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RISCHI PENALI NELLE SOLUZIONI CONCORDATE DELLE CRISI DI IMPRESA PROF. ALBERTO GARGANI Facoltà di Giurisprudenza

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RISCHI PENALI NELLE SOLUZIONI CONCORDATE DELLE CRISI DI IMPRESA

PROF. ALBERTO GARGANIFacoltà di Giurisprudenza

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I temi

IL’esenzione dai reati di bancarotta

(art.217-bis, L.F.)

IITutela penale della correttezza del flusso di

informazioni economiche e finanziarie

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IL’esenzione dai reati di bancarotta

(art.217-bis, L.F.)

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I rischi penali in caso di insuccesso delle soluzioni concordate

• bancarotta preferenziale quale vera insidia delle soluzioni privatistiche o concordate delle crisi d’impresa

• la disciplina del concordato preventivo, dell’accordo di ristrutturazione di debiti e del piano attestato presenta fisiologicamente il carattere della preferenzialità

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rischi penali in caso di esito negativo delle soluzioni concordate

• nel caso di insuccesso del tentativo di risolvere la crisi, i pagamenti ed operazioni, posti in essere in esecuzione del piano di risanamento, potrebbero aver contribuito ad aggravare il dissesto e a depauperare ulteriormente il patrimonio dell’imprenditore

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rapporti tra disciplina dell’azione revocatoria e sfera di rilevanza penale

• incertezze circa i riflessi penali della delimitazione del sistema revocatorio operata in sede di riforma

• gli atti, i pagamenti, e le garanzie esclusi dall’area della revocabilità erano altresì esclusi dall’area dell’illiceità penale?

• insostenibilità di un fatto civilisticamente lecito, ma penalisticamente rilevante (sussidiarietà della tutela penale)

• azione revocatoria e bancarotta preferenziale come aspetti complementari e coordinati

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art.48, comma 2-bis, d.l. 31.5.2010, n.78 (“Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività

economica”), conv. con modif. in l.30.7.2010, n.122

Art.217-bis L.F. (Esenzione dai reati di bancarotta)• Le disposizioni di cui agli articoli 216, terzo comma, e

217 non si applicano ai pagamenti e alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo di cui all’articolo 160 o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologati ai sensi dell’articolo 182-bis ovvero del piano di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d)

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Pagamenti ed operazioni esentati dalle disposizioni incriminatrici in materia di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice e

“non soggetti all’azione revocatoria”

• Art.67, co.3, lett.d), L.F.

• Atti, pagamenti e garanzie concesse su beni del debitore purchè posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall’art.28, lettere a) e b) ai sensi dell’articolo 2501 bis, quarto comma, del codice civile

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Pagamenti ed operazioni esentati dalle disposizioni incriminatrici e “non soggetti all’azione revocatoria”

• Art.67, co. 3, lett. e), L.F

• Atti pagamenti e garanzie poste in essere in esecuzione del concordato preventivo, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’articolo 182 bis L.F.

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ambito oggettivo dell’esenzione

• pagamenti e operazioni posti in essere in esecuzione di:

• concordato preventivo• accordo di ristrutturazione dei debiti

omologato• piano di risanamento attestato

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Fattispecie di bancarotta rientranti nell’esenzione

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Art.216, co. 3, L.F. Bancarotta preferenziale

Esecuzione di pagamenti o simulazione di titoli di prelazione, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi

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• Art.217 L.F.• Bancarotta semplice

• Spese personali eccessive• Operazioni manifestamente imprudenti di

consumazione di notevole parte del patrimonio dell’imprenditore

• Operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento

• Condotte gravemente colpose, aggravatrici del dissesto

• Mancato soddisfacimento di precedenti obbligazioni

• Omessa, incompleta od irregolare tenuta dei libri e delle altre scritture contabili

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Ambito soggettivo dell’esenzione

• L’esenzione riguarda, in primo luogo, i predetti reati di bancarotta commessi dall’imprenditore commerciale individuale dichiarato fallito, a seguito dell’insuccesso delle soluzioni concordate

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Difetto di applicazione automatica della norma di esenzione

• si tratta di verificare i confini e le condizioni di applicazione dell’art.217-bis L.F. in relazione alle singole soluzioni concordate

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Difetto di applicazione automatica della norma di esenzione

• l’esenzione non discende direttamente dalla mera esistenza di una delle soluzioni concordate d’impresa, bensì dall’esistenza di un piano razionalmente idoneo o fattibile o di un accordo attuabile

• ad essere cruciale non è il dato storico della presentazione del piano o dell’accordo, quanto la sussistenza delle caratteristiche che la legge esige perché piano e accordo possano dirsi tipici

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la cognizione giudiziale

al venir meno della situazione tipica che preclude l’applicazione delle fattispecie penali consegue che anche i reati rientranti nell’esenzione torneranno ad essere applicabili a fatti posti in essere nell’ambito di una soluzione concordata giudicata non idonea

diviene fondamentale la verifica giudiziale della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’esenzione

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il ruolo cruciale del piano/accordo e delle attestazioni del professionista

• Intorno al piano/accordo e alle relazioni di conferma del professionista il legislatore organizza le nuove discipline di gestione della crisi

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la prognosi

• il giudizio prognostico sul piano/accordo assume portata decisiva in ambito penale

• è proprio la valutazione della ragionevolezza/fattibilità che autorizza a ritenere che si tratti davvero di un modo di gestione della crisi (e non di un espediente per procrastinare il momento in cui l’irreversibile insolvenza deve trovare riconoscimento nella sentenza di fallimento)

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aspetti critici

• l’art. 217-bis L.F. riduce l’area di tipicità delle norme di cui agli artt.216, co.3 e 217 L.F.

• non è chiaro però entro quali confini debba svolgersi la cognizione del giudice penale sulla sussistenza dei presupposti che escludono la rilevanza delle condotte contemplate dall’art.217-bis L.F., specie in relazione a quelle procedure in cui è previsto nelle sedi proprie un controllo giurisdizionale degli accordi

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Art. 217-bis L.F.

concordato preventivo

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condizioni di applicazione dell’art.217-bis L.F.

• il giudice penale deve limitarsi a prendere atto dell’intervenuta ammissione alla procedura oppure egli ha anche il potere di vagliare con valutazione ex ante (prognosi postuma) l’originaria fattibilità del piano di soluzione dello stato di crisi?

• la risposta dipende dalla pregnanza e dall’ampiezza del controllo del Tribunale sul contenuto della domanda: controllo sul merito o controllo meramente formale?

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estensione dei reati fallimentari al concordato preventivo (art.236, co.2, L.F.)

art.236, co.2, L.F.: norma di rinvio a singole disposizioni fallimentari che il legislatore rende applicabili al concordato preventivo

le fattispecie di cui all’art.236, co.2, L.F. prescindono dall’intervento della sentenza dichiarativa di fallimento

il decreto di omologazione del concordato emesso ex art. 163 L.F. tiene il posto della dichiarazione di fallimento quale presupposto del reato fallimentare

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nel caso di concordato preventivo si applicano le seguenti fattispecie di bancarotta impropria:

• 1) le fattispecie di bancarotta fraudolenta impropria (art.223 L.F.) e bancarotta semplice impropria (art.224 L.F.) ad amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società;

• 2) le fattispecie di reato dell’institore (art.227 L.F.) all’institore dell’imprenditore;

• 3) le fattispecie di interesse privato del curatore negli atti del fallimento (art.228) e di accettazione di retribuzione non dovuta (art.229 L.F.) al commissario del concordato preventivo;

• 4) le disposizioni di cui agli artt. 232 L.F. (domande di ammissione di crediti simulati o distrazione senza concorso del fallito) e art.233 L.F. (mercato di voto) ai creditori.

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estensione dell’esenzione in riferimento ai fatti di bancarotta nel concordato preventivo

• nell’ambito del concordato preventivo, l’esenzione di cui all’art.217-bis L.F., attraverso l’art.236, co.2, L.F., si estende anche ai soggetti ivi richiamati in riferimento alle fattispecie di bancarotta rientranti nell’ambito oggettivo dell’esenzione.

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Esenzione in ambito societario

per effetto del rinvio dell’art. 236, co.2, n.1, L.F. all’art. 223, co.1, L.F. e all’art.224 L.F., le fattispecie di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice sono inapplicabili ad amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori

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Fattispecie non coperta dall’art.217 bis L.F.

• persistente applicabilità della fattispecie di bancarotta societaria di cui all’art.224, n.2, L.F. -causazione o aggravamento del dissesto della società con inosservanza degli obblighi imposti ai gestori dalla legge- in quanto estranea al rinvio all’art.217 L.F.

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l’esenzione: gli institori

• per effetto del rinvio dell’art.236, co.2, n.1, L.F., all’art. 227 L.F., sono inapplicabili all’institore dell’imprenditore le ipotesi di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice

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Art. 217-bis L.F.

accordi di ristrutturazione dei debitipiano di risanamento attestato

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rapporti con il concordato preventivo

• autonomia: le procedure di cui agli artt. 67, co.3, lett. d) e 182 bis, L.F. sono nettamente distinte da quella di cui all’art. 160 L.F. e non ne costituiscono un’ipotesi speciale

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conseguenze dell’autonomia

• inapplicabilità dell’art.236 L.F., in quanto

quest’ultimo non menziona né l’accordo di ristrutturazione dei debiti, né il piano attestato (principio di legalità)

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patologie

• l’inapplicabilità dell’art. 236 L.F. non significa irrilevanza penalistica delle patologie relative agli accordi di ristrutturazione e al piano attestato

• le norme penali fallimentari sono applicabili soltanto se l’accordo/piano di risanamento non raggiunge l’obbiettivo e segue il fallimento

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esenzione e accordi di ristrutturazione

• rinvio dell’art.217 bis L.F. all’art. 182-bis L.F. • occorre verificare se l’attuabilità dell’accordo in

riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori contenuta nella relazione del professionista, costituisca materia di verifica per il giudice penale

• qualora questi, qualora con valutazione ex ante ne accerti l’insussistenza, dovrebbe escludere l’esenzione (perché l’accordo non ha i connotati richiesti dall’art. 182-bis L.F.)

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i poteri del giudice penale

• il giudice deve limitarsi a prendere atto dell’intervenuta omologazione degli accordi intervenuti tra creditori e debitori, provvedendo solo a verificare che operazioni e pagamenti di cui sia invocata l’irrilevanza penale siano effettivamente stati eseguiti in esecuzione di tali accordi?

oppure • egli ha anche il potere di vagliare con valutazione ex ante

l’originaria efficienza economica dell’accordo, al fine di escludere la possibilità che questo sia stato concluso al solo fine di evitare la concorsualità di taluni crediti e di sottrarre il loro soddisfacimento al rischio della bancarotta?

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Esempio: intervento della sentenza dichiarativa di fallimento

durante la vigenza dell’accordo

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A) Accordo omologato con provvedimento che non rende necessaria la rivalutazione della situazione oggetto di domanda di omologa: l’insolvenza diviene fattore ex ante non prevedibile

• Per le figure di reato che contemplano fallimento o dissesto come conseguenza causalmente collegata alla condotta dell’agente, l’applicabilità di dette fattispecie è preclusa dalla giudicata idoneità dell’accordo.

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• B) Accordo omologato con provvedimento che rende necessaria la rivalutazione della situazione oggetto di domanda di omologa.

• Se l’esito della rivalutazione dovesse essere la non ragionevolezza o la non attuabilità della soluzione concordata, si dovrebbe ritenere una situazione di insolvenza al momento della presentazione dell’accordo, con la conseguente insusisstenza del piano o dell’accordo e l’inapplicabilità dell’art.217-bis (l’inidoneità del piano nasconde lo stato di insolvenza o dissesto).

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Criterio determinante: l’ambito dei poteri del tribunale

• A) Se si ritiene che il decreto di omologazione deve contenere una valutazione nel merito delle condizioni di legalità dell’accordo, incorporando una valutazione giudiziale di attuabilità, si potrebbe sostenere che il provvedimento, una volta definitivo, non è più sindacabile dal giudice.

• B) Se si dovesse giungere a escludere che il giudice civile svolga una valutazione sulla fattibilità del piano di ristrutturazione, tale valutazione non potrebbe essere preclusa al giudice penale, quando sia invocato l’art. 217 bis L.F.

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Piano di risanamento attestato e condizioni di applicazione dell’art.217-bis L.F.

• ipotesi più semplice

• il piano di risanamento attestato non è soggetto al vaglio di alcuna autorità.

• l’applicabilità delle norme penali fallimentari è anche qui prospettabile solo se il piano non raggiunge l’obbiettivo e viene dichiarato il fallimento

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Piano di risanamento attestato

• perché pagamenti e operazioni in esecuzione di un piano attestato non rientrino nell’orbita degli artt. 216/3 e 217 L.F., occorre che essi siano stati posti in essere proprio in esecuzione dei quel piano di risanamento di cui parla la disposizione e cioè di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria, la cui ragionevolezza sia attestata dal professionista

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criteri di valutazione del piano

• in caso di fallimento dell’impresa (il piano non ha conseguito il risultato), la verifica, il giudizio sulla ragionevolezza e sulla idoneità del piano, da apprezzarsi ex ante, compete al giudice penale.

• dichiarato il fallimento, l’esenzione dipende dall’esistenza di un piano che possieda i requisiti stabiliti dalla norma: il giudice deve insomma vagliare se il piano aveva ex ante le caratteristiche tipizzate dalla norma.

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incertezze

art. 217-bis L.F.: modifica di rilievo che dovrebbe stimolare il ricorso agli accordi stragiudiziali per il risanamento

• prevedibile che la reazione penalistica assuma le sembianze di un rischio non agevolmente calcolabile per chi voglia sperimentare le nuove soluzioni concordate della crisi

• rischio di disincentivazioni

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IItutela penale della correttezza del flusso di informazioni economiche e finanziarie

A) Responsabilità penale del debitore che, al fine di essere ammesso al concordato preventivo o di alterare le maggioranze, esibisce una situazione economica non veritiera (art.236, co.1, L.F.)

B) Responsabilità penali in riferimento alle relazioni ed attestazioni di professionisti previste a supporto delle soluzioni negoziali

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tutela penale della corretta ammissione alla procedura del concordato preventivo

art.236, co.1, L.F.

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art.236, co.1, L.F.

• responsabilità penale dell’imprenditore individuale che, al fine dell’ammissione al concordato preventivo o dell’alterazione delle maggioranze, esibisce una situazione economica non veritiera

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art.236, co.1, L.F.

• si punisce con la reclusione da uno a cinque anni l’imprenditore che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo si sia attribuito attività inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti (rectius: debiti) in tutto o in parte inesistenti

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reato concorsuale di cui all’art.236, co.1, L.F.

• Soggetto attivo: il solo imprenditore commerciale.

• la limitazione al solo imprenditore individuale costituisce una lacuna grave, ma irrisolvibile (quando il legislatore estende l’applicabilità delle norme penali in materia di fallimento anche agli altri organi sociali indica espressamente tali organi)

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Reato concorsuale di cui all’art.236, co.1, L.F. Le condotte

• si prevedono due condotte distinte ed alternative:

• 1) attribuzione di attività inesistenti al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo

• Non sono considerate: la simulazione di passività o l’ipervalutazione di beni effettivamente esistenti.

• il dettato normativo esige la non esistenza delle attività e sanziona solo le condotte dirette ad ottenere agevolazioni processuali, senza comprendere tutti gli atti dannosi per i creditori.

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Le condotte

• 2) simulazione di crediti (rectius: debiti) in tutto o in parte inesistenti, per influenzare la formazione delle maggioranze

• Condotta realizzabile successivamente all’ammissione e prima delle deliberazioni dei creditori

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mendacio e infedeltà dichiarative del debitore

principale strumento di realizzazione del reato di cui all’art.236, co.1, L.F., da parte del debitore: la relazione aggiornata di cui all’art.161, co.2, L.F., sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresaessa ben può contenere le falsità previste dall’art.236, co.1, L.F. (attribuzione di attività inesistenti e simulazione di debiti)

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eventuale rilevanza del mendacio

atipico ai sensi dell’art. 236, co.1, L.F.

• il nostro ordinamento non prevede come reato la falsità ideologica in scrittura privata;

• la fattispecie che si avvicina di più è l’art.483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico), ma la relazione di cui all’art.161 L.F., benchè destinata a provare la verità dei fatti indicati, è formata e firmata dal debitore, mentre l’art.483 c.p. richiede che la dichiarazione sia trasfusa in un atto pubblico.

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truffa

• rimane la truffa, procedibile d’ufficio ex art. 61, c.p., n.7, c.p., che presuppone il danno patrimoniale dei creditori e l’ingiusto profitto del debitore

• la tutela penale della correttezza del flusso di informazioni economiche e finanziarie è, dunque, rimessa all’art. 640 c.p.

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Falsità contenute nelle relazioni e nelle attestazioni del professionista

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Il mendacio del professionista

• Per effetto della riforma del 2007, i professionisti, che devono essere iscritti nel registro dei revisori contabili, sono chiamati ad attestare:

• A) la veridicità dei dati aziendali ovvero la fattibilità del piano di risanamento di cui all’art. 162 L.F.

• B) l’attuabilità dell’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis L.F. ed idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei

• C) la ragionevolezza del piano di cui all’art. 67, co.3, lett. d), L.F.

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Rilevanza penale delle falsità contenute nelle attestazioni e relazioni

• necessità di inquadrare lo status, la qualifica, del professionista nello svolgimento della funzione di certificazione.

• il rinvio all’art.28, lett. a) e b), L.F. e la qualifica di pubblico ufficiale attribuita al curatore

• è pubblico ufficiale anche il professionista (o la persona fisica designata dallo studio professionale) nel momento in cui certifica il piano e la documentazione di cui all’art. 161 L.F., l’attuabilità dell’accordo e la ragionevolezza del piano?

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Differenze fra il curatore fallimentare e il professionista di cui alla disciplina delle soluzioni concordate delle crisi d’impresa

• il curatore è nominato dal tribunale

• il curatore nella gestione della procedura fallimentare

esercita una funzione giudiziaria

• il professionista in esame opera in veste libero professionale, seppure in condizioni di terzietà e di indipendenza dal debitore, che a lui si rivolge.

• l’attività del professionista non è riconducibile alla funzione giudiziaria, nemmeno in via ausiliaria: non è coaudiatore del tribunale.

• L’attività di certificazione non è nemmeno una pubblica funzione amministrativa (il professionista non esprime volontà della pa).

• Affinità con la figura del revisore societario.

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rilevanza penale del mendacio del professionista

• In via residuale, l’attività di cui all’art. 161, co.3, L.F. può essere ricondotta all’art. 359 c.p, (servizio di pubblica necessità: ossia attività svolta da privati per soddisfare esigenze primarie della collettività), che comprende l’esercizio di professioni forensi o di altre professioni liberali, il cui esercizio richieda una speciale abilitazione dello Stato.

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Art.481 c.p.

• Le eventuali falsità potranno, dunque essere punite con la blanda sanzione di cui all’art. 481 c.p. (falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità): reclusione fino a un anno o multa da 51 a 516 euro;

• Si tratta di fattispecie inapplicabile quando il professionista sia un ragioniere non commercialista o un amministratore di s.p.a., in quanto per queste due figure non si richiede l’abilitazione dello Stato per lo svolgimento dell’attività: non sono esercenti servizio di pubblica necessità.

• Se la falsa certificazione proviene da società di revisione: applicabile l’art. 2624 c.c.

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profili problematici

• l’accertamento della eventuale falsità della relazione presenta peculiarità e cautele gravi.

• Il tema della falsità può essere svolto sia pur con le note difficoltà rispetto alla veridicità dei dati aziendali e in genere rispetto agli elementi di fatto e alle stime contabili

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Aspetti critici

• è invece arduo se non impossibile ragionare di una possibile falsità dei pronostici e dunque della fattibilità del piano

• nessun pronostico, nessuna previsione è suscettibile di passare al vaglio della falsità penalmente rilevante: solo le informazioni sui fatti dalle quali si prendono le mosse per ragionare di eventi futuri sono attratte nell’orbita della coppia vero-falso.

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difetti

• quadro disarmonico, disorganico, lacunoso dovuto alla mancata previsione di una disciplina sanzionatoria specifica contro abusi e falsità nelle attestazioni previste dalla disciplina della gestione delle crisi d’impresa;

• la copertura penalistica è inadeguata per difetto a presidiare le chiare esigenze di veridicità;

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prospettive

• ciò condurrà nella prassi o a dilatazioni della norma penale o all’errata qualificazione pubblicistica del professionista (supplenza giudiziaria)