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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI 3 RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Negli anni sono stati elaborate e affinate numerose tecniche per l’analisi della risposta sismica locale, diverse tra loro a seconda delle modalità di rappresentazione del problema e degli elementi di complessità introdotti al fine di rendere lo schema ideale rappresentato col modello, il più vicino possibile alla situazione reale, tenendo conto solo di alcuni o di tutti quei fattori che contribuiscono a determinare la risposta sismica locale di un deposito (geometria del deposito, e quindi effetti laterali e di bordo ed amplificazione topografica; comportamento dei terreni in condizioni dinamiche, e quindi effetti di non linearità, stratificazione e più in generale di eterogeneità del deposito). Ovviamente non esiste un modello universalmente valido e applicabile in tutte le situazioni, bensì una “ricetta”, ogni volta diversa, da adattare al caso in esame e che dosi sapientemente tutti gli elementi di complessità che caratterizzano la situazione reale in un modello che non sia eccessivamente complesso, ai fini della sua applicazione e del reperimento dei dati necessari, ma neanche troppo semplicistico. Tali modelli si raggruppano in varie categorie e principalmente in funzione della dimensionalità con cui rappresentano la situazione reale (modelli monodimensionali, bidimensionali e tridimensionali), e quindi in funzione del tipo di soluzione che propongono, analitica, cioè in forma chiusa, o numerica (modelli analitici e numerici), in funzione dello schema matematico adottato nella rappresentazione del terreno (metodi della trave a taglio continua e discretizzata) e del modello di comportamento adottato per il terreno (modelli lineari, lineari equivalenti, non lineari, elasto-plastici). Questi modelli, applicabili tutti in campo libero (free-field) cioè in assenza di strutture, possono poi essere 45

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI

3 RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Negli anni sono stati elaborate e affinate numerose tecniche per l’analisi della risposta sismica locale, diverse tra loro a seconda delle modalità di rappresentazione del problema e degli elementi di complessità introdotti al fine di rendere lo schema ideale rappresentato col modello, il più vicino possibile alla situazione reale, tenendo conto solo di alcuni o di tutti quei fattori che contribuiscono a determinare la risposta sismica locale di un deposito (geometria del deposito, e quindi effetti laterali e di bordo ed amplificazione topografica; comportamento dei terreni in condizioni dinamiche, e quindi effetti di non linearità, stratificazione e più in generale di eterogeneità del deposito). Ovviamente non esiste un modello universalmente valido e applicabile in tutte le situazioni, bensì una “ricetta”, ogni volta diversa, da adattare al caso in esame e che dosi sapientemente tutti gli elementi di complessità che caratterizzano la situazione reale in un modello che non sia eccessivamente complesso, ai fini della sua applicazione e del reperimento dei dati necessari, ma neanche troppo semplicistico.

Tali modelli si raggruppano in varie categorie e principalmente in funzione della dimensionalità con cui rappresentano la situazione reale (modelli monodimensionali, bidimensionali e tridimensionali), e quindi in funzione del tipo di soluzione che propongono, analitica, cioè in forma chiusa, o numerica (modelli analitici e numerici), in funzione dello schema matematico adottato nella rappresentazione del terreno (metodi della trave a taglio continua e discretizzata) e del modello di comportamento adottato per il terreno (modelli lineari, lineari equivalenti, non lineari, elasto-plastici). Questi modelli, applicabili tutti in campo libero (free-field) cioè in assenza di strutture, possono poi essere

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI

ulteriormente integrati e complicati da modelli di interazione struttura-terreno.

3.1 FORMULAZIONE ANALITICA DEL PROBLEMA Il problema (Figura 3.1) che tali modelli intendono risolvere, e quindi la soluzione che propongono, consiste nel determinare tutte quelle modifiche, in termini di ampiezza, durata e contenuto in frequenza che un segnale sismico uB(t) (espresso nel dominio del tempo sottoforma di accelerazioni, velocità o spostamenti, o nel dominio della frequenza, ω, come spettro di Fourier o spettro di risposta, F) in arrivo alla base , B, di un deposito subisce nel suo attraversamento, fino a raggiungere la superficie, S, trasformandosi in un segnale uS(t).

S

ROCCIA

Outcropping

Base

R

B

DEPOSITO

t

t t

ω

ω ω

u (t)B

u (t)S

u (t)R

F (t)B

F (t)S

F (t)R

Figura 3.1 – Schema di riferimento adottato per l’analisi della risposta sismica locale

Di fatto come input sismico nei modelli per l’analisi della risposta sismica locale non viene mai utilizzato il moto sismico alla base del deposito, ma quello, uR(t), sulla medesima roccia o terreno affioranti (R), diverso da quello relativo alla base del deposito per le differenti condizioni

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.1 Formulazione analitica del problema

al contorno (superficie libera in un caso e deposito nell’altro). Una volta individuato il deposito su cui effettuare l’analisi, occorre delimitare arealmente le dimensioni del sito in esame, che possono variare da quelle di un manufatto a quelle di un centro abitato. A seconda delle dimensioni dell’area in esame, delle semplificazioni introdotte nella rappresentazione della geometria del problema, delle modalità di propagazione delle onde sismiche e del comportamento del terreno, si possono avere più modelli con differenti livelli di complessità (nelle procedure, nei tempi di calcolo, ma anche nel numero e nella qualità dei dati), dei quali occorre sempre valutare l’adeguatezza relativamente alla complessità della situazione reale da analizzare, agli obiettivi della ricerca e alle disponibilità economiche.

3.2 CONDIZIONI DI DEPOSITO IDEALE: MODELLI MONODIMENSIONALI I modelli più semplici e comunemente utilizzati (anche per analisi preliminari o di taratura di modelli più complessi come quelli bidimensionali) sono i modelli monodimensionali (1-D), che si basano su una serie di ipotesi e di semplificazioni introdotte nella caratterizzazione geometrica e meccanica del deposito e nelle leggi di propagazione delle onde sismiche e di comportamento dei terreni; in particolare si assume che 1. il bedrock sia orizzontale e indefinitamente esteso; 2. il deposito sia omogeneo o al più stratificato orizzontalmente; 3. la sollecitazione sismica sia costituita da sole onde di taglio polarizzate

sul piano orizzontale (SH) incidenti il bedrock con direzione di propagazione verticale.

Quindi a seconda del modello di comportamento adottato per il terreno si possono avere : • • • •

modelli lineari modelli lineari equivalenti (SHAKE, WAVES, ecc.) modelli non lineari (DESRAMOD, CHARSOIL, MASH, ecc.) modelli elasto-plastici (CYBERQUAKE, ecc.)

Le ipotesi geometriche, relative ovviamente a condizioni ideali, possono trovare un certo riscontro nella realtà nel caso di depositi stratificati più o meno orizzontalmente con superficie libera e bedrock orizzontali (o con pendenza in ogni caso modesta) e con dimensioni areali largamente superiori allo spessore e in cui il volume di terreno investigato sia comunque lontano dai bordi.

Le ipotesi riguardanti la sollecitazione sismica e le sue modalità di propagazione all’interno del deposito sono così giustificate:

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

− per quanto riguarda la direzione di propagazione assunta verticale, dal fatto che le onde sismiche subiscono, nell’attraversare il terreno e le relative discontinuità stratigrafiche, numerosi fenomeni di riflessione e rifrazione secondo angoli legati alla velocità di propagazione all’interno di ciascuno degli strati attraversati dalla legge di Snell; essendo le velocità degli strati più superficiali mediamente più basse, le onde sismiche tendono ad assumere una direzione di propagazione verticale in prossimità della superficie;

− per quanto riguarda la predominanza di onde SH, dal fatto che, dal punto di vista ingegneristico, le sollecitazioni sismiche più significative ai fini della sicurezza sono quelle di taglio orizzontali.

Limitandosi per il momento ai modelli lineari, con riferimento alla dinamica dei sistemi discreti e più precisamente alla risposta dei sistemi ad un solo grado di libertà, per valutare la risposta in superficie al deposito (in termini di storia temporale delle accelerazioni, velocità, spostamenti, deformazioni o tensioni di taglio, ecc.) ad un assegnato input sismico applicato alla base (ad esempio l’accelerogramma) si utilizza la funzione di trasferimento (o più impropriamente di amplificazione). Questa è una funzione complessa F(ω) definita nel dominio della frequenza, caratteristica della geometria e delle proprietà meccaniche del deposito che moltiplicata per la trasformata di Fourier FB(ω) dell’input sismico uB(t), fornisce la trasformata di Fourier FS(ω) del moto sismico in superficie uS(t), sfruttando il principio di sovrapposizione degli effetti, valido ovviamente solo in un dominio di comportamento lineare.

Per cui nota, dalla geometria e dalle caratteristiche meccaniche del deposito, la funzione di trasferimento F(ω), assegnato nel dominio del tempo la sollecitazione alla base del deposito, e quindi la sua trasformata di Fourier, FB(ω) (calcolata con la tecnica della Fast Fourier Transform), si ottiene il moto sismico in superficie nel dominio delle frequenze, FS(ω), e facendone l’antitrasformata (con la procedura inversa: Inverse Fast Fourier Transform) l’analogo nel dominio del tempo:

( ) ( ) ( )F F FS Bω ω= ⋅ ω (Eq. 3.1)da cui:

( ) ( )( )

( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( )[ ]FFF

F e

F eF eS

B

Sj

Bj

jS

B

S Bωωω

ω

ωω

ϕ ω

ϕ ω

ϕ ω ϕ ω= =⋅

⋅= ⋅

⋅ − (Eq. 3.2)

Dalla (Eq. 3.2) si deduce che la funzione di trasferimento, può essere definita, come rapporto tra la trasformata di Fourier del moto sismico in

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

superficie al deposito e la trasformata del moto su roccia alla base, per cui l’ampiezza, o modulo, della funzione di trasferimento è pari al rapporto tra le ampiezze degli spettri di Fourier rispettivamente in superficie e alla base ( e si chiama funzione di amplificazione) e la fase pari alla differenza tra le fasi.

La funzione di trasferimento indica, ad esempio, quali sono le componenti del moto sismico che nell’attraversare il deposito vengono maggiormente modificate, e in particolare amplificate (per valori dell’ampiezza maggiori di uno) e attenuate (per valori minori di uno). Il deposito agisce quindi sul moto sismico di input come un “filtro” che concentra la sua azione amplificante o smorzante su determinati campi di frequenze, con un valore massimo corrispondente alla frequenza caratteristica del deposito. È ovvio che la conoscenza della sola funzione di trasferimento, che è caratteristica del deposito e indipendente dall’input sismico prescelto, fornisce informazioni in maniera del tutto relativa sui campi di frequenza nei quali si concentrerà l’esaltazione e l’attenuazione del moto, che, se non raccordate ad un moto sismico di input, non permettono di definire ad esempio le ampiezze massime del moto in superficie e le frequenze corrispondenti (infatti non è detto che in corrispondenza dei picchi massimi della funzione di trasferimento si abbia un picco massimo dell’input e quindi dell’output).

La chiave per le analisi monodimensionali in campo lineare è quindi la funzione di trasferimento, che diventa una proprietà intrinseca e caratteristica di un deposito, legata alle sue caratteristiche geometriche e meccaniche, in grado di fornire informazioni, però solo qualitative, sui campi di frequenze in cui è lecito attendersi significativi fenomeni di amplificazione del moto sismico e gli intervalli in cui è possibile che addirittura si verifichino fenomeni di attenuazione.

Di seguito, applicando la teoria della dinamica dei sistemi discreti alla propagazione monodimensionale delle vibrazioni in un mezzo infinitamente esteso (nella direzione di propagazione delle onde, ad esempio una trave di lunghezza infinita) e soggetto ad un’eccitazione armonica, verranno derivate le funzioni di trasferimento relativamente alla medesima configurazione geometrica monodimensionale riportata in Figura 3.2; essa prevede la presenza di uno strato di terreno (S) omogeneo e orizzontale, di spessore H, poggiante su un substrato orizzontale ed infinitamente esteso (B), al quale viene applicata una sollecitazione armonica stazionaria orizzontale, di frequenza f (e frequenza circolare ω= 2πf) che produce (prevalentemente) onde di taglio che si propagano all’interno dello strato di terreno sovrastante

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

con una direzione di propagazione verticale e inducono, al variare della profondità z, spostamenti, u(z,t), del terreno in direzione orizzontale.

u(z,t)

a (t)B

t

z

H

S

SH

B

Figura 3.2 – Schema geometrico monodimensionale

Verranno invece considerate differenti situazioni geotecniche, partendo da quelle più semplici, ma anche meno realistiche e comunque utili per stimare, senza appesantire il calcolo, l’influenza dei fattori geometrici e meccanici sulle caratteristiche del moto sismico, fino a quelle più complesse. Tali condizioni geotecniche sono rappresentate dai valori della densità, della velocità delle onde S (o equivalentemente del modulo di taglio ottenibile dalla (Eq. 2.6)) caratteristici del terreno e del substrato, rispettivamente ρs ,VSs e ρr, VSr, e dal rapporto di smorzamento del terreno, D. Un parametro che riassume sinteticamente per ciascuno strato tali proprietà è l’impedenza sismica, definita come il prodotto tra la densità dello strato ρ e la velocità delle onde S, VS, da cui si ricava il rapporto d’impedenza sismica tra il substrato e il terreno sovrastante:

IVV

r Sr

s Ss

=⋅⋅

ρρ

(Eq. 3.3)

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3.2.1 Strato di terreno omogeneo elastico su substrato infinitamente rigido Si suppone (Figura 3.3) che il terreno abbia un comportamento elastico lineare (per cui lo smorzamento D è nullo e non si verificano fenomeni di smorzamento interni) e che il substrato sia infinitamente rigido, cioè la velocità di propagazione delle onde S, VSb , è infinita (e così l’impedenza I). Ciò significa che le onde, raggiunta la superficie libera, si propagano in direzione verticale, verso il basso, e vengono completamente riflesse dalla superficie di separazione tra substrato e terreno senza attraversarla (legge di Snell), in modo che l’energia elastica trasportata rimanga confinata nello strato di terreno e non si abbiano fenomeni di smorzamento per scattering, ovvero il substrato non sia minimamente influenzato dalla presenza del deposito (condizione equivalente a quella di substrato affiorante).

u(z,t)

A ei ( t + k z )ω

B ei ( t - k z )ω

z

H

ρS S S

, VS

B

Figura 3.3 - Strato di terreno omogeneo elastico su substrato infinitamente rigido

Applicando tali ipotesi si ottiene l’equazione differenziale caratteristica del moto di propagazione delle onde S all’interno dello strato di terreno:

ρ ∂∂

∂∂

⋅ = ⋅2

2

2

2

ut

G uz

(Eq. 3.4)

la cui soluzione, che fornisce l’andamento, in funzione del tempo t, e al variare della profondità z, dello spostamento orizzontale del terreno, u(z,t), è del tipo:

( ) ( ) ( )u z t A e B ei t k z i t k zs s, = ⋅ + ⋅+ −ω ω (Eq. 3.5)dove A e B rappresentano l’ampiezza rispettivamente dell’onda diretta che si propaga verso l’alto e dell’onda riflessa che si propaga verso il basso, e ks il numero d’onda riferito al terreno, definito come:

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kVs

Ss

=ω (Eq. 3.6)

Applicando le condizioni al contorno secondo cui in superficie (z=0) sono nulle le deformazioni di taglio e le tensioni di taglio, si ottiene che A=B e che:

( ) ( )u z t A k z esi t, cos= ⋅2 ω (Eq. 3.7)

Tale moto è rappresentato ancora da una funzione armonica caratterizzata dalla stessa frequenza dell’eccitazione e da un’ampiezza funzione della profondità, dell’ampiezza dell’onda A e del numero d’onda ks Essendo in un caso semplificato in cui il moto di input, e quindi anche quello di output, sono rappresentati da funzioni armoniche, la funzione di trasferimento F1(ω) tra superficie e base del deposito, è data semplicemente dal rapporto tra il moto del terreno in superficie e alla base dello strato, cioè in termini di spostamento:

( ) ( )( ) ( )

Fu tu H t k H H

Vs

Ss

1

0 1 1ωω

= =⋅

=⋅⎛

⎝⎜

⎞⎠⎟

, ), ) cos

cos

(Eq. 3.8)

e dipende dalla frequenza d’eccitazione (ω), dalle caratteristiche geometriche dello strato (H) e dalle sue proprietà meccaniche (VSS). In termini di accelerazione, trattandosi di moti armonici per i quali vale la relazione

, si avrebbe avuto la stessa funzione. && ( )u u= ⋅ω 2 tIl modulo della funzione di trasferimento, cioè il rapporto tra

l’ampiezza dello spostamento in superficie e alla base del deposito su roccia (o equivalentemente in questo caso su roccia affiorante), definito anche funzione di amplificazione, è dato da:

( )FH

VSs

11ωω

==⋅⎛

⎝⎜

⎞⎠⎟cos

(Eq. 3.9)

Essendo il denominatore comunque sempre minore di 1, risulta che tale funzione, al variare della frequenza di eccitazione, è sempre maggiore di 1 (per cui lo spostamento in superficie è sempre maggiore di quello alla base del deposito) e diventa sempre più grande (fino a diventare teoricamente infinito) quanto più ω H/VSs detto anche fattore di frequenza, tende a valori pari a π/2 + nπ (Figura 3.4), cioè quanto più la frequenza di eccitazione ω si avvicina a valori pari a:

ω π πnSsV

Hn= ⋅ +⎛

⎝⎜⎞⎠⎟2

con n = 0,1,2,3,…. (Eq. 3.10)

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

|F ( )|1

ω

(π V )S

2H

ω3 (π V )

S

2H5 (π V )

S

2H7 (π V )

S

2H9 (π V )

S

2H

Figura 3.4 – Funzione di amplificazione nel caso di strato di terreno omogeneo elastico su substrato infinitamente rigido

Tali frequenze (o i relativi periodi Tn=1/ωn) corrispondenti ai massimi valori della funzione di amplificazione sono definite frequenze (o periodi) naturali di vibrazione dello strato e sono direttamente proporzionali alla velocità del materiale e inversamente proporzionali al suo spessore.

Nel caso più generale di input irregolare e periodico, comunque scomponibile in una serie di infinite armoniche di differente frequenza e ampiezza, sfruttando il principio di sovrapposizione degli effetti anche l’output sarà esprimibile come sommatoria di infinite armoniche, e il loro rapporto, al variare della frequenza, definito come funzione di trasferimento, è ancora dato dalla (Eq. 3.8), dalla quale si può intuire, anche in un modello così semplificato come quello proposto, che la risposta di un deposito è fortemente influenzato dalla frequenza di eccitazione (in caso di sollecitazione armonica) o dal suo contenuto in frequenza (nel caso di input irregolare) e che le frequenze ω in corrispondenza delle quali si verificano le maggiori amplificazioni sono le frequenze naturali di vibrazione dello strato, ωn dipendenti dalle sue proprietà geometriche e meccaniche. Tale fenomeno viene definito risonanza.

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

3.2.2 Strato di terreno omogeneo viscoelastico su substrato infinitamente rigido

Il modello ideale appena descritto presuppone che a causa del comportamento elastico del materiale e della presenza del substrato rigido, le onde sismiche si propaghino nel terreno indefinitamente senza modificare la loro energia e quindi la loro ampiezza, invece in una situazione reale si verifichino attenuazioni connessi a fenomeni di smorzamento interni, legati alla non linearità del comportamento del terreno, e fenomeni di smorzamento per scattering, legati ai fenomeni di riflessione e rifrazione che si verificano in corrispondenza dell’interfaccia tra substrato e terreno per effetto della non rigidità del bedrock. Introducendo l’ipotesi di non linearità del comportamento del terreno (Figura 3.5) e conservando l’ipotesi di rigidità del bedrock, per modellare l’attenuazione dell’ampiezza delle onde sismiche e quindi la riduzione dell’energia elastica da esse trasportata (convertita in calore) dovuto allo smorzamento interno del materiale, si adotta il modello viscoelastico lineare di Kelvin-Voigt: τ γ η ∂γ

∂= ⋅ + ⋅G

t (Eq. 3.11)

in cui la resistenza a taglio τ è esprimibile come somma di una componente elastica e di una componente viscosa.

u(z,t)

A ei ( t + k z )ω

B ei ( t - k z )ω

z

H

ρS S S, V , DS

B

Figura 3.5 - Strato di terreno omogeneo viscoelastico su substrato infinitamente rigido

La componente elastica è proporzionale alla deformazione angolare di taglio corrispondente γ secondo una costante, rappresentata dal modulo di taglio G e fisicamente rappresentata nel modello da una molla; la componente viscosa è rappresentata da uno smorzatore, proporzionale alla velocità di

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

deformazione, secondo un coefficiente η, che rappresenta la viscosità del materiale, legato al rapporto di smorzamento dalla relazione: D

G=

ηω2

(Eq. 3.12)

L’equazione del moto ottenuta in questo caso risulta:

ρ ∂∂

∂∂

η ∂∂ ∂

⋅ = ⋅ + ⋅2

2

2

2

3

2

ut

G uz

uz t

(Eq. 3.13)

e la soluzione è del tipo: ( ) ( ) ( )u z t A e B ei t k z i t k z, * *= ⋅ + ⋅+ −ω ω (Eq. 3.14)

dove A e B, sono al solito le ampiezze delle onde che si propagano rispettivamente verso l’alto e verso il basso, legate alle condizioni al contorno, ks* (= k1+ik2) è il numero d’onda complesso del terreno, legato, per piccoli valori del rapporto do smorzamento D, a quello precedentemente definito, dalla relazione:

( )k k iDs s* = −1 (Eq. 3.15)Applicando le condizioni al contorno, già ipotizzate nel caso

precedente, si ottiene (A=B): ( )u z t A e ek z i t k z( , ) = ⋅ ⋅ −2 1ω (Eq. 3.16)

che mostra come l’ampiezza del moto si riduce (essendo k2 negativo) esponenzialmente con la profondità z, a causa della dissipazione interna del materiale. La funzione di trasferimento, in questo caso, risulta, per piccoli valori del rapporto di smorzamento D:

( ) ( )[ ] ( )F

k i D H HV

i Ds

Ss

21

11

ω=

− ⋅=

⋅⋅ − ⋅

⎣⎢

⎦⎥

coscos

(Eq. 3.17)

e la funzione di amplificazione:

( )( ) ( )

Fk H D k H H

VD H

Vs s

Ss Ss

22 2

22

1 1ωω ω

=⋅ + ⋅ ⋅

=⋅⎛

⎝⎜

⎞⎠⎟ + ⋅

⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

coscos

(Eq. 3.18)

da cui si può vedere (Figura 3.6) come il rapporto tra lo spostamento in superficie e alla base del deposito, su roccia (affiorante data l’ipotesi di substrato infinitamente rigido), è funzione della frequenza di eccitazione ω, delle caratteristiche geometriche e meccaniche del terreno, e non raggiunge mai (per valori di D > 0) valori infiniti come nel caso precedente (essendo il denominatore sempre maggiore di 0), bensì massimi relativi per valori del fattore di frequenza kH ≈ π/2 + nπ .

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

|F ( )|2

ω

(π V )S

2H

ω3 (π V )

S

2H5 (π V )

S

2H7 (π V )

S

2H9 (π V )

S

D = 1.25 %

D = 2.5 %

D = 5 %

D = 10 %

2H(π V )

S

10

1

20

30

40

50

2H

Figura 3.6 - Funzione di amplificazione nel caso di strato di terreno omogeneo viscoelastico su substrato infinitamente rigido

Le frequenze corrispondenti ai massimi relativi della funzione di amplificazione rappresentano le frequenze naturali del deposito e risultano, all’incirca:

ω π πnSsV

Hn≈ ⋅ +⎛

⎝⎜⎞⎠⎟2

con n = 0,1,2,3,…. (Eq. 3.19)

e i valori di picco, a parità di D, decrescono all’aumentare della frequenza naturale considerata, per cui il picco massimo corrisponde alla frequenza naturale più bassa (n = 0), detta anche frequenza fondamentale del deposito:

ωπ

0 2=

⋅ VH

Ss (Eq. 3.20)

mentre il periodo corrispondente alla frequenza fondamentale è detto periodo caratteristico del sito: T H

VSSs

= =2 4

0

πω

(Eq. 3.21)

ed entrambi forniscono informazioni importanti sulla frequenza, o il periodo, in corrispondenza del quale è attesa la massima amplificazione dello strato di terreno, che risulta:

( )FD22ω

πmax= (Eq. 3.22)

La massima amplificazione dipende solo dal rapporto di smorzamento, all’aumentare del quale diminuisce, mentre la frequenza (o il

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

periodo) fondamentale dello strato dipendono solo dalle sue caratteristiche geometriche (spessore) e dalle proprietà meccaniche (velocità delle onde S).

Confrontando la Figura 3.4 con la Figura 3.6, in cui è riportata la funzione di amplificazione in funzione del fattore di frequenza in assenza di smorzamento (D = 0) e per valori positivi, comunque piccoli (D > 0), è evidente come lo smorzamento, e quindi la non linearità del comportamento del terreno, schematizzata col modello di Kelvin-Voigt, determini un abbattimento della funzione di amplificazione e soprattutto in corrispondenza delle alte frequenze, fino a raggiungere, per elevati valori del rapporto di smorzamento, valori inferiori a uno, determinando quindi fenomeni di attenuazione del moto sismico anziché di amplificazione. È possibile ricorrere anche a modelli più complessi, e più realistici, per rappresentare la non linearità del comportamento del terreno, che nella schematizzazione discreta prevedano l’uso di più molle e smorzatori, che, d’altra parte complicano notevolmente l’espressione dell’equazione d’onda e della sua soluzione.

3.2.3 Strato di terreno omogeneo elastico su substrato deformabile Se si suppone che il substrato non sia più infinitamente rigido (quindi con una velocità delle onde S e un rapporto d’impedenza con lo strato sovrastante finiti), le onde sismiche che si propagano all’interno dello strato di terreno verso il basso, raggiungendo la superficie di separazione tra roccia e terreno, vengono solo in parte riflesse, in quanto parte della loro energia viene rifratta e quindi attraversa tale superficie continuando a viaggiare nello strato roccioso fino ad incontrare l’interfaccia con un altro materiale o delle superfici di discontinuità, in corrispondenza delle quali vengono ulteriormente frazionate in onde riflesse e rifratte. Quindi se lo strato roccioso è sufficientemente spesso, le onde che lo attraversano e che solo in parte ritornano verso il deposito, vi arrivano comunque dopo un intervallo di tempo troppo lungo o con un ampiezza troppo piccola da potere influenzare la risposta sismica in superficie. Quindi, in definitiva, parte dell’energia elastica associata alle onde che attraversano lo strato di terreno viene irrimediabilmente perduta (smorzamento per scattering o per radiazione), determinando una minore amplificazione del moto sismico in superficie, rispetto al caso di substrato rigido. In questo caso si crea un‘interferenza reciproca tra substrato e strato di terreno sovrastante, per cui mentre nei casi precedentemente considerati la risposta sismica locale era influenzata dalle sole caratteristiche del deposito, ora intervengono anche le caratteristiche (meccaniche) del substrato che influenza il comportamento del terreno ed è a sua volta influenzato dalla presenza del

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

terreno sovrastante, per cui il moto sismico in corrispondenza del substrato sarà differente a seconda che venga valutato sotto il deposito o in condizioni di roccia affiorante.

Supponendo, per il momento, che il terreno abbia un comportamento lineare (Figura 3.7) e che il substrato sia di spessore infinito (semispazio) è possibile dimostrare (Roesset,1970) che la funzione di trasferimento (e quindi di amplificazione), intesa come rapporto tra il moto sismico valutato alla superficie del deposito e in corrispondenza del substrato alla base del deposito, F3(ω), è la stessa precedentemente trovata nel caso di substrato infinitamente rigido (Eq. 3.8), e non dipende dalle caratteristiche di deformabilità del substrato; se invece tale funzione viene calcolata come rapporto tra il moto sismico valutato in superficie e il moto sismico valutato nel substrato roccioso in corrispondenza di un suo affioramento, F3r(ω), allora l’espressione si arricchisce di un termine che tiene conto delle caratteristiche meccaniche del substrato tramite il rapporto d’impedenza I tra substrato e terreno:

( )FH

Vi

Isin H

V

r

Ss Ss

31

ω ω=

⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ + ⋅

⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟cos

(Eq. 3.23)

u(z,t)

A ei ( t + k z )ω

B ei ( t - k z )ω

z

H

ρS S s

, V

ρr S r, V

Figura 3.7 - Strato di terreno omogeneo elastico su substrato deformabile

La funzione di amplificazione (Figura 3.8) risulta:

( )FH

V Isin H

V

r

Ss Ss

3

22

22

1

ω ω=

⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ + ⋅

⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟cos

(Eq. 3.24)

58

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e dipende dalla frequenza di eccitazione ω, dalle caratteristiche meccaniche e geometriche dello strato di terreno e dalle caratteristiche meccaniche del substrato (nell’ipotesi di spessore infinito): Confrontando l’andamento di tale funzione con l’analoga ricavata nel caso di substrato rigido e comportamento elastico (Figura 3.6), essa assume valore sempre maggiore di uno (essendo il denominatore sempre minore di uno), senza mai raggiungere valori infiniti (se non nel caso di impedenza infinita, cioè di substrato infinitamente rigido), inoltre presenta dei massimi relativi, in corrispondenza degli stessi valori di frequenza, (Eq. 3.10), di uguale valore (a differenza del caso di comportamento lineare) pari a I; infine, a parità di frequenza, all’aumentare del rapporto d’impedenza e quindi del contrasto di rigidezza esistente tra terreno e substrato, aumenta anche l’amplificazione.

In definitiva la deformabilità del substrato influisce sull’amplificazione in maniera analoga alla non linearità del comportamento del terreno, attenuando l’amplificazione (e impedendo di raggiungere valori infiniti), però in misura uguale al variare della frequenza (e non solo in corrispondenza di determinati valori di frequenza), e in maniera tanto più marcata quanto minore è il contrasto d’impedenza tra substrato e terreno.

|F ( )|3 r

ω

(π V )S

2H

ω3 (π V )

S

2H5 (π V )

S

2H7 (π V )

S

2H9 (π V )

S

I = inf.I = 10

I = 5

I = 2.5

I = 1.25

2H(π V )

S

2

4

6

8

10

2H

Figura 3.8 - Funzione di amplificazione nel caso di strato di terreno omogeneo elastico su substrato deformabile

3.2.4 Strato di terreno omogeneo viscoelastico su substrato deformabile

Introducendo, rispetto al caso precedente, anche l’ipotesi di non linearità del comportamento del terreno, al quale viene applicato ancora una volta il

59

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

modello di Kelvin-Voigt, si ottiene la seguente espressione della funzione di trasferimento, espressa, come nel caso precedente, come rapporto tra il moto sismico valutato alla sommità del deposito e il moto sismico valutato sul substrato in corrispondenza di un affioramento:

( )FH

Vi

Isin H

V

r

Ss Ss

41

ω ω=

⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ + ⋅

⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟cos

* * *

(Eq. 3.25)

dove I* è il rapporto d’impedenza complesso, definito come:

IVV

r Sr

s Ss

***

=⋅⋅

ρρ

(Eq. 3.26)

e VSs* e VSr* le velocità, complesse, delle onde S corrispondenti rispettivamente al terreno e al substrato roccioso.

L’espressione della funzione di amplificazione è difficilmente rappresentabile in una forma compatta, in ogni caso per smorzamento nullo (D = 0) si riottiene l’espressione (Eq. 3.24) relativa al caso di substrato deformabile e terreno lineare, mentre per valori positivi del rapporto di smorzamento D si sommano gli effetti dovuti alla non linearità del comportamento del terreno e alla deformabilità del substrato; per cui la funzione di amplificazione non raggiunge valori infiniti, ma continua ad essere caratterizzata da massimi relativi raggiunti in corrispondenza delle frequenze naturali del deposito e di ampiezza progressivamente decrescente, a parità del rapporto d’impedenza, con l’aumentare della frequenza naturale e in misura tanto più marcata quanto maggiore è lo smorzamento. Invece, fissato il rapporto di smorzamento D, la funzione di amplificazione tende ad aumentare all’aumentare dell’impedenza e in misura uguale su tutte le frequenze naturali del deposito. L’amplificazione per cui non è mai infinita è può essere maggiore o minore di 1, determinando quindi fenomeni di amplificazione o attenuazione.

Riportando l’espressione del valore di picco massimo della funzione di amplificazione, corrispondente alla frequenza fondamentale ω0:

( )F

ID4

11

2

ωπmax

=+

(Eq. 3.27)

si osserva come esso dipenda da due soli fattori: il rapporto di smorzamento D del terreno e il rapporto d’impedenza tra roccia e terreno I; dalla Figura 3.9 è possibile vedere come il picco massimo coincide con il rapporto d’impedenza per D = 0, mentre per valori positivi di D, aumenta all’aumentare di I, e, fissato I, diminuisce all’aumentare di D.

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

Rapporto d’impedenza I

Picc

o m

assi

mo

della

fun

zion

e di

am

plifi

cazi

one

0 10

10

100

D = 5 %

D = 2.5 %

D = 1.25 %

D = 0

D = 10 %

100

Figura 3.9 – Picco massimo della funzione di amplificazione corrispondente alla frequenza fondamentale al variare del rapporto d’impedenza I, per differenti valori del rapporto di smorzamento D

3.2.5 Influenza dei parametri geotecnici e geometrici del sito sui modelli monodimensionali Applicando un modello semplificato per l’analisi monodimensionale di un deposito, ad esempio quello più completo illustrato nel Paragrafo precedente, può essere interessante studiare gli effetti sulla risposta sismica locale della variazione delle caratteristiche geotecniche e geometriche del deposito. Ad esempio con riferimento ad un sito costituito da un’area piuttosto estesa e ubicata nella parte occidentale della città di Teheran (Hosseini, 1995), scelto un’accelerogramma di riferimento sulla base degli studi di pericolosità sismica locale, è stato applicato il codice SHAKE, basato su un modello lineare equivalente multistrato (cioè che consente l’analisi su depositi stratificati orizzontalmente, come verrà meglio spiegato nel Paragrafo successivo). Confrontando i risultati ottenuti, in termini di spettro di risposta delle accelerazioni, al variare dei parametri geotecnici caratteristici del sito è stato osservato che:

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− diminuendo la densità dello strato più superficiale (Figura 3.10), non viene sostanzialmente modificato il contenuto in frequenza della risposta (e in particolare il periodo predominante), mentre cambia solo l’ampiezza, che aumenta. Lo stesso accade, ma in misura minore, modificando la densità degli strati sottostanti.

− modificando il modulo di taglio massimo (o la velocità delle onde di taglio) non si apprezzano sostanziali variazioni nelle risposta (Figura 3.11), mentre si possono osservare cambiamenti nell’ampiezza massima, al variare della rigidezza del substrato (Figura 3.12);

− un aumento del rapporto di smorzamento dall’1% al 7% può determinare una riduzione dell’ampiezza massima dello spettro anche del 200%, mentre non modifica la frequenza fondamentale (Figura 3.13);

− modificando lo spessore dello strato più superficiale (che è quello che più di tutti influenza la risposta sismica locale) ad esempio da 2 a 10 m, l’accelerazione massima si riduce da 1.38 g a 0.9 g e il periodo caratteristico aumenta circa del 50% (Figura 3.14).

Figura 3.10 – Spettri di risposta elastici calcolati per differenti valori della densità del terreno

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

Figura 3.11 – Spettri di risposta elastici calcolati per differenti valori della velocità delle onde S del terreno

Figura 3.12 – Spettri di risposta elastici calcolati per differenti valori del modulo di taglio del bedrock

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.2 Condizioni di deposito ideale

Figura 3.13 – Spettri di risposta elastici calcolati per differenti valori del rapporto di smorzamento del terreno

Figura 3.14 – Spettri di risposta elastici calcolati per differenti valori dello spessore dello strato più superficiale

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.3 Condizioni di deposito reale

3.3 CONDIZIONI DI DEPOSITO REALE: EFFETTI DOVUTI ALLA

STRATIGRAFIA E ALLA NON LINEARITÀ, EFFETTI BIDIMENSIONALI

E TOPOGRAFICI Per determinare la funzione di amplificazione caratteristica di un deposito sono state considerate fino ad ora delle situazioni semplificate, per quello che riguarda la geometria del deposito e del substrato roccioso, e le loro caratteristiche geotecniche, partendo da una situazione ideale e introducendo progressivamente elementi più realistici circa la deformabilità del substrato e la non linearità del comportamento del terreno. In ogni caso anche la situazione di maggiore complessità fin qui analizzata (terreno omogeneo viscoelastico su substrato deformabile) risulta ben lontana dalle condizioni reali di un deposito, come confermato anche dai confronti ottenuti con risultati sperimentali relativi a registrazioni da reti accelerometriche sperimentali (una per tutte la rete di accelerometri in superficie e in foro installata nella Garner Valley in California presso la faglia di San Giacinto, Seale et al., 1991). Infatti un deposito reale generalmente presenta: • da un punto di vista delle proprietà geotecniche:

1. eterogeneità verticali, cioè variazione dei parametri di rigidezza e di smorzamento con la profondità, dovute a stratificazioni di unità litotecniche differenti e in alcuni casi all’interno del medesimo strato;

2. anisotropie orizzontali connesse alla variazione di tali parametri in direzione areale per lo stesso tipo di materiale;

3. un comportamento, soprattutto per alcuni tipi di materiali, marcatamente non lineare, fortemente dissipativo già a piccole deformazioni e quindi non rappresentabile con un modello viscoelastico;

• da un punto di vista delle proprietà geometriche: 1. eterogeneità laterali, connesse alla stratificazione non orizzontale

del deposito e del substrato roccioso (effetti di bordo di valli alluvionali, effetti dovuti alla morfologia irregolare del bedrock, ecc.)

2. morfologia superficiale irregolare (creste, crinali, ecc.) che interferisce in maniera significativa sui normali percorsi delle onde sismiche determinando fenomeni di focalizzazione (effetti topografici)

Di seguito verranno analizzati separatamente ciascuno di tali fattori con riferimento agli ultimi sviluppi della ricerca sull’influenza che essi

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.3 Condizioni di deposito reale

esercitano sulle caratteristiche del moto sismico superficiale, e sui modelli numerici che includano tali effetti.

3.3.1 Effetti dovuti alle eterogeneità verticali Raramente si presenta il caso di deposito omogeneo, caratterizzato cioè dallo stesso tipo di materiale appartenente alla stessa formazione geologica e alla stesa unità litotecnica, quindi caratterizzato da valori uniformi al variare della profondità di parametri fisico-meccanici quali la densità, il peso specifico, le proprietà indice in generale , la resistenza al taglio, ecc.. Anche in questo caso, comunque, soprattutto per spessori elevati, i parametri connessi alla resistenza del terreno, sia in campo statico che dinamico, non si possono ritenere costanti con la profondità a causa della loro dipendenza da fattori, quali la tensione litostatica, il grado di sovraconsolidazione e di cementazione, ecc. Quindi, ad esempio, il rapporto di smorzamento D, ma ancor più il modulo di taglio G o la velocità delle onde S, VS, variano comunque in maniera continua con la profondità anche all’interno di uno strato di terreno omogeneo; a questo si aggiunga il fatto che poi generalmente un deposito reale è caratterizzato da più strati di materiale di differente natura e origine geologica, con differenti caratteristiche fisiche e meccaniche.

Il problema è quindi come questa eterogeneità influisce sulla risposta sismica locale e come i modelli semplificati precedentemente descritti devono essere modificati per tenerne conto.

È chiaro che, per la natura del problema, più che la variabilità dei parametri fisici (quali ad esempio la densità o il peso specifico) è la variabilità dei parametri che caratterizzano il comportamento del terreno in campo dinamico (modulo di taglio e rapporto di smorzamento) ad influenzare maggiormente la risposta sismica locale di un deposito e tra questi il parametro che è risultato più significativo e su cui comunque è stato fatto il maggior numero di studi e di ricerche, è il modulo di taglio G (o la velocità delle onde S, VS).

3.3.1.1 Soluzione analitica In un primo tempo è stata ipotizzata una variabilità continua di tale parametro con la profondità secondo relazioni funzionali lineari o iperboliche (Gazetas, 1982; Vinale et al., 1983) che consentono di ottenere una soluzione analitica del problema esprimibile in forma chiusa.

Ad esempio è stato fatto riferimento ad un deposito di spessore H, poggiante su un substrato roccioso orizzontale infinitamente rigido, e

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.3 Condizioni di deposito reale

caratterizzato da una densità costante e da velocità delle onde S variabile con la profondità, secondo una legge del tipo:

( )V V z m= ⋅ + ⋅0 1 α (Eq. 3.28)

dove V0 rappresenta la velocità in superficie, m la legge di variazione (ed assume valore uno per una legge lineare o minore di uno per leggi iperboliche) e α una variabile positiva che rappresenta il grado di variazione esistente tra la superficie e la base del deposito (infatti nel caso lineare, m = 1, α = VH/V0 – 1).

Tale problema è stato risolto in forma chiusa e la soluzione è stata confrontata con l’analoga calcolata nel caso di deposito omogeneo. In Figura 3.15 vengono riportati, i modi di vibrare del terreno, relativamente alle prime quattro frequenze naturali del deposito, nel caso di deposito omogeneo (VH/V0=1) e nel caso di deposito eterogeneo con legge di variazione lineare (m = 1), per valori crescenti della eterogeneità (VH/V0=10, 20, 50).

Figura 3.15 – Modi di vibrare del terreno relativamente alle prime quattro frequenze naturali del deposito, nel caso di deposito omogeneo (VH/V0=1) e nel caso di deposito eterogeneo (VH/V0=10, 20, 50) con legge di variazione lineare (m = 1) della velocità delle onde S. (Vinale et al., 1983)

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.3 Condizioni di deposito reale

Si può osservare come l’influenza dell’eterogeneità del deposito si traduca in una sostanziale modifica dei modi di oscillazione del deposito, tanto più evidente quanto maggiore è la frequenza naturale considerata, che comporta, con l’aumentare del grado di eterogeneità, una riduzione delle ampiezze degli spostamenti a parità di profondità, e una concentrazione dei valori massimi degli spostamenti in corrispondenza degli strati superficiali del deposito.

In Figura 3.16 è riportata la funzione di amplificazione corrispondente per α = 0.5, e per valori dello smorzamento pari a 5% (linea continua) e del 10 % (linea tratteggiata), confrontate con le funzioni di amplificazione, di cui sono riportati solo i primi picchi, ottenute nel caso di deposito omogeneo (α = 0) e nel caso di deposito eterogeneo con grado di eterogeneità maggiore (α =2; 10).

Figura 3.16 – Funzioni di amplificazione calcolate per differenti valori di eterogeneità (α =0, 0.5, 2; 10) e del rapporto di smorzamento (D = 5%, 10%) (Gazetas, 1982)

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.3 Condizioni di deposito reale

Dall’analisi di tali curve si può osservare come all’aumentare del grado di eterogeneità del deposito aumenti la prima frequenza fondamentale e l’ampiezza della funzione di amplificazione e in misura tanto più marcata quanto minore è il rapporto di smorzamento.

In Figura 3.17 a è riportato il caso reale di Città del Messico, dove sono stati adottati due differenti profili di velocità (Figura 3.17 b), uno uniforme (deposito omogeneo)e uno variabile con legge parabolica; dal confronto tra le funzioni di amplificazione, riportate in Figura 3.17 c, si può notare come l’eterogeneità del terreno determini un avvicinamento delle frequenze naturali del deposito e un aumento dei valori di picco.

a) b)

c)

Frequenza [Hz]

V [m/s]S

V = 75 m/sS

V = 21-104 m/sS

V = 75 m/sS

V (z)S

Am

plifi

cazi

one

Dep

th [m

]

2

2

310

0

0

5

10

15

20

25

20 40 60 80 100 120 140

04

6

8

10

4

Argilla soffice = 1.2 t/m3

D = 1.3 %H = 27 m

ρS

= 1.2 t/m3D = 1.3 %V = 27 m

ρr

r

Figura 3.17 – Strati grafia relativa al caso di Città del Messico (a), profili di velocità adottati (b) e corrispondenti funzioni di amplificazione ottenute.

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3.3.1.2 Soluzione numerica: i metodi della trave a taglio continua e discretizzata In presenza di depositi eterogenei caratterizzati da strati di caratteristiche geologiche e meccaniche molto diverse (con elevati valori del rapporto d’impedenza) non è più pensabile utilizzare una legge di variazione continua delle Vs o comunque una legge che sia esprimibile mediante una relazione analitica, per cui occorre procedere ad una risoluzione numerica del problema.

In tal caso si ricorre sempre ad una rappresentazione monodimensionale del problema, che prevede l’ipotesi di deposito stratificato orizzontalmente su substrato orizzontale e infinitamente esteso, attraversato dalle sole onde S con direzione di propagazione verticale (quindi con moto oscillatorio orizzontale e deformazioni di taglio puro), e che consente di semplificare notevolmente la schematizzazione del deposito riducendolo ad una colonna di terreno di larghezza unitaria, in cui le dimensioni trasversali si possano ritenere trascurabili e alla base della quale viene applicata un’oscillazione. Lungo l’altezza di tale colonna, detta anche “trave a taglio”, si ipotizza che le caratteristiche di rigidezza e di smorzamento siano variabili.

Tali metodi, detti anche metodi della trave a taglio, sono essenzialmente di due tipi: i metodi della trave a taglio continua e i metodi della trave a taglio discretizzata (Roesset, 1970).

I metodi continui schematizzano la colonna di terreno come un mezzo stratificato continuo (Figura 3.18), dove ogni strato viene considerato omogeneo e con legame costitutivo viscoelastico lineare e i parametri necessari a caratterizzare ciascun strato i-esimo sono lo spessore Hi, la densità ρi, il modulo di taglio Gi (o la velocità delle onde S, Vsi) e il rapporto di smorzamento Di.

I metodi discreti (Figura 3.19) invece schematizzano gli strati con una serie di masse concentrate in corrispondenza della superficie di separazione degli strati e collegate tra loro da molle e smorzatori viscosi, che simulano la legge di comportamento sforzi-deformazione assegnata al materiale, generalmente non lineare. I parametri necessari a caratterizzare ciascun strato sono lo spessore Hi, la massa mi, la rigidezza della molla Ki (legata al modulo di taglio dalla relazione Ki =Gi/Hi) e il coefficiente di smorzamento dello smorzatore ci.

In entrambi i casi, nota l’eccitazione sismica alla base (ad esempio sotto forma di accelerogramma) la risposta sismica del terreno viene determinata risolvendo le equazioni del moto; nei metodi continui esse sono formulate come equazioni differenziali del moto di propagazione delle onde

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RISPOSTA SISMICA LOCALE: I MODELLI Par. 3.3 Condizioni di deposito reale

sismiche in un mezzo continuo (del tipo (Eq. 3.4) nel caso di modelli lineari o (Eq. 3.13) per modello visoelastici-lineari) e vengono risolte nel dominio delle frequenze utilizzando la trasformata di Fourier (in maniera analoga a quanto visto nei casi ideali semplificati esposti nel Paragrafo precedente).

u1

u2

ui

Un + 1

h1

h2

hi

h = inf.n + 1

Strato 1

Strato 2

Strato i

Bedrock

G , D , 1 1 1

ρ

G , D , 2 2 2

ρ

G , D , i i i

ρ

G , D , n + 1 n + 1 n + 1

ρ

z1

z2

zi

zn + 1

un

hn

Strato nG , D , n n n

ρz

n

Figura 3.18 – Schematizzazione di un deposito stratificato orizzontalmente secondo il metodo della trave a taglio continua

Invece nei metodi discreti le equazioni del moto, per il generico elemento i-esimo, sono del tipo: m u m ui i i i i&& &&+ − = −− bτ τ 1 (Eq. 3.29)

con mi e ui rispettivamente massa e spostamento alla base dell’elemento i-esimo, τi e τi-1, lo sforzo di taglio rispettivamente nell’elemento i e i-1 e vengono integrate e risolte nel domino del tempo o ricorrendo all’analisi modale.

I metodi continui, come si è potuto veder nel Paragrafo 3.2, consentono di ottenere nel caso di geometrie semplici soluzioni analitiche in forma chiusa, a discapito però di un’eccessiva semplificazione nella rappresentazione del comportamento del terreno, che, per garantire l’uso della trasformata di Fourier nel calcolare la risposta sismica del terreno, richiede un legame sforzi-deformazioni lineare e quindi leggi costitutive lineari o al più che simulino un comportamento non lineare conservando, mediante formule iterative, delle espressioni lineari. Questi ultimi sono noti

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come modelli lineari-equivalenti e richiedono, per ciascun strato, anche la legge di variazione con la deformazione del modulo di taglio e del rapporto di smorzamento. Per l’applicazione di leggi costitutive più complesse che tengano conto del comportamento non lineare (isteretico instabile) dei terreni e dello sviluppo delle pressioni interstiziali bisogna ricorrere ai metodi discreti.

m1

c1

k1 Strato 1

Strato 2

Strato i

Strato n

Bedrock

mi

ci

ki

mn

mn + 1

cn

C = Vn + 1

ρr R

kn

Figura 3.19 - Schematizzazione di un deposito stratificato orizzontalmente secondo il metodo della trave a taglio discreta

In definitiva l’eterogeneità del deposito con la profondità è comunque un fattore importante nella stima della risposta sismica locale, di cui si può tenere conto utilizzando modelli più complessi, ma anche più adatti ad una situazione di deposito non omogeneo, supportati da un’adeguata caratterizzazione stratigrafica del terreno e da una campagna di prove in sito (DH, CH, ecc.) e in laboratorio (RC, TXC, ecc.) che consentano di ricavare il profilo continuo delle Vs o del modulo di taglio G e eventualmente le leggi di decadimento per i vari materiali incontrati.

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3.3.2 Effetti dovuti alla non linearità del comportamento del terreno La non linearità del comportamento del terreno costituisce uno dei fattori che maggiormente influenzano la risposta sismica locale, soprattutto per un certo tipo di terreni (terreni soffici) e in corrispondenza di eventi sismici di una certa intensità (da moderata a forte).

Per tale motivo questo è forse il campo su cui si è concentrato, almeno nell’ultimo decennio, il maggior numero di studi, finalizzati non solo all’individuazione dei vari parametri geotecnici che influenzano e determinano la non linearità del comportamento del terreno e alla valutazione degli effetti che producono sulla risposta sismica locale, ma anche alla messa a punto di codici di calcolo che traducano gli sviluppi nel campo della ricerca in modelli che utilizzino legami costitutivi non lineari secondo formulazioni non troppo complesse e che non richiedano l’uso di un numero eccessivo di parametri.

Un notevole passo in avanti nella comprensione di tali fenomeni e della loro rilevanza nella valutazione della risposta sismica locale, è stato fatto grazie alle osservazioni e alle ricerche condotte in seguito agli eventi di Città del Messico (Seed et al. 1987) e di Loma Prieta (Seed et al. 1990), dalle quali è emersa in maniera chiara la differenza tra un comportamento essenzialmente elastico dimostrato da alcuni depositi consolidati di Città del Messico e quello decisamente non lineare verificatosi in alcuni siti durante il terremoto di Loma Prieta. 3.3.2.1 Cenni teorici La non linearità del comportamento del terreno si traduce in una variazione delle caratteristiche di rigidezza (G) e di smorzamento (D) con il livello deformativo raggiunto, e quindi indirettamente con il numero di cicli applicati e (in campo isteretico instabile) con il livello di pressione interstiziale raggiunto. In particolare si assiste ad una diminuzione del modulo di taglio (a cui corrisponde un decadimento della rigidezza) e ad un aumento del rapporto di smorzamento (a cui corrisponde un incremento delle proprietà dissipative), che possono condurre, in terreni incoerenti non saturi o coesivi soffici, a deformazioni irreversibili (addensamento) e in terreni granulari saturi a un incremento di pressione interstiziale con perdita di resistenza (liquefazione). Esiste comunque un campo di piccole deformazioni in cui tali valori si mantengono pressoché stabili e il comportamento del terreno si può ritenere lineare; il problema è determinare l’ampiezza di tale intervallo (cioè la soglia di deformazione elastica , γl), che può essere più o meno esteso a seconda della natura del terreno (e delle sue proprietà indice), e confrontarlo con l’intensità

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dell’evento sismico considerato, per stabilire se il livello deformativo massimo indotto superi o meno la soglia lineare. Inoltre ci possono essere terreni in cui il decadimento, nel dominio isteretico stabile (compreso tra la soglia elastica e volumetrica) avviene più velocemente di altri. 3.3.2.2 Evidenze sperimentali Esiste una vasta letteratura che, sulla base di specifiche prove di laboratorio (RC, TXC, TTC, ecc.), ha permesso di ricavare l’andamento di tali curve per molti tipi di terreno e una serie di correlazioni empiriche che evidenziano i principali fattori da cui l’andamento di tali curve dipende. Tra questi i più importanti sono senza dubbio l’indice dei vuoti, e, la pressione di confinamento σ’0, l’indice di plasticità Ip e il grado di sovraconsolidazione OCR. Questi ultimi risultano essere particolarmente importanti soprattutto per i terreni coesivi.

A titolo di esempio sono riportate le curve di decadimento normalizzate G/G0 (in modo da prescindere dal valore iniziale del modulo di taglio massimo G0), ricavate sulla base dei risultati sperimentali di numerose prove di laboratorio disponibili in letteratura (Vucetic e Dobry, 1991) per alcuni tipi di terreni naturali e rapportate alla pressione di confinamento, nella Figura 3.20, e al variare dell’indice di plasticità e del grado di sovraconsolidazione nella Figura 3.21. Le stesse curve vengono riportate per il rapporto di smorzamento D nelle Figure 3.22 e 3.23.

Figura 3.20 – Curve di decadimento normalizzate ricavate per alcuni terreni naturali (Imazu-Fukutake, 1986)

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Figura 3.21 – Curve di decadimento normalizzate al variare dell’indice di plasticità Ip (Vucetic e Dobry, 1991)

Figura 3.22 – Curve D - γ ricavate per alcuni terreni naturali (Imazu-Fukutake, 1986)

Dall’analisi di questi diagrammi è possibile osservare come i terreni coesivi sono quelli che presentano un campo di deformazione più ampio, ma anche un decadimento più rapido, e che con l’aumentare dell’indice di plasticità, del grado di sovraconsolidazione e della pressione di

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confinamento le curve G/G0 e D/D0 si spostano rispettivamente verso l’alto e verso il basso, ampliando il campo di deformazioni in cui il comportamento del terreno si può ritenere lineare, ma anche incrementando la rapidità di variazione con il livello deformativo raggiunto, nel campo non lineare (comportamento più rigido).

Figura 3.23 - Curve D - γ al variare dell’indice di plasticità Ip (Vucetic e Dobry, 1991)

La non linearità del comportamento del terreno, a determinati livelli deformativi dipendenti dal tipo di terreno e dalle sue proprietà geotecniche, è stata ampiamente documentata con prove dinamiche di laboratorio specialistiche, con tutti i limiti che le prove di laboratorio comportano per quanto riguarda la rappresentatività delle reali condizioni di sito (disturbo del campione, riproducibilità di sollecitazione sismica irregolare con una sequenza di carichi irregolari, definizione delle condizioni al contorno, ecc.).

Meno numerosi, ma sicuramente più interessanti, sono stati i tentativi di studiare tale fenomeno direttamente in sito ricorrendo a fori strumentati ubicati in aree ad elevata sismicità. Ad esempio a Taiwan è stato allestito nel 1985 un sito campione strumentato con un a fitte rete di accelerometri superficiali e in foro. Sulla base delle registrazioni di 18 eventi effettuate nel periodo 1985-1986 (Zeghal et al., 1995) sono state ricostruite le storie temporali, al variare della profondità, delle tensioni e delle deformazioni di

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taglio. In Figura 3.24 a sono riportati i corrispondenti cicli sforzi-deformazione relativi alla medesima profondità, evidenziando, la riduzione della rigidezza e l’incremento dello smorzamento isteretico con l’aumentare del livello deformativo, prima del raggiungimento della soglia plastica (Figura 3.24 b) e il differente comportamento prima e dopo l’incremento delle pressioni interstiziali (Figura 3.24 c) .

Figura 3.24 – Cicli sforzi-deformazioni alla profondità di 6 m (a), prima del raggiungimento delle grandi deformazioni (b), prima e dopo l’inizio dell’incremento delle pressioni interstiziali (c). (Zeghal et al., 1995)

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3.3.2.3 Influenza della non linearità sul moto sismico superficiale Il problema che si pone è quello di stabilire come cambia, per lo stesso tipo di terreno, la risposta sismica locale quando si passa da un comportamento lineare a un comportamento non lineare. Il confronto viene generalmente effettuato in termini di accelerazione di picco o di funzioni spettrali (spettro di Fourier o spettro di risposta dell’accelerazione) confrontando per lo stesso sito, e quindi per lo stesso tipo di terreno, le registrazioni sperimentali relative ad eventi di piccola severità (che dato l’entità della sollecitazione probabilmente contengono il comportamento del terreno in un dominio elastico lineare), con quelle relative a eventi di media o grande severità (che invece innescano deformazioni che conducono il terreno ad un dominio isteretico instabile).

In Figura 3.25 tale confronto viene effettuato in termini di picco di accelerazione: sono riportati i picchi di accelerazione massima in superficie (rappresentativi della risposta sismica del deposito) in funzione picco massimo di accelerazione su roccia affiorante raggiunto in occasione del medesimo evento (rappresentativo della severità dell’evento) sotto forma di curve di accelerazione medie, ricavate sulla base di un’elaborazione statistica di numerose registrazioni accelerometriche relative a più eventi, di differente magnitudo (Seed et al., 1976).

Distinguendo tali dati, e quindi le relative curve, in funzione del tipo di terreno costituente il deposito, vengono individuate tre principali categorie: terreni consistenti (ghiaie e sabbie addensate, argille consistenti), terreni incoerenti di elevato spessore (maggiore di 75 m) e terreni teneri (sabbie sciolte, argille molli o di media consistenza).

Dall’analisi delle curve si può osservare come per valori del picco di accelerazione massima su roccia minori di 0.1 g (e quindi per eventi di piccola intensità) tutti i terreni amplifichino il moto sismico in superficie (in misura maggiore i terreni più teneri), mentre per valori maggiori (e quindi per eventi di maggiore intensità) si assiste ad una progressiva deamplificazione dell’accelerazione più marcata per i terreni più teneri. Questo significa che l’effetto della non linearità del comportamento del terreno si traduce in una riduzione del picco di accelerazione massima e del fattore di amplificazione e quindi ad un’attenuazione del moto sismico tanto più evidente per i terreni classificati come teneri.

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00

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7Accelerazione massima su roccia [g]

Acc

eler

azio

ne m

assi

ma

[g]

roccia

Terren

i con

sisten

ti

Terren

i incoe

renti

di elev

ato spess

ore

Terreni coesivi di

consistenza medio-bassa

e incoerenti sciolti

Figura 3.25 – Curve medie dell’accelerazione di picco su deposito in funzione della corrispondente accelerazione su roccia affiorante per differenti tipi di terreno (Seed et al. 1976)

In realtà, non disponendo di dati sperimentali relativi ad eventi con valori di picco superiori a 0.2 g, l’andamento di tali curve per questi valori è stato ricavato per estrapolazione,. Per questo motivo è stato riproposto nel 1991 (Idriss) un diagramma analogo (Figura 3.26), che in parte conferma i risultati precedentemente ottenuti per quanto riguarda la descrizione qualitativa degli effetti della non linearità del comportamento del terreno sulla risposta sismica locale (attenuazione soprattutto per i terreni più teneri), mentre introduce delle correzioni circa il campo di accelerazioni in cui tali attenuazioni si verificano e la loro entità. Infatti riportando per i terreni classificati come teneri i dati già disponibili e integrandoli con i dati sperimentali relativi agli eventi di Città del Messico e di Loma Prieta sempre nel campo di accelerazioni inferiori a 0.2 g, ed effettuando, per valori di accelerazione superiori a 0.2 g anziché delle semplici estrapolazioni delle analisi numeriche (utilizzando il programma SHAKE), è stato osservato che: − i valori di picco di accelerazione in superficie sono sistematicamente

maggiori, rispetto a quelli precedentemente trovati, sia in campo lineare (con maggiori amplificazioni) che non lineare (con attenuazioni più ridotte);

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− il campo di accelerazioni su roccia (e quindi di intensità dell’evento) in cui il comportamento del terreno si può ritenere lineare (e si verificano delle amplificazioni) è quasi il doppio di quello precedentemente stimato (fino a 0.4 g).

00

0.1

0.1

0.2

0.2

0.3

0.3

0.4

0.4

0.5

0.5

0.6

0.6

Accelerazione massima su roccia [g]

Acc

eler

azio

ne m

assi

ma

in s

upe

rfic

iepe

r si

ti s

u t

erre

ni c

oesi

vi t

ener

i [g]

Mexico City (1985)

Loma Prieta (1989)

Basati su analisi numeriche

Relazioni medieraccomandate per le

correlazioni empiriche

Figura 3.26 - Curve medie dell’accelerazione di picco su deposito in funzione della corrispondente accelerazione su roccia affiorante per terreni coesivi teneri aggiornate agli eventi di Città del Messico e Loma Prieta e integrate coi risultati di analisi numeriche della risposta sismica locale (Idriss, 1991)

L’influenza della non linearità del comportamento del terreno su altri fattori, quali la deformazione di taglio massima γmax, il modulo di taglio G, il rapporto di smorzamento D o l’accelerazione di picco all’interno del deposito amax, è stata osservata, da un punto di vista qualitativo, in riferimento a un deposito di terreno omogeneo poggiante su un substrato roccioso (Figura 3.27), al quale è stato applicato un input sismico, caratterizzato da valori progressivamente crescenti del picco d’accelerazione massima, amax,r e quindi da sollecitazioni che producono sul terreno un comportamento sempre meno lineare. In particolare è possibile osservare come all’aumentare del picco d’accelerazione di input su roccia, per effetto della non linearità, aumenti, a parità di profondità, la deformazione di taglio massima, il rapporto di smorzamento e si riduca il modulo di taglio, causando una perdita di rigidezza nel terreno e un incremento della sua capacità dissipativa. L’accelerazione massima su deposito, invece, a bassi livelli energetici, e quindi presumibilmente in un campo ancora lineare, tende ad aumentare con l’incremento della sollecitazione, a parità di

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profondità, mostrando sempre un andamento crescente dal bedrock alla superficie (curve 1 e 2 di Figura 3.27 d), mentre per elevati valori dell’accelerazione di input su roccia, inizia a diminuire, invertendo l’andamento al variare della profondità (curva 3). A questi livelli deformativi, in cui il terreno assume un comportamento decisamente non lineare si verifica nel deposito (come già visto nel caso sperimentale precedentemente esposto) anziché un amplificazione del moto sismico, un’attenuazione, dovuta principalmente all’abbattimento della rigidezza del terreno (che, a causa della maggiore impedenza rispetto alla roccia sottostante, determina un effetto filtro sul passaggio delle alte frequenze del segnale sismico, e quindi su quella parte in cui si trovano presumibilmente i picchi maggiori) e all’incremento delle proprietà dissipative (che causano un’attenuazione generalizzata delle ampiezze del segnale).

z

t

a z z z1 11 12 22 23 33

3

γm a x

G(z) D(z) a (z)m a x

am a x , r

am a x , r

am a x , r

am a x , r a

m a x , r

ρG( )D( )

γγ

Figura 3.27 – Andamento, con la profondità z, della deformazione di taglio massima γmax, (a), del modulo di taglio G (b), del rapporto di smorzamento D (c) e dell’accelerazione di picco amax (d) all’interno di un deposito di terreno omogeneo poggiante su un substrato roccioso, al quale è stato applicato un input sismico, caratterizzato da valori progressivamente crescenti del picco d’accelerazione massima, amax,r

Particolarmente interessante è uno studio (Sugimura et al., 1991) condotto su 772 differenti profili di terreno, raccolti in un database sviluppato per la microzonazione sismica della città di Tokio, ai quali è stato applicato un modello discreto non lineare, utilizzando un’accelerogramma generato sinteticamente e opportunamente scalato (50, 100 e 300 gals) per raggiungere differenti livelli di eccitazione. A seconda del periodo fondamentale teorico TG (= 4H/Vs), corrispondente a bassi livelli di

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deformazione (e quindi in campo elastico), tali terreni sono stati classificati in sei differenti categorie di rigidezza decrescente ( e periodo crescente) secondo la Normativa giapponese e i valori attesi del periodo TG sono stati confrontati con quelli misurati, TP, dall’analisi delle funzioni di amplificazione ottenute dall’applicazione del modello. In campo lineare, e quindi per bassi livelli di eccitazione, come è lecito attendersi, i due valori sono grossomodo uguali; al crescere dell’eccitazione, l’effetto della non linearità si traduce in un aumento del periodo TP della risposta superficiale, per la riduzione della rigidezza del terreno, più evidente per i terreni più soffici, come si può vedere nella Figura 3.28, dove sono riportate le funzioni di amplificazione medie, corrispondenti ai tre differenti livelli di eccitazione considerati, rispettivamente per la categoria di terreni duri (a) e soffici (b).

Figura 3.28 – Funzione di amplificazione corrispondenti a tre differenti livelli di input per terreni duri (a) e soffici (b), (Sugimura, 1991)

Tale effetto risulta ancora più evidente nella Figura 3.29, dove viene riportato il periodo calcolato del deposito TP rispetto a quello atteso in campo elastico, TG, rispettivamente per un basso livello di eccitazione (a) e per uno elevato (b). Nel primo caso si nota un comportamento grossomodo lineare per tutti i tipi di terreno, eccetto che per quelli più teneri che anche a questi livelli mostrano un comportamento non lineare; nel secondo caso è invece evidente l’allungamento del periodo fondamentale del deposito per effetto della non linearità.

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Figura 3.29 – Periodo predominate del deposito TP calcolato per il più basso (a) e il più alto (b) livello di eccitazione sismica in funzione di quello teorico TG, per ciascuna categoria di terreno (Sugimura, 1991)

Se invece viene riportato (Figura 3.30) il rapporto tra il picco massimo d’accelerazione in superficie e alla base del deposito, Am, per i sei differenti tipi di terreno e per un’accelerazione massima di input rispettivamente di 50 (a) e 300 gal (b), al di là della evidente dispersione dei dati, si può osservare come i terreni di durezza da media a elevata (cioè per le prime tre categorie) con spessori fino a 40 m, tendono ad amplificare il moto a bassi livelli di eccitazione (comportamento lineare), mentre i terreni più soffici non amplificano nemmeno a tale livello; invece ai livelli più elevati il rapporto Am, tende a diminuire e in maniera più rapida e marcata per i terreni più soffici (corrispondenti a periodo TG più elevati), per i quali si riduce la dispersione dei dati, come se vi fosse un limite dell’accelerazione massima in superficie che non può essere superato.

Infine viene riportato il caso esaminato da Vucetic e Dobry (1991) in cui viene applicato un modello lineare equivalente (SHAKE) ad un profilo di terreno simile a quello riportato in Figura 3.17 e relativo a Città del Messico (con uno spessore maggiore, H = 35 m, e con un profilo di velocità delle onde S uniforme , VS = 75 m/s, e quindi con periodo caratteristico T0 = 4H/VS = 1.87 s) utilizzando come input una delle registrazioni su roccia affiorante del terremoto del 1985, e come curve G/G0 - γ e D - γ, quelle riportate nelle Figure 3.21 e 3.23 per valori crescenti dell’indice di plasticità (e quindi della linearità del comportamento del terreno).

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Figura 3.30 – Rapporto tra il picco massimo d’accelerazione in superficie e alla base del deposito, Am, in funzione del periodo del deposito TG per i sei differenti tipi di terreno e per un’accelerazione massima di input rispettivamente di 50 (a) e 300 gal (b) (Sugimura, 1991)

Riportando i risultati dell’analisi (Figura 3.31) in termini di spettri di risposta dell’accelerazione per uno smorzamento del 5 %, si può osservare come per le argille di più elevata plasticità, caratterizzate da un comportamento più spiccatamente lineare, vi sia un picco di amplificazione piuttosto elevato (0.45 g ÷ 0.65 g) e collocabile ad una frequenza pari circa a quella stimata per il deposito, mentre per le argille di media e bassa plasticità, il picco tende a ridursi in ampiezza e a spostarsi in corrispondenza di periodi più elevati, fino a raggiungere, per l’argilla a più basso indice di plasticità (Ip = 15%), un picco di 0.15 g uniformemente distribuito per tutto il campo di periodi.

In Figura 3.32 sono riportate, per lo stesso caso appena esaminato, le funzioni di amplificazioni del deposito ottenute, sempre per via numerica, a livelli crescenti dell’energia dell’input sismico, e conseguentemente per livelli deformativi (γ) del terreno, sempre maggiori (secondo l’andamento mostrato in Figura 3.27), supponendo un indice di plasticità elevato (IP = 200) e utilizzando le curve corrispondenti G/G0 - γ e D - γ, riportate nelle Figure 3.21 e 3.23 ( e valori iniziali di G e D rispettivamente decrescenti e decrescenti secondo l’andamento mostrato in Figura 3.27).

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a) b)

c)

Periodo T [s]

V [m/s]S

I = 200 %P

I = 100 %P

I = 50 %P

I = 35 %P

I = 15 %P

V = 75 m/sS

Acc

eler

azio

ne

spet

tral

e S

[g]

a

Dep

th [m

]

2

0.2

310

0

0

5

10

15

20

25

30

3520 40 60 80 100 120 140

04

0.6

0.8

0.4

Argilla soffice

= 1.2 t/mD = 1.3 %H = 35 m

ρS

3

= 1.2 t/mD = 1.3 %V = 27 m

ρr

r

3

Figura 3.31 – Strati grafia relativa al caso di Città del Messico (a), profilo di velocità adottato (b) e spettri di risposta dell’accelerazione (5% di smorzamento) ottenuti per differenti valori dell’indice di plasticità IP (Vucetic e Dobry, 1991)

Il materiale considerato, argilla tenera ad elevata plasticità, è estremamente deformabile e presenta un dominio di comportamento lineare molto esteso, per cui richiede livelli di eccitazione elevati per entrare in un campo di deformazione non lineare; comunque al crescere dell’energia della sollecitazione e quindi della corrispondente deformazione di taglio mobilitata, l’effetto della non linearità del comportamento di questo terreno si traduce in un abbattimento (inversamente proporzionale all’incremento

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del rapporto di smorzamento) e una migrazione (legata alla diminuzione del modulo di taglio massimo) dei picchi della funzione di amplificazione verso il campo delle basse frequenze, fino a determinare, ad elevati livelli deformativi (γ = 0 0.1 %), fenomeni di attenuazione del moto sismico.

γ = 0.0001 %

γ = 0.001 %

γ = 0.01 %

γ = 0.1 %2

1

2 31

4

4

6

8

10

Frequenza [Hz]

Am

plifi

cazi

one

Figura 3.32 – Funzioni di amplificazione, corrispondenti a livelli crescenti di deformazione indotta γ, determinate per il caso riportato in Figura 3.31, con un indice di plasticità IP = 200%

3.3.2.4 Esempi di modelli monodimensionali L’insieme di tutte queste ricerche sugli effetti della non linearità del comportamento del terreno sulla risposta sismica locale ha reso possibile lo sviluppo di più modelli monodimensionali, sempre basati sulla teoria di propagazione delle onde sismiche, e che differiscono da quelli tradizionalmente lineari in quanto introducono legami costitutivi più complessi ma anche più adeguati alla natura di certi tipi di terreni e al livello di eccitazione sismica considerata. Tali modelli richiedono ovviamente un maggiore sforzo computazionale e quindi livelli di complessità progressivamente crescenti nella realizzazione e nell’applicazione dei codici di calcolo corrispondenti, ma anche un numero maggiore di dati circa il comportamento del terreno in condizioni dinamiche.

Tra questi modelli il più utilizzato è senza dubbio il modello lineare equivalente, in cui il comportamento non lineare del terreno viene approssimato per mezzo di una successione di analisi lineari che portano i parametri caratteristici del terreno (G e D) a convergere ad un valore compatibile con un livello di deformazione media, secondo le leggi di

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variazione del modulo di taglio G e del rapporto di smorzamento D con la deformazione di taglio γ, assegnate. Quindi i modelli lineari equivalenti, per descrivere correttamente il comportamento del terreno, richiedono, rispetto ai modelli lineari, oltre al valore iniziale del modulo di taglio, G0, e del rapporto di smorzamento, D0, anche le corrispondenti leggi di variazione normalizzate, G(γ)/G0 e D(γ)/D0 Questo tipo di modelli forniscono risultati accettabili finché il terreno si trova in un campo di deformazioni elastico lineare (dominio isteretico stabile) e quindi per deformazioni inferiori alla soglia volumetrica (generalmente non superiori a 10-3); per valori superiori bisogna ricorrere a modelli più sofisticati che riproducano legami costitutivi elastoplastici (modelli non lineari), sui quali si sta concentrando l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Ad oggi sono stati messi a punto numerosi modelli non lineari, supportati da confronti tra i valori predetti col modello e quelli ottenuti sperimentalmente prove di laboratorio dinamiche, mentre meno numerosi sono i confronti ottenuti con registrazioni reali su depositi reali.

A questo proposito un confronto tra previsione dei modelli e registrazioni reali del moto sismico (Mohammadioun et al., 1992) è stato condotto su un sito campione (McGee Greek, nella California orientale) attrezzato con fori strumentati e caratterizzato da un deposito, di origine morenica, dello spessore di circa 30 m e da un substrato di rocce metamorfiche. Confrontando in termini di spettro di risposta (con smorzamento strutturale del 5%) le registrazioni effettuate alle varie profondità durante due eventi di magnitudo 5.8 e 6.4 con la risposta sismica ottenuta applicando un modello lineare equivalente (SHAKE), è possibile osservare (Figura 3.33) ad una profondità di 35 m, per entrambi gli eventi, un buon accordo tra lo spettro effettivo e quello stimato, almeno per frequenze inferiori a 15 Hz, per cui, come era lecito aspettarsi, data la natura del materiale e dell’eccitazione tali da non produrre evidenti fenomeni di non linearità, il modello monodimensionale lineare equivalente risulta particolarmente adatto a descrivere la risposta sismica locale, almeno nel campo di frequenze di comune interesse ingegneristico.

Per validare il risultato su un campo più ampio lo stesso modello è stato applicato su più profili (10 di cui 7 reali, costituiti prevalentemente da depositi alluvionali, e 3 fittizi, costituiti da strati di sabbia asciutta di differente spessore) utilizzando come input sismici più registrazioni su roccia affiorante di differenti eventi (con magnitudo variabile tra 5.5 e 6.5 e picco di accelerazione variabile tra 0.1 e 0.2 g). Quindi è stato confrontato lo spettro di risposta medio ricavato dall’applicazione del modello a ciascuno

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dei profili per ognuno degli input sismici considerati con uno spettro ricavato su basi statistiche a partire dalle registrazioni reali del moto sismico. Si è pervenuto allo stesso risultato, cioè ad una buona capacità predittiva per il modello lineare equivalente nel campo però delle basse frequenze.

Figura 3.33 – Confronto tra lo spettro di risposta calcolato con un modello lineare equivalente (SHAKE) e misurato (5% di smorzamento) a 35 m di profondità a McGee Creek (California).

Invece per un confronto relativo di vari modelli applicati soprattutto nel campo delle alte frequenze sono state confrontati gli spettri di risposta in termini di velocità ottenuti dall’applicazione ai tre profili di terreni fittizi precedentemente considerati di un modello lineare, un modello lineare equivalente (SHAKE) e uno non lineare (basato su una legge costitutiva elastoplastica del tipo Drucker-Prager). Con riferimento allo strato di spessore 30 m, in Figura 3.34 e 3.35 sono riportati tali spettri rispettivamente per un’accelerazione massima di input pari a 0.1 g e 0.5 g, dai quali si può vedere per il livello di eccitazione sismica più basso un sostanziale buon accordo tra i tre modelli, che rimane tale anche per il livello massimo (0.5 g su roccia affiorante), almeno nel campo delle basse frequenze (inferiori a 1 Hz), mentre differenze significative si osservano per frequenze superiori, con il modello lineare che fornisce la risposta più elevata e il modello lineare equivalente la risposta più bassa, molto vicina alla risposta del modello non lineare, ma lievemente inferiore.

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Figura 3.34 – Confronto tra gli spettri di risposta in termini di velocità ottenuti dall’applicazione a un deposito di sabbia asciutta dello spessore di 30 di un modello lineare, un modello lineare equivalente (SHAKE) e uno non lineare per un’accelerazione massima di input pari a 0.1 g (a) e a 0.5 g (b).

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In Figura 3.35 sono invece riportate le accelerazioni massime superficiali predette coi tre modelli confrontate con quelle massime di input su roccia affiorante; tali curve mostrano una saturazione del modello non lineare per accelerazioni di input superiori a 0.4 g, meno pronunciata per il modello lineare equivalente e inesistente per il modello lineare.

Figura 3.35 – Confronto tra accelerazioni massime di input su roccia e accelerazioni massime in superficie, per un deposito di sabbia asciutta dello spessore di 30 m, ottenute con un modello lineare, un modello lineare equivalente (SHAKE) e uno non lineare.

3.3.3 Codici di calcolo per l’applicazione di modelli monodimensionali Verranno ora di seguito menzionati, tra i codici di calcolo che tengono conto degli effetti di eterogeneità del deposito e di non linearità del comportamento del terreno, quelli più correntemente adoperati per l’analisi monodimensionale della risposta sismica locale.

3.3.3.1 SHAKE Il codice SHAKE, elaborato da Schnabel et al. presso l’Università di Berkeley nel 1972, è senza dubbio il più diffuso e utilizzato tra i codici di calcolo che realizzano modelli monodimensionali e numerosi sono gli studi sviluppati circa l’affidabilità dei suoi risultati e i confronti rispetto a situazioni reali.

Le ipotesi alla base di tale programma sono quelle dei modelli monodimensionali (propagazione di onde sismiche di taglio in direzione

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verticale in un deposito stratificato orizzontalmente poggiante su un substrato orizzontale deformabile).

Per tenere conto dell’eterogeneità del deposito viene adottato un modello continuo del tipo di quello descritto nel Paragrafo 2.3.1 (Figura 3.18), in cui gli strati sono costituiti da materiale omogeneo ed isotropo e con comportamento visoelastico lineare descritto dal modello di Kelvin-Voigt. Ciascuno di tali strati è completamente caratterizzato, una volta che sia assegnato lo spessore, la densità, il modulo di taglio massimo e il rapporto di smorzamento minimo.

L’equazione del moto all’interno di ciascuno strato è del tipo (Eq. 3.13) e, assegnato il moto sismico di input sulla superficie che delimita superiormente il substrato, le condizioni al contorno e la continuità degli spostamenti alla frontiera degli strati, il sistema di equazioni così ottenuto viene risolto nel dominio delle frequenze col metodo della trasformata di Fourier.

Per considerare la non linearità del comportamento del terreno (e quindi la dipendenza del modulo di taglio e del rapporto di smorzamento col livello deformativo raggiunto) senza rinunciare ad un’impostazione lineare delle equazioni del moto, e quindi a una più facile risoluzione col metodo della trasformata di Fourier (applicabile solo con sistemi lineari), si applica una procedura iterativa (modello lineare equivalente). Viene fissato il valore di G e D, pari a quello iniziale e si determina il valore corrispondente della deformazione di taglio γ sulle corrispondenti curve G(γ)/G0 e D(γ)/D0, caratteristiche del materiale e supposte note. Tenendo presente che la deformazione di taglio è legata allo spostamento orizzontale u, dalla relazione: γ ∂

∂=

uz

(Eq. 3.30)

viene risolto sistema di equazioni, da cui si può ricavare un nuovo valore dello spostamento u, e quindi della deformazione di taglio γ, compatibile con valori di G e D diversi dai precedenti. La procedura viene ripetuta iterativamente fino a che lo scarto tra i valori di γ, G e D trovati all’i-esima iterazione e quelli trovati all’iterazione precedente sia trascurabile. Riassumendo il codice SHAKE richiede come dati di input: − numero e spessore degli strati − modulo di taglio massimo G0 (o velocità delle onde di taglio VS) e

rapporto di smorzamento minimo D0 per ciascuno strato

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− legge di variazione normalizzata del modulo di taglio e del rapporto di smorzamento con la deformazione di taglio

− profondità del bedrock e proprietà elastiche (velocità delle onde S) − accelerogramma di riferimento digitalizzato e fornisce come risultati di output: − la storia temporale delle accelerazioni (velocità o spostamento), delle

tensioni e delle deformazioni di taglio per ciascuno strato (in corrispondenza della superficie superiore o a metà dello strato) e per il bedrock

− lo spettro di Fourier e di risposta in termini di accelerazioni o velocità per ciascuno strato e per il bedrock

− l’andamento con la profondità dei valori massimi dell’accelerazione (o spostamento o velocità), della tensione e della deformazione di taglio;

− la funzione di trasferimento del deposito Esistono varie versioni di tali programma (SHAKE, SHAKE 91,

PROSHAKE), in cui la struttura e la filosofia del programma e del modello applicato rimane sostanzialmente invariata, cambiando invece le modalità di restituzione dei risultati di output e di acquisizione dei dati di input, oltre ad alcune funzionalità grafiche e di gestione del programma, soprattutto nell’ultima versione (PROSHAKE) molto più accessibile sia in fase di utilizzazione del prodotto, che di gestione dei risultati. I vantaggi nell’uso di Shake risiedono nei seguenti fattori: •

• •

la semplicità concettuale del modello utilizzato, che rende il codice di calcolo facilmente applicabile in numerose situazioni anche complesse; il numero limitato di dati che esso richiede; la grande quantità di risultati in uscita che propone, nel dominio del tempo e delle frequenze; l’elevato numero di ricerche effettuate che hanno notevolmente incrementato l’affidabilità e ben delimitato il campo di validità di tale programma.

I limiti principali risiedono invece: • nel modello costitutivo di comportamento adottato per il terreno, che,

come è stato visto nel Paragrafo precedente, non sempre risulta applicabile con risultati affidabili soprattutto in quelle situazioni (terremoti di elevata magnitudo) e per quei terreni (soffici) in cui l’effetto della non linearità diventa predominante sul comportamento del terreno e sulla risposta sismica locale (e le amplificazioni che si

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registrano sperimentalmente sono decisamente inferiori rispetto a quelle stimate col modello);

• nel fatto che l’analisi viene condotta in termini di tensioni totali e non consente di controllare gli eventuali incrementi della pressione interstiziale e tutti quei fenomeni ad essa connessi (liquefazione).

3.3.3.2 MASH Il codice MASH, sviluppato da Martin e Seed nel 1978, presso l’Università di Berkeley assume le solite ipotesi alla base dei modelli monodimensionali, ma a differenza di Shake, consente un’analisi non lineare del comportamento del terreno; infatti il modello utilizzato è di tipo discreto (Figura 3.19) con masse concentrate alla sommità degli strati, e si basa quindi su equazioni del moto del tipo (Eq. 3.29), integrate nel dominio del tempo con un algoritmo d’integrazione passo-passo. La risoluzione delle equazioni del moto nel dominio del tempo consente l’utilizzo di modelli di comportamento per il terreno non lineari, in questo caso si può utilizzare sia il modello visco-elastico lineare già visto, che il modello di Davidenkov, in cui la relazione sforzi-deformazioni è del tipo:

( )

( )

( )

τ τ γ γ γγ

τ τ γ γ γ γ

γ

γγ

γγ

− = ⋅ − ⋅ − −⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

⎣⎢

⎦⎥

− = ⋅ − ⋅ − −⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

⎣⎢

⎦⎥

=

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

+⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

⎢⎢⎢⎢⎢

⎥⎥⎥⎥⎥

min minmin

max max max

G H

G H

con

H

B

B

A

12

12

1

0

2

0

2

carico

scarico

(Eq. 3.31)

con A, B e γ0 parametri ricavabili in laboratorio in funzione del tipo di terreno.

È possibile anche svolgere l’analisi in termini di tensioni efficaci, considerando quindi l’incremento delle pressioni neutre, per eventuali studi sul fenomeno della liquefazione. I dati d’ingresso per questo programma sono: − il numero, lo spessore e la densità degli strati considerati; − il livello di falda; − il modulo di taglio massimo G0 e il rapporto di smorzamento minimo

D0 per ciascuno strato;

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− i parametri caratteristici del terreno che compaiono nel modello non lineare utilizzato;

− l’accelerogramma di riferimento digitalizzato. I risultati in uscita sono: − i valori massimi, nel tempo, delle accelerazioni, degli sforzi e delle

deformazioni di taglio per ciascun elemento; − gli spettri di risposta in termini di accelerazione per ciascun elemento. Tra i vantaggi connessi con l’uso di tale modello vi sono: •

• •

l’uso di una tecnica d’integrazione assai più efficiente, come dimostrato dagli stessi Autori; la possibilità di svolgere un’analisi non lineare; la possibilità di effettuare l’analisi in termini di pressioni effettive, in relazione quindi alle problematiche connesse con l’incremento delle pressioni interstiziali nel dominio di comportamento isteretico instabile.

Il principale svantaggio invece è dovuto alle scarse applicazioni di questo programma e quindi ai limitati controlli di validità e efficienza che provengono dalla letteratura.

3.3.3.3 CHARSOIL Il codice CHARSOIL è stato messo a punto da Streeter et al. (1974) presso l’Università del Michigan e consente di effettuare, come MASH, un’analisi non lineare, sempre con riferimento allo schema monodimensionale, con la possibilità di considerare la superficie libera inclinata o la direzione di propagazione delle onde non verticale. Il modello adottato è, come nel caso precedente, discreto e le equazioni del moto vengono risolte col metodo delle caratteristiche I dati d’ingresso richiesti sono: − lo spessore Hi, la densità ρi , la resistenza al taglio massimo τmax, il

modulo di taglio massimo G0,il coefficiente di viscosità η per ciascun strato;

− il modello costitutivo adottato, che può essere quello di Ramberg-Osgood:

γ τ α τ= + ⋅

G G

R

0 0

(Eq. 3.31)

(con α e R coefficienti di forma dipendenti dal tipo di terreno), ma può anche essere utilizzato un modello lineare equivalente;

− l’inclinazione della base e della superficie libera o dell’onda incidente;

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− il moto sismico di riferimento in termini di velocità (velocigramma); Invece i dati in uscita al modello sono: − i valori massimi della velocità, dell’ampiezza degli sforzi e delle

deformazioni di taglio al variare della profondità I vantaggi di questo programma sono legati alla possibilità di

effettuare analisi non lineari, alla sua flessibilità nel considerare superfici e raggi d’incidenza inclinati per le onde sismiche e alla possibilità di utilizzarlo in maniera combinata con programmi che eseguono analisi di interazione terreno-struttura.

Gli svantaggi sono invece dovuti alla scarsità di applicazioni del modello e di confronti con risultati e registrazioni in sito.

3.3.3.4 DESRA 2 e DESRA-MOD Il programma DESRA2, messo a punto da Finn e Lee (1982) presso l’Università di Vancouver, versione aggiornata di un precedente programma realizzato dai medesimi Autori, viene prevalentemente applicato per l’analisi della risposta sismica locale di depositi sabbiosi saturi collegata allo studio del fenomeno della liquefazione e per livelli di eccitazione da medi a elevati (da 0.4 g a 1 g), in cui più rilevanti sono gli effetti della non linearità del comportamento del terreno. Tale programma, sempre applicando il solito schema monodimensionale, consente di eseguire analisi: − in termini di tensioni totali (senza quindi considerare gli effetti legati alla

presenza dell’acqua); − in termini di pressioni effettive senza considerare i fenomeni di

dissipazione e di ridistribuzione delle pressioni neutre fra gli strati oppure, nella modalità più complessa e completa, considerando tali effetti;

Viene adottato un modello discreto in cui gli strati vengono schematizzati con masse concentrate in corrispondenza della superficie di separazione, legate tra loro da smorzatori di coefficiente di smorzamento assegnato e da molle di rigidezza variabile con la deformazione (per tenere conto della non linearità del comportamento del terreno). Per considerare la rigidezza finita del substrato, la superficie di separazione tra deposito e substrato viene modellata attraverso una superficie trasmettente, costituita da uno smorzatore viscoso alla base.

Per descrivere il comportamento secondo le modalità sopra indicate vengono utilizzate una serie di leggi per rappresentare la rigidezza delle molle al variare della deformazione, l’incremento della pressione neutra per ogni ciclo di carico, l’effetto di ridistribuzione e dissipazione simultanea

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delle pressioni neutre all’interno degli strati e verso l’esterno, l’incrudimento della sabbia durante la scossa sismica, e i parametri di ingresso richiesti per ciascuna di esse sono numerosi: − numero e spessore degli strati − profondità della falda − spessore di un’eventuale strato impermeabile − densità, modulo di taglio massimo (o velocità delle onde S), sforzo di

taglio massimo iniziale, coefficiente di permeabilità, costante di smorzamento, costanti di incrudimento e deformabilità per ciascuno strato

I risultati dell’analisi possono essere invece espressi in termini: − storia temporale delle accelerazioni e degli sforzi di taglio per ciascuno

strato; − evoluzione delle pressioni neutre rispetto alla pressione effettiva − l’andamento con la profondità delle pressioni neutre.

DESRA 2 è senza dubbio, tra i modelli monodimensionali, il programma più completo ed efficiente per l’analisi della risposta sismica locale sui depositi sabbiosi saturi, connessa allo studio della liquefazione. I vantaggi nell’uso di tale programma sono legati: 1. all’affidabilità dei suoi risultati fornita dalle numerose applicazioni 2. alla velocità di esecuzione elevata 3. alla possibilità di introdurre contemporaneamente numerosi fattori

nell’analisi della risposta sismica locale fino ad allora considerati separatamente (incrudimento dei terreni incoerenti, non linearità, rigidezza finita del bedrock, ridistribuzione delle pressioni interstiziali, ecc.)

4. alla possibilità di studiare gli effetti connessi con la generazione e dissipazione delle pressioni interstiziali importante soprattutto in presenza di uno strato superiore impermeabile.

Lo svantaggio maggiore connesso all’uso di tale programma è il numero elevato di parametri che è necessario fornire per ogni strato per alcuni dei quali è necessario ricorrere a prove di laboratorio specialistiche molto costose.

Di tale programma è stata proposta di recente una versione più aggiornata, nota come DESRA-MOD, che utilizza lo stesso schema di analisi monodimensionale e lo stesso modello di analisi dinamica discreta, ma utilizza una nuova legge costitutiva non lineare per le sabbie e introduce un modello costitutivo anche per le argille rendendo possibile l’analisi anche

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su depositi costituiti da alternanze di livelli di sabbia e argilla, siano essi naturali o di origine antropica.

3.3.3.5 Confronto tra i codici di calcolo Per effettuare un confronto esauriente tra i vari codici di calcolo appena descritti occorre considerare vari fattori. Innanzitutto se il confronto avviene in termini di maggiore o minore rappresentatività delle condizioni reali di un deposito, è chiaro che i modelli più adeguati sono quelli che introducono legami costitutivi non lineari e consentono di effettuare l’analisi anche in termini di pressioni effettive (MASH, DESRA2, CHARSOIL). D’altra parte in riferimento all’obiettivo dell’analisi, alla disponibilità dei parametri geotecnici esistenti e alla possibilità di effettuare nuove indagini per reperirne dei nuovi, alla complessità della situazione in esame, può bastare un modello più semplice come SHAKE, di facile applicazione, ma sicuramente affidabile (almeno a determinate condizioni) e che offre i risultati in numerose forme (di particolare utilità nella comune prassi ingegneristica) e la possibilità di effettuare numerose analisi comparative grazie nella sua diffusione sia nel mondo della ricerca che in campi più direttamente applicativi.

Una di queste analisi è stata condotta da Finn (1982), confrontando (Figura 3.36)in termini di spettro di risposta (con smorzamento strutturale del 5%) i risultati dell’applicazione su uno stesso profilo di terreno di tre modelli (con lo stesso input sismico).

In particolare si può osservare come le risposte ottenute con DESRA2 e CHARSOIL siano sostanzialmente in buon accordo tra loro, soprattutto per periodi elevati (e quindi alle basse frequenze) e che la risposta invece ottenuta con SHAKE sia notevolmente maggiore per periodi maggiori di 0.3 s (alle basse frequenze) e compresa tra le due per valori del periodo inferiori. Ovviamente tali risultati non sono generalizzabili in quanto legate alle condizioni locali del deposito considerato e del terremoto di input adottato, ma comunque confermano quanto già detto sugli effetti della non linearità del comportamento del terreno sulla risposta sismica locale.

Sempre a titolo di esempio si consideri il confronto (Vucetic et al., 1995) ottenuto tra i risultati dell’applicazione di DESRA-MOD e SHAKE ad un deposito di terreni argillosi di spessore pari a 30 m, e le registrazioni relative ad alcuni dei più forti tra i terremoti più recenti. E’ possibile osservare (Figura 3.37) un sostanziale buon accordo tra risultati teorici e sperimentali, migliore per DESRA-MOD (soprattutto per i livelli di eccitazione maggiori).

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Figura 3.36 –Confronto tra gli spettri di risposta delle accelerazioni (con smorzamento strutturale del 5%) ottenuti dall’applicazione, su uno stesso profilo di terreno e relativamente allo stesso input sismico, di tre modelli (SHAKE, DESRA 2 CHARSOIL).

Figura 3.37 – Confronto tra l’accelerazione adottata come input su roccia e la corrispondente accelerazione superficiale calcolata con SHAKE e DESRA-MOD per un deposito di argilla con indice di plasticità IP = 30 e spessore 30 m.

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