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Università Cattolica del Sacro Cuore
Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli”
Campobasso
Corso di laurea in Fisioterapia
Riabilitazione neurocognitiva e controllo del dolore nel
paziente sottoposto ad intervento cardiochirurgico
Relatore Correlatore Dott.Angeloni Giulia Ft. Giancola Alessandra
Candidato
Youssef Saad
Matricola 3450654
Anno Accademico 2007/2008
« "O frati," dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti a l'occidente, a questa tanto picciola vigilia
d'i nostri sensi ch'è del rimanente non vogliate negar l'esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza". »
Dante Alighieri
La Divina Commedia, Inferno, Canto XXVI
versi 112‐120
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“a mio padre, che ha avuto la forza di due.”
Sommario BACKGROUND.............................................................................................................. 6
introduzione................................................................................................................. 6
Anatomia e meccanismi del dolore ............................................................................. 8
Anatomia.................................................................................................................. 8
Meccanismi del dolore........................................................................................... 12
Meccanismi di compenso ...................................................................................... 17
Trattamento cardiochirurgico.................................................................................... 20
Riabilitazione tradizionale ......................................................................................... 22
Esercizi di primo grado............................................................................................... 26
Ipotesi percettive....................................................................................................... 29
Il linguaggio................................................................................................................ 30
Esercizi di secondo grado........................................................................................... 31
Esercizi di terzo grado................................................................................................ 32
Il dolore “neurocognitivo” ......................................................................................... 33
MATERIALI E METODI ................................................................................................ 36
Criteri di inclusione ............................................................................................ 36
Criteri di esclusione............................................................................................ 36
Scale di valutazione ........................................................................................... 37
Sussidi “Perfetti” ................................................................................................ 38
Trattamento neurocognitivo ................................................................................. 38
Attività con l’archetto ............................................................................................ 39
Il trattamento con i cuscinetti in espanso ............................................................. 42
Commenti e conclusioni ........................................................................................ 49
Bibliografia ............................................................................................................. 53
Ringraziamenti ........................................................................................................... 55
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BACKGROUND
introduzione
La gestione del paziente sottoposto ad intervento cardiochirurgico,
dalla fase postoperatoria alla dimissione, si avvale di interventi
internistici e riabilitativi volti al recupero delle funzionalità
respiratoria, cardiovascolare e alla stabilizzazione delle condizioni
cliniche generali; il supporto psicologico per una ottimale ripresa
delle attività quotidiane e lavorative, nonché per le modificazioni
degli stili di vita, completano il quadro degli interventi
classicamente considerati essenziali per una corretta presa in
carico del paziente. E’ sempre auspicabile la creazione di un
percorso assistenziale dedicato che guidi il paziente
dall’immediata dimissione ospedaliera ad avere piena
consapevolezza dei rischi intrinseci della fase post-acuta e che lo
renda soggetto attivo nella prosecuzione delle attività riabilitative
proposte durante la degenza e nella programmazione dei controlli
post operatori. Con queste finalità, al paziente in dimissione, viene
consegnata una guida delle attività fisiche da svolgere a domicilio
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e delle attività sconsigliate per i primi mesi, finché la protezione
della ferita sternale rimane obiettivo prioritario. E’ generalmente
premura del medico curante accertarsi che il paziente segua
correttamente le terapie farmacologiche, si presenti ai controlli
periodici, conduca uno stile di vita adeguato alle nuove condizioni
di salute e prosegua l’attività fisica minima consigliata.
In aggiunta al protocollo fondamentale e tradizionale sopra
brevemente accennato, emergente si profila la gestione del “dolore
postoperatorio”. Tale obiettivo potrebbe essere raggiunto
affiancando al trattamento fisioterapico tradizionale un metodo
che, sfruttando in modo ottimale le conoscenze neurofisiologiche
su cui si basa, moduli il dolore realizzando un migliore e precoce
outcome riabilitativo, concretizzando la finalità essenziale di un
progetto riabilitativo individuale per pazienti con patologia
cardiovascolare che è il miglioramento della qualità di vita.
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Anatomia e meccanismi del dolore
Anatomia
La descrizione dell’anatomia del torace e specialmente dei muscoli
che intervengono più o meno attivamente nella respirazione è
necessaria per una comprensione dei meccanismi di compenso che
l’organismo ricerca in seguito ad una condizione di dolore
persistente.
Il diaframma1 rappresenta fisiologicamente il principale muscolo
della respirazione. Anatomicamente è una lamina muscolo-
tendinea che divide la cavità toracica da quella addominale. Si
inarca superiormente nella cavità toracica formando una cupola
destra e una sinistra. La cupola destra, essendo in rapporto
inferiore col fegato è spostata superiormente (tra la VIII e la XI
vertebra dorsale, IV-VI costa, in posizione eretta) rispetto alla
sinistra sotto cui si trovano stomaco e milza, organi molto mobili.
1 “Il diaframma”; Philippe‐Emmanuel Souchard, Editore Marrapese, Roma
E' costituito da una parte muscolare periferica e da una parte
tendinea centrale, il centro frenico o tendineo. Il diaframma può
essere suddiviso, in base ai punti di inserzione dei muscoli che si
dipartono dal centro tendineo, in tre porzioni: sternale (piccolo
fascio muscolare connesso con la faccia posteriore del processo
ensiforme dello sterno), costale (digitazioni muscolari inserite
sulla faccia interna delle ultime sei coste) e lombare. Quest'ultima
porzione muscolare vertebrale presenta posteriormente due
voluminosi fasci fibrosi di diversa lunghezza. Il pilastro destro, più
lungo, si inserisce sui dischi cartilaginei presenti tra la prima, la
seconda e la terza vertebra lombari (L1-L2, L2-L3) e talvolta
anche su quello presente tra la terza e la quarta (L3-L4). Il pilastro
sinistro si inserisce sul disco cartilagineo presente tra le prime due
vertebre lombari (L1-L2) e a volte su quello presente tra la
seconda e la terza (L2-L3). Il diaframma, quale principale muscolo
inspiratorio, dovrebbe svolgere almeno i 2/3 del lavoro respiratorio
con il restante 1/3 svolto dagli altri muscoli respiratori principali,
perlopiù i muscoli intercostali (situati tra le coste e innervati dai
nervi intercostali) ottenendo così la respirazione addominale o
diaframmatica: in pausa respiratoria le fibre muscolari
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diaframmatiche decorrono quasi perpendicolarmente verso la sua
zona centrale (centro frenico o tendineo), durante l'inspirazione le
fibre muscolari si contraggono abbassando la lamina tendinea,
appiattendolo e quindi aumentando il volume polmonare
(elevazione delle coste in particolare inferiori). La discesa del
centro frenico, la quale varia da 1 cm nella respirazione normale
fino a 10 cm in quella forzata, viene frenata dal sistema sospensore
del pericardio (parte superiore della fascia cervico-toraco-
addominale), oltre che dalla pressione dei visceri addominali. A
mano a mano che lo sforzo fisico aumenta2, cresce
fisiologicamente l'attività dei muscoli respiratori accessori che
hanno il compito di innalzare la gabbia toracica aumentandone il
volume (respirazione costale). In primo luogo vengono coinvolti
i muscoli scaleni (che originano dalle apofisi trasverse delle
vertebre cervicali e si inseriscono sulla prima e la seconda costa)
innervati dal plesso brachiale. La coppia dei muscoli romboide
(ultima vertebra cervicale e prime cinque dorsali-margine mediale
scapola), il gran dentato (margine mediale della scapola-prime 2 “Respiratory Physiology; The Essentials”;Jhon B. West, Editore Lippincott Williams &
Wilkins
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dieci coste), il piccolo pettorale (apofisi coracoide della scapola-
III, IV, V costa), per fissazione dell'arto superiore, il gran
pettorale (che solleva le prime sei coste) e gran dorsale (che
solleva le ultime quattro coste). In condizioni di attività fisica
intensa e in particolari condizioni patologiche (es. BPCO,
enfisema), l'inspirazione diviene più forzata e saranno sempre
maggiori i muscoli coinvolti: sovra-
sottoiodei, sternocleidooccipitomastoidei (SCOM) (capo sternale e
costale), succlavio, ileocostale del collo, trapezio, elevatore della
scapola, elevatori delle coste3.
Nell'espirazione attiva forzata, invece, intervengono
principalmente i muscoli addominali (in particolare i muscoli
trasversi).
3 “Grant’s Atlas Of Anatomy”; Agur Dalley, Ed. Lippincott Williams & Wilkins
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Meccanismi del dolore
Secondo la definizione della IASP (International Association for
the Study of Pain -1986), e secondo l' associazione dell'O.M.S il
dolore è: " una sgradevole esperienza sensoriale ed emotiva,
associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque
descritta come tale”.
Deve essere visto come la composizione di una parte percettiva (la
nocicezione) che costituisce la modalità sensoriale che permette la
ricezione ed il trasporto al sistema nervoso centrale di stimoli
potenzialmente lesivi per l’organismo, e di una parte esperienziale
(quindi del tutto privata, la vera e propria esperienza del dolore)
che è lo stato psichico collegato alla percezione di una sensazione
spiacevole.
Gli stimoli algogeni4 sono percepiti come tali a livello della
corteccia cerebrale, dopo essere stati elaborati. Come tutti gli
stimoli, anche quelli dolorifici passano prima il midollo spinale o
l'equivalente nucleo discendente del V paio di nervi cranici per il
capo, quindi il talamo, dove vengono integrati e smistati. Una
4 “Neurologia”; Cambier, Masson, Dehen, Ed. Masson
parte, la principale, giunge alla corteccia somatoestesica primaria e
crea la base della sensazione. Un'altra parte si porta nel sistema
limbico, dove la sensazione, confrontata con i ricordi (inconsci),
influisce sul comportamento e sull'umore. Infine questa via si
interfaccia con la corteccia prefrontale, e la sensazione dolore
assume sfumature comportamentali legate alla personalità. In un
approccio generale a questo contesto si possono riconoscere
nell’encefalo due strutture fondamentali, entrambe coinvolte nella
sensazione del dolore:
1. La corteccia cerebrale o neocorteccia
2. Il sistema limbico
I segnali algogeni (come tutti i segnali sensoriali) raggiungono la
corteccia tramite il talamo. Dai nuclei ventro postero laterali
talamici le informazioni vanno alla corteccia somestesica primaria
(area presilviana), dove seguono le integrazioni della sensibilità
generale. La percezione cosciente del dolore ha luogo quindi
unicamente nella corteccia cerebrale: al dolore puro della corteccia
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somestetica primaria vengono aggiunte le sfumature emotive da
parte della corteccia cerebrale prefrontale.
Il sistema limbico è una rete di neuroni che formano anse intorno
alla parte interna dell'encefalo, mettendo in connessione
l'ipotalamo con la corteccia cerebrale e con altre strutture . Sempre
a partire dal talamo, per mezzo delle vie centrali talamo-limbiche, i
segnali algogeni raggiungono il sistema limbico, dove vengono
elaborati come elementi emotivi e inconsci. Le più importanti
stazioni per l'elaborazione dei segnali algogeni sono:
L'ippocampo, che ha un ruolo centrale nella formazione e
nell'elaborazione della memoria a breve termine.
L'ipotalamo, che controlla fra l'altro l'ipofisi e quindi lo stato
ormonale dell'organismo.
L'amigdala, che stabilizza l'umore e regola l'aggressività e il
comportamento sociale.
La proiezione dei segnali algogeni al sistema limbico è la base per
l'effetto che ha il dolore sullo stato d'animo (il dolore rende
irrequieti e tristi). Tuttavia, il sistema limbico influenza anche la
percezione cosciente del dolore.
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La regolazione spinale di un segnale algogeno è complessa: un
segnale riflesso torna immediatamente agli organi prossimi alla
fonte del segnale algogeno (ghiandole, muscoli vasali, viscerali e
locomotori). Nello stesso tempo il segnale attraverso il midollo
(neurone afferente) giunge nel cervello dove viene integrato,
controllato ed elaborato. La risposta torna lungo un neurone
efferente al relativo interneurone e (in base alla 'decisione' del
cervello) amplifica o smorza la risposta nel neurone attivato. Il
primo riflesso è dunque una risposta pronta e incondizionata.
Successivamente la risposta viene corretta secondo il "parere" del
cervello e può essere amplificata fino al panico o smorzata fino
alla letargia.
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Meccanismi di compenso5
Il corpo umano è organizzato in egemonie, ovvero si adatta
all’ambiente e alle modificazioni che esso induce all’organismo
cercando di rispettare e conservare quanto più possibile le funzioni
fisiologicamente egemoniche dell’essere umano, ovvero mangiare,
bere, respirare. E’ per questo motivo che in seguito ad un qualsiasi
evento lesivo, che occorra in un punto qualunque del corpo, le
modificazioni e i paramorfismi antalgici si organizzano in modo da
conservare sempre, quanto più possibile, l’orizzontalità dello
sguardo e la stazione eretta. I sistemi di difesa e di adattamento,
nel momento in cui si trovano a dover reagire ad uno stimolo
esterno, seguono quindi delle regole; la prima è la salvaguardia
delle funzioni egemoniche, la seconda è di sopprimere o almeno
ridurre ed evitare il dolore, e la terza è di minimizzare le
conseguenze psicologiche dell’insulto subìto. I meccanismi
antalgici tendono ad escludere una lesione “disseminandola”,
ovvero propagandone la concentrazione distalmente dal punto di 5 “Basi del metodo di rieducazione posturale globale”; Philippe‐Emmanuel Souchard,
Editore Marrapese, Roma
lesione per diminuirne la concentrazione. Il controllo dei sistemi di
difesa è organizzato in feed-back, con una reazione locale di
adattamento nel punto in cui c’è stata una lesione; la conseguenza
di un meccanismo di questo tipo, per via delle efferenze motorie
proprie del sistema di controllo, è nel rafforzamento del tono,
ovvero nel tentativo di indurre un blocco muscolare con lo scopo
di proteggere il distretto danneggiato. Inoltre, il meccanismo
d’azione della veicolazione dell’impulso nocicettivo e delle
successive efferenze segue la legge del minor sforzo possibile,
estendendo il blocco muscolare anche a strutture più lontane dal
punto di lesione ma funzionalmente connesse ad esso.
E’ per questo motivo che un paziente con un trauma toracico
importante, come avviene in seguito ad una sternotomia mediana,
adotta dei meccanismi di difesa facilmente evidenziabili:
anteropulsione delle spalle, intrarotazione degli arti superiori,
flessione del capo, flessione delle ginocchia. Si tratta di un
atteggiamento di chiusura “globale”, che trova spiegazione nel
tentativo da parte del paziente di “proteggere” il torace e la ferita.
In seguito all’intervento e all’apertura del torace, anche il
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diaframma e il sistema sospensore del pericardio si comportano
secondo lo stesso schema di compenso antalgico, realizzando però
in questo caso un blocco inspiratorio diaframmatico, un
accorciamento della struttura muscolare, ed una conseguente
precoce affaticabilità respiratoria. A causa delle sue inserzioni
costali inoltre il diaframma stesso impedisce una corretta
elevazione ed espansione della gabbia toracica, mentre
posteriormente i pilastri che si inseriscono sulle vertebre dorso-
lombari alterano la lordosi fisiologica.
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Trattamento cardiochirurgico e riabilitazione tradizionale
Trattamento cardiochirurgico
La terapia cardiochirurgica a cielo aperto prevede l’apertura del
torace con tempi e modi che inevitabilmente sottopongono
l’organismo ad uno stress considerevole. L’incisione infatti viene
effettuata dal manubrio dello sterno all’apofisi del processo
xifoideo. Successivamente si incide la fascia cervicale media, il
timo che viene diviso lungo una linea mediana, e infine si
provvede all’apertura del pericardio a T rovesciata. L’intero
procedimento prende il nome di sternotomia longitudinale
mediana. Per avere la possibilità di lavorare sul cuore e sulle
strutture mediastiniche in generale, è necessario che il torace
venga mantenuto aperto, o meglio divaricato, per un numero
variabile di ore; la divaricazione dello sterno è resa possibile dagli
appositi strumenti chirurgici, che permettono un’apertura anche di
venti centimetri per una durata media di circa tre ore. In tutto
questo lasso di tempo le strutture che soffrono maggiormente sono
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quelle articolari: le più penalizzate, la cartilagine sterno-costale e
le articolazioni costo-vertebrali grazie alle quali peraltro è
possibile realizzare tale movimento forzato. Inoltre, dal momento
che la divaricazione si realizza sul piano frontale e sul piano
trasversale (in “fuori” e in “avanti”), a risentire del movimento
innaturale sono anche gli SCOM, i cui capi claveari vengono
trazionati e sottoposti ad uno stiramento prolungato. Nel caso di
interventi di by-pass aorto coronarico in cui sia previsto l’uso
dell’arteria mammaria interna inoltre, il divaricatore viene
impostato in modo da permettere al chirurgo una visuale ottimale
dell’emitorace in cui effettuare il prelievo. In questo caso quindi
oltre a ricercare una divaricazione in “fuori” e in “avanti”, uno dei
due emitoraci viene trazionato ulteriormente, sul piano sagittale,
rendendo così lo stiramento dello SCOM omolaterale ancora più
importante. Il dolore retro sternale riferito dal paziente sottoposto
ad intervento cardiochirurgico è dovuto nella maggior parte dei
casi proprio al prelievo dell’arteria mammaria interna, ove
previsto, e all’alto grado di stress delle strutture muscolo
scheletriche a cui è sottoposta la gabbia toracica per realizzarlo.
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Riabilitazione tradizionale
Il progetto riabilitativo tradizionale del paziente sottoposto ad
intervento di cardiochirurgia ha come obiettivo primario il
graduale reinserimento familiare, sociale e lavorativo, il
raggiungimento di una qualità di vita adeguata e la remissione dei
sintomi cardiologici preesistenti la correzione cardiochirurgica. Gli
strumenti di cui si avvale sono la fisioterapia respiratoria in terapia
intensiva, per favorire la mobilizzazione delle secrezioni prodotte
dallo stato infiammatorio generalizzato causato dall’intervento e
dalla perfusione artificiale; la rieducazione respiratoria, con
l’ausilio di incentivatori inspiratori ed espiratori, che facilita la ri-
espansione della gabbia toracica e dei polmoni, una corretta
ventilazione e un miglioramento degli scambi gassosi alveolari.
Inoltre, le mobilizzazioni passive e attive assistite proposte
favoriscono il ritorno venoso e l’aumento del precarico cardiaco.
Successivamente, con la stabilizzazione delle condizioni cliniche,
il paziente è inviato al reparto di riabilitazione. In tale sede viene
inserito in un programma di lavoro volto al ricondizionamento
motorio e respiratorio globale. Prosegue infatti con la ginnastica
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respiratoria, e viene inserito in un gruppo di lavoro aerobico;
quotidianamente il paziente è accompagnato in palestra per il
trattamento sub-intensivo, con la proposta di esercizi calistenici,
circuit training, e allenamento alla cyclette o al treadmill. Inoltre si
procede con allungamenti selettivi dei muscoli accessori alla
respirazione in quei pazienti che per comorbilità respiratorie
necessitano di ulteriori trattamenti. Per pazienti con situazioni
cliniche più compromesse o con comorbilità importanti ( es. Ictus
cerebri) il programma di lavoro diventa personalizzato; a seconda
delle specifiche esigenze, si adeguano le proposte di lavoro alle
possibilità di recupero e agli obiettivi a breve, medio e lungo
termine. L’obiettivo finale è ripristinare il più possibile l’
autonomia del paziente, migliorarne la tolleranza allo sforzo fisico
e garantire la dimissione al proprio domicilio più serena e
un’autogestione ottimale in ambienti protetti e non.
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La riabilitazione neurocognitiva
L’esercizio terapeutico conoscitivo67 venne sviluppato da Carlo
Perfetti, neurofisiologo, e collaboratori, in seguito all’intuizione
che una corretta terapia in seguito ad eventi lesivi del sistema
nervoso centrale non potesse prescindere dall’aspetto cognitivo,
attenzionale, partecipativo; la base del metodo fu di rendere il
sistema uomo adattabile al sistema ambiente, attraverso la
motivazione, il ragionamento sulle singole attività proposte, e il
tentativo di rendere finalistico ciascun movimento utilizzato
durante il trattamento. I fautori del metodo che studiano ed
applicano tali concetti propongono esercizi di tipo "conoscitivo",
in cui al paziente, posto di fronte alla necessità di interagire con
particolari sussidi terapeutici, viene richiesto di risolvere un
compito attraverso la ricerca, la costruzione e l’elaborazione di
informazioni. Nell'interazione terapeutica assumono particolare
importanza il linguaggio del terapista e del paziente nonché
6“ L’esercizio terapeutico conoscitivo nella patologia del rachide”; M. Zernitz
7 “La rieducazione motoria dell’empiplegico”; Carlo Perfetti, Ed. Ghedini, 1979
l'elaborazione della rappresentazione dei movimenti (immagine
motoria).
Secondo la teoria neurocognitiva ogni esercizio proposto deve
rappresentare un percorso finalizzato al recupero di abilità motorie
perdute. Il recupero stesso, sia esso spontaneo o guidato, origina da
processi cognitivi la cui tipologia e modalità risulteranno
determinanti per la qualità del recupero stesso. Elementi
indispensabili di ogni processo di apprendimento sia in condizioni
normali che in condizioni patologiche sono la percezione,
l’attenzione, il linguaggio, la capacità di risolvere problemi e la
capacità di immaginazione motoria. La proposta di attività motorie
combinate con l’attivazione delle funzioni corticali superiori sopra
citate, permette al terapista di stimolare i processi di re-
apprendimento motorio, e al paziente di ottenere un recupero
guidato e orientato alla migliore qualità possibile. In
contrapposizione alle metodiche di facilitazione neuromuscolare,
che prevedono la ripetizione di movimenti e di schemi motori
corretti, la riabilitazione neurocognitiva utilizza dei meccanismi di
apprendimento fisiologici, per restituire ai distretti muscolari e
articolari alterati o sofferenti la normale propriocezione, somestesi
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(percezione del corpo) , cinestesi (percezione del movimento). Per
ottenere il re-apprendimento motorio le attività proposte sono state
didatticamente suddivise in tre gruppi a seconda delle
caratteristiche degli esercizi.
Esercizi di primo grado
Esercizi di secondo grado
Esercizi di terzo grado
Esercizi di primo grado
Gli esercizi di primo grado sono utilizzati quando si rende
necessario che il paziente apprenda il controllo del movimento e la
percezione del corpo nello spazio, oltre che le modificazioni e gli
spostamenti prodotti dal terapista. Sono chiamati classicamente
esercizi passivi, in quanto al paziente dal punto di vista
strettamente motorio non è richiesta nessuna partecipazione attiva,
puntando soprattutto al massimo rilasciamento. Gli esercizi di
primo grado vengono eseguiti senza il supporto visivo, per
facilitare e guidare ulteriormente l’attenzione del paziente ai soli
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distretti articolari e muscolari. Utilizzando i sussidi specifici
dell’approccio neurocognitivo, le mobilizzazioni effettuate dal
terapista devono essere riconosciute dal paziente e descritte sulla
base delle modificazioni in ampiezza ed intensità, e
successivamente trasformate in informazioni cinestesiche. Anche
se durante l’attivazione di questi processi al paziente non è
richiesta nessuna partecipazione di tipo motorio, questo tipo di
esercizi deve essere considerato attivo, perché prevede che
cognitivamente il paziente compia determinate elaborazioni e
scelga talune operazioni piuttosto che altre. L’effetto
dell’elaborazione cinestesica e dell’apprendimento di nuove
informazioni da parte del paziente è un’inibizione del tono
muscolare e un rilasciamento globale delle strutture coinvolte.
Ottenere un rilasciamento muscolare di un distretto sofferente ha
un effetto estremamente significativo sulla sintomatologia
dolorosa; permette infatti di inibire, a mano a mano che il
rilasciamento aumenta, la scarica di afferenze nocicettive date
dall’accorciamento muscolare, dai disequilibri che esso comporta e
dagli effetti sull’intera struttura coinvolta. Il muscolo
completamente rilasciato oltre alle afferenze somestesiche e
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cinestesiche mirate a un adeguato re-apprendimento di uno schema
corporeo corretto invia un numero sempre minore di afferenze
dolorose, grazie ad un meccanismo a feed-back positivo che è
gradualmente stimolato ed incentivato. Secondo la teoria cognitiva
inoltre, l’intera superficie del corpo rappresenta una matrice
recettoriale capace, attraverso la frammentazione del movimento,
di far afferire al sistema nervoso centrale le informazioni
necessarie in una determinata situazione ai fini della
conoscenza/assegnazione di significato all’ambiente circostante.
Le caratteristiche essenziali degli esercizi di primo grado sono
quindi:
• Assenza di richieste di movimento volontario
• Riconoscimento in assenza di supporto visivo
• Elaborazione di ipotesi percettive di tipo somestesico
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Ipotesi percettive
Una delle caratteristiche delle proposte neurocognitive è
l’integrazione globale di tutti i sistemi senso-motori necessari al
riconoscimento di un compito percettivo. La velocità, l’intensità e
la spazialità della sequenza motoria sono impartite dal terapista,
mentre il paziente deve porre attenzione esclusivamente al compito
percettivo che di volta in volta gli viene richiesto. Tale compito
percettivo può essere rappresentato dal riconoscimento di
informazioni cinestesiche o tattili, la cui corretta valutazione da
parte del paziente è possibile solo se egli riesce a inibire la
comparsa di qualunque movimento volontario. Gli esercizi
cinestesici prevedono che il terapista mobilizzi una o più
articolazioni chiedendone al paziente l’esatta posizione nello
spazio, aiutandosi con i sussidi appositamente tarati su misure
standardizzate, che permettono la necessaria precisione del
movimento al terapista che lo deve effettuare, e garantiscono al
paziente delle ipotesi percettive esatte e uniformi; il re-
apprendimento necessita infatti di errori, correzioni e ripetizioni,
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ma il compito percettivo non deve fornire informazioni
cinestesiche dissonanti o imprecise che confondano il paziente.
Il linguaggio
Il linguaggio riveste un ruolo fondamentale nel trattamento, a
differenza di quanto accade in metodiche rieducative e riabilitative
che lo utilizzano principalmente per impartire ordini o proporre
interazioni molto elementari con alcuni oggetti, quando presenti.
Nell’approccio neurocognitivo, infatti, si ritiene che le interazioni
tra gli elementi del sistema terapeutico (costituito da malato-
terapista-sussidio) siano soprattutto di tipo cognitivo e che il
movimento vada considerato come “comportamento”, anziché
come “contrazione”; per questo motivo è fondamentale ciò che il
terapista suggerisce al malato di cogliere. Poiché i processi
cognitivi sono fondamentali per l’organizzazione del movimento e
la percezione dello schema corporeo, nel momento in cui il malato
viene posto di fronte ad un problema il linguaggio del terapista
deve essere adeguato a guidare il paziente a raccogliere le
informazioni utili ad attivare determinati processi cognitivi. Anche
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il linguaggio del malato è fondamentale, in quanto può dare
informazioni sui processi cognitivi che attiva, aspetto
fondamentale tanto nell’esecuzione dell’esercizio, quanto nella
programmazione del percorso riabilitativo. Poiché ogni interazione
corrisponde ad una esperienza, si ritiene che l’esperienza che il
malato fa della sua interazione con l’oggetto rappresenti un
elemento importante per l’organizzazione dell’ esercizio; infine, il
linguaggio con cui ci si rapporta al soggetto deve essere coerente
con il significato attribuito alle funzioni motorie che desideriamo
restituirgli; pertanto, anziché chiedergli di “fare qualcosa”, occorre
chiedergli di “sentire qualcosa”, per indurlo a fare attenzione a ciò
che si modifica nel suo corpo ogni volta che egli si rapporta con la
realtà circostante attraverso il movimento.
Esercizi di secondo grado
Una volta che il paziente è in grado di inibire completamente le
contrazioni muscolari, ed è perfettamente capace nel
riconoscimento cinestesico dei distretti articolari, è possibile
inserire gli esercizi di secondo grado. In questo momento ha inizio
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il lavoro terapeutico anche nei confronti del movimento eseguito
volontariamente, in cui occorre porre attenzione anche alla qualità
motoria espressa dal paziente.
Esercizi di terzo grado
Negli esercizi di terzo grado l’attenzione del paziente sarà
esclusivamente posta sulla discrepanza tra le attività richieste dal
terapista e la propria capacità nell’eseguire tali attività. E’
necessario avere acquisito un controllo della motilità fine di ottimo
livello, che permetta di effettuare delle traiettorie precise che non
si discostino eccessivamente dalla proposta terapeutica. Non è il
dolore che impedisce di percepire il corpo, ma è l’errata
percezione del corpo che genera dolore
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Il dolore “neurocognitivo”8
La base teorica della valutazione del dolore secondo la teoria
neurocognitiva consta di due assunti fondamentali:
• il dolore è un processo privato;
• il dolore rappresenta una alterazione dell’ unitarietà della
coscienza.
Il dolore dipende da un alterato funzionamento del SNC, da una
discrepanza tra le informazioni tattili e cinestesiche che
dovrebbero realizzarsi nella normalità, e dall’alterazione di esse in
condizioni patologiche. Il dolore potrebbe essere semplicemente la
manifestazione di un alterato funzionamento della superficie
recettoriale corporea, quindi è su questa componente che si deve
sviluppare un piano di trattamento volto alla correzione delle
informazioni recettoriali. Ma cosa si intende nella teoria
neurocognitiva della riabilitazione per superficie recettoriale
corporea? Il corpo viene percepito attraverso informazioni che
derivano da diverse fonti, che convergono a creare un’ unica
8 “Giornate di studio italo‐giapponesi”; Carlo Perfetti, 2007
struttura. Questo non vuol dire che esiste un centro per il corpo,
ma vuol dire che la somma di queste informazioni che arrivano
dalla periferia al centro, attivano aree diverse della corteccia
dell’encefalo, aree che si interfacciano tra di loro in modo diverso
di volta in volta, dimostrando quindi che in realtà non c’ è un
centro vero e proprio, ma un’ associazione di aree dedicata alla
percezione del dolore. Questo perché l’essere umano ha coscienza
del proprio corpo attraverso la vista, il tatto, la cinestesi, l’ udito, il
linguaggio, il vestibolo e attraverso tante altre fonti di
informazioni, di origine e natura tanto differente da creare una
combinazione di aree ed associazioni di aree pressoché infinita.
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OBIETTIVI
Valutazione del dolore percepito nel percorso riabilitativo precoce,
nei pazienti sottoposti ad intervento di cardiochirurgia in
sternotomia mediana, nel trattamento combinato di riabilitazione
tradizionale e trattamento neurocognitivo.
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MATERIALI E METODI
Criteri di inclusione
Pazienti uomini e donne, sottoposti ad intervento cardiochirurgico
in modalità di sternotomia mediana, arruolati in 5a-6a giornata
post-operatoria, età superiore ai 18 anni e inferiore ai 75 anni,
integrità neuro-psicologica (Mini Mental State >24), terapia
antinfiammatoria minimale (somministrazione solo occasionale),
complianti.
Criteri di esclusione
Pazienti con esiti neurologici di accidenti cerebrovascolari,
demenza, malattie neurologiche demielinizzanti e dismielinizzanti
(es. sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica), patologia
extrapiramidale, patologie congenite cardiache e neuromuscolari,
pregressi traumi cranici e toraco-addominali, uso ricorrente e
abuso di antidolorifici ( FANS e non FANS), neurolettici,
ansiololitici, patologie metaboliche severe con interessamento del
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sistema nervoso centrale e/o periferico, processi infettivi in atto e
infiammatori attivi.
Scale di valutazione
Visual Analog Scale (VAS), scala soggettiva di valutazione del
dolore percepito.9 Consiste in una riga orizzontale, delle
dimensioni di 100 millimetri, alle cui estremità sono posti
graficamente lo 0 e il 10; lo 0 corrisponde all’assenza di dolore, il
10 al dolore insopportabile, cosi come la progressione dei valori da
1 a 9 corrisponde a gradi crescenti di intensità di dolore. Al
paziente viene richiesto di tracciare un piccolo segno trasversale
alla riga nel punto in cui crede di poter far corrispondere il proprio
dolore autopercepito. La scala delle facce, inizialmente
somministrata ai pazienti, non è stata utilizzata in quanto la VAS
permette una valutazione più precisa.
9 “A critical review of visual analogue scales in the measurement of clinical phenomena. Research in Nursing and Health” 13, 227±236.
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Sussidi “Perfetti”10
I sussidi “Perfetti” sono i sussidi specifici del metodo
neurocognitivo. Fra questi sono stati utilizzati l’archetto per la
propriocezione dei movimenti del capo e i cuscinetti in
espanso(figura1.)
Figura 1
Trattamento neurocognitivo
Il trattamento neurocognitivo del paziente si svolgeva nelle
seguenti fasi: somministrazione della VAS ad orario predefinito
(ore 10.00 a.m.) di 5a-6a giornata postoperatoria, all’ingresso 10 “L’esercizio terapeutico conoscitivo, Sussidi”; Fumagalli Riabilitazione
presso il reparto di riabilitazione; consenso informato al
trattamento dei dati sensibili e al trattamento fisioterapico; inizio
del trattamento nel medesimo giorno secondo il seguente schema
di attività:
1) Attività con l’archetto.
2) Attività con i cuscinetti in espanso.
Attività con l’archetto
Paziente supino, con il volto rivolto verso l’alto e il terapista alle
spalle dello stesso; ginocchia leggermente flesse, grazie al
sostegno di un cuneo di gommapiuma; arti superiori extraruotati,
palmi delle mani rivolti verso l’alto; al paziente viene chiesto di
rilasciare il più possibile la muscolatura posteriore e degli arti, e di
accomodarsi in una postura di riposo; l’archetto viene posizionato
in appoggio sul lettino, trasversalmente al capo del paziente
(figura2), in modo che permetta delle rotazioni passive;
sull’archetto sono evidenziate le stazioni percettive, equidistanti,
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bilateralmente. Al paziente viene chiesto di chiudere gli occhi, e di
porre attenzione esclusivamente alle mobilizzazioni passive,
scoraggiando ogni tentativo di reclutamento attivo della
muscolatura cervicale e delle spalle. Si procede quindi con la
prima fase del trattamento, in cui al paziente vengono fatte
“sentire” le stazioni percettive segnate sull’archetto attraverso
mobilizzazioni passive, e piccole rotazioni del capo, avendo
l’accortezza di procedere con la stessa velocità da una stazione a
quella successiva e soprattutto di concedere il tempo necessario
all’apprendimento. Questa prima fase è di estrema importanza,
poiché è in questo momento che si realizza il complesso processo
cognitivo necessario alla corretta prosecuzione dell’esercizio
conoscitivo. Inoltre, è anche il momento più delicato del
trattamento, dal momento che richiede un setting costituito da un
ambiente silenzioso, possibilmente privato, (non presenza di altri
pazienti, di figure estranee e/o familiari) per l’intera seduta, che
possano distogliere l’attenzione dal compito percettivo assegnato.
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Figura 2
Dopo la fase di apprendimento delle ipotesi percettive subentra la
richiesta del riconoscimento delle stesse dopo aver effettuato
nuovamente una serie di mobilizzazioni passive, gradualmente e
con lentezza, per tutta l’escursione articolare concessa dal
paziente. In caso di errore nel riconoscimento della stazione
percettiva, occorre ripetere il processo di apprendimento, facendo
sentire nuovamente per prima la stazione erroneamente indicata
dal paziente, e successivamente quella che avrebbe dovuto
identificare. L’intero procedimento conoscitivo, per evitare
ulteriori errori nelle proposte seguenti, viene ripetuto.
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Lo stesso metodo viene applicato alla latero-flessione del capo,
appoggiando l’archetto sul lettino, ad areola al capo del paziente
(figura3),
Figura 3
Il trattamento con i cuscinetti in espanso
Al paziente supino viene chiesto di apprendere la consistenza, la
forma e la resistenza di un cuscinetto in espanso posto sul dorso
(figura4), ripetendo il processo bilateralmente e utilizzando
l’intera serie di cinque cuscinetti, numerati progressivamente
all’aumentare della durezza dell’espanso. Non appena si ritenga
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che il paziente abbia appreso le differenze tra i cuscinetti, il
procedimento prosegue con la richiesta del compito percettivo
propriamente detto, ovvero il malato deve essere in grado di
riferire quale sia il cuscinetto che il terapista gli ha posizionato tra
il dorso e il piano d’appoggio, dopo averlo scelto tra i cinque a
disposizione. Per facilitare il compito percettivo e per controllo
interno (specie in caso di errore grossolano), si è utilizzato il
confronto bilaterale posizionando il cuscinetto esatto
controlateralmente a quello erroneamente indicato.
Figura 4
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Risultati
Fra il Maggio ed Agosto 2008 presso il reparto di Riabilitazione
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Campobasso,
sono stati arruolati 8 pazienti in 5a e 6 a giornata postoperatoria le
cui caratteristiche cliniche sono illustrate nella tabella 1. L’età
media dei pazienti era di 63,5 anni +o- 9,5 (range 53-73); 5 uomini
e 3 donne. Di questi 8 pazienti, 7 interventi eseguiti in circolazione
extracorporea di cui: 4 sottoposti a rivascolarizzazione miocardica
chirurgica, 1 paziente a sostituzione di valvola aortica, 2 pazienti
con sostituzione di valvola aortica e aorta ascendente; 1 paziente in
condizioni di off-pump veniva sottoposto a intervento di
rivascolarizzazione miocardica e tromboendoarterectomia della
carotide interna sinistra. Fra i fattori di rischio per malattie
cardiovascolari: 3 fumatori, 5 in sovrappeso (media BMI 27.7), 1
obeso, 7 ipertesi, 4 dislipidemici. Fra le complicanze
postoperatorie precoci: 4 fibrillazioni atriali, 5 emotrasfusioni, 1
supporto ventilatorio. I suddetti fattori di rischio e le comorbilità
dei pazienti sono mostrate in tabella 1.
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Tabella 1
Patients clinical and demographic data
Patient Age SEX BMI Risk factors Type of cardiac surgery
Early postoperative complications Comorbidity
CF 57 F 26 SMOKING; HYPERTENSION; DYSLIPIDEMY;
CABGx3 HEMOTRANSFUSION NONE
LN 59 M 24,6 SMOKING HYPERTENSION; DYSLIPIDEMY;
CABGx4 H E MO TR A NS FUS IO N ; E M ID IA P H R AG MA T IC
D IS FU NC T IO N
COLON POLIPECTOMY; PROSTATECTOMY; COLECISTECTOMY
FM 73 F 34,7 HYPERTENSION; DIABETES;
DISLIPIDEMY; OBESITY
AVR H E MO TR A NS FUS IO N ; A F COLECISTECTOMY; HISTERECTOMY
DC 72 M 26 SMOKING; HYPERTENSION
CABGx1
TEA CI sx
OFF PUMP
NONE GASTRORESECTION; COPD
VT 53 F 27,3 NONE AVR
So. Ao. Asc.
H E MO TR A NS FUS IO N ; AF HASHIMOTO THYROIDITIS
TF 58 M 30 HYPERTENSION; DIABETES
CABGx3 MECHANICAL VENTILATION (CPAP)
NONE
TA 63 M 29,7 HYPERTENSION; DYSLIPIDEMY
AVR
So. Ao. Asc.
AF NONE
NMA 73 M 23,5 HYPERTENSION; CABGx4 BAV 1°; AF; BBSn; H E MO TR A NS FUS IO N
COPD; TEA IC Sx; EPA
LEGENDA: AF : A TR IA L F IB R IL LA T IO N B A V : ATR IO V E N TR IC U LA R B LO C K A PE : A C UT E P U LM U N AY E M BO LIS M CO PD : C HR ON IC O B S TR UC T IV E P U LM U N A R Y D IS E ASE A V R : AO RT IC V ALV E R EP LA C E MEN T C A B G : C OR ON AR Y AR TER Y B Y- P ASS G R A F T IN G TEA : TR OM B O E ND OA R T ER EC TO MY
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All’ingresso la media dei risultati della VAS è stata di: 6,50 cm,
(range 5.2-9.8), al tempo della dimissione la media dei risultati è
stata di 2,21 cm (range 1.8-5.6). Dati illustrati in tabella 2 e figure
A, B, C.
Tabella 2
Pain data evaluation
Patient VAS
ingresso
VAS
dimissione
∆VAS
CF 5.4 2.6 2.8
LN 6.9 5.1 1.8
FM 9.8 8 1.8
DC 8.8 4.5 4.3
VT 8.6 3 5.6
TF 5.2 3 2.2
TA 6.1 4.5 1.6
NMA 7.3 4.5 2.8
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Figura A: VAS all’arruolamento
Figura B: VAS alla dimissione
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Figura C: media della valutazione VAS in arruolamento e dimissione
Per il calcolo dei miglioramenti clinici sono stati presi in
considerazione la variazione in centimetri della VAS pre e post-
trattamento (∆VAS), la variazione percentuale e la significatività
statistica dei dati. Il miglioramento medio del dolore percepito è
stato pari al 39,13 % (range 19%-66%); la differenza più
evidente tra i due risultati è stata ottenuta nel caso del paziente VT,
con un ∆ di 5,6 cm (-66%) il ∆ minore nel paziente TA con 1,6
cm. (-19%). Il dato è stato statisticamente significativo
(P=0,0003).
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Commenti e conclusioni
Il metodo Perfetti si è rivelato un valido strumento nel trattamento
riabilitativo del paziente con esiti neurologici centrali e periferici
di eziologia vascolare primitiva11 ( ictus cerebri) o traumatica.
Secondo l’Autore, nell’impostazione di un trattamento, “l'effetto di
ogni stimolo non è mai staticamente legato alla sua intensità ed
alle sue qualità intrinseche. Nel sistema nervoso che lo accoglie
esso può acquistare diverso valore in rapporto alla complessità dei
livelli di integrazione con i quali viene a confrontarsi. Le
possibilità che l'analisi avvenga ad un livello piuttosto che ad un
altro è in stretto rapporto con il processo di presa di coscienza da
parte del soggetto circa la situazione in cui è posto, che fa sì che
uno stimolo che ipoteticamente potrebbe rivestire una vasta
gamma di significati, in quella determinata condizione ne venga ad
assumere uno ben determinato."12
11[ “A new method of rehabilitation of the hand in hemiplrgic patients.(Preliminary results)];
Salvini, Perfetti; Riv Neurobiol. 1971 jan‐Mar; 17(1): 11‐20
12 “La rieducazione motoria dell’empiplegico”; (pagg. 2‐3), Carlo Perfetti, Ed. Ghedini, 1979
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Indipendentemente dallo specifico sussidio utilizzato, il metodo si
avvale dei principio generale del recupero della percezione e della
motilità intrinseca.
La popolazione in oggetto del nostro studio è molto differente da
quella presa in osservazione in altri studi13,14, trattandosi di
pazienti sottoposti ad una chirurgia maggiore (cardiochirurgia) ,
con una età media vicino quasi sempre a quella geriatrica, e di
conseguenza con una frequente comorbilità. Il dolore post-
operatorio influenza l’iter del trattamento riabilitativo, specie se
espresso in giorni di degenza. La riduzione della sintomatologia
dolorosa si profila quindi come un presupposto di ottimizzazione
del decorso postoperatorio. La nostra ipotesi di lavoro si è basata
sul fatto che la modulazione del dolore potesse condizionare il
recupero funzionale. A tal fine abbiamo applicato il metodo
Perfetti nel trattamento del dolore postchirurgico parallelamente
ad un programma riabilitativo tradizionale. I nostri dati hanno
13 “Can quality of movement be measured? Rasch analysis and inter‐rater reliability of the
Motor Evaluation Scale for Upper Extremity in Stroke patients (MESUPES).” AA.VV., Clinical
Rehabilitation, 2006 Oct; 20 (10): 871‐84
14 “Notes on rehabilitationof the hemiplegic patient” Troisi, Campora, Giornale Italiano
Medicina del Lavoro, 1984 Jan‐Mar; 6 (1‐2): 67‐9
mostrato una notevole riduzione (39%) della sintomatologia
dolorosa percepita dopo il trattamento neurocognitivo. Il risultato
apparentemente incoraggiante (P 0,0003) del metodo non può
essere tuttavia sufficientemente giudicato in quanto soggetto ai
seguenti limiti metodologici, legati al breve periodo di studio e
conseguentemente alla restrizione dei criteri di inclusione ed
esclusione:
1) campione esiguo dei pazienti;
2) mancanza del gruppo di controllo.
3) scarsa specificità della VAS.
Questo studio per avanzare ipostesi promettenti sulla modulazione
del dolore dovrebbe quindi ampliare il numero dei pazienti
arruolati nonché sviluppare un gruppo di controllo matchato per
sesso, età e tipologia di intervento. L’unica considerazione che si
può avanzare nel nostro piccolo campione è che i 2 pazienti agli
estremi della scala valutativa, a parità di intervento, avevano
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un’età differente, oltre che essere di sesso opposto. Auspicabile
sarebbe inoltre l’applicazione del metodo parallelamente ad una
valutazione funzionale globale. Inoltre, il limite intrinseco di una
scala di valutazione del dolore è nella soggettività del risultato, che
dipende da una quantità indefinibile di variabili caratteriali,
comportamentali e sociologiche.
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Bibliografia
“Grant’s Atlas Of Anatomy”; Agur Dalley, Ed. Lippincott
Williams & Wilkins
“Basi del metodo di rieducazione posturale globale”; Philippe-
Emmanuel Souchard, Editore Marrapese, Roma
“Il diaframma”; Philippe-Emmanuel Souchard, Editore
Marrapese, Roma
“Respiratory Physiology; The Essentials”;Jhon B. West, Editore
Lippincott Williams & Wilkins
“Cardiology”; Eric H. Awtry, Cathy Jeon, Molly Glen Ware,
Editore Lippincott Williams & Wilkins
“L’esercizio terapeutico conoscitivo, Sussidi”; Fumagalli
Riabilitazione
“A critical review of visual analogue scales in the measurement of clinical phenomena. Research in Nursing and
Health” 13, 227±236.
Pagina 53
“L’esercizio terapeutico conoscitivo nella patologia ortopedica
del rachide”; M. Zernitz, Riabilitazione e Apprendimento (1998),
3/4, Guido Gnocchi Ed.
“La rieducazione motoria dell’empiplegico”; Carlo Perfetti, Ed.
Ghedini, 1979
“Can quality of movement be measured? Rasch analysis and inter-
rater reliability of the Motor Evaluation Scale for Upper Extremity
in Stroke patients (MESUPES).” AA.VV., Clinical Rehabilitation,
2006 Oct; 20 (10): 871-84
“Notes on rehabilitationof the hemiplegic patient” Troisi,
Campora, Giornale Italiano Medicina del Lavoro, 1984 Jan-Mar;
6 (1-2): 67-9
[ “A new method of rehabilitation of the hand in hemiplrgic
patients.(Preliminary results)]; Salvini, Perfetti; Riv Neurobiol.
1971 jan-Mar; 17(1): 11-20
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Ringraziamenti
Doveroso, per la Dott.ssa Angeloni. Lavorare insieme è stato un
piacere.
Grazie alla Fisioterapista Alessandra Giancola, per la fiducia e i
preziosi consigli.
Grazie a tutti quanti in un modo o nell’altro abbiano partecipato
alla realizzazione di questo lavoro.