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Rainer Maria Rilke, Elegie duinesi … Certo è strano non abitare più sulla terra, non più seguir costumi appena appresi, alle rose e alle altre cose che hanno in sé una promessa non dar significanza di futuro umano; quel che eravamo in mani tanto, tanto ansiose non esserlo più, e infine il proprio nome abbandonarlo, come un balocco rotto. Strano non desiderare quel che desideravi. Strano quel che era collegato da rapporto vederlo fluttuare, sciolto nello spazio. Ed è faticoso esser morti; quanto da riprendere per rintracciare a poco a poco un pò d'eternità. - Ma i vivi errano, tutti, chè troppo netto distinguono. Si dice che gli Angeli, spesso, non sanno se vanno tra i vivi o tra i morti. L'eterna corrente sempre trascina con sè per i due regni ogni età, e in entrambi la voce più forte è la sua… … Non crediate che il Destino sia poi tanto di più di quel condensato che è l'infanzia; quante volte sorpassaste l'amato compagno ansimando, ansimando per una corsa beata verso il nulla, verso l'Aperto… La creatura, qualsiano gli occhi suoi, vede l'aperto. Soltanto gli occhi nostri son come rigirati, posti tutt'intorno ad essa, trappole ad accerchiare la sua libera uscita. Quello che c'e di fuori, lo sappiamo soltanto dal viso animale; perche noi, un tenero bambino già lo si volge, lo si costringe a riguardare indietro e vedere figurazioni soltanto e non l'aperto ch'è sì profondo nel volto delle bestie. Libero da morte… … Questa la vediamo noi soli; il libero animale ha sempre il suo tramonto dietro a sé. E dinanzi ha Iddio; e quando va, va in eterno come vanno le fonti. Noi non abbiamo mai dinanzi a noi, neanche per un giorno, lo spazio puro dove sbocciano Prof. Giovanni Leoni Materiali corso venerdì 25 novembre 2011 1

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Rainer Maria Rilke, Elegie duinesi

… Certo è strano non abitare più sulla terra,non più seguir costumi appena appresi,alle rose e alle altre cose che hanno in sé una promessanon dar significanza di futuro umano;quel che eravamo in mani tanto, tanto ansiosenon esserlo più, e infine il proprio nomeabbandonarlo, come un balocco rotto.Strano non desiderare quel che desideravi. Stranoquel che era collegato da rapportovederlo fluttuare, sciolto nello spazio. Ed è faticosoesser morti;quanto da riprendere per rintracciare a poco a pocoun pò d'eternità. - Ma i vivi errano, tutti,chè troppo netto distinguono.Si dice che gli Angeli, spesso, non sannose vanno tra i vivi o tra i morti. L'eterna correntesempre trascina con sè per i due regni ogni età,e in entrambi la voce più forte è la sua…

… Non crediate che il Destino sia poi tanto di più di quelcondensatoche è l'infanzia; quante volte sorpassaste l'amatocompagno ansimando,ansimando per una corsa beata verso il nulla, versol'Aperto…

… La creatura, qualsiano gli occhi suoi, vede l'aperto. Soltanto gli occhi nostri son come rigirati, posti tutt'intorno ad essa, trappole ad accerchiare la sua libera uscita.Quello che c'e di fuori, lo sappiamo soltantodal viso animale; perche noi, un tenero bambinogià lo si volge, lo si costringe a riguardare indietro evederefigurazioni soltanto e non l'aperto ch'è sì profondonel volto delle bestie. Libero da morte…

… Questa la vediamo noi soli; il libero animaleha sempre il suo tramonto dietro a sé.E dinanzi ha Iddio; e quando va, vain eterno come vanno le fonti.Noi non abbiamo mai dinanzi a noi, neanche per ungiorno,lo spazio puro dove sbocciano

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i fiori a non finire. Sempre c'e mondoe mai quel nessundove senza negazionipuro, non sorvegliato, che si respira,si sa infinito e non si brama. Uno, da bimboci si perde in silenzio e ne èscosso. O un altro muore e lo diventa.Perchè quand'è vicina, la morte non si vedee guardiam fissi fuori, forse col grande sguardo deglianimali.Gli amanti, se non ci fosse l'altro, chepreclude la vista, a quello spazio puro son vicini estupiscono...come per svista e stato aperto lorodietro l'altro... ma oltre l'altronessuno può andare, ed ecco a tutt'e due tornare mondo.Sempre rivolti al creato, in essi vediamosoltanto il rispecchio del Liberoda noi stessi oscurato. O che una bestia muta, alzi gli occhi e guardi tranquilla attraverso di noi…

… Se ci fosse coscienza della nostra specie,nel sicuro animale che pur per altra viaci viene incontro -, lui ci rigirerebbecol suo andare. Ma per lui, l'essere suoè infinito, è sciolto e senza sguardosul suo proprio stato, puro come il suo sguardo sull'Aperto.E dove noi vediam futuro lui vede invece il tutto,in quel tutto se stesso e salvo sempre…

… Eppure nel vigile, caldo animalec'e il peso e l'ansia di una gran tristezza.Perchè anche ad esso sempre aderiscequel che spesso schiaccia noi: la rimembranza;come se già una volta ciò verso cui tendiamofosse stato più vicino, più fido, e quell'accostotanto, tanto tenero. Qui tutto è distanzae là era respiro. Dopo la prima patriaquesta seconda gli è ibrida e ventosa…

… O beatitudine della creatura piccolache resta sempre nel grembo che la portò,o felicità del moscerino che saltella ancor dentropersin quando va a nozze: perchè grembo è tutto.E guarda la mezza sicurezza dell'uccelloche per via della sua origine sa pressappoco tutte e due le

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cose…

… come fosse un'anima di Etruschi,uscita fuori da un morto, che chiuso in uno spazio,aveva peròla sua figura in riposo per coperchio.E come è sgomento uno che ha da volaree viene da un grembo. Come terrorizzatodi se stesso, passa per l'aria indeciso, vacome va un'incrinatura lungo un vaso. Così la tracciadel pipistrello fende la porcellana della sera…

…E noi: spettatori sempre, in ogni dovesempre rivolti a tutto e mai all'aperto!Riempircene a spagliare. Lo ordiniamo e frana.Lo riordiniamo e franiamo anche noi…

… Ma chi ci ha rigirati cosìche qualsia quel che facciamoè sempre come fossimo nell'atto di partire? Comecolui che sull'ultimo colle che gli prospetta per unavolta ancoratutta la valle, si volta, si ferma, indugia -,così viviamo per dir sempre addio…

… Ma perchè, se è possibile trascorrere questo pòd'esistenza come alloro, il verde un pò più cupo di tutto l'altro verde, le piccole onde ad ogni margine di foglia (sorriso di brezza) - perchécostringersi all'umano e, evitando il Destino, struggersi per il Destino?...

.. Oh, non perché ci sia felicità, quest'affrettato godere di cosa che presto perderai.Non per curiosità o per esercizio del cuore,questo, anche nel lauro sarebbe...Ma perchè essere qui è molto, e perché sembrache tutte le cose di qui abbian bisogno di noi, queste effimere che stranamente ci sollecitano. Di noi, i più effimeri. Ogni cosauna volta, una volta soltanto. Una volta e non più. E anche noi una volta. Mai più. Ma quest'esserestati una volta, anche una volta sola, quest'essere stati terreni pare irrevocabile…

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… E così ci affanniamo, e lo vogliamo compiere, vogliamo contenerlo nelle nostre semplici mani,nello sguardo che ne trabocca e nel cuore che non ha parola.Lo vogliamo diventare. A chi darlo? Meglio tener tutto, per sempre... Ah, nell'altro rapporto, di là,ahimè, che cosa portiamo? Non il guardare che qui lentamente imparammo, e nessun avvenimento di qui. Nessuno. Allora le pene. Allora soprattutto quel senso di peso,allora la lunga esperienza d'amore, - allorasoltanto quel ch'è indicibile. Ma poi fra le stelle, che farne? son tanto meglio indicibili loro, le stelle. Anche il viandante dal pendio della cresta del monte, non porta a valle una manciata di terra,terra a tutti indicibile, ma porta una parola conquistata, pura, la genziana gialla e blu. Forse noi siamo qui per dire: casa ponte, fontana, porta, brocca, albero da frutti, finestra, al più: colonna, torre... Ma per dire, comprendilo bene oh, per dirle le cose così, che a quel modo, esse stesse, nell'intimo,mai intendevano d'essere. Non è forse l'astuzia segreta di questa terra che sa tacere, quand'essa sollecita gli amanti cosìche ogni cosa, ogni cosa s'esalta nel loro sentire?...

… Soglia: oh, pensa che è, per due che si amano logorare un pò la propria soglia di casa già alquanto consunta,anche loro, dopo dei tanti di prima, e prima di quelli di dopo... leggermente…

… Qui è il tempo del dicibile, qui la sua patria. Parla e confessa. Sempre più vengon meno le cose, quelle da viversi, perchéciò che le butta per sostituirle è un fare alla cieca. Un fare sotto croste che docilmente saltano appena che l'interno lavorio dà fuori e si pone altri limiti. Tra i magli resiste il nostro cuore, come resistela lingua tra i denti che resta tuttavia, tutto malgrado, per lodare.

… Loda all'Angelo il mondo, non quello indicibile, con lui

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non puoi sfoggiare splendore di sentimento; nell'Universo dove egli sente più sensibilmente, tu sei novizio. E allora mostragliquello che è semplice, quel che, plasmato di padre infigliovive, cosa nostra, alla mano e sotto gli occhi nostri. Digli le cose. Resterà più stupito; stupito come rimanesti tu dinanzi al cordaio a Roma o al vasaio sulle rive del Nilo. Mostragli quanto una cosa può essere felice, quanto innocente e nostra,e come financo il dolore che piange, puro, s'induce aforma serve da cosa o muore in farsi cosa…

... E queste cose che vivon di morire, lo sanno che tu le celebri; passano ma ci credono capaci di salvarle, noi che passiamo piùdi tutto.Vogliono essere trasmutate, entro il nostro invisibile cuore in - oh Infinito - in noi! Qualsia quel che siamo alla fine.Terra, non è questo quel che tu vuoi, invisibile risorgere in noi ? - Non è questo il tuo sogno, d'essere una volta invisibile? - Terra! invisibile!Che è mai, se non trasmutamento quello che sì pressante ci commetti?...

…Terra, tu cara, accetto. Oh, credi, non ci sarebbe più bisogno delle tue primavere per guadagnarmi a te, una,ah, una sola è fin troppo per il sangue. Da lungi e senza nome io mi dichiaro a te.Tu eri sempre nel giusto, e la tua santa pensata è la confidenza con la morte…

… Vedi, io vivo. Di che? Né infanzia né futurovengon meno... Innumerabile esisterescaturisce in cuore…

(Rainer Maria Rilke, Duineser Elegien (1923) trad. it.: Elegie duinesi, trad. di Enrico e Igea De Portu, Einaudi, Torino 1978)

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