rivista dma - allargate lo sguardo: missionarietÀ (settembre – ottobre 2015)

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RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE ALLARGATE LO SGUARDO: MISSIONARIETÀ 2015 Anno LXII Mensile n. 9/10 Settembre/Ottobre Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 2 - DCB Roma

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Rivista delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Salesiane di don Bosco)

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ALLARGATE LO SGUARDO: MISSIONARIETÀ

2015Anno LXII Mensile n.9/10 Settembre/Ottobre

Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 2 - DCB Roma

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4EditorialeMessaggeri di speranza

5Primopiano6La Pace è la viaPace in Ucraina

8Donne in contestoProssimità

10Cultura ecologicaBiodiversità

12Filo di AriannaRiconoscimento dell’altro

15DossierMissionarietà

27In ricerca 28Dono e CultureFare esperienza di gratuità

dmaRivista delle Figlie

di Maria AusiliatriceVia Ateneo Salesiano 81

00139 Roma

tel. 06/87.274.1 • fax 06/87.13.23.06e-mail: [email protected]

Direttrice responsabileMariagrazia Curti

RedazioneMaria Helena MoreiraGabriella Imperatore

CollaboratriciMaria Américo Rolim

Julia Arciniegas • Patrizia BertagniniMara Borsi • Carla Castellino

Piera Cavaglià • Maria Antonia Chinello Anna Rita Cristaino • Emilia Di Massimo

Dora Eylenstein • Palma Lionetti Anna Mariani • Adriana Nepi

Maria Perentaler • Loli Ruiz Perez Debbie Ponsaran • Maria Rossi

Eleana Salas • Martha SéïdeGiuseppina Teruggi

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30La ParolaEmmaus: comunità e annuncio

32Carisma e leadershipStudia di farti amare

35Uno sguardo sul mondoUna nuova periferia:North Horr

37Comunicare38Vita consacrataComunicazione e animazione

40Video Non sposate le mie figlie

42LibroUna storia d’amore,di fede e di coraggio

44MusicaAdesso la musica si vede

46CamillaMorire bene… fa bene!

n.9/10 Settembre Ottobre 2015Tip. Istituto Salesiano Pio XI

Via Umbertide 11, 00181 Roma

ASSOCIATAUNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

Traduttricifrancese • Anne Marie Baud

giapponese • ispettoria giapponeseinglese • Louise Passero

polacco • Janina Stankiewiczportoghese • Maria Aparecida Nunesspagnolo • Amparo Contreras Alvareztedesco • ispettoria Austria - Germania

EDIZIONE EXTRACOMMERCIALE

Istituto Internazionale Maria Ausiliatrice

Via Ateneo Salesiano 81, 00139 Roma

c.c.p. 47272000

Reg. Trib. Di Roma n. 13125 del 16-1-1970

Sped. abb. post. art. 2, comma 20/c,

legge 662/96 – Filiale di Roma

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umanità che sintetizzerà l’esperienza del suoAmore, lungo la vita, lungo la storia.

Annunciare la Solidarietà nella prossimità,come sempre abbiamo visto Gesù, nel suocammino, insieme ai suoi discepoli. Nell’oggi che ci tocca vivere e costruire, vor-remo mettere i nostri passi al ritmo dei passisolidali del Maestro. Il ritmo della vicinanzaci fa imparare, attraverso i doni e le ricchezzedegli altri, a comprendere i loro dolori piùprofondi e a condividere le loro attese, nu-trite dalla speranza evangelica.

Prossimità nel quotidiano incontro con le so-relle nella comunità, con uno sguardo che ac-coglie, con una parola che sveglia, con la sen-sibilità di lasciarci formare e ad accompagnaredagli altri che Dio ci pone accanto nel cammi-no della vita. Prossimità ai giovani e, con loro,spinte dalla Parola, proseguire con gioia, versola pienezza della vita per tutti. Prossimità allerealtà di sofferenza di ogni natura, che ci sonoin questo mondo, con la ferma decisione diconfrontare la nostra vita con le proposte delVangelo e, poco a poco, configurarci a Gesùnel volto dei poveri, degli esclusi, dei bambiniabbandonati, degli anziani. Toccare la nostravulnerabilità redenta dalla misericordia di Dio.

Annunciare in cammino, chiedendo semprela grazia di farci abitazione di Dio per gli altri,ed accogliere l’abitazione dell’altro come il vol-to autentico di Dio.

[email protected]

Messaggeri di speranza

Maria Helena Moreira

Metterci in cammino come annunciatori è, pri-ma di tutto, una grazia, una chiamata, una con-vocazione che ci scuote e inquieta il cuore,fondata sulla fiducia verso l’Autore di questachiamata. Annuncio di un’abitazione, di un’ac-coglienza della Parola che si fa dimora in noistessi, mentre percorriamo le strade insiemea tutti quelli che Dio ci regala lungo la vita.

Annunciare la Gratuità nella gratuità, comeun riconoscere la bellezza della consacra-zione, nell’obbedienza umile del continuoascolto della voce di Dio, che ci mette in mo-vimento per rompere le catene dell’autore-ferenzialità, ci spinge a dare la vita per gli al-tri, sperimentando la gioia indicibile di nonpensare a noi stessi. E, come Maria Mazza-rello, risignificare il “quarto d ora” in con-nessione con Lui, presente nelle persone enella realtà del nostro mondo.

Annunciare la Pace nell’armonia, come unesercizio quotidiano di integrazione interiore,di accoglienza della nostra umanità come spa-zio di incontro in cui Dio opera e agisce conmisericordia. Vivere toccando delicatamentela terra dell’esistenza nostra e degli altri comechi tocca un mistero. E davanti al mistero pos-siamo soltanto inginocchiarci.

Riconoscere il Dio della Pace ci spinge a farfronte contro l’ingiustizia, la violenza, il do-lore dell’umanità, portando la Parola testi-mone di perdono, di gesti di inclusione, dibontà. Solo il Dio della Pace può far irrom-pere il Magnificat nell’esistenza dell’intera

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Approfondimenti biblicieducativi

e formativi

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segnava il primo passo per l’ingresso dell’U-craina nell’Unione Europea. Per il bene dell’Ucraina, il 17 dicembre, Vla-dimir Putin ha offerto 15 miliardi di dollari egas a prezzi stracciati che il Presidente ucrai-no ha accettato per salvare l’economia. Il 19 gennaio 2014 migliaia di ucraini sonoscesi in piazza Maidan a protestare controYanukovich e a invocare l’Europa. La protesta si è estesa in tutto il Paese, anchenell’Est, a maggioranza russa. Il 20 febbraio Maidan è diventato un campodi battaglia con 77 morti. Il 21 Yanukovich èfuggito. Ancora un cambio di regime, macchiato disangue e avallato dall’Occidente, a cui è se-guita la reazione russa con l’annessione dellaCrimea e il conflitto nel Donbass.Le battaglie si sono svolte in particolare nellaautoproclamata repubblica popolare di Do-netsk, a Krasnodon e Lugansk. Nel frattempo, prima, il Presidente a interimdell’Ucraina, Turcinov, e poi, il Presidenteeletto, Poroshenko, hanno lanciato l’opera-zione anti-terrorismo, schierando le forzearmate di Kiev contro i ribelli e tentando diriprendere il controllo delle zone “conqui-state” dai filorussi. La situazione è precipitata quando il governoucraino ha lanciato un’offensiva per estro-mettere i ribelli dal Paese. A metà agosto la Russia ha invaso militar-mente l’Ucraina orientale.A causa del conflitto molte famiglie hannoabbandonato le loro case e non ci sono an-cora tornate, nonostante la fragile tregua. In

L’Ucraina è uno Stato dell’Europaorientale, il suo nome significa “sul confine”, ma si trova al centrodell’Europa. Uno spazio di frontiera,sempre conteso e conquistato dai potenti vicini: Russia, a est, e Polonia, a ovest. È quindi una vastafrontiera proprio al centro del continente europeo. Un grande territorio per lo piùpianeggiante, giovane, con tantedifferenze di nazionalità, lingue e religioni. L’Ucraina è stata spesso al centro di conflitti e il popolosempre ha dovuto lottare per la sua libertà.

Le ragioni del conflitto

La breve storia dell’Ucraina dal 1991 a oggi èstata segnata da piccoli e grandi terremotiche ne hanno minato la stabilità. A reggere le sorti del Paese è stato, per oltredue decenni, un sistema politico-oligarchicoche ha divorato le risorse dello Stato, lascian-do la gran parte della popolazione al di sottodella soglia di povertà. La rivoluzione del 2004, denominata «la rivo-luzione dei milionari contro i miliardari», el’arrivo di Yanukovich, filorusso, ha decretatoil fallimento definitivo. Gli ucraini, alla fine di novembre 2013, hannoavviato l’ennesima fase rivoluzionaria dopoche Yanukovich ha deciso di non firmare piùl’accordo di associazione con l’Europa che

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Ganna Zainchkovska fma, Brygida Żurawska

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alcune città dell’est sono rimasti solo gli an-ziani e i malati, privi di ogni assistenza e deigeneri di prima necessità.

Le fma in Ucraina

Le Figlie di Maria Ausiliatrice (fma) hannodue comunità in Ucraina: a Lviv (a Ovest delPaese) e Odessa (a Sud) dove operano attra-verso il pensionato per studenti, l’insegna-mento nella scuola dei Salesiani, la catechesie le attività parrocchiali. La situazione più instabile è a Odessa, per-chè qui la maggioranza è di filo-russi. Il 2maggio del 2014 a Odessa, una città con 110nazionalità diverse anche se molto tolleranti,c’è stato un grande scontro tra i filo-russi epro-ucraini, che ha causato la morte di piùdi 100 persone. La popolazione ha vissuto con grande timo-re, ad oggi si respira un’apparente tranquil-lità e pace e un certo patriottismo da partedegli ucraini. Ci sono state molte manifesta-zioni per raggiungere la pace e tanti sonostati i gesti di solidarietà, di unità e di fededel popolo ucraino. Ma si continua a lottare per salvare le proprieterre, per garantire ai giovani un futuro di-verso. La Chiesa fa sentire la sua voce e si im-pegna con la rivoluzione pacifica del dialo-go, della preghiera e del digiuno. Anche in queste condizioni drammatiche frale varie confessioni – ortodosse, cattoliche,protestanti – in Ucraina si vive la solidarietà,

un ecumenismo pratico perché la missioneè comune, salvare vite umane. Nessuno si chiede se siano cattolici, orto-dossi o musulmani. Si è uniti per servire. Le fma continuano la loro missione con co-raggio e audacia e, in particolare, accolgonoi profughi della guerra. Si impegnano in progetti di solidarietà, so-stengono il cammino verso la pace con lapreghiera e la loro testimonianza di fede.

Una ragazza arrivata da Donetsk così raccon-ta: «Il mio nome è Marichka. Sono nata a Do-netsk e vi ho vissuto per 20 anni, fino a quan-do non è arrivata la guerra anche a casa mia.Non posso dimenticare i volti di quegli uo-mini armati che giravano per la città seminan-do terrore e saccheggiando ogni cosa. Ho dovuto interrompere i miei studi pressol’Università e insieme con mia mamma, miopadre e mio fratello abbiamo lasciato Donet-sk per andare a Lviv. Ero molto preoccupatama Dio mi ha guidata. A Lviv è molto difficile trovare un alloggio,soprattutto per noi immigrati. È molto costo-so. Così ho pregato e mi sono fidata di Lui.Ho trovato accoglienza e calore presso lesuore salesiane (fma). In questa casa siamouna piccola comunità di 11 ragazze, ci voglia-mo molto bene e ci aiutiamo. Insieme studiamo, celebriamo le feste, rior-diniamo gli ambienti, ma la cosa più impor-tante è che ogni giorno, in ogni momentodella giornata abbiamo la possibilità di starecon Gesù in Cappella.Per me è stato un grande dono trovare casaqui, non so se un giorno ritornerò nella miacasa a Donetsk. Però sento la pace nel mio cuore, anche se,a volte, ci sono momenti di disperazione edi preoccupazione. Non smetto mai di rin-graziare Dio per quello che ha fatto per me.E credo che tutto andrà bene!»

[email protected], [email protected]

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“Per poter costruire la pace c’èbisogno che la fede si trasformiin azione, la speranza, in solida-rietà e unità. In momenti difficiliè importante farsi prossimi, esseretestimoni di pace e di gioia, esseremessaggere di speranza attraversol’annuncio della Parola di Dio”.

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vare un santuario alla “Madonna della pau-ra”. Nelle sue navate ci rifugeremmo unpo’ tutti. Perché tutti, come Maria, siamoattraversati da quell’umanissimo sentimentoche è il segno più chiaro del nostro limite.Ma proprio nel santuario eretto alla “Ma-donna della paura”, davanti a lei divenutala “Madonna della fiducia”, ciascuno dinoi ritroverebbe la forza per andare avanti,riscoprendo i versetti del salmo che Mariaavrà mormorato chi sa quante volte: «Purse andassi per valle oscura, non avrò a te-mere alcun male, perché sempre mi seivicino... lungo tutto il migrare dei giorni».Coraggio, allora, non rassegnazione! Ecco il segreto che Maria, donna e madre,consegna al cuore di ciascuna di noi perlanciarci senza paure nella missione, pervivere la prossimità come compagnia. Nella Lettera ai Consacrati Rallegratevi silegge a riguardo: “Uscire dalla porta percercare e incontrare! Abbiate il coraggiodi andare controcorrente a questa culturaefficientista, a questa cultura dello scarto.L’incontro e l’accoglienza di tutti, la soli-darietà e la fraternità, sono elementi cherendono la nostra civiltà veramente umana.Essere servitori della comunione e dellacultura dell’incontro! Vi vorrei quasi os-sessionati in questo senso. E farlo senzaessere presuntuosi”. Papa Francesco ciesorta ad «uscire dal nido», per abitare lavita degli uomini e delle donne del nostrotempo e consegnare noi stesse a Dio e aigiovani. Questo diventa possibile, diventaun’esigenza naturale nella nostra missione

Prossimità

Palma Lionetti, Debbie Ponsaran

Papa Francesco a Valdocco incontra la Famiglia salesiana. I suoi gesti, le sue parole sono statiun’occasione per vivere la prossimità,per liberare spazi e tempi per parlare,abbracciare, salutare il gran numero di persone radunate in occasione dell’Anno Bicentenario della nascita di don Bosco e dell’Happening degli oratori e dei giovani a Torino.

Papa Francesco come sempre ha parlatocon il cuore e, proprio a noi Figlie di MariaAusiliatrice, ha detto di “formare le ragazzeperché diventino madri” e se c’è un “ruoloforte” che la donna deve poter sperare diavere nella Chiesa è lo stesso di Maria nelgiorno di Pentecoste. Maria nella casa riempita del vento delloSpirito Santo, con gli undici, è stata il col-lante della comunità primitiva, forse perchéla sua personale Pentecoste, l’aveva giàvissuta all’annuncio dell’Angelo, quandola potenza dell’Altissimo è scesa su di lei! Da quel momento, per effetto di quel «nontemere» pronunciato dall’Angelo Gabriele,Maria ha affrontato la vita con una incre-dibile forza d’animo, ed è divenuta il sim-bolo delle “madri-coraggio” di tutti i tempi. È chiaro, ha avuto a che fare anche lei conla paura, come scrive Tonino Bello: “Pauradi non essere capita… Paura di non farcela.Paura per la salute di Giuseppe. Paura perla sorte di Gesù. Paura di rimanere sola...Quante paure!”.Se ancora non ci fosse, bisognerebbe ele-

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quando non incombe più nel nostro vissutodi consacrate “il fantasma dell’immaginedi una vita religiosa intesa come rifugio econsolazione, davanti a un mondo esternodifficile e complesso”.

Vicinanza e incontro Sono le due categorie pastorali che diven-tano anche le due modalità attraverso cuiesprimiamo la nostra femminilità. Come donne, prima che come religiose,non dovremmo sentirci “meno”, menobrave, meno belle, meno capaci, perchéci imprigiona nella paura di non farcelaeconomicamente, di non essere all’altezza,di non riuscire, di non saper gestire lapropria vita, di trovarsi di fronte a compititroppo grandi, di non avere le capacità, dinon saper risolvere. Insomma potrebbero essere infiniti i vissutiche ci fanno sentire inadeguate e inop-portune. Qualche volta ci servono. Molto spesso pesano. A volte diventanol’unico modo di avvicinarsi alle cose e dipensare a noi e alla stessa missione. Non sempre riusciamo a percorrere la stra-da della vicinanza dell’incontro, perchébloccate da ansia, preoccupazioni e dubbi.A volte questa paura ci allontana dagli altriinvece che avvicinarci, perché abbiamobisogno di avere tutto sotto controllo, ge-

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stire in prima persona, nonvogliamo delegare. Ci creiamosituazioni impegnative e sco-mode, improbabili da gestireper le quali non farcela è so-pravvivenza. Le trasformiamo in occasioniper darci addosso, riprova del-le nostre incapacità. Oppure ci creiamo parametridi valutazione troppo ambi-ziosi, siamo perfezioniste, ca-tegoriche. Il risultato è unasorta di tristezza che ci toglie

le energie per vivere la prossimità. Nella Lettera ai Consacrati Rallegratevi sidice anche che il nostro cammino «maturaverso la paternità pastorale, verso la ma-ternità pastorale, e quando un prete nonè padre della sua comunità, quando unasuora non è madre di tutti quelli con iquali lavora, diventa triste. Questo è il problema. Per questo io dico avoi: la radice della tristezza nella vita pa-storale sta proprio nella mancanza di pa-ternità e maternità che viene dal viveremale questa consacrazione, che invece cideve portare alla fecondità».Essere madri significa nutrire, guarire, farcrescere, dare. Naturalmente in questo di-namismo il rischio di appropriarsi dell’altroè alto. E allora?!L’Evangelii Gaudium al n° 272 riporta che“quando viviamo la mistica di avvicinarciagli altri con l’intento di cercare il lorobene, allarghiamo la nostra interiorità perricevere i più bei regali del Signore”. Questo gusto spirituale di rimanere allagente, fino al punto di scoprire che ciò di-venta fonte di una gioia superiore, forse ètra i regali più belli che il nostro cuore didonne e di madri può desiderare!

[email protected]@cgfma.org

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viventi e degli ecosistemi all’interno dei qualii diversi organismi vivono e si evolvono.

Vivere in armonia con la natura

Alla decima Conferenza dell’ONU sullabiodiversità, realizzata nel 2011 a Nagoya(Giappone), è stato concordato il Pianostrategico per la biodiversità 2011-2020. In esso si stabiliscono meccanismi perl’uso delle risorse genetiche di piante, ani-mali e microbi per cibo, medicine, prodottiindustriali, cosmetici e altri prodotti. Il 14 luglio 2014, il segretariato della CBD(Convenzione di Rio sulla Biodiversità) hadichiarato che il Protocollo di Nagoya èstato ratificato da oltre 50 Paesi ed è quindientrato in vigore a tutti gli effetti. Questo piano è stato denominato: “Viverein armonia con la natura” e rappresentaun risultato storico in quanto costituisceun possibile anello di congiunzione tra lepolitiche per la conservazione della bio-diversità e quelle per la lotta alla povertà.

Perdita di biodiversità

Nel primo capitolo della sua Enciclica Lau-dato si’, papa Francesco evidenzia “quelloche sta accadendo alla nostra casa”. Fa un percorso attraverso alcune questioniche oggi suscitano inquietudine e cheormai non possiamo più nascondere sottoil tappeto. Tra di esse, tutte collegate, laperdita della biodiversità. Dopo quest’analisi, il Pontefice si rammaricaper la debolezza delle reazioni di fronte aqueste situazioni che provocano i gemiti

Biodiversità

Julia Arciniegas

Il termine biodiversità è stato coniatonel 1988 dall’entomologo americanoEdward O. Wilson. La biodiversità comprende milioni di piante, animali e microrganismi, i geni che essi contengono, i complessiecosistemi che essi costituiscono nella biosfera. Essa non si riferiscesolo alla forma e alla struttura degli esseri viventi, ma include anchela diversità intesa come abbondanza,distribuzione e interazione tra le diverse componenti fisiche ed inorganiche del sistema, che s’influenzano reciprocamente(Istituto Superiore per la ricerca e la protezione ambientale – ISPRA).

La Convenzione ONU (1992) sulla DiversitàBiologica evidenzia che essa include la di-versità a livello genetico, di specie e di eco-sistema. La diversità genetica definisce ladifferenza dei geni all’interno di una de-terminata specie e corrisponde alla totalitàdel patrimonio genetico a cui contribuisconotutti gli organismi che popolano la Terra. La diversità di specie comprende la ric-chezza di specie, misurabile in termini dinumero delle stesse specie presenti inuna determinata zona, o di frequenza dellespecie, cioè la loro rarità o abbondanza inun territorio o in un habitat. La diversità di ecosistema definisce il numeroe l’abbondanza degli habitat, delle comunità

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di ‘sorella terra’, che si uniscono ai gemitidegli abbandonati del Mondo, con un la-mento che reclama da noi un’altra rotta.Alla perdita di biodiversità, papa Francescodedica dieci paragrafi (da 32 a 42). Egli afferma, tra l’altro, che “la distruzionedi foreste e boschi implica allo stesso tempola perdita di migliaia di specie vegetali eanimali che hanno un valore in se stesse eche potrebbero costituire nel futuro risorseestremamente importanti per l’alimenta-zione, la cura di malattie e molteplici servizi.Si rende necessario sempre uno studio at-tento dell’impatto di ogni progetto sullabiodiversità per evitare il rischio di estinzionedi alcune specie o gruppi di animali o ve-getali e delle conseguenze funeste chequesto reca all’ecosistema globale”. Fa notare che “l’inquinamento degli oceani,

mari, fiumi, laghi, rischia anche di trasfor-mare il meraviglioso mondo marino in ci-miteri subacquei spogliati di vita e di colore”.

Una bellezza irripetibile

Il Papa richiama tutti alla responsabilitàcon azioni concrete, perché tutte le creaturesono connesse e abbiamo bisogno gli unidegli altri. Pertanto, di ognuna deve esserericonosciuto il valore con affetto e ammi-razione. «Sono lodevoli – afferma papaFrancesco – e a volte ammirevoli, gli sforzidi scienziati e tecnici che cercano di risol-vere i problemi creati dall’essere umano. Ma osservando il mondo notiamo chequesto livello di intervento umano, spessoal servizio della finanza e del consumismo,in realtà, fa sì che la terra in cui viviamo di-venti meno ricca e bella […]. In questomodo, sembra che ci illudiamo di potersostituire una bellezza irripetibile e nonrecuperabile con un’altra creata da noi»(Francesco, Laudato si’ n. 34).

Priorità dei percorsi educativi

Uno dei quattro grandi temi affrontati dallaCarta dell’EXPO Milano 2015 è quello deidiversi tipi di agricoltura esistenti per evi-denziare quali di essi riusciranno a produrreuna quantità sufficiente di cibo sano senzadanneggiare le risorse idriche e la biodi-versità. Per questo, diventa importantepensare dei percorsi educativi per pro-teggere e custodire la ‘casa comune’. Dalla consapevolezza sull’importanza dellabiodiversità scaturisce in primo luogo lanecessità di educarci a stili di vita sobri esostenibili, in modo tale da abilitarci adeducare con parole, gesti e comportamential rispetto di ogni creatura. Anche la piùpiccola di esse ci aprirà allo stupore e allameraviglia, alla lode e alla cura che scatu-riranno in maniera spontanea.

[email protected]

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Rete Ecclesiale Panamazzonica (Repam)

“L’Amazzonia, fonte di vita nel cuoredella Chiesa”. Con questo titolo è sorta,a settembre 2014, un’iniziativa caratte-rizzata dalla transnazionalità, l’eccle-sialità e l’impegno per la tutela dellavita. Essa è destinata a custodire il pa-trimonio prezioso di uno dei grandipolmoni del Pianeta: l’Amazzonia. IlCELAM, la Conferenza dei Vescovi bra-siliani, la società civile, con l’appoggiodel Pontificio Consiglio “Giustizia e Pa-ce”, hanno intrapreso questo progettoper una custodia responsabile e soste-nibile di questo territorio ricco di bio-diversità.(http://press.vatican.va/content/salastam-pa/it/bollettino/pubblico/2015/03/02/0153/00338.html).

LUCECONTRO

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tavia che ci sono modi diversi di affermareil valore di una persona. Esiste un modofunzionale che mette in evidenza il suo va-lore strumentale, quasi a dimostrarle: “Tuvali perché sei utile a…, perché sei efficientenello svolgere un determinato compito”. E c’è un modo non interessato che evidenziail valore intrinseco della persona, comequando posso dirle: «Tu vali non perchéservi a qualcosa, non per quanto realizzi.Tu vali perché sei una persona e in quantotale rappresenti un valore assoluto».La persona vale in se stessa e per se stessa,e non per la funzione che può svolgere.Ogni persona è un fine che ha valore as-soluto, non un mezzo valutabile per l’utilitàche può offrire. Ed è irripetibile, è unica,non può essere sostituita. Il card. Carlo Caffarra, arcivescovo di Bo-logna, in un incontro presso la parrocchiaSan Giovanni Bosco nella stessa città, hasostenuto questa convinzione riferendosiad alcune situazioni. Quando, ad esempio,un autista addetto ai turni di servizio negliautobus cittadini, non si presenta al lavoroper un qualsiasi impedimento, il capo-turno lo sostituisce con un altro, perché ilservizio deve essere assicurato. Il ruolo di questa persona è tale da per-mettere una sostituzione. E questo è pos-sibile perché in un’azienda la persona èconsiderata in quanto svolge un lavoro. Non importa che la prestazione sia svoltada Tizio piuttosto che da Caio. Importanteè il risultato. Un altro esempio. Un ragazzo e una ragazza si vogliono bene.

Riconoscimento dell’altro

Giuseppina Teruggi

«Crea tutta la felicità che sei in grado dicreare, elimina tutta l’infelicità che sei ingrado di eliminare: ogni giorno ti daràl’occasione, ti inviterà ad aggiungere qual-cosa ai piaceri altrui, o a diminuire qualcosadelle loro sofferenze. E per ogni granello di gioia che seminerainel petto di un altro, tu troverai un raccoltonel tuo petto, mentre ogni dispiacere chetu toglierai dai pensieri e sentimenti diun’altra creatura sarà sostituito da meravi-gliosa pace e gioia nel santuario della tuaanima» (Jeremy Bentham).

Ogni persona è unica

Pur con riserve critiche nei confronti delpensiero di Bentham – uno dei maggioriesponenti dell’utilitarismo filosofico – l’e-spressione citata risulta di sapore evange-lico. Ricalca, infatti, il messaggio e la testi-monianza di vita di Gesù che “è passatofacendo del bene a tutti” e ha inauguratoil comandamento dell’amore in totale gra-tuità. La vocazione umana fondamentaleè legata alla capacità di farsi servi dellagioia degli altri, nella convinzione delvalore unico della persona umana. Di ognipersona. Indipendentemente dall’età, dallecapacità, dalle sue prestazioni.Ci attrae la costatazione dell’unicità del-l’essere umano, della sua identità indiscussadi costituire un “valore”. Ci sentiamo bene, gratificati, quando av-vertiamo che le persone intorno a noi cifanno capire (e talvolta ce lo dicono): “tuvali”. Scavando in profondità, intuiamo tut-

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Decidono di andare insieme a fare unavacanza. L’ora della partenza, la ragazzanon si presenta. Il ragazzo aspetta e, vistoche non arriva, che cosa fa? La sostituiscecon un’altra? La sostituzione qui non ac-cade: non può accadere. Nel rapporto diamore, la persona è considerata, è volutain se stessa e per se stessa, nella sua unicitàirripetibile, non in vista di qualcosa d’altro. Le affermazioni: “in se stessa per se stessa”,si oppongono al concetto di sostituzione.Corrispondono a due modi contrari diconsiderare una persona, la quale non ènumerabile, non fa parte di una serie. Ciascuno è unico e quindi non-ripetibile. Il suo valore non aumenta o diminuisce“in rapporto a…”: la persona vale in sestessa e per se stessa. Esistono forse realtàdi cui si può dire la stessa cosa? Se ben riflettiamo, non troviamo una ri-sposta affermativa a questa domanda. Per nessuna realtà si può dire che sia ripe-tibile in modo totale. Lo si può, eventual-mente, in prestazioni parziali.

Uno sguardo realisticamente positivo

Siamo convinte tendenzialmente della ve-rità di queste affermazioni. La sfida scattaa livello di esperienza, soprattutto di con-vivenza concreta, quando nelle relazioniquotidiane non ne teniamo del tutto conto.Quando stabiliamo una serie di gerarchiecon cui poniamo le persone su piani diversi,non solo in considerazione della loro dif-ferenza o del ruolo, ma di un’attribuzionedi valore vero o presunto. Talvolta collochiamo le persone (anche lesorelle della nostra comunità) in classifi-cazioni standard, che rasentano il pregiu-dizio, e ne deduciamo le conseguenze. Se notiamo qualcosa di riuscito nella so-rella da cui non ce lo aspettiamo, diven-tiamo diffidenti e sospettose, fatichiamoa crederci. Oppure una medesima inizia-tiva proposta dalla sorella A, di cui non

abbiamo un concetto positivo, non vieneaccolta con la stessa considerazione diquella della sorella B, che invece stimiamoin modo indiscusso. Diamo piena credi-bilità alla persona di cui abbiamo fiducia;siamo critiche nei confronti di chi nonapprezziamo, anche quando offre apportisignificativi e sapienti. Sono piccole si-tuazioni della routine quotidiana, che tut-tavia possono incrinare la serenità dellerelazioni comunitarie e creare malessere.Le Capitolari, dopo aver lungamente ri-flettuto durante il Capitolo Generale XXIIIsulle dinamiche relazionali e le loro con-seguenze nella vita comunitaria, hannoproposto “un cambio di prospettiva”. Questo significa “coltivare un atteggia-mento positivo verso l’altro, andando oltrel’esteriorità e guardando ogni persona conlo sguardo di amore incondizionato di Cri-sto”. Il che implica “passare da un certoscetticismo verso quello che c’è e funzionamale, a uno sguardo positivo verso quelloche c’è e funziona bene. Chi ha un’attitudine positiva considera sestesso, la comunità e le altre realtà comeespressione di bellezza e di ricchezza spi-rituale” (Atti CG XXIII 34). Lo stesso Capitoloci ha sollecitate all’ascolto di laici e giovaniper accogliere i loro inviti ad essere casadove si vive “amando senza misura e senzalimiti di tempo”. I laici ci suggeriscono di“non aver paura” dei giovani, perché essihanno fiducia in noi, si trovano bene e sisentono a casa nelle nostre comunità. De-siderano però che li sappiamo accogliere,valorizzare, che sappiamo stare con loro,amare ciò che a loro piace, adattarci a loroin modo positivo (Atti CG XXIII 12-18).

Una lista a sorpresa

Una giovane insegnante propose agli alunnidi scrivere su un foglio l’elenco con i nomidi ogni compagna e compagno, lasciandoun po’ di spazio a lato dei nomi.

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compilate mettendo insieme le gentilezzeespresse dai compagni nei riguardi di Marc.«Noi vorremmo ringraziarla per quello cheha fatto – disse la madre. Come può constatare, Marc ha molto ap-prezzato questo gesto». Tutti gli exalunni circondarono la loro prof,ognuno con una sua interessante dichia-razione. Charlie sorrise e disse: «Ho ancorala lista. Si trova nel primo cassetto dellamia scrivania». La moglie di Chuck affermò: «Chuck miha pregata di incollarla sull’album dellefoto del nostro matrimonio». «Anch’io conservo la mia», disse Marilyn,«è nel mio diario». Vicky, un’altra allieva,prese la sua agenda e mostrò la sua listatanto usata ai compagni presenti. «Ce l’ho sempre con me» dichiarò e ag-giunse: «l’abbiamo conservata tutti».La prof era talmente commossa che dovettesedersi e scoppiò in pianto. Piangeva per Marc e per i suoi amici chenon l’avrebbero più rivisto. Piangeva al pensare quanto un piccologesto di amore e di riconoscimento pro-posto ai suoi alunni avesse potuto tra-sformarsi in un profumo di gioia e di fi-ducia che aveva accompagnato o stavaaccompagnando la loro vita. Il profumo misterioso che nasce dal ri-conoscimento, dal dimostrare alle personela nostra stima, il nostro amore, quantosono importanti e particolari per noi.

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Chiese di annotare in quello spazio qual-cosa di gentile sul conto di ciascuno. Questo lavoro richiese un’ora buona, finoa quando tutti ebbero finito e consegnatoil loro foglio. Al termine della settimanal’insegnante, a sua volta, scrisse il nome diogni alunno su di un foglio e a lato tutte legentili osservazioni dei compagni. Il lunedìconsegnò a ciascuno la sua lista. Passato un breve istante tutti sorridevanoincreduli. «Veramente?», si sentiva sussur-rare. «Io non sapevo di avere importanzaper qualcuno!». «Io non credevo di esseretanto benvoluto» erano i commenti che siudivano. Nessuno accennò più a questalista. L’insegnante non seppe se gli alunnine avessero parlato in seguito tra loro econ i genitori. L’esercizio aveva raggiuntolo scopo. Gli alunni erano soddisfatti di sestessi e degli altri. Qualche anno più tardi, uno di quei ragazzicadde ucciso durante la guerra del Vietname la professoressa volle partecipare al fu-nerale. La chiesa era gremita. C’erano molti amici presenti: uno dopol’altro si accostarono alla salma per l’ultimoaddio. Anche l’insegnante si avvicinò, moltocommossa. Uno dei soldati presenti lechiese: «È forse lei la prof di matematicadi Marc?». Alla risposta affermativa eglicontinuò: «Marc parlava sovente di lei».Dopo il funerale gli amici di Marc si riuni-rono tra loro. Erano presenti anche i genitoridel ragazzo e attendevano impazienti diparlare alla professoressa. «Desideriamo mostrarle qualcosa», disseil padre, e prese il portafoglio dalla tasca.«Hanno trovato questo, quando Marc ècaduto sul fronte, pensiamo che lei sappiadi che si tratta». Estrasse dal portafoglio una carta sgualcita,spiegata e ripiegata molto sovente. Senza nemmeno guardare, l’insegnanteimmaginò immediatamente di che cosa sitrattava: era una di quelle famose liste

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Missionarietà

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tenere solo per se stessi, ma va condiviso.”Questo è l’insegnamento del Concilio Vatica-no II e “tutti siamo inviati sulle strade del mon-do per camminare con i fratelli, professandoe testimoniando la nostra fede in Cristo e fa-cendoci annunciatori del suo Vangelo”. Papa Francesco dice che la missionarietà “nonè solamente una dimensione programmaticanella vita cristiana, ma anche una dimensioneparadigmatica che riguarda tutti gli aspetti del-la vita cristiana”.Egli mette in guardia da un atteggiamento re-missivo e poco entusiasta nel diffondere il Van-gelo e cita la Evangelii nuntiandi di Paolo VI:“Dobbiamo avere sempre il coraggio e la gioiadi proporre, con rispetto, l’incontro con Cristo,di farci portatori del suo Vangelo”. Spesso sono la violenza, la menzogna, l’erroread essere messi in risalto e proposti. È urgente far risplendere nel nostro tempo lavita buona del Vangelo con l’annuncio e la te-stimonianza.Oggi, in un mondo dove comunicazione emobilità umana rendono difficile per un par-roco conoscere i suoi parrocchiani, dove nelleregioni tradizionalmente cristiane “cresce ilnumero di coloro che sono estranei alla fede,indifferenti alla dimensione religiosa o anima-ti da altre credenze”, dove la comunità inter-nazionale tarda ad arrestare l’opera di mortedi assassini senza fede e senza frontiere, c’èbisogno di una rinnovata missionarietà.La crisi che vive il mondo è crisi di senso e divalori, ed è per questo che è “più urgente por-tare con coraggio in ogni realtà il Vangelo diCristo, che è messaggio di speranza, di ricon-

Missionarietà

Gabriella Imperatore

La “missionarietà non è solo una questione di territori geografici,ma di popoli, di culture e di singolepersone, proprio perché i ‘confini’della fede non attraversano sololuoghi e tradizioni umane, ma il cuore di ciascun uomo e di ciascuna donna”.

“Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missio-nario!” L’insistenza con cui papa Francesco in-voca una Chiesa “in uscita” si intreccia con ilcammino progettato, dall’Istituto delle Figliedi Maria Ausiliatrice al Capitolo Generale XXIII,sulla strada della conversione pastorale e diuna rinnovata prassi missionaria. Le parole delPontefice rivolte a tutta la Chiesa risuonanoper noi donne consacrate, per ogni educatore/educatrice, come un appello incalzante a rin-novare la passione e l’impegno per la missioneeducativa evangelizzatrice, in qualunque si-tuazione, in qualsiasi opera, anche inedita, incui si esprime il carisma salesiano. «Spero che tutte le comunità facciano in mododi porre in atto i mezzi necessari per avanzarenel cammino di una conversione pastorale emissionaria che non può lasciare le cose comestanno [...]. Costituiamoci in tutte le regionidella terra in uno “stato permanente di mis-sione”» (Francesco, Evangelii gaudium, 25-27).

Paradigma della vita cristiana

La fede è un dono, ma la misura della nostrafede si ottiene da quanto siamo capaci di co-municarla. La fede è “un dono che non si può

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ciliazione, di comunione, di vicinanza di Dio,della sua misericordia, della sua salvezza.Annuncio che la potenza di amore di Dio ècapace di vincere le tenebre del male e gui-dare sulla via del bene”.La missionarietà della Chiesa, dunque, non èproselitismo, bensì testimonianza di vita cheillumina il cammino, che porta speranza eamore. E la scelta preferenziale per i poveri,emarginati ed esclusi, è la maniera più direttae concreta di come la fede in Cristo, il Signorecrocifisso e risorto, prende forma nella vita deicristiani. Oggi sono i migranti che richiamanola nostra attenzione. Per molti di loro la nostraterra è una stazione di passaggio, per alcuniinvece è forte il desiderio di chiedere asilo po-litico, altri ancora sperano in una vita migliorefermandosi. È Cristo stesso che interpella inognuna di queste persone forestiere, senzanessuna dimora e ci chiede di accoglierle.

Le migrazioni non sono un fenomeno pas-seggero, ma una sfida che coinvolge tutta lanostra missione e apre nuovi ambiti di atten-zione verso i più poveri. Non riguarda solo le realtà istituzionali sia po-litiche che ecclesiali, ma è ogni singola per-sona che viene chiamata in causa, serve ilcontributo di tutti. Il nostro legame in Cristodeve trovare la sua espressione per il fattoche insieme interveniamo proprio lì dove lepersone hanno bisogno del nostro aiuto.Accogliere non è un atto di bontà, è un pro-getto politico, di riesame della nostra vita co-mune alla luce del mondo, di cui i migrantisono i veri attori, le avanguardie. Rifiutare l’accoglienza è, invece, una colpa,ma soprattutto significa non raccogliere la sfi-da a ripensare le proprie comunità e opere. Si deve avvertire il dovere di essere ‘sentinelledell’accoglienza’, perché ognuno tanto più se

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ha sottolineato come si possano estrapolare«tre parole chiave per capire bene quello cheGesù vuole dai suoi discepoli-missionari» e«da tutti noi che seguiamo Lui». Le tre parolesono: «cammino, servizio e gratuità». Innanzitutto Gesù invia a un «cammino». Un cammino che, beninteso, non è una sem-plice «passeggiata». Quello di Gesù «è un invio con un messag-gio: annunciare il Vangelo, uscire per portarela salvezza ». E questo è il compito che Gesùdà ai suoi discepoli. Perciò chi «rimane fermoe non esce, non dà agli altri quello che ha ri-cevuto nel Battesimo, non è un vero discepo-lo di Gesù». Infatti «gli manca la missiona-rietà», gli manca «l’uscire da se stesso per por-tare qualcosa di bene agli altri». C’è poi il «servizio». Occorre «camminareper servire gli altri». Si legge nel Vangelo:«Strada facendo predicate, dicendo che il re-

povero, perseguitato, offeso si senta a casadove arriva, senta la responsabilità di partirenon prima di aver regalato i doni di una cul-tura, di una religiosità, di una storia. Il futuro non si costruisce senza incontri, sen-za i migranti.

Cammino, servizio, gratuità

Nel cambio di epoca che stiamo vivendo, ilnostro impegno non è solo quello di miglio-rare qualcosa, piuttosto richiede una realeconversione missionaria, per divenire Chiesache «genera, fa crescere, corregge, alimenta,conduce per mano (Atti CG 23, 50).

In cammino verso Dio e verso gli altri, nel ser-vizio e nella povertà. Nel commentare il branodi Matteo (10, 7-13) nel quale «Gesù invia i suoidiscepoli ad annunciare il Vangelo, la nuovanotizia, il vangelo di salvezza», papa Francesco

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gno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, ri-suscitate i morti, purificate i lebbrosi, scac-ciate i demoni». Qui si ritrova il dovere deldiscepolo: servire. «Se un discepolo noncammina per servire, non serve per cammi-nare. Se la sua vita non è per il servizio, nonserve per vivere, come cristiano». Infine la «gratuità». “Il cammino del servizioè gratuito, perché noi abbiamo ricevuto la sal-vezza gratuitamente, nessuno di noi ha com-prato la salvezza, nessuno di noi l’ha meritataed è triste quando si trovano cristiani che di-menticano questa Parola di Gesù: ‘Gratuita-mente avete ricevuto, gratuitamente date’. È triste quando si trovano comunità cristianeche si dimenticano della gratuità, perché die-tro c’è l’inganno (di presumere) che la salvez-za viene dalle ricchezze, dal potere umano”. Oggi di fronte alle ferite della storia essere di-scepoli-missionari significa fare proprie le pa-role di Maria di Magdala: “Non sappiamo dovel’hanno posto”, riferito a Gesù Risorto. Un’u-mile uscita mendicante di ricerca insieme aglialtri è l’annuncio più bello che si possa dare.

Antonietta Potente è una suora domenicanadi origine ligure, 56 anni, biblista e missiona-ria. Minuta e fragile, determinata e audacequando si parla dei poveri. Per quasi vent’anni ha fatto esperienza di“Chiesa in uscita”, vivendo in Bolivia primaa Santa Cruz de la Sierra, poi a Cochabambauna forma di vita comunitaria con alcuni cam-pesinos di etnia aymara. Con loro ha parteci-pato attivamente al processo di cambiamentosocio-politico che ha visto protagonisti i mo-vimenti popolari. Una scelta coraggiosa econtrocorrente che ben esprime il suo stilemissionario, fatto di ricerca incessante di Dioe di condivisione con gli ultimi. Una rivoluzione copernicana della missione,quella che la missionaria-teologa propone,che ben si riassume nel ritornello-imperativo“camminare insieme”. Dopo essere stata im-pegnata nell’insegnamento, in varie cattedre

in Italia, da anni insegna teologia presso l’U-niversità cattolica di Cochabamba. Dal 2000 al2004 è stata membro della commissione teo-logica della Conferenza latinoamericana deireligiosi (CLAR). Sul perché è diventata mis-sionaria, spiega: «Un credente deve continua-re incessantemente a cercare e il mio deside-rio era di cercare fuori dalla mia cultura, daquello che già sapevo, dal mio contesto: tuttoquesto mi ha spinta ad andare in Bolivia». Di quella terra e di quell’intensa esperienzami rimane l’aver imparato a leggere il Misteroe la teologia in un altro modo, mi rimane ladignità di un popolo che ha stravolto la suasituazione senza nessun tipo di guerriglia eoggi, con tutte le fatiche e gli errori di ogniprocesso di cambiamento, ha aperto una stra-da anche ad altri popoli. Anche questo si può leggere come un pro-cesso evangelizzatore: i poveri non sono soloquelli che ci stanno aspettando, ma coloroche conoscono così bene la vita da sospin-gerla in avanti. A noi non resta che affiancarequesti processi di cambiamento». «La missione – suor Antonietta ne è convinta– cambia la vita di una suora, perché esprimela passione per la ricerca della profondità checostituisce l’essenza della vita consacrata. Dalcontatto con l’Altro e con l’altro si esceprofondamente rinnovati».

In cammino verso le periferie

La Chiesa “in uscita” è la comunità di disce-poli missionari che prendono l’iniziativa, chesi coinvolgono, che accompagnano, che frut-tificano e festeggiano. […] Quindi, la comu-nità evangelizzatrice si dispone ad “accom-pagnare”. Trova il modo per far sì che la Pa-rola si incarni in una situazione concreta edia frutti di vita nuova, benché apparente-mente siano imperfetti o incompiuti (Evan-gelii gaudium, 24). È una Chiesa in cammino verso le periferie ein ascolto del Vangelo e dei poveri. Una Chie-sa che prende a modello il profeta Giona,

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nel mondo il segno dell’amore che salva. Una vicinanza che ha anche una forte presasimbolica e una capacità comunicativa piùeloquente di tante raffinate strategie.Occorre un impegno tenace per continuaread essere missionari nelle trasformazioni de-mografiche, sociali e culturali che il Pianeta at-traversa: la fatica a generare e a educare; un’im-migrazione massiva che produce importantimetamorfosi al tessuto sociale; una trasforma-zione degli stili di vita che ci allontana dallacondivisione con i poveri e indebolisce i lega-mi sociali. «Se non lo hai toccato, non lo haiincontrato», ha detto del povero papa France-sco. Senza l’opzione preferenziale per i piùpoveri, «l’annuncio del Vangelo, che pur è laprima carità, rischia di essere incompreso o diaffogare in quel mare di parole a cui l’odiernasocietà della comunicazione quotidianamenteci espone» (Evangelii gaudium, 199).

“Le Figlie di Maria Ausiliatrice dell’Ispettoriaindiana Mater Ecclesiae di Guwahati (ING),sono impegnate nella missione verso i piùpoveri, raggiungendo la popolazione neicampi di rifugio ad Assam, dopo la violentastrage etnica scoppiata tra Bodos, Adivasi eSathali, che ha provocato la morte di moltepersone, soprattutto bambini e donne nellezone del Sonitpur, Kokrajhar, Chirang e Bon-gaigaon. Migliaia sono i senza tetto, tanti sonostati costretti a fuggire dai villaggi. Molte case sono state distrutte e i campi diriso bruciati. Bambini, donne e anziani sonole persone più colpite da questo atto cru-dele e disumano. Sono stati allestiti campidi soccorso in luoghi diversi, ma le personecontinuano a soffrire a causa della mancan-za delle cose più essenziali: medicinali, ci-bo, case e vestiti”. Le fma hanno accolto con gioia e fermezzal’invito del Capitolo Generale XXIII ad usci-re per raggiungere le nuove ‘periferie’, in-sieme sono impegnate a concretizzare lamissione come avrebbe fatto don Bosco emadre Mazzarello.

chiamato a Ninive, e si mette in strada per an-nunciare, prima di tutto, la misericordia sor-prendente di Dio. Una Chiesa capace diascolto non solo del grido dei poveri – un’ur-genza imprescindibile – ma pure delle tanteespressioni dell’unica fede, che in ogni culturae continente prende una forma specifica. La gente ha bisogno di parole e gesti, che par-tendo da noi, indirizzino lo sguardo e i desi-deri a Dio. La fede genera una testimonianzaannunciata non meno di una testimonianzavissuta. Con il suo personale tratto papa Fran-cesco mostra la forza e l’agilità di questa formae di questo stile testimoniali: quante immaginie metafore provenienti dal Vangelo egli riescea comunicare, soddisfacendo la ricerca di sen-so, accendendo la riflessione e l’autocriticache apre alla conversione, animando una de-nuncia che non produce violenza ma permet-te di comprendere la verità delle cose.Nelle attuali veloci trasformazioni, e in qual-che caso a seguito di scandali, corriamo il ri-schio di perdere questa presenza capillare,questa prossimità salutare, capace di iscrivere

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Come guardare al futuro tenendo con-to delle sfide che i mutamenti in attopongono alle nostre comunità in mis-sione?

“Ripartire dagli ultimi”. Come tener fe-de, oggi, a questa promessa?

Come abitare la periferia perché fiori-sca in una nuova vita e in una culturadi persone generanti?

“Svegliate il mondo!”. È questo l’appel-lo di papa Francesco ai religiosi/e. Risvegliarci e risvegliare gli altri: è l’u-nico grido evangelico in questo mo-mento; essere profeti oggi significaquesto. È questo il senso dell’esseremissionari oggi.

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Esse svolgono attività di formazione e istru-zione per le ragazze che si trovano nei campidi rifugiati e le preparano per sostenere gliesami. Sono 156 le ragazze provenienti da 12campi di Kokrajhar e Darrang a cui si sta dan-do una formazione speciale nelle case del-l’Auxilium a Bongaigaon, a Dotma e a Majbat.In tutti i centri due fma si adoperano per ac-compagnarle nel processo di educazione eformazione ai valori autentici della vita. Le giovani sono state anche fornite del mate-riale di studio e di cancelleria, oltre ai vestiti,coperte e ogni genere di prima necessità. Fe-deli alla missione e al carisma dell’Istituto, lefma di Guwahati vivono con audacia e corag-gio la missione tra i più poveri della società”.

Quanto vale la vita delle persone? Quanto valgono le vite di coloro che vivonolungo i marciapiedi della marginalità, giovanimigranti ingannate, vendute, comprate come

merce e ridotte in schiavitù?La missionarietà è, anche, la risposta a quelgrido di dolore, a quella chiamata nuova cheapre ad un rinnovato dinamismo missionario.In uscita, rinsaldati nella fede e nella speranzaandiamo, con coraggio e gioia verso le peri-ferie esistenziali che hanno bisogno della lu-ce del Vangelo.Accogliere non è semplicemente organizzareun servizio, offrire un posto letto, un luogodove mettere le proprie cose, poter mangiaree stare al caldo. Non è solo un fare per chi ènel bisogno, è soprattutto e anzitutto un farespazio perché queste giovani donne, violatenella loro dignità, possono trovare il caloredi una casa, abitare le nostre vite, i nostri sen-timenti, possano trovare spazio nel nostrocuore di donne consacrate.A Caserta, nel Sud Italia, è nata così Casa Rut.Rut si fa presenza “amica”, questo è il signifi-cato del suo nome, per dire con tutto l’ardore

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tà e la tenerezza del suo cuore di donna: «Dovetu andrai andrò anch’io, dove ti fermerai, mifermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e iltuo Dio sarà il mio Dio» (Rut 1,16).Una parola, quella di Rut, che è diventata scel-ta, impegno e fedeltà di vita, speranza e storiadi salvezza, che si fa passione d’amore quo-tidianamente, perché tutti possano ritrovarein Lui la dignità e la libertà dei figli di Dio.Un gesto coraggioso che ha portato l’Istitutodelle Orsoline a prendersi cura delle donnein difficoltà, soprattutto immigrate, che vivo-no una condizione di invisibilità e precarietàsociale e umana. Un gesto che le ha portate a lasciare i confinisicuri e protetti rappresentati dalla vita di co-munità con le sue tradizioni e abitudini reli-giose per sconfinare sulla strada. La strada, luogo-simbolo delle periferie esi-stenziali, sempre dà ospitalità a color che so-no i perdenti e perciò i rifiutati della storia.Un luogo, continuamente abitato da Gesù,

tanto da essere percorsa per incontrare e la-sciarsi toccare dai suoi prediletti: i poveri, glioppressi, i resi schiavi, restituendo loro di-gnità e salvezza.Casa Rut è diventata, così, uno spazio di vitaabitato da volti, da tante storie dove le dimen-sioni dell’ascolto e dell’incontro tessono ecolorano la giornata di gesti essenziali cheservono per far vivere, di percorsi che profu-mano di dignità: umano-psicologici-sanitari,di apprendimento e miglioramento della lin-gua italiana, di socializzazione e formazioneal fine di rendere la donna sempre più con-sapevole della sua dignità liberata, protago-nista del proprio cammino verso la libertà el’autonomia. Ecco che i miracoli si realizzanoquando le porte del cuore, della mente edell’iniziativa concreta si aprono all’abbracciodell’accoglienza.

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OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO

AGENDA POST 2015

QUARTO OBIETTIVO:RIDURRE

LA MORTALITÀINFANTILE

IL QUARTO OBIETTIVO DEL MILLENNIO DICE CHE BISOGNA RIDURRE

LA MORTALITÀ DEI BAMBINI SOTTO I 5 ANNI.

OGGI, GLOBALMENTE, MUOIONO OGNI GIORNO 17.000 BAMBINI.

I TASSI PIÙ ELEVATI DI MORTALITÀ TRA I BAMBINI SOTTO I CINQUE ANNI CONTINUANO

A REGISTRARSI NELL’AFRICA SUBSAHARIANA E IN ASIA MERIDIONALE:

DUE REGIONI CHE, INSIEME, SONO TEATRO DEL 75% DEI DECESSI

INFANTILI NEL MONDO.

LA MALNUTRIZIONE CONTRIBUISCE PER IL 45%(3,1 MILIONI DI DECESSI)

DELLA MORTALITÀ INFANTILE GLOBALE.

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SALVIAMO LA VITADI MIGLIAIA DI BAMBINIE DIAMO LORO IL FUTURO...

OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO

AGENDA POST 2015

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Letturaevangelica

dei fatticontemporanei

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donazione agli altri, per una causa.L’atteggiamento di gratuità va in particolareconsolidato mediante esperienze di vo-lontariato. Contro una società troppo cen-tralizzata e assistenziale occorre rivalutareil ruolo del volontariato nella società persollecitarla alla giustizia partendo dallalogica della gratuità. Il volontariato richiamada vicino la scelta della nonviolenza comepratica di vita. Anche qui occorre non soloinvitare ad una riflessione teorica, ma par-tecipare a piccole iniziative sul territorio eimpegnarsi a una pratica di nonviolenzanel lavoro, in famiglia, nella vita di gruppo.Si educa alla gratuità favorendo esperienzedi incontro tra generazioni, oltre che tra

Fare esperienza di gratuità

A cura di Mara Borsi

Il consolidamento della gratuità non puòessere demandato solo a interventi educativisul piano della riflessione e della contem-plazione. Occorre investire le energie nel-l’azione a due titoli: per fare esperienza digratuità in concreto e per cominciare posi-tivamente un nuovo stile di vita.

Una prima esperienza è il contatto imme-diato con gli inutili, gli scarti, gli emarginati,i poveri, gli anziani. Non per tacitare, ditanto in tanto, la propria coscienza sul pro-prio stile di vita, magari consumista ed ego-centrico, ma per apprendere da loro unaragione di vita. Si tratta di andare a scuola.Nella stessa direzione è stimolante l’incontrocon i «testimoni» di una vita spesa nella

28RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICEdma damihianimas

Ciao! Sono Marian Z. Belarmino. Ho di-ciotto anni, sono una ragazza della Biblio-teca Mobile (BMDK), e un’animatrice delVIDES. Frequento il terzo anno del corsodi laurea in Business Administration a Ma-nila. La mia famiglia è composta da mammae papà, tre fratelli e vive nelle baraccopolinella città di Quezon. Ho incontrato ilVIDES Filippine, quando è iniziata l’attivitàdella biblioteca mobile nella nostra co-

munità. Avevo dodici o tredici anni. Hocominciato a partecipare per curiosità.Sono rimasta perché mi hanno attirato leattività e i giochi. Il mio percorso non èstato facile. Ci sono stati momenti di alti ebassi, ma sono rimasta. L’associazione miha visto crescere, e io ho visto come ilVIDES è cresciuto. All’inizio i programmi erano focalizzatisolo sui diritti dei bambini. Ora il VIDES

VIDES: la parola ai giovani

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prende in considerazione anche i fattoriesterni che influiscono sulla vita del bam-bino – l’ambiente, la famiglia, i genitori.Perciò l’Associazione insegna anche ai ge-nitori come aumentare le entrate e comeaccompagnare i loro figli. Con il passaredegli anni, ho capito che qui era per me ilposto giusto dove ho potuto mettermi ingioco, esprimere i miei talenti e dove hopotuto rafforzare le mie capacità.La mia famiglia è povera e ha dovuto af-frontare grandi difficoltà. Per questo avreidovuto smettere di studiare. Il VIDES, in-vece, mi ha aiutato con una borsa di studioe mi ha dimostrato che il denaro non è unproblema se uno si impegna. Ha avuto fiducia in me e mi ha aiutato a

crescere attraverso varie esperienze in cuiho anche potuto sperimentare le mie po-tenzialità e incontrare bambini di diverseparti del Paese. Abbiamo condiviso insiemele nostre esperienze e abbiamo imparatogli uni dagli altri. Ho potuto realizzare sogni impensati esono diventata una persona più consape-vole riconoscendo che la vita è più bellase ha il sapore del dono. Ho partecipato a diversi progetti e ho vistoquanto lavoro fanno i volontari. C’è unbuon coordinamento. Sono diventata partedi una grande, ma bella organizzazione,da cui ho imparato essenzialmente tre pa-role: One for others (Uno per gli altri).Sempre sarò un dono per gli altri.

giovani di gruppi e ambienti di vita diversi.L’emergere del personale sta valorizzandol’incontro per il gusto di incontrarsi e farefesta insieme. Non ci si deve vedere solol’evasione dall’impegno. È piuttosto un momento in cui si affermache il senso della vita è stare con gli altripiù che nel lavoro o nell’efficientismo digruppo. Certo insieme all’educazione, allostare insieme occorre abilitare a gestirespazi di responsabilità.

La strategia del volontariato

Sappiamo che i/le giovani volontari/e sonogenerosi e aperti. A essi possiamo con co-raggio proporre la pedagogia della pace,che «richiede una ricca vita interiore, chiarie validi riferimenti morali, atteggiamenti estili di vita appropriati. Bisogna, allora, in-segnare agli uomini ad amarsi e a educarsialla pace, e a vivere con benevolenza, piùche con semplice tolleranza. Incoraggia-mento fondamentale è quello di dire noalla vendetta, di riconoscere i propri torti,di accettare le scuse senza cercarle, e

infine di perdonare, in modo che gli sbaglie le offese possano essere riconosciuti inverità per avanzare insieme verso la ricon-ciliazione» (Benedetto XVI 2013).Noi educatori e educatrici senza scorag-giamento possiamo proporre, dall’infanziaalla giovinezza, all’età adulta ‘qualcosa inpiù’, mete alte, traguardi vasti e appassio-nanti di bene! Incoraggiamoci nel testi-moniare la fede e nel condividere, lascia-moci accompagnare dai giovani. Solo così,insieme, saremo più consapevoli della ra-gione della nostra fede e della nostra spe-ranza. “L’educazione alla gratuità avrà comeesito una generazione di giovani generosi,che aderiranno ad associazioni di volon-tariato, in particolare quelle presenti nel-l’Istituto: così il volontariato diventa palestrain cui ci alleniamo insieme, giovani e adultiper crescere in pazienza, mansuetudine,gioia nel donarsi agli altri, disponibilità acompiere la volontà di Dio” (Ambito PG,Educare alla gratuità, n. 7/2013).

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varono riuniti gli Undici e gli altri che eranocon loro, i quali dicevano: «Davvero il Si-gnore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accadutolungo la via e come l’avevano riconosciutonello spezzare il pane.

Lettura: Il testo in se stesso

Al termine del cammino di fede, Luca ri-propone un impegno fondamentale: l’a-scolto della Parola. Condividi in comunità, come i discepolil’hanno vissuto, l’esperienza dell’ascoltodella Parola. E a quale conclusione sonogiunti. Confronta e commenta altri passibiblici in cui i discepoli hanno riconosciutoil Signore Risorto (Gv 20, 16; 21,7)“Si alzarono e fecero ritorno a Gerusa-lemme”. A differenza del brano della Tra-sfigurazione, non c’è la tentazione di ri-manere, perché l’invito del Signore è diandare e annunciare quello che è statovisto e udito (Gv 20, 17-18).Hanno incontrato gli Undici con gli altricompagni. Il cammino per Emmaus è statouna via di fuga: per paura di essere consi-derati complici del condannato, hanno ab-bandonato la comunità dei discepoli. Il primo frutto del ritorno è la comunionefraterna.Che cosa hanno in comune chi è ritornatoe chi è rimasto? (Gv 33-35). Proviamo acondividere sentimenti, parole e gesti... Allora Gesù stesso sarà presente in mezzoa loro (vv 36 ss).

Emmaus: comunità e annuncio Eleana Salas

Ambientazione

Una Bibbia grande; un crocifisso e un ceropasquale. Uno zaino e i sandali.

Invocazione allo Spirito Santo:

Vieni Spirito Creatore, vieni, vieni. (2v)(o un altro canto di invocazione allo SpiritoSanto conosciuto da tutti)

Siamo ormai al culmine del percorso di Em-maus e della Risurrezione: il ritorno in co-munità e l’annuncio gioioso della Pasqua.Tutto ciò che aveva ostacolato il riconoscereil disegno del Padre, trova il suo compi-mento in Gesù. Il cuore ardente e lo sguardo lungimirante,la certezza che il progetto d’amore si èrealizzato in Gesù, fa ardere di gioia il lorocuore per l’umanità del Maestro... Non è possibile trattenerla per sé! Nessuno li ferma.

Il testo viene proclamato con chiarezza dauna lettrice. Ogni partecipante legge dinuovo personalmente il testo. In seguito si può fare la risonanza delle frasipiù significative.

Luca 24, 31-35

Allora si aprirono loro gli occhi e lo rico-nobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardevaforse il cuore nel petto mentre conversavacon noi lungo il cammino, quando ci spie-gava le Scritture?». E partirono senz’indugioe fecero ritorno a Gerusalemme, dove tro-

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Meditazione: il testo per noi oggi

Quali sono i temi che più ci attirano, sap-piamo cogliere il senso degli eventi, dellanostra storia, alla luce delle Scritture?Verifichiamo il nostro modo di condividerela Parola? Fino a che punto condividiamola profondità della nostra ricerca di Dio el’esperienza della nostra fede?La comunità è il luogo della missionarietà,della passione per i giovani, della gioiadell’annuncio? Come la alimentiamo?

Preghiera

Abbiamo assolutamente bisogno di “apriregli occhi” per vedere e contemplare l’agiremisericordioso del Padre e dello Spirito.Chiedere continuamente il dono dellafede. Innamorarci di Gesù, Signore e Sposo.La ragione di un cuore che arde del Damihi animas, è aver fatto l’esperienzamistica del Risorto. Chiedere con costanza

la capacità di contemplare e “vedere”, unafede in grado di scoprire i segni dell’azionedi Dio tra i giovani della comunità, nelmondo di oggi.

Contemplazione – Impegno

Non basta studiare e pregare la Parola diDio; è necessario che essa porti fruttonella nostra vita. Come continuare a colti-vare la mistica dello sguardo per scopriree contemplare Gesù Risorto?Come rendere le nostre comunità luoghidi annuncio e di invio missionario?Condividiamo alcune risonanze della nostrapreghiera.

Preghiera finale

Per te, mio Dio, io canterò,la gioia di essere tuo testimone, Signore.(Espinoza)

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centua alcuni tratti caratteristici: la profonditàdell’unione con Dio espressa nell’audaciadell’azione apostolica, la carità reciproca, lospirito di famiglia, la maternità nelle relazionitra superiore e consorelle, lo spirito missio-nario. Diceva: «Lavorate per la formazionedelle suore ed avrete vocazioni numerose,buone ed elevate sotto ogni aspetto. Tuttele nostre suore debbono essere educatrici,ma come si fa ad educare se siamo ignoranti?».

La formazione delle donne e della famiglia

Nel motivare l’esigenza della formazionein vista della missione, don Rinaldi attiral’attenzione delle superiore e delle comunitàsu quello che faceva don Bosco. Nell’educazione occorre prendersi cura deipiccoli, ma aprirsi anche alle giovani perchésiano buone madri di famiglia. Si è conservata una conferenza molto inte-ressante su questo tema che ha stimolato inquegli anni l’Istituto ad una verifica e forseha indicato una prospettiva nuova a livelloapostolico: «Aver cura dei bambini è operaangelica! È un lavoro mai abbastanza capitoe mai fatto con abbastanza perfezione…Ma a che serve lavorare con i bambini se poiperdiamo le giovani, le madri di famiglia?Non giova dire: c’è il germe e può germo-gliare…potrebbe anche non germogliare.Abbiamo la gioventù nel momento più im-portante; noi siamo antiquarii: continuiamoa vivere come cinquanta anni fa. Abbiamo cura, accompagniamo le giovanianche quando sono ben grandi, altrimentinon vedremo più madri cristiane. Se non ne

Studia di farti amare

Piera Cavaglià

Per mettere i colori all’abbozzoiniziato da don Bosco, don FilippoRinaldi, suo terzo successore, indica la parola d’ordine: la formazione.

La formazione delle fma

Per poter attuare nel nuovo contesto socialela missione che don Bosco e la Chiesa affi-davano all’Istituto per la formazione dellegiovani, era necessario considerare comepriorità la formazione delle fma in quantoeducatrici e missionarie.Gli aspetti innovativi che si profilavano perl’educazione delle ragazze richiedevano unamaggiore sistematicità e profondità nella for-mazione delle religiose. Don Rinaldi promosseambienti adatti nei quali vi fossero specificipercorsi di formazione ai vari livelli. Abituatoa lavorare in profondità, non si stancava diorientare le fma a riscoprire le esigenze dellaloro missione e a prepararsi ad essa concompetenza professionale e spirituale nel-l’ottica dello spirito salesiano. Dell’ampia realtà della formazione don Rinaldi,oltre la cura dell’assimilazione dei principicristiani e di quelli propri della spiritualitàsalesiana, punta sul conservare lo spirito didon Bosco nelle comunità, anzi sul farlo rivi-vere. Ciò che ribadisce con molta frequenzaè la vigilanza perché si mantenga e si potenziil clima di famiglia in modo che nella comunitàsi formi un cuor solo e un’anima sola nel re-ciproco amore e nella fattiva collaborazione. Della spiritualità salesiana don Rinaldi ac-

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abbiamo cura, la pianta sarà disseccata daicattivi. Pensiamo che la famiglia non è piùquella di una volta: la mamma cristiana èperduta, è diventata mezzo uomo e trascurala famiglia. Non nego che trovo nelle Figliedi Maria Ausiliatrice uno zelo grande per se-guire le giovani un po’ grandi, ma perché sipensa che si facciano suore e si crede diaver fatto tutto il bene. Ma credete che ci sa-ranno meno vocazioni se ci saranno buonemadri? Il Signore dà Lui le vocazioni. Non abbandoniamo quelle che non sonochiamate a farsi suore».

L’orizzonte missionario e interculturale

Per poter irradiare lo spirito di don Bosconel Mondo, don Rinaldi con visione profe-tica, addita la strategia missionaria, nonsolo quella di inviare delle missionarie dal-l’Italia, ma di curare al centro dell’Istitutola formazione di un personale autoctonocapace di inculturare la spiritualità secondole esigenze dei luoghi. La spiritualità dell’I-stituto – insegnava – è spiritualità missionaria,non solo delle missionarie! Don Filippo Rinaldi, parlando dell’aperturadell’Istituto a partire dalla solidarietà reciprocatra le Ispettorie, affermò nel 1925, al primoConvegno per le maestre delle novizie: «Ildare personale per le Missioni è mezzo persvegliare nuove vocazioni. Io benedirò il

Signore il giorno in cui saprò che lo scambiodel personale tra un’ispettoria e l’altra ha fattocadere le barriere delle Alpi, delle Ande e del-l’Oceano, per formare l’unità dell’Istituto».La dimensione missionaria dell’Istituto è ali-mentata dalla consapevolezza di apparteneread una Famiglia religiosa aperta alle varienazioni senza barriere di lingua e di cultura.Tale consapevolezza dà all’esperienza dellefma un orizzonte ampio e universale. Il tra-sferimento del personale non solo da un’i-spettoria ad un’altra, ma da nazione a nazioneagevola l’apertura, l’interscambio, il sensodi appartenenza, il superamento dei nazio-nalismi. Ci si sente responsabili a largo raggiodell’andamento globale dell’Istituto, dellasua diffusione nel mondo, fino alla condivi-sione economica. Era convinto che occorrevaformare il personale autoctono non solonelle varie Ispettorie e comunità, ma anchecon una sosta al centro dell’Istituto. Da una parte don Rinaldi incoraggia la for-mazione del personale autoctono e dall’altrasollecita l’Istituto a potenziare lo spiritomissionario per rispondere alle urgenti esi-genze educative dei vari contesti.

Nella sua ampia e variegata opera di ac-compagnamento spirituale e di formazionedella donna e delle fma, in don Rinaldi sitrova da una parte l’accento sulla forma-zione all’interiorità, alla solidità spiritualedella persona in prospettiva cristiana edall’altra la formazione all’audacia aposto-lica, allo spirito di iniziativa, di coraggio edi solidarietà sociale. Resta solo un ram-marico: l’esperienza pedagogica di don Ri-naldi, che ancora oggi colpisce per la mo-dernità delle iniziative, e soprattutto le sueintuizioni lungimiranti per la formazionedella donna, forse non ha avuto un adeguatosviluppo e attende perciò chi sia in gradodi farne rivivere, in questa inedita fase dellastoria, la straordinaria carica profetica.

[email protected]

Per approfondire: CASTANO Luigi, Beato Don FilippoRinaldi (1856-1931). Vivente immaginedi Don Bosco e suo Terzo Successore,Leumann (Torino), Elledici 1990.

VIGANÒ Egidio, Don Filippo Rinaldigenuino Testimone e Interpretedello”spirito salesiano”, in Atti delConsiglio Generale della Società Sa-lesiana di San Giovanni Bosco 71 (1990).

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con sguardo tenace e lungimirante le suorehanno risposto alla chiamata. Grande è stato l’entusiasmo delle primesorelle suor Patrizia, suor Anisia e suorPurity. Una dedizione piena che continua,grazie alla presenza delle fma della comu-nità attuale che, con cuore appassionato ezelo apostolico, sperimentano quanto benesi sta facendo e quanto è grande la speranzadi condividere sempre di più con la gentedel deserto l’annuncio evangelico.La comunità si è stabilita in una piccolacasa vicino alla parrocchia e c’è una buonacollaborazione con il sacerdote e tutta lacomunità parrocchiale.

Missione itinerante

Si sta portando avanti il Progetto ‘Reachout’ (raggiungere) che è una missione dievangelizzazione itinerante, si passa attra-verso il deserto Chalbi e si raggiungono igruppi di nomadi ‘Gabbra’ nei villaggi. La fede della gente e la vita sacramentale,grazie a questi incontri, sta crescendo e lesuore cercano di promuovere, anche at-traverso la catechesi nelle scuole, una for-mazione cristiana più solida e convinta.Le fma sono coinvolte in tutte le attivitàdella parrocchia. L’inserimento è stato gra-duale: dopo il mandato della Madre Ge-nerale e del suo Consiglio, si è avviata unapiccola presenza durante le vacanze estive. Alcune fma, novizie, postulanti e volontari/eVides Kenya e UK hanno animato i campiestivi con diverse attività formative, ludi-co-espressive e ricreative.

Una nuova periferia:North HorrAnna Rita Cristaino

Nomadi con i nomadi. La missione delle fma in North Horr è caratterizzata dalla precarietà tipicadei popoli nomadi. Ci si sposta di stagione in stagione per trovareterreno buono per il pascolo. Si vive in tribù, dove ogni famiglia è anche la tua. La regione è desertica,le distanze ampie e i viaggi duranogiorni. Non ci sono appuntamentiprecisi, orari fissi da rispettare, ma lunghe ore di viaggio, incontrilungo il cammino, cambi di direzione.Richiesta di ospitalità, accoglienza,condivisione di un pasto e di un posto per dormire. Il dialogo parte dalle esigenze della vita di tutti i giorni e si cerca di far entrare il Vangelo con il suomessaggio di salvezza negli usi e costumi tradizionali chesopravvivono da centinaia di anni.

Le fma a North Horr

È dal 2011, rispondendo ad una richiestadel Vescovo, che le fma hanno una nuovapresenza nel deserto di North Horr nelNord del Kenia, nell’Ispettoria africana No-stra Signora della Speranza (AFE) che com-prende Kenia, Ruanda e Tanzania. North Horr è una terra deserta, arida,secca, lontana dalla città. All’inizio non è stato facile, c’è stata unpo’ di resistenza, ma poi, con coraggio,

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Ci sono stati molti incontri con il Vescovoe il parroco di North Horr. Insieme si ècercato e conosciuto di più la realtà, i bi-sogni e le esigenze del territorio, dellagente, si è programmato insieme e si sonostabiliti compiti e ruoli fin dall’inizio, poitutto è continuato bene anche con verificheregolari e intermedie. La collaborazionecontinua ad essere molto positiva.La cultura prevalente è quella tradizionaledel luogo, quindi non cristiana. Questo rende difficile il cammino di evan-gelizzazione. Ci sono riti e pratiche concretedella tradizione che contrastano la vita se-condo il Vangelo. L’educazione è la viaper lo sviluppo perché questo popolopossa migliorare la propria vita ed usciredalle tante povertà che lo rende schiavo.Essi credono che l’educazione delle ragazzele renda più libere e capaci di esprimersi:di conseguenza non sono favorevoli allaloro educazione, proprio per evitare il ri-schio che non siano più docili e sottomesse.Quindi c’è molto da lavorare, ma la genteè molto contenta della presenza delle fma!

Raccontano le suore: «Nel 2010 abbiamoaccettato con gioia l’invito del Vescovodella Diocesi di Marsabit a lavorare fra lagente della tribù Gabbra, nella parrocchiadi North Horr nel Nord del Kenya. Un annodopo, nel 2011, abbiamo aperto la comunitàaffidandola a Gesù Buon Pastore.Abbiamo sentito che questa era una rispostapositiva alla supplica della Chiesa per laNuova Evangelizzazione. L’abbiamo anchevista come una possibilità di realizzare il no-stro sogno di attraversare nuove frontiere».

Far fiorire il deserto

Il posto è molto secco e l’acqua è vita pertutti e là, dove la coltivazione sembravaimpossibile, le fma con cura e usando benel’acqua, hanno fatto “fiorire il deserto”.Per la prima volta la gente di North Horrha visto come cresce la verdura e che cosasiano i fiori. Deserto vuol dire anche grandidistanze. La missione più vicina, infatti,dista tre ore di macchina da North Horr esi raggiunge attraversando il deserto. Per arrivare a Marsabit, la città più vicina,

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del posto e hanno buona conoscenza deibisogni della parrocchia, hanno allargatol’apostolato nell’animazione giovanile dellecappelle che appartengono alla parrocchia.Hanno anche preso l’impegno di coordi-nare la catechesi in tutta la parrocchia, la-vorando in modo particolare per la pro-mozione della donna.

Sfide da affrontare

Nel loro contatto con un popolo che vivel’essenziale, le fma si sentono arricchitedal poter condividere lo stesso stile di vita. Le sfide da affrontare restano molte: lagrandezza del territorio e la poca pratica-bilità delle strade, che in alcuni posti man-cano del tutto; la poca valorizzazione del-l’educazione formale delle scuole da partedella popolazione, soprattutto per le donne. Per le ragazze, infatti, la vita è più difficile,sin da piccole sono date dai genitori inmatrimonio in cambio della dote, e loronon possono opporsi. Gli usi e i costumi tradizionali sono moltoforti, ma non sempre sono in sintoniacon la fede cattolica, quindi è importanteun lavoro di evangelizzazione rispettosoe chiaro. Un’altra sfida è la guerra tra ledue tribù che vivono nel territorio dellaparrocchia la cui via di riconciliazionesembra lunga. Un compito arduo anchequello di educare i giovani cattolici aldialogo con i musulmani fondamentalistisenza usare la violenza.

Nomadi con i nomadi quindi, per unaChiesa ‘in uscita’, che va verso quelle fron-tiere dove ancora si vive una povertà moltoforte, dove la gente attende l’annunciodella Buona Notizia, e dove il carisma sale-siano, attraverso un cammino graduale dieducazione-evangelizzazione, può aiutareintere popolazioni a progredire verso unfuturo migliore e diverso per i propri figli.

[email protected]

ci vogliono cinque ore di macchina. Le quattro sorelle della comunità di NorthHorr coordinano 28 scuole materne sparsenel deserto in tutti i centri della parrocchia,si prendono cura della catechesi dei bam-bini e dei giovani e preparano ai sacramentianche le persone adulte. Le fma coordinano anche la formazionedelle insegnanti e hanno cura dell’anima-zione dell’associazione delle donne cat-toliche. Animano i gruppi dei bambinidella Pontificia Infanzia Missionaria e lepiccole comunità cristiane della parrocchia;hanno oratori e campi estivi; si prendonocura della formazione dei catechisti e deglianimatori/animatrici dando vita ai vari grup-pi e movimenti per bambini e giovani. Inoltre ogni fine settimana le fma accom-pagnano il sacerdote nei Centri della Mis-sione per la Santa Messa, i sacramenti eper l’apostolato fra i giovani e gli adulti.

Una sfida e un’opportunità

Come è nato il desiderio, cosa ha spintoad aprire questa comunità e perché proprioin quel luogo? A questa domanda le nostresorelle hanno risposto: «Oltre a risponderead un invito esplicito del Vescovo, noi vo-levamo anche espandere la nostra presenzain altre parti del Kenya – andare fuori dallenostre “zone di comfort” e iniziare a offrireil nostro carisma in nuove frontiere – postidove c’è povertà in tutte le diverse formee dove non c’è presenza religiosa. Per noi era una sfida, soprattutto pensandoche è una zona che ha meno di 50 annidi cristianesimo. In più è stata un’oppor-tunità per entrare in rete con la Chiesalocale per collaborare all’evangelizzazionein una zona del Kenya tra le più trascuratee povere».

Suor Patricia Lacharite, suor Anisia Ngai,suor Gesel Mashauri e suor MagdalineMweni hanno ormai imparato la lingua

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Informazioninotizie e novità

dal mondodei media

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attivo, dialogo e inclusione anche di un pen-siero divergente. È un modo positivo di con-siderare la vita e la persona. Convinte dellabellezza del dono della vita, crediamo cheogni persona, nessuna esclusa, è profonda-mente capace di bene e, per questo, è pos-sibile condurre ciascuno a dimostrare ilbene che è in lui e a vivere la vita in pienezza.

Un sogno comune

È credere nella comunicazione semprepossibile, capace di riparare le brecce, diabbattere i muri, di camminare incontroall’altro con passi di cotone, perché «L’a-nimazione – ho letto in Rete – vive del di-namismo fra due poli: l’uomo sognato el’uomo reale, l’utopia e il concreto, le dif-ficoltà del presente e la bellezza dellameta raggiunta con fatica». Don Bosco direbbe che in ciascuno c’èun punto accessibile al bene, e Francescodi Sales parlerebbe di “ottimismo”. Ancora gli Atti sollecitano a «passare daun’animazione e governo preoccupati so-prattutto della gestione delle opere ad unostile che ponga attenzione alla persona,creando un clima di fiducia in coloro chesono chiamate a guidare le comunità, conla partecipazione di tutte a diversi livelli, ri-nascerà il sogno comune che l’Istituto diventiabitabile per le nuove generazioni».L’animazione è indispensabile, perché le di-namiche della comunicazione sono impor-tanti: quante incomprensioni, silenzi, parolefuori posto… per questo è urgente porsi aservizio della comunicazione, farla “funzio-

Comunicazione e animazioneMaria Antonia Chinello

Animazione e comunicazione, perché questo binomio? In che senso si parla di reciprocità tra questi due termini? Animare è la capacità di risvegliareenergie dal di dentro, comunicaresuscita coinvolgimento,partecipazione, collaborazione.

Il CG 23 ha ribadito «l’esigenza di formarciad una leadership adeguata ai tempi peruno stile di animazione e governo che siaautorevole per la coerenza tra parole e gesti;che faciliti il coinvolgimento, l’obbedienzadi tutte al progetto di Dio e la corresponsa-bilità nella missione». Tale stile di animazione e di governo porta a«orientare con chiarezza il progetto di risi-gnificare la vita consacrata, la presenza e leopere alla luce del carisma salesiano». La sfida è l’attuazione, a tutti i livelli, di corre-sponsabilità, del coordinamento per la comu-nione, dell’assunzione di «uno stile di anima-zione e governo più coinvolgente che, conmodalità circolare, risveglia la responsabilitàe l’iniziativa di ciascuna» (Atti CG 23, 31-40).I numeri 40 e 41 degli Atti riflettono comericomprendere l’autorità e l’animazione. I verbi, i sostantivi, gli aggettivi utilizzati trat-teggiano dinamiche e strategie concrete dicomunicazione: l’animazione come servizioapre al dialogo, alla verifica, alla partecipa-zione. Animare è crescere e formarsi nellacorresponsabilità, nell’obbedienza, nel coin-volgimento attorno alla missione, è ascolto

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e la testimonianza dei componenti? La risposta non è semplice né categorica: sitratta di assicurare la dialettica tra potere,inclusione e identità: potere vuol dire chesi agisce per cambiare le cose, agire, in-fluenzare la realtà, fare attività; inclusionevuol dire essere parte, sentirsi in relazioneprofonda con gli altri; identità, infine, fa ri-ferimento alle idee: ci sto perché condividogli scopi, la visione del mondo e, aderendo,ci si definisce personalmente. Anche papa Francesco è incisivo e precisoal riguardo. Nel suo discorso alla Curia ro-mana, nel dicembre 2014, sottolinea che laCuria è un piccolo modello di Chiesa, «chia-mata a migliorarsi sempre e a crescere incomunione, santità e sapienza per realizzarepienamente la sua missione». Il Papa mettein guardia da alcune malattie, che indebo-liscono il servizio al Signore: la malattia delsentirsi “immortale”, “immune” o addirittura“indispensabile”, trascurando i necessari eabituali controlli; del “martalismo”, dell’ec-cessiva operosità; dell’“impietrimento”mentale e spirituale; dell’eccessiva piani-ficazione e del funzionalismo; del cattivocoordinamento; dell’“alzheimer spirituale”:ossia la dimenticanza della propria storiadi salvezza, della storia personale con ilSignore; della rivalità e della vanagloria;della schizofrenia esistenziale; delle chiac-chiere, mormorazioni e pettegolezzi; deldivinizzare i capi e dell’indifferenza versogli altri; della faccia funerea, di chi ritieneche per essere seri occorra dipingere ilvolto di malinconia, di severità e trattaregli altri con rigidità, durezza e arroganza;dell’accumulare e dei circoli chiusi, dovel’appartenenza al gruppetto diventa piùforte di quella al Corpo e, in alcune situa-zioni, a Cristo stesso. Infine, del profittomondano, degli esibizionismi, quando sitrasforma il servizio in potere.

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Condividiamo il «sogno di essere co-munità aperte e accoglienti: spazi diVangelo in cui Gesù sia al centro; dovecon i giovani possiamo vivere lo spiritodi famiglia tipico di Valdocco e Mornesenel rispetto di ogni persona e nellacorresponsabilità; spazi che preparinoad un inserimento attivo nella società»(Atti CG 23, 58).

nare”, impegnarci a capire le persone e afarsi capire. Imparare a comunicare benevuol dire imparare a superare i condiziona-menti del rapporto interpersonale. È unobiettivo, ma anche una questione di metodo:un’animazione spaventata dalle meccanicheche si instaurano fra le persone, che nontocca mai gli aspetti difficili della personanon è animazione. La libertà deve esisterenon solo riguardo alle cose, alle idee, agliargomenti, ma anche riguardo alle persone.

Quale leadership?

Quale tipo di leader (e leadership) stiamoattuando (e testimoniando) nelle nostre co-munità, nelle comunità educanti, nei gruppie nelle organizzazioni? Funzionali per ga-rantire il raggiungimento degli obiettivi? Relazionali puntando sul benessere affettivodelle persone? Ideali, per ancorare gli ideali

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della globa-lizzazione, inparticolare dellaFrancia sempre più multietnica, tra razzee religioni differenti che si incontrano e siscontrano proprio “all’ombra della Torre Eiffel”.Il simbolo, quasi, di quella Francia ‘illuminista,razionale, ugualitaria’ che nell’immaginariocollettivo intende porre alla base della vitaquotidiana politica, sociale, culturale l’idea dilibertà e tolleranza. Protagonisti assoluti del-l’opera – per quanto in ottima compagnia conun cast brillante e prestigioso – sono i duegenitori, ‘francesi’ appunto, ma solo apparen-temente tolleranti, perché quando il diversoti entra in casa tutto cambia. Claude e MarieVerneuil sono una coppia borghese, cattolicae conservatrice della provincia: vive a Chihon,vicino alla capitale. I due hanno cresciuto ecoccolato quattro splendide figlie, sognandoper loro 4 matrimoni felici e appaganti. Succede, però, che i principi di tolleranza,integrazione e apertura insegnati loro, se-gnino in qualche modo il destino famigliare.E non una, bensì quattro volte. Questo perchédopo la primogenita, sposa di un musulmano,anche le altre hanno seguito il suo esempio. La seconda figlia con un ebreo, la terza conun cinese e la quarta, la più piccola e l’ultima,a cui i già provati, per non dire ‘sfiancati ge-nitori’ erano pronti ad aggrapparsi, con unbravo cattolico ma... di colore. È proprio quest’ultimo matrimonio ancorain preparazione che diventa il motore ditutta la vicenda. L’idea geniale dell’opera stanel fatto che le altre tre sorelle che abitanoa Parigi sono tutte sposate con immigrati dietnie diverse e, ovviamente, i tre generi ‘stra-nieri’ non la smettono di litigare fra di loroper i più futili motivi, mentre papà Verneuil

NON SPOSATE LE MIE FIGLIE di Philippe De Chauveron, Francia, 2014

Mariolina Perentaler

Uscito con il titolo originale “Qu’est- ce qu’ona fait au Bon Dieu?” è una commedia intelli-gente, divertente e capace di far riflettere sutemi molto attuali quali l’integrazione tra per-sone di origini e fedi diverse, i rapporti geni-tori-figli, il valore delle tradizioni. Dopo lo storico boom di incassi raggiunto inFrancia e in Germania (circa 89 milioni dieuro, e ben 12 milioni di spettatori), a febbraio2015 è arrivata anche in Italia ed ora è dispo-nibile pure in DVD. “L’idea di realizzare questo film mi è venutainizialmente leggendo una statistica, dichiarail regista. Sembra, infatti, che i Francesi sianoi campioni del mondo di matrimoni misti. Circa il 20% delle unioni che si celebrano inFrancia avvengono tra soggetti di origini econfessioni diverse. Ho scelto che fosse unacommedia perché da sempre il genere giocasulle differenze, e volevo realizzare un filmdove le differenze potessero emergere senzaretro pensieri, con divertimento. Penso che la molteplicità di culture sia unavera ricchezza e ci tenevo a fare un film dovele risate scaturissero in modo autentico, senzarigidità, perché anche vizi e diffidenze fannoparte di ognuno di noi”. Antirazzista dichiarata, la pellicola va segnalataper l’intelligenza di fondo e per il suo formatodecisamente ‘light’.

Commedia sulla tolleranza e multietnicità in FranciaDopo i 193 milioni di dollari incassati nel2008 con “Giù al Nord” e i 166 nel 2011 con“Quasi Amici”, l’industria cinematografica‘transalpina’ ha decisamente capito qualestrada far intraprendere alle proprie com-medie per assicurarne il successo. Quella

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non sempre riesce ad essere bravo nell’evitarele sue battutine razziste. Adesso che Laurainforma la famiglia d’essersi trovata un fidan-zato cattolico di nome Charles, pronto a spo-sarla nella loro chiesetta a Chihon, i genitorisembrano rinascere davvero a speranza nuova.Solo che, giungendo a casa nelle vacanze diNatale, non avrà il coraggio di dire che Charlesè africano (e con una famiglia tradizionalistain Costa D’Avorio non troppo diversa dai Ver-neuil) al punto che, quando lo scoprono, usci-ranno nella battuta che dà il titolo al film nel-l’edizione originale: “Cosa abbiamo fatto albuon Dio?” (Qu’est-ce qu’on fait au BonDieu?). Non solo, tutti senza eccezione, dabravi antagonisti che già si sopportano astento, faranno fronte comune per emarginarlo

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e far saltare il matrimonio. A questo punto,però, va anche detto che da quando entra inscena lo scorbutico papà di Charles, PascalN’Zonzi, il film prende una piega magnificada ‘vecchia commedia’ assolutamente irresi-stibile. Clavier e N’Zonzi domineranno lascena da maestri, tanto che la critica concordanell’affermare: «È un film costruito benissimonel dosaggio dei personaggi che i nostri registidi commedia dovrebbero studiare con atten-zione. Niente di eccezionale, certo, ma undivertimento centrato e popolare assicurato(…). Il consenso e l’applauso raccolti anchefuori dai confini nazionali è in virtù dellaregia, ma soprattutto del tema sociale svolto».

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L’idea del film

Smascherare l’ipocrisia diffusa nell’ambitodell’accettazione dell’altro – in particolarese straniero – attraverso la divertente comicitàdi una commedia “in famiglia”.

Lo commenta nel modo più convinto ed en-tusiasta l’esplosione di Carola Proto che –dopo la visione del film – scrive esclamandoin comingson.it: «Vive la France! Vive laFrance dove un matrimonio su quattro è mi-sto. Vive la France dove un arabo, un ebreoe un cinese che cantano all’unisono La mar-sigliese non imbarazzano, ma commuovono. Vive la France che riunisce ogni fascia dipubblico, dalla banlieue (i sobborghi delleperiferie) fino ai salotti très chic, grazie acommedie oneste che risvegliano un pen-siero, sollevano un dubbio. Vive la Franceche si stringe a Charlie Hebdo (…)». È così: l’opera di Philippe De Chauveronevita sia il pericolo di farne un atto di accusacome quello della banalità, mettendo in scenaattori ottimi, con un tripudio scoppiettantedi dialoghi in cui si susseguono battute giu-stamente ciniche e cattive, ma anche osser-vazioni argute. Con la sua comicità di situa-zioni (che non passa mai di moda), fra equi-voci, fughe e reazioni a catena, il suo conte-nuto forte mette davvero in movimento piùvelocemente i nostri cervelli.

Il sogno del film

Invitare ad affrontare, in modo leggero e nonideologico, argomenti di grande attualità comel’intolleranza razziale e religiosa che siamo ur-gentemente chiamati a superare.

Il regista in prima persona confessa: «Io stessoho potuto testare il tipo di difficoltà e reazioniche la mescolanza di razze, culture e religionidiverse può provocare in una famiglia borghesee cattolica, provenendo da quel tipo di am-biente. Certo i miei genitori erano più alla mano deiVerneuil, mia madre però teneva corsi di cate-chismo e il mio rifiuto di fare la prima comu-nione l’ha preoccupata non poco».Tutta la trama del film è solo il pretesto per re-galare al pubblico una serie di gag e battutesui suoi temi che vanno dal contrasto tra co-munisti e gollisti ai matrimoni misti, dal razzismopiù o meno velato all’attaccamento alla propriaidentità culturale, dall’immigrazione alla capacità(e voglia reciproca) di integrazione. Anche se, dopo il massacro di Charlie Hebdo,è quello della differenza di religioni che finisceper essere il più tragicamente attuale e disatteso.L’autore gioca con provocazioni e luoghi comuniper dimostrare che tutti siamo un po’ razzisti,ma infine, nel microcosmo familiare, l’amorefinirà per trionfare: ci suggerirà che vivere “in-sieme e in pace” è possibile.

PER FAR PENSARE

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quella scatenata dalla follia di Hitler, Franziska,nella sua fiducia di donna innamorata, ful’unica che non mise in discussione la deci-sione del marito e lo sostenne, con pienatenera comprensione, fino alla morte.Bastano poche frasi per rivelare la pacatalucidità con cui Franz motivò la propria ir-revocabile decisione: “Cristo vuole da noianche una dichiarazione palese della nostrafede, proprio come Hitler la pretende daisuoi seguaci. I comandamenti di Dio c’in-segnano che dobbiamo prestare obbedienzaai superiori anche se non sono cristiani,ma solo finché non ci ordinano qualcosadi sbagliato, perché dobbiamo obbedireprima a Dio che agli uomini…”.

Pensieri di eternità

“Molti si chiederanno: che cosa pensaredei nostri figli, fratelli, mariti che combat-tono al fronte o forse sono caduti in batta-glia? Questo giudizio dobbiamo lasciarloa Dio, non abbiamo il diritto di condannarené di assolvere. Non sono, però, delparere di quanti ritengono che il singolosoldato non sia responsabile di tutto ciòche succede e addossano la responsabilitàa uno solo”.Il libro contiene in buona parte il fittoscambio epistolare dei due coniugi parti-colarmente durante il periodo della de-tenzione di Franz.Dal carcere di Linz, in attesa di giudizio,Franz scriveva alla moglie: “Per quanto ri-guarda il mio futuro, non ti posso dire an-cora niente. Non c’è che da aspettare con

Giampiero Girardi e LuciaTogniUna storia d’amore, di fede e di coraggioAdriana Nepi

«Scrivo con le mani legate, ma èmeglio così che se fosse incatenata la volontà. Talvolta Dio ci mostraapertamente la sua forza, che eglidona agli uomini che lo amano e non preferiscono la terra al cielo.Né il carcere né le catene e neppurela morte possono separare l’uomodall’amore di Dio e rubargli la fede e la sua libera volontà. La potenza di Dio è invincibile».

Sono le parole vergate, poche ore primache fosse eseguita la sua condanna a morte,da Franz Jagerstatter, un contadino austriacoche, richiamato alle armi (è noto che l’Austriaera stata annessa alla Germania), si era ri-fiutato di combattere nell’esercito di Hitler.Una scelta compiuta in totale solitudine,nella generale incomprensione persino daparte delle autorità ecclesiastiche.Di cultura elementare, ma intelligente e ri-flessivo, Franz aveva presto intuito l’assolutaincompatibilità del nazismo con il cristiane-simo e, con una fede solida come la roccia,ne aveva tratto tutte le logiche conseguenze.Aveva 36 anni e, dopo una giovinezza cometante, non immune da qualche momentaneosbandamento, aveva sposato Franziska, unagiovane donna molto pia e di grande sen-sibilità. Fu un matrimonio felice, duratosolo sette anni, e ne sbocciarono tre bellebambine. Quando il marito si rese renitentealla leva, poiché considerava una guerraempia e perciò gravemente peccaminosa

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pazienza, anche se bisogna prepararsi alpeggio”. Poi si abbandona a pensieri dieternità: “La natura sembra indifferente aimali degli uomini. Anche se non vedo molto di qui, mi sembratuttavia che quest’anno tutto sia più verdee fiorisca più che negli anni passati. Appenaalbeggia, davanti alla nostra finestra si sen-tono cantare i merli. Pare che gli uccelliabbiano più pace e gioia di noi, uominidotati di ragione. Eppure sappiamo qualegrande ricompensa ci aspetta dopo questabreve esperienza terrena…”. Si rivolge infine alle sue piccole, ed è stra-ziante il velato accenno a quanto accadrà,quasi a prepararle alla sciagura incombente:“Non dovete avvilirvi se papà non vienea raccontarvi le storie. Oggi ci sono tantibambini il cui padre non può tornare onon tornerà mai più. Mi fa piacere sapereche, mi dice la mamma, voi recitate levostre preghiere e siete brave bambineobbedienti. Avrei voluto vedervi, il giornodel Corpus Domini, con le vostre belle

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coroncine di fiori… Vi saluta da lontanoil vostro papà che vi vuol tanto bene”.Non passerà un mese, e Franziska riceveràquest’ultima lettera: “Dio benedica te,mia carissima moglie, e tutti i miei cari…A mezzogiorno mi è stata confermata lasentenza che sarà eseguita alle quattrodel pomeriggio. Ora voglio scrivervi alcuneparole di addio. «Amatissime moglie emadre, vi ringrazio ancora di cuore pertutto quello che avete fatto per me nellamia vita, per tutto il vostro amore, pertutti i vostri sacrifici. Vi prego ancora diperdonarmi. Chiedo anche a tutti coloroche posso avere offeso di perdonarmi,in particolare al reverendo parroco, sel’ho ferito con le mie parole quando èvenuto a trovarmi… Amatissime mogliee madre, non mi è stato possibile rispar-miarvi le sofferenze che dovete subireper causa mia. Anche per il nostro Salva-tore dev’essere stata una grande penadover procurare a sua Madre, con la suasofferenza e la sua morte, un così profon-do dolore. Entrambi hanno sopportatotutto per amore di noi peccatori. Io loringrazio di poter soffrire e morire perLui. E confido nella sua infinita miseri-cordia perché mi perdoni tutti i miei pec-cati e non mi abbandoni nell’ultima ora».

Martire della coscienza

Che fu della giovane vedova, che si trovòsola a crescere le sue tre creature? Dopolunghi anni di grandi sacrifici e di ostinatedolorose incomprensioni, la longevità diFranziska (fino alla soglia dei cento anni)fece sì che potesse giungere a vedere nonsolo riabilitata la memoria del suo Franz,ma ad assistere alla sua beatificazione:“Martire della coscienza” fu proclamatodalla Chiesa il 26 ottobre 2007. E toccò allavedova deporre sull’altare la reliquia delnuovo beato.

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MTV. Il primo video musicale ad esseretrasmesso fu ironicamente la canzone deiThe Buggles intitolata Video killed theradio star. Da quel momento in poi si svi-lupparono in ogni stato del mondo delleproprie declinazioni di televisioni a temamusicale, in quanto ricoprivano una quotadi mercato mancante e, soprattutto, rag-giungevano un pubblico giovanile che sistava allontanando dalla programmazionetelevisiva generalistica.La nascita di Youtube iniziò a rodere questaleadership delle televisioni tematiche mu-sicali fino ad arrivare ai giorni nostri dovela maggioranza dei giovani usufruisce dellamusica e dei video direttamente dal webcollegandosi al sito www.youtube.com. Già a giugno del 2006, l’azienda comunicòche ogni giorno venivano visualizzati circa100 milioni di video grazie ad un tasso dicrescita che era il primo al mondo trasfor-mandosi così da piattaforma di video rea-lizzati dagli utenti ad un nuovo media didistribuzione di contenuti. Da subito la musica fu l’elemento più im-portante che portò al successo questa piat-taforma suddivisa per canali (come la te-levisione). Attualmente il canale MUSICAha 89.539.912 iscritti.

La musica nel web

Il successo di Youtube è anche abbinatoad un evoluzione dell’utilizzo dei mediada parte dei giovani che oltre l’aspetto so-noro amano anche l’aspetto visivo. Il videomusicale riesce ad abbinare questi due

Adesso la musica si vede

Mariano Diotto

Tutto è accaduto dieci anni fa. Era il 15 febbraio del 2005 quando tregiovani: Chad Hurley (amministratoredelegato), Steve Chen (direttoretecnico) e Jawed Karim (consigliere)fondarono la piattaforma multimedialepiù importante al mondo: YouTube.

Il primo video caricato dallo stesso JawedKarim era intitolato Me at the zoo. Eranole 20:27 del 23 aprile 2005 e con una duratadi appena 19 secondi avvenne la rivoluzionepiù importante nei confronti della nascitadi un nuovo mass-media. Chad Hurley dis-se: «Volevamo creare un posto dove, chiun-que possedesse una videocamera e unaconnessione a Internet potesse condividereuna storia con il resto del mondo».Da qual momento in poi l’evoluzione diquesta piattaforma è sotto gli occhi di tutti.Oggi è il terzo sito più visitato al mondo,dopo Google (che ne è l’attuale proprie-tario) e Facebook.

Dalla musica in televisione alla musicanel web

Fino al 2005 la musica veniva ascoltata inradio, suonata con l’acquisto di un CD ogià di un file digitale mp3 e soprattutto ve-niva vista in televisione, altro grande massmedia planetario, attraverso i canali tematici. Nel 1981 era nato in America un canale te-levisivo che avrebbe rivoluzionato l’utilizzodella musica attraverso la creazione divideo musicali a supporto delle canzoni:

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elementi in maniera eccellente: musica eimmagine. I dieci video più visti a giugno2015 sono: al primo posto il famoso ballodel cantante coreano PSY dal titolo Gan-gnam style che nel 2012 ha fatto ballaretutti i giovani del mondo e accumulandonel Web ben 2.347.386.744 di visualizzazioni. Al secondo posto c’è Justin Bieber con lacanzone Baby che ha totalizzato 1.173.901.560visualizzazioni. A seguire al terzo e quarto posto la cantanteamericana Katy Perry con due canzoniDark Horse (977.667.423 visualizzazioni) eRoar (945.675.691 visualizzazioni). Al quinto posto c’è Taylor Swift con ilbrano Blank Space e con ben 902.153.384visualizzazioni.Oggi YouTube è localizzato in 75 Paesi, di-sponibile in 61 lingue e metà delle visua-lizzazioni provengono da dispositivi mobili. Nel 2013 è nato anche il Youtube MusicAward che è il premio dato attraverso i so-cial ai video dei cantanti più popolari at-traverso delle nomination e poi dei vincitoricome avviene anche per la consegna degliOscar per il cinema.

Da Youtube a VEVO

Nel 2009 nacque un sito che presenta dellefunzioni simili a Youtube e si chiama:vevo.com. Se Youtube era nato come piat-taforma generica di condivisione di videoe poi l’aspetto musicale ne è diventato lamaggior fonte, Vevo è l’esatta declinazionedel canale tematico esclusivamente musi-cale. Di proprietà dei 3 grandi colossi mu-sicali internazionali Sony Music, UniversalMusic ed EMI, è attualmente la piattaformaprediletta dai cantanti con oltre 10 miliardidi visualizzazioni mensili nel mondo.Così in soli dieci anni è cambiata comple-tamente la fruizione dei giovani della mu-sica, in quanto non si accontentano più diascoltare un brano musicale, ma voglionoanche vederlo, emozionandosi, guardan-dolo in rete o attraverso il propriosmartphone, condividendolo nei proprisocial network ed esprimendo la propriaopinione con un MI PIACE o con un com-mento scritto vero e proprio. Questo è il nuovo potere dei new mediaanche nei confronti della musica.

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attività per dedicarsi ad una pulizia totaledella propria vita: mettere a posto lequestioni della propria anima, riconciliarsicon le sorelle nel caso di qualche conti-cino in sospeso, fare ordine tra le propriecose, come se si dovesse comparire da-vanti al Padreterno quel giorno stesso. Insomma era una giornata all’insegna diun’attività accurata su molti fronti, unagiornata stancante.Oggi invece si fa il ritiro, o meglio… ci siritira! Ci si ritira appena gli obblighi co-munitari si fanno meno pressanti e cosìalmeno una volta al mese non siamo co-strette a sopportare chi ci vive accanto;ci si ritira per rimanere sole con noistesse e la radiolina non è certo un di-sturbo, ché ci aiuta a dire il rosario; ci siritira in camera propria e raramente inchiesa, perché si ha bisogno di pregareil Padre nel segreto. Insomma fare ilritiro sta diventando sempre più un tirarsiindietro, un ritirarsi nel proprio guscio,un isolarsi da tutto e da tutti. Ora io mi domando: non è che in questomodo l’esercizio di un tempo inciampain una comoda poltrona o in un acco-gliente giaciglio e si addormenta?No, perché sapete com’è di vergini stoltee dormiglione ne bastano cinque!

Parola di C.

Morire bene… fa bene!

Care amiche, so che con voi posso osare.Il titolo non vi tratterrà dal leggermi co-munque!Se non ve ne siete ancora accorte que-st’anno mi sono dedicata alle sane tradi-zioni della nostra famiglia religiosa e hoscoperto che non sempre siamo capacidi conservarle così come i nostri fondatorice le hanno consegnate. Anche quello che ai miei tempi si chia-mava esercizio della buona morte nonsfugge – purtroppo – a questa logica.Usare questa espressione, oggi, proprionon si può: come minimo si viene scam-biati per pericolosi sostenitori dell’euta-nasia! Ma (e lo dico per le giovani le-ve…) l’esercizio della buona morte altronon era se non quello che adesso defi-niamo il ritiro mensile.Ora dico, ma avranno pur un senso leparole? Come si è potuti passare dall’e-sercitarsi a ben morire al ritirarsi unavolta al mese? A me, che sono un po’vecchietta e dura di comprendonio, pareproprio che in questo passaggio dall’an-tico al moderno abbiamo perso per stradaqualche pezzo di una certa importanza.Un conto è esercitarsi, un conto è ritirarsi!Ci hanno insegnato – intendo alle giovi-nette della mia età – che una volta almese è necessario sospendere tutte le

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da mihi animas:

il nostro modo di crescere insieme

DOSSIER: ALLARGATE LO SGUARDO...GESTI PROFETICI

La Vita consacrata ha bisogno di rinnovarsi, perché lo Spirito Santo

si manifesta in modo diverso secondo le epoche.

A noi FMA affida oggi la ricerca di strade nuove per far giungere

la freschezza del Vangelo agli uomini e alle donne,

specialmente ai giovani.

CULTURA ECOLOGICA: IL CIBO E I SUOI RITUALI

Il cibo può assumere un valore “rappresentativo”, cioè raffigurare

qualcosa d’altro oltre a se stesso, sia sul piano rituale

sia su quello simbolico.

L’Expo 2015 esplora questi temi con una visione a 360 gradi

sui linguaggi e con una prospettiva globale.

FILO DI ARIANNA: FRAGILI O RESISTENTI?

L’osservazione della realtà quotidiana, le varie forme di informazione,

i discorsi che s’intrecciano fra educatrici ed educatori sottolineano

la fragilità delle giovani generazioni e anche degli adulti.

Alcuni suggerimenti per favorire, allenare, potenziare la naturale

resistenza e rendersi capaci di superare le difficoltà.

COMUNICARE: COMUNICAZIONE E VOTI

Superare la tentazione di addentrarsi nel supermercato delle offerte

di vita per centrarsi su ciò che è essenziale, imparando a rinnovare

la scelta della vita consacrata in un discernimento costante

delle implicazioni attuali della castità, della povertà e dell’obbedienza.

CARISMA E LEADERSHIP: SCRUTARE I SEGNI DEI TEMPI

Le tematiche affrontate nel testo, con riferimenti carismatici

a Madre Maddalena Morano sono: la capacità di fare

(e far fare) passi in avanti, di non adagiarsi su quello che si fa

e si fa bene, promuovere l’aspetto culturale, delegare.

Nel prossimo numero

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COME DON BOSCO ANDATE SEMPRE TRA I GIOVANI

E TRA DI LORO FRA I PIÙ POVERI!

PAPA FRANCESCO

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