rav115 - rae131_201211.pdf

52
Numero 115 Novembre 2012 Poste Italiane Spa – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - NE/PD - Contiene I.R. - Periodico dell’Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione Associazione Madonna di Fatima Anno della Fede

Upload: federicopgallo

Post on 26-Dec-2015

11 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Numero 115 Novembre 2012

Po

ste

Ital

iane

Sp

a –

Sp

ediz

ione

in A

bb

ona

men

to P

ost

ale

– D

.L. 3

53/2

003

(co

nv. i

n L.

27/

02/2

004

n. 4

6) a

rt. 1

co

mm

a 1

- NE

/PD

- C

ont

iene

I.R

. - P

erio

dic

o d

ell’A

sso

ciaz

ione

Mad

onn

a d

i Fat

ima

- Mar

ia, S

tella

del

la N

uova

Eva

ngel

izza

zio

ne

Associazione Madonna di Fatima

Anno della Fede

Page 2: RAV115 - RAE131_201211.pdf

“Troviamo caratterizzata con frequenza in queste pagine la soluzione ai problemi spirituali dell’uomo del XXI secolo” (Cardinale Franc Rodé, CM)

L

L’inedito sui Vangeli

Una collezione che le permetterà di accompagnare Il Signore Gesù lungo tutte le domeniche dell’Anno

Liturgico insieme al fondatore degli Araldi del Vangelo

Lanc

io

intern

azion

ale

in qu

attro

lingu

e

a collezione “L’inedito sui Vangeli” offre al lettore un vero tesoro: i commenti di Mons. João Scognamiglio

Clá Dias, EP, ai Vangeli di tutte le domeniche e solennità del ciclo liturgico. Tra breve saranno disponibili:

Vol. V: Domeniche d’Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua e Solennità del Signore che decorrono nel Tempo Ordinario (Anno C)

Vol. VI: Domeniche del Tempo Ordinario (Anno C)

Prenoti fin da ora i suoi volumi!

Richieste per telefono 041-560-0891 o per fax 041-560-8828, oppure scrivendo alla redazione,

Via San Marco 2A - 30034 Mira - VE

Page 3: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Scrivono i lettori � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � 4

Fede, santità e Nuova Evangelizzazione (Editoriale) � � � � � � � 5

Sono stati Adamo ed Eva ingannati dal serpente?

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �18

Che cos’è la Nuova Evangelizzazione?

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �24

Commento al Vangelo – Dare, dare di sé, darsi del tutto!

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �10

Araldi nel mondo

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �27

La voce del Papa – La Litur-gia è opera di Cristo attra-verso la Chiesa

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �6

San Leone Magno – Il grande Leone della Chiesa

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �34

Pace, umiltà, mansuetudine

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �50

I Santi di ogni giorno

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �48

Storia per bambini��� – Così ci tratta Dio���

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �46

È accaduto nella Chiesa e nel mondo

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �40

La parola dei Pastori - Affinché la nostra missione sia veramente efficace���

� � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � �38

SommariO

Periodico dell’Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella

della Nuova Evangelizzazione

Anno XIV, numero 115, Novembre 2012

Direttore responsabile: Zuccato Alberto

Consiglio di redazione: Guy Gabriel de Ridder, Suor Juliane

Vasconcelos A. Campos, EP, Luis Alberto Blanco Cortés, Madre

Mariana Morazzani Arráiz, EP, Severiano Antonio de Oliveira

Amministrazione: Via San Marco, 2A

30034 Mira (VE) CCP 13805353

Aut. Trib. Venezia 11 del 31/3/12

Poste italiane, s.p.a – Spedizione in Abbonamento Postale - D.L.

353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, NE PD

Contiene I.R.

www.araldi.org www.salvamiregina.it

Con la collaborazione dell’Associazione

Privata Internazionale di Fedeli di Diritto Pontificio

ArAldi del VAngelo

Viale Vaticano, 84 Sc. A, int. 5 00165 Roma

Tel. sede operativa a Mira (VE): 041 560 08 91

Montaggio: Equipe di arti grafiche

degli Araldi del Vangelo

Stampa e rilegatura: MONDADORI PRINTING SPA

VIA MONDADORI, 15 37131 VERONA

Gli articoli di questa rivista potranno essere riprodotti, basta che si indichi la fonte e si invii copia alla Redazione. Il contenuto degli articoli firmati è di responsabilità dei rispettivi autori.

Page 4: RAV115 - RAE131_201211.pdf

4      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

Scrivono i lettori

In comunIone con la vostra opera pastorale

Sono un parroco dell’Indiana e scrivo per ringraziarvi per le Riviste che ci inviate mensilmente, poiché in questo modo ci fate sentire parte de-gli Araldi, in comunione con la vo-stra grande opera pastorale. Qui vi te-niamo presenti nelle nostre preghie-re, soprattutto i giovedì, quando of-friamo l’Eucaristia e l’Ora Santa per l’aumento delle vocazioni in tutte le congregazioni e comunità religiose. Ci raccomandiamo anche alle vostre orazioni.

Don Claudio S. P.Vicariato Apostolico San

José del Amazonas – Perù

artIcolI molto profIcuI

Mi piace molto la rivista Aral-di del Vangelo, poiché in essa trovia-mo articoli molto proficui per noi, cattolici, sia nell’esempio della vita dei Santi, nel Commento del Vange-lo mensile, nelle storie per bambini, negli articoli che si riferiscono al Pa-pa o agli Araldi nel mondo. Ognuno ha la sua importanza, senza dimen-ticare le belle immagini che possia-mo contemplare. Complimenti per il lavoro e che Dio v’illumini sempre!

Gildemar de F. C.Maceió – Brasile

temI sempre attualIssImI

Il progresso della tecnologia ha perfezionato i metodi di comunicazio-ne e nuove possibilità sono sorte negli ultimi tempi, ma nonostante la facili-tà nell’acquisire i mezzi, la comunica-zione è sempre più vuota di un conte-nuto che realmente promuova l’esse-re umano. Grazie a Dio, a Monsignor João, che ha fondato questa istituzio-ne, e agli stessi araldi, abbiamo il pri-

vilegio di leggere la rivista Araldi del Vangelo, con temi meravigliosi, conte-nuti veri e ben svolti, che costituisco-no preziosi contributi al genere uma-no, perfezionando, propagando e con-solidando il Regno di Dio. Quando il messaggio originale del Cristianesimo si applica alla nostra storia, diventa at-tuale nella nostra esperienza di vita e illumina la nostra ricerca di autentici-tà dell’essere umano davanti alla glo-balizzazione e disumanizzazione, nel groviglio d’informazioni dei nostri mezzi. Ossia, i temi della Rivista sono sempre attualissimi!

Shirlene C. C.Cotia – Brasile

strumento dI arrIcchImento spIrItuale

Mi sembra meraviglioso trova-re nella rivista le Storie per bambi-ni... o adulti pieni di fede?, poiché so-no di grande utilità nell’apostolato e nella formazione delle mie figlie. Mi piacciono molto anche gli articoli che mostrano il carisma degli Araldi. La Rivista è veramente uno strumento molto importante di arricchimento spirituale in questo stupendo lavoro degli Araldi, facendo sì che sempre più anime si rivolgano alla Madonna.

Juliana M. P.Chiquinquirá – Colombia

maggIor approfondImento nel vangelo

Con molto piacere vi scrivo due ri-ghe. Primo per ringraziarvi per la Ri-vista che aspetto sempre con ansia e mi riempie di gioia ogni volta che la ricevo. Il suo contenuto mi rende più religiosa, poiché mi permette di ap-profondire di più lo studio del Van-gelo e perfezionare tutte le virtù cri-stiane. Vorrei anche comunicarvi che sono stata con i vostri fratelli araldi qui in Messico, i quali sono venuti ad Aranda con la statua della Santissima Vergine di Fatima e hanno visitato la

nostra casa. Abbiamo potuto portar-la in processione alla parrocchia, do-ve è stato recitato il Rosario, insieme al parroco e tutti i fedeli.

Chiedo la cortesia di pregare e chiedere orazioni a tutti i membri dell’Associazione Araldi del Vange-lo per la nostra Congregazione Fi-glie della Madonna di Fatima, affin-ché la Vergine Santa ci invii molte vocazioni al fine di realizzare il no-stro apostolato.

Suor Immacolata B.Arandas – Messico

profondItà e sostanza sul pIano della fede e della dottrIna

Non rimango indifferente all’ap-pello fatto a favore dell’abbonamen-to alla rivista Araldi del Vangelo. La leggo sempre con piacere e grande profitto spirituale e dottrinale, poi-ché i suoi articoli rivelano molta profondità e sostanza sul piano del-la Fede e della dottrina. Per tale mo-tivo, desidero continuare ad essere un vostro abbonato, chiedendo che la Rivista continui a essere per tutti noi un prezioso Araldo del Vangelo.

João N. A.Viseu – Portogallo

semInando la mIssIone dI evangelIzzazIone

I miei complimenti per questa vo-stra meravigliosa opera di apostolato che realizzate affinché la fede e la spe-ranza in Dio siano presenti in ognu-no di noi, lettori della rivista Araldi del Vangelo, poiché con essa si va se-minando, attraverso i suoi contenuti, la missione di evangelizzare, e l’amore che diffondete alla Madonna è quanto di più prezioso esiste nella vita dell’es-sere umano. Che tutti noi i quali ab-biamo la grazia di ricevere questa Ri-vista possiamo valorizzare l’immenso dono che Dio ci concede.

Wilson C.Loja – Ecuador

Page 5: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Numero 115

Novembre 2012

Po

ste

Italia

ne S

pa

– S

ped

izio

ne in

Ab

bo

nam

ento

Po

stal

e –

D.L

. 353

/200

3 (c

onv

. in

L. 2

7/02

/200

4 n.

46)

art

. 1 c

om

ma

1 - N

E/P

D -

Co

ntie

ne I.

R. -

Per

iod

ico

del

l’Ass

oci

azio

ne M

ado

nna

di F

atim

a - M

aria

, Ste

lla d

ella

Nuo

va E

vang

eliz

zazi

one

Associazione Madonna di FatimaAnno della Fede

È

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      5

Editoriale

Benedetto XVI all’Udienza Gene-rale del 26/9/2012

(Foto: L’Osservatore Romano)

Fede, santità e nuova evangelizzazione

commovente la dolcezza con cui, dopo la Resurrezione, Nostro Signore inter-pella Pietro tre volte di seguito: “Simone di Giovanni, mi vuoi bene?”, aggiun-gendo, “Pasci i miei agnelli” (Gv 21, 15-17). Con successive affermazioni d’a-

more, il Principe degli Apostoli ripara alla sua triplice negazione. Senza dubbio, è l’A-more la maggiore delle virtù, poiché costituisce il fine, mentre la fede e la speranza so-no mezzi: nell’eternità, cesserà la fede, con la visione beatifica, e la speranza, con il possesso di Dio; soltanto la carità rimarrà per sempre. Mentre le società umane si reg-gono su migliaia di regole, l’Istituzione Divina si basa solo su una: la carità.

Alle tre affermazioni d’amore di Pietro, segue un ugual numero di incarichi: “Pasci i miei agnelli”... In questo modo così divinamente paterno, egli ha ricevu-to l’incombenza di prendersi cura delle anime dei fedeli fino alla fine dei tempi. L’unica condizione pretesa è stata: “Tu Mi vuoi bene?” Oggi, Pietro, che risponde al nome di Benedetto, governa la nave della Santa Chiesa in mari conturbati, af-frontando tutto con la serenità di chi si sa diretto dal Paraclito. Infatti, ogni inizia-tiva viene dall’Alto, toccando agli uomini la funzione ancillare di cooperare e non frapporre ostacoli.

È piaciuto al Vicario di Cristo, per il bene delle anime e l’espansione del Regno di Dio, proclamare l’Anno della Fede, sperando, così, in un nuovo impeto di gra-zie nella Chiesa, un intervento speciale della Divina Provvidenza nell’attuale con-giuntura mondiale.

In questo senso, ha affermato il 7 ottobre, nell’omelia della Messa di apertura della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, il cui tema è La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana: “La chiamata univer-sale alla santità è una delle idee-chiave del rinnovato impulso che il Concilio Vatica-no II ha dato all’evangelizzazione che, come tale, si applica a tutti i cristiani” (cfr. Lu-men gentium, n.39-42). I santi sono i veri protagonisti dell’evangelizzazione in tutte le sue espressioni. Essi sono, in particolare, anche i pionieri e i promotori della Nuova Evangelizzazione: con la loro intercessione ed esempio di vita, attenti alla creatività che viene dallo Spirito Santo, essi mostrano alle persone, indifferenti o anche ostili, la bellezza del Vangelo e della comunione in Cristo; e invitano i fedeli, per così dire, freddi, a vivere la gioia della Fede, della Speranza e della Carità; a riscoprire il ‘gusto’ della Parola di Dio e dei Sacramenti, specialmente del Pane della Vita, l’Eucaristia. Santi e sante fioriscono tra i missionari generosi che annunciano la Buona Novella ai non-cristiani, tradizionalmente nei Paesi di missione e attualmente in tutti i luoghi dove vivono persone non cristiane. La santità non conosce barriere culturali, sociali, politiche o religiose. Il loro linguaggio – quello dell’amore e della verità – è inteso da tutti gli uomini di buona volontà e li avvicina a Gesù Cristo”.

La Nuova Evangelizzazione presuppone, senza dubbio, una disposizione sin-cera alla conversione verso la vera santità di vita. Infatti, senza Carità autentica, profonda e incondizionata, non si fa nulla di buono e nessun frutto si ottiene in se-no alla Santa Chiesa. ²

Page 6: RAV115 - RAE131_201211.pdf

I

La Liturgia è opera di Cristo attraverso la Chiesa

6      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

La voce deL PaPa

n questi mesi abbiamo compiuto un cammino alla luce della Parola di Dio, per imparare a pre-

gare in modo sempre più autenti-co guardando ad alcune grandi fi-gure dell’Antico Testamento, ai Sal-mi, alle Lettere di san Paolo e all’A-pocalisse, ma soprattutto osservan-do all’esperienza unica e fondamen-tale di Gesù, nel suo rapporto con il Padre celeste. In realtà, solo in Cri-sto l’uomo è reso capace di unirsi a Dio con la profondità e la intimità di un figlio nei confronti di un pa-dre che lo ama, solo in Lui noi pos-siamo rivolgerci in tutta verità a Dio chiamandolo con affetto “Abbà! Pa-dre!”. [...]

Le due scuole che insegnano a pregare: le Scritture e la Liturgia

Possiamo domandarci: come pos-so io lasciarmi formare dallo Spirito Santo e così divenire capace di en-trare nell’atmosfera di Dio, di pre-gare con Dio? Qual è questa scuola nella quale Egli mi insegna a prega-re, viene in aiuto alla mia fatica di ri-volgermi in modo giusto a Dio?

La prima scuola per la preghie-ra – lo abbiamo visto in queste set-

timane – è la Parola di Dio, la Sa-cra Scrittura. La Sacra Scrittura è un permanente dialogo tra Dio e l’uo-mo, un dialogo progressivo nel qua-le Dio si mostra sempre più vicino, nel quale possiamo conoscere sem-pre meglio il suo volto, la sua voce, il suo essere; e l’uomo impara ad ac-cettare di conoscere Dio, a parlare con Dio. Quindi, in queste settima-ne, leggendo la Sacra Scrittura, ab-biamo cercato, da questo dialogo permanente, di imparare come pos-siamo entrare in contatto con Dio.

C’è ancora un altro prezioso “spazio”, un’altra preziosa “fonte” per crescere nella preghiera, una sorgente di acqua viva in strettissi-ma relazione con la precedente. Mi riferisco alla liturgia, che è un ambi-to privilegiato nel quale Dio parla a ciascuno di noi, qui ed ora, e attende la nostra risposta. [...]

La Liturgia è “opera di Cristo”

Il Catechismo indica che, “nella tradizione cristiana la parola “litur-gia” vuole significare che il Popolo di Dio partecipa alla sua opera” (n. 1069), perché il popolo di Dio come tale esiste solo per opera del Crea-tore. [...] Però possiamo chiederci:

qual è questa opera di Dio alla quale siamo chiamati a partecipare?

La risposta che ci offre la Costi-tuzione conciliare sulla sacra liturgia è apparentemente doppia. Al nume-ro 5 ci indica, infatti, che sono le sue azioni storiche che ci portano la sal-vezza, culminate nella Morte e Ri-surrezione di Gesù Cristo; ma al nu-mero 7 la stessa Costituzione defini-sce proprio la celebrazione della li-turgia come “opera di Cristo”.

In realtà questi due significa-ti sono inseparabilmente legati. Se ci chiediamo chi salva il mondo e l’uomo, l’unica risposta è: Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, crocifis-so e risorto. E dove si rende attua-le per noi, per me oggi il Mistero della Morte e Risurrezione di Cri-sto, che porta la salvezza? La ri-sposta è: nell’azione di Cristo at-traverso la Chiesa, nella litur-gia, in particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, che rende presen-te l’offerta sacrificale del Figlio di Dio, che ci ha redenti; nel Sacra-mento della Riconciliazione, in cui si passa dalla morte del peccato al-la vita nuova; e negli altri atti sa-cramentali che ci santificano (cfr. Presbyterorum ordinis, n.5). [...]

Celebreremo e vivremo bene la Liturgia solo se rimarremo in atteggiamento di preghiera, unendoci al Mistero di Cristo e

al suo dialogo di Figlio con il Padre.

Page 7: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      7

Condizione per una buona celebrazione liturgica

La prima esigenza per una buona celebrazione liturgica è che sia pre-ghiera, colloquio con Dio, anzitut-to ascolto e quindi risposta. San Be-nedetto, nella sua “Regola”, parlan-do della preghiera dei Salmi, indica ai monaci: mens concordet voci, “la mente concordi con la voce”. Il San-to insegna che nella preghiera dei Salmi le parole devono precedere la nostra mente.

Abitualmente non avviene co-sì, prima dobbiamo pensare e poi quanto abbiamo pensato si converte in parola. Qui invece, nella liturgia, è l’inverso, la parola precede. Dio ci ha dato la parola e la sacra liturgia ci offre le parole; noi dobbiamo entra-re all’interno di esse, nel loro signi-ficato, accoglierle in noi, metterci in sintonia con queste; così diventiamo figli di Dio, simili a Lui.

Come ricorda la Sacrosanctum Concilium, per assicurare la piena efficacia della celebrazione “è ne-cessario che i fedeli si accostino al-la sacra liturgia con retta disposi-zione di animo, pongano la propria anima in consonanza con la pro-pria voce e collaborino con la divi-

L’O

sser

vato

re R

oman

o

na grazia per non riceverla invano” (n.11). Elemento fondamentale, primario, del dialogo con Dio nel-la liturgia, è la concordanza tra ciò che diciamo con le labbra e ciò che portiamo nel cuore. Entrando nel-le parole della grande storia della preghiera noi stessi siamo confor-mati allo spirito di queste parole e diventiamo capaci di parlare con Dio. [...]

Eleviamo i nostri cuori

In questa linea, vorrei solo ac-cennare ad uno dei momenti che, durante la stessa liturgia, ci chiama e ci aiuta a trovare tale concordan-za, questo conformarci a ciò che ascoltiamo, diciamo e facciamo nella celebrazione della liturgia. Mi riferisco all’invito che formula il Celebrante prima della Preghie-ra Eucaristica: “Sursum corda”, in-nalziamo i nostri cuori al di fuo-ri del groviglio delle nostre preoc-cupazioni, dei nostri desideri, del-le nostre angustie, della nostra di-strazione. Il nostro cuore, l’intimo di noi stessi, deve aprirsi docilmen-te alla Parola di Dio e raccogliersi nella preghiera della Chiesa, per ricevere il suo orientamento verso

Dio dalle parole stesse che ascolta e dice. Lo sguardo del cuore deve dirigersi al Signore, che sta in mez-zo a noi: è una disposizione fonda-mentale. [...]

Celebriamo e viviamo bene la li-turgia solo se rimaniamo in atteg-giamento orante, non se vogliamo “fare qualcosa”, farci vedere o agi-re, ma se orientiamo il nostro cuo-re a Dio e stiamo in atteggiamen-to di preghiera unendoci al Miste-ro di Cristo e al suo colloquio di Fi-glio con il Padre. Dio stesso ci in-segna a pregare, afferma san Pao-lo (cfr. Rm 8,26). Egli stesso ci ha dato le parole adeguate per diriger-ci a Lui, parole che incontriamo nel Salterio, nelle grandi orazioni della sacra liturgia e nella stessa Celebra-zione eucaristica.

Preghiamo il Signore di essere ogni giorno più consapevoli del fat-to che la Liturgia è azione di Dio e dell’uomo; preghiera che sgorga dallo Spirito Santo e da noi, inte-ramente rivolta al Padre, in unione con il Figlio di Dio fatto uomo (cfr. CCE, n.2564).

(Passi dell’Udienza Generale, 26/9/2012)

Il nostro cuore, l’intimo di noi stessi, deve aprirsi docilmente alla Parola di Dio e raccogliersi nella preghiera della Chiesa, per ricevere il suo orientamento verso Dio dalle parole stesse che ascolta

Arrivo di Benedetto XVI in Piazza San Pietro per l’Udienza Generale del 26/9/2012

Page 8: RAV115 - RAE131_201211.pdf

La Liturgia si celebra per Dio

O

8      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

ggi vorrei che ci chiedessimo: nella mia vita, riservo uno spa-

zio sufficiente alla preghiera e, soprat-tutto, che posto ha nel mio rapporto con Dio la preghiera liturgica, specie la Santa Messa, come partecipazione alla preghiera comune del Corpo di Cristo che è la Chiesa?

Nel rispondere a questa doman-da dobbiamo ricordare anzitutto che la preghiera è la relazione vivente dei figli di Dio con il loro Padre in-finitamente buono, con il Figlio suo Gesù Cristo e con lo Spirito San-to (cfr. CCE, n.2565). Quindi la vi-ta di preghiera consiste nell’essere abitualmente alla presenza di Dio e averne coscienza, nel vivere in rela-zione con Lui come si vivono i rap-porti abituali della nostra vita, quel-li con i familiari più cari, con i veri amici; anzi quella con il Signore è la relazione che dona luce a tutte le al-tre nostre relazioni. Questa comu-nione di vita con Dio, Uno e Trino, è possibile perché per mezzo del Bat-tesimo siamo stati inseriti in Cristo, abbiamo iniziato ad essere una sola cosa con Lui (cfr. Rm 6, 5).

Pregare significa elevarsi all’altezza di Dio

In effetti, solo in Cristo possiamo dialogare con Dio Padre come figli, altrimenti non è possibile, ma in co-munione col Figlio possiamo anche

dire noi come ha detto Lui: “Abbà”. In comunione con Cristo possia-mo conoscere Dio come Padre vero (cfr. Mt 11, 27). Per questo la pre-ghiera cristiana consiste nel guarda-re costantemente e in maniera sem-pre nuova a Cristo, parlare con Lui, stare in silenzio con Lui, ascoltarlo, agire e soffrire con Lui. Il cristiano riscopre la sua vera identità in Cri-sto, “primogenito di ogni creatu-ra”, nel quale sussistono tutte le co-se (cfr. Col 1, 15ss). Nell’identificar-mi con Lui, nell’essere una cosa so-la con Lui, riscopro la mia identità personale, quella di vero figlio che guarda Dio come a un Padre pieno di amore.

Ma non dimentichiamo: Cristo lo scopriamo, lo conosciamo come Persona vivente, nella Chiesa: es-sa è il “suo Corpo”. Tale corporeità può essere compresa a partire dal-le parole bibliche sull’uomo e sulla donna: i due saranno una carne so-la (cfr. Gn 2, 24; Ef 5, 30ss; I Cor 6, 16s). Il legame inscindibile tra Cristo e la Chiesa, attraverso la for-za unificante dell’amore, non annul-la il “tu” e l’”io”, bensì li innalza al-la loro unità più profonda. Trovare la propria identità in Cristo significa giungere a una comunione con Lui, che non mi annulla, ma mi eleva al-la dignità più alta, quella di figlio di Dio in Cristo: “la storia d’amore tra

Non è l’individuo – sacerdote o fedele – o il gruppo che celebra la Liturgia, ma è principalmente l’azione di Dio attraverso la Chiesa,

che ha la propria storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività.

Dio e l’uomo consiste appunto nel fatto che questa comunione di vo-lontà cresce in comunione di pen-siero e di sentimento e, così, il no-stro volere e la volontà di Dio coin-cidono sempre di più” (Deus caritas est, n.17). Pregare significa elevar-si all’altezza di Dio, mediante una necessaria graduale trasformazione del nostro essere. [...]

Carattere universale della Liturgia

Vorrei richiamare un altro aspet-to importante. Nel Catechismo del-la Chiesa Cattolica leggiamo: “Nel-la Liturgia della Nuova Alleanza, ogni azione liturgica, specialmen-te la celebrazione dell’Eucaristia e dei sacramenti, è un incontro tra Cristo e la Chiesa” (n. 1097); quin-di è il “Cristo totale”, tutta la Comu-nità, il Corpo di Cristo unito al suo Capo che celebra. La liturgia allora non è una specie di “auto-manife-stazione” di una comunità, ma è l’u-scire dal semplice “essere-se-stessi”, essere chiusi in se stessi e l’accede-re al grande banchetto, entrare nella grande comunità vivente, nella qua-le Dio stesso ci nutre.

La liturgia implica universalità e questo carattere universale deve en-trare sempre di nuovo nella consape-volezza di tutti. La liturgia cristiana è il culto del tempio universale che è Cristo Risorto, le cui braccia sono

Page 9: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      9

Tutti i diritti sui documenti pontifici sono riservati alla Libreria Editrice Vaticana. La versione integrale di questi documenti può essere trovata in www.vatican.va

distese sulla croce per attirare tutti nell’abbraccio dell’amore eterno di Dio. E’ il culto del cielo aperto. Non è mai solamente l’evento di una co-munità singola, con una sua colloca-zione nel tempo e nello spazio. E’ im-portante che ogni cristiano si senta e sia realmente inserito in questo “noi” universale, che fornisce il fondamen-to e il rifugio all’ “io”, nel Corpo di Cristo che è la Chiesa.

Presenza viva di Cristo

In questo dobbiamo tenere pre-sente e accettare la logica dell’incar-nazione di Dio: Egli si è fatto vici-no, presente, entrando nella storia e nella natura umana, facendosi uno di noi. E questa presenza continua nella Chiesa, suo Corpo. La liturgia allora non è il ricordo di eventi pas-sati, ma è la presenza viva del Miste-ro Pasquale di Cristo che trascende e unisce i tempi e gli spazi. Se nel-la celebrazione non emerge la cen-tralità di Cristo non avremo liturgia cristiana, totalmente dipendente dal Signore e sostenuta dalla sua pre-senza creatrice. Dio agisce per mez-zo di Cristo e noi non possiamo agi-re che per mezzo suo e in Lui. Ogni giorno deve crescere in noi la con-vinzione che la liturgia non è un no-stro, un mio “fare”, ma è azione di Dio in noi e con noi.

Quindi, non è il singolo – sacer-dote o fedele – o il gruppo che ce-lebra la liturgia, ma essa è primaria-mente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività. Questa universalità ed apertura fon-damentale, che è propria di tutta la liturgia, è una delle ragioni per cui essa non può essere ideata o modi-ficata dalla singola comunità o dagli esperti, ma deve essere fedele alle forme della Chiesa universale.

Anche nella liturgia della più pic-cola comunità è sempre presente la Chiesa intera. Per questo non esi-stono “stranieri” nella comunità li-turgica. In ogni celebrazione liturgi-ca partecipa assieme tutta la Chiesa, cielo e terra, Dio e gli uomini.

La liturgia cristiana, anche se si celebra in un luogo e uno spazio concreto ed esprime il “sì” di una determinata comunità, è per sua na-tura cattolica, proviene dal tutto e conduce al tutto, in unità con il Pa-pa, con i Vescovi, con i credenti di tutte le epoche e di tutti i luoghi. Quanto più una celebrazione è ani-mata da questa coscienza, tanto più fruttuosamente in essa si realizza il senso autentico della liturgia.

La Chiesa si manifesta pienamente nella Liturgia

Cari amici, la Chiesa si rende visibile in molti modi: nell’azione caritativa, nei progetti di missione,

nell’apostolato personale che ogni cristiano deve realizzare nel pro-prio ambiente. Però il luogo in cui la si sperimenta pienamente come Chiesa è nella liturgia: essa è l’at-to nel quale crediamo che Dio en-tra nella nostra realtà e noi lo pos-siamo incontrare, e toccare. È l’at-to nel quale entriamo in contat-to con Dio: Egli viene a noi e noi siamo illuminati da Lui. Per que-sto, quando nelle riflessioni sul-la liturgia noi centriamo la nostra attenzione soltanto su come ren-derla attraente, interessante bel-la, rischiamo di dimenticare l’es-senziale: la liturgia si celebra per Dio e non per noi stessi; è opera sua; è Lui il soggetto e noi dobbia-mo aprirci a Lui e lasciarci guida-re da Lui e dal suo Corpo che è la Chiesa.

(Passi dell’Udienza Generale, 3/10/2012)

“Ma non dimentichiamo: è nella Chiesa che scopriamo e conosciamo Cristo come Persona viva”

Udienza del 3/10/2012, in Piazza San Pietro

L’O

sser

vato

re R

oman

o

Page 10: RAV115 - RAE131_201211.pdf

10      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

a Vangelo A

“Sacro Cuore di Gesù” - Parrocchia di Sant’ Ulrico, Ortisei

“In quel tempo, 38 Gesù mentre insegnava di-ceva a una grande moltitudine: ‘Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze; 39 avere i pri-mi seggi nelle Sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40 Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi rice-veranno una condanna più grave’.41 E sedutosi di fronte al tesoro, osservava co-me la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte.42 Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino.43 Allora, chiamati a sé i discepoli, disse lo-ro: “In verità vi dico: questa vedova ha get-tato nel tesoro più di tutti gli altri. 44 Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa inve-ce, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere” (Mc 12, 38-44)

Wol

fgan

g M

orod

er.

Page 11: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Dare, dare di sé, darsi del tutto!

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      11

Questa generosità che si verifica nell’universo intero è il principio sul quale si fonda la Liturgia di oggi

commento aL vangeLo – XXXII domenIca deL temPo ordInarIo

Di fronte alle menzognere apparenze derivate dall’orgoglio, manifestate nell’ipocrisia dei dottori della Legge, Nostro Signore ci esorta a esser sinceramente generosi come la povera vedova, dando tutto di noi stessi per amore a Lui.

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP

I – La gIoIa dI dare

Quando analizziamo la natura, troviamo un fenomeno diffuso in tutta la creazione, dal re-gno minerale fino al mondo degli esseri ange-lici.

Il Sole diffonde sempre la sua luce e il suo ca-lore sulla Terra, beneficiando tutti gli esseri che hanno bisogno di questa irradiazione. Le acque, nel loro costante movimento, evaporano e costi-tuiscono nuvole che, dopo essersi caricate, sca-ricano al suolo elementi indispensabili per la vi-ta. Costatiamo la straordinaria varietà e la so-vrabbondanza di pesci che popolano i mari e i fiumi per alimentare l’uomo, o la ricchezza di frutti che la terra gli offre durante tutto l’anno.

Vediamo qui come la natura, per così dire, cerca di darsi. Se i suoi elementi fossero passi-bili di felicità, l’albero fruttifero, per esempio, avrebbe un giubilo enorme per il fatto di pro-durre frutti e offrirli all’uomo; il mare si senti-rebbe felice di consegnargli i pesci e la gioia del Sole consisterebbe nell’illuminare e riscaldare costantemente la Terra e coloro che vi abitano. Dunque, questa generosità che avviene nell’u-

niverso intero è il principio sul quale si fonda la Liturgia di oggi: dare, dare di sé, darsi del tutto!

II – Contrasto tra egoIsmo e generosItà

Per intendere bene il passo evangelico scel-to dalla Chiesa per questa domenica, dobbia-mo considerare che i Sacri Vangeli non furono scritti semplicemente come un libro comune, una storia per far bene alle anime pietose dei primi tempi del Cristianesimo. Innanzitutto, es-si furono una convocazione all’auge spirituale, a una perfezione come quella del Padre del Cie-lo. Ma non solo questo: divennero anche un ele-mento di polemica, visto che i primi divulgatori della Buona Novella, nella loro azione apostoli-ca, trovarono davanti a sé ostacoli da superare. Quando San Marco elaborò il suo Vangelo, uno di questi intoppi proveniva da uomini esperti nella Legge di Mosè e nelle Scritture dell’Anti-co Testamento.

Teniamo presente anche questo: l’Evangeli-sta visse a Roma per molto tempo, come ausilia-

Page 12: RAV115 - RAE131_201211.pdf

12      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

Di fronte a questa situa-zione, San Marco pole-mizza instan-cabilmente, in modo par-ticolare con-tro i dottori della Legge

re di San Paolo e di San Pietro, e scriveva con lo scopo di raggiungere il pubblico romano, com’è opinione comune degli esegeti. In quel tempo molti giudei risiedevano nella capitale dell’Im-pero e un buon numero di loro stava entrando a far parte delle fila cristiane. Tanto chi rima-neva nella Sinagoga quanto i neoconvertiti (pri-ma di avere una conversione piena, il che non era facile) volevano a ogni costo far prevalere i loro costumi e la Legge di Mosè tra i cristiani, anche nell’ambiente di quelli provenienti dalla gentilità. Possiamo confermarlo nella Lettera di San Paolo ai Romani, nella quale egli rimprove-ra lungamente i giudei di Roma per tale atteg-giamento.

Mentre San Luca e San Matteo non si mostra-no così contundenti di fronte a questa situazione, San Marco polemizza instancabilmente, in modo particolare contro i dottori della Legge, poiché costoro ingarbugliavano la sua azione apostoli-ca, come risulta chiaramente dai frequenti riferi-menti a loro rivolti nel suo Vangelo.1

Non risparmiando meritate critiche, San Marco dà risalto alle discussioni di Nostro Si-gnore con loro e da queste trae ricchissime le-zioni morali per i cristiani di tutti i tempi. È quanto contempliamo nel primo versetto di questo Vangelo.

Ammonire le moltitudini contro l’ipocrisia

“In quel tempo, 38 Gesù mentre inse-gnava diceva a una grande moltitudine: ‘Guardatevi dagli scribi, che amano pas-seggiare in lunghe vesti, ricevere salu-ti nelle piazze; 39 avere i primi seggi nel-le Sinagoghe e i primi posti nei ban-chetti’”.

È importante mettere in risalto il dettaglio indicato dall’evangelista: Gesù parlava a “una grande moltitudine”. Fu, pertanto, un insegna-mento destinato a tutti e dato senza tergiversa-re, ammonendo il popolo contro i dottori della Legge, per le ragioni esposte a seguire.

Secondo i costumi dell’epoca, era naturale che chiunque facesse venie speciali quando pas-sava un dottore della Legge, cui erano riservati i posti d’onore nelle cerimonie pubbliche. Come fa notare padre Tuya, la piazza pubblica, o ago-rà, era il centro commerciale e sociale della cit-tà, per questo, agli scribi e ai farisei piaceva, con i loro vistosi indumenti, passeggiare lentamente e gravemente in questo luogo, per ricevere i sa-luti del popolo. Ambivano in modo speciale il ti-tolo di Rabbi (mio Maestro). “Nelle assemblee, i posti erano assegnati non solo in ragione dell’e-tà, ma anche della dignità del personaggio, per esempio, della sua sapienza. Siccome i posti de-signati in ragione della dignità erano molto me-no numerosi di quelli destinati alle persone per motivo di età, i farisei volevano, per ostenta-zione e vanità, che nei banchetti gli fossero da-ti questi primi posti, per mettere in risalto così la loro dignità. [...] Era un’ansia smodata, infantile e quasi patologica di vanità e superbia”.2

Una lettura superficiale dei due versetti so-pra trascritti potrebbe portare a credere che non si debbano usare abiti belli, salutare con cortesia o favorire la gerarchia nelle relazioni sociali. D’altronde, gli indumenti nobili e deco-rosi si stanno abbandonando, in virtù della men-talità dei giorni nei quali stiamo entrando. Pre-domina il brutto per il brutto e l’egualitario per l’egualitario. Si sta generalizzando il gusto di ve-stirsi il più negligentemente possibile, in modo da potersi sedere per terra; entrano nella mo-da il brutto, il vecchio, lo stracciato e l’immora-le, mentre si semplificano al massimo i costumi, in un modo che nemmeno gli esseri irrazionali farebbero. Non è questo ciò che Nostro Signore voleva per i suoi seguaci.“San Marco, Evangelista” – Basilica di San Pietro

Ricard

o Cas

telo

Bra

nco

Page 13: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      13

Sotto l’apparenza di virtù si celava una mentalità da vampiro, il cui fine era strappare agli altri, in forma ingiusta e senza scrupoli, quanto fosse possibile

Il problema non sta nell’abbigliamento appa-riscente o nelle onoranze, ma nel voler richia-mare l’attenzione su di sé, vale a dire, nell’aver l’intenzione, non di lodare Dio, ma di lodare se stessi. I costumi enumerati da Nostro Signore, di per sé legittimi in alcune circostanze, erano del gusto dei dottori, più per superbia che per am-mirazione per le cose belle, per il desiderio di glorificare Dio o per l’intento di far bene al pros-simo. Il loro obiettivo era vanagloriarsi, ostenta-re superiorità, in fondo, essere “adorati”, incen-sati dagli altri. Usurpavano, infatti, il luogo cen-trale appartenente a Dio. Quell’apparato di di-gnità, quell’apparenza di onore, rispetto e sag-gezza avrebbero dovuto corrispondere alla real-tà; ossia, è la vita di tali dottori che avrebbe do-vuto renderli creditori di questi omaggi.

Invece, la realtà era molto differente e No-stro Signore la denuncerà.

L’apparenza, manto di una realtà peccaminosa40 “Divorano le case delle vedove e osten-tano di fare lunghe preghiere; essi rice-veranno una condanna più grave’”.

Nell’Antico Testamento, le vedove avevano molto poca protezione e, così, uomini privi di scrupoli cercavano di strappare loro quanto po-

tevano. Comune era il caso di vedove senza figli adulti, alle quali toccava la responsabilità di am-ministrare la fortuna della famiglia. In questa si-tuazione di abbandono, come indica Nostro Si-gnore, s’introduceva un maestro della Legge che, con la scusa di pregare, terminava per rapi-nare i loro averi.

Denunciando questo tipo di azioni, il Divi-no Maestro chiariva ai suoi ascoltatori quanto i dottori della Legge rappresentassero esterior-mente quello che di fatto non erano. Conosce-vano tutti i meandri della Legge, senza praticar-la... In realtà, si comportavano come voraci di-voratori di fortune altrui. Più ancora, essendo periti di legge, sapevano bene condurre i pro-cessi giuridici che circondavano ogni causa di successione e, con ciò, avevano maggior facilità a finire per impossessarsi del denaro.

Pertanto, sotto l’apparenza di virtù si celava una mentalità da vampiro, il cui fine era strap-pare agli altri, in forma ingiusta e senza scrupo-li, quanto fosse possibile.

Le funeste conseguenze dell’orgoglio

Questo ci serva da ammonimento contro i pericoli dell’orgoglio. Ogni vanità – quando ac-cettata con indulgenza, come accadeva a questi dottori – finisce per condurre alla disobbedien-za dei Comandamenti di Dio. Condizione es-

“Nostro Signore nella Sinagoga di Cafarnao” – Biblioteca del Monastero di San Millán de la Cogolla (Spagna)

Fran

cisc

o Le

caro

s

Page 14: RAV115 - RAE131_201211.pdf

14      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

Paragonato al fragoroso rumore delle monete lanciate dai ricchi, si riduceva a quase nulla il lieve rumore prodotto dalle due monetine della povera donna

senziale per mantenersi fedeli alla Legge è l’u-miltà; la chiave della pratica duratura di tutti i precetti divini è questa virtù.

Nel caso dei dottori della Legge, l’egoismo orgoglioso, aggravato dalla doppiezza di spirito, l’ipocrisia di rappresentare in maniera pompo-sa quello che non si è, li rende meritevoli della “peggior condanna”, secondo l’energica espres-sione dello stesso Uomo-Dio: la dannazione eterna, nell’inferno, castigo adeguato per chi, prendendo le vie dell’orgoglio, si impelaga nella disonestà e in altri peccati. Fuggiamo, dunque, da ogni vanagloria, per non finire per rompere con gli altri Comandamenti della Legge di Dio, e abbiamo la certezza di questa verità: alla radi-ce di ogni peccato grave c’è sempre l’orgoglio.

Fare il bene per ostentazione41 “Gesù, sedutosi di fronte al tesoro, os-servava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano mol-te”.

All’esempio dato sul comportamento dei le-gisti, Nostro Signore contrappone la scena che segue. Esistevano nel Tempio tredici casse per il deposito delle elemosine. “Il gazofilacio, o teso-

ro del Tempio”, ci informa padre Tuya, “era si-tuato nell’atrio delle donne. Probabilmente c’e-rano varie camere per la custodia di questi te-sori. Nella parte anteriore, secondo la Mishnah, c’erano tredici botole a forma di tromba, dall’a-pertura molto grande all’esterno, da dove si get-tavano le offerte”.3

In quella piccola società – al contrario de-gli agglomerati di persone anonime, tipica del-le grandi città moderne – tutti si conoscevano, pertanto, chi faceva l’elemosina attirava molto l’attenzione.

Ricordiamo anche che allora non esisteva la moneta, in carta ma soltanto monete coniate in metallo nobile come l’oro e l’argento o in me-talli di minor valore. Così, queste casse assecon-davano molto il desiderio di ostentazione. Chi possedeva una grande fortuna poteva con fa-cilità scaricarvi enormi quantità di monete, in maniera appariscente e rumorosa, ostentan-do di fronte ai presenti la sua presunta genero-sità. Come Nostro Signore aveva denunciato in un’altra occasione (cfr. Mt 6, 2), con frequenza l’azione di questi ipocriti era preceduta da squil-li di tromba per annunciare che l’elemosina ve-niva data. Fatto questo, un nuovo squillo indi-cava l’uscita del donatore. Costui se ne andava coperto di gloria, centro dell’ammirazione delle persone presenti, che sussurravano elogi... cal-colando, senza dubbio, qual era il montante de-positato nella cassetta.

Seduto nel Tempio “davanti alla cassa delle elemosine”, il Divino Maestro osservava in si-lenzio questa scena tanto comune per chi cono-sceva il posto.

Uno smisurato contrasto42 “Ma venuta una povera vedova vi get-tò due spiccioli, cioè un quattrino”.

È importante evidenziare il contrasto dei due atteggiamenti. Possiamo immaginare la vedova, ormai di una certa età, che trascina i piedi, pie-gata per gli acciacchi del tempo. Secondo padre Tuya, lei gettò due “spiccioli”, l’equivalente di sedici parti di un denario, cioè, un’inezia, poi-ché “il denario era considerato come il salario quotidiano di un lavoratore”.4

Paragonato al pomposo rumore delle mone-te lanciate dai ricchi, si riduceva a quasi nulla il lieve rumore prodotto dalle due monetine del-la povera donna. Senza dubbio, poca impres-

Sopra e nella pagina seguente: Particolari dell’obolo della vedova” – Basilica di Sant’Apollinare

Nuovo, Ravenna

Nic

k Th

omps

on

Page 15: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      15

Gesù concedeva alla povera donna un bene superiore a qualsiasi altro: la gloria di esser elogiata dal Verbo Incarnato

sione causò a coloro che si trovavano lì intor-no, molto preoccupati a calcolare il valore ap-prossimativo delle elemosine che erano depo-sitate. Come vedremo poi, non aveva nulla di più da dare in offerta, forse per il fatto che la sua antica fortuna era stata dilapidata da qual-che approfittatore, secondo la denuncia fatta da Gesù poco prima.

Di fronte a questa scena, Nostro Signore rompe il silenzio per trarne un salutare insegna-mento.

La vera generosità43 “Allora, chiamati a sé i discepoli, dis-se loro: “In verità vi dico: questa vedo-va ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44 Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere’”.

L’impressione prodotta da queste prime pa-role del Maestro deve esser stata grande. Come poteva la povera vedova aver dato “più di tut-ti gli altri”, se questi avevano versato una gran-de quantità di monete d’oro, mentre lei appena due monetine di valore insignificante?

Per chiarire il suo insegnamento, Gesù spie-ga: la vedova gettò nella cassetta quanto “posse-deva per vivere”, mentre i ricchi diedero quello che gli avanzava. Facendo questo paragone, Cri-sto non voleva condannare i ricchi, ma elogiare quella donna per il fatto che non aveva tenuto nulla per sé. Infatti, quando un ricco consegna l’integrità dei suoi beni, dà di più rispetto a chi fa lo stesso, ma dispone di poco. Era il caso, per esempio, di Lazzaro, Marta e Maria, membri di una facoltosa famiglia di Israele, i quali si con-segnarono interamente a Nostro Signore.

Quella vedova aveva dato tutto, mettendosi nelle mani di Dio. C’è proprio da credere che lo stesso Gesù le avesse concesso la grazia di pro-cedere così, proponendoSi di proteggerla. Sen-za che questa lo sapesse, Egli concedeva alla po-vera donna un bene superiore a qualsiasi altro: la gloria di esser elogiata dal Verbo Incarnato. In questa compiacenza di Nostro Signore ver-so di lei, entrava una predestinazione alla glo-ria eterna.

All’estremo opposto stavano i maestri del-la Legge: questi “divorano le case delle vedove, fingendo di fare lunghe orazioni”, motivo per il

quale “riceveranno la peggior condanna” (Mc 12, 40).

Dio conosce le intenzioni del cuore

In questi versetti, Nostro Signore contrappo-ne l’episodio delle elemosine alla denuncia fatta precedentemente contro i dottori della Legge. In entrambi i casi, vediamo negli atteggiamen-ti dei personaggi l’esteriorità, ma non l’intimo. Tuttavia, “lo sguardo di Dio non è come quello dell’uomo, poiché l’uomo guarda all’apparenza, mentre Dio guarda al cuore” (I Sm 16, 7). Que-sto divino sguardo ci accompagna sempre, nul-la gli sfugge. La nostra vita, i nostri atti, il nostro comportamento, sono giudicati con una preci-sione assoluta dallo sguardo di Dio, il quale pe-netra nell’intimo di tutti e analizza il fondo delle anime, sapendo perfettamente quello che suc-cede in ognuna.

Comparando la disposizione di spirito dei maestri della Legge con quella della vedova, Gesù voleva render chiara l’esistenza di due estremi: quello della generosità, in contrasto con quello dell’egoismo e dell’amore disordina-to a se stessi.

L’attaccamento, che in un ricco si distribui-sce tra le sue migliaia di monete, nel caso del

Nic

k Th

omps

on

Page 16: RAV115 - RAE131_201211.pdf

16      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

L’attaccamen to, che in un ricco si distribuisce tra le sue migliaia di monete, nel caso del povero si concentra in poche

povero si concentra in poche. Rinunciare a es-se esige non poco sacrificio, ancor più se sono soltanto due, ma quella donna le ha offerte ge-nerosamente, depositando la sua intera fiducia in Dio. È il medesimo atteggiamento assunto da un’altra vedova, della città di Sarepta nella Si-donia, contemplata nella prima lettura di que-sta domenica (I Re 17, 10-16). Quando ricevette il Profeta Elia a casa sua, lei aveva soltanto un pugno di farina e un po’ di olio per fare un ulti-mo pane per sé e suo figlio. Tuttavia, sollecitata dall’uomo di Dio, fu d’accordo di dargli quest’u-nico alimento. Per aver agito così, l’olio e la fa-rina si moltiplicarono indefinitamente nella sua dispensa, finché tornò a cadere la pioggia sulla terra. Così è la ricompensa di Dio per chiunque darà con piacere e generosità.

I due poli

Anche noi dobbiamo esser generosi con Dio, quanto Egli è generoso con noi. Dobbiamo con-segnarGli tutto! Tuttavia, questo non può es-ser interpretato come un obbligo di disfarci di quanto ci appartiene e metterci a vivere di ele-mosine. Poche persone ricevono questa sublime vocazione. Si tratta di comprendere che tutti i nostri beni – e anche noi stessi – sono proprie-tà di Dio.

La Liturgia di oggi ci presenta un’opzione tra due poli: quello della generosità totale o quel-lo dell’egoismo totale. O scegliamo uno e odia-mo l’altro, o viceversa. O siamo interamente di Dio, o siamo interamente di noi stessi. Nelle vie di mezzo non rimane nessuno.

Se abbiamo una vocazione di vita consacra-ta, dobbiamo essere in ogni momento disposti a dar tutto, non soltanto a causa di un impegno assunto in una cerimonia, ma per la convinzione che la nostra vita è nelle mani di Dio.

Tuttavia, come applicare questo principio al-la vita di chi è chiamato a costituire una fami-glia e ha, pertanto, il dovere di stato di provve-dere nella miglior maniera possibile ai suoi? La risposta è semplice. Questo “dar tutto” non si-gnifica disfarsi letteralmente dei propri beni, ma avere in relazione ad essi un’atteggiamento di un tale distacco che non costituiscano delle catene che impediscano l’elevazione dell’anima fino alle cose celesti. Se non è così, si finisce per cadere nella deviazione dei dottori della Legge, denunciata da Nostro Signore in questo passo del Vangelo di San Marco.

III – neLLa generosItà, La perfetta gIoIa

L’esempio supremo del dare, dare di sé e dar-si del tutto, lo troviamo nella seconda lettura di questa domenica, tratta dalla Lettera di San Paolo agli Ebrei (Eb 9, 24-28). Il Padre aveva un Figlio unigenito, generato da tutta l’eternità, e non creato. Il Suo amore per il Figlio e del Fi-glio per Lui è così intenso che da Loro procede una Terza Persona, che è lo Spirito Santo.

Nonostante quest’amore sviscerato, il Padre ha deciso di consegnare suo Figlio per riscatta-re la natura umana, traviata dal peccato. E il Fi-glio, che avrebbe dovuto incarnarSi nella gloria, dato che la sua anima è nella visione beatifica, ha sospeso questa legge per assumere una natu-ra mortale.5 Egli voleva dare, dare di Sé e darSi del tutto e, per amor nostro, ha assunto un cor-po sofferente, soggetto a tutte le difficoltà della vita su questa Terra. “Una volta sola, Egli è ap-parso per annullare il peccato mediante il sacri-ficio di se stesso” (Eb 9, 24-26).

Ecco l’esempio divino, che invita ognuno di noi, secondo i nostri doveri e le nostre possibi-lità, a dare non solo di quello che ci avanza, ma dare tutto. È Dio che ci ha creato e redento, per questo a Lui apparteniamo. Tutto è Suo e deve tornare a Lui.

Così come il Sole, l’acqua o gli alberi, se fos-sero passibili di felicità, sarebbero completa-mente felici col dono generoso di sé, anche noi troveremo la nostra perfetta gioia nel dare, dare di noi e darci del tutto.

Rimedio per le nostre miserie e rifugio contro le tentazioni

Quando uno dà di sé, il suo egoismo finisce per esser soffocato a beneficio del servizio de-gli altri. Servire – sia dando un buon esempio, un buon consiglio, o prestando un qualche aiuto – ripara le nostre colpe e allo stesso tempo ci al-lontana dal peccato. Così, un modo di acquista-re forze per affrontare le tentazioni è fare dono di noi stessi.

Al contrario, chi si chiude nel suo egoismo, è impreparato per il momento sempre presen-te della tentazione, poiché ci basta esistere per essere un focolaio di sollecitazioni per il pec-cato, come dice San Pietro: “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leo-ne ruggente va in giro, cercando chi divorare” (I Pt 5, 8).

Page 17: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      17

Nulla porta più felicità a un’anima che restituire a Dio quello che Gli appartiene

Cerchiamo la felicità dove essa si trova

Nulla porta più felicità a un’anima che resti-tuire a Dio quello che Gli appartiene. La giusti-zia consiste nel “dare a ognuno il suo diritto”.6 Ora, se vengono da Dio tutte le cose che sono state create e sono a disposizione dell’uomo, questi è debitore di tutto quanto ha ricevuto da Lui. Il prestito fa parte degli accordi tra gli uo-mini. Chi presta resta in attesa della devoluzio-ne del bene imprestato e chi l’ha preso in pre-stito ha l’obbligo di restituirlo al proprietario. Ora, se così è nei rapporti umani, non possia-mo dimenticarci: tutto quello che abbiamo non è che un prestito di Dio! Dalla nostra vita, fino alle nostre capacità e qualità, passando per tut-ti i nostri beni.

Così saremo liberi, poiché è realmente libero solo chi è giusto, e mette nelle mani di Dio tutto quello che da Lui ha ricevuto.

Darebbe segni di follia chi, avendo perduto qualcosa all’interno di un teatro, andasse a cer-carla al di fuori, adducendo che la via è più illu-minata. E che cosa fa il mondo odierno? Essendo affondato nell’egoismo, corre dietro alla felicità, dove essa non si trova. Proclamando che la liber-tà consiste nel consegnarsi alla furia delle passio-ni e delle cattive inclinazioni, va alla ricerca della felicità nel vizio, nel peccato e in tante follie, do-ve trova, non la felicità, ma la frustrazione, la de-pressione e, a volte, le malattie. In questo modo, l’egoismo, fustigato da Nostro Signore nel Van-gelo di oggi, già è castigato qui sulla Terra, essen-do ancora meritevole della pena eterna.

La vera gioia consiste nella generosità vir-tuosa, poiché è in essa che l’uomo compie inte-ramente la sua finalità di “conoscere, servire e amare Dio” in questo mondo, in modo da “es-ser elevato alla vita con Dio nel Cielo”.7 ²

1 Cfr. LAGRANGE, OP, Marie-Jo-seph. Évangile selon Saint Marc. 5.ed. Paris: J. Gabalda et Fils, 1929, p.328.

2 TUYA, OP, Manuel de. Biblia co-mentada. Evangelios. Madrid: BAC, 1964, tomo V, p.499-500.

3 Idem, p.710.4 Idem, p.710-711.5 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUI-

NO. Somma Teologica. III, q.14, a.1, ad 2.

6 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUI-NO. Somma Teologica. II-II, q.58, a.1.

7 Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n.67.

“Cristo Pantocratore”– Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna

Ric

ardo

Cas

telo

Bra

nco

Page 18: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Q

18      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

Sono stati Adamo ed Eva ingannati dal serpente?

Essendo i nostri progenitori stati creati in un elevatissimo stato di grazia, santità e perfezione, com’è possibile che essi abbiano peccato?

uanto più si approfon-disce negli insegnamen-ti della Santa Chiesa sul Peccato Originale, più re-

sta chiara la gravità della disubbidien-za dei nostri primi padri. Questa con-siste in una trasgressione sconcertan-te, quasi si potrebbe che incomprensi-bile. A proposito delle mancanze de-gli uomini in questa valle di lacrime il salmista dice: “Delicta, quis intelli-git?” (Sl 19, 13). A colui che è tenta-to gli ausili divini non mancano mai e vengono prodigamente elargiti. Cosa si potrebbe dire, dunque, dell’offesa a Dio commessa da Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre, una volta che sono stati creati in un elevatissimo stato di grazia e santità? Com’è stato possibile che loro peccassero? Quale è stata la causa e radice più profonda della loro violazione del precetto divino?

Questa è, del resto, una reazione molto comune in chi ascolta questo racconto della Genesi, cosciente di quanto la nostra esistenza sia dura, caratterizzata da problemi, sforzi, sofferenze e dispiaceri di ogni sor-ta. Tuttavia, l’indignazione del Dott. Plinio aveva una ragione più pro-

Don Rodrigo Alonso Solera Lacayo, EP

fonda: tenendo in considerazione la bontà infinita che Dio aveva dimo-strato verso Adamo ed Eva, come hanno potuto disobbedirGli?

È quello che considereremo in quest’articolo che, sulla base di due luminari del pensiero cristiano, San Tommaso e Sant’Agostino, esami-na la questione dell’inganno del ser-pente verso i nostri progenitori.

“Dio ha creato l’uomo retto” (Qo 7, 29)

Come specchi senza macchia, Adamo ed Eva irradiavano nella loro perfetta innocenza l’immagine del lo-ro Creatore. Per un dono sopranna-turale della grazia, la loro ragione era sottomessa a Dio, la volontà alla ra-gione e il corpo all’anima. Di conse-guenza, godevano di una vita integra, immortale e impassibile: “Non c’era, per l’uomo, possibilità di morte, né di malattia. A causa della soggezione delle forze inferiori alla ragione, re-gnava in lui una completa tranquilli-tà di spirito, perché la ragione uma-na non era turbata da nessuna pas-sione disordinata. Giacché la sua vo-lontà era sottomessa a Dio, egli diri-

geva tutto a Dio, come al suo fine ul-timo, e in questo consistevano la sua giustizia e la sua innocenza”.1 Se i no-stri progenitori fossero stati fedeli, questo stato di giustizia sarebbe stato comunicato a tutti i loro discendenti.

Nella sua infinita bontà, Dio ave-va destinato l’uomo a un fine sopran-naturale, alla felicità perfetta: con-templare l’essenza divina nella glo-ria dell’eternità. Tuttavia, questa be-atitudine non si doveva ottenere sol-tanto come un dono gratuito, ma co-me un premio meritato e conquista-to – sempre con l’ausilio della gra-zia – con la fedeltà e le buone ope-re. Qual è stata, dunque, la prova cui Adamo ed Eva sono stati sottoposti da Dio per essere degni di quella fe-licità che gli occhi non hanno visto, le orecchie non hanno udito, né il cuo-re umano ha immaginato (cfr. I Cor 2, 9)? Avrebbe dovuto, certamente, essere qualcosa di difficilissimo...

In realtà, Dio impose loro un pre-cetto facile da compiersi: “Non devi mangiare dell’albero della conoscen-za del bene e del male, perché, quan-do tu ne mangiassi, certamente mo-riresti” (Gn 2, 17). Questo frutto non

Page 19: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      19

era cattivo in se stesso. La finalità del-la proibizione era abituare l’uomo al-la salutare sottomissione al suo Crea-tore. Si trattava, pertanto, di una sem-plice prova di obbedienza. E in quel-lo stato di giustizia, nel quale il corpo si trovava sottomesso alla ragione e l’a-nima a Dio, Adamo ed Eva non aveva-no debolezza alcuna. In loro non c’era-no cattive inclinazioni o appetiti disor-dinati che potessero indurli a rompe-re il loro proposito di obbedire a Dio.

Allora, come hanno potuto i no-stri progenitori disobbedire a Dio, date la rettitudine e l’integrità del loro stato originale?

“Il serpente mi ha ingannato” (Gn 3, 13)

A prima vista, ci può essere so-lo una risposta: essi sono caduti nel-la trappola del tentatore, sono stati ingannati da lui. La narrazione del-la Genesi sembrerebbe conferma-re questa ipotesi. Infatti, il serpen-te disse a Eva che, se lei e suo mari-to avessero mangiato del frutto proi-bito, i loro occhi si sarebbero aper-ti e sarebbero stati come dèi, cono-scitori del bene e del male. In segui-

to, è scritto: “Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gra-dito agli occhi e desiderabile per ac-quistare saggezza; prese del suo frut-to e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò” (Gn 3, 6). E più avanti, quando Dio interrogò Eva sulla cau-sa della sua disobbedienza, ella rispo-se: “Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato” (Gn 3, 13).

Ecco, il dilemma sembrerebbe ri-solto! Tutto indicherebbe che Eva abbia creduto alle parole del demo-nio, poiché ha ritenuto che la sua in-telligenza si sarebbe aperta e sareb-be stata uguale a Dio. D’altra parte, sebbene non ci sia nessun dettaglio su come ella abbia presentato quel frutto ad Adamo, il fatto che que-sti lo “abbia mangiato ugualmente” forse dimostra che lo ha accettato per lo stesso motivo, pertanto, è sta-to pure lui ingannato. Poveretti, si direbbe, non hanno avuto colpa!

Invece, la questione è più com-plessa. Ed ecco qui la profonda ma-lizia e gravità del primo peccato: nes-suna persona, nello stato d’innocen-za originale, poteva esser ingannata.

Era possibile che le mancasse qual-che perfezione o conoscenza, senza che questo venisse a essere un male per lei. Giudicare non correttamen-te qualcosa, al contrario, avrebbe co-stituito un difetto incompatibile con quello stato così elevato di perfezio-ne. Fin tanto gli uomini permaneva-no nell’innocenza, avrebbero potuto ignorare una verità, ma era impossi-bile che s’ingannassero accettando come vero qualcosa di falso.2

Anche se non abbiamo considera-to il motivo più profondo per il qua-le i nostri progenitori hanno trasgre-dito il precetto divino, sarebbe chia-rito il problema centrale di quest’ar-ticolo: non è possibile che essi siano stati ingannati dal serpente. Tuttavia, un’affermazione dell’Apostolo, nella sua prima lettera a Timoteo, sembra contraddire in parte quello che ab-biamo appena visto: “Non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione” (I Tim 2, 14).

Ancora una volta, vediamo che la questione è più complessa di quanto si potrebbe pensare a prima vista. Come avrebbe potuto Eva esser ingannata

A prima vista, può esserci solo una risposta: i nostri pro-genitori sono caduti nella trappola del tentatore, sono stati ingannati da lui

Esemplare della specie Pseustes poecilonotus – Isola di Colòn (Panama)

Geo

ff G

allic

e

Page 20: RAV115 - RAE131_201211.pdf

20      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

“La seduzione della donna, sebbene preceda il peccato d’azione, era tut-tavia conseguen-te a un peccato di orgoglio interiore”

se questo era impossibile nello sta-to di giustizia originale? E come si spiega che Adamo abbia seguito la sua sposa nel peccato?

Caro lettore, per favore, non abbandoni la lettura... tutto risul-terà chiaro fra un attimo, glielo garantisco.

“Prima della rovina viene l’orgoglio e prima della caduta lo spirito altero” (Pr 16, 18)

Come ci spiega San Tommaso, un primo desiderio disordinato in Adamo ed Eva è stata la radice più profonda del peccato originale. Tuttavia, questo movimento inte-riore non poteva essere l’appetibi-lità di un bene materiale, come un intemperante desiderio di mangia-re il frutto proibito; non essendo-ci in loro nessuna debolezza o per-turbazione corporale, nessuna in-clinazione della sensibilità avrebbe potuto allontanarli da Dio. Soltan-to il desiderio disordinato di un bene spirituale, come una maggior dignità o sapienza, avrebbe potuto spezzare il loro vincolo con il Creatore. E que-sto, indica il Dottor Angelico, è pro-prio del vizio della superbia.3

Come il furto di una grande fortu-na rivela il crimine concepito e pianifi-cato nella mente del ladro, la trasgres-sione del precetto divino manifesta la superbia con cui Adamo ed Eva hanno prevaricato prima, nel profondo delle loro anime. Non hanno cercato in for-ma immediata di offendere Dio o di ri-bellarsi contro di Lui, ma a causa del-la ricerca disordinata della propria ec-cellenza ed elevazione, deviarono dal-la loro rettitudine originale e incorsero nella disobbedienza aperta.4

Da questi principi si deduce con facilità la ragione per la quale Eva è stata ingannata dal demonio. Aven-do perduto lo stato d’innocenza, per il peccato interiore di superbia, le te-nebre dell’errore potevano invade-re, offuscare e oscurare il suo inten-dimento. San Tommaso lo dimostra

così: “La seduzione della donna, seb-bene precedesse il peccato di azione, tuttavia era susseguente a un peccato di orgoglio interiore. Infatti, osserva Agostino:‘La donna non avrebbe cre-duto alle parole del serpente, se non avesse avuto già nello spirito l’amore per il proprio potere e una presunzio-ne orgogliosa di se stessa’”.5

Questa spiegazione brilla per la sua chiarezza. Tuttavia, si potrebbe anco-

ra porre la seguente questione: se il peccato interiore di Eva ha pre-ceduto la trasgressione del precetto divino, avrebbe lei prevaricato mol-to prima di esser tentata dal serpen-te? Per quale motivo, allora, non è stata castigata ed espulsa prima dal Paradiso? La risposta è semplice: il peccato interiore di Eva si è verifi-cato dopo la tentazione del demo-nio, e una volta perduta l’integrità originale, ha creduto alle parole del serpente e ha commesso il peccato esteriore di disobbedienza.6

Nel caso di Adamo, due sono state le cause che hanno deviato la sua volontà dallo stato di retti-tudine e innocenza. La principa-le poteva essere soltanto il deside-rio disordinato di un bene spiritua-le, un peccato di superbia, tale co-me nel caso di Eva. Ma, al contra-rio di questa, come afferma l’Apo-stolo (I Tim 2, 14), Adamo si è la-sciato solo attrarre – e non illude-

re – dalle parole del serpente. Perché non si può dire che egli è stato ingan-nato, se il suo peccato è stato identico a quello commesso dalla sua sposa?

“La verità sta nelle sfumature”, di-cono i francesi. Genericamente, i no-stri progenitori hanno commesso lo stesso peccato di superbia. La dif-ferenza specifica tra la trasgressio-ne di ognuno dei due e il motivo per cui solo Eva è stata ingannata è pre-cisamente in un dettaglio: “[La don-na] ha considerato come vero quello che il serpente le ha detto, cioè, che Dio aveva proibito di mangiare il frut-to affinché non arrivassero a esse-re simili a Lui; così, volendo diventa-re simile a Dio, mangiando del frut-to proibito, il suo orgoglio è stato tal-mente grande che ha voluto ottenere una cosa contraria alla volontà di Dio. L’uomo, al contrario, non ha creduto che questa fosse la verità, per questo, non ha voluto ottenere la somiglian-za divina contro la volontà di Dio, ma ha peccato per superbia, pensando di conquistarla per se stesso”.8

“San Tommaso d’Aquino, protettore dell’Università di Cuzco” – Museo d’Arte di

Lima (Perù)

Page 21: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      21

La seconda causa della preva-ricazione di Adamo è una conse-guenza della precedente. Dopo aver perduto la giustizia origina-le e rotto il vincolo della sua ani-ma con Dio, ha voluto ancora mo-strarsi compiacente con Eva, co-me indica il Santo Vescovo di Ip-pona: “L’Apostolo non ha detto invano:‘Non è stato Adamo che si è lasciato illudere, ma la donna’ (I Tim 2, 14). Perché la donna ha accettato come vere le parole del serpente e l’uomo non ha volu-to separarsi da lei nella complicità del peccato. Ora, egli non è meno colpevole, poiché ha peccato con conoscenza e discernimento. San Paolo non ha detto:‘Non ha pecca-to’, ma: ‘Non è stato ingannato’”.9

La radice più profonda del Pec-cato Originale, pertanto, è stata la superbia: “Il principio di ogni pec-cato è l’orgoglio; chi in esso si com-piace sarà coperto di maledizioni, e finirà per essere da esse travolto” (Qo 10, 15). Alla trasgressione del precetto divino, infatti, fa seguito la situazione difficile nella quale ci troviamo, poi-ché, distrutta la sottomissione dell’a-nima a Dio, è sparita la soggezione della volontà alla ragione e del corpo all’anima. Del resto, si comprende be-ne come i reati e i problemi dei nostri giorni, ne siano una conseguenza.

Come conclude Sant’Agostino, i nostri progenitori hanno bramato la divinità e hanno perduto la felicità: “Rapere voluerunt divinitatem, perdi-derunt felicitatem”.10

“Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo” (Is 14, 14)

La comparazione tra il peccato degli angeli e la disobbedienza dei nostri progenitori, come vedremo, ci aiuterà a completare la dottrina vista fino a qui. Alla radice delle due tra-sgressioni c’è stato, dunque, un mo-vimento di superbia, una disordina-ta appetenza di esser come Dio. Tut-

tavia, fin dove è arrivato negli uni e negli altri questo desiderio di somi-glianza? Che sia ammissibile suppor-re che il demonio abbia voluto ele-varsi fino al Creatore, usurparGli in qualche modo la natura divina e im-possessarsi del suo trono? Adamo ed Eva hanno letteralmente aspirato all’uguaglianza con l’Altissimo?

Il Dottor Angelico distingue due forme di somiglianza. La prima consi-

ste nell’uguaglianza assoluta, nell’i-dentità di natura. Ma non è stata questa la somiglianza con Dio aspi-rata dai demoni e dai nostri proge-nitori. Siccome essi non avevano ancora peccato e aperto le cateratte del loro intendimento alle tenebre dell’errore, sapevano molto bene che questo era impossibile. La se-conda è quella d’imitazione, la qua-le è raggiungibile e legittimamente desiderabile dalle creature, poiché tutte partecipano in diversi gradi al-la bontà divina, purché sia cercata in accordo con l’ordine stabilito da Dio: non come un diritto o una vir-tù da esser acquisita esclusivamen-te con il loro stesso sforzo, ma co-me più un dono divino.11

Dunque, la rivolta del demonio fu motivata dal desiderio di posse-dere in virtù della sua stessa natura quello che Dio gli avrebbe conces-so con la grazia se fosse stato fede-le: la gloria eterna nel Cielo, la be-

atitudine soprannaturale della visione beatifica. Ossia, egli ha voluto costi-tuirsi come il fine ultimo di se stesso, rompendo ogni sottomissione al suo Creatore: “[il diabolo] Desiderò in-vece di essere simile a Dio in quanto desiderò come fine ultimo quella be-atitudine a cui poteva giungere con le proprie forze naturali, distogliendo il suo desiderio dalla beatitudine so-prannaturale che si ottiene mediante la grazia di Dio. Oppure, se desiderò come suo ultimo fine la somiglianza che proviene dalla grazia, la volle otte-nere con le forze della propria natura e non mediante l‘aiuto di Dio, confor-memente alla disposizione divina”.12

In modo analogo, anche Adamo ed Eva hanno cercato i beni che soltan-to la grazia e i doni divini avrebbe po-tuto loro concedere: “Il primo uomo ha peccato, principalmente, per aver desiderato assomigliare a Dio nella scienza del bene e del male come gli ha proposto il serpente, ossia, deter-minare da solo, con la propria natu-ra, ciò che fosse bene e male nell’agi-

“Sant’Agostino” - Basilica di Notre Dame, Montreal (Canada)

“Ora, egli non è meno colpevole, poiché ha peccato con consapevolezza e discernimento”. San Paolo non ha detto: ‘Non ha pec-cato’, ma: ‘Non è stato ingannato’

Fran

çois

Bou

lay

Page 22: RAV115 - RAE131_201211.pdf

22      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

re, o ancora conoscere, da solo, quello che avrebbe dovuto esser buono e cat-tivo. Ma ha peccato anche desideran-do di assomigliare a Dio nel suo stes-so potere di agire, di modo che, in vir-tù della propria natura, potesse otte-nere la beatitudine. [...] Tanto l’uomo come il diavolo desideravano equipa-rarsi a Dio, confidando nelle proprie forze e disprezzando l’ordine del pre-cetto divino”.13

Gli angeli cattivi e i nostri pro-genitori, pertanto, non hanno avuto l’assurda pretesa di raggiungere un piano di uguaglianza con la natura divina; nemmeno Eva è stata illusa a questo punto dal serpente. Tuttavia, scontenti della loro condizione di esseri contingenti, hanno voluto co-stituirsi in esseri assoluti di se stes-si, autosufficienti e liberi da qual-siasi soggezione a Dio. Si tratta di una contraddizione, è vero, poiché in fondo hanno cercato una sorta di onnipotenza, coscienti che era loro impossibile l’uguaglianza con il Cre-atore; e anche così c’è in ogni pecca-to – sia detto di passaggio – una con-traddizione tra la verità e il ragiona-mento che facciamo per giustificare la nostra cattiva condotta.

Si può ben affermare che il pecca-to dei nostri progenitori è stato dia-bolico, poiché, nella sua essenza, è stato identico a quello degli angeli cattivi. E si può dire lo stesso del vi-zio di orgoglio per il quale siamo por-tati a amare più noi stessi che Dio.

“Rivestitevi dell’armatura di Dio!” (Ef 6, 11)

E’ comprensibile il fatto di sen-tire una certa costernazione quan-do consideriamo le diverse lotte del-la vita che dobbiamo affrontare, co-me conseguenza del peccato dei no-stri progenitori. Realmente, noi sia-mo predisposti, in generale, deside-rare un’esistenza senza tentazioni, sofferenze o difficoltà.

Tuttavia, se Dio, nella sua infinita sapienza, ha permesso il male e il pec-cato nella Creazione, è perché sape-va che questo era il piano più perfetto per la Storia. Così spiega Mons. João Scognamiglio Clá Dias: “Alcune cor-renti teologiche studiano come sareb-be la Storia umana se non fosse esisti-to il Peccato Originale, se gli angeli non avessero peccato e, pertanto, non fosse stato creato l’inferno. È uno studio in-teressante, senza dubbio, affinché i te-

“Per restaurare l’ordine rotto, era indispensabile che la Seconda Persona della Santissima Trinità S’incarnasse, soffrisse tutti i tormenti della Passione, morisse in Croce e resuscitas-se il terzo giorno”

“Cristo con la Croce sulle spalle”, di Biagio d’Antonio – Museo del Louvre, Parigi

Ser

gio

Hol

lman

n

ologi amplino le loro conoscenze, ma la realtà è questa: Dio ha creato questo mondo sapendo che nel Cielo alcuni angeli si sarebbero ribellati e sarebbero stati gettati nell’inferno; sapeva ugual-mente che Adamo ed Eva avrebbero peccato e, di conseguenza, sarebbero stati espulsi dal Paradiso Terrestre, cre-ato per loro e i loro discendenti; stan-do così le cose, aveva perfetta nozio-ne che, per restaurare l’ordine spezza-to dai peccati degli angeli e degli uomi-ni, era indispensabile che la Seconda Persona della Santissima Trinità S’in-carnasse, soffrisse tutti i tormenti del-la Passione, morisse in Croce e resusci-tasse il terzo giorno. Pertanto, questo è il più elevato piano per la Creazione. Impossibile che ce ne sia un altro più perfetto, per il semplice fatto che Dio l’ha voluto e non avrebbe Egli potuto, in nessun modo, creare un mondo che non fosse, nel suo insieme, il più per-fetto. E fa parte di questo piano la lotta tra il bene e il male”.14

Non immaginiamo, pertanto, che l’ideale per noi sarebbe di vivere in un “paradiso” simile a una specie di par-co di divertimenti, un luogo di vacan-za perpetua, dove non ci siano mai serpenti, frutti proibiti e lotte. La pro-

Page 23: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      23

Nella grande e deci-siva battaglia per la salvezza della nostra anima, pre-ghiamo, frequentia-mo i Sacramenti e ricorriamo con filia-le devozione, alla potente intercessione di Maria Santissima

“Madonna dell’Apocalisse” – Casa Rosa Mystica degli Araldi del Vangelo, Mairiporã (Brasile)

va di Adamo ed Eva è stata l’oc-casione permessa da Dio affin-ché essi dimostrassero il loro amore e la loro gratitudine per i privilegi ricevuti, e diventassero, in tal modo, meritevoli del pre-mio eterno. Essi sarebbero dovu-ti esser preparati a vincere questa lotta, fermamente decisi a scon-figgere il nemico infernale. Se i nostri progenitori, invece di dar sfogo ai movimenti di superbia nel fondo delle loro anime, aves-sero agito in questo modo, non sarebbero mai incorsi nell’aper-ta disobbedienza a Dio, il serpen-te maledetto non sarebbe mai ri-uscito a ingannare Eva e lo sfac-ciato desiderio di eccellenza non avrebbe traviato Adamo dalla sua innocenza originale.

Non dobbiamo mai lamen-tarci davanti alla lotta! La no-stra vita, infatti, è una costante lotta contro il demonio, il mondo e la car-ne: “Militia est vita hominis super ter-ram” (Gb 7, 1). Al contrario dei no-stri progenitori, che non hanno chie-sto l’aiuto divino quando sono sta-ti tentati15, non lasciamoci traspor-tare dall’orgoglio di confidare nel-le nostre povere forze naturali. Nel-la grande e decisiva battaglia per la salvezza della nostra anima, pre-ghiamo e frequentiamo i Sacramen-ti. Con filiale devozione, ricorriamo

alla potente intercessione di Maria Santissima, la quale, come un terri-bile esercito in ordine di battaglia, schiaccia la testa del serpente infer-nale (cfr. Ct 6, 4; Gn 3, 15).

E, infine, mettiamo mano a tut-te le armi spirituali messe da Dio a nostra disposizione per raggiunge-re la piena santificazione: “Rivestite-vi dell’armatura di Dio, per poter re-sistere alle insidie del diavolo. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della

1 SAN TOMMASO D’AQUI-NO. Compendium theolo-giæ. L.I, c.186.

2 Cfr. SAN TOMMASO D’A-QUINO. Somma Teologica. I, q.94, a.4.

3 Cfr. Idem. II-II, q.163, a.1.4 Così lo espone SANT’AGO-

STINO, l’Aquila di Ippo-na: “Non si deve immagina-re che il tentatore sarebbe riuscito a vincere l’uomo se nello spirito di questo non fosse sorto prima un senti-mento di orgoglio, il quale

egli doveva reprimere” (De Genesi ad litteram. L.XI, c.5: ML 34, 432).

5 SAN TOMMASO D’AQUI-NO. Somma Teologica. I, q.94, a.4, ad 1.

6 Cfr. SAN TOMMASO D’A-QUINO. Somma Teologica. I, II-II, q.163, a.1, ad 4.

7 Spiega il Dottor Angelico: L’uomo “non è stato sedot-to come la donna, cioè, non ha creduto alle parole del diavolo che parlava con-tro Dio. Infatti, non poteva

venirgli in mente che Dio, con una bugia, lo avesse mi-nacciato e gli avesse proi-bito, senza motivo, di fa-re qualcosa di utile. Tutta-via, attratto dalla promes-sa del diavolo, ha desidera-to in modo indebito la pro-pria elevazione e la scien-za” (Compendium theolo-giæ. L.I, c.191).

8 SAN TOMMASO D’AQUI-NO. Somma Teologica. II-II, q.163, a.4.

9 SANT’AGOSTINO. De civi-tate Dei. L.XIV, c.11, n.2.

10 SANT’AGOSTINHO. Enar-ratio in Psalmum LXVIII, n.9: ML 36, 848.

11 Cfr. SAN TOMMASO D’A-QUINO. Somma Teologica. I, q.63, a.3.

12 Idem, ibidem.13 Idem, II-II, q.163, a.2.14 CLÁ DIAS, EP, João Scogna-

miglio. Omelia del sabato della V settimana di Pasqua. Mairiporã, 12 maggio 2007.

15 Cfr. SAN TOMMASO D’A-QUINO. Somma Teologica. I, q.94, a.4, ad 5.

Tito

Ala

rcón

giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potre-te spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Pregate inoltre in-cessantemente con ogni sorta di pre-ghiere e di suppliche nello Spirito, vi-gilando a questo scopo con ogni per-severanza e pregando per tutti i san-ti” (Ef 6, 11.14-16.18). ²

Page 24: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Che cos’è la Nuova Evangelizzazione?

L

24      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

“La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” è il titolo della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, convocata dal Santo Padre nell’apertura dell’anno della Fede. In cosa consiste?

’espressione “Nuova Evan-gelizzazione” è stata usa-ta, per la prima volta, da Papa Giovanni Paolo II.

Designa una caratteristica peculia-re del suo pontificato. Si tratta più di un’intuizione che di un progetto. È proprio vero che egli ha parlato anche di metodi e di nuovo ardore, ma non ha spiegato in cosa consista-no questi metodi.

L’espressione è stata usata an-che per designare una “seconda evangelizzazione”, principalmente a proposito dei Paesi di antica cri-stianità che hanno sofferto l’impat-to della cosmo-visione della mo-dernità.

Nemmeno il testo dei Lineamen-ta, destinato a promuovere una pri-ma riflessione sul tema del Sinodo riesce a esporre chiaramente il con-cetto della Nuova Evangelizzazione, dei suoi metodi e obiettivi.

In quest’articolo, svilupperò il tema, secondo le seguenti tappe: cosa vuol dire evangelizzare, qual è il significato

dell’espressione “Nuova Evangelizza-zione”, il suo contesto e contenuto.

Cosa vuol dire evangelizzare

Paolo VI, nell’Esortazione Aposto-lica post sinodale Evangelii nuntiandi, afferma che evangelizzare è annuncia-re Gesù Cristo: la sua vita, la sua Pa-rola, il suo Regno, la sua Morte e Re-surrezione.1 Possiamo dire che essa comprende anche il Dono dello Spiri-to Santo, poiché “non è stato se non dopo la venuta dello Spirito Santo, nel

giorno di Pentecoste, che gli Aposto-li sono partiti per ogni parte del mon-do per cominciare la grande opera di evangelizzazione della Chiesa”.2

Benedetto XVI, nell’Esortazione Apostolica post sinodale Verbum Do-mini, afferma che esiste un unico Ver-bum che si manifesta in una sinfonia di voci che va dalla creazione, pas-sando per la Sacra Scrittura, fino al silenzio della Croce. Conclude, affer-mando che la persona di Gesù Cristo è la Buona Novella che annunciamo.3

Ma Cristo, Verbo incarnato, non è solo oggetto dell’evangelizzazione. Egli è anche il soggetto dell’evangeliz-zazione. Quest’affermazione ha il suo fondamento nella dottrina di Sant’A-gostino. Commentando l’espressione di Giovanni Battista, “Io sono voce di uno che grida nel deserto” (Gv 1, 23), Agostino afferma che Giovanni Bat-tista è la voce della Parola. Voci del-la Parola sono stati i patriarchi, i pro-feti e gli apostoli.4 E conclude: “E’ ne-cessario che tutte le voci diminuiscano per fare progressi nella conoscenza di

Mons. Benedetto Beni dos SantosVescovo di Lorena - Brasile

Héc

tor

Mat

tos

La Nuova Evangelizzazione non è un processo all’evangelizzazione precedente, come se questa non fosse stata valida

Page 25: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      25

Tutti coloro che evangelizzano sono voci di un’unica Parola, di un unico Verbo

Sessione di apertura della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 8/10/2012.

Cristo”.5 Perché tutti quelli che evan-gelizzano sono voci di un’unica Paro-la, di un unico Verbo.

Come la Chiesa è il Corpo di Cri-sto, l’evangelizzazione comprende anche i compiti ecclesiali: i Sacra-menti, le pastorali, la testimonianza cristiana, la vita consacrata. Nell’E-sortazione Apostolica post sinoda-le Vita consecrata, Giovanni Paolo II afferma che la vita consacrata è una vita in missione.6

Possiamo affermare che anche la promozione della dignità uma-na e della giustizia, realizzata come imperativo della fede e dell’amore per il prossimo, è una componente dell’evangelizzazione.

Alcuni considerano come evan-gelizzazione il dialogo della Chie-sa con le religioni. Tuttavia, Giovan-ni Paolo II, nell’enciclica Redempto-ris Missio, afferma che il dialogo con le religioni non sostituisce l’annun-cio esplicito di Gesù Cristo. Al con-trario, esso tende a quest’annuncio. Inoltre, il dialogo con le religioni de-ve esser condotto con la coscienza che la Chiesa è il cammino ordinario per la salvezza e che solo Essa pos-siede tutti i mezzi salvifici.7

Nuova Evangelizzazione

Il termine Nuova Evangelizzazio-ne è stato usato da Giovanni Paolo II in riferimento alla prima evange-lizzazione dell’America Latina, nel senso di continuarla, completarla e rinnovarla in accordo con le nuove condizioni, necessità e esigenze dei nostri popoli. In seguito, il concet-to è stato trasferito al caso dei Pae-si de-cristianizzati dell’Europa, avvi-luppati dalla cultura della moderni-tà. Infine, l’espressione si è univer-salizzata di modo che attualmen-te designa, soprattutto, l’evangeliz-zazione della cultura. La cultura è, dunque, il centro, il mezzo e l’obiet-tivo della Nuova Evangelizzazione.

Nelle ultime quattro decadi, si è sviluppata nella Chiesa un’ampia

e profonda riflessione sul significa-to della cultura e della sua relazione con il messaggio cristiano e la missio-ne della Chiesa. Questa riflessione è stata motivata, durante il Concilio Va-ticano II, dalla presa di coscienza dei problemi dell’evangelizzazione nei paesi di missione ad gentes. La preoc-cupazione era come adattare il mes-saggio cristiano alle culture locali. Un altro fattore è stato la crisi provocata nei Paesi di antica cristianità di fron-te alla cosmo-visione della modernità.

La cultura comprende lo sviluppo e il perfezionamento delle facoltà del-lo spirito e del corpo; la conoscenza e il lavoro con i quali si cerca di sotto-mettere la Terra; l’umanizzazione del-la vita sociale che si beneficia median-te il progresso dei costumi e istituzio-ni. Comprende le scoperte scientifi-che, i valori estetici, le intuizioni filo-sofiche, morali e religiose. Compren-de gli stili di vita e le differenti scale di valori. La cultura, infatti, esprime l’identità storica e sociale degli esse-ri umani. Essa è marcata dalla storici-tà. Pertanto, esiste non solo la cultura in generale, ma la diversità di culture.

La Gaudium et spes distacca la cultura come dimensione essenzia-

le e, pertanto, universale dell’esse-re umano.8 Con essa, l’essere uma-no si umanizza. È la cultura che di-stingue l’uomo dagli animali e dalle cose della natura. Per mezzo di essa, l’uomo si umanizza, umanizza la na-tura e il mondo che lo circonda. Si umanizza perché sviluppa le sue po-tenzialità soggettive.

Il dramma del nostro tempo, ha affermato Papa Paolo VI, è la rot-tura tra il Vangelo e la cultura.9 Se-condo lui, il processo evangelizzato-re della cultura è il seguente:

a) portare la Buona Novella a tut-ti gli ambienti dell’umanità e, col suo influsso, trasformare, a partire da dentro, la propria umanità;

b) convertire, allo stesso tempo, la coscienza personale e collettiva degli uomini, la loro vita e ambien-te concreti;

c) “arrivare a raggiungere e qua-si a modificare con la forza del Van-gelo i criteri di giudizio, i valori che contano, i centri d’interesse, le li-nee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che si presentano in contrasto con la Paro-la di Dio e con il disegno della sal-vezza”.10

L’O

sser

vato

re R

oman

o

Page 26: RAV115 - RAE131_201211.pdf

26      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

L’azione evangelizzatrice della Chiesa si esercita nel riconoscimen-to degli autentici valori culturali e nell’impegno per il suo consolidamen-to e rafforzamento e, anche, per la de-nuncia e purificazione dei controvalori che rivelano la presenza del peccato. Il discernimento evangelico delle cultu-re è il punto iniziale in tutto il processo d’inculturazione del Vangelo.

Sfide culturali affrontate dalla Nuova Evangelizzazione

Una delle sfide più importanti è l’accettazione di Dio come Fonda-mento, non solo dell’universo e della vita in generale, ma anche della retta condotta umana, pertanto, della giu-stizia, della fraternità e della pace.

Esiste anche la difficoltà di con-ciliare vita democratica e rispet-to dei valori morali. Molti ritengo-no che la legalizzazione dell’aborto, il riconoscimento giuridico di unio-ne di omosessuali, la legalizzazione dell’eutanasia, facciano parte della vita democratica.

Esiste anche la sfida di concilia-re il rispetto per l’ecologia ambien-tale e il rispetto per l’ecologia uma-na. Come ha affermato Benedetto XVI, nell’Enciclica Caritas in veri-tate, entrambe fanno parte dell’uni-co libro della natura. Senza il rispet-to per l’ecologia umana, la coscienza comune non riuscirà a rispettare ne-anche l’ecologia ambientale.11

Quanto alla secolarizzazione, sic-come essa non assume pubblicamente un discorso esplicito contro Dio e con-tro la religione, facilmente penetra nel-la mentalità delle persone. Quando pe-netra nella mentalità dei cristiani, la

conseguenza è drammatica: porta al-la dimenticanza del primato della gra-zia. Tutto allora viene affrontato in mo-do umano. Persino il peccato viene vi-sto come una patologia psicologica, po-litica e sociale, e non come un fatto che aliena riguardo a Dio e al prossimo.

Oltre alla secolarizzazione, che si diffonde sempre più, è necessa-rio anche prendere in considerazio-ne che esiste, oggi, una sete di spi-ritualità, presupposto per la Nuova Evangelizzazione.

Quanto alla questione di Dio, es-sa deve esser trattata, soprattutto, attraverso il dialogo e la testimo-nianza di vita.

Papa Benedetto XVI si è riferito al Patio dei Gentili, luogo riservato, nel Tempio di Gerusalemme, per l’a-dorazione di Dio da parte dei paga-ni. Oggi è necessario creare modali-tà di spazio di gentili per un dialogo con coloro che sono insoddisfatti dei loro miti, riti e dèi; dialogo con colo-ro che pongono la questione di Dio. Il semplice fatto di porre la questio-

ne di Dio forse è già un segnale di una ricerca, di un’azione dello Spi-rito Santo nella coscienza della per-sona.

Conclusione

Il mondo attuale è avvolto in modo tale da grandi trasformazioni cultura-li che molti arrivano a parlare di un cambio epocale o di una nuova epo-ca dell’umanità. D’altra parte, acqui-sta più spazio il secolarismo che ten-ta di ridurre Dio a un’ipotesi inutile ed escludere la religione dall’ambito della vita personale e sociale. Questo atteggiamento ha conseguenze nega-tive per il senso della vita, per la retta concezione della condotta umana, per la relazione dell’uomo con la natura, con se stesso e con la società.

La Nuova Evangelizzazione non è un processo all’evangelizzazione pre-cedente, come se questa non fosse stata valida. Si tratta, ora, di affron-tare le nuove sfide sorte dalle trasfor-mazioni culturali che esprimono una nuova epoca dell’umanità. Si tratta di una nuova necessità, ossia, di una nuova espressione dello spirito mis-sionario sempre presente nella Chie-sa. L’evangelizzazione, indipendente-mente dall’esser denominata nuova, parte sempre dal fatto che il deside-rio di Dio è radicato nell’interiorità profonda dell’essere umano. L’evan-gelizzazione è la risposta a una ricer-ca, a un anelito del cuore umano. ²

(Mons. Benedetto Beni dos Santos è uno dei 40 Padri sinodali invitati dal

Papa Benedetto XVI a partecipare alla XIII Assemblea Generale

Ordinaria del Sinodo dei Vescovi)

1 Cfr. PAOLO VI. Evangelii nuntiandi, n.17; 26.

2 Idem, n.75.3 Cfr. BENEDETTO XVI. Ver-

bum Domini, n.7.4 Cfr. SANT’AGOSTINO. Ser-

mone 288, 4: ML 38, 1306.

5 Idem, 288, 5.6 Cfr. GIOVANNI PAOLO II.

Vita consecrata, n.72.7 Cfr. GIOVANNI PAOLO II.

Redemptoris missio, n.55.8 “E’ proprio della persona

umana aver bisogno della

cultura, cioè, di sviluppare i beni e i valori della natu-ra, per giungere a un’auten-tica e piena realizzazione” (CONCILIO VATICANO II. Gaudium et spes, n.53).

9 Cfr. PAOLO VI, op. cit., n.20.

10 Idem, n.19.11 Cfr. BENEDETTO XVI.

Caritas in veritate, n.51.

Si tratta di affron-tare le nuove sfide sorte dalle trasfor-mazioni culturali che esprimono una nuova epoca dell’umanità

Page 27: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Mozambico: Formare nuovi evangelizzatori

Q

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      27

ualificato come “terra di speranza” da Papa Be-nedetto XVI durante la sua recente visita nel

Benin, il continente africano è, insieme al sudest asia-tico, una delle aree del mondo dove la Chiesa cresce con maggior vigore. Ma a misura che la messe aumen-ta, diventa più urgente la necessità di operai che curi-no la Vigna del Signore.

È questo il motivo che ha portato Don Wagner Mo-rato Menezes, EP, a partire per Maputo pochi mesi dopo la sua ordinazione, avvenuta il 19 marzo scorso a San Paolo. Lo hanno accompagnato due missiona-ri araldi, anche loro brasiliani, con la duplice missione di aiutarlo nel suo ministero pastorale e di appoggia-re il lavoro di evangelizzazione svolto dai loro fratelli del Mozambico.

Dal suo arrivo a Maputo, nell’agosto di quest’anno, Don Wagner si è dedicato con tenacia a dar assistenza

spirituale agli Araldi del Vangelo di questo Paese, tan-to ai più veterani quanto ai più giovani aspiranti. Ha cercato anche di servire la Chiesa locale, cooperando con parrocchie e comunità più vicine.

Ma la principale meta di questo sacerdote e dei due araldi brasiliani che lo accompagnano è formare nuovi evangelizzatori. Ossia, collaborare strettamente con gli araldi del Mozambico per dare una formazione cristia-na a giovani di entrambi i sessi, discernere vocazioni al sacerdozio o alla vita religiosa e aiutare i nuovi araldi a modellarsi in accordo col carisma dell’istituzione. In ul-tima analisi, far sì che il numero di apostoli aumenti e sia capace di far fronte a una messe così vigorosa e pro-mettente come quella del continente africano.

Nelle pagine seguenti, possiamo vedere alcuni aspetti di questo lavoro di evangelizzazione realizzato intorno alla casa degli Araldi a Maputo.

La casa degli Araldi a Maputo, destinata principalmente alla formazione, è frequentata tanto da giovani aspiranti (a sinistra) quanto da gruppi di catechesi delle parrocchie vicine (a destra).

Page 28: RAV115 - RAE131_201211.pdf

28      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

1

3

2

4

Lavoro pastorale – Oltre a celebrare l’Eucaristia nella casa degli Araldi (foto 1), Don Wagner Morato, EP, amministra i sacramenti nella Comunità San Vincenzo (foto 2). Sostiene anche il lavoro del Centro Sociale San Giuseppe (foto 3) e dà assistenza spirituale durante ritiri, come quello realizzato dalle Suore Pilarine (foto 4).

Processioni – Le processioni, alle quali è abitualmente invitata l’orchestra degli Araldi, sono importanti espressioni della devozione popolare mozambicana. Nelle foto, sagra marittima in occasione della festa di San

Pietro, a Catembe, (a sinistra) e processione nel quartiere della Bunhiça (a destra).

Page 29: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      29

Collegi – Impegnati nella formazione della gioventù, gli araldi realizzano spettacoli musicali nei collegi (foto 1), impartiscono lezioni di musica (foto 2) e organizzano escursioni catechetiche durante le quali s’insegna,

per esempio, ad adorare Gesù Eucaristico, presente nel Tabernacolo (foto 3).

1

32

Comunità – La partecipazione a incontri come “Un’ora con Maria”, nella Comunità Madonna della Consolata (a sinistra), e l’appoggio al lavoro sociale della scuola d’infanzia di Bongane, nel quartiere

di Nkobe (a destra), fanno parte del lavoro realizzato dagli Araldi presso le comunità della regione.

Page 30: RAV115 - RAE131_201211.pdf

30      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

Vertente do Lério – In occasione della festa della Madonna delle Vittorie, patrona della città, gli Araldi hanno realizzato una Missione Mariana, tra il 26 settembre e il 5 ottobre, su invito di Don Antonio Lucena da Silva.

Tra i luoghi visitati, spicca la Scuola Statale Justa Barbosa (foto in alto).

San Paolo – Il Santuario Madonna del Rosario di Fatima, nella capitale paulista, è stato scelto per la Messa in azione di grazie per il 63º anniversario del Cardinale Odilo Pedro Scherer, Arcivescovo Metropolitano di San Paolo.

Una numerosa rappresentanza degli Araldi del Vangelo ha partecipato come omaggio all’illustre Prelato.

San Paolo – Cooperatori degli Araldi del Vangelo hanno dato il loro apporto nei canti della Messa presieduta dal Cardinale Odilo Pedro Scherer nella Chiesa di San Gennaro, quartiere della Mooca, e hanno partecipato alla

processione realizzata in occasione della 39ª Festa di San Gennaro, una delle più tradizionali della città.

Page 31: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Nuove donazioni a Brasilia

D

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      31

on Aumir Scomparin, EP, coordinatore del Fondo di Aiuto Misericordia, si è recato a Brasilia, il 4 ot-

tobre, per consegnare personalmente altre due donazioni per benemerite istituzioni di questa città.

Alle Suore Oblate del Bambino Gesù è stato conse-gnato un veicolo per aiutarle nel loro infaticabile lavoro di catechesi alla periferia di Brasilia (foto 1). Anche l’A-silo infantile San Giuseppe Lavoratore ha ricevuto una completa fornitura di mobilia scolastica ad uso dei bam-bini accolti nell’istituzione (foto 3). In quest’occasione, gli araldi hanno fatto una visita missionaria alle perso-ne che lavorano nella discarica ubicata nella città Strut-turale (foto 2).

San Paolo – Mons. Sergio de Deus Borges, nuovo Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di San Paolo, si è insediato come vicario episcopale il 2 settembre con una solenne Messa celebrata nella Chiesa Matrice di Sant’Anna.

Alla fine, sacerdoti, frati e suore degli Araldi sono andati a dargli il benvenuto.

1 2

3

Page 32: RAV115 - RAE131_201211.pdf

32      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

Argentina – Nell’ultima settimana di agosto è stato presentato il Progetto Futuro & Vita per gli alunni del Collegio San Massimiliano Kolbe, a Buenos Aires. Sono stati realizzati brani musicali e teatri catechetici adatti all’età degli

alunni. La statua pellegrina del Cuore Immacolato di Maria è stata ricevuta con fervore da professori e alunni.

Canada – Nei giorni 8 e 9 settembre, i Coordinatori dell’Apostolato dell’Icona si sono riuniti a Schomberg, in Ontario, per un simposio presieduto da Don François Bandet, EP. Oltre alla Messa, c’è stata la recita del Rosario in

gruppo, nel giardino della proprietà (a sinistra), e riunioni di formazione (a destra).

Cile – L’Arcivescovo di Santiago, Mons. Riccardo Ezzati, ha visitato lo “stand” degli Araldi nell’evento “Encuéntrate”, che ha riunito 10 mila partecipanti.

Costa Rica – Araldi hanno partecipato alla commemorazione della Vergine dei Dolori, presieduta da Mons. Ugo Barrantes,

Arcivescovo di San José, il 16 settembre.

Page 33: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Missione Mariana in Umbria

L

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      33

Guatemala – Il giorno 26 agosto, i Coordinatori dell’Apostolato dell’Icona hanno partecipato alla

tradizionale processione nel luogo dove si trovano le reliquie di San Fra’ Pietro, ad Antigua.

a statua Pellegrina del Cuore Immacolato di Ma-ria ha visitato la Parrocchia di San Giovanni Bat-

tista a Cantiano, Diocesi di Gubbio, tra i giorni 14 e 16 settembre. Essa è stata ricevuta dal Vescovo diocesano, Mons. Mario Ceccobelli (foto 2). Ci sono state diverse processioni per le strade della città, animate dalla reci-ta del Santo Rosario (foto 1 e 3) da altre attività; biso-gna evidenziare la visita all’ospedale della città, seguita da una Messa da campo presieduta dall’Arcivescovo di Loreto, Mons. Giovanni Tonucci e dopo la celebrazio-ne è stata amministrata l’Unzione degli Infermi.

2

1

3

Honduras – Araldi hanno promosso “Una giornata con Maria” nella città di Comayagua, il 2 settembre, per i

partecipanti dell’Apostolato dell’’Icona.

Page 34: RAV115 - RAE131_201211.pdf

I

Il grande Leone della Chiesa

34      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

San Leone magno

Uomo di dottrina, seppe armonizzare l’Occidente con l’Oriente, dando alla Chiesa il suo carattere universale. Pontefice compenetrato della sua missione, difese la vera Fede, certo che le opere da lui realizzate provenissero dall’abbondanza della grazia di Cristo.

l leone è, tra tutti gli animali, quello che merita l’indiscusso titolo di re. La sua imponen-te presenza gli garantisce il ri-

spetto degli altri e la sua forza domi-natrice, che nulla fa indietreggiare, af-ferma la sua supremazia nella savana o nella foresta. Considerato anche co-me il simbolo della lealtà, esso ingag-gia con fierezza la battaglia per la so-pravvivenza, facendo fronte sempre alla lotta. Vediamo, così, come il per-fetto ordinamento della natura consi-sta a che ogni creatura compia la fina-lità per la quale è stata creata.

Tali caratteristiche del re degli animali riconducono il nostro spirito a realtà più elevate, delle quali non è che un pallido riflesso. Ha voluto Dio farci conoscere, per mezzo di questa immagine, qualcosa della sua grandezza e potere infinito. Tutta-via, quando la maestà divina si spec-chia, non più in un essere irraziona-le, ma in una creatura umana quali-ficata dalla grazia, essa acquista al-tezze veramente sublimi e scuote le anime in modo incomparabile.

Così succede quando contemplia-mo la figura di un Successore di Pie-tro che regnò nella metà del secolo

V, epoca cruciale della Storia, le cui vicissitudini, tanto nel campo politi-co quanto in quello dogmatico, han-no contribuito a mettere in eviden-za ancor più la personalità folgorante di quel Pontefice e le sue doti di go-verno e organizzazione. Il suo nome – mantenuto da lui quando fu eleva-to al Soglio Pontificio – riproduceva nella sua persona “uno dei più nobili titoli del nostro divino Risorto”:1 Le-one, il grande difensore della Chiesa.

Fu il primo Papa a usare questo nome. “Egli lo scelse perché sentiva dentro di sé un soffio dello Spirito Santo che gli dava un impeto di sce-gliere quanto era grande. A lui pia-cevano le cose grandiose e sapeva perfettamente quello che doveva fa-re per armonizzare tutte le correnti e difendere la Chiesa nel modo più straordinario possibile”.2

La stabilità della Chiesa riposa su una pietra incrollabile

Correva l’anno 440 quando so-praggiunse la morte di Papa San Si-sto III. Riunito il conclave, fu elet-to a succedergli Leone, arcidiaco-no della Chiesa romana e consiglie-re pontificio, che già a quel tempo

era molto stimato e ammirato per la “sua sapienza teologica, la sua elo-quenza magnificente e la sua diplo-mazia abilissima”.3 Il prescelto, pe-rò, si trovava nelle Gallie come de-legato papale, per cui impiegò del tempo ad attraversare le Alpi e giun-gere a Roma. Per questo, poté esser investito solo il giorno 29 settembre, tra manifestazioni di giubilo e bene-volenza del clero e del popolo.

Ciò nonostante, nessuno fra quel-li che lo acclamavano poteva avere una nozione esatta delle ingenti lot-te e difficoltà per le quali egli avreb-be dovuto passare nel corso dei suoi 21 anni di pontificato. San Leone af-frontò la furia dei barbari invaso-ri, che si lanciavano alla conquista dell’Europa e di Roma, come pure l’insidia delle eresie, non meno peri-colose per la Chiesa, senza mai per-dere la certezza che la stabilità della Chiesa riposa su una pietra incrolla-bile, la quale non è la virtù naturale di nessun Pontefice, ma la promes-sa di Cristo a Pietro, quando questi manifestò la fede nella sua divinità e ricevette dalle sue mani il Papato.

In un’omelia commemorativa del-la sua ascensione alla Cattedra petri-

Suor Clara Isabel Morazzani Arraiz, EP

Page 35: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      35

na, alcuni anni dopo, egli proclamò con voce forte e palpitante di emo-zione questa convinzione: “Quando si tratta di esercitare i doveri del nostro incarico, desideriamo agi-re con pietà e vigore, e ci ricono-sciamo, allo stesso tempo, de-boli e codardi, pesanti che sia-mo, a causa della fragilità della nostra condizione; tuttavia, for-ti per l’incessante intercessione del Sacerdote onnipotente ed eter-no che, simile a noi e uguale al Pa-dre, abbassò la divinità fino al livel-lo dell’uomo ed elevò l’umanità fino al livello di Dio, ci rallegriamo giu-stamente e santamente per la dispo-sizione da Lui presa. Infatti, si de-legò a numerosi pastori la cura del-le sue pecore, né per questo rinunciò a custodire Egli stesso il suo gregge beneamato. Più ancora, come conse-guenza di quest’assistenza essenzia-le ed eterna, riceviamo la protezione e l’appoggio dell’Apostolo che, cer-tamente, non si affloscia nel compi-mento della sua funzione; e questo solido fondamento, sul quale si eleva in tutta la sua altezza l’edificio del-la Chiesa, non si stanca di sostene-re la massa del tempio che sopra di lui riposa. [...]. Infatti è nella Chiesa intera che Pietro disse ogni giorno: ‘Tu sei Cristo, il Figlio di Dio viven-te’, e ogni lingua che confessa il Si-gnore è istruita dall’insegnamento di questa parola. È questa Fede che [...] introduce nel Cielo coloro che es-sa ha strappato dal mondo e le por-te nell’inferno non possono prevale-re contro di essa. E’ infatti assicura-ta divinamente con una tale solidità che mai la perversità degli eretici la potrà corrompere, né la perfidia dei pagani la potrà ingannare”.4

Difensore della Chiesa di fronte alle eresie

Si diffondevano, infatti, a quei tempi molte eresie che minacciava-no l’unità del Corpo Mistico, con-fondendo e trascinando numerosi

legati. Mostrava in questo modo co-me la pratica della primazia romana era necessaria allora, come anche oggi, per servire efficacemente alla

comunione, caratteristica dell’uni-ca Chiesa di Cristo”.7

Venuto a conoscenza della pre-senza dei manichei a Roma, si af-frettò ad ammonire il gregge affi-dato alla sua custodia, esortandolo

alla vigilanza, nelle sue predicazioni. Anche contro i priscillani San Leone scrisse una lettera a San Turibio, Ve-scovo di Astorga, denunciando i prin-cipali errori di questa setta nociva.

Pietro parlò per bocca di Leone!

Senza dubbio, la sua maggior vit-toria in campo dogmatico fu la con-danna decisiva delle deviazioni dot-trinali di Eutiche, il quale, sotto la cappa dell’ortodossia antinestoria-na, incontrava una grande accetta-zione tra il popolo. Come già lo stes-so San Paolo aveva scritto ai corinzi, “È necessario, infatti, che avvenga-no divisioni tra voi, perché si mani-festino quelli che sono i veri creden-ti in mezzo a voi” (I Cor 11, 19), an-che gli inganni dei monofisiti contri-buirono a che fosse definita in ma-niera chiara e folgorante la dottri-na cristologica dell’unione delle due nature – umana e divina – nell’unica Persona del Verbo.

Nella celebre lettera diretta a Flaviano, Vescovo di Costantinopo-li, San Leone affermò: “In una na-tura perfetta e integrale di vero uo-mo, nacque il vero Dio, perfetto nel-la sua divinità, perfetto nella nostra umanità. [...] Vero Dio, Egli è an-che vero uomo; e nulla c’è di falso in quest’unità, poiché in Lui è perfet-ta tanto l’umiltà dell’uomo quanto la grandezza di Dio. [...] In collabo-razione con l’altra, ogni natura rea-lizza quello che le è proprio: il Ver-bo, quello che è proprio del Verbo; la carne, quello che è proprio della carne. La prima risplende nei mira-coli, la seconda soccombe alle sof-

spiriti meno vigili. Il nord dell’Afri-ca era infestato da ariani, donatisti e anche da manichei, molti dei qua-li cercavano rifugio in Italia fuggen-do dall’invasione dei vandali. D’al-tro canto, i priscilliani, che alla fi-ne del IV secolo avevano diffuso in Spagna la loro ideologia, tornavano a moltiplicarsi, nonostante fossero stati condannati dal Concilio di To-ledo nell’anno 400.

Ma il peggior nemico faceva la sua comparsa in Oriente. Anco-ra non si erano spenti totalmente gli echi della perniciosa dottrina di Nestorio – il quale “non vedeva in Cristo più che due persone colloca-te una a fianco dell’altra, unite este-riormente e moralmente”5 –, quan-do Eutiche, archimandrita di un convento di Costantinopoli, comin-ciò a difendere l’errore opposto: se-condo lui, c’era in Gesù Cristo “una sola natura composta da divinità e da umanità”,6 motivo per cui i suoi partigiani si chiamarono monofisiti.

Contro questi avversari San Le-one fece onore al suo nome, “inter-venendo in diverse circostanze con prudenza, fermezza e lucidità, attra-verso i suoi scritti e mediante i suoi

Il Suo nome riproduceva nella sua persona “uno dei più nobili titoli

del nostro divino Risorto

“San Leone Magno” - Chiesa di San Vincenzo de’ Paoli, Clichy (Francia)

GFreihalter

Page 36: RAV115 - RAE131_201211.pdf

36      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

ferenze. Così come il Verbo non ri-nuncia all’uguaglianza della gloria del Padre, la carne non smette la na-tura della nostra razza”.8

Questo documento, bello sia per la sua purezza teologica che per il brillante stile letterario, fu pro-clamato nel Concilio di Calcedo-nia, convocato nel 451 per dirime-re la questione. E i Vescovi presen-ti accolsero la fine della lettura “con un’eloquente acclamazione, di cui è conservata la notizia negli atti del Concilio: ‘Pietro ha parlato per boc-ca di Leone’, proruppero all’uniso-no i Padri conciliari”.9

“In questa controversia, nella qua-le stava in causa la Fede della Chie-sa, il merito di San Leone fu quello di dare al dogma tradizionale una for-mulazione precisa, che metteva fine immediatamente alle ambiguità co-sì pregiudiziali per l’ortodossia. [...] Sommando la Tradizione al carisma infallibile del Pontefice Romano, San Leone enuncia in termini semplici la formula di Fede adottata subito do-po dai Padri della Calcedonia: ci so-no in Cristo due nature complete, e una sola Persona”.10

Un “leone” contro la barbarie pagana

Aveva appena finito di sconfigge-re la perversità dell’eresia che cer-cava di destabilizzare la Chiesa, che già si profilava nel nord dell’Italia la barbarie pagana che avanzava in un vortice di fuoco, sangue e deva-stazione. Attila, il terribile capo de-gli unni, il “flagello di Dio”, ave-va attraversato le Alpi, aveva preso Milano e Pavia ed era accampato a

Mantova, con la via aperta per attac-care Roma, dove si trovava una po-polazione terrorizzata e abbando-nata dai suoi governanti, incapaci di difenderla. La speranza dell’Urbe e di tutto il resto della Penisola ripo-sava sulle spalle del Vicario di Cri-sto. Ora egli non avrebbe dovuto im-pugnare la spada della parola, al fi-ne di confondere gli eretici, ma arri-schiare la propria vita per salvare le sue pecore.

San Leone si mise risolutamente in cammino, seguito da alcuni Car-dinali e dai principali membri del clero romano. Rivestito delle inse-gne pontificie e cavalcando un umile animale, si presentò davanti ad Atti-la e gli intimò di cessare quella guer-ra di saccheggi e devastazioni. Con-tro tutte le aspettative umane, il bar-baro accolse con timoroso rispetto quell’anziano che veniva fino a lui senz’armi e senza soldati; gli pro-mise di vivere in pace con l’Impe-ro, mediante il pagamento di un lie-ve tributo annuale, e se ne andò da dove era venuto. Interpellato dopo dai suoi guerrieri, i quali non com-prendevano quell’improvviso cam-biamento, il “flagello di Dio” repli-cò: “Mentre lui mi parlava, io vede-vo, in piedi al suo fianco, un Ponte-fice di maestà sovrumana. Dai suoi occhi sprizzavano fulmini, e teneva in mano una spada sguainata; il suo sguardo terribile e il suo gesto mi-naccioso mi ordinavano di concede-re tutto quanto sollecitava l’inviato dei romani”.11

Quali siano state le parole del san-to Papa al capo barbaro, non si sa. Secondo il racconto di un cronista

contemporaneo, egli “si abbandonò all’aiuto divino, che mai manca agli sforzi dei giusti, e il successo coronò la sua fede”.12 Dall’alto del Cielo, San Pietro favorì la missione del suo suc-cessore, confermandola con un mira-colo. “Quest’importante avvenimen-to diventò presto memorabile e per-mane come un segnale emblematico dell’azione di pace svolta dal Ponte-fice”.13 La vittoria fu festeggiata con pompa e solennità a Roma e, a per-petua azione di grazie, San Leone fe-ce fondere la statua di bronzo di Gio-ve Capitolino e fare con questo me-tallo una grande statua dell’Apostolo Pietro, che ancor oggi si venera nella Basilica Vaticana.

Tre anni dopo, quando Genseri-co, re dei vandali, giunse alle por-te della Città Eterna, fu ancora una volta questo santo pastore che la sal-vò, ottenendo dall’invasore che non la incendiasse né versasse sangue.

Pastore tenerissimo e generoso

Gli ultimi anni della sua vita, San Leone li dedicò all’organizzazio-ne della disciplina ecclesiastica, al-la predicazione e al perfezionamen-to della Liturgia. Fu lui che aggiun-se al Canone della Messa le parole: Sanctum sacrificium (Sacrificio san-to), e Immaculatam Hostiam (Ostia immacolata), le quali riflettono in modo inequivocabile il suo senso te-ologico e la sua intensa devozione al Mistero Eucaristico. Restaurò le an-tiche basiliche, eresse nuovi templi e donò ricchi calici per le celebrazioni.

Grandioso sotto tutti gli aspet-ti del suo pontificato, San Leone lo fu anche nella carità, dimostrata dal

1 GUÉRANGER, OSB, Pro-sper. Saint Léon, Pape et Docteur de l’Eglise. In: L’Année Liturgique. Le Tem-ps Pascal. 18.ed. Tours: Al-fred Mame et fils, 1920, to-mo II, p.321.

2 CLÁ DIAS, EP, João Sco-gnamiglio. Omelia del saba-to della XXXI settimana del Tempo Ordinario. Caieiras, 10 nov. 2007.

3 ARTERO, José. San Le-on I Magno. In: ECHE-

VERRÍA, Lamberto de; LLORCA, Bernardino; REPETTO BETES, Jo-sé Luis (Org.). Año Cristia-no. Madrid: BAC, 2006, vol.XI, p.208.

4 SAN LEONE MAGNO. Ser-mons sur sa consécration. Hom.III, n.2-3. In: Sermons. Paris: Du Cerf, 2008, tomo IV, p.257-261.

5 MORENO CEBADA, Emi-lio. Las herejias, los cismas y

Page 37: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      37

suo tenerissimo affetto per il gregge che lo Spirito Santo gli aveva affida-to e per la generosità con cui distri-buiva elemosine tra i più bisognosi.

Infine, il 10 novembre 461, cir-condato dall’amore dei suoi fedeli, rese la sua nobile anima a Dio, la-sciando alla posterità un esempio ineguagliabile di integrità e zelo per la Casa del Signore.

Più potente è la chiave d’oro

Uomo di dottrina, di scritti e di parola eloquente, seppe armonizza-re l’Occidente con l’Oriente, dando

alla Chiesa il suo carattere univer-sale. Uomo d’ineguagliabile perso-nalità, contribuì a rafforzare la pri-mazia della Sede di Roma, grazie al prestigio e all’autorità della sua per-sona. Pontefice compenetrato del-la sua missione, difese la vera Fede, certo che le opere da lui realizzate non provenissero dalla sua capaci-tà umana, ma dall’abbondanza del-la grazia di Cristo.

Tale fu San Leone I, sopranno-minato Magno a causa della santità maestosa con la quale si distinse du-rante la sua vita, consegnando ai se-

coli futuri un profondo insegnamen-to: la carne nulla è di fronte allo spi-rito (cfr. Gv 6, 63). Per quanto pes-sime siano le situazioni di afflizio-ne o di prova per le quali debba pas-sare la Santa Chiesa, il potere spiri-tuale, consegnato da Gesù a Pietro, fa sì che la verità brilli e si impon-ga definitivamente. Delle due chia-vi che adornano la tiara pontificia – d’argento e d’oro, simboli del potere temporale e di quello spirituale –, la più potente è quella d’oro: “e le por-te dell’inferno non prevarranno con-tro di essa”! (Mt 16, 18). ²

los errores de todos los siglos. Barcelona: Ramon Inglada, 1892, tomo I, p.640.

6 Idem, p.654.7 BENEDETTO XVI. Udienza

generale, del 5/3/2008.

8 SAN LEONE MAGNO. Epi-stola XXVIII, ad Flavianum. C.3-4: ML 54, 763; 767.

9 BENEDETTO XVI, op. cit.10 LECLERCQ, Jean. Intro-

duction: Saint Léon et son temps. In: SAN LEONE

MAGNO. Sermons. 2.ed. Paris: Du Cerf, 1964, tomo I, p.10-11.

11 PAOLO DIACONO. Histo-ria Romana, 14, 12.

12 PROSPERO DE AQUITA-NIA. Chron. Herculano et

Sporatio coss., 452, apud WEISS, Juan Bautista. Hi-storia Universal. Barcelona: La Educación, 1928, vol.IV, p.328.

13 BENEDETTO XVI, op. cit.

Tale fu San Leone I, soprannominato Magno a causa della santità maestosa con la quale si distinse durante la sua vita

“San Leone Magno affronta il furioso Attila” - Affresco della Biblioteca Vaticana.

Gus

tavo

Kra

lj

Page 38: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Affinché la nostra missione sia veramente efficace...

È

38      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

La ParoLa deI PaStorI

Abbiamo bisogno di convinzione, di coraggio, tenacia e del disinteresse dei martiri — e della loro speranza— per resistere in difesa delle verità e dei valori così minacciati nel nostro tempo.

interessante, provvidenzial-mente una sfida, che le due celebrazioni liturgiche di questo insediamento coin-

cidano con le feste di due martiri. Ie-ri pomeriggio, nella preghiera dei Ve-spri, abbiamo commemorato il mar-tirio di Edith Stein, Santa Teresa Be-nedetta della Croce. [...] Oggi cele-briamo il Diacono romano Lorenzo, del secolo III, martirizzato durante la persecuzione di Valeriano. [...]

Per produrre frutti, la semente deve morire nella terra.

Un martire è, dopotutto, nel senso più stretto, un testimone. Vale a dire, uno il cui discepolato è così autentico, così profondo, così intransigente, co-sì affidabile che, con la grazia di Dio, è disposto e desideroso di consegnar-si interamente per Cristo e per la veri-tà che Egli ha rivelato, e a farlo affron-tando la paura, i pregiudizi, il disprez-zo, il rifiuto, la sofferenza e anche la morte. Si tratta di una donazione to-tale di se stesso in risposta all’amore di Cristo versato per noi sulla Croce.

Per alcuni, come San Lorenzo, questa testimonianza conduce a un drammatico punto cruciale: la morte su una graticola. Tuttavia, per la mag-gior parte di noi, la testimonianza si traduce in un impegno perseveran-te con Cristo e con il Vangelo, cioè, in un morire per se stessi quotidia-namente, ripetutamente, nelle cose grandi e nelle piccole. Questo si po-trà ottenere in un modo benefico, sa-lutare e vivificante solo avendo una profonda speranza e persino, para-dossalmente, un’autentica gioia.

Non è qui il fulcro del Mistero Pasquale, che fa emanare dalla mor-te vita nuova e abbondante? Non è chiaramente questo il senso delle parole di Gesù ai suoi discepoli: “In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, ri-mane solo; se invece muore, produ-ce molto frutto?” (Gv 12, 24).

Ricordiamoci del contesto a cui si riferisce questo passo del Vangelo: l’inizio della settimana della Passio-ne. L’ora di Gesù era arrivata, ed Egli stava aprendo gli occhi dei suoi amici

più prossimi al mistero della sua im-minente morte redentrice. Maestro dei maestri quale Egli è, Gesù mi-se mano a una realtà evidente nella natura: la semente deve morire nella terra per produrre frutto; al contra-rio essa rimarrà infruttifera, impro-duttiva, veramente morta.

Resistere di fronte a una società sempre più relativista.

Questo sorprendente e fondamen-tale insegnamento di Gesù è rilevan-te non solo per la nostra stessa cre-scita personale in santità, ma ha an-che un profondo significato per la no-stra missione in questo mondo ed es-so potrebbe esser perfettamente rias-sunto in una parola: “Evangelizzazio-ne”. Essa consiste, mediante le parole di Papa Paolo VI, nel “portare la Buo-na Novella in tutti gli strati dell’uma-nità, in qualsiasi ambiente e latitudine e, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l’umanità stes-sa” (Evangelii nuntiandi, n.18).

L’evangelizzazione, compito di ogni battezzato, aspira a trasforma-

Mons. Richard J. MaloneVescovo di Buffalo

Page 39: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      39

re gli individui in Cristo, la nostra cultura sempre più secolarizzata in una civiltà di amore e in una cultu-ra di vita, rispettosa dell’esisten-za umana dal concepimento fino al-la morte naturale, e in ogni momen-to; rispettosa del Matrimonio co-me unione tra un uomo e una don-na, aperti alla nuova vita; protettrice della libertà religiosa e di coscienza; compassionevole verso i poveri e gli immigranti, e molto più ancora.

Abbiamo bisogno di convinzione, di coraggio, tenacia e del disinteres-se dei martiri – e della loro speran-za – per resistere, nella nostra socie-tà sempre più relativista, in difesa di queste verità e di questi valori oggi così minacciati.

La nostra prima priorità: Evangelizzazione

Il Beato Giovanni Paolo II e Pa-pa Benedetto XVI ci hanno chiama-ti per una Nuova Evangelizzazione. Non si tratta di trasmettere un nuovo messaggio, ma di rinnovare il nostro impeto, zelo, urgenza e metodi, met-tendo uno speciale impegno nell’arri-vare ai cattolici non praticanti, secon-do la promessa fatta dal Signore in Ezechiele: “Andrò in cerca delle pe-corelle perdute” (Ez 34, 16).

Da quando la Buona Novella è giunta per la prima volta qui, a ovest dello Stato di New York, all’inizio del XVII secolo, l’Evangelizzazione è stata continua. Ora, gli ultimi Papi hanno richiamato la nostra attenzio-ne su un nuovo impegno, che deve cominciare col rinnovamento spiri-tuale personale ed estendersi a tutte le istituzioni e comunità cattoliche, e ancor oltre, raggiungendo par-rocchie, scuole, facoltà e università, ospedali, servizi sociali, mezzi di co-municazione, ecc.

Quando ho letto le Proposte di Pianificazione per la nostra dioce-si, sono rimasto incantato trovando

scritta come prima priorità l’Evan-gelizzazione, cioè, “sviluppare l’en-tusiasmo per la propria fede; invita-re gli altri ad ascoltare il messaggio di salvezza in Gesù Cristo e stimo-lare i valori del Vangelo nella nostra società, vivendo la fede nella giusti-zia, verità e carità”.

Che cosa deve morire in me per crescere in santità?

Andiamo direttamente al pun-to. Tornando ai martiri, al grano che deve cadere nella terra e morire al fine di dare testimonianza fiducio-sa di Cristo, della verità, arriviamo a una questione difficile per ognuno di noi: che cosa deve morire in me, in te, per crescere in santità, e affin-ché il lavoro della nuova evangeliz-zazione produca buoni frutti? Sa-rà un vano timore o una certa man-canza di speranza? O forse lo scet-ticismo, l’autocontemplazione, l’a-patia o la mediocrità? Ci saranno dubbi, diffidenze o amarezze, ma-

gari colpose? Non ci siamo troppo ben accomodati nelle nostre zone di comfort?

Che cosa dobbiamo fare affinché il nostro discepolato, testimonian-za e missione come Chiesa sia vera-mente efficace e conduca le persone a Cristo – o le riporti a Lui, e contri-buisca a creare una comunità di Fe-de e orientare la bussola della nostra cultura verso una rotta più rivolta al divino?

In questa giornata, in questo progetto, non siamo mai soli. Come afferma San Paolo, Dio è poten-te per riempirci di ogni sorta di be-nefici e aumentare i frutti della no-stra giustizia (cfr. II Cor 9, 10). Per avere un raccolto abbondante, ba-sta donare gioiosamente e semina-re copiosamente. ²

(Passi dell’Omelia durante la Messa d’insediamento come Vescovo di Buffalo, 10/8/2012. Testo integrale

in www.buffalodiocese.org)

Il vescovo dimissionario di Buffalo, Mons. Edward Kmiec (sinistra) e l’Arcivescovo di New York, Cardinale Timothy Dolan (destra)

conducono Mons. Richard Malone alla cattedra della Diocesi durante la cerimonia di insediamento

Pat

rick

McP

artla

nd /

Dio

cesi

di B

uffa

lo

Page 40: RAV115 - RAE131_201211.pdf

40      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

Evangelizzare in ambiente digitale

Il Pontificio Consiglio per le Co-municazioni Sociali ha reso pubblico un comunicato nel quale annuncia il tema scelto da Benedetto XVI per la XLVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: “Reti socia-li: portali di verità e di Fede, nuovi spazi per l’Evangelizzazione”.

“In un’epoca in cui la tecnolo-gia tende a trasformarsi nel tessu-to connettivo di molte esperienze umane, può essa aiutare gli uomi-ni a trovare Cristo nella Fede?” – Si chiede nel comunicato. Dopo aver osservato che il mondo digitale im-pone oggi un atteggiamento più de-finito di fronte a questo fenomeno, aggiunge: “Non si tratta di usare in-ternet come ‘mezzo’ di Evangeliz-zazione, ma di evangelizzare consi-derando che la vita dell’uomo mo-derno si esprime anche nell’am-biente digitale”.

La Giornata Mondiale delle Co-municazioni Sociali è celebrata la domenica che precede la Penteco-ste, nel 2013 cadrà il 12 maggio. Il messaggio del Santo Padre per que-sta Giornata è pubblicato tradizio-nalmente il 24 gennaio di ogni an-no, in occasione della festività di San Francesco di Sales, Patrono dei gior-nalisti.

Il sangue liquefatto di un martire del IV secolo

Il Vescovo Gennaro, martirizza-to nell’anno 305, durante la persecu-zione dell’imperatore Diocleziano, è il protettore della città di Napoli.

Una certa quantità del suo sangue è stata raccolta da devoti fedeli do-po il martirio e conservata in un’am-polla di cristallo. Rimane coagulata durante la maggior parte dell’anno e si liquefa nel giorno della festa del Santo, il 19 settembre.

Si è sviluppato durante i secoli un cerimoniale per circondare, con la dovuta devozione e rispetto, questa manifestazione sovrannaturale che avviene nella cattedrale, il Duomo di Santa Maria Assunta. Quest’anno il Cardinale Crescenzio Sepe ha pre-sieduto la cerimonia durante la qua-le il reliquario è stato esposto all’al-tare maggiore, per la venerazione dei fedeli.

Per i napoletani, la liquefazione del sangue costituisce un segnale di protezione da parte di San Gennaro. Infatti, nel 1980 non si è ottenuto il miracolo, e in quell’anno un terribi-le terremoto ha causato 2.500 mor-ti nella città.

“Nei miei viaggi in questo Conti-nente, ho affermato in diverse occa-sioni che l’Africa è chiamata a esser il‘Continente della Speranza’”, ha affermato il Pontefice nel suo mes-saggio. Dopo aver ribadito la “gran-de ricchezza di risorse spirituali pre-ziose per il nostro tempo” esistente nei cuori dei popoli africani, ha rac-comandato: “Non lasciate mai più che la buia mentalità relativista e ni-chilista – che raggiunge diverse par-ti del nostro mondo – apra un varco nella vostra realtà! Accogliete e pro-pagate con rinnovata forza il mes-saggio di gioia e di speranza portato da Cristo, messaggio capace di pu-rificare e rinforzare i grandi valori delle vostre culture”.

Nel discorso di chiusura del Con-gresso, il Cardinale Stanisław Ryłko ha fatto eco alle parole del Sommo Pontefice, descrivendo l’esperien-za di questo evento continentale co-me un momento di speciale epifania della Chiesa in Africa: “Scopriamo le sue numerose risorse spirituali, la sua enorme vitalità religiosa e uma-na, e il forte dinamismo missionario del suo laicato” – ha affermato.

La sede dell’evento è stata l’Uni-versità Cattolica dell’Africa Centrale.

Concorso di Studenti su San Tommaso d’Aquino

Con l’obiettivo di far conoscere alla gioventù contemporanea l’im-mensa ricchezza del pensiero e del-la persona del Dottore Angelico, il Circolo San Tommaso d’Aquino – fondato nel 2009, nella città di Aqui-no – ha organizzato il terzo concorso “Veritas et Amor”, diviso in due se-zioni: Cultura e Arte.

Nella prima saranno valutate mo-nografie o tesi, di laurea o dottorato, che attualizzino il pensiero di San Tommaso, mentre nella seconda, opere d’arte ispirate alla figura, vi-ta e opere di questo grande Dottore della Chiesa. I premi saranno conse-gnati in marzo 2013.

Congresso Pan-africano di Laici

Dal 5 al 9 settembre, è stato re-alizzato a Yaoundé, in Camerun, il III Congresso Pan-Africano di Lai-ci Cattolici, al quale hanno parte-cipato più di 20 Vescovi e Cardina-li, 50 sacerdoti e diaconi, e più di 350 delegati dei diversi paesi. Nel-la sessione di apertura, il Presiden-te del Pontificio Consiglio per i Lai-ci, Cardinale Stanisław Ryłko, ha manifestato la sua soddisfazione di fronte alla grande affluenza di con-gressisti e ha letto il messaggio in-viato da Papa Benedetto XVI ai partecipanti.

ww

w.la

ici.v

a

Page 41: RAV115 - RAE131_201211.pdf

“Dove c’è qualcosa di bello, lí vive Dio”

A

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      41

Il concorso conta sul patrocinio della diocesi di Sora-Aquino-Ponte-corvo – dove si trova la sede del Cir-colo San Tommaso –, del Pontificio Consiglio per la Cultura, del Proget-to Culturale della Chiesa Italiana e di due Accademie Pontificie, oltre a varie imprese.

Dettagli sul concorso e sulle al-tre attività del Circolo San Tomma-so sono disponibili sul sito internet dell’Istituzione (www.circolosan-tommaso.it).

Spagna: un’altra cappella di Adorazione Perpetua

La Parrocchia di San Martino, di Valencia, ha inaugurato, il 16 set-

tembre, la prima cappella di Adora-zione Perpetua in quest’Arcidiocesi, che viene a far parte delle trenta già esistenti in Spagna.

Per dare inizio solennemente all’Adorazione, l’Arcivescovo Me-tropolitano, Mons. Carlos Osoro, ha celebrato una Messa nella Cattedra-le, con la partecipazione di più di 2 mila fedeli. Da lì è partita poi verso la Chiesa di San Martino la proces-sione con il Santissimo Sacramento, accompagnata dal continuo scam-

testimonianza della vitalità della Chie-sa Cattolica nel Kazakistan, è stata

consacrata il 9 settembre la nuova cattedra-le di Karaganda. Data l’importanza dell’e-vento, il Santo Padre Benedetto XVI ha in-viato come Legato Pontificio il Cardinale Angelo Sodano, che ha mostrato la sua gio-ia per il nuovo tempio, eretto “dopo un lun-go periodo di grande sofferenza” nel pae-se. Il Porporato romano ha augurato anche che essa rimanga per secoli come un “faro di luce” per le generazioni future.

La cattedrale, la cui costruzione è dura-ta 9 anni, è dedicata alla Madonna di Fa-tima ed è la più grande Chiesa dell’Asia Centrale. Il Vescovo di Karaganda, Mons. Janusz Kaleta, ha ringraziato per le dona-zioni provenienti dalla Germania, dall’Au-stria, dalla Svizzera, dagli Stati Uniti e dal Sud Africa. Le due torri in stile neogotico sono visibili da molto lontano, dall’inter-minabile steppa cosacca, un tempo passag-gio di una delle Rotte della Seta.

L’Arcivescovo Mons. José Veselovsky, che fino al 2008 è stato Nunzio Apostolico nella Repubbli-ca del Kazakistan, ha commentato che i cosacchi “sono mol-to sensibili alla bellezza, al grande, al bello. Essi credono che, dove c’è qualcosa di bello, lì viva Dio”. Commentando la bellezza della cattedrale, l’Arcivescovo ha aggiunto: “In-tuitivamente, i fedeli capiscono come una persona esce da questa terra, terra di martirio, per salire fino a Dio”.

La Gazzetta Cattolica Siberiana (Сибирская Католическая Газета) e vari altri organi di comunicazione

hanno divulgato ampiamente l’evento. Hanno accompa-gnato il Cardinale Sodano, come membri della missione in-viata da Sua Santità, Mons. Athanasius Schneider, Vescovo ausiliare di Astana, capitale del Kazakistan,; Mons. Konrad Krajewski, membro dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgi-che del Sommo Pontefic; e il Prof. Giovanni Rocchi, Diret-tore di Salute e Igiene dello Stato del Vaticano.

La Repubblica del Kazakistan ha più di 16 milioni di abitanti, in maggioranza di etnia mongola, dei quali l’u-no per cento è cattolico.

La cattedrale di Karaganda, la cui costruzione è durata 9 anni, è dedicata alla Madonna di Fatima ed è la maggiore chiesa dell’Asia Centrale

sped

eus.

blog

spot

.com

ador

acio

nper

petu

a.in

fo

Page 42: RAV115 - RAE131_201211.pdf

42      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

panio delle campane di entrambe le Chiese. All’arrivo, Nostro Signore Sacramento è stato ricevuto da una fragorosa ovazione.

Da quel giorno, davanti a Lui si danno il turno i fedeli, in incessan-te Adorazione, durante le 24 ore del giorno. Per garantire questa conti-nuità, circa 600 volontari si sono im-pegnati a garantire la loro presenza, ognuno, per un’ora alla settimana – ha informato Javier Taberner, re-sponsabile dei 28 coordinatori.

Le reliquie di San Francesco Saverio percorrono l’Australia

Come parte delle attività dell’An-no della Grazia, convocato dai Ve-scovi d’Australia, le reliquie di San Francesco Saverio stanno visitan-do questo Stato. Esse hanno comin-ciato la loro peregrinazione il gior-no 16 settembre e devono percorre-re diverse diocesi fino al 3 dicembre di quest’anno.

I Pastori australiani invitano tut-ti i fedeli a crescere in santità du-rante quest’Anno della Grazia, in modo particolare chiedendo a Cri-sto la grazia di aumentare la fede, la carità e la speranza, virtù nelle quali San Francesco Saverio ha bril-lato in modo speciale. Egli è stato anche, secondo Mons. Peter A. Co-mensoli, Vescovo ausiliare dell’Ar-cidiocesi di Sidney, “il più grande missionario cristiano dai tempi di San Paolo”.

40 mila pellegrini venerano la Patrona della Slovacchia

Per onorare la Vergine dei Sette Dolori, Patrona della Slovacchia, più di 40 mila pellegrini da tutto il paese si sono diretti il 15 settembre alla Basilica di Šaštín, dove si venera la sua statua. E’ stata celebrata una solenne Mes-sa pontificale, presieduta dal Cardina-le Jozef Tomko, Prefetto emerito del-la Congregazione per l’Evangelizza-zione dei Popoli e Presidente emerito del Pontificio Comitato per i Congres-si Eucaristici Internazionali. Il rettore della Basilica, il salesiano Josef Zachar, ha affermato che questa è stata la cifra più alta di pellegrini negli ultimi anni.

Nonostante sia stata dichiara-ta Patrona della Slovacchia solo nel 1927, la devozione alla Vergine dei Sette Dolori è molto radicata nel pa-ese e risale all’anno 1564, quando Angelica Bakicova, sposa di un ric-co proprietario, è stata aiutata dal-la Madonna a risolvere un difficile problema familiare. Riconoscente, ha fatto scolpire la statua di legno che oggi si venera nella Basilica, si-tuata a 73 chilometri da Bratislava.

ww

w.w

ebno

viny

.sk

Víc

tor

Toni

olo

sagr

ada.

org.

br

San Francesco Saverio è mor-to sulla via della Cina, il 3 dicem-bre 1552 nell’isola di Sanchoão. Il suo corpo fu rinvenuto intatto quan-do fu esumato due mesi dopo la sua morte. Si trova attualmente nella Basilica del Buon Gesù, a Goa, do-ve è esposto alla venerazione pubbli-ca ogni dieci anni. L’ultima volta, nel 2005, è stato visitato da 2 milioni di fedeli. Durante la prima esumazio-ne, il braccio destro del Santo è sta-to tolto e inviato a Roma. Così, que-sto braccio che ha guarito, benedet-to e battezzato migliaia di persone in Asia, è venerato nella “Chiesa del Gesù” dagli inizi del XVII secolo.

Cercare la verità attraverso Internet

Le enormi possibilità conferite da internet per raggiungere un audito-rio di scala mondiale sono utilizza-te come mezzo di dialogo e infor-mazione dalla Fondazione per l’E-vangelizzazione attraverso i Media (FEM), il cui presidente, Jesus Co-lina, ha annunciato la creazione, il 20 settembre, a Roma, della rete so-ciale Cattolica Aleteia, parola greca che significa verità.

Questa iniziativa, articolata in-torno alla pagina web www.aleteia.org, deve contribuire a risolvere le inquietudini delle persone che desi-derano conoscere Dio e i temi lega-ti alla Religione. Queste sono sem-pre più numerose, poiché, come ri-leva Colina, ogni mese 55 milioni di ricerche su Google si riferiscono a Dio, 25 milioni a Gesù, 37 milioni alla Chiesa.

Aleteia è nata come risposta all’appello di Papa Benedetto XVI per la Nuova Evangelizzazione nel mondo digitale. Le case ammini-strative si trovano a Roma, Parigi e Washington. Tra i membri del Co-mitato Editoriale c’è Rafael Navar-ro Valls, cattedratico della Facoltà di Diritto dell’Università Complu-tense di Madrid.

Rappresentanti dell’episcopato europeo si riuniscono a Saint Gallen

La città svizzera di Saint Gallen è stata sede dal 27 al 30 settembre

Page 43: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      43

dell’Assemblea Plenaria annuale del Consiglio delle Conferenze Episco-pali Europee (CCEE), alla quale han-no partecipato, oltre a rappresentan-ti delle 33 Conferenze Episcopali del Vecchio Continente, gli Arcivesco-vi del Lussemburgo, del Principato di Monaco e del Rito Maronita di Cipro, l’Eparca di Mukachevo,in Ucraina e il Vescovo di Chişinău, in Moldavia.

Come ha spiegato il Presidente della CCEE, Cardinale Péter Erdö, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, il motivo della scelta è stato quello di commemorare il 1400° anniversario dell’arrivo di San Gallo in questa città.

Nel loro messaggio finale, i pre-sidenti delle Conferenze Episcopali europee hanno sottolineato che da-vanti “alle gravi derive del liberali-smo economico ed etico”, il Messag-gio Cristiano “offre a tutti gli uomi-ni il suo patrimonio sempre attuale” (più informazioni su www.ccee.ch).

Questo è stato il primo passo per il crollo dei suoi pregiudizi e la compren-sione della Fede, che è culminata nella scoperta della vita del primo Vescovo dell’Uruguay, morto in fama di santità, e nella redazione del libro Mons. Gia-cinto Vera, il missionario santo.

L’opera, presentata nel mese di settembre a Roma e in Uruguay, è già un best seller. La Dott.ssa Álva-rez racconta il grande sforzo evan-gelizzatore di colui che potrà essere il primo santo uruguaiano. Interro-gato sulla sua opinione sul libro, un uruguaiano di fama internazionale – Dott. Guzmán Carriquiry Segreta-rio della Pontificia Commissione per l’America Latina – ha sottolineato che, per il Paese, sarà una grazia im-mensa la beatificazione di questo Ve-scovo, “l’uruguaiano più conosciuto e più amato dagli uruguaiani, che si è dedicato, nel XIX secolo, a ravviva-re la Fede della vecchia Cristianità”.

Santa Teresa di Lisieux attira 7 milioni di visitatori

L’Associazione Amici di Teresa e del Carmelo di Lisieux ha organizza-to nella Cattedrale di Notre-Dame, a Parigi, un’esposizione denominata Teresa di Lisieux, o la fiamma dell’a-more, nella quale si racconta la vi-ta della più giovane Dottoressa della Chiesa attraverso 36 pannelli fotogra-fici di un metro e mezzo di altezza.

Divisa in tre parti – l’amore di Santa Teresa per il prossimo, per gli uomini del suo tempo e per gli uo-mini al di là della vita terrena – essa ha attirato quasi 7 milioni di perso-ne tra il 5 maggio e il 16 settembre.

In dichiarazioni all’agenzia Ro-me Reports, Laurent Prades, della Cattedrale di Notre-Dame, ha affer-mato: “Siamo sorpresi dalla reazio-ne del pubblico. Sapevamo benissi-mo qual sarebbe stata la ripercussio-ne mondiale di Teresa di Lisieux, ma non avremmo immaginato che visi-tatori provenienti da luoghi così di-versi l’avrebbero riconosciuta”.

igle

siac

atol

ica.

org.

uy

L’O

sser

vato

re R

oman

oS

antu

ario

Tor

reci

udad

Vescovo inglese raccomanda di pregare nel luogo di lavoro

Mons. Kieran Conry, Vescovo di Arundel e Brighton, Presidente del Comitato per l’Evangelizzazione della Chiesa in Inghilterra e nel Gal-les, ha fatto una raccomandazione al fine di preparare i suoi diocesani al-la celebrazione dell’Anno della Fe-de: pregare pubblicamente al lavoro, nel primo venerdì di ogni mese.

Per questo, Mons. Conry suggeri-sce di programmare la sveglia dei te-lefoni cellulari affinché suoni alle tre del pomeriggio, se possibile, o anche all’ora di uscire per pranzo. Il sugge-rimento non è una novità, poiché, af-ferma Mons. Conry, l’usanza di pre-gare nell’ora in cui il Nostro Signo-re è spirato sulla Croce, fa parte di una tradizione che in Inghilterra risa-le al XVII secolo. Non si suggerisce nessuna preghiera in particolare, la miglior cosa è che la persona preghi nel modo che la grazia gli suggerisce al momento, poiché “le parole esat-te non sono così importanti come il fatto di fare una pausa per stare con Gesù per alcuni istanti”.

Uruguay: dall’anticlericalismo alla comprensione della Fede

La scrittrice e avvocatessa Laura Inés Álvarez Goyoaga è nata in un ambiente refrattario alla Religione: la sua famiglia non solo non era cat-tolica, “ma anche molto anticlerica-le”, secondo quello che lei stessa ha riferito all’agenzia ACI. Così è vissu-ta fin quando ebbe un incontro for-tuito con l’allora Don Alberto San-guinetti, attuale Vescovo di Canelo-nes, durante una Messa, alla quale aveva assistito per caso.

Migliaia di famiglie nella Giornata Mariana della Famiglia

Varie migliaia di fedeli si so-no riunite nel Santuario della Ma-

Page 44: RAV115 - RAE131_201211.pdf

La statua della Madonna diFatima può visitare la sua

parrocchia!

Per informazioni o interessamenti:

[email protected]

oppureTel: (0039) 041 560 0891

Fax: 041 560 8828

44      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

donna di Torreciudad, in Spagna, per celebrare la Giornata Maria-na della Famiglia, che quest’anno è stata presieduta dall’Arcivesco-vo di Valencia, Mons. Carlo Oso-ro.

Come ha rilevato Mons. Osoro durante la Messa da lui celebra-ta, questa giornata ha contribuito nel corso dei suoi 23 anni di esi-stenza, a evidenziare il valore del-la famiglia per la società attuale. Essa, ha affermato il prelato, co-stituisce “il patrimonio più impor-tante dell’umanità”, e “svolge un ruolo molto importante per supe-rare la crisi economica, difenden-do valori permanenti e la conside-razione dell’uguale dignità di ogni persona”.

La XXIII edizione della Gior-nata si è focalizzata, in modo par-ticolare, in funzione dell’Anno del-la Fede. Durante l’Eucaristia, tut-ti i bambini presenti sono stati po-sti sotto la protezione della San-tissima Vergine. Sono state realiz-zate altre attività, tra le quali una processione con la recita del San-to Rosario.

Il Portogallo ospiterà la nuova edizione dell “Atrio dei Gentili”

L’Atrio dei Gentili è un evento or-ganizzato per rispondere al deside-

rio di Papa Benedetto XVI di crea-re uno spazio di dialogo tra creden-ti e non credenti. Il suo nome fa ri-ferimento allo spazio riservato, nel Tempio di Gerusalemme, ai non ebrei che ivi volevano pregare il ve-ro Dio.

Sono già state realizzate edi-zioni dell’Atrio dei Gentili in va-rie città europee. La prossima sa-rà nei giorni 16 e 17 del corren-te mese, rispettivamente a Gui-marães e a Braga, in Portogallo, e avrà come tema centrale Il Valore della Vita. La sua organizzazione è a carico dell’Istituto di Storia e Arte Cristiane (IHAC) dell’Arci-diocesi di Braga, in collaborazio-ne del Pontificio Consiglio per la Cultura, presieduto dal Cardinale Gianfranco Ravasi.

“Questa è un’iniziativa aper-ta al mondo del pensiero e dell’ar-te, per mostrare,che, insieme, è pos-sibile convivere” – ha dichiarato all’Ecclesia l’Arcivescovo di Braga Mons. Jorge Ortiga. Per il diretto-re dell’IHAC, Canonico José Paulo Abreu, lo spirito dell’ Atrio dei Gen-tili è di riunire “differenti sguardi e prospettive” sul tema scelto, con il contributo di “agnostici, atei, non credenti”. La coordinatrice genera-le dell’iniziativa, Isabel Varanda, ha chiarito: “Convochiamo tutti a ri-

flettere su quello che è costitutivo per noi”.

Muore Mons. Antonio Mucciolo, cofondatore della Rete Vita

Mons. Antonio Maria Muccio-lo, Arcivescovo emerito di Botuca-tu (Brasile) e cofondatore della Rete Vita di Televisione, è mancato in un ospedale di San Paolo il 29 settem-bre scorso, per insufficienza multipla degli organi. I resti mortali del Prela-to, che aveva 89 anni di età, sono sta-ti vegliati inizialmente nella Chiesa di San Geraldo delle Perdici, a San Pa-olo, poi nella Cattedrale di Botucatu, dove l’Arcivescovo Metropolitano, Mons. Maurizio Grotto di Camar-go, ha presieduto la solenne Messa di esequie, concelebrata dai Vescovi della Provincia Ecclesiastica e da nu-merosi sacerdoti. A questa ne sono succedute altre, durante la notte, nel-la Cattedrale di Sant’Anna.

Mons. Mucciolo era nato a Ca-stel San Lorenzo, il 1º maggio del 1923. Ancora bambino, partì per il Brasile con i suoi genitori ed entrò a 14 anni nel Seminario Arcidioce-sano di Botucatu. Fu ordinato pre-sbitero il 4 novembre del 1949 e Vescovo il 15 agosto del 1977. Nel 1995 fondò, insieme a João Mon-teiro de Barros Filho, la Rete Vita di Televisione.

Page 45: RAV115 - RAE131_201211.pdf

L’Arcidiocesi di Piura accoglie il congresso

teologico internazionale

N

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      45

el contesto dell’Anno della Fede, promulgato da Papa Benedetto XVI, e per commemorare

il 480º anniversario della fondazione di San Miche-le di Piura, la più antica città del Perù, è stato rea-lizzato, dal 27 al 30 settembre, il Congresso Teologi-co Internazionale, il cui tema si è basato sulle parole dell’Apostolo Paolo nella sua prima lettera ai Corin-zi: Saldi nella fede, siate forti (cfr. I Cor 16, 13).

Oltre 4500 partecipanti

L’anfiteatro del Collegio Don Bosco si è dimostra-to insufficiente ad accogliere gli oltre 4.500 parteci-panti, che hanno seguito con vivo interesse le diver-se conferenze proferite da un gruppo selezionato di docenti, tra i quali si sono distinti: il Cardinale Anto-nio Cañizares Llovera, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, e il Cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, Arcivescovo di Lima, che ha presieduto l’Eucarestia di chiusura, nella Basilica Cattedrale piurana.

Tre giorni di conferenze

Il primo giorno del Congresso è stato marcato dal ricordo del 50º anniversario del Concilio Vaticano II.

La conferenza del Car-dinale Cañizares ha ri-guardato il tema Il Con-cilio Vaticano II: Dono e Profezia. Mentre Mons. José Antonio Eguren Ansel-mi, SCV, Arcivescovo Metropolitano di Piura, ha svi-luppato il tema San Michele di Piura, porta della Fe-de per il Perù.

La seconda giornata, dedicata al Catechismo del-la Chiesa Cattolica, ha avuto come principale rela-tore il Dott. Gustavo Sánchez Rojas, direttore del-la Scuola di Specializzazione della Facoltà di Teolo-gia Pontificia e Civile di Lima, che ha parlato del Ca-techismo della Chiesa Cattolica: un regalo di Dio per il Terzo Millennio.

Il terzo giorno è stato segnato da due conferenze magistrali. Nella prima, Mons. Edoardo Maria Taus-sig, Vescovo di San Raffaele e Presidente della Com-missione della Pastorale Universitaria della Confe-renza Episcopale Argentina, ha trattato il tema: La Nuova Evangelizzazione: sfide e proiezioni. Nella se-conda, il Prof. Guzmán Carriquiry, Segretario della Pontifícia Commissione per l’America Latina, ha svi-luppato Una nuova scommessa per l’America Latina.

A sinistra, vista generale dell’Auditorio durante una delle sessioni; a destra alcuni dei principali relatori: i Cardinali Antonio Cañizares e Juan Luis Cipriani, Mons. José Antonio Eguren,

il Prof. Guzmán Carriquiry, accompagnato da sua moglie e alcuni arcivescovi e vescovi invitati

Jano

Ara

cena

Page 46: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Così ci tratta Dio...

Q

46      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

I frutti colti in quella regione avevano un sapore tutto speciale

StorIa Per bambInI... o aduLtI PIenI dI fede?

Il sindaco portò il bambino fino al banco, perché scegliesse quello che voleva. Dopo aver fatto un succulento pacchetto, egli tornò felice a casa, poiché per lo meno quel giorno non sarebbero andati a dormire affamati.

uell’anno forti tempora-li castigarono la regione montagnosa, dove vive-vano i nonni di Caio. Era

una zona ricchissima di piccoli vigne-ti e cantine artigianali. I frutti raccolti avevano un sapore tutto speciale, do-vuto al clima e alla composizione del suolo, tanto da far giungere la pro-

duzione fino alla capitale e crescere la fama dei suoi vini, di singolare de-gustazione. Col cattivo tempo, però, il raccolto era stato compromesso, di conseguenza, la produzione della be-vanda, portando molte famiglie a tro-varsi in serie difficoltà.

Caio aveva una particolare predi-lezione per la proprietà dei nonni e,

ogni anno, quando terminavano le le-zioni, faceva la va-ligia per andare in montagna a trascor-rere le vacanze con loro, cui voleva tan-to bene. La signora Anna e il signor Al-fredo lo aspettava-no sempre a braccia aperte, poiché il ni-pote era la gioia del-la casa. Molto viva-ce, di buon mattino egli accompagnava il nonno al lavoro dei campi, facendo festa per ogni grappolo d’uva che riusciva a cogliere, mettendosi

in punta di piedi, e se non fosse stato per la cura dell’amorevole e attento anziano, sarebbe entrato dritto nella pigiatrice, per spremere pure lui l’u-va. All’imbrunire, tutti si riunivano nella sala, padrone e dipendenti, do-ve pregavano insieme il Rosario alla Vergine Santissima e la sera, dopo la cena saporita preparata sulla stufa a legna, si fermavano a chiacchierare e donna Anna gli raccontava belle storie mentre sferruzzava.

Come sarebbero state quelle va-canze? Sebbene la stagione non fos-se propizia, poiché le strade erano in condizioni precarie a causa di varie frane e un’aria di tragedia spirava nell’area della viticoltura, l’insisten-za del bambino finì per vincere la re-sistenza dei genitori e alla fine si mi-sero in viaggio.

Giunti alla fattoria, poterono ren-dersi conto della desolazione: gran-di aree allagate, uva marcita nei cep-pi e pigiatrici vuote, per mancanza di frutti. I lavoratori erano fermi e se non fosse stato per i risparmi del nonno, avrebbero subito grandi pri-vazioni. Le piogge erano cessate; tut-tavia, ora si trattava di tentare di re-

Suor Anna Lucia Iamasaki, EP

Page 47: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo     47

Il dott. Augusto gli toccò la spalla con affetto dicendo: “Puoi scegliere quello che vuoi, perché pagherò tutto io”

cuperare quello che era rimasto. Sic-come le terre del signor Alfredo era-no le meno danneggiate, percorreva le proprietà vicine, aiutando i più bi-sognosi, e a volte portava il nipote.

Caio era un po’ spaventato, poiché per la prima volta prendeva contatto con così grandi calamità. Tutti i gior-ni accompagnava anche la nonna al-la chiesa del villaggio, dove la popo-lazione si riuniva per pregare, dopo la Messa vespertina, una novena alla Patrona, chiedendo aiuto in una così grave emergenza. Egli aveva già fatto la Prima Comunione e, nella sua azio-ne di grazie, chiedeva con ardore a Gesù nascosto nel suo petto innocen-te di provare compassione per quella gente e di consolare i bambini, poiché ne aveva visti alcuni che piangeva-no per la fame negli angoli più colpi-ti, quando vi era passato con il nonno.

Una sera, rientrando dalla chiesa, la nonna decise di passare per il ne-gozio per fare delle spese. Per coin-cidenza, vi si trovava anche il dott. Augusto, sindaco del capoluogo, che era venuto al villaggio per vedere i danni e presentare un progetto di aiuto per il recupero delle proprie-tà e delle zone vinicole più colpite. Egli sorrise alla nonna e continuò il

suo spuntino e la conversazione con i suoi segretari riguardo ai piani di assistenza alla zona. All’improvviso, tutti videro entrare un bambino cen-cioso e molto piccolo che, timido, si era accostato alla parete di fon-do del negozio, fissando il pavimen-to, senza avere il coraggio di solleva-re gli occhietti umidi. Caio lo rico-nobbe immediatamente: era figlio di uno dei contadini del posto più de-solato che aveva visitato con il non-no. Doveva avere molta fame. Il sin-daco gli si avvicinò e chiese:

– Qual è il tuo nome? Dove abiti?Siccome il piccolo non diceva

nulla, Caio si fece avanti:– Lui abita vicino al ponte. So-

no stato a casa sua con mio nonno. Poveretto! La sua famiglia ha perso tutto con le piene!

Il dott. Augusto, con affetto, gli toccò la spalla, dicendo:

– Hai fame, vero?Egli fece cenno di sì col capo,

senza sollevare lo sguardo.– Guarda, puoi scegliere quello

che vuoi mangiare qui nel negozio, perché pagherò tutto io.

Solo allora il bambino sollevò gli occhietti imperlati di lacrime e ab-bozzò un lieve sorriso. Presolo per

mano, il sindaco lo portò fino al banco, perché scegliesse quello che voleva. Il piccolo però scelse solo un semplice casco di banane, perché es-so conteneva il numero esatto di ba-nane di cui aveva bisogno per darne ai genitori e ai fratelli.

– Solo questo? – replicò il dott. Au-gusto – Prendi qualcos’altro! Anche la tua famiglia ha fame. Devi avere dei fratellini. Prendi qualcosa per loro!

Armatosi di coraggio, egli allo-ra prese del formaggio, altra frutta, latte e dei panini. Dopo aver avuto il suo succulento pacchetto, in cui il sindaco aveva aggiunto vari altri dol-ci e cioccolata, tornò felice a casa, perché per lo meno quel giorno non sarebbero andati a dormire affamati.

La proprietaria del negozio, la si-gnora Adelaide, osservava tutto sen-za dire una sola parola. Terminato lo spuntino, il dott. Augusto e i suoi accompagnatori si diressero in fret-ta alla cassa per pagare il conto, poi-ché si stava già facendo buio e dove-vano tornare in città per strade pie-ne di curve e sdrucciolevoli. Quan-do chiese quanto doveva per il suo spuntino e per quello del bambino, la signora Adelaide rispose:

– Nulla! Faccia un buon viaggio, dottore! Avendo visto il suo atto di bontà così bello, io non potrei fare altrimenti con lei.

Il sindaco, attonito, ringraziò e uscì, esclamando:

– Un villaggio dove impera tale spirito caritatevole tra i suoi abitan-ti, non c’è maltempo che lo possa di-struggere! Contate sul nostro aiuto!

La signora Anna e Caio assistette-ro alla scena con grande ammirazio-ne ma dovevano anche loro tornare a casa. La pia signora, conducendo il nipote per mano, uscì dicendo:

– Così ci tratta Dio, figlio mio! Vedendo la liberalità che abbiamo verso gli altri, è ancor più generoso con noi, dandoci il centuplo. Non di-menticartelo mai: Egli non si lascia mai vincere in generosità! ²

Edi

th P

etitc

lerc

Page 48: RAV115 - RAE131_201211.pdf

48      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

I SantI dI ognI gIorno ________________________ novembre1. Solennità di Tutti i Santi.

Beato Ruperto Mayer (†1945). Sacerdote gesuita imprigiona-to nel campo di concentramento di Sachsenhausen, in Germania. Morì a Monaco, poco tempo do-po esser stato liberato.

2. Commemorazione di tutti i fedeli defunti.

San Vittorino, Vescovo e mar-tire (†cerca de 303). Vescovo di Ptuj, nell’attuale Slovenia. Pub-blicò numerosi scritti esegetici e fu martirizzato durante la perse-cuzione di Diocleziano.

3. San Martino de Porres, religioso (†1639).

Beata Alpaide, vergine (†1211). Contadina che visse riti-rata in una piccola cella a Cudot, in Francia, dove ricevette il dono del consiglio e di far miracoli.

4. XXXI Domenica del Tempo Ordinario.

San Carlo Borromeo, Vescovo (†1584).

San Felice di Valois, Fonda-tore (†sec. XIII). Principe del-la casa reale francese, che, do-po un periodo di vita eremitica, fondò con San Giovanni da Ma-ta a Cerfroid, in Francia, l’Ordine della Santissima Trinità.

5. Beato Gregorio Lakota, Vescovo e martire (†1950). Vescovo ausi-liare di Przemyśl, in Polonia, in-carcerato nel campo di concen-tramento di Abez, in Siberia, do-ve morì.

6. San Teobaldo, sacerdote (†1070). Religioso dei Canonici Regola-ri di Sant’Agostino è deceduto a Dorat, in Francia. Fu guardiano della chiesa, dalla quale usciva solamente per prestare assistenza agli infermi.

7. Santi Giacinto Castañeda e Vin-cenzo Lê Quang Liêm, sacerdo-ti e martiri (†1773). Religiosi do-menicani, martirizzati a Ket Cho, in Vietnam, durante il regno di Trinh Sâm.

8. San Deusdedit I, Papa (†618). Go-vernò la Santa Chiesa con sempli-cità e sapienza, dedicando amore al clero e ai fedeli.

9. Dedicazione della Basilica Late-ranense.

Beato Gabriele Ferretti, sacer-dote (†1456). Religioso france-scano, che brillò nell’assistenza ai bambini e agli infermi, nell’obbe-dienza e nell’osservanza della re-gola. Morì nel convento di Anco-na.

10. San Leone Magno, Papa e Dot-tore della Chiesa (†461).

Santi Narsete, Vescovo, e Giu-seppe, entrambi martiri (†343). Per essersi rifiutati di adorare il Sole, come ordinava il re Sapor II, furono decapitati in Persia.

11. XXXII Domenica del Tempo Or-dinario.

San Martino di Tours, Vesco-vo (†397).

Beata Alicia Kotowska, vergi-ne e martire (†1939). Religiosa della Congregazione delle Suore della Resurrezione, fucilata a La-ski Piasnica, in Polonia.

12. San Giosafat Kuncewicz, Vesco-vo e martire (†1623).

San Diego di Alcalá, religio-so (†1463). Francescano spagno-lo che si distinse per la sua umiltà e carità nell’assistenza agli infer-mi, tanto nelle Isole Canarie co-me nel Monastero di Santa Maria in Aracœli, a Roma.

13. Sant’Agostina Pietrantoni, ver-gine (†1894). Religiosa della Congregazione delle Suore della Carità, dedita alla cura dei mala-ti di tubercolosi nell’ospedale del Santo Spirito, a Roma; qui morì pugnalata da un infermo infuria-to.

14. San Siardo, (†1230). Abate pre-monstratense di Mariengarde, in Olanda, si distinse per l’osservan-za della regola e per la generosità verso i poveri.

15. Sant’Alberto Magno, Vescovo e Dottore della Chiesa (†1280).

San Giuseppe Mkasa Balikud-dembé, martire (†1885). Prefet-to del palazzo reale di Uganda, ricevette il Battesimo a 22 anni e convertì molti giovani a Cristo. Fu decapitato a 25 anni, su ordine del re Mwenga.

16. Santa Margherita di Scozia, re-gina (†1093).

Santa Geltrude, vergine (†1302).

Sant’Eucherio di Lione, Ve-scovo (†circa nel 450). Si ritirò

ww

w.s

antie

beat

i.it

Beato Ruperto Mayer

Page 49: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      49

I SantI dI ognI gIorno ________________________ novembrecon la sua famiglia per condurre una vita ascetica in un’isola vici-na a Lérins, in Francia e fu eletto Vescovo di Lione. Scrisse la storia di numerosi santi martiri.

17. Sant’Elisabetta di Ungheria, re-ligiosa (†1231).

Sant’Ilda, badessa (†680). Ba-dessa del monastero di Whitby, in Inghilterra, diede un’esimia for-mazione alle religiose e ai mona-ci sotto la sua direzione. Fu consi-gliera di re e principi.

18. XXXIII Domenica del Tempo Ordinario.

Dedicazione delle Basiliche dei Santi Pietro e Paolo, Aposto-li.

Sant’Oddone di Cluny, (†942). Secondo abate di Cluny, restaurò la disciplina monastica in nume-rosi monasteri di Francia e d’Ita-lia.

19. Beato Giacomo Benfatti, Vesco-vo (†1332). Religioso domenica-no, eletto Vescovo di Mantova. Oltre a rappacificare la città, soc-corse il popolo devastato da peste e carestia.

20. San Bernardo di Hildesheim, Vescovo (†1022). Restaurò la di-sciplina del clero per mezzo di numerosi sinodi e promosse la vi-ta monastica nella diocesi a Hil-desheim, in Germania.

21. Presentazione della Beata Vergi-ne Maria.

Beata Maria di Gesù Buon Pastore, vergine (†1902). Fondò a Roma l’Istituto delle Suore della Santa Famiglia di Nazareth, per aiutare gli immigranti della sua patria, la Polonia.

22. Santa Cecilia, vergine e martire (†sec. inc.).

San Benigno di Milano, Ve-scovo (†circa nel 470). Governò con somma fermezza e pietà la sua diocesi durante la confusio-ne provocata dalle invasioni bar-bariche.

23. San Clemente I, Papa e martire (†sec. I).

San Colombano, abate (†615).San Trudone, sacerdote (†cir-

ca nel 690). Consegnò tutti i suoi beni alla Chiesa di Metz e vi fon-dò un monastero, nel quale riu-nì molti discepoli. Morì a Saint-Trond, in Belgio.

24. Santi Andrea Dung-Lac, sacer-dote, e compagni, martiri (†1625-1886).

San Colmano di Cloyne, Ve-scovo (†604-608). Pagano e poeta della corte di Cashel, in Irlanda, si convertì al cristianesimo e fu eletto primo Vescovo di Cloyne.

25. XXXIV Domenica del Tempo Ordinario. Solennità Cristo Re dell’Universo.

Santa Caterina d’Alessandria, vergine e martire (†sec. inc.).

Beata Beatrice di Ornacieux, vergine (†1303-1309). Religiosa dell’Ordine Certosino, priora del monastero di Eymeu, in Francia, dove visse e morì in estrema po-vertà.

26. San Nicone, monaco (†998). Evangelizzò l’isola di Creta, ap-pena liberata dal dominio sara-ceno. Predicò poi in Grecia, dove morì in un monastero da lui fon-dato, a Sparta.

27. Beati Tommaso Koteda Kiuni e compagni, martiri (†1619). De-capitati a Nagasaki, in Giappone, per ordine del governatore Gon-zuku.

28. San Giacomo della Marca, sa-cerdote (†1476). Francescano, discepolo di San Bernardino da Siena, predicò in Italia, Polonia, Boemia, Bosnia e Ungheria. Mo-rì a Napoli.

29. San Filomeno, martire (†sec. III). Fu gettato sul fuoco ad Anci-ra, in Turchia, durante la persecu-zione di Aureliano.

30. Sant’Andrea, Apostolo. Secondo la tradizione, fu crocefisso a Pa-trasso, in Grecia, intorno all’an-no 60.

San Taddeo Liu Ruiting, sa-cerdote e martire (†1823). Dopo aver sopportato supplizi e più di due anni di carcere, morì strango-lato a Quxian, in Cina.

Santa Caterina d’Alessandria – Portico della chiesa di

San Giovanni Tsakos, Atene

Page 50: RAV115 - RAE131_201211.pdf

D

Pace, umiltà, mansuetudine

50      Araldi del Vangelo · Novembre 2012

Saranno i fondamenti della vita interiore riservati soltanto alle anime che vivono all’interno di un monastero, dedite alla contemplazione?

Emelly Tainara Schnorr

all’altro lato dell’im-mensità dell’Oceano, in una delle più calde aree dell’Andalusia, si trova

l’antico palazzo dei Conti di Palma. La sua costruzione, in stile mudéjar, richiama l’attenzione sia per la sua antichità e storia, ma, soprattutto, perché accoglie una realtà molto più alta e sublime: la comunità delle Car-melitane Scalze di Écija, note come le “Terese” in omaggio alla grande Madre Fondatrice.

All’ingresso dell’edificio, le prime impressioni cominciano a invadere la nostra anima e ci invitano ad al-zare lo sguardo verso panorami su-periori, che si contrappongono al-le preoccupazioni terrene. Già nel chiostro, archi rustici e saldi sembra-no simbolizzare la solidità dei prin-cipi che reggono la vita quotidia-

na entro quelle pareti. Croci fred-de, dure e nude, appese alle pareti, ricordano a chi abita in quel luogo il supremo sacrificio di Cristo, mentre nella cappella, il soave e perseveran-te scintillare del lume invita con in-sistenza a unirci al Dolce Gesù, ve-ramente presente nel tabernacolo in Corpo, Sangue, Anima e Divinità, sotto le specie eucaristiche.

Le sale e le celle del monastero sono contraddistinte dalla semplicità, con l’obiettivo di facilitare la preghie-ra e la meditazione, così necessarie a noi e gradite a Dio; l’insieme dell’e-dificio si trova avvolto da un’atmosfe-ra soprannaturale che riempie l’ani-ma di dolce e pacifico refrigerio.

Suscitano l’attenzione, infatti, la calma e la serenità che aleggia-no in quell’ambiente monacale, do-minato da un silenzio rotto appe-

na dal cinguettio degli uccelli o dai passi di una carmelitana che passa discretamente, rispondendo al rin-tocco della campana: sembra vive-re in costante dialogo con gli Ange-li e con Dio.

Tale silenzio avvolge e rappacifi-ca lo spirito, invitando a dimentica-re tutto quello che succede al di fuo-ri di quell’ambiente raccolto e bene-detto. Con parole mute e imponde-rabili, ma tanto eloquenti, esso sem-bra dire:

– Figlio mio, fermati a contempla-re quante belle cose ci sono in que-sto mondo sacro che non riguardano le preoccupazioni di tutti i giorni, le questioni terra-terra, l’agire per l’agi-re. In ognuno di noi esiste un mondo interiore nel quale Dio prende con-tatto con la nostra anima. È il mon-do del soprannaturale, che in un mo-

Page 51: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Novembre 2012 · Araldi del Vangelo      51

Diversi aspetti della vita nel Convento delle Carmelitane Scalze di

San Giuseppe, a Écija (Spagna)

Foto

s: G

usta

vo K

ralj

do misterioso filtra fino a noi e diven-ta sensibile al nostro spirito.1

Presi da quest’atmosfera, ci imbat-tiamo in una targa affissa in un luo-go ben visibile che ammonisce: “La mansuetudine, l’umiltà e la pace so-no i fondamenti della vita interio-re”. Ora, come riassume bene que-sta frase il segreto della vita monasti-ca! Se ci incantano la robustezza e la sobrietà degli archi del chiostro o la luminosità filtrata della cappella, se ci sentiamo attirati dallo scampanio della campana o se siamo conforta-ti dalle benedizioni che emanano da tutto l’ambiente, la ragione di questo si trova nella vita interiore delle per-sone che vi abitano. La costruzione non è nulla se le anime non sono in grazia, poiché sono loro “come pietre vive” (I Pt 2, 5), che fanno di questo luogo un edificio spirituale.

Saranno, tuttavia, i fondamenti della vita interiore riservati soltanto a coloro cui Dio chiede la rinuncia allo splendore e alla gloria del mondo per brillare solamente per Lui nelle clau-sure, dedicandosi alla contemplazio-ne? È evidente che no! Dalle divine labbra del nostro Salvatore è sboccia-to un insegnamento, nel quale è con-segnato il mezzo grandioso, e nel-lo stesso tempo semplice, con il qua-le ogni battezzato può raggiungere la mansuetudine, l’umiltà e, di conse-guenza, ottenere la pace: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuo-re, e troverete ristoro per le vostre anime” (Mt 11, 29). ²

1 Cfr. CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Conferenza. San Paolo, 13 set. 1972.

Page 52: RAV115 - RAE131_201211.pdf

Otá

vio

de M

elo

“Madonna delle Grazie” – Seminario degli Araldi del Vangelo, Caieiras (Brasile)

Dio Padre ha messo insieme tutte le ac-

que e le ha denominate mare; ha riunito tutte le sue grazie e le ha chiama-te Maria. Questo grande Dio ha un tesoro, un de-posito ricchissimo, dove ha racchiuso tutto quello che c’è di bello, luminoso, raro e prezioso, persino il proprio Figlio; questo te-soro immenso è Maria, che gli Angeli chiamano il tesoro del Signore, e della cui pienezza gli uomini si arricchiscono.

(San Luigi Maria Grignion de Montfort, “Trattato

della vera devozione alla Santissima Vergine”)