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Roma. Noi mangiamo Carne, anche una buon fetta di Prosciutto Dop, un assaggio di ottimo Culatello Dop, una fetta di un buon Salame lgp, due fette di otti
ma Bresaola lgp, e non ci facciamo mancare neanche un fragrante panino con la mitica e gustosa Mortadel
la Bologna lgp ..
"Carni rosse come l'amianto", il grande scivolone dello larc-Oms 01 RoLANoo G1usr1
La notizia, uscita da una fonte autorevole come lo larc-Oms, organizzazione mondiale della sanità, ha creato falsi allarmismi, in parte rientrati da un nuovo documento pubblicato dalla stessa agenzia di Ginevra per fare maggiore chiarezza.
CARNI Sostenibili
liJI ama. Ha sollevato un aullJ tentico polverone l'ultima "bomba" sparata dallo larc-Oms, Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha fine ottobre ha dichiarato nero su bianco che le carni rosse lavorate di suino (dalle salsicce ai salami, passando perfino per i prosciutti, tanto per intendersi) sono cancerogene, al pari di fumo, amianto e benzene. Appena di un gradino sotto stanno le altre carni rosse, trattate alla stregua di sostanze altamente inquinanti. La raccomandazione, come contromossa per arginare il "pericolo" della carne rossa, è quello di continuare con la dieta mediterranea. Ma bene centra il problema il quotidiano Libero, che parlando della posizione assunta dallo larcOms scrive: "Ma forse a loro (cioè allo larc-Oms) sfugge che i due paesi principe della dieta mediterranea sono anche i più forti consumatori di prosciutto crudo: gli spagnoli ne mangiano dieci chili a testa all'anno e ne producono 40 milioni di pezzi, noi circa la me-
tà. Ma anche i francesi non scherzano. Stavolta lo larc-Oms rischia di fare la figura di coloro che volevano mettere il semaforo agli alimenti: il Parmigiano Reggiano meritava il bollino rosso, mentre una qualsiasi schifezza gassata il bollino verde. E anche n non si capiva se l'interesse fosse per la salute o per il commercio. La verità - prosegue Libero - è che si sta cercando di definire un modello di alimentazione mondiale omologata (vedremo come saranno i negoziati Ttip) senza tenere conto delle specificità, del valore culturale del cibo, ma anche di come certi alimenti sono preparati e confezionati. Strizzando l'occhio a culture che vedono i salumi come la peste o a certe tentazioni mondialiste, a cui l'Europa supina s'accoda, per cui meglio allevare termiti evitando il buco nell'ozono dovuto (forse) alle "puzze" delle vacche che difendere modelli gastronomici occidentali. Sotto sotto c'è anche una guerra commerciale: chi è padrone della fame è padrone del mondo. Ma è un fatto: più un paese esce dalla fame, più chiede carne. Successe anche agli italiani: passati da 7 chili alla fine degli anni '50 ai circa 70 di oggi. È indubbio che gli americani, che mangiano 125 chili di carne di manzo a cranio, e gli australiani, che ne mangiano 120, esagerano. Ma è altrettanto indubbio che un conto è un prodotto affumicato dove il pericolo si nasconde più nel fumo che nel maiale, un altro conto è un prosciutto crudo appena salato. Un conto certi prodotti anglosassoni, un altro sono i nostri insaccati. Una cosa è
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Carmine Pinto. prc idcntc dcllf\ssociazionc Italiana di Oncologia Medica (1\iom).
il grasso industriale, un'altra è la mortadella che è cotta a vapore e ottenuta da maiali magri. È peraltro provato che nei maiali bradi -soprattutto quelli neri - usati nella produzione dei migliori prosciutti e salumi italiani, è presente una quantità importante di grasso linoleico: il famoso omega 6 che si trova nella frutta secca, nell'olio d'oliva, capisaldi della dieta mediterranea. Viene da chiedersi se la preoccupazione sia più di ordine sanitario o geopolitico con incentivo economico. Una spia sta nel fatto che gli oncologi italiani non s'accodano all'allarme. Carmine Pinto, presidente dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) afferma: «È la conferma di dati che conoscevamo. Per quanto riguarda le carni rosse è una questione di modalità e di quantità». Prescrizione empirica alla quale gli italiani - il popolo con la più alta aspettativa di vita in Europa e terzo nel mondo con una media di 84,6 anni per le donne e 79,8 anni per gli uomini paiono attenersi, visto che mangiano in media 2 volte la settimana 100 grammi di carne rossa e solo 25 grammi al giorno di carne trasformata: cioè la metà della soglia ritenuta dannosa dallo larc-Oms. l dati di mercato stanno a dimostrarlo: nel 2014 gli italiani hanno consumato in media (considerate anche le parti di scarto degli
animali) 38,3 chili di suino (salumi compresi), circa 20 di bovino e 19 di pollame. Oggi mangiamo più maiale che manzo (anche perché costa meno) e i salumi sono aumentati in quantità e in qualità nutrizionali; l'etichettatura delle carni, con le descrizioni previste dal legislatore, stanno ad indicare la salubrità dei prodotti. È inevitabile che i consumatori si ritrovino confusi, quando l'awertimento viene da una fonte qualificata: lo larc-Oms e in particolare la sua agenzia per la ricerca sul cancro (larc). Il rapporto sarebbe stato stilato sulla base di circa 800 studi per verificare il legame tra una dieta che comprende proteine animali e il cancro. Altermine di queste ricerche le carni lavorate (hot dog, carni in scatola, prosciutto per citare gli esempi impiegati) sono state inserite nel Gruppo 1, la stessa categoria di rischio di alcol, fumo, benzene, naftalina, e farmaci come la ciclosporina. Il tutto mettendo in relazione queste sostanze direttamente con il cancro del colon retto. La carne rossa, nella cui categoria lo larc-Oms inserisce anche il maia-
le, è nel Gruppo 2A con connessioni ipotizzate con il tumore del colon retto, del pancreas e della prostata. Fin qui le rivelazioni internazionali che, però, vengono prese con cautela dagli oncologi. In particolare Carmine Pinto, presidente dell'Associazione italiana oncologi (Aiom), secondo il quale il dito puntato contro gli insaccati dipende dalla presenza di nitrati e nitriti. «Ma si tratta- dice il medico -di studi vecchi, oggi questi conservanti tossici vengono usati raramente». «Poi - insiste Pinto- sulla carne rossa non c'è certezza sugli studi epidemiologici. E, owiamente, dipende dalla quantità. Non si può dire che la carne rossa fa male come il fumo. C'è un equilibrio che va mantenuto»".
PIÙ CHIAREZZA SULLA STORIA DELLA CARNE CANCEROGENA In questi ultimi giorni, a senti-re parlare alcuni sembra che chi mangia carne sia destinato ad una atroce morte precoce, perché la carne rossa e soprattutto gli insaccati, scrivono alcuni, so-no cancerocgeni come il fumo, l'amianto, il benzene e altre sostan- •
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... ze dall'effettiva tossicità. Ma al di là delle solite gare a chi fa più audience cavalcando l'argomento del momento (che oltre a creare una certa diffidenza in molte persone, dà vita a campagne canzonatorie tipo #JeSuisWurstel e #JeSuisCarneRossa), bisogna capire che cosa ha detto dawero l'Organizzazione Mondiale dell Sanità. A fare un po' di chiarezza ci pensa un articolo de La Stampa, che ripercorre un documento pubblicato dalla stessa larc-Oms realizzato proprio con l'intenzione di fare maggiore chiarezza.
QUELLO CHE SAPPIAMO DAVVERO SULLA STORIA DELLA CARNE CANCEROGENA Dobbiamo smettere di mangiare le bistecche? Gli insaccati fanno male come il tabacco? Domande e risposte per capire cosa dice l'Organizzazione mondiale della sanità. Dopo giorni di anticipazioni lo studio dell'Organizzazione mondiale della Sanità sul consumo di carne rossa e carni lavorate è stato pubblicato e il responso è quello temuto: gli studiosi hanno riscontrato un legame tra il consumo di questi tipi di carne e la comparsa di forme di cancro al colon - retto, ma anche al pancreas e alla prostata. Ma questo vuoi dire che la carne fa venire il cancro? Oltre
all'articolo, comparso su The Lancet Oncology e citato dai maggiori media del mondo, lo larc-Oms ha pubblicato anche un documento per fare maggiore chiarezza.
Quali sono le tipologie di carne incriminate? Sono le carni rosse e le carni lavorate: con le prime si intendono manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo, e capra; le seconde, invece, sono quelle trattate attraverso salatura, stagionatura, fermentazione e affumicazione, come wurstel, prosciutto, salsicce e pancetta.
l due tipi di carne sono ugualmente dannosi? No. Il consumo di carni rosse è stato classificato come probabilmente cancerogeno per gli umani (gruppo 2A), mentre quello di carni lavorate come cancerogeno per gli umani (gruppo 1). Per quanto riguarda le carni rosse, lo larcOms sostiene di avere solo prove limitate del fatto che queste possano causare il cancro e di non poter escludere che i casi di cancro riscontrati siano in realtà legati ad altri fattori.
La carne rossa fa male come il tabacco? No, la carne rossa è stata classificata nel gruppo 2A, quello del-
le sostanze probabilmente cancerogene. Il fumo, invece, è classificato come cancerogeno (senza il probabilmente).
Ma allora la carne lavorata fa male come il tabacco? Neanche. Nonostante la carne lavorata sia stata classificata nel gruppo 1, lo stesso in cui si trova anche il tabacco, questo non significa che le due sostanze siano ugualmente dannose. La classificazione dello larc-Oms si limita a indicare come cancerogena una certa sostanza, senza esprimersi su quanto sia dannosa o meno la stessa. Lo larc-Oms, in sostanza non si esprime sul fatto che la carne lavorata sia più o meno cancerogena del tabacco.
Quanti casi di cancro all'anno sono causati dal consumo di queste sostanze? Secondo le stime del Global Burden of Disease Project, spiega lo larc-Oms, circa 34 mila morti per cancro seguivano una dieta caratterizzata da un alto consumo di carni lavorate; in 50 mila casi, invece, la dieta era ricca di carni rosse. Per fare un confronto con altre sostanze, secondo la stessa fonte sono un milione i casi di morti per cancro che fumavano, 600 mila quelli che consumavano alcol e 200 mila quelli esposti a un alto tasso di inquinamento dell'aria.
È quantificabile il rischio connesso al consumo di queste carni? Secondo i dati dello larc-Oms, che è molto cauto su questo tipo di calcolo, il consumo quotidiano di 50 grammi di carni lavorate può aumentare del 18 per cento il rischio che compaia un cancro al colon-retto. Il consumo quotidiano di 100 grammi di carni rosse, invece, fa aumentare il rischio del 17 per cento.
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Dobbiamo smettere di mangiare carne?
No, lo larc-Oms non invita nessuno a smettere di mangiare carne e sottolinea che sia la dieta vegetariana sia quella che prevede il consumo di carne hanno vantaggi per la salute, sebbene diversi.
Quanta carne devo mangiare per essere al sicuro?
Lo larc-Oms non ha dati a riguardo, anche se ha riscontrato che i rischi aumentano con l'aumentare del consumo di carne (proprio come vale per le altre sostanze cancerogene o probabilmente cancerogene).
Ci sono tipi di cottura più rischiosi?
Una cottura ad alta temperatura può dare forma a dei composti che possono essere cancerogeni, anche se lo larc-Oms non ha ancora chiarito quale sia il ruolo effettivo di questi nella comparsa del cancro. Quello che sappiamo è che è più sicuro non cuocere la carne a contatto diretto con il fuoco o con una superfice rovente (come nel caso del barbecue).
GIORGIO CALABRESE SUGLI ALLARMISMI IARC-OMS Il professar Giorgio Calabrese, docente di Dietologia alla Scuola di specializzazione delle Molinette di Torino, presidente del Comitato della Sicurezza nazionale del Ministero della Salute e noto scienziato dell'alimentazione, dà sul sito della Fondazione Campagna Amica la sua opinione sugli allarmismi recentemente provocati dallo studio larc-Oms di cui si è tanto parlato negli ultimi giorni.
Salubrità della carne, il parere di un esperto Letto in maniera distorta, lo studio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sul consumo di carne rossa rischia di creare un al-
Giorgio Calabrese, presidente del Comitato della Sicurezza nazionale del Ministero della Salute.
larmismo deleterio per un settore chiave del Made in ltaly a tavola, che conta 180.000 posti di lavoro e vale 32 miliardi di euro, un quinto dell'intero agroalimentare tricolore. Per avere il parere di un esperto, abbiamo contattato il professar Giorgio Calabrese - noto scienziato dell'alimentazione - secondo cui «l'utilizzo moderato della carne è solo salutista; i problemi insorgono se c'è un abuso, come per ogni altro tipo di alimento. E noi italiani di certo non abusiamo nei consumi di carne. Le statistiche indicano che consumiamo mediamente dai 70 ai 100 grammi di carne (sia rossa che bianca) 2 volte a settimana, più 25 gram-
mi di insaccati a settimana. Siamo sicuramente al di sotto del limite minimo, il problema è dei paesi anglosassoni in generale, la cui dieta prevede la carne, il bacon e gli hot dog fin dal mattino. Loro sì che hanno un'incidenza doppia nelle casistiche di tumore al colon rettale. Semmai- specifica Calabrese - può incidere maggiormente sulla salute il modo in cui viene cucinata ... In ogni caso il nostro Paese, grazie al consumo della carne collocato perfettamente all'interno Della dieta Mediterranea, ha il primato di longevità, con 84,6 anni per le donne e i 79,8 anni per gli uomini. Le carni Made in ltaly sono più sane, perché magre, non trattate con ormoni, a differenza di quelle americane, e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione che assicurano il benessere e la qualità dell'alimentazione degli animali. E per gli stessi salumi si segue una prassi di lavorazione di tipo naturale a base di sale. Inoltre, al contrario di altri paesi, in Italia i controlli sugli allevamenti vengono disposti dal Ministero della Sanità e non dal Ministero dell'Agricoltura. Siamo il paese con maggiori garanzie sulla salubrità che, fra l'altro, hanno un costo molto elevato per gli alleva
tori. •
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"Allarme esagerato, ed è sbagliato il paragone con il fumo" 01 RoLANDO GIUSTI
Operatori del settore e ricercatori criticano pesantemente le affermazioni dello larc-Oms.
IDI orna. Subito dopo l'allarme ID lanciato dallo larc-Oms sulle carni rosse e lavorate, si sono scatenate le reazioni del mondo imprenditoriale del settore e di diversi ricercatori. Giuseppe Villani da Castelnuovo Rangone (Modena}, amministratore delegato del colosso "Villani Salumi" e presidente del Consorzio del Prosciutto San Daniele, ha dichiarato a "Il Resto del Carlino": «Questi studi hanno una platea mondiale e si basano su consumi medi di carne tipici del Nord America e del Nord Europa, dove già a colazione mangiano 100/200 grammi di salsiccia. È quindi sbagliato lanciare allarmi così generici, quando in Italia consumiamo molta meno carne rispetto alle quantità indicate come potenzialmente rischiosa. Ma non è solo una questione di diverse abitudini alimentari; è doveroso fare dei distinguo anche sulla qualità dei prodotti. In questi Paesi, infatti, i salumi sono pieni di additivi e conservanti, lo si
T
Giuseppe Villani. presidente del Con~orzio del Prosciutto San Dilniele
vede dai colori improponibili che hanno certi salami e prosciutti all'estero. Qui da noi, invece, c'è un'antica tradizione che in alcuni casi limita l'uso di conservanti a quantità infinitesimali, e che spesso non li usa nemmeno, vedi i prodotti Dop. Sono il primo a dire che bisogna mangiare meno e meglio, e muoversi di più. Ma non si può estendere all'Italia l'esito di una ricerca fatta su persone per lo più in sovrappeso, che mangiano 3/4 volte la carne che mangia un italiano, e di qualità molto inferiore". Sempre sul Resto del Carlino prende posizione anche Davide Nini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Modena Dop, che dice: «C'è anche da dire che quella ricerca è basata su dati di consumo non recenti, che negli ultimi anni si sono modificati. Ed è comunque una questione di quantità e di qualità: in Italia mangiamo in media la metà della carne rossa e dei salumi consumati altrove. Se poi prendiamo il nostro prosciutto Dop, i suini sono nati e allevati in Italia, controllati a ogni step della filiera e alimentati con cereali. Aggiungiamo solo un pizzi-
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co di sale, per il resto non ci sono altri conservanti o additivi. Visto che siamo il secondo popolo più longevo al mondo, non andrei a variare più di tanto la nostra dieta mediterranea, che prevede sì tante verdure, ma anche un po' di carne e salumi nostrani».
Davide Nini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Modena Dop.
Sulle colonne del quotidiano "Libero", invece, il professore Francesco Cognetti, direttore del Dipartimento di oncologia medica dell'Istituto Nazionale Regina Elena dice: «Mangiare carne rossa non equivale a fumare ... lo vorrei innanzitutto che non si generasse allarme. La notizia è una non notizia. Era noto che determinati alimenti potevano indurre un aumento del rischio di cancro. Dipende tutto dal volume di carne ingerita... È importante ricorrere al buon senso. Bisogna privilegiare la dieta mediterranea. Dunque variare e mangiare carne rossa per non più di due pasti a settimana. Evitare poi le carni molto
f-rancesco Cognetti, direttore del Dipartimento di oncologia medica delllstituto Nazionale Regina Elena.
L'Oms è l'acronimo che identifica l'Organizzazio
ne Mondiale della Sanità (in inglese diven
ta il Who, World Health
Organization). Si tratta di un'agenzia specia
le deii'Onu (Organizza
zione delle Nazioni Uni-
Cos'è lo Oms
te), con sede a Ginevra,
fondata il 22 luglio 1946
e divenuta operativa il 7 aprile 1948. L'obiet
tivo deii'Oms, così come precisato nella relati
va costituzione, è il rag
giungimento da parte di tutte le popolazioni del
livello più alto possibi
le di salute, definita nel
la medesima costituzio
ne come condizione di completo benessere fi
sico, mentale e sociale, e non soltanto come as
senza di malattia o di in
fermità. •
cotte e bruciacchiate. Le carni lavorate come i salumi sono state inserite nel Gruppo 1. Ciò significa che vanno consumati con parsimonia. Un appello a usare il buon senso arriva anche da Giovanna Caderni, professore associato in Farmacologia e tossicologia all'Università di Firenze, che ha partecipato alla stesura del rapporto larc-Oms sulle carni. In un'intervista al Corriere spiega la Caderni: «Non c'è motivo per scatenare un allarme che porti a dire addio a bistecche e prosciutti. Com'era già emerso in parte da studi precedenti, bisogna usare moderazione, perché il rischio di tumore legato al consumo di carne è molto basso se paragonato a quello di altri agenti cancerogeni, come il fumo di sigaretta, e aumenta in relazione alla quantità consumata". Sempre sul Corriere è intervenuto anche Nicola Levoni, dal dicembre 2014 presidente di Assica, il quale rileva: «In Italia si consuma esattamente la metà della porzione (di carni lavorate, n.d.r.) indicata come rischiosa. Quello dello larc-Oms è un rapporto troppo generico; non individua ad esempio lo stile e il consumo di carni in Italia, che è molto diverso da quello di altri Paesi. •
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• Sul quotidiano "Il Giornale", infine, è intervenuto invece tra gli altri il professar Giorgio Calabrese, esperto dietologo e nutrizionista, che ha dichiarato: «Sono esterrefatto. Lo larc-Oms esagera, pubblica notizie difformi dalla realtà. Non credo ai complotti, ma hanno elaborato un rapporto che si basa su indicazioni di abitudini alimentari anglosassoni, in cui non
Nicola Levoni. dnl dicembre 2014 presidente diAssicn.
è contemplata la dieta mediterranea ...
IL PROSCIUTTO SAREBBE CANGEROGENO?! VERITÀ O DISINFORMAZIONE
Secondo l'lnternational Agency for Research on Cancer (larc) dello larc-Oms, le carni trasformate come wurstel, pancetta, prosciutti e salsicce sarebbero "cancerogene", e inserita quindi nel gruppo 1 delle sostanze che causano il cancro a pericolosità più alta, come il fumo e il benzene. Meno a rischio sarebbero invece le carni rosse non lavorate, inserite fra le "probabilmente cancerogene", ossia nel gruppo 2A. A queste conclusioni, incredibili per i più ma non per me - dice Ettore Capri, docente di Chimica Agraria Università Cattolica Sacro Cuore - la larc-Oms è arrivata grazie a un gruppo di lavoro di 22 esperti provenienti da 10 diverse nazioni. Ma dal mio punto di vista c'è un problema: questi lavori non sono consolidati da una corretta informazione. E poiché non è la prima volta che questo accade, Oms e larc stanno a mio avviso rischiando di perdere credibilità con l'intera comunità di stakeholder. Oltre al considerare assurdo il mettere i salumi dentro lo stesso calderone di amianto o sigarette, mi chiedo infatti se qualcuno spie-
gherà ai consumatori come è possibile classificare allo stesso modo (nel groppo 2°, appunto) la carne rossa e il glifosato, il più potente pesticida del pianeta. L'attuale informazione alimentare è ormai puro spettacolo e ci vengono proposte diagnosi e terapia basate su emozioni, sentimenti, interessi. Quante volte, inconsapevolmente, cambiamo comportamenti alimentari e prendiamo decisioni raccolte in Internet o sentite alla televisione? O perché appunto un'Istituzione ritenuta generalmente autorevole pubblica una ricerca che non può che fare notizia? E quanto epidemica e ve-
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loce è la trasmissione d'informazioni pros e cons la salute? Nei due recenti libri a cui ho contribuito, Marianna Lambiase parla di "principio dei neuroni a specchio" e Antonia Carini parla di "libertà personale" nelle decisioni dei consumatori. Per chi studia come me le scienze agrarie, è ormai un triste divertimento collezionare i paradossi scientifici con l'impressione di vivere in un mondo di ubriachi che vivono in uno stato di ebbrezza qualunquista intellettuale. Proprio oggi a colazione ho intrapreso un interessante dialogo con un amico, anch'egli ubriaco, su tango e salute. Tablet tra le mani, ha esclamato: "Oddio mio, chi balla il tango prende il cancro!». lo gli chiedo, e perché? "Perché bevono il mate e il mate fa venire il cancro, c'è scritto su Internet!». Sorrido e rifletto. Accendo "Ettopedia" (mi chiamano così gli amici e parenti vicini). È vero il mate è una bevanda calda, una tisana, particolarmente usata dagli argentini e dai popoli del Sud America perché bevanda tradizionale, piacevole ed eccitante. Per contro il mate caldo è stato inserito dalla !are (Istituto internazionale sul cancro) nella lista dei probabili alimenti per l'uomo (categoria 2A). Alcuni ballerini di tango ne fanno uso per poter resistere alle lunghe giornate di lezione e ballo (le milonghe durano a lungo e sono quasi sempre notturne). È vero anche che diversi studi epidemiologici hanno evidenziato l'esistenza di una possibile associazione tra consumo di mate e incidenza di tumori a carico del tratto gastro digestivo superiore. Questo però succede nel caso di un uso continuo di mate e, soprattutto, se assunto in versione "bollente" (come per tutte le bevande a causa dello shock termico inducono tumori all'esofago e al tratto superiore gastrico) ed in sogget-
ti già esposti ad altri fattori di rischio (fumo e l'alcool). Ma allora bisogna proprio essere ubriachi per pensare che sia il tango a portare il cancro e non il cattivo uso della bevanda associato a un cattivo stile di vita che, oltretutto, non riguarda solo i tangheri. Il quesito proposto dal mio amico è un buon esempio per riflettere sul significato di un modello di vita consapevole. Per analogia pensiamo alle nostre scelte alimentari. Ragionare in questo modo è sbagliato e ci porta a scelte di vita che appartengono solo ai nostri "neuroni a specchio" ma non alle nostre esigenze di crescita culturale, sociale e biologiche. Se avessimo agito ragionando in questo modo - cioè associando un danno ad un pericolo e non al contesto in cui il pericolo è con-
tenuto - ci saremmo estinti come specie umana molti anni or sono a causa delle insalate (perché contengono nitrati), delle carni (perché contengono grassi), dei derivati del latte (tossine biologiche), del pesce (il metilmercurio), semplicemente perché ... non c'era null'altro da mangiare! Tutto il mondo vegetale e animale del nostro pianeta è potenzialmente tossico. È solo il modo di selezionarlo, coltivarlo, cucinarlo, trasformarlo e utilizzarlo secondo una dieta corretta che lo rende non solo buono da mangiare, ma anche piacevole ed essenziale alla nostra vita sociale. Non lasciamoci impressionare dallo spettacolo delle informazioni, conclude Ettore Capri, usiamo meglio i neuroni attraverso un modo razionale. Così facendo faremo scelte libere per dawero. •
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~8?.i?n.tç8 ~delle Carni e dei Salumi
In Italia il consumo di carne e salumi sono in perfetto equilibrio con la dieta mediterranea Gli italiani, il secondo popolo più longevo al mondo, seguono la Dieta Mediterranea, molto più equilibrata e sostenibile di quella della maggior parte dei Paesi considerati nella ricerca larc; le quantità consumate in Italia di carni rosse e salumi sono molto inferiori a quelle considerate nello studio larc (meno della metà); in Italia la qualità delle carni trasformate è ben diversa dalle produzioni nord europee; gli allevamenti italiani producono carni più magre e di migliore qualità rispetto a quella di allevamenti di altri Paesi.
Milano. Secondo lo larc, come pubblicato sulla rivista inglese Lancet Oncology, le carni rosse sono state inserite nel gruppo 2A, cioè nel gruppo per il quale la correlazione tra un consumo eccessivo di carni rosse e l'insorgenza di tumori al tratto intestinale è considerata "probabile". Le carni rosse trasformate, invece, sono state catalogate fra i cancerogeni appartenenti al gruppo 1. Le quantità indicate dallo studio (100 grammi al giorno per la carne rossa e 50 grammi al giorno per quel-
.ASSOCARNI
la trasformata) come condizione per un aumento comunque modesto del rischio sono molto più alte del consumo tipico del nostro Paese. Gli italiani mangiano in media 2 volte la setti
mana 100 grammi di 1 Nicola Levoni presidentcAs~im carne rossa (e non tutti i giorni) e solo 25 grammi al giorno di carne trasformata. Il dato larc è quindi superiore al doppio della media del consumo in Italia. Organismi pubblici, società mediche ed esperti nutrizionisti raccomandano il consumo di tutti i gruppi di alimenti al fine di avere una dieta sana, varia ed equilibrata. Tra questi anche un moderato consumo di prodotti di carne. La carne e i salumi, spesso oggetto di pregiudizi, sono infatti alimenti che contribuiscono al perfetto equilibrio nutrizionale garantito dalla Dieta Mediterranea: rappresentano una buona fonte di protei
ne e aminoacidi essenziali da consumare almeno due volte a settimana. l consumatori italiani non dovrebbero quindi modificare le loro sane abitudini a causa delle anticipazioni dello studio larc. La stessa Aire italiana, in riferimento a queste classificazioni, specifica che "tali studi vengono eseguiti ad altissimi dosaggi o con durate d'esposizione molto lunghe, difficilmente replicabili nella vita reale" e che "prima di preoccuparsi, è importante sapere non solo in che lista si trova una certa sostanza ma quali sono i dosaggi e le durate d'esposizione oltre le quali il rischio diventa reale e non solo teorico". www.airc.iVcancrojdisinformazionefcancerogeni-gruppo-1/
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Nel caso del rapporto larc-Oms è necessario sottolineare due elementi: il primo è che il rapporto è stato eseguito su scala globale, considerando quindi contesti alimentari molto diversi da quelli della Dieta Mediterranea; il secondo è che gli animali allevati in Italia non sono uguali a quelli allevati in altri Paesi o continenti. Proprio perché aderenti alla Dieta Mediterranea, gli italiani consumano mediamente meno carne e salumi dei loro vicini europei, e ancora meno rispetto ad americani (sia del sud che del nord) o australiani. Parlando della qualità, dei metodi di produzione, dei controlli e in generale delle caratteristiche della carne stessa, invece, ha poco senso paragonare il contesto italiano a quello di altri Paesi. Nella ricerca della larc, sotto accusa finiscono soprattutto il sale e i grassi. Risulta dunque necessario precisare che le carni dei bovini allevati in Italia presentano livelli di contenuto in grassi di gran lunga inferiore alla media dei paesi
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t'OOD\IE. \T
europei ed extraeuropei. Per quanto riguarda i salumi, invece, in Italia ci sono metodi di produzione e di stagionatura, affinati da secoli di tradizione, che poco hanno a che fare con i prodotti trasformati riportati nella ricerca. La monografia larc si riferisce insomma a dati provenienti da studi epidemiologici non recenti, peraltro noti da tempo, che tengono in poco conto le peculiarità della produzione nazionale di carne rossa e salumi. È noto, infatti, che i fattori che rappresenterebbero un rischio per la salute (presenza di grasso e abbondanza di additivi nei prodotti trasformati) non sono certo propri della produzione italiana di carni bovine e suine e dei prodotti di salumeria. Confidiamo non si crei un ingiustificato allarmismo che rischia di colpire uno dei settori chiave dell'agroalimentare italiano. Il settore agroalimentare in Italia contribuisce a circa il 10/15 per cento del prodotto interno lordo annuo, con un valore complessivo pari a circa 180 miliardi di euro. Di questi, circa 30 miliardi derivano dal settore delle carni e dei salumi, includendo sia la parte agricola che quella industriale. l settori considerati danno lavoro a circa 125.000 persone a cui va aggiunto l'indotto. Vi è ampia evidenza scientifica che dimostra i benefici del consumo di carne all'interno di una dieta sana. Carne e salumi sono una fonte essenziale di nutrienti. Sono, in particolare, una fonte di proteine di alto valore biologico che contribuiscono ad aumentare e preservare la massa muscolare del corpo. Sono anche una grande fonte di aminoacidi essenziali, vitamine del gruppo 8 (81, 83, 86 e 812) e minerali come potassio, fosforo, ferro e zinco, che contribuiscono alla funzione normale del sistema immunitario, per mantenere buon sviluppo cognitivo e la
buona funzione cardiaca. Pertanto, carne e salumi hanno un valore nutritivo molto importante,
~~' quasi insostituibile da tutti gli altri prodotti nella nostra dieta quotidiana.
UNICEB larc e monografia sulla carne rossa e trasformata
Roma. La monografia dello larc sulla carne rossa e la carne trasformata la cui anticipazione è stata pubblicata sulla rivista scientifica Lancet Oncology deve essere interpretata correttamente onde evitare prevedibili strumentalizzazioni. La monografia non è basata su nuove ricerche scientifiche ma ha considerato studi già esistenti. Non c'è quindi nulla di nuovo sotto il sole. La stessa monografia dello larc cita i valori nutrizionali della carne e ammette che in molti studi scientifici la correlazione tra cancro e consumo di
carne rossa non sia stata accertata. C'è una mancanza di consensi tra gli scienziati e gli oncologi su cosa provochi il cancro. Ci sono relazioni molto complesse su cosa lo provochi e può dipendere da un numero enor-
1 CarloSicilianist~presidenteUniceb. me di fattori che inclu-
FOODJIEAT
dono età, genetica, diete e modi di cucinare, ambiente e stile di vita. La carne è un essenziale fonte di miero e macra nutrienti vitali per una dieta equilibrata. Essa contiene proteine, vitamina A, 81, 86, 812, D, ferro, zinco e selenio. Specialmente la vitamina 812 è importante nella crescita dei bambini. In questo contesto si ritiene ragionevole affermare che il modo migliore per ridurre il rischio di cancro sia uno stile di vita sano in cui la carne rossa faccia parte di una dieta equilibrata. Anche il Sole preso in eccesso può arrecare danno alla salute, ma non possiamo certo farne a meno!
CARNE ROSSA E PRODOTTI: NECESSARIO IL CHIARIMENTO DELL'OMS Riteniamo un segnale importante la dichiarazione fatta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per inquadrare nella giusta ottica il rapporto monografico dello larc. L'Oms chiarisce che lo larc non ha mai affermato che il consumo dei prodotti trasformati della carne debba essere interrotto, bensì che la riduzione di tale consumo può diminuire il rischio di un certo tipo di cancro. Questa affermazione, è fondamentale sottolineare, deve intendersi rivolta alle popolazioni di quei Paesi dove tali consumi sono molto elevati. Auspichiamo che questo sia il primo di successivi passi per smorzare e spegnere le preoccupazioni nell'Opinione pubblica di quei Paesi, come l'Italia, in cui i consumi di carne e prodotti trasformati, tra i migliori al mondo sotto il profilo sanitario e qualitativo, sono già inseriti nell'ambito di una dieta equilibrata e salutare!
OlTOBRE l ~0\ R\IBRE 2015
CONSORZIO L'ITALIA ZOOTECNICA
Buone notizie dal Mipaaf sul sistema di qualità nazionale zootecnia
professionalità, si devono fare i salti mortali per far capire le idee per trasformarle in progetti e azioni a favore del settore. Potrei scrivere un libroaggiunge Barbisan - sugli ostacoli che abbiamo dovuto superare ma ora desidero solo "re-settare la memoria" per
guardare avanti ed ottenere l'applicazione definitiva Legnaro (Padova). Dopo la bomba d'acqua deii'Oms del sistema di qualità nel giro di un mese. sulla carne, ci voleva una buona notizia - ha detto Ritengo doveroso ringraziare i Dirigenti del Mipaaf, Fabiano Barbisan, presidente di Unicarve e del Con- il Dr. Emilio Gatto, direttore generale delle politiche sorzio Italia Zootecnica - nel commentare l'awenu- della qualità ed il Dr. Luca Bianchi, Capo Dipartimen-ta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repub- to del Ministero, per l'accelerata che hanno dato al-blica Italiana dell'approvazione del primo sistema di la struttura, affinché il Sistema fosse approvato de-qualità nazionale zootecnia del "Vitellone ai cerea- c~ finitivamente- ha detto Barbisan- e sono feli-li" e della "Scottona ai cereali". ce che a breve vengano anche discussi i Discipli-Ci abbiamo messo un po' di tempo ma alla fi- nari di produzione del "Fassone Pie-
fa sembrava una chimera, sta diventando realtà. Purtroppo - sottolinea bisan - l'agricoltura ha tempi molto lunghi nel raggiungere obiettivi concreti, per la semplice ragione che è sempre costretta a mediare con decine di figure "rappresentative" ed il più delle volte, se ci si imbatte nelle persone sbagliate, con poca
montese" della "Carne di Bufalo Alta Qualità" del "Vitello al latte e
cereali" del "Bovino podolico al pa-
FOOD\IE\T l 01'fOBRE"OlE\IBRE2015
• scolo" e "dell'Uovo sigillo di qualità", perché più saranno i prodotti che entreranno a far parte del siste
ma di qualità è maggiore sarà la possibilità di utilizzare il marchio nazionale e co
municare ai consumatori le eccellenze delle no-
stre produzioni. Questo per dire a chi ha cer
cato in tutti i modi di ostacola-re questo nostro progetto, che -.
- non esiste "un'esclusiva" bensì c'è la possibilità di dare un marchio a quell'83 per cento di produzioni zootecniche italiane, che non possono fregiarsi dei marchi Dop, lgp o Stg. Basta solo presentare dei disciplinari di produzione che esaltino la qualità di un prodotto. Non è euforia il sottolineare ed enfatizzare l'awenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Sistema di qualità - aggiunge Barbisan - è dare evidenza alla possibilità di voltare pagina e passare dall'anonimato delle nostre produzioni ad un marchio da comunicare al consumatore per distinguerci dalle importazioni. L'importante è fare squadra e uscire dall'ombra dei nostri campanili per fare sistema Paese. C'è ora la necessità di individuare un marchio "ombrello" che il Ministero, come previsto dal Decreto, registrerà, da utilizzare sui prodotti i cui disciplinari saranno riconosciuti. Lancio una proposta- dice convinto Barbisan - perché scervellarsi a farne uno nuovo quando esiste già un marchio che sta ora muovendo i primi passi e dimostra di essere apprezzato? Mi riferisco al marchio Qualità Verificata, già riconosciuto a livello europeo, testata in Veneto ed utilizzabile da tutti i produttori che usano i disciplinari riconosciuti. Perché non fare quadrato attorno a questo marchio, che è esso stesso un sistema di qualità riconosciuto dalla Commissione europea ed è utilizzabile da subito, non appena uscirà il Decreto Ministeriale di applicazione del sistema di qualità? Proviamo a discuterne - conclude Barbisan - spogliandoci dal regionalismo, una volta tanto, per fare il
bene dell'agricoltura italiana, con un sistema di qualità funzionante e riconosciuto dall'Europa? Ad esempio, s'è fatto un gran parlare in questo ultimo periodo dell'ipotesi di infrazione per l'Italia, sul divieto di utilizzo del latte in polvere, per fare i formaggi e per l'inserimento dell'origine in etichetta: fossero stati attivati i disciplinari di produzione dei formaggi con latte proveniente dal sistema di qualità, si poteva (e si può anche adesso) inserire nei disciplinari il divieto dell'uso del latte in polvere e questo poteva essere un vincolo essenziale ed una informazione valorizzante da comunicare ai consumatori, unitamente alla possibilità, data dal sistema di qualità, soprattutto, di comunicare l'origine in modo inequivocabile. Ma, al sistema di qualità possono accedere tutti i produttori europei, se lo rispettano, obiettano i "protezionisti"? È che problema c'è, visto che di latte e carne (e non solo) siamo importatori. Più gira il marchio del sistema di qualità e più conquistiamo quote di mercato e "l'arma segreta" per valorizzare le no
stre produzioni, se veramente ci sarà qualcuno che utilizzerà dall'estero il marchio, sarà la comunicazione dell'origine del prodotto. Spero che l'agricoltura, al pari dell'industria e delle multinazionali, impari ad utilizzare il marketing in modo corretto e non come un'armata Brancaleone, dove tutti sono professori e le poche risorse si disperdono in mille rivoli. Se a tutto questo aggiungiamo che prossimamente apriranno i bandi della Misura 3 dei Piani di Sviluppo Rurale (PSR) per la certificazione, valorizzazione e promozione dei prodotti di qualità, il gioco è fatto!!
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Il Consorzio la Carne che Piace alla Gabbia, su La7 ccC'è un disegno per uccidere la zootecnia italiana» Il presidente Maloberti: questa Europa non tutela più il cibo e l'agroalimentare italiano. Le notizie deii'Oms e lo sdoganamento di insetti e scorpioni della UE rischiano di creare danni. Le nostre carni e i nostri salumi i più tutelati al mondo, mentre in altri Paesi si usano estrogeni e farmaci aboliti 30 anni fa in Italia
Piecenza. «C'è un disegno per uccidere la zootecnia italiana. Dopo anni di allarmi con la "mucca pazza" e l'aviaria, ora spuntano I'Oms che fa l'equazione terroristica carne uguale tumore e la UE che sdogana insetti, vermi e scorpioni. Il disegno, magari, prevede un grande stabilimento al centro dell'Europa, gestito da una multinazionale, che pretenderà di dare da mangiare a tutti lo stesso cibo». È duro Paolo Maloberti, presidente del Consorzio La Carne che Piace, intervistato da Cristina Scanu per il programma "la Gabbia", condotto da Gianluigi Paragone, andato in onda su La7 i primi giorni di novembre. Circondato da costate, tagli di Reale, Cappello del Prete, Scottona, Maloberti risponde alle domande della giornalista nella macelleria Nicolini, a Perino. «Questa Europa non ci rappresenta più - afferma Maloberti - perché vuole cancellare la storia del nostro cibo. Ad esempio, perché non si vuole indicare in etichetta da dove proviene un bovino o un suino? Ci sono Paesi nel mondo che utilizzano ancora estrogeni o farmaci che da non sono stati vietati da 30 anni». Davanti alla telecamera, Maloberti ricorda anche il "bistecca day" che il Consorzio sta organizzando per far assaggiare ai consumatori la bontà e la qualità della carne piacentina. Per Maloberti, naturalmente, la carne
non fa male «anche perché è banale ricordare che non si può mangiare solo carne o uova, ma serve una dieta bilanciata. Quei dati deii'Oms non scoprono nulla di nuovo. La nostra carne, ad esempio,
privilegia la qualità e la GiampaoloMaloberti,presidente sicurezza, come tutto il 'Lacamechepiace·.
cibo italiano che è con-trollato in modo quasi maniacale. La costata, la nostra "Piacentina", è allevata, nutrita con attenzione (il benessere animale è garantito) e macellata qui a Piacenza. E tutti i passaggi sono trasparenti». Il Consorzio raggruppa una trentina di soci, tra allevatori, macellai, trasportatori.
FOOmiE·\T l OTIOBRE/~O\KUBRE2015