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N ascere e morire in Italia. Disegna una parabola nel- l’aria, indirizzata a una ideale platea di ricercatori giovani e di talento, Antonio Giordano, napoletano, professore ordina- rio di Anatomia Patologica per «chiara fama» all’universi- tà di Siena: «Cogliere le oppor- tunità del nostro Paese, fino a 20 anni. Traslocare negli Stati Uniti, dai 20 ai 40, e poi torna- re a 50 quando puoi ancora go- derti qualcosa e hai ancora qualcosa in più da offrire». Il genetista 44enne, che vive e lavora a Philadelphia, negli Stati Uniti, e fa la spola con Siena, sta facendo decollare a Terni il suo progetto innovati- vo: un istituto di ricerca che si occuperà di genetica e biolo- gia molecolare, guidato da una fondazione da lui creata, la Human health foundation. Il primo nucleo dell’istituto partirà entro fine anno, con un laboratorio a Maratta. Nascere e morire? «Sì, perché la competizione qui in Italia si ammazza politi- camente e anche se hai un no- me non hai indipendenza e non te la lasciano». Già, l’Ita- lia è un boccone amaro anche per un ex «cervello in fuga» co- me Giordano, che legge le Vite Parallele di Plutarco, crede nella competizione e si dichia- ra ottimista per natura. A 44 anni, lei è già una cele- brità: ha studiato con il pre- mio Nobel Watson, ha fatto scoperte scientifiche impor- tanti. La prestigiosa rivista «Science» ha dedicato due pa- gine al suo progetto di un nuo- vo istituto di ricerca a Terni: cos’è che non va da noi? «È il sistema che non funzio- na, non le singole persone. In Italia siamo 60 milioni e abbia- mo solo sei o sette "oasi" della ricerca medica. Gli investi- menti sono indirizzati con l’im- buto solo su quelle. Non c’è competitività». Come fa a dirlo? «Prima di avviare il proget- to di Terni, finanziato con 60 milioni di euro dalla Banca po- polare di Spoleto e dalla Spo- leto Crediti e Servizi, ho volu- to studiare il sistema italiano. Ci ho impiegato due anni e mezzo, ma alla fine ho capito». Qual è il punto critico? «Andate a vedere come so- no strutturate le fondazioni. Andate a vedere come, in una serie di scatole cinesi, ci sono sempre 6 o 7 persone che con- trollano dal no profit al for pro- fit. È un sistema che non cam- bierà mai se le risorse che ci so- no, e non sono poche, non ven- gono distribuite in maniera adeguata. E poi la ricerca de- ve avere un beneficio immedia- to per chi soffre e qui non lo ve- do». In America invece? «Vivo a Philadelphia: un mi- lione e mezzo di abitanti, sei centri di oncologia di alto livel- lo. In un raggio di sei ore, io semplice cittadino posso sce- glier fra altri 150 centri di alto livello». Perché continua a volere la- vorare in Italia allora? «Lo devo al mio Paese e poi posso generare risorse positi- ve. Abbiamo delle caratteristi- che, un talento e delle doti che devono esser esaltate nel no- stro territorio. Dell’America abbiamo bisogno solo di due cose: il rigore e la vision, cioè la capacità di capire l’impor- tanza di quello in cui stiamo andando a investire». Mario Sbarro, magnate del- la ristorazione all’italiana, l’ha finanziata con un milione di dollari: come ci è riuscito? «Gli dissi che avevo un so- gno: creare un’organizzazione che permettesse ai giovani di conquistare l’indipendenza. Andai a parlare con lui ogni do- menica mattina, a casa sua. Dopo un anno, il suo avvocato mi chiamò: "Il signor Sbarro si è scocciato di vederti sempre. He’s tired, è stanco. Dimmi co- sa vuoi". Mi mise a disposizio- ne una serie di esperti in busi- ness che hanno tirato fuori il modello che avevo in testa». Il «sistema» italiano non ha finanziato le sue idee? «La mia forza è stata non an- dare dal politico a chiedere i fi- nanziamenti: io li porto dal- l’America. Ho avuto poi la for- tuna di trovare un uomo illu- minato, Giovannino Antonini, presidente della banca Popo- lare di Spoleto. Ai politici ho solo chiesto che il mio proget- to fosse giudicato scientifica- mente e non perché ho una vi- sibilità internazionale. E ho ca- pito». Cosa? «Che finché ero fuori, tutti mi volevano. Da quando ho ini- ziato ad essere qui e ho cerca- to di integrarmi, noto che so- no trattato come un corpo estraneo». Quanto ha investito finora? «Mezzo milione di dollari. Chi in America investe mezzo milione di dollari per l’Ita- lia?». Cosa vorrebbe dal suo Pae- se? «Fate rientrare le persone, non per questione di immagi- ne. Date loro l’opportunità di lavorare e proteggeteli dal si- stema. Anche con leggi, se oc- corre». Ruggiero Corcella Ex «cervello in fuga», vuole aprire un centro di ricerca. Con i soldi della sua fondazione Bisogna dare agli scienziati che decidono di rientrare l’opportunità di lavorare. E bisogna proteggerli dal sistema. C amillo Ricordi è d’accordo con Giordano: «Il concetto di combinare finanziamenti di strutture private e pubbliche è un modello im- prenditoriale che condivido e applico. Il siste- ma americano è molto competitivo, ma non è affatto esente dalle pressioni politiche e dalle lobby». Ricordi è uno degli scienziati più quo- tati che l’Italia schiera all’estero. Dirige il Dia- betes Research Institute di Miami, in Florida, dove è professore di Chirurgia dei trapianti all'università. «Ai giovani italiani dico sem- pre di fare una scelta, perché ve- nire a vivere negli Stati Uniti è un problema. Finché si tratta di una fellowship di 2 o 3 anni è un conto, ma venire e sfondare nel campo della ricerca americana è davvero molto più difficile». La sua ricetta? « Non credo che la fuga di cer- velli dall’Italia sia un problema nazionale. Io in realtà mi sono spostato dove pensavo ci fosse più opportunità di incidere a li- vello scientifico. Il problema non è di far rientrare cervelli dall’este- ro. Non credo neppure che i cervelli all’estero siano i migliori. Il vero problema è come creare strutture in Italia. Io ho un budget di 25 milio- ni di dollari l’anno, perché dovrei venire in Ita- lia e usare tutto il bilancio di Telethon? Non ha senso». L’alternativa? «Noi abbiamo puntato sulla telescienza, co- me collegamento alla telemedicina: sfruttan- do la tecnologia digitale, colleghiamo i centri di ricerca che lavorano con noi. Abbiamo crea- to la Federazione dei centri di ricerca sul dia- bete che comprende l’università di Miami, Al- berta in Canada, l’ospedale San Raffaele di Mi- lano, l’Ismett di Palermo, l’ospedale universi- tario Bellvitge-Islet Transplantation Unit a Barcellona, il Karolinska Institutet di Stoccol- ma, il D-Cure a Tel Aviv e l’università di Kyo- to». Come si svolge la vostra colla- borazione? «Abbiamo gruppi misti di ricer- catori e soprattutto i microscopi collegati uno con l’altro. È come se ogni ricercatore fosse fisica- mente presente nell’altro labora- torio. Così possiamo fare ricerca anche attraverso l’oceano, senza spostarci. È un modello molto in- teressante, perché così non c’è bisogno di far tornare Ricordi o altri in Italia». Qual è allora un buon esempio di finanziamento in Italia? «Il sistema di Telethon è orga- nizzato benissimo: ci sono un sacco di controlli e quindi tanto di cappello per quello che sono riusciti a fare. Isole felici? Meno male che esistono. L’impact factor del San Raffaele-Tiget dice che, rispetto ai fondi a disposizione, lavora meglio e di più. In genera- le credo che si debbano aiutare i centri di ec- cellenza esistenti, perché sarebbe molto peri- coloso tornare ai finanziamenti a pioggia». R.Co. Ricerca 2 Il diabetologo Camillo Ricordi: «Non importa il luogo» S ALUTE Ricerca Antonio Giordano, famoso genetista, è in Usa da 20 anni LA STORIA «La mia battaglia per rientrare in Italia» Il progetto La carriera Per il suo lavoro fondi anche dall’esercito Antonio Giordano, sposato e con tre figli, è figlio d’arte. È suo padre, medico, a mandarlo negli Stati Uniti, a 23 anni, dopo la laurea. Segue un dottorato al New York Medical Center di Valhalla ed è allievo del premio Nobel James Watson. Nel 1992, si trasferisce in Pennsylvania, prima alla Temple University e poi alla Thomas Jefferson dove oggi è docente di Patologia. Fa partire un laboratorio di 10 persone con un finanziamento triennale dei National institutes of health (Nih). Un anno dopo, l’incontro con il «magnate» della pasta Mario Sbarro che lo finanzia con 1 milione di dollari. Giordano fonda lo Sbarro Institute for cancer research and molecular medicine e la Sbarro health foundation. Proprio nel ’93, Giordano fa una delle più importanti scoperte degli ultimi anni nel campo della ricerca contro il cancro: l’individuazione e la clonazione di un nuovo gene oncosoppressore. Dal 2000 comincia a sovvenzionare con borse di studio laureati e dottorati all’Università di Siena, Roma e Napoli. È la prima «semina» in Italia, alla quale segue il progetto della Human health foundation e dello Science Park di Terni. Negli ultimi 16 anni, Giordano ha raccolto 3 milioni di dollari dai privati che si aggiungono ai 27 ottenuti dall’Nih, dallo stato della Pennsylvania e dal dipartimento della Difesa americano. CAMILLO RICORDI «Pioniere» del trapianto di insule pancreatiche, dirige il centro di ricerca sul diabete di Miami «Io invece resto in America» U Villa Palma L’antica villa cinquecentesca a Nord di Terni, 10 mila metri cubi, sarà la sede dell’Istituto di scienze oncologiche, diretto da Giordano attraverso la Human health foundation. U Il Comune Terni ha ceduto in comodato d’uso il complesso e in cambio i privati ristruttureranno l’immobile e potranno costruire 40 mila metri cubi di edifici residenziali U L’investimento Credito e Servizi Gestione Immobiliari e Banca Popolare di Spoleto hanno stanziato 60 milioni di euro. Entro fine anno partirà il laboratorio di Maratta LO SPONSOR A sinistra, Gennaro Sbarro, fondatore della dinastia, e i figli Mario e Giuseppe, nel primo negozio, Salumerie Italiane,a Brooklyn. A destra Antonio Giordano PRIMA PIETRA Giordano inaugura il laboratorio di Maratta L’Italia sceglie SOLO IN FARMACIA I dati parlano chiaro, i risultati anche! Timodore è utilizzato dalla maggior parte degli italiani che, ogni giorno, prevengono e combattono il cattivo odore di piedi e calzature. Gamma completa di prodotti Deodorazione, dermatologicamente testati e concepiti con rigore farmaceutico, Timodore si prende cura del benessere e dell’igiene dei piedi. * Quota Volume Timodore 46,3% segmento Deodorazione. Dati Nielsen Pharma A.T. Feb. 2007 * 54 C ORRIERE DELLA S ERA U D OMENICA 17 G IUGNO 2007

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Page 1: Ricerca Antonio Giordano, famoso genetista, è in Usa da 20 ... · «Il sistema di Telethon è orga-nizzato benissimo: ci sono un sacco di controlli e quindi tanto di cappello per

N ascere e morire in Italia.Disegna una parabola nel-

l’aria, indirizzata a una idealeplatea di ricercatori giovani edi talento, Antonio Giordano,napoletano, professore ordina-rio di Anatomia Patologicaper «chiara fama» all’universi-tà di Siena: «Cogliere le oppor-tunità del nostro Paese, fino a20 anni. Traslocare negli StatiUniti, dai 20 ai 40, e poi torna-re a 50 quando puoi ancora go-derti qualcosa e hai ancoraqualcosa in più da offrire».

Il genetista 44enne, che vivee lavora a Philadelphia, negliStati Uniti, e fa la spola conSiena, sta facendo decollare aTerni il suo progetto innovati-vo: un istituto di ricerca che sioccuperà di genetica e biolo-gia molecolare, guidato dauna fondazione da lui creata,la Human health foundation.Il primo nucleo dell’istitutopartirà entro fine anno, conun laboratorio a Maratta.

Nascere e morire?«Sì, perché la competizione

qui in Italia si ammazza politi-camente e anche se hai un no-me non hai indipendenza enon te la lasciano». Già, l’Ita-lia è un boccone amaro ancheper un ex «cervello in fuga» co-me Giordano, che legge le ViteParallele di Plutarco, credenella competizione e si dichia-

ra ottimista per natura.A 44 anni, lei è già una cele-

brità: ha studiato con il pre-mio Nobel Watson, ha fattoscoperte scientifiche impor-tanti. La prestigiosa rivista«Science» ha dedicato due pa-gine al suo progetto di un nuo-vo istituto di ricerca a Terni:cos’è che non va da noi?

«È il sistema che non funzio-na, non le singole persone. InItalia siamo 60 milioni e abbia-mo solo sei o sette "oasi" dellaricerca medica. Gli investi-

menti sono indirizzati con l’im-buto solo su quelle. Non c’ècompetitività».

Come fa a dirlo?«Prima di avviare il proget-

to di Terni, finanziato con 60milioni di euro dalla Banca po-polare di Spoleto e dalla Spo-leto Crediti e Servizi, ho volu-to studiare il sistema italiano.Ci ho impiegato due anni e

mezzo, ma alla fine ho capito».Qual è il punto critico?«Andate a vedere come so-

no strutturate le fondazioni.Andate a vedere come, in unaserie di scatole cinesi, ci sonosempre 6 o 7 persone che con-trollano dal no profit al for pro-fit. È un sistema che non cam-bierà mai se le risorse che ci so-no, e non sono poche, non ven-gono distribuite in manieraadeguata. E poi la ricerca de-ve avere un beneficio immedia-to per chi soffre e qui non lo ve-do».

In America invece?«Vivo a Philadelphia: un mi-

lione e mezzo di abitanti, seicentri di oncologia di alto livel-lo. In un raggio di sei ore, iosemplice cittadino posso sce-glier fra altri 150 centri di altolivello».

Perché continua a volere la-

vorare in Italia allora?«Lo devo al mio Paese e poi

posso generare risorse positi-ve. Abbiamo delle caratteristi-che, un talento e delle doti chedevono esser esaltate nel no-stro territorio. Dell’Americaabbiamo bisogno solo di due

cose: il rigore e la vision, cioèla capacità di capire l’impor-tanza di quello in cui stiamoandando a investire».

Mario Sbarro, magnate del-la ristorazione all’italiana,l’ha finanziata con un milionedi dollari: come ci è riuscito?

«Gli dissi che avevo un so-gno: creare un’organizzazioneche permettesse ai giovani diconquistare l’indipendenza.Andai a parlare con lui ogni do-menica mattina, a casa sua.Dopo un anno, il suo avvocatomi chiamò: "Il signor Sbarro siè scocciato di vederti sempre.He’s tired, è stanco. Dimmi co-sa vuoi". Mi mise a disposizio-ne una serie di esperti in busi-ness che hanno tirato fuori ilmodello che avevo in testa».

Il «sistema» italiano non hafinanziato le sue idee?

«La mia forza è stata non an-dare dal politico a chiedere i fi-nanziamenti: io li porto dal-l’America. Ho avuto poi la for-tuna di trovare un uomo illu-minato, Giovannino Antonini,presidente della banca Popo-lare di Spoleto. Ai politici hosolo chiesto che il mio proget-to fosse giudicato scientifica-mente e non perché ho una vi-sibilità internazionale. E ho ca-pito».

Cosa?«Che finché ero fuori, tutti

mi volevano. Da quando ho ini-ziato ad essere qui e ho cerca-to di integrarmi, noto che so-no trattato come un corpoestraneo».

Quanto ha investito finora?«Mezzo milione di dollari.

Chi in America investe mezzomilione di dollari per l’Ita-lia?».

Cosa vorrebbe dal suo Pae-se?

«Fate rientrare le persone,non per questione di immagi-ne. Date loro l’opportunità dilavorare e proteggeteli dal si-stema. Anche con leggi, se oc-corre».

Ruggiero Corcella

Ex «cervello in fuga», vuole aprire un centrodi ricerca. Con i soldi della sua fondazione

Bisogna dare agli

scienziati che decidono

di rientrare l’opportunità

di lavorare. E bisogna

proteggerli dal sistema.

C amillo Ricordi è d’accordo con Giordano:«Il concetto di combinare finanziamenti di

strutture private e pubbliche è un modello im-prenditoriale che condivido e applico. Il siste-ma americano è molto competitivo, ma non èaffatto esente dalle pressioni politiche e dallelobby». Ricordi è uno degli scienziati più quo-tati che l’Italia schiera all’estero. Dirige il Dia-betes Research Institute di Miami, in Florida,dove è professore di Chirurgiadei trapianti all'università.

«Ai giovani italiani dico sem-pre di fare una scelta, perché ve-nire a vivere negli Stati Uniti èun problema. Finché si tratta diuna fellowship di 2 o 3 anni è unconto, ma venire e sfondare nelcampo della ricerca americana èdavvero molto più difficile».

La sua ricetta?« Non credo che la fuga di cer-

velli dall’Italia sia un problemanazionale. Io in realtà mi sonospostato dove pensavo ci fossepiù opportunità di incidere a li-vello scientifico. Il problema nonè di far rientrare cervelli dall’este-ro. Non credo neppure che i cervelli all’esterosiano i migliori. Il vero problema è come crearestrutture in Italia. Io ho un budget di 25 milio-ni di dollari l’anno, perché dovrei venire in Ita-lia e usare tutto il bilancio di Telethon? Nonha senso».

L’alternativa?«Noi abbiamo puntato sulla telescienza, co-

me collegamento alla telemedicina: sfruttan-

do la tecnologia digitale, colleghiamo i centridi ricerca che lavorano con noi. Abbiamo crea-to la Federazione dei centri di ricerca sul dia-bete che comprende l’università di Miami, Al-berta in Canada, l’ospedale San Raffaele di Mi-lano, l’Ismett di Palermo, l’ospedale universi-tario Bellvitge-Islet Transplantation Unit aBarcellona, il Karolinska Institutet di Stoccol-ma, il D-Cure a Tel Aviv e l’università di Kyo-

to».Come si svolge la vostra colla-

borazione?«Abbiamo gruppi misti di ricer-

catori e soprattutto i microscopicollegati uno con l’altro. È comese ogni ricercatore fosse fisica-mente presente nell’altro labora-torio. Così possiamo fare ricercaanche attraverso l’oceano, senzaspostarci. È un modello molto in-teressante, perché così non c’èbisogno di far tornare Ricordi oaltri in Italia».

Qual è allora un buon esempiodi finanziamento in Italia?

«Il sistema di Telethon è orga-nizzato benissimo: ci sono un

sacco di controlli e quindi tanto di cappelloper quello che sono riusciti a fare. Isole felici?Meno male che esistono. L’impact factor delSan Raffaele-Tiget dice che, rispetto ai fondi adisposizione, lavora meglio e di più. In genera-le credo che si debbano aiutare i centri di ec-cellenza esistenti, perché sarebbe molto peri-coloso tornare ai finanziamenti a pioggia».

R.Co.

Ricerca 2 Il diabetologo Camillo Ricordi: «Non importa il luogo»

SALUTERicerca Antonio Giordano, famoso genetista, è in Usa da 20 anni

LA STORIA

«La mia battagliaper rientrare in Italia»

Il progetto

La carriera

Per il suo lavorofondi anchedall’esercito

Antonio Giordano, sposato econ tre figli, è figlio d’arte. Èsuo padre, medico, amandarlo negli Stati Uniti, a23 anni, dopo la laurea.Segue un dottorato al NewYork Medical Center diValhalla ed è allievo delpremio Nobel JamesWatson. Nel 1992, sitrasferisce in Pennsylvania,prima alla TempleUniversity e poi alla ThomasJefferson dove oggi èdocente di Patologia. Fapartire un laboratorio di 10persone con unfinanziamento triennale deiNational institutes of health(Nih). Un anno dopo,l’incontro con il «magnate»della pasta Mario Sbarroche lo finanzia con 1milione di dollari. Giordanofonda lo Sbarro Institute forcancer research andmolecular medicine e laSbarro health foundation.Proprio nel ’93, Giordano fauna delle più importantiscoperte degli ultimi anninel campo della ricercacontro il cancro:

l’individuazione e laclonazione di un nuovo geneoncosoppressore. Dal 2000comincia a sovvenzionarecon borse di studio laureatie dottorati all’Università diSiena, Roma e Napoli. È laprima «semina» in Italia,alla quale segue il progettodella Human healthfoundation e dello SciencePark di Terni. Negli ultimi16 anni, Giordano haraccolto 3 milioni di dollaridai privati che siaggiungono ai 27 ottenutidall’Nih, dallo stato dellaPennsylvania e daldipartimento della Difesaamericano.

CAMILLO RICORDI«Pioniere» del trapiantodi insule pancreatiche,dirige il centro di ricercasul diabete di Miami

«Io invece resto in America»

U Villa PalmaL’antica villacinquecentesca a Nord diTerni, 10 mila metri cubi,sarà la sede dell’Istituto discienze oncologiche, direttoda Giordano attraverso laHuman health foundation.U Il ComuneTerni ha ceduto in comodatod’uso il complesso e incambio i privatiristruttureranno l’immobile epotranno costruire 40 milametri cubi di edificiresidenzialiU L’investimentoCredito e Servizi GestioneImmobiliari e BancaPopolare di Spoleto hannostanziato 60 milioni di euro.Entro fine anno partirà illaboratorio di Maratta

LO SPONSORA sinistra,Gennaro Sbarro,fondatore delladinastia, e i figliMario eGiuseppe, nelprimo negozio,Salumerie

Italiane, aBrooklyn. Adestra AntonioGiordano

PRIMA PIETRA Giordanoinaugura il laboratorio di Maratta

L’Italia sceglie

SOLO IN FARMACIA

I dati parlano chiaro, i risultati anche! Timodore è utilizzato dalla maggior parte degli italiani che,ogni giorno, prevengono e combattono il cattivo odore di piedi e calzature. Gamma completa di prodotti Deodorazione, dermatologicamente testati e concepiti con rigore farmaceutico, Timodore siprende cura del benessere e dell’igiene dei piedi.*Quota Volume Timodore 46,3% segmento Deodorazione. Dati Nielsen Pharma A.T. Feb. 2007

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54CORRIERE DELLA SERA U D OMENICA 17 G IUGNO 2007