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Roma. Noi mangiamo Carne, anche una buon fetta di Prosciutto Dop, un assag- gio di ottimo Culatello Dop, una fetta di un buon Salame lgp, due fette di otti- ma Bresaola lgp, e non ci facciamo mancare neanche un fragrante panino con la mitica e gustosa Mortadel- la Bologna lgp ..

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Page 1: Roma. Noi mangiamo Carne, anche una buon fetta di ......me tra una dieta che comprende proteine animali e il cancro. Alter mine di queste ricerche le carni lavorate (hot dog, carni

Roma. Noi mangiamo Carne, anche una buon fetta di Prosciutto Dop, un assag­gio di ottimo Culatello Dop, una fetta di un buon Salame lgp, due fette di otti­

ma Bresaola lgp, e non ci facciamo mancare neanche un fragrante panino con la mitica e gustosa Mortadel­

la Bologna lgp ..

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"Carni rosse come l'amianto", il grande scivolone dello larc-Oms 01 RoLANoo G1usr1

La notizia, uscita da una fonte autorevole come lo larc-Oms, organizzazione mondiale della sanità, ha creato falsi allarmismi, in parte rientrati da un nuovo documento pubblicato dalla stessa agenzia di Ginevra per fare maggiore chiarezza.

CARNI Sostenibili

liJI ama. Ha sollevato un au­llJ tentico polverone l'ultima "bomba" sparata dallo larc-Oms, Organizzazione Mondiale della Sa­nità, che ha fine ottobre ha dichia­rato nero su bianco che le carni rosse lavorate di suino (dalle sal­sicce ai salami, passando perfino per i prosciutti, tanto per intender­si) sono cancerogene, al pari di fu­mo, amianto e benzene. Appena di un gradino sotto stanno le altre carni rosse, trattate alla stregua di sostanze altamente inquinanti. La raccomandazione, come con­tromossa per arginare il "perico­lo" della carne rossa, è quello di continuare con la dieta mediterra­nea. Ma bene centra il problema il quotidiano Libero, che parlando della posizione assunta dallo larc­Oms scrive: "Ma forse a loro (cioè allo larc-Oms) sfugge che i due pa­esi principe della dieta mediterra­nea sono anche i più forti consu­matori di prosciutto crudo: gli spa­gnoli ne mangiano dieci chili a te­sta all'anno e ne producono 40 milioni di pezzi, noi circa la me-

tà. Ma anche i francesi non scher­zano. Stavolta lo larc-Oms rischia di fare la figura di coloro che vole­vano mettere il semaforo agli ali­menti: il Parmigiano Reggiano me­ritava il bollino rosso, mentre una qualsiasi schifezza gassata il bol­lino verde. E anche n non si capi­va se l'interesse fosse per la sa­lute o per il commercio. La verità - prosegue Libero - è che si sta cercando di definire un modello di alimentazione mondiale omologa­ta (vedremo come saranno i nego­ziati Ttip) senza tenere conto del­le specificità, del valore culturale del cibo, ma anche di come cer­ti alimenti sono preparati e confe­zionati. Strizzando l'occhio a cul­ture che vedono i salumi come la peste o a certe tentazioni mondia­liste, a cui l'Europa supina s'acco­da, per cui meglio allevare termiti evitando il buco nell'ozono dovuto (forse) alle "puzze" delle vacche che difendere modelli gastronomi­ci occidentali. Sotto sotto c'è an­che una guerra commerciale: chi è padrone della fame è padrone del mondo. Ma è un fatto: più un paese esce dalla fame, più chie­de carne. Successe anche agli ita­liani: passati da 7 chili alla fine degli anni '50 ai circa 70 di og­gi. È indubbio che gli americani, che mangiano 125 chili di carne di manzo a cranio, e gli australia­ni, che ne mangiano 120, esage­rano. Ma è altrettanto indubbio che un conto è un prodotto affu­micato dove il pericolo si nascon­de più nel fumo che nel maiale, un altro conto è un prosciutto cru­do appena salato. Un conto certi prodotti anglosassoni, un altro so­no i nostri insaccati. Una cosa è

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Carmine Pinto. prc idcntc dcllf\ssociazionc Italiana di Oncologia Medica (1\iom).

il grasso industriale, un'altra è la mortadella che è cotta a vapore e ottenuta da maiali magri. È peral­tro provato che nei maiali bradi -soprattutto quelli neri - usati nel­la produzione dei migliori prosciut­ti e salumi italiani, è presente una quantità importante di grasso li­noleico: il famoso omega 6 che si trova nella frutta secca, nell'olio d'oliva, capisaldi della dieta medi­terranea. Viene da chiedersi se la preoccupazione sia più di ordine sanitario o geopolitico con incen­tivo economico. Una spia sta nel fatto che gli oncologi italiani non s'accodano all'allarme. Carmine Pinto, presidente dell'Associazio­ne Italiana di Oncologia Medica (Aiom) afferma: «È la conferma di dati che conoscevamo. Per quan­to riguarda le carni rosse è una questione di modalità e di quan­tità». Prescrizione empirica alla quale gli italiani - il popolo con la più alta aspettativa di vita in Eu­ropa e terzo nel mondo con una media di 84,6 anni per le donne e 79,8 anni per gli uomini paio­no attenersi, visto che mangiano in media 2 volte la settimana 100 grammi di carne rossa e solo 25 grammi al giorno di carne trasfor­mata: cioè la metà della soglia ri­tenuta dannosa dallo larc-Oms. l dati di mercato stanno a dimo­strarlo: nel 2014 gli italiani han­no consumato in media (conside­rate anche le parti di scarto degli

animali) 38,3 chili di suino (salu­mi compresi), circa 20 di bovino e 19 di pollame. Oggi mangiamo più maiale che manzo (anche per­ché costa meno) e i salumi sono aumentati in quantità e in quali­tà nutrizionali; l'etichettatura del­le carni, con le descrizioni previ­ste dal legislatore, stanno ad in­dicare la salubrità dei prodotti. È inevitabile che i consumatori si ri­trovino confusi, quando l'awerti­mento viene da una fonte qualifi­cata: lo larc-Oms e in particolare la sua agenzia per la ricerca sul cancro (larc). Il rapporto sareb­be stato stilato sulla base di cir­ca 800 studi per verificare il lega­me tra una dieta che comprende proteine animali e il cancro. Alter­mine di queste ricerche le carni lavorate (hot dog, carni in scato­la, prosciutto per citare gli esempi impiegati) sono state inserite nel Gruppo 1, la stessa categoria di ri­schio di alcol, fumo, benzene, naf­talina, e farmaci come la ciclospo­rina. Il tutto mettendo in relazio­ne queste sostanze direttamente con il cancro del colon retto. La carne rossa, nella cui categoria lo larc-Oms inserisce anche il maia-

le, è nel Gruppo 2A con connes­sioni ipotizzate con il tumore del colon retto, del pancreas e della prostata. Fin qui le rivelazioni in­ternazionali che, però, vengono prese con cautela dagli oncologi. In particolare Carmine Pinto, pre­sidente dell'Associazione italiana oncologi (Aiom), secondo il quale il dito puntato contro gli insacca­ti dipende dalla presenza di nitrati e nitriti. «Ma si tratta- dice il me­dico -di studi vecchi, oggi questi conservanti tossici vengono usa­ti raramente». «Poi - insiste Pin­to- sulla carne rossa non c'è cer­tezza sugli studi epidemiologici. E, owiamente, dipende dalla quanti­tà. Non si può dire che la carne rossa fa male come il fumo. C'è un equilibrio che va mantenuto»".

PIÙ CHIAREZZA SULLA STORIA DELLA CARNE CANCEROGENA In questi ultimi giorni, a senti-re parlare alcuni sembra che chi mangia carne sia destinato ad una atroce morte precoce, per­ché la carne rossa e soprattutto gli insaccati, scrivono alcuni, so-no cancerocgeni come il fumo, l'a­mianto, il benzene e altre sostan- •

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... ze dall'effettiva tossicità. Ma al di là delle solite gare a chi fa più audience cavalcando l'argomento del momento (che oltre a creare una certa diffidenza in molte per­sone, dà vita a campagne canzo­natorie tipo #JeSuisWurstel e #Je­SuisCarneRossa), bisogna capire che cosa ha detto dawero l'Orga­nizzazione Mondiale dell Sanità. A fare un po' di chiarezza ci pensa un articolo de La Stampa, che ri­percorre un documento pubblica­to dalla stessa larc-Oms realizza­to proprio con l'intenzione di fare maggiore chiarezza.

QUELLO CHE SAPPIAMO DAVVERO SULLA STORIA DELLA CARNE CANCEROGENA Dobbiamo smettere di mangia­re le bistecche? Gli insaccati fan­no male come il tabacco? Doman­de e risposte per capire cosa di­ce l'Organizzazione mondiale del­la sanità. Dopo giorni di anticipazioni lo stu­dio dell'Organizzazione mondiale della Sanità sul consumo di car­ne rossa e carni lavorate è stato pubblicato e il responso è quello temuto: gli studiosi hanno riscon­trato un legame tra il consumo di questi tipi di carne e la comparsa di forme di cancro al colon - ret­to, ma anche al pancreas e alla prostata. Ma questo vuoi dire che la carne fa venire il cancro? Oltre

all'articolo, comparso su The Lan­cet Oncology e citato dai maggiori media del mondo, lo larc-Oms ha pubblicato anche un documento per fare maggiore chiarezza.

Quali sono le tipologie di carne incriminate? Sono le carni rosse e le carni la­vorate: con le prime si intendo­no manzo, vitello, maiale, agnel­lo, montone, cavallo, e capra; le seconde, invece, sono quelle trat­tate attraverso salatura, stagiona­tura, fermentazione e affumicazio­ne, come wurstel, prosciutto, sal­sicce e pancetta.

l due tipi di carne sono ugualmente dannosi? No. Il consumo di carni rosse è stato classificato come probabil­mente cancerogeno per gli umani (gruppo 2A), mentre quello di car­ni lavorate come cancerogeno per gli umani (gruppo 1). Per quan­to riguarda le carni rosse, lo larc­Oms sostiene di avere solo prove limitate del fatto che queste pos­sano causare il cancro e di non poter escludere che i casi di can­cro riscontrati siano in realtà lega­ti ad altri fattori.

La carne rossa fa male come il tabacco? No, la carne rossa è stata clas­sificata nel gruppo 2A, quello del-

le sostanze probabilmente cance­rogene. Il fumo, invece, è classifi­cato come cancerogeno (senza il probabilmente).

Ma allora la carne lavorata fa male come il tabacco? Neanche. Nonostante la carne la­vorata sia stata classificata nel gruppo 1, lo stesso in cui si tro­va anche il tabacco, questo non significa che le due sostanze sia­no ugualmente dannose. La clas­sificazione dello larc-Oms si limita a indicare come cancerogena una certa sostanza, senza esprimer­si su quanto sia dannosa o meno la stessa. Lo larc-Oms, in sostan­za non si esprime sul fatto che la carne lavorata sia più o meno can­cerogena del tabacco.

Quanti casi di cancro all'anno sono causati dal consumo di queste sostanze? Secondo le stime del Global Bur­den of Disease Project, spiega lo larc-Oms, circa 34 mila mor­ti per cancro seguivano una die­ta caratterizzata da un alto con­sumo di carni lavorate; in 50 mi­la casi, invece, la dieta era ricca di carni rosse. Per fare un confron­to con altre sostanze, secondo la stessa fonte sono un milione i ca­si di morti per cancro che fumava­no, 600 mila quelli che consuma­vano alcol e 200 mila quelli espo­sti a un alto tasso di inquinamen­to dell'aria.

È quantificabile il rischio connesso al consumo di queste carni? Secondo i dati dello larc-Oms, che è molto cauto su questo tipo di calcolo, il consumo quotidiano di 50 grammi di carni lavorate può aumentare del 18 per cento il ri­schio che compaia un cancro al colon-retto. Il consumo quotidiano di 100 grammi di carni rosse, in­vece, fa aumentare il rischio del 17 per cento.

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Dobbiamo smettere di mangiare carne?

No, lo larc-Oms non invita nessu­no a smettere di mangiare carne e sottolinea che sia la dieta vege­tariana sia quella che prevede il consumo di carne hanno vantag­gi per la salute, sebbene diversi.

Quanta carne devo mangiare per essere al sicuro?

Lo larc-Oms non ha dati a riguar­do, anche se ha riscontrato che i rischi aumentano con l'aumen­tare del consumo di carne (pro­prio come vale per le altre sostan­ze cancerogene o probabilmente cancerogene).

Ci sono tipi di cottura più rischiosi?

Una cottura ad alta temperatu­ra può dare forma a dei compo­sti che possono essere cancero­geni, anche se lo larc-Oms non ha ancora chiarito quale sia il ruolo effettivo di questi nella compar­sa del cancro. Quello che sappia­mo è che è più sicuro non cuoce­re la carne a contatto diretto con il fuoco o con una superfice roven­te (come nel caso del barbecue).

GIORGIO CALABRESE SUGLI ALLARMISMI IARC-OMS Il professar Giorgio Calabrese, do­cente di Dietologia alla Scuola di specializzazione delle Molinette di Torino, presidente del Comitato della Sicurezza nazionale del Mini­stero della Salute e noto scienzia­to dell'alimentazione, dà sul sito della Fondazione Campagna Ami­ca la sua opinione sugli allarmi­smi recentemente provocati dallo studio larc-Oms di cui si è tanto parlato negli ultimi giorni.

Salubrità della carne, il parere di un esperto Letto in maniera distorta, lo stu­dio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sul consumo di car­ne rossa rischia di creare un al-

Giorgio Calabrese, presidente del Comitato della Sicurezza nazionale del Ministero della Salute.

larmismo deleterio per un settore chiave del Made in ltaly a tavola, che conta 180.000 posti di lavo­ro e vale 32 miliardi di euro, un quinto dell'intero agroalimentare tricolore. Per avere il parere di un esperto, abbiamo contattato il professar Giorgio Calabrese - noto scien­ziato dell'alimentazione - secon­do cui «l'utilizzo moderato della carne è solo salutista; i proble­mi insorgono se c'è un abuso, co­me per ogni altro tipo di alimento. E noi italiani di certo non abusia­mo nei consumi di carne. Le stati­stiche indicano che consumiamo mediamente dai 70 ai 100 gram­mi di carne (sia rossa che bianca) 2 volte a settimana, più 25 gram-

mi di insaccati a settimana. Sia­mo sicuramente al di sotto del li­mite minimo, il problema è dei pa­esi anglosassoni in generale, la cui dieta prevede la carne, il ba­con e gli hot dog fin dal mattino. Loro sì che hanno un'incidenza doppia nelle casistiche di tumore al colon rettale. Semmai- specifi­ca Calabrese - può incidere mag­giormente sulla salute il modo in cui viene cucinata ... In ogni caso il nostro Paese, gra­zie al consumo della carne col­locato perfettamente all'interno Della dieta Mediterranea, ha il pri­mato di longevità, con 84,6 anni per le donne e i 79,8 anni per gli uomini. Le carni Made in ltaly so­no più sane, perché magre, non trattate con ormoni, a differenza di quelle americane, e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione che assicurano il be­nessere e la qualità dell'alimenta­zione degli animali. E per gli stes­si salumi si segue una prassi di lavorazione di tipo naturale a base di sale. Inoltre, al contrario di altri paesi, in Italia i controlli sugli alle­vamenti vengono disposti dal Mi­nistero della Sanità e non dal Mi­nistero dell'Agricoltura. Siamo il paese con maggiori garanzie sulla salubrità che, fra l'altro, hanno un costo molto elevato per gli alleva­

tori. •

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"Allarme esagerato, ed è sbagliato il paragone con il fumo" 01 RoLANDO GIUSTI

Operatori del settore e ricercatori criticano pesantemente le affermazioni dello larc-Oms.

IDI orna. Subito dopo l'allarme ID lanciato dallo larc-Oms sul­le carni rosse e lavorate, si sono scatenate le reazioni del mondo imprenditoriale del settore e di di­versi ricercatori. Giuseppe Villani da Castelnuovo Rangone (Mode­na}, amministratore delegato del colosso "Villani Salumi" e presi­dente del Consorzio del Prosciut­to San Daniele, ha dichiarato a "Il Resto del Carlino": «Questi studi hanno una platea mondiale e si basano su consumi medi di carne tipici del Nord America e del Nord Europa, dove già a colazione man­giano 100/200 grammi di salsic­cia. È quindi sbagliato lanciare al­larmi così generici, quando in Ita­lia consumiamo molta meno car­ne rispetto alle quantità indicate come potenzialmente rischiosa. Ma non è solo una questione di diverse abitudini alimentari; è do­veroso fare dei distinguo anche sulla qualità dei prodotti. In que­sti Paesi, infatti, i salumi sono pie­ni di additivi e conservanti, lo si

T

Giuseppe Villani. presidente del Con~orzio del Prosciutto San Dilniele

vede dai colori improponibili che hanno certi salami e prosciutti all'estero. Qui da noi, invece, c'è un'antica tradizione che in alcuni casi limita l'uso di conservanti a quantità infinitesimali, e che spes­so non li usa nemmeno, vedi i pro­dotti Dop. Sono il primo a dire che bisogna mangiare meno e meglio, e muoversi di più. Ma non si può estendere all'Italia l'esito di una ricerca fatta su persone per lo più in sovrappeso, che mangiano 3/4 volte la carne che mangia un ita­liano, e di qualità molto inferio­re". Sempre sul Resto del Carli­no prende posizione anche Davi­de Nini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Modena Dop, che dice: «C'è anche da dire che quel­la ricerca è basata su dati di con­sumo non recenti, che negli ulti­mi anni si sono modificati. Ed è comunque una questione di quan­tità e di qualità: in Italia mangia­mo in media la metà della carne rossa e dei salumi consumati al­trove. Se poi prendiamo il nostro prosciutto Dop, i suini sono nati e allevati in Italia, controllati a ogni step della filiera e alimentati con cereali. Aggiungiamo solo un pizzi-

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co di sale, per il resto non ci so­no altri conservanti o additivi. Vi­sto che siamo il secondo popolo più longevo al mondo, non andrei a variare più di tanto la nostra die­ta mediterranea, che prevede sì tante verdure, ma anche un po' di carne e salumi nostrani».

Davide Nini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Modena Dop.

Sulle colonne del quotidiano "Li­bero", invece, il professore Fran­cesco Cognetti, direttore del Di­partimento di oncologia medica dell'Istituto Nazionale Regina Ele­na dice: «Mangiare carne rossa non equivale a fumare ... lo vorrei innanzitutto che non si generas­se allarme. La notizia è una non notizia. Era noto che determinati alimenti potevano indurre un au­mento del rischio di cancro. Di­pende tutto dal volume di carne ingerita... È importante ricorre­re al buon senso. Bisogna privile­giare la dieta mediterranea. Dun­que variare e mangiare carne ros­sa per non più di due pasti a set­timana. Evitare poi le carni molto

f-rancesco Cognetti, direttore del Dipartimento di oncologia medica delllstituto Nazionale Regina Elena.

L'Oms è l'acronimo che identifica l'Organizzazio­

ne Mondiale della Sa­nità (in inglese diven­

ta il Who, World Health

Organization). Si trat­ta di un'agenzia specia­

le deii'Onu (Organizza­

zione delle Nazioni Uni-

Cos'è lo Oms

te), con sede a Ginevra,

fondata il 22 luglio 1946

e divenuta operativa il 7 aprile 1948. L'obiet­

tivo deii'Oms, così co­me precisato nella relati­

va costituzione, è il rag­

giungimento da parte di tutte le popolazioni del

livello più alto possibi­

le di salute, definita nel­

la medesima costituzio­

ne come condizione di completo benessere fi­

sico, mentale e sociale, e non soltanto come as­

senza di malattia o di in­

fermità. •

cotte e bruciacchiate. Le carni la­vorate come i salumi sono state inserite nel Gruppo 1. Ciò signifi­ca che vanno consumati con par­simonia. Un appello a usare il buon senso arriva anche da Giovanna Caderni, professore associato in Farmaco­logia e tossicologia all'Università di Firenze, che ha partecipato al­la stesura del rapporto larc-Oms sulle carni. In un'intervista al Cor­riere spiega la Caderni: «Non c'è motivo per scatenare un allarme che porti a dire addio a bistecche e prosciutti. Com'era già emerso in parte da studi precedenti, biso­gna usare moderazione, perché il rischio di tumore legato al consu­mo di carne è molto basso se pa­ragonato a quello di altri agenti cancerogeni, come il fumo di siga­retta, e aumenta in relazione alla quantità consumata". Sempre sul Corriere è intervenu­to anche Nicola Levoni, dal dicem­bre 2014 presidente di Assica, il quale rileva: «In Italia si consuma esattamente la metà della porzio­ne (di carni lavorate, n.d.r.) indi­cata come rischiosa. Quello dello larc-Oms è un rapporto troppo ge­nerico; non individua ad esempio lo stile e il consumo di carni in Ita­lia, che è molto diverso da quello di altri Paesi. •

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• Sul quotidiano "Il Giornale", infi­ne, è intervenuto invece tra gli al­tri il professar Giorgio Calabrese, esperto dietologo e nutrizionista, che ha dichiarato: «Sono esterre­fatto. Lo larc-Oms esagera, pub­blica notizie difformi dalla realtà. Non credo ai complotti, ma hanno elaborato un rapporto che si ba­sa su indicazioni di abitudini ali­mentari anglosassoni, in cui non

Nicola Levoni. dnl dicembre 2014 presidente diAssicn.

è contemplata la dieta mediterra­nea ...

IL PROSCIUTTO SAREBBE CANGEROGENO?! VERITÀ O DISINFORMAZIONE

Secondo l'lnternational Agency for Research on Cancer (larc) del­lo larc-Oms, le carni trasformate come wurstel, pancetta, prosciutti e salsicce sarebbero "canceroge­ne", e inserita quindi nel gruppo 1 delle sostanze che causano il cancro a pericolosità più alta, co­me il fumo e il benzene. Meno a rischio sarebbero invece le carni rosse non lavorate, inserite fra le "probabilmente cancerogene", os­sia nel gruppo 2A. A queste conclusioni, incredibi­li per i più ma non per me - di­ce Ettore Capri, docente di Chimi­ca Agraria Università Cattolica Sa­cro Cuore - la larc-Oms è arrivata grazie a un gruppo di lavoro di 22 esperti provenienti da 10 diverse nazioni. Ma dal mio punto di vi­sta c'è un problema: questi lavori non sono consolidati da una cor­retta informazione. E poiché non è la prima volta che questo acca­de, Oms e larc stanno a mio av­viso rischiando di perdere credi­bilità con l'intera comunità di sta­keholder. Oltre al considerare assurdo il mettere i salumi dentro lo stesso calderone di amianto o sigarette, mi chiedo infatti se qualcuno spie-

gherà ai consumatori come è pos­sibile classificare allo stesso mo­do (nel groppo 2°, appunto) la car­ne rossa e il glifosato, il più poten­te pesticida del pianeta. L'attuale informazione alimentare è ormai puro spettacolo e ci ven­gono proposte diagnosi e terapia basate su emozioni, sentimenti, interessi. Quante volte, inconsa­pevolmente, cambiamo comporta­menti alimentari e prendiamo de­cisioni raccolte in Internet o sen­tite alla televisione? O perché ap­punto un'Istituzione ritenuta ge­neralmente autorevole pubblica una ricerca che non può che fare notizia? E quanto epidemica e ve-

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loce è la trasmissione d'informa­zioni pros e cons la salute? Nei due recenti libri a cui ho con­tribuito, Marianna Lambiase par­la di "principio dei neuroni a spec­chio" e Antonia Carini parla di "li­bertà personale" nelle decisioni dei consumatori. Per chi studia come me le scienze agrarie, è or­mai un triste divertimento colle­zionare i paradossi scientifici con l'impressione di vivere in un mon­do di ubriachi che vivono in uno stato di ebbrezza qualunquista in­tellettuale. Proprio oggi a colazione ho intra­preso un interessante dialogo con un amico, anch'egli ubriaco, su tango e salute. Tablet tra le mani, ha esclamato: "Oddio mio, chi bal­la il tango prende il cancro!». lo gli chiedo, e perché? "Perché bevono il mate e il mate fa venire il can­cro, c'è scritto su Internet!». Sorrido e rifletto. Accendo "Etto­pedia" (mi chiamano così gli ami­ci e parenti vicini). È vero il ma­te è una bevanda calda, una ti­sana, particolarmente usata da­gli argentini e dai popoli del Sud America perché bevanda tradizio­nale, piacevole ed eccitante. Per contro il mate caldo è stato inseri­to dalla !are (Istituto internaziona­le sul cancro) nella lista dei pro­babili alimenti per l'uomo (catego­ria 2A). Alcuni ballerini di tango ne fanno uso per poter resistere alle lunghe giornate di lezione e ballo (le milonghe durano a lungo e so­no quasi sempre notturne). È vero anche che diversi studi epi­demiologici hanno evidenziato l'e­sistenza di una possibile associa­zione tra consumo di mate e inci­denza di tumori a carico del tratto gastro digestivo superiore. Que­sto però succede nel caso di un uso continuo di mate e, soprattut­to, se assunto in versione "bollen­te" (come per tutte le bevande a causa dello shock termico induco­no tumori all'esofago e al tratto superiore gastrico) ed in sogget-

ti già esposti ad altri fattori di ri­schio (fumo e l'alcool). Ma allora bisogna proprio esse­re ubriachi per pensare che sia il tango a portare il cancro e non il cattivo uso della bevanda asso­ciato a un cattivo stile di vita che, oltretutto, non riguarda solo i tan­gheri. Il quesito proposto dal mio ami­co è un buon esempio per riflet­tere sul significato di un modello di vita consapevole. Per analogia pensiamo alle nostre scelte ali­mentari. Ragionare in questo mo­do è sbagliato e ci porta a scel­te di vita che appartengono solo ai nostri "neuroni a specchio" ma non alle nostre esigenze di cresci­ta culturale, sociale e biologiche. Se avessimo agito ragionando in questo modo - cioè associando un danno ad un pericolo e non al contesto in cui il pericolo è con-

tenuto - ci saremmo estinti co­me specie umana molti anni or sono a causa delle insalate (per­ché contengono nitrati), delle car­ni (perché contengono grassi), dei derivati del latte (tossine biologi­che), del pesce (il metilmercurio), semplicemente perché ... non c'e­ra null'altro da mangiare! Tutto il mondo vegetale e anima­le del nostro pianeta è potenzial­mente tossico. È solo il modo di selezionarlo, coltivarlo, cucinarlo, trasformarlo e utilizzarlo secon­do una dieta corretta che lo rende non solo buono da mangiare, ma anche piacevole ed essenziale al­la nostra vita sociale. Non lasciamoci impressionare dallo spettacolo delle informazio­ni, conclude Ettore Capri, usiamo meglio i neuroni attraverso un mo­do razionale. Così facendo faremo scelte libere per dawero. •

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~8?.i?n.tç8 ~delle Carni e dei Salumi

In Italia il consumo di carne e salumi sono in perfetto equilibrio con la dieta mediterranea Gli italiani, il secondo popolo più longevo al mondo, seguono la Dieta Mediterranea, molto più equilibrata e sostenibile di quella della maggior parte dei Paesi considerati nella ricerca larc; le quantità consumate in Italia di carni rosse e salumi sono molto inferiori a quelle considerate nello studio larc (meno della metà); in Italia la qualità delle carni trasformate è ben diversa dalle produzioni nord europee; gli allevamenti italiani producono carni più magre e di migliore qualità rispetto a quella di allevamenti di altri Paesi.

Milano. Secondo lo larc, come pubblicato sulla rivista inglese Lancet Oncology, le carni rosse sono state in­serite nel gruppo 2A, cioè nel gruppo per il quale la correlazione tra un consumo eccessivo di carni ros­se e l'insorgenza di tumori al tratto intestinale è con­siderata "probabile". Le carni rosse trasformate, in­vece, sono state catalogate fra i cancerogeni appar­tenenti al gruppo 1. Le quantità indicate dallo studio (100 grammi al gior­no per la carne rossa e 50 grammi al giorno per quel-

.ASSOCARNI

la trasformata) come condizione per un au­mento comunque mo­desto del rischio sono molto più alte del con­sumo tipico del nostro Paese. Gli italiani mangiano in media 2 volte la setti­

mana 100 grammi di 1 Nicola Levoni presidentcAs~im carne rossa (e non tutti i giorni) e solo 25 gram­mi al giorno di carne tra­sformata. Il dato larc è quindi su­periore al doppio della media del consumo in Italia. Organismi pubblici, so­cietà mediche ed esper­ti nutrizionisti racco­mandano il consumo di tutti i gruppi di alimenti al fine di avere una dieta sana, varia ed equilibrata. Tra questi anche un moderato consumo di prodotti di carne. La carne e i salumi, spesso oggetto di pregiu­dizi, sono infatti alimenti che contribuiscono al per­fetto equilibrio nutrizionale garantito dalla Dieta Me­diterranea: rappresentano una buona fonte di protei­

ne e aminoacidi essenziali da consu­mare almeno due volte a settimana. l consumatori italiani non dovrebbe­ro quindi modificare le loro sane abi­tudini a causa delle anticipazioni del­lo studio larc. La stessa Aire italia­na, in riferimento a queste classifi­cazioni, specifica che "tali studi ven­gono eseguiti ad altissimi dosaggi o con durate d'esposizione molto lun­ghe, difficilmente replicabili nella vi­ta reale" e che "prima di preoccupar­si, è importante sapere non solo in che lista si trova una certa sostanza ma quali sono i dosaggi e le durate d'esposizione oltre le quali il rischio diventa reale e non solo teorico". www.airc.iVcancrojdisinformazionefcancerogeni-gruppo-1/

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Nel caso del rapporto larc-Oms è necessario sottoli­neare due elementi: il primo è che il rapporto è sta­to eseguito su scala globale, considerando quindi contesti alimentari molto diversi da quelli della Die­ta Mediterranea; il secondo è che gli animali alleva­ti in Italia non sono uguali a quelli allevati in altri Pa­esi o continenti. Proprio perché aderenti alla Dieta Mediterranea, gli italiani consumano mediamente meno carne e salu­mi dei loro vicini europei, e ancora meno rispetto ad americani (sia del sud che del nord) o australiani. Parlando della qualità, dei metodi di produzione, dei controlli e in generale delle caratteristiche della car­ne stessa, invece, ha poco senso paragonare il con­testo italiano a quello di altri Paesi. Nella ricerca della larc, sotto accusa finiscono so­prattutto il sale e i grassi. Risulta dunque necessa­rio precisare che le carni dei bovini allevati in Ita­lia presentano livelli di contenuto in grassi di gran lunga inferiore alla media dei paesi

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europei ed extraeuropei. Per quanto riguarda i salu­mi, invece, in Italia ci sono metodi di produzione e di stagionatura, affinati da secoli di tradizione, che po­co hanno a che fare con i prodotti trasformati ripor­tati nella ricerca. La monografia larc si riferisce insomma a dati pro­venienti da studi epidemiologici non recenti, peraltro noti da tempo, che tengono in poco conto le peculia­rità della produzione nazionale di carne rossa e salu­mi. È noto, infatti, che i fattori che rappresenterebbe­ro un rischio per la salute (presenza di grasso e ab­bondanza di additivi nei prodotti trasformati) non so­no certo propri della produzione italiana di carni bovi­ne e suine e dei prodotti di salumeria. Confidiamo non si crei un ingiustificato allarmismo che rischia di colpire uno dei settori chiave dell'agro­alimentare italiano. Il settore agroalimentare in Italia contribuisce a circa il 10/15 per cento del prodotto interno lordo annuo, con un valore complessivo pari a circa 180 miliardi di euro. Di questi, circa 30 miliar­di derivano dal settore delle carni e dei salumi, inclu­dendo sia la parte agricola che quella industriale. l settori considerati danno lavoro a circa 125.000 per­sone a cui va aggiunto l'indotto. Vi è ampia evidenza scientifica che dimostra i bene­fici del consumo di carne all'interno di una dieta sa­na. Carne e salumi sono una fonte essenziale di nu­trienti. Sono, in particolare, una fonte di proteine di alto valore biologico che contribuiscono ad aumenta­re e preservare la massa muscolare del corpo. So­no anche una grande fonte di aminoacidi essenzia­li, vitamine del gruppo 8 (81, 83, 86 e 812) e mine­rali come potassio, fosforo, ferro e zinco, che contri­buiscono alla funzione normale del sistema immu­nitario, per mantenere buon sviluppo cognitivo e la

buona funzione cardiaca. Pertanto, carne e salu­mi hanno un valore nutritivo molto importante,

~~' quasi insostituibile da tutti gli altri prodot­ti nella nostra dieta quotidiana.

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UNICEB larc e monografia sulla carne rossa e trasformata

Roma. La monografia dello larc sulla carne rossa e la carne trasformata la cui anticipazione è stata pubbli­cata sulla rivista scientifica Lancet Oncology deve es­sere interpretata correttamente onde evitare preve­dibili strumentalizzazioni. La monografia non è basa­ta su nuove ricerche scientifiche ma ha considerato studi già esistenti. Non c'è quindi nulla di nuovo sot­to il sole. La stessa monografia dello larc cita i valo­ri nutrizionali della carne e ammette che in molti stu­di scientifici la correlazione tra cancro e consumo di

carne rossa non sia sta­ta accertata. C'è una mancanza di consensi tra gli scien­ziati e gli oncologi su cosa provochi il cancro. Ci sono relazioni molto complesse su cosa lo provochi e può dipende­re da un numero enor-

1 CarloSicilianist~presidenteUniceb. me di fattori che inclu-

FOODJIEAT

dono età, genetica, diete e modi di cuci­nare, ambiente e sti­le di vita. La carne è un es­senziale fonte di mi­ero e macra nutrien­ti vitali per una die­ta equilibrata. Essa contiene proteine, vitamina A, 81, 86, 812, D, ferro, zinco e selenio. Special­mente la vitamina 812 è importante nella crescita dei bambini. In que­sto contesto si ritiene ragionevole affermare che il modo migliore per ridurre il rischio di cancro sia uno stile di vita sano in cui la carne rossa faccia parte di una dieta equilibrata. Anche il Sole preso in eccesso può arrecare danno alla salute, ma non possiamo certo farne a meno!

CARNE ROSSA E PRODOTTI: NECESSARIO IL CHIARIMENTO DELL'OMS Riteniamo un segnale importante la dichiarazione fat­ta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per in­quadrare nella giusta ottica il rapporto monografico dello larc. L'Oms chiarisce che lo larc non ha mai af­fermato che il consumo dei prodotti trasformati della carne debba essere interrotto, bensì che la riduzione di tale consumo può diminuire il rischio di un certo tipo di cancro. Questa affermazione, è fondamenta­le sottolineare, deve intendersi rivolta alle popolazio­ni di quei Paesi dove tali consumi sono molto elevati. Auspichiamo che questo sia il primo di successi­vi passi per smorzare e spegnere le preoccupazio­ni nell'Opinione pubblica di quei Paesi, come l'Italia, in cui i consumi di carne e prodotti trasformati, tra i migliori al mondo sotto il profilo sanitario e qualita­tivo, sono già inseriti nell'ambito di una dieta equili­brata e salutare!

OlTOBRE l ~0\ R\IBRE 2015

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CONSORZIO L'ITALIA ZOOTECNICA

Buone notizie dal Mipaaf sul sistema di qualità nazionale zootecnia

professionalità, si de­vono fare i salti morta­li per far capire le idee per trasformarle in pro­getti e azioni a favore del settore. Potrei scrivere un libro­aggiunge Barbisan - su­gli ostacoli che abbia­mo dovuto superare ma ora desidero solo "re-settare la memoria" per

guardare avanti ed ottenere l'applicazione definitiva Legnaro (Padova). Dopo la bomba d'acqua deii'Oms del sistema di qualità nel giro di un mese. sulla carne, ci voleva una buona notizia - ha detto Ritengo doveroso ringraziare i Dirigenti del Mipaaf, Fabiano Barbisan, presidente di Unicarve e del Con- il Dr. Emilio Gatto, direttore generale delle politiche sorzio Italia Zootecnica - nel commentare l'awenu- della qualità ed il Dr. Luca Bianchi, Capo Dipartimen-ta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repub- to del Ministero, per l'accelerata che hanno dato al-blica Italiana dell'approvazione del primo sistema di la struttura, affinché il Sistema fosse approvato de-qualità nazionale zootecnia del "Vitellone ai cerea- c~ finitivamente- ha detto Barbisan- e sono feli-li" e della "Scottona ai cereali". ce che a breve vengano anche discussi i Discipli-Ci abbiamo messo un po' di tempo ma alla fi- nari di produzione del "Fassone Pie-

fa sembrava una chimera, sta diven­tando realtà. Purtroppo - sottolinea bisan - l'agricoltura ha tempi mol­to lunghi nel raggiungere obiettivi concre­ti, per la sempli­ce ragione che è sempre costretta a mediare con decine di figure "rappresen­tative" ed il più delle volte, se ci si imbatte nelle persone sbagliate, con poca

montese" della "Carne di Bufalo Alta Qualità" del "Vitello al latte e

cereali" del "Bovino podolico al pa-

FOOD\IE\T l 01'fOBRE"OlE\IBRE2015

• scolo" e "dell'Uovo sigillo di qualità", perché più saran­no i prodotti che entreran­no a far parte del siste­

ma di qualità è maggio­re sarà la possibilità di utilizzare il mar­chio nazionale e co­

municare ai consumato­ri le eccellenze delle no-

stre produzioni. Questo per dire a chi ha cer­

cato in tutti i modi di ostacola-re questo nostro progetto, che -.

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- non esiste "un'esclusiva" bensì c'è la possibilità di dare un mar­chio a quell'83 per cento di produ­zioni zootecniche italiane, che non possono fregiarsi dei marchi Dop, lgp o Stg. Basta solo presentare dei disciplinari di produzione che esaltino la qualità di un prodotto. Non è euforia il sottolineare ed enfatizzare l'awenuta pubblicazio­ne sulla Gazzetta Ufficiale del Si­stema di qualità - aggiunge Barbi­san - è dare evidenza alla possi­bilità di voltare pagina e passare dall'anonimato delle nostre pro­duzioni ad un marchio da comu­nicare al consumatore per distinguerci dalle impor­tazioni. L'importante è fare squadra e uscire dall'ombra dei nostri campanili per fare sistema Paese. C'è ora la necessità di individuare un marchio "om­brello" che il Ministero, come previsto dal Decreto, registrerà, da utilizzare sui prodotti i cui disciplinari saranno riconosciuti. Lancio una proposta- dice con­vinto Barbisan - perché scervellarsi a farne uno nuo­vo quando esiste già un marchio che sta ora muo­vendo i primi passi e dimostra di essere apprezzato? Mi riferisco al marchio Qualità Verificata, già ricono­sciuto a livello europeo, testata in Veneto ed utilizza­bile da tutti i produttori che usano i disciplinari rico­nosciuti. Perché non fare quadrato attorno a questo marchio, che è esso stesso un sistema di qualità ri­conosciuto dalla Commissione europea ed è utilizza­bile da subito, non appena uscirà il Decreto Ministe­riale di applicazione del sistema di qualità? Proviamo a discuterne - conclude Barbisan - spo­gliandoci dal regionalismo, una volta tanto, per fare il

bene dell'agricoltura italiana, con un sistema di qua­lità funzionante e riconosciuto dall'Europa? Ad esempio, s'è fatto un gran parlare in questo ulti­mo periodo dell'ipotesi di infrazione per l'Italia, sul divieto di utilizzo del latte in polvere, per fare i for­maggi e per l'inserimento dell'origine in etichetta: fossero stati attivati i disciplinari di produzione dei formaggi con latte proveniente dal sistema di quali­tà, si poteva (e si può anche adesso) inserire nei di­sciplinari il divieto dell'uso del latte in polvere e que­sto poteva essere un vincolo essenziale ed una infor­mazione valorizzante da comunicare ai consumatori, unitamente alla possibilità, data dal sistema di qua­lità, soprattutto, di comunicare l'origine in modo ine­quivocabile. Ma, al sistema di qualità possono accedere tutti i produttori europei, se lo rispettano, obiettano i "pro­tezionisti"? È che problema c'è, visto che di latte e carne (e non solo) siamo importatori. Più gira il mar­chio del sistema di qualità e più conquistiamo quote di mercato e "l'arma segreta" per valorizzare le no­

stre produzioni, se veramente ci sa­rà qualcuno che utilizzerà dall'este­ro il marchio, sarà la comunicazione dell'origine del prodotto. Spero che l'agricoltura, al pari dell'industria e delle multinaziona­li, impari ad utilizzare il marketing in modo corretto e non come un'arma­ta Brancaleone, dove tutti sono pro­fessori e le poche risorse si disper­dono in mille rivoli. Se a tutto questo aggiungiamo che prossimamente apriranno i bandi della Misura 3 dei Piani di Svilup­po Rurale (PSR) per la certificazio­ne, valorizzazione e promozione dei prodotti di qualità, il gioco è fatto!!

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Il Consorzio la Carne che Piace alla Gabbia, su La7 ccC'è un disegno per uccidere la zootecnia italiana» Il presidente Maloberti: questa Europa non tutela più il cibo e l'agroalimentare italiano. Le notizie deii'Oms e lo sdoganamento di insetti e scorpioni della UE rischiano di creare danni. Le nostre carni e i nostri salumi i più tutelati al mondo, mentre in altri Paesi si usano estrogeni e farmaci aboliti 30 anni fa in Italia

Piecenza. «C'è un disegno per uccidere la zootecnia italiana. Dopo anni di allarmi con la "mucca pazza" e l'aviaria, ora spuntano I'Oms che fa l'equazione ter­roristica carne uguale tumore e la UE che sdogana insetti, vermi e scorpioni. Il disegno, magari, preve­de un grande stabilimento al centro dell'Europa, ge­stito da una multinazionale, che pretenderà di dare da mangiare a tutti lo stesso cibo». È duro Paolo Ma­loberti, presidente del Consorzio La Carne che Piace, intervistato da Cristina Scanu per il programma "la Gabbia", condotto da Gianluigi Paragone, andato in onda su La7 i primi giorni di novembre. Circondato da costate, tagli di Reale, Cappello del Prete, Scottona, Maloberti risponde alle domande della giornalista nella macelleria Nico­lini, a Perino. «Questa Europa non ci rappresenta più - afferma Maloberti - perché vuole cancellare la storia del nostro cibo. Ad esempio, perché non si vuole indicare in etichetta da dove pro­viene un bovino o un suino? Ci sono Paesi nel mondo che utilizzano anco­ra estrogeni o farmaci che da non so­no stati vietati da 30 anni». Davanti al­la telecamera, Maloberti ricorda anche il "bistecca day" che il Consorzio sta organizzando per far assaggiare ai con­sumatori la bontà e la qualità della car­ne piacentina. Per Maloberti, naturalmente, la carne

non fa male «anche per­ché è banale ricorda­re che non si può man­giare solo carne o uo­va, ma serve una die­ta bilanciata. Quei da­ti deii'Oms non scopro­no nulla di nuovo. La no­stra carne, ad esempio,

privilegia la qualità e la GiampaoloMaloberti,presidente sicurezza, come tutto il 'Lacamechepiace·.

cibo italiano che è con-trollato in modo quasi maniacale. La costata, la no­stra "Piacentina", è allevata, nutrita con attenzione (il benessere animale è garantito) e macellata qui a Piacenza. E tutti i passaggi sono trasparenti». Il Con­sorzio raggruppa una trentina di soci, tra allevatori, macellai, trasportatori.

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