoro permette di allargare lo spettro di azione

antibatterico sia nei confronti dei germi gram-positivi e gram-negativi, che dei

Micoplasmi e della Clamidia spp. Inoltre, l’introduzione di un anello piperazinico in

posizione 7 ne aumenta significativamente la penetrazione nei tessuti e nei batteri con

conseguente incremento dell’attivita; mentre l’introduzione di un atomo di ossigeno in

posizione 8 comporta un miglioramento delle attivita nei confronti dei batteri gram-

positivi e dei microrganismi anaerobi senza interferire con il profilo battericida. I

chinoloni inibiscono l’enzima batterico DNA-girasi (topoisomerasi) che e responsabile del

superavvitamento del DNA, che puo quindi avvolgersi in un numero di domini

cromosomici e fissarsi intorno al nucleo dell’RNA. Perche cio avvenga anche il

cromosoma deve essere momentaneamente inciso prima di fissarsi. Quando la DNA-girasi

viene inibita dai chinoloni, si verifica una riduzione del “superavvitamento” con

conseguente alterazione dell’orientamento spaziale del DNA. Le incisioni esposte

attivano delle esonucleasi che degradano il DNA cromosomico in piccoli frammenti.

Anche le topoisomerasi dei mammiferi presentano analoga attivita, ma questi enzimi

sono sostanzialmente differenti dalla girasi batterica che non e, quindi, suscettibile di

inibizione ad opera dei chinoloni. Una similitudine biochimica a quella batterica e pero

presente nella struttura genomica di alcuni Tripanosomi, e l’attivita dei chinoloni

potrebbe interferire anche con la replicazione del DNA del parassita.(63 132 45 39)

Per i nuovi composti, in vitro, non vi sono state mai segnalazioni di resistenze mediate

da plasmidi ma solo di tipo cromosomico (alterazione del sito di attacco dell’enzima

girasi). Prove sperimentali sulla sua efficacia nella leishmaniosi canina sono molte

scarse.

Pentamidina

La pentamidina e stata aggiunta alla lunga lista dei farmaci anti-Leishmania nel 1950. Si

tratta di un composto aromatico diamidinico con elevata attivita antiprotozoaria ed

antifungina, che fino a pochi anni fa era considerato (soprattutto in Francia) il farmaco

di elezione nella terapia di alcune forme di leishmaniosi cutanea e muco-cutanea

dell’uomo, ma anche di alcune forme di tripanosomiasi. Il suo meccanismo di azione e

ancora poco conosciuto, ma di sicuro essa agisce provocando danni al kinetoplasto ed al

complesso mitocondriale dei protozoi. A differenza dei composti antimoniali, la sostanza

si accumula per mesi nel fegato e nei reni, attraverso i quali viene eliminata molto

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lentamente. Al suo uso sono associati molti effetti collaterali sia acuti (ipotensione,

tachicardia, vomito, diarrea, shock anafilattico), che cronici (ipoglicemia, diabete,

danni epato-renali, trombocitopenia). Inoltre, la pentamidina isetionato, il sale

normalmente presente nelle preparazioni commerciali, somministrata per via

intramuscolare risulta fortemente istolesiva, tanto da provocare la formazione di ascessi

nel punto di inoculazione.(63 25 12 28)

L’uso di pentamidina per il trattamento della leismaniosi canina e stato investigato in

due studi nei quali il farmaco veniva somministrato due volte la settimana ad una dose

di 4 mg/kg IM per 4 settimane, seguita da un secondo trattamento ripetuto dopo 3

settimane.

In tutti gli animali e stata osservata una quasi totale scomparsa dei segni clinici, senza

che si siano verificate recidive nei 6 mesi successivi. Sfortunatamente negli studi

sopracitati non e stata riportata l’insorgenza e la gravita degli effetti collaterali che,

comunque, potrebbero limitare fortemente l’uso di questo farmaco nella pratica clinica.

Immunomodulatori

Con il termine immunomodulatori si fa riferimento ad una gamma di sostanze (in genere

proteine) prodotte dallo stesso agente eziologico che si vuole contrastare, sia esso una

cellula tumorale o un microrganismo, e che hanno un evidente ruolo nello stimolare una

risposta protettiva specifica in soggetti “responder”.

Studi recenti hanno evidenziato come la leishmaniosi provochi un forte squilibrio a

carattere immunitario nel cane infetto, che si traduce in un deficit della risposta

cellulo-mediata (scarsa attivazione dei Th1) ed in una massiva risposta umorale

(attivazione policlonale dei linfociti B), nella maggior parte dei casi aspecifica, non

protettiva e addirittura dannosa per l’animale.

La ricerca su nuove sostanze ad azione parassiticida, quindi, negli ultimi anni e stata

affiancata dallo studio di sostanze in grado di ripristinare e orientare in senso positivo la

risposta immunitaria dei cani ammalati. Nel campo della leishmaniosi sono stati gia

individuati e selezionati alcuni antigeni capaci di evocare in animali di laboratorio e

anche nel cane una risposta immunitaria protettiva, o consentire la guarigione di quelli

ammalati. Altre strade percorribili sono quelle che prevedono l’impiego di linfochine

“positive” (IFN-γ, IL-12), da utilizzare a scopo profilattico o terapeutico. IFN-γ

promuove la penetrazione degli antimoniali pentavalenti nei macrofagi ed induce la

produzione di IL-12. L’IFN-γ che si trova in commercio e di origine umana ed e molto

costoso; andrebbe somministrato per via orale onde evitare fenomeni di immunizzazione

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e conseguente inattivazione. Sono stati ottenuti buoni risultati (scomparsa dei segni

clinici, negativizzazione sierologica, normalizzazione del protidogramma) tramite la

somministrazione di 100 UI al giorno x 7 gg, e poi a settimane alterne per altri 3 mesi. Il

limite delle sostanze ad azione immunomodulante ad oggi disponibili, e legato alla loro

scarsa specificita nei confronti dei delicati equilibri della risposta immunitaria: le

complesse interazioni tra le cellule competenti, i sistemi di amplificazione, il controllo

genetico della risposta sia umorale che cellulare, e altri meccanismi non ancora del

tutto noti, rendono poco selettiva l’azione di questi farmaci.(77 17 86 94)

Trattamento delle Leishmaniosi umane

Le leishmaniosi sono un complesso gruppo di malattie che richiedono adattamenti del

trattamento in base alla presentazione clinica, cutanea o viscerale, alle specie di

Leishmania responsabili, e al soggetto colpito, adulto o bambino, immunocompetente o

immunodepresso. Queste infezioni sono considerate malattie neglette, e solo un limitato

numero di molecole anti-Leishmania ha dimostrato la sua efficacia e ha ottenuto

l'autorizzazione per l'immissione sul mercato con diverse indicazioni.(18)

La leishmaniosi viscerale è la più grave causa della disseminazione dei parassiti agli

organi contenenti fagociti mononucleari, al midollo osseo, al fegato, alla milza e ai

linfonodi. I derivati pentavalenti dell'antimonio (DPA) sono stati introdotti nel 1937 e

costituiscono tutt'ora un trattamento di prima scelta in molti paesi. In parallelo,

l'amfotericina B (desossicolato o liposomiale), la miltefosina e l'amminosidina

rappresentano alternative efficaci. Persistono tuttavia difficoltà terapeutiche, le cui

originisono multifattoriali, legate al parassita, all'ospite e ai farmaci:

• I DPA (antimoniato di meglumina e stibiogluconato di sodio), noti per la loro tossicità

(stibio-intolleranza e stibio-tossicità) sono ormai caratterizzati da efficacia francamente

ridotta nei casi in India (regione del Bihar, in particolare) e nei casi presenti nel Bacino

del Mediterraneo. La somministrazione per via parenterale per 28 giorni e il

monitoraggio degli effetti collaterali richiedono un'ospedalizzazione costosa.

• L'amfotericina B desossicolato è un'alternativa molto efficace in caso di stibio-

resistenza, ma la tossicità renale della molecola limita il suo dosaggio e la sua

tolleranza.

• Di più recente comparsa l'amfotericina B liposomiale si è rivelata essere di eccellente

efficacia associata ad una tolleranza eccellente grazie alla liposomializzazione della

molecola. In questo modo è possibile somministrare dosi elevate, da 3 a 10

mg/kg/iniezione, permettendo di instaurare protocolli di somministrazione di breve

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durata, con una dose totale di 20 mg/kg per il trattamento della LV in bambini o in

adulti immunocompetenti, come proposto dall'OMS nel 2006. Questa opzione terapeutica

è oggi ampiamente utilizzata nel Bacino del Mediterraneo, ma è condizionata dalla

necessità della somministrazione parenterale e dal suo costo.

• La miltefosina rappresenta una recente innovazione terapeutica per il trattamento

della LV poiché è il solo farmaco anti-Leishmania disponibile per somministrazione orale.

Viene somministrata per 28 giorni, caratteristica che può limitare il suo monitoraggio, e

circa un quarto degli adulti e dei bambini trattati riferisce l'insorgenza di diarrea e/o

vomito.

• La paramomicina iniettabile, le cui efficacia e tolleranza sono state confermate in

diverse prove, rappresenta un'alternativa per il trattamento della LV il cui sviluppo è

supportato da numerose organizzazioni non governative. Non disponibile in Europa,

questo farmaco potrebbe rappresentare in definitiva un trattamento economico per

molti paesi in via di sviluppo. In termini di leishmaniosi cutanea, dobbiamo in primo

luogo prendere in considerazione quattrosituazioni principali:

• La leishmaniosi cutanea del Vecchio Mondo. Per questa forma e in diversi paesi, i

medici utilizzano DPA per iniezione intra-lesionale, fluconazolo per via orale o

formulazioni topiche di paramomicina. La terapia fotodinamica è un'alternativa non

farmacologica. Sono ancora in corso studi clinici per stabilire il protocollo ottimale per il

trattamento di questa forma clinica, la cui prognosi è generalmente molto buona, fatta

salvo la possibilità di una cicatrice residua.

• La leishmaniosi cutanea disseminata post-Kala Azar (PKDL). Si riscontra soprattutto in

India e in Africa orientale dopo il trattamento della leishmaniosi viscerale con DPA e

viene trattata con una terapia prolungata con DPA o con amfotericina B liposomiale.

• La leishmaniosi cutanea del Nuovo Mondo. Questa forma è talvolta complessa, a

seconda delle specie di leishmania implicate, con la possibilità di estensione ai linfonodi

locoregionali. Questo motiva l'impiego della somministrazione parenterale di un farmaco

anti-Leishmania, principalmente pentamidina, ma anche DPA nei paesi francofoni.

• La leishmaniosi mucocutanea del Nuovo Mondo. Questa forma invalidante è causata

nella maggior parte dei casi da Leishmania braziliensis. Viene trattata con una terapia

sistemica con DPA come prima scelta e amfotericina B liposomiale come seconda scelta.

L'efficacia terapeutica in corso di questa grave forma è tuttavia limitata.(18 77 92 112)

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PROFILASSI

Uno dei mezzi piu efficaci per prevenire la leishmaniosi viscerale canina e quello di

impedire il contatto tra il cane ed il vettore per interrompere il ciclo domestico della

malattia. A tal proposito, numerosi studi condotti nell’ultimo decennio hanno dimostrato

l’importanza dell’uso nei cani di bande protettive impregnate di insetticidi, come mezzo

efficace per prevenire le punture dei flebotomi. Questi collari fungono da repellenti,

allontanando ed uccidendo i flebotomi che cercano di pungere i cani. I piretroidi

sintetici come la deltametrina e la permetrina, si sono rivelate le migliori sostanze

utilizzate in questo senso. Diversi studi condotti sia in Francia che in Brasile, hanno

dimostrato che i collari impregnati di deltametrina proteggono i cani dal 96% dei morsi

per piu di 34 settimane. Studi di campo hanno dimostrato che l’applicazione di massa di

collari impregnati di insetticidi sui cani riduce l’incidenza della leishmaniosi canina nelle

aree di intervento, svolgendo di conseguenza un’azione preventiva benefica anche sul

controllo della malattia negli uomini. Infatti, da una indagine condotta con il supporto

dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in un’area nel Nord Ovest dell’Iran, e

risultato che l’applicazione di massa di bande a base di deltametrina non solo ha ridotto

l’incidenza d’infezione da Leishmaniosi infantum nei cani che indossavano il collare, ma

anche nei bambini che vivevano nei villaggi dove i cani erano stati protetti.(63 34 56)

Si è recentemente dimostrato che un riduzione della carica parassitaria nei cani

serbatoio attraverso la vaccinazione, si associa ad una ridotta infettività dei flebotomi,

comportando riduzione della trasmissione della malattia dal cane all’uomo nelle aree di

trasmissione zoonotica. Ne consegue che la profilassi vaccinale, obiettivo da tempo

perseguito sia in medicina umana che veterinaria, risulta il migliore approccio alla lotta

alla leishmaniosi canina. A tutt’oggi, esistono solo vaccini per la leishmaniosi canina .

Comunque esiste un solo vaccino in sperimentazione per la leishmaniosi umana (Leish

111f), ancora impegnato nella fase I del processo sperimentale. Per il cane sono invece

piu numerosi i canditati vaccinali in corso di studio, circa sette dal 2001 al 2005, che si

basano sui dati delle fasi sperimentali pre-cliniche effettuate per l’uomo e utilizzano

diversi presidi antigenici, quali organismi interi modificati, frazioni purificate, antigeni

ricombinanti e DNA. Dai vari studi immunologici di cui e ricca la letteratura, appare

chiaro che la principale prerogativa richiesta ad un vaccino, e l’induzione di una risposta

immunitaria cellulo-mediata stabile e duratura. Una ricerca condotta da Stobie et al.,

(2000), ha dimostrato che lo step necessario per l’innesco di una risposta immunitaria di

tipo cellulo-mediata, e rappresentato da una precoce produzione di IL-12 endogena. Di

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conseguenza, nell’ultimo decennio le ricerche si sono orientate verso l’identificazione di

molecole di Leishmania capaci di stimolare il fenotipo citochinico tipico del profilo Th1,

in modo da poter essere utilizzate come potenziali candidati vaccinali negli animali

sperimentali ed in vivo. I tentativi di sviluppo di un vaccino contro la leishmaniosi si sono

concentrati sull’uso di parassiti interi inattivati o di subunità con adiuvanti. Nuove

strategie sperimentali riguardano l'attenuazione di Leishmania attraverso tecnologie di

delezione o l'espressione di specifici peptidi leishmaniotici all'interno di microrganismi

attenuati, come BCG. In fase iniziale di sviluppo sono pure i vaccini a DNA ed i

potenziatori delle cellule dendritiche, come gli oligo-desossi-nucleotidi CpG ed il ligand

Flt-3. In particolare, l’attuale interesse nei confronti dei vaccini a DNA nasce dalla loro

notevole stabilità, dalla facilità di manipolazione, e nella loro capacità di innescare una

risposta immunitaria cellulo-mediata a dispetto di una umorale, anche quando sono

formulati senza adiuvante. I vaccini a DNA, esprimenti antigeni come la proteina gp-63,

il LACK, il PSA-2, il TSA e l’STI1, hanno manifestato un’adeguata protezione contro

l’infezione da Leishmania nei topi.(63 34 56)

Anche nel modello canino sono state sperimentate diverse strategie vaccinali. In Brasile,

dove la leishmaniosi viscerale e endemica sia nell'uomo che nel cane, da Silva et al.

(2000) hanno descritto l’effetto protettivo del vaccino costituito dall'antigene

glicoproteico FML (fucose mannose ligand) di Leishmania donovani, un potente

immunogeno nonché uno specifico e sensibile antigene per la diagnosi sierologica della

leishmaniosi viscerale canina ed umana. Il vaccino FML e stato sperimentato in modelli

di leishmaniosi viscerale nel topo e nel criceto con trial di fase I-II, dove ha manifestato

una protezione media specifica pari rispettivamente all'87,7% e all'84% nei topi BALB/c e

nel criceto CB. Nel topo, la vaccinazione con FML in adiuvante saponina R, QuilA e Qs21

si e dimostrata superiore a quella con altri adiuvanti (alluminio idrossido, Freund

incompleto, BCG) e non ha indotto effetti tossici. Sulla base di questi risultati,

recentemente e stato registrato in Brasile l’FML-vaccino, denominato LeishmuneR (Fort

Dodge Animal Health Brazil), che e stato legalmente autorizzato per l’uso da parte dei

clinici veterinari per la profilassi della leishmaniosi viscerale canina.(63 34 56)

L’FML-vaccino e formulato con la saponina Riedel de Haen che contiene come adiuvante

attivo l’aldeide QS21 contenente saponina (18%), ed un composto di due aldeidi

deacilate contenenti saponine derivate dalla Quillaja saponaria Molina (19.4%). Tutte le

aldeidi contenute nel vaccino presentano il tipico gruppo aldeidico in posizione C-24,

responsabile dell’interazione con i linfociti T helper e delll’induzione di una risposta

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immunitaria Th1.

Il vaccino brasiliano ha mostrato un’efficacia clinica del 76-80% nei primi due studi

effettuati, che avevano però il limite di basarsi su soli riscontri clinici. Il terzo studio,

che ha valutato il vaccino con una diversa saponina, si e avvalso di indagini più

specifiche come la PCR, riportando una protezione verso la malattia pari al 100%. I trial

di efficacia di fase III del vaccino FML sono stati condotti in zone del Brasile endemiche

sia per l'uomo che per il cane. Nel primo trial, due anni dopo il protocollo vaccinale

completo nel cane e un richiamo annuale, e stata ottenuta una protezione pari al 92% e

un'efficacia vaccinale del 76%. In un secondo trial di fase III, utilizzando l'antigene FML in

formulazione con saponina QuilA, si e ottenuta una protezione del 95% ed un'efficacia

vaccinale dell'80%. Tre anni e mezzo dopo la vaccinazione, non e stato possibile

riscontrare il DNA del parassita negli animali vaccinati. Recentemente e stato, inoltre,

valutato il potenziale effetto immunoterapeutico sulla leishmaniosi canina del vaccino

FML prodotto con dosi più concentrate di adiuvante, in cani FML-sieropositivi ma

completamente asintomatici con infezione sperimentale da L. donovani (vaccino

FMLQuilA) e con infezione naturale da L. chagasi (vaccino FML-saponina R). Nel primo

gruppo la protezione e stata ottenuta in 3 cani su 5, che rimanevano asintomatici e

liberi dal parassita un anno dopo l'infezione. Nel secondo gruppo, i cani trattati

mostravano IgG1 anti-FML di livello stabile, IgG2 in aumento ed il 79-95% di riposta DTH

(ipersensibilita ritardata) positiva durante tutto il trial. Ventidue mesi dopo la

vaccinazione, il 90% dei cani era ancora asintomatico, sano e libero dal parassita.

Gradoni et al. (2005), hanno sperimentato in una zona endemica del Sud Italia un

vaccino multi-subunita ricombinante per Leishmania (MML). Nella prova sono stati

somministrati a tre gruppi costituiti da 15 cani Beagle sani, i seguenti vaccini:

Vaccino A= MML+MPLR-SE adjuvante primario (3 iniezioni mensili)

Vaccino B= Soluzione salina sterile (controllo) (3 iniezioni mensili)

Vaccino C= MML+Adjuvante primario (3 iniezioni mensili)

Su 15 cani infetti, la progressione della malattia e stata riscontrata in 5 cani su 6 nel

Gruppo A, in 3 cani su 6 nel Gruppo B, ed in 2 cani su 3 nel Gruppo C. Tali risultati hanno

portato alla conclusione che la vaccinazione con MML non può essere considerata uno

strumento efficace per la prevenzione dell’infezione da Leishmania.

Sempre nel 2005, Aguilar-Be et al., hanno condotto uno studio sul complesso del ligand

fucosio-mannosio (FML) di Leishmania donovani, che e risultato essere un candidato

vaccinale promettente contro la leishmaniosi viscerale in vari modelli animali, topo e

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cane compresi. Sia il complesso purificato FML che l’idrolasi NH36 (principale

componente immunogena dell’FML) possono indurre una forte risposta immunitaria ed

una significativa protezione eterologa contro l’infezione da Leishmania donovani. In

questo studio è stata esaminata la risposta immunitaria e la protezione indotta da FML,

NH36 ricombinante (rNH36) e da un vaccino a DNA NH36 contro gli agenti della

leishmaniosi viscerale (Leishmania chagasi) e cutanea (Leishmania mexicana) nei topi

BALB/c. La miglior protezione e stata osservata nei topi immunizzati col vaccino a DNA

VR1012-NH36, che ha indotto una riduzione del 88% nella carica parassitaria di

Leishmania chagasi ed una riduzione del 65% nelle dimensioni delle lesioni da Leishmania

mexicana. Inoltre, il vaccino a DNA ha indotto un aumento di 2-5 volte dei linfociti T

CD4+ producenti IFN-γ, fornendo una forte immunoprotezione omologa ed eterologa

contro la leishmaniosi viscerale e cutanea.

Un nuovo e decisivo strumento per la prevenzione della Leishmaniosi canina nella aree

del Bacino del Mediterraneo è lo sviluppo di un vaccino innovativo che è il risultato della

collaborazione tra l'Institut de recherche puor le dèvelopement ,Biovèto Test Institut de

recherche pour le dèvelopement e i team di ricerca e sviluppo Virbac (CaniLeish®). Nel

1998 con l'aumentare delle conoscenze dei meccanismi immunitari della

leishmaniosi,BVT e IRD hanno deciso di collaborare per esaminare la potenzialità

d'impiego degli antigeni ESP insime ad una terapia adiuvante per la vaccinazione immuno

terapeutica nei casi di Leishmaniosi canina clinica.Risultati incoraggianti sono stati

raggiunti in una piccola sperimentazione in casi clinici,indicando che la ESP potevano

potenzialmente riportare la risposta immunitaria verso la più appropriata tipologia Th 1e

anche migliorare la salute generale dei cani altri sperimentazioni di laboratorio e su

campo,condotte in cani sani,utilizzando un vaccino ESP prototipo formulato con

l'adiuvante muramildipeptide(MDP)hanno fornito risultati incoraggianti indicando che

queste proteine potrebbero proteggere nei confronti della Leishmaniosi canina.(63 77

18)

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Nel 2003 sono stati definiti i parametri per la produzione in scala industriale e

l'adiuvante è stato sostituito con il QA-21, che ha meno problematiche di tollerabilità ed

è noto per essere uno stimolante più potente dell'immunità mediata dai Th 1 rispetto

al'MPD.(42)

Le ESP sono proteine escrete – secrete prodotte da numerosi protozoi parassiti compresi

Toxoplasma, Plasmodium; Babesia ,Leishmania ed altri.questo gruppo di proteine ha

molteplici e importanti funzioni che includono il contributo al infezione delle cellule da

parte del parassita e la sua successiva moltiplicazione intracellulare nonchè la

modulazione della risposta immunitaria dell'ospite. E' importante che le proteine

possano essere processate dal sistema immunitario per stimolare la proliferazione dei

linfociti T. Studi sulla specifica proliferazione anti-Leishmania dei linfociti di topo

condotti da Rosa et al. hanno portato alla conclusione che le ESP di Leishmania infatum

sono i migliori fattori stimolanti della proliferazione dei linfociti T rispetto alla proteina

grezza del parassita.E' interessante notare che un percentuale significativa delle ESP era

formata da proteine della famiglia degli antigeni di superficie parassitari (PSA, Parassite

Surface Antigen). Quella dei PSA è una famiglia di importanti glicoproteine espresse sulla

superficie della membrana del parassita ed escrete dalla maggior parte dei membri del

genere Leishmania.

I requisiti principali per un vaccino contro la Leishmaniosi canina è quello di produrre

una forte risposta immunitaria cellulo-mediata di tipo Th 1. Gli adiuvanti a base di

saponine possiedono la rara capacità di stimolare già a basse dosi l'immunità cellulo-

mediata sia quella umorale. La loro peculiare capacità di stimolare la risposta Th 1 e la

produzione di linfociti T citotossici li rende ideali per l'impiego nei vaccini contro i

patogeni intercellulari. Il Quil A, una recente saponina adiuvante, è una frazione

parzialmente purificata della corteccia dell'albero Quillaja saponaria contenente una

miscela complessa di numerose molecole . Tuttavia, è considerato troppo tossico per

l'impiego nei vaccini umani e in molti casi si sono verificate gravi reazioni locali con

granulomi ed emolisi.(63)

Una strategia che può essere attuata per conservare i benefici adiuvanti delle saponine ,

migliorando nel contempo la tollerabilità ,è quella di impiegare specifiche frazioni

altamente purificate con un'identificata attività adiuvante ed una bassa tossicità. Il QA-

21è un componente purificato della saponina Quil-A. Esso possiede un ottimo profilo di

tollerabilità generale e si è dimostato accettabile in sperimentazioni su vaccini per uso

umano (in cui è noto come QS-21), nelle quali è risultato ben tollerato. Esso è contenuto

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nel candidato più avanzato avanzato a livello mondiale come vaccino per la malaria ,

attualmente in sperimentazione di fase III.

Durante gli studi effettuati per lo sviluppo del vaccino contro la Leishmaniosi canina

sono stati misurati numerosi parametri e la convinzioni prevalente che durante gli stadi

precoci dello sviluppo di questo vaccino , convinzione prevalente era che il rapporto

lgG2:lgGI nei cani fosse correlato rispettivamente alle risposte Th 1/Th 2, così come

accade nel topo e nell'uomo . E' stato poi dimostrato che ciò non è così vero.

Ciononostante ,sebbene il rapporto IgG1:lgG2 non sia in grado di dimostrare

l'orientamento della risposta immunitaria , la capacità del sistema immunitario di

produrre anticorpi specifici verso le proteine solubili funge da semplice marker di

immunogenicità dell'antigene. Ciò conferme anche che le proteine sono state processate

dalle cellule presentanti l'antigene (APC), gli anticorpi non vengono prodotti contro

antigeni proteici solubili a meno che essi non siano stati processati dalle APC. Inoltre, la

natura e la rapidità della risposta anticorpale ad una successiva esposizione a basse dosi

di proteine del parassita, in qualche momento dopo il completamento dello schema di

vaccinazione , è in grado di confermare la presenza di una risposta anamnestica(della

memoria).

Nello studio della fase di sviluppo dieci cani hanno ricevuto il normale protocollo di

vaccinazione e un anno dopo l'ultima vaccinazione è stato effettuato un test cutaneo

intradermico. Ciò ha implicato l'iniezione intradermica di promastigoti di leishmania

linfatum denaturati con l'obbiettivo di valutare la risposta cellulo-mediata locale, come

indicata dal gonfiore specifico sviluppatosi nel sito dell'iniezione 48-72 ore più tardi. I

risultati sierologici dimostrano che tre settimane dopo il completamento del ciclo

primario di vaccinazione , si osserva una buona risposta alle ESP e in particolare al PSA.

Inoltre , i risultati mostrano che , quando il cane è esposto all'antigene leishmania per

via intradermica un anno più tardi si ottiene una potente e rapida risposta lgG della

memoria. Durante questo studio , i dieci cani di controllo non hanno sviluppato alcuna

specifica risposta lgG in nessun tempo sperimentale.(63 42 77 138)

Quando l'antigene viene processato dalle APC, è essenziale che esso sia in grado di

stimolare la differenzazione e l'espansione clonale dei linfociti Th = nella forma Th 1. E'

quest'ultima forma ad essere associata alla produzione di IFN-γ ed alla protezione dallo

sviluppo della sindrome clinica. Inoltre, nel contesto della vaccinazione, è essenziale

che durante questo processo vengono prodotti linfociti T della memoria con una polarità

Th 1. Questa produzione viene valutata mediante 2 test: LLT (Lymphoblastic

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Trasformation Test) misura la capacità di espanzione clonale dei linfociti T in risposta

alla stimolazione con un antigene specifico. Quando i linfociti di un cane vengono isolati

e stimolati con l'antigene di Leishmania, ciascuno dei linfociti della memoria specifico

per leishmania presente risponderà rapidamente espandendosi a formare un clone di

linfociti Th 1 o Th 2, in base alla polarità della risposta immunitaria iniziale che ha

portato alla loro formazione. Pertanto, il LTT dimostra la capacità delle cellule canine di

“ricordare” l'antigene e di rispondere ad esso in futuro. Questo test non rivela la

polarità di questa risposta. Il secondo test utilizzato in parallelo al LTT è il dosaggio

ELISpot (Enzyme Linked ImmunoSpot). Questo test misura la percentuale di linfociti T

provenienti dal LTT che stanno producendo IFN-γ. Esso può pertanto essere utilizzato

per identificare la produzione di cloni dell'appropriata polarità Th 1. Combinando questi

due test, è possibile dimostrare la presenza di una risposta immunologica della memoria

all'antigene come risultato della vaccinazione. Infatti campioni di sangue sono stati

prelevati dai cani in vari tempi della sperimentazione e valutati mediate questi due test.

Alla settimana 58, i cani presentavano ancora un' elevata capacità di produrre IFN-γ in

risposta ad una specifica stimolazione con leishmanina, ovvero prima che essi siano

entrati in contatto con i parassiti Leishmania e quando avrebbero normalmente dovuto

ricevere una vaccinazione di richiamo. Il risultato significativo di ELISpot osservato nel

gruppo vaccinato alla settimana 105, ovvero durante la fase di infezione sperimentale,

conferma che questo orientamento Th 1 non viene invertito dall'esposizione a parassiti

virulenti e che è correlata con la riduzione della carica parassitaria già osservata in

questo studio.(63 42 77 138)

Un ulteriore test il CLMA (Canine Macrophage Leishmanicidal Assay) dimostra la che alla

corretta risposta Th1 segua una maggiore capacità dei macrofagi di cane di controllare il

parassita; infatti in questo test viene prelevato un campione di sangue dal cane e

vengono isolati separatamente i linfociti ed i monociti. I monociti vengono quindi fatti

maturare in macrofagi e quindi infettati con un numero standardizzato di promastigoti.

Una volta stabilita l'infezione, essi vengono ancora una volta combinati con i linfociti

autologhi. Se i linfociti contengono una popolazione di linfociti Th 1 della memoria

specifici per Leishmania risponderanno alla presentazione dell'antigene di Leishmania da

parte dei macrofagi mediante espansione clonale a linfociti Th 1 efferrori produttori di

IFN-γ. Tutto ciò, a sua volta, dovrebbe indurre i macrofagi circostanti a selezionare la

via metabolica dell'arginina e dell'ossido d'azoto (NO), portando a distruzione ossidativa

dei parassiti al loro interno. La percentuale di macrofagi contenenti parassiti intatti e il

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numero di parassiti per macrofago vengono contaminati al termine del dosaggio per

fornire un indice dell'attività leishmanicida. Nei macrofagi vengono anche misurate la

produzione della NO sintetasi inducibile (iNOS) e la produzione di biossido d0azoto(NO2),

una misura indiretta della formazione del radicale NO a breve emivita. Per ciascun cane,

il risultato del CMLA viene considerato positivo qualora venga anche anche osservato un

aumento correlato di iNOS e NO2. Per tale motivo, un risultato positivo di questo test

rappresenta una dimostrazione di una cascata di risposte integra e corretta, correlata ad

una resistenza alla malattia, che inizia con la produzione dei linfociti Th1 della memoria

e termina con l'attivazione dei macrofagi.

Il requisito immunologico primario di questo vaccino contro la Leishmaniosi canina è

quello di avere la capacità di spostare la risposta immunitaria verso lo sviluppo di un

efficace capacità di memoria prevalentemente di tipo Th 1 nei confronti del parassita e

questo spostamento è mantenuto anche nella capacità di memori immunitaria

producendo una risposta cellulo-mediata primaria caratterizzata dalla produzione di

IFN-γ da parte dei loro linfociti e da una capacità leishmanicida dei macrofagi.(42 77

138)

Figura. Risposta immunitaria con la produzione di linfociti Th1 della memoria in grado

di stimolare l’uccisione del parassita nei macrofagi.(42)

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Altro valido mezzo da attuare per il controllo della leishmaniosi viscerale è

rappresentato dalla lotta effettuata nei confronti dei flebotomi, soprattutto nelle aree

dove il rischio di trasmissione è molto elevato anche per gli uomini. L'ambiente preferito

dai flebotomi è rappresentato dalle anfrattuosità del terreno, dalle crepe dei muri, dalle

superfici asciutte, ma in un'atmosfera piuttosto secca e senza vento. Risulta quindi

impossibile riuscire a delimitare le zone di sviluppo di questi insetti, il che porta alla

effettiva impossibilità d'intervenire con mezzi di lotta chimica, perchè troppo ampie

sarebbero la aree sottoposte ad interventi insetticidi, con l'alto rischio di provocare

dissesti ecologici da inquinamento ambientale.

L’unica soluzione resta quella di proteggere in maniera circoscritta il luogo dove il cane

soggiorna mediante l’utilizzo di trappole costituite da carta oleata, nelle quali i

flebotomi rimarrebbero invischiati, e verso le quali possono essere indirizzati da piccole

sorgenti luminose poste in prossimità della cuccia; o di insetticidi come i piretroidi

sintetici a cui sottoporre sistematicamente la cuccia od il canile (habitat ideale per i

flebotomi). Queste misure profilattiche rappresentano certamente accorgimenti da

prendere in considerazione, anche se, ovviamente, non possono salvaguardare il cane

dalla puntura dell'insetto soprattutto in virtù del fatto che le specie autoctone sono

perlopiù eosofile.(18 42 63)

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CONCLUSIONI

Per raggiungere la diagnosi di leishmaniosi, il segnalamento, i dati anamnestici, i segni

clinici eventualmente presenti ed i risultati delle prove di laboratorio vanno integrati

tra loro.

In linea di massima, nei cani che presentano segni clinici ed alterazioni degli esami di

laboratorio di base fortemente compatibili con Leishmania canina, la PCR e la sierologia

e, solo in alcuni tessuti, la citologia, hanno tutte un’elevata sensibilità.

Nelle aree endemiche il problema può essere quello di stabilire una relazione causa-

effetto tra presenza del parassita e alterazioni rilevate, col rischio di sovrastimare la

Leishmania canina. In caso di cani con segni clinici compatibili, quindi, l’approccio che

consente di ottimizzare l’efficacia diagnostica dei vari metodi, consentendo di ridurre al

minimo gli interventi sul paziente e di accelerare i tempi diagnostici è quello di eseguire

immediatamente un esame sierologico e l’analisi citologica di lesioni esplorabili, se

presenti, e di proseguire con esami più specifici in funzione dei risultati ottenuti con

queste prime prove. Le possibili combinazioni dei risultati e le relative interpretazioni

sono riportate nella figura dal quale si evince che il soggetto va considerato sicuramente

malato di Leishmania canina quando l’esame citologico eseguito su tessuti presentanti

lesioni compatibili (incluso il midollo osseo in caso di anemia) risulta positivo,

indipendentemente dal risultato della sierologia, che però in questi casi dovrebbe

risultare più probabilmente positiva (tranne nei rari casi di lesioni molto localizzate, o

nelle fasi molto iniziali dell’infezione). Se la citologia risulta negativa, invece, la

sierologia diventa fondamentale per considerare il soggetto malato o semplicemente

“sospetto di malattia”. Il titolo anticorpale, nel caso risulti elevato indica che il

soggetto è malato, mentre se il titolo anticorpale risulta basso, non è possibile escludere

che il soggetto sia infetto da Leishmania, ma affetto da una malattia diversa.(77 138)

In questo caso, ulteriori informazioni possono essere raccolte approfondendo le indagini

diagnostiche in maniera diversa in funzione delle lesioni presenti:

- nel caso in cui le lesioni citologicamente negative siano cutanee ed il quadro citologico

sia fortemente compatibile con leishmaniosi, si deve ricorrere alla biopsia cutanea ed

all’esame istologico per rilevare la presenza di Leishmania. L’impiego

dell’immunoistochimica è suggerito quando siano presenti quadri istologici compatibili

con Leishmania Canina ma non si osservino parassiti con le colorazioni di routine: se

anche questo approccio risulta negativo, va effettuata una PCR sulla biopsia cutanea. Se

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anche quest’ultima indagine risulta negativa, il cane va considerato non malato, ed il

titolo anticorpale deve essere interpretato come segno di esposizione pregressa alla

malattia, o come sospetto infetto, ma affetto da una malattia diversa dalla Leishmania

canina. In questo caso si devono monitorare nel tempo i titoli anticorpali, che in caso di

riattivazione dell’infezione tenderanno ad elevarsi.

- nel caso le lesioni non siano cutanee e il quadro sia fortemente compatibile con

leishmaniosi si deve eseguire una PCR nelle sedi in cui è più probabile rilevare il

parassita, rappresentate prevalentemente da midollo osseo e/o linfonodi.

Se queste indagini risultano negative il cane va considerato esposto all’infezione e

monitorato nel tempo. Se invece risultano positive, il cane deve essere considerato

infetto o, malato, se sia possibile correlare con certezza la lesione all’infezione. In ogni

caso, l’eventuale progressione verso la malattia va monitorata con successivi esami

sierologici.(77 138)

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