santa croce , lecce

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16 L a chiesa di Santa Croce a Lecce è consi- derata, sotto molti punti di vista, una sor- ta di simbolo della città sa- lentina, punto di riferimento fondamentale per la locale storia dell'architettura rina- scimentale e barocca. Il Reale Monastero dei Ce- lestini e la sua chiesa sotto il titolo della Santa Croce (ini- zialmente dedicati all'Annun- ziata e san Leonardo) erano fin dalla loro fondazione (per volontà di Gualtieri di Brien- ne) fra i più importanti della città e dell'intero territorio. Giulio Cesare Infantino nel 1634 pubblicò un libro dal ti- tolo “Lecce Sacra” (Lecce sa- cra, Giulio Gesare Infantino, a cura di M. De Marco, Galli- poli 1988, pagg. 219-235) dove nel ricordare la storia dell'attuale monastero riporta anche il nome di chi la chiesa progettò ovvero quel Gabrie- le Riccardo (notizie dal 1524 al 1572) artista raffinato e ce- lebrato già dai suoi contem- poranei autore delle figure del presepe lapideo che è nel Duomo di Lecce nonché delle autografe e datate (1524) co- lonne ancora oggi in un'altra cattedrale, quella di Otranto, dove un tempo erano parte del ciborio posto all'interno della cappella dei Santi Mar- tiri (quella precedente l'attua- le). A questo dato storico se ne aggiunge un altro: nel 1646, all'inizio cioè di quel periodo fertile e intenso di eventi, ar- tisti e interventi edilizi che avrebbe portato alla nascita del volto barocco per cui Lecce è nota, sotto l'abate Don Matteo Napoletano, lo scultore leccese Cesare Pen- na (1607 - 1652 circa) forse riprogettò, di certo scolpì la parte superiore della già sin- golare facciata principale della chiesa di Santa Croce. Il nome di Cesare Penna com- pare a lettere capitali nella trabeazione che è al di sopra della nicchia con la statua la- pidea di San Pietro Celestino (fondatore dell'Ordine reli- gioso cui appartengono chie- sa e convento leccesi). Questo quadro storico, sintetico nella misura in cui aiuta a focalizzare l'attenzio- ne su alcuni aspetti e soggetti della costruzione della chiesa di Santa Croce, si completa Le incisioni del millesimo 1542 e il “Die primo mai” domenica 4 agosto 2013 Pagine Pagine Pagine Pagine Pagine Pagine ilPaesenuovo www.ilpaesenuovo.it ilPaesenuovo Pagine di cronache, culture e riflessione politica le incisioni All'interno dell'attuale sa- grestia è una scala (larghezza nel tratto iniziale di circa cm. 117; tratti successivi circa cm. 88) costituita da più ram- pe rettilinee e pianerottoli; es- sa, oggi interrotta, conduceva ad un piano superiore attual- mente in uso della locale Pre- fettura. Sulle pareti laterali della scala si rileva tutta una serie di incisioni (al momento solo parzialmente indagate da chi scrive) fra cui segnalo: cerchi concentrici realizzati con compasso di cui si vede anco- ra la traccia della punta, il di- segno di un campanile forse a matita, profili umani, uno stemma gentilizio, navi dalla forma a mezzaluna e, soprat- tutto, date e firme. In alcuni casi è leggibile molto bene l'anno: 1624, 1638, 1640, 1656, etc., in altri ancora la data (più o meno completa) si accompagna con la firma (spesso di un frate). Nella parte alta della scala, poco prima della porta che immette ad uno dei due orga- ni moderni della chiesa, sono due incisioni: in una si legge– (firma) 1565- nell'altra - “A di frebaro 1567”-. Fra le date esistenti alcune sembrano più importanti delle altre alla luce di quanto detto a proposito della nascita di questa chiesa. La data ufficiale di fonda- zione è, come detto e come ri- portato dai citati B. Braccio e G. C. Infantino, il 1549; a questa data si è attenuta fino ad ora la storiografia. Sul mu- ro sinistro della scala (primo tratto subito dopo la porta di accesso) si trova inciso più volte il millesimo -1542 - ; in un caso, quello più evidente, perché il meglio inciso e leg- gibile, subito sotto il -1542- e probabilmente ad esso colle- gabile, è l'iscrizione “Die pri- mo mai” ovvero “primo di Maggio”; sempre -1542- ap- pare poco al di sopra, inciso (con minore profondità) con le cifre 5 e 4 scritte al contra- rio; poi ancora più piccolo - 1547-. Rispetto alla questione del- la datazione della chiesa se solo queste date fossero ulte- riormente verificate obbli- gherebbero ad anticipare la costruzione di Santa Croce di almeno 7 anni facendola risa- lire quindi almeno al 1542. Una firma, una scala e il campanile I segreti della sagrestia Fabio A. GRASSO L’arte di costruire la città Lecce, la chiesa di Santa Croce con quanto ricordato da Ber- nardino Braccio (Cronache di Lecce, a cura di A. Laporta, Lecce 1991, pag. 17) ovvero che “...si diede principio alla nuova fabbrica del Real Mo- nastero...” nel 1549 e l'archi- tetto fu Gabriele Riccardo; G. C. Infantino, in particolare, riferisce di un riassunto del documento trecentesco della fondazione del primitivo convento celestino in un atto notarile del 25 febbraio 1549 (il documento non è reperibi- le) all'epoca della rifondazio- ne della nuova chiesa, l'attua- le. Benedetto Vetere (“Civi- tas” e “Urbs” in Storia di Lec- ce dai Bizantini agli Arago- nesi, Bari 1993, pagg. 194- 195) segnala la trascrizione cinquecentesca (31 dicembre 1548) del documento (1352) di fondazione e in più, tra le altre cose, che nel 1353 l'allo- ra Vescovo di Lecce Roberto concedeva ai frati celestini la chiesa di Santa Croce vicina alla chiesa di quel convento di nuova fondazione. La storia del convento ce- lestino si intreccia in modo singolare con quella del ca- stello di Lecce. La primitiva chiesa, infatti, era in prossi- mità del castello e quando fu deciso di ricostruire la fortez- za, si rese necessario l'abbat- timento del convento (il cita- to B. Braccio ricorda che fu lo stesso imperatore ad ordi- narne la distruzione).Questi, i fatti, le date, gli artisti, alme- no i principali. La ricerca L'Arcidiocesi di Lecce, co- me noto, è da tempo impe- gnata nella valorizzazione delle opere d'arte sacra; ciò passa anche attraverso un do- veroso studio storico (ricerca e disegno) tanto più necessa- rio quando ci si confronta con un edificio importante stori- camente come la chiesa di Santa Croce oggetto proprio in questo periodo, tra le altre cose, di un intervento di re- stauro a cura della Soprinten- denza ai Beni Architettonici di Lecce. Piuttosto che elencare le domande storico-architettoni- che nate dalla lettura della va- sta bibliografia sull'argomen- to sembra molto più efficace e diretto dire che tutte gravi- tavano attorno ad un ambien- te in particolare della chiesa: l'attuale sagrestia. In questo caso si è proceduto eseguen- do personalmente un seppure parziale rilievo architettonico ma anche usando e verifican- do tre rilievi metrici del con- vento e della chiesa di cui uno della Provincia di Lecce (da- tato 1989), gli altri due pub- blicati in: Santa Croce a Lec- ce / Storia e Restauri, a cura di A. Cassiano e V. Cazzato, Galatina 1997, pagg. 251, 258, 264-265, 278-280; Ba- rocco leccese, M.M. Elia, Mi- lano 1996, pagg. 34-35. Va detto inoltre che le os- servazioni contenute in que- sto scritto e la ricerca, più in generale, sono state possibili grazie alla collaborazione del Prefetto di Lecce, Dott.ssa Giuliana Perrotta e del Presi- dente della Provincia di Lec- ce, Dott. Antonio Gabellone. La data, le date, Continua nella pagina successiva

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l'autografo dello scultore barocco Cesare Penna, la data di costruzione e il campanile cinquecentesco

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Page 1: Santa Croce , Lecce

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La chiesa diSanta Croce aLecce è consi-derata, sottomolti punti divista, una sor-

ta di simbolo della città sa-lentina, punto di riferimentofondamentale per la localestoria dell'architettura rina-scimentale e barocca.Il Reale Monastero dei Ce-

lestini e la sua chiesa sotto iltitolo della Santa Croce (ini-zialmente dedicati all'Annun-ziata e san Leonardo) eranofin dalla loro fondazione (pervolontà di Gualtieri di Brien-ne) fra i più importanti dellacittà e dell'intero territorio.Giulio Cesare Infantino nel1634 pubblicò un libro dal ti-tolo “Lecce Sacra” (Lecce sa-cra, Giulio Gesare Infantino,a cura di M. De Marco, Galli-poli 1988, pagg. 219-235)dove nel ricordare la storiadell'attuale monastero riportaanche il nome di chi la chiesaprogettò ovvero quel Gabrie-le Riccardo (notizie dal 1524al 1572) artista raffinato e ce-lebrato già dai suoi contem-poranei autore delle figuredel presepe lapideo che è nelDuomo di Lecce nonché delleautografe e datate (1524) co-lonne ancora oggi in un'altracattedrale, quella di Otranto,dove un tempo erano partedel ciborio posto all'internodella cappella dei Santi Mar-tiri (quella precedente l'attua-le).A questo dato storico se ne

aggiunge un altro: nel 1646,all'inizio cioè di quel periodofertile e intenso di eventi, ar-tisti e interventi edilizi cheavrebbe portato alla nascitadel volto barocco per cuiLecce è nota, sotto l'abateDon Matteo Napoletano, loscultore leccese Cesare Pen-na (1607 - 1652 circa) forseriprogettò, di certo scolpì laparte superiore della già sin-golare facciata principaledella chiesa di Santa Croce. Ilnome di Cesare Penna com-pare a lettere capitali nellatrabeazione che è al di sopradella nicchia con la statua la-pidea di San Pietro Celestino(fondatore dell'Ordine reli-gioso cui appartengono chie-sa e convento leccesi).Questo quadro storico,

sintetico nella misura in cuiaiuta a focalizzare l'attenzio-ne su alcuni aspetti e soggettidella costruzione della chiesadi Santa Croce, si completa

Le incisioni del millesimo 1542 e il “Die primo mai”

domenica 4 agosto 2013 PaginePaginePaginePaginePaginePagineilPaesenuovowww.ilpaesenuovo.it

ilPaesenuovoPagine di cronache, culture e riflessione politica

le incisioniAll'interno dell'attuale sa-

grestia è una scala (larghezzanel tratto iniziale di circa cm.117; tratti successivi circacm. 88) costituita da più ram-pe rettilinee e pianerottoli; es-sa, oggi interrotta, conducevaad un piano superiore attual-mente in uso della locale Pre-fettura.Sulle pareti laterali della

scala si rileva tutta una seriedi incisioni (al momento soloparzialmente indagate da chiscrive) fra cui segnalo: cerchiconcentrici realizzati concompasso di cui si vede anco-ra la traccia della punta, il di-segno di un campanile forse amatita, profili umani, unostemma gentilizio, navi dallaforma a mezzaluna e, soprat-tutto, date e firme.In alcuni casi è leggibile

molto bene l'anno: 1624,1638, 1640, 1656, etc., in altriancora la data (più o menocompleta) si accompagna conla firma (spesso di un frate).Nella parte alta della scala,poco prima della porta cheimmette ad uno dei due orga-ni moderni della chiesa, sonodue incisioni: in una si legge–(firma) 1565- nell'altra - “A difrebaro 1567”-. Fra le dateesistenti alcune sembrano piùimportanti delle altre alla lucedi quanto detto a propositodella nascita di questa chiesa.La data ufficiale di fonda-

zione è, come detto e come ri-portato dai citati B. Braccio eG. C. Infantino, il 1549; aquesta data si è attenuta finoad ora la storiografia. Sul mu-ro sinistro della scala (primotratto subito dopo la porta diaccesso) si trova inciso piùvolte il millesimo -1542 - ; inun caso, quello più evidente,perché il meglio inciso e leg-gibile, subito sotto il -1542- eprobabilmente ad esso colle-gabile, è l'iscrizione “Die pri-mo mai” ovvero “primo diMaggio”; sempre -1542- ap-pare poco al di sopra, inciso(con minore profondità) conle cifre 5 e 4 scritte al contra-rio; poi ancora più piccolo -1547-.Rispetto alla questione del-

la datazione della chiesa sesolo queste date fossero ulte-riormente verificate obbli-gherebbero ad anticipare lacostruzione di Santa Croce dialmeno 7 anni facendola risa-lire quindi almeno al 1542.

Una firma, una scala e il campanile

I segretidella sagrestia

Fabio A. GRASSO

L’artedi costruire

la città

Lecce,la chiesa

di Santa Croce

con quanto ricordato da Ber-nardino Braccio (Cronache diLecce, a cura di A. Laporta,Lecce 1991, pag. 17) ovveroche “...si diede principio allanuova fabbrica del Real Mo-nastero...” nel 1549 e l'archi-tetto fu Gabriele Riccardo; G.C. Infantino, in particolare,riferisce di un riassunto deldocumento trecentesco dellafondazione del primitivoconvento celestino in un attonotarile del 25 febbraio 1549(il documento non è reperibi-le) all'epoca della rifondazio-ne della nuova chiesa, l'attua-le.Benedetto Vetere (“Civi-

tas” e “Urbs” in Storia di Lec-ce dai Bizantini agli Arago-nesi, Bari 1993, pagg. 194-195) segnala la trascrizionecinquecentesca (31 dicembre1548) del documento (1352)di fondazione e in più, tra lealtre cose, che nel 1353 l'allo-ra Vescovo di Lecce Robertoconcedeva ai frati celestini lachiesa di Santa Croce vicinaalla chiesa di quel conventodi nuova fondazione.La storia del convento ce-

lestino si intreccia in modosingolare con quella del ca-stello di Lecce. La primitivachiesa, infatti, era in prossi-mità del castello e quando fudeciso di ricostruire la fortez-za, si rese necessario l'abbat-timento del convento (il cita-to B. Braccio ricorda che fulo stesso imperatore ad ordi-narne la distruzione).Questi, ifatti, le date, gli artisti, alme-no i principali.

La ricercaL'Arcidiocesi di Lecce, co-

me noto, è da tempo impe-gnata nella valorizzazionedelle opere d'arte sacra; ciòpassa anche attraverso un do-veroso studio storico (ricercae disegno) tanto più necessa-rio quando ci si confronta conun edificio importante stori-camente come la chiesa diSanta Croce oggetto proprioin questo periodo, tra le altrecose, di un intervento di re-stauro a cura della Soprinten-denza ai Beni Architettonicidi Lecce.Piuttosto che elencare le

domande storico-architettoni-

che nate dalla lettura della va-sta bibliografia sull'argomen-to sembra molto più efficacee diretto dire che tutte gravi-tavano attorno ad un ambien-te in particolare della chiesa:l'attuale sagrestia. In questocaso si è proceduto eseguen-do personalmente un seppureparziale rilievo architettonicoma anche usando e verifican-do tre rilievi metrici del con-vento e della chiesa di cui unodella Provincia di Lecce (da-tato 1989), gli altri due pub-blicati in: Santa Croce a Lec-ce / Storia e Restauri, a curadi A. Cassiano e V. Cazzato,Galatina 1997, pagg. 251,258, 264-265, 278-280; Ba-rocco leccese, M.M. Elia, Mi-lano 1996, pagg. 34-35. Va detto inoltre che le os-

servazioni contenute in que-sto scritto e la ricerca, più ingenerale, sono state possibiligrazie alla collaborazione delPrefetto di Lecce, Dott.ssaGiuliana Perrotta e del Presi-dente della Provincia di Lec-ce, Dott. Antonio Gabellone.

La data, le date, Continua nella pagina successiva

Page 2: Santa Croce , Lecce

Le pareti della scala accessibile dall'attuale sagrestia di SantaCroce sono piene di incisioni di diverso genere.

Fra tutte una sembra molto significativa quella che riporta: “Io mastro Cesare Penna 1631”

Fonti e fontiAvere trovato il millesimo -1542- pone

evidentemente un problema anche rispettoa tutte le fonti usate fino ad ora per la rico-struzione della storia della chiesa di SantaCroce e con essa di quella del castello.

E' altrettanto evidente che in questo ca-so non si ha l'obiettivo di ricostruire la sto-ria della fortezza leccese (di fatto qui inte-ressa, più in generale, porre delle domande,ricostruire scenari possibili e, più in parti-colare, capire invece, l'epoca di costruzionedel bastione di Santa Croce perché quellopiù intimamente legato alla costruzionedella nuova chiesa celestina con lo stessotitolo). Se da un lato la cautela porta a con-siderare quel millesimo alla stregua di unindizio è anche vero che le fonti considera-te dalla storiografia non consentono di fis-sare l'anno di inizio della costruzione dichiesa e castello al di là di ogni ragionevoledubbio. Nel Notiziario o Parte d'Istoria diLecce di Bernardino Braccio leccese (inCronache di Lecce, op. cit., pag.16) la vi-cenda ricostruttiva più recente del castellocomincia nel 1532 ed è così ricordata: “...Inquesto anno venne in Lecce il generale La-rione Spagnolo e gli piacque assai, per loche due cittadini lo persuasero che la do-vesse far forte alla moderna e perciò co-mandò che il Castello si faccia fortissimo edi nuovo; perciò s'incominciò la detta fab-brica con molta sollecitudine coll'idea difarsi il più forte castello d'Italia con due tor-rioni ed il doppio più grande...”.

Si ricordi poi anche una nota relazione,datata 14 marzo 1536, e redatta da JuanSarmientos (in Lecce / e il suo Castello, op.cit., pagg. 41, 60) che lascia intendere (peril castello) a questa data una situazione co-struttiva in itinere.

Lo stesso B. Braccio ricorda, inoltre, ri-ferito al 1537, l'ordine imperiale di rico-struzione del castello.

Nella storia della fortezza leccese glistudiosi considerano un punto crucialequanto contenuto nel privilegio (a firmadell'imperatore Carlo V) della Castellaniadi Lecce ad Alvaro di Bravamonte (trascrit-to in Apologia Paradossica della città diLecce, Iacopo Antonio Ferrari, Lecce1728, pagg. 778-779); la storia del nuovoattuale castello verrebbe fatta iniziare pro-prio a partire da questo documento, datato1 aprile 1539, accettando inoltre come pre-supposto, sempre su questa base documen-taria, che si sia abbattuto completamente ilvecchio castello prima di realizzare il nuo-vo. Nel privilegio, infatti, si scrive di unacostruzione “a fundamentis” ma in realtànel nuovo castello molte parti del vecchiofurono mantenute e trasformate. Questa di-

già dopo l'ordine imperiale del 1539 i mo-naci celestini abbiano cominciato a costrui-re il nuovo convento lasciando il vecchio inpiedi più o meno parzialmente fino al1549; quella del 25 febbraio 1549 (ricor-data da G. C. Infantino), pertanto, potrebbeessere stata la presa di possesso del nuovocomplesso conventuale costruito a questadata, in realtà, solo in parte visto che sullafacciata principale della chiesa compare ladata -1582-.

Questa seconda ipotesi sarebbe compa-tibile con quel -1542- trovato inciso nellascala della attuale sagrestia di Santa Croce.

Ad arricchire questa vicenda si aggiun-ge un altro evento storico: quello della cac-ciata degli Ebrei dal Regno di Napoli.L'espulsione cominciata nel 1510 ebbe unaaccelerazione nel 1540-41 quando avven-ne il loro definitivo allontanamento dallaPuglia e da tutto il Regno di Napoli. Lanuova chiesa di Santa Croce sorge conbuona approssimazione proprio nell'areaun tempo occupata dalla giudecca.

Le note fonti storiche qui citate non mipare (a meno di qualche discrepanza relati-va agli anni e ai nomi dei personaggi) sianoin contraddizione tra di loro, probabilmen-te ognuna di esse racconta una parte di veri-tà. Mancano in ogni caso ulteriori dati chepossano in senso stretto confermare, smen-tire o precisare meglio quanto affermato daB. Braccio e G. C. Infantino a propositodella costruzione della chiesa di Santa Cro-ce in particolare.

Attualmente sono in corso degli studisul castello leccese, come comunicatomidall'arch. Luigi Oliva, motivo per cui nonc'è che da attenderne la conclusione al finedi avere risposte, conferme e smentite alledomande e ipotesi nate attorno a queste vi-cende architettoniche.

La firmaCome accennato le pareti della scala ac-

cessibile dall'attuale sagrestia sono piene diincisioni di diverso genere.

Fra tutte una sembra molto significativaovvero quella che riporta: “Io mastro Ce-sare Penna 1631”. Cesare Penna, uno deimaggiori scultori del Barocco leccese, nel1646 scolpì la parte superiore della facciataproprio di Santa Croce e nel 1637 realizzòpure l'altare della Santa Croce nella paretedi fondo del transetto destro della stessachiesa. Entrambe queste opere recano inci-so il nome dello scultore ma a caratteri ca-pitali.

Quello trovato nella scala sarebbe unodei pochi se non addirittura l'unico autogra-fo oggi conosciuto di questo celebre artista.

17domenica 4 agosto 2013 PaginePaginePaginePaginePaginePagineilPaesenuovowww.ilpaesenuovo.it

ilPaesenuovoPagine di cronache, culture e riflessione politica

scontinuità fra documento e realtà dei fatticonsente di non escludere per via teorica apriori che gli interventi progettati e realiz-zati dal 1532 in poi siano stati di fatto ri-pensati e forse addirittura proseguiti dopoil 1 Aprile 1539 (anche solo come dise-gno). Indizio in tal senso potrebbe esserequanto è nel noto rendiconto del 1544-45(Lecce / e il suo Castello, Vittorio Zacchi-no, Lecce 1993, pagg. 55-57) dove si fa ri-ferimento ad uno “spuntone vecchio” daidentificarsi, plausibilmente, con uno deidue esterni (il primo detto di San Martino,l'altro San Giacomo) rivolti un tempo versola campagna.

Non è nota la fonte delle informazionidi B. Braccio ma potrebbe essere un “con-temporaneo” ai fatti narrati (Cronache diLecce, op. cit., pag. xi); G. C. Infantino, alcontrario, e ciò lo renderebbe più attendibi-le (non si può escludere, però, che questiabbia attinto informazioni dallo stesso B.Braccio), dichiara di avere consultato l'ar-chivio del monastero; egli riporta infatti:“...Il tutto appare _ dal medesimo Instro-mento originale che si conserva nell'_Ar-chivio di detto Monastero, (a) il quale In-stromento poi _ originale per esser dell'an-tichità roso, e consumato; fu _ nel tempodella fondatione della nuova Chiesa, e Mo-na _ stero a 25 Febraro 1549 reassunto....”;e poi ancora “...Nell'anno finalmente 1549.Volendosi fortificare il _ Castello di Leccein tempo dell'invitissimo Imperador _ Car-lo V fu necessario spianare, e cedere il det-to loro _ Monastero, e Chiesa....”.

Un aspetto appare, al momento, piùlimpido degli altri: il 1539 sembrerebbe es-sere, per la nuova chiesa di Santa Croceprima ancora che per il castello, il più pro-babile punto di inizio della sua storia rico-struttiva.

Fonti e ipotesiIl 1549 anno indicato da B. Braccio e

G.C. Infantino, potrebbe essere relativo (equesta è una prima ipotesi) anche solo allacostruzione di quella parte del castello oc-cupata dal vecchio convento e dalla chiesa

primitiva di Santa Croce (quella del 1353che probabilmente diede il nome al bastio-ne omonimo, il destro entrando nel castellodalla porta verso la città) peraltro quest'ulti-ma non interamente abbattuta perché G.C.Infantino scrive “...della quale (questa pri-ma chiesa di Santa Croce, n.d.r.) fino _ adhoggi se ne veggono le vestigia dentro ilCastello _ medesimo...”.

Certo è che fa riflettere (soprattutto perquello che non dice) una relazione del Vi-cerè Don Pedro da Toledo datata 1541(Lecce / e il suo Castello, op. cit., pagg. 60)dove si descrive un ben munito castello diLecce non facendo riferimento alcuno allanecessità di lavori di fortificazione o a unasua inadeguatezza difensiva. E fa riflettereanche un altro documento, quello del 10settembre 1545 (in Lecce / e il suo Castel-lo, op. cit., pagg. 61, 136 nota 10) in cui siriportano le spese sostenute per il munizio-namento “...del regio castello di leccie loanno tertio...”. Ciò potrebbe essere un ulte-riore elemento indicativo del fatto che al1542 il sistema difensivo esterno (costitui-to da cortine e bastioni o spuntoni come so-no chiamati nel documento del 1544-45)fosse quantomeno già iniziato e a un buonpunto di realizzazione. Tutti i tasselli diquesto puzzle storico - costruttivo si mon-terebbero ancora meglio in un sistemaplausibile se, all'epoca della citata relazio-ne di Don Pedro da Toledo, la fortezza fos-se stata già costruita (a meno di rifiniture)nella sua parte primaria (bastioni e cortine),ovvero proprio quella parte su cui si po-trebbe essere concentrata l'attenzione delVicerè.

A ben vedere tale seconda ipotesi soddi-sferebbe anche quanto è nell'ordine impe-riale del 1539 ovvero quello di una rico-struzione ex novo del castello. In questocontesto, quindi, la data del 1549, potrebbeessere relativa al solo sbancamento del-l'area (occupata dal vecchio convento cele-stino) in prossimità del bastione di SantaCroce. Nulla al momento impedisce poi dipensare, in quanto il vecchio convento do-veva perentoriamente essere abbattuto, che Continua nella pagina successiva

Segue dalla pagina precedente

La firma di Cesare Penna incisa sul muro riproposta sopra in negativo

Page 3: Santa Croce , Lecce

Il campanile.... Nel pur vasta bibliografia sulla chiesa

di Santa Croce un aspetto sembrerebbenon essere stato affrontato in modo esau-stivo, forse, addirittura mai: quello delcampanile.Gabriele Riccardo (o altro architetto

nel Cinquecento), progettista della chiesacome ricordato da G. C. Infantino, pensò edisegnò anche il campanile? Fu realizzato?Dove era collocato? A dire il vero neanche una ricerca ico-

nografica aiuta a questo proposito vistoche le immagini storiche relative più omeno direttamente alla chiesa celestinanon segnalano in modo certo l'esistenza diuna torre campanaria. Si deve ovviamenteescludere l'ipotesi che non esistesse unastruttura destinata a tale funzione. L'attua-le campanile, posto immediatamente a ri-dosso del lato destro della facciata princi-pale è opera più recente (ASLe, Provinciadi Terra d'Otranto, Parte II, Classe I, aa.1858-61, Busta 3, Fasc. 6; cm. 54x38,7;disegno su carta, china nera, matita, inrosso e giallo gli interventi edilizi).

Fra gli ambienti del complesso con-ventuale, uno sembra più interessante de-gli altri a questo proposito: l'attuale sagre-stia. Posta sul lato destro della chiesa nel-l'angolo esterno formato dal coro e dallacappella attualmente dedicata alla S.maTrinità, la sagrestia è accessibile: (1) dalcoro della chiesa, attraverso l'altare su cuisono tre stemmi: due della famiglia Ador-no (nei pennacchi), un terzo centrale (po-sto sulla trabeazione) con le insegne Lof-fredo – Spinelli (probabilmente riferibilea Francesco Loffredo) e Adorno; (2) da uncorridoio semianulare che gira esterna-mente attorno alla metà destra dell'abside;(3) da un altro corridoio, infine, che co-steggia la parete esterna del transetto de-stro e conduce agli attuali uffici parroc-chiali.In questa analisi sono stati usati e veri-

ficati tre diversi rilievi metrici pubblicatinel corso di questi anni ottenendo risultatifra loro non eccessivamente difformi senon per ragioni grafiche; ciò ha consentitodi utilizzarli là dove non è stato possibileeseguirne di nuovi. L'asse longitudinaledella chiesa si discosta di pochi gradi dalladirezione Est – Ovest; lungo questa dire-zione la sagrestia attuale, di forma rettan-golare, ha una dimensione pari a circa cm.445; lungo l'altra (Nord – Sud) cm. 568circa. Il primo dato che emerge dall'inda-gine (metrica e storica) è che le condizionidi accesso all'attuale sagrestia sono cam-biate nel corso del tempo.La porta attuale, quella nell'ex altare

degli Adorno – Loffredo, come noto, nonesisteva. Il primo ingresso (con una scalanon più esistente) coinciderebbe con il va-no di porta (2) che si apre verso il corrido-io semianualare; l'altro accesso avvenivadalla chiesa e probabilmente attraversouna porta (oggi murata) collocata imme-diatamente a sinistra dell'altare Adorno –Loffredo. L'aspetto interessante è chequest'ultima porta (larghezza cm. 105 cir-ca) ha la sua simmetrica (rispetto all'asselongitudinale della chiesa) sul lato oppo-sto del coro. La seconda porta pure mura-ta, caratterizzata (come l'altra simmetrica)da un arco di scarico costituito da più con-ci ben sagomati (al fine di alleggerire lasottostante architrave pure in pietra lecce-se ) immetteva in una stanza (posta allespalle dell'altare di san Francesco di Pao-la) oggi accessibile dal chiostro e soppal-cata. Le due porte murate nel coro sonoimmediatamente a ridosso dei pilastri del-l'arco di trionfo.L'ipotesi che quelle citate siano state

delle porte potrebbe essere ulteriormenteconfermata dal fatto che ognuna di esse,all'interno della chiesa, è affiancata daquelle che sembrerebbero essere state del-le acquasantiere. Tra le altre cose, nella sa-

nella penultima rampa della prima scalaesistono una finestra murata e quella chedoveva forse essere inizialmente una por-ta poi trasformata in finestra. Queste fine-stra e porta, non segnalate nei rilievi me-trici considerati, si affacciavano proprioverso il vano della stessa sagrestia lascian-do supporre su quel lato un esterno.Verrebbe, quindi, da ipotizzare, sulla

base di quando fino ad ora rilevato, di es-sere in presenza di un campanile comin-ciato a costruire e mai portato a termineper non note ragioni. Sulle pareti dellastessa scala si sono rilevate incisioni raffi-guranti probabilmente la stella di David;troppo poco, però, per dire che la scalafosse parte di un edificio preesistente allastessa chiesa.

Le finestre dell'absideNel piccolo cortile della Prefettura di

Lecce oltre che, come detto, i probabili re-sti del campanile della chiesa di SantaCroce è visibile anche una parte, circa lametà, dell'abside e, di quest'ultimo, in par-ticolare, alcuni dei suoi finestroni: due alpiano inferiore e i due corrispondenti su-periori. I due (inferiore e superiore) postilà dove l'abside diviene tangente con l'edi-ficio della Prefettura sono murati integral-mente; i due contigui alle mura del “cam-panile” completamente svuotati. Analiz-zando i resti e soprattutto le tracce di mu-ratura scalpellata presenti nei due fine-stroni non murati (nonché i punti di giun-tura e ciò che si intuisce sotto la tinteggia-tura delle murature) è possibile, seppure almomento solo qualitativamente (per ra-gioni di sicurezza si è rinviato il rilievo di-retto di questa parte), ricostruire quale erail loro aspetto originario. I finestroni delprimo ordine avevano una schermaturalapidea costituita nella parte bassa da unatrifora con due colonnette centrali e duesemicolonnette laterali (tutte dal fusto li-scio) addossate ai muri del finestrone; talicolonnette sono sormontate e collegate traloro da archetti fra i quali, a colmare lospazio mistilineo di ogni pennacchio, èun motivo decorativo costituito da un fio-re che “sostiene” una sporgenza del para-petto superiore. Fra l'abaco e l'echino delcapitello di colonne e semicolonne, sullediagonali degli angoli, sporgono delle fo-glie che si piegano all'esterno su se stesseabbracciando l'echino. Alla prima trifora,sormontata da un parapetto, se ne soprap-pone una seconda simile seguita a sua vol-ta in altezza da un altro parapetto. Questodoppio ordine di trifore arriva sino all'im-posta dell'arco con cui si chiude ogni fine-strone. I parapetti, i cui risalti (come fos-sero basse paraste) sono posti in asse conle colonnette, sono delimitati sopra e sottoda una cornice modanata e spezzata incorrispondenza dei risalti; le specchiature,corrispondenti ai vuoti fra le colonnette,avrebbero avuto una decorazione a cerchi.La parte centinata delle finestre a pian ter-reno, all'interno, aveva una caratteristicadecorazione costituita da archi di cerchioappiattiti che si proiettano (alcune partisono ancora visibili) verso l'interno del-l'intradosso della finestra stessa; questo ti-po di decorazione è simile a quella presen-te sul timpano triangolare che sormontal'altare Adorno-Loffredo già qui ricorda-to. Al secondo piano vi erano delle biforesimili a quelle presenti in numerose archi-tetture rinascimentali: la parte centinataaveva due archi poggianti su una colon-netta centrale e due semicolonnette latera-li sporgenti dai muri perimetrali del vanofinestra; al di sopra dei due archetti, alcentro, un cerchio tangente ai due archettisottostanti ed alla centina della finestra(questo schema sembrerebbe ripetersi an-che nella parte più interna della stessa fi-nestra).

Fabio A. [email protected]

18domenica 4 agosto 2013 PaginePaginePaginePaginePaginePagineilPaesenuovowww.ilpaesenuovo.it

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grestia attuale, in corrispondenza dellaporta murata, esiste un vano strombatoche attraversa in quel punto tutto lo spes-sore del muro.Un primo interessante indizio relativo

al fatto che si possa essere in presenza diuna “torre campanaria” proviene dallospessore dei muri perimetrali di questa“sagrestia”: lo si è potuto misurare diretta-mente in corrispondenza dell'altare degliAdorno – Loffredo (cm. 236 circa) e delvano di porta (2) (cm. 330 circa); per glialtri due lati (valutati indirettamente attra-verso i tre rilievi metrici detti) lo spessoresi manterrebbe pari a circa cm. 330. Taliconsiderevoli dimensioni sono confronta-bili con quelle delle mura urbiche oppure,e meglio ancora, con quelle del campaniledella cattedrale leccese (costruito fra il1661 ed il 1682 con una tecnologia edili-zia peraltro non dissimile da quella che imastri costruttori avevano adottato circaun secolo prima anche nella costruzionedi Santa Croce).Un secondo indizio è venuto dall'inda-

gine del muro che si affaccia sul piccolocortile oggi di pertinenza della Prefetturadi Lecce. La parte inferiore verso questocortile è caratterizzata da un ampio basa-mento con grandi cornici modanate sulquale è un secondo piano dove sono visi-bili i resti di una grande finestra centinata“inquadrata” oggi da una sola semicolon-na. Alla parte cinquecentesca si è aggiuntasuperiormente una superfetazione ediliziarealizzata in tempi recenti. Il basamentocui si accennava ha una lunghezza di latodi cm. 800 circa.Se si considerassero gli effettivi spes-

sori murari sarebbe facile ipotizzare chequesta struttura a muri spessi, come detto,avrebbe un lato esterno confrontabile conquello del campanile della cattedrale lec-cese che è pari a cm. 930 (il lato versoPiazza Duomo). Sulla base di questi datisembra quindi probabile che l'attuale sa-grestia di Santa Croce era di fatto il vanoinferiore del campanile che, date le di-mensioni murarie rilevate alla base,avrebbe potuto raggiungere dimensioniconfrontabili con i m. 73 del campaniledella locale cattedrale. Un ulteriore elemento di riflessione a

proposito della nascita di questa che pos-

siamo plausibilmente pensare come “tor-re campanaria” viene dallo studio dellamuratura. Il muro perimetrale del “cam-panile” verso l'adiacente cortile si unisce aquello dell'abside della chiesa sovrappo-nendosi alla fascia modanata sinistra delledue finestre (l'una inferiore e l'altra supe-riore) a ridosso dell'angolo. Nei tratti me-glio leggibili (in molte parti la tinteggiatu-ra impedisce una analisi di dettaglio) dellalinea di contatto dei due muri si è osserva-to che in corrispondenza della finestra an-golare inferiore i due muri si affiancanoma non si intersecano (come sarebbe piùnaturale se fossero stati costruiti contem-poraneamente) cosa che, invece, accadein prossimità della finestra sempre ango-lare del secondo ordine. Si potrebbe esse-re in presenza, quindi, di una aggiunta o imeglio di una modifica in corso d'opera.

...e una scala davvero genialeCoerente con l'ipotesi del “campanile”

sarebbe un altro elemento: la scala acces-sibile dall'attuale sagrestia dove si è ritro-vato l'autografo di Cesare Penna.Durante l'indagine diretta è emersa

un'altra scala (anche questa interrotta) chenon compare nei tre rilievi qui presi inesame e realizzati da altri studiosi.Questa seconda scala è, per dimensio-

ni, simile alla prima e con questa sembre-rebbe formare una doppia scala tale cioèda consentire a due persone di salire escendere senza incontrasi (come le rampedel più celebre pozzo di san Patrizio a Or-vieto – costruito su progetto di Antonio daSangallo il Giovane nel periodo 1527-37oppure, nel secolo scorso, come alcunescale usate da Adalberto Libera nel palaz-zo dei Congressi a Roma).Questa soluzione funzionalmente effi-

cace, sarebbe tornata particolarmente uti-le anche (o forse, a maggior ragione) in uncampanile e soprattutto durante la fasedella sua costruzione. Le due scale eranoaccessibili da due porte distinte disposteagli angoli dello stesso lato della sagrestiaattuale; di queste due porte ne è rimastasolo una, l'altra sarebbe stata distrutta(unitamente almeno ai primi tre gradinidella seconda scala) quando fu aperto ilcorridoio che collega sagrestia e ufficiparrocchiali attuali. Segnalo, infine, che

Fine

[Segue dalla pagina precedente]

Particolare di una

delle finestre dell'abside

di Santa Croce