radiations - fisicanucleare.itfisicanucleare.it/documents/radiations_2017.pdf · 2017-07-08 · 2.2...

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CORSO DI FISICA NUCLEARE - PAOLO FINELLI DIP. FISICA ED ASTRONOMIA - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA 1 Radiations © LEGO Radionuclides Interactions with matter Biological eects Radiocarbon dating

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CORSO DI FISICA NUCLEARE - PAOLO FINELLI DIP. FISICA ED ASTRONOMIA - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

1

Radiations

© LEGO

Radionuclides Interactions with matter Biological effects Radiocarbon dating

Beta-plus radioactivityandelectron captureThe nucleus emits a positron (anti-electron) at the same time as a neutrino. A protondisintegrates into a neutron. A similar but di¡erent process is electron capture by aproton.

pþ e" ! nþ !

protonþ electron ! neutronþ neutrino

Theatomemits aperipheral electronto ensurethenuclide remainsneutral.

AZA ! A

Z"1Bþ eþ þ ! "þ radioactivity

or

AZAþ e" ! A

Z"1Bþ ! electron capture:

This is represented in the (Z, N) diagram by a diagonal shift down and to the right.Notice that neither of these forms of radioactivity involves a change in mass number. It

Neutron number (N)

Sm α

Nd

Prot

on n

umbe

r (Z

)

α radioactivity

N increases by 1

Z decreases by 1

N decreases by 2

N decreases by 1

Z decreases by 1

Z decreases by 2

β + radioactivityor electron

capture

β −radioactivity

144 147 148 149 150 152 154

142

Sr

Rb

84 86

85

87 88

87

Al

Mg 24

26

25

27

26

143 144 145 146 148 150

Valley o

f stabilit

y

Figure 1.6 The various types of radioactivity in the neutron–proton diagram. Notice that all forms ofdisintegration shift the decay products towards the valley of stability. Radioactivity seems to restore thenuclear equilibrium of nuclides lying outside the valley of stability and so in disequilibrium.

22 Isotopes and radioactivity

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Natural radiations

© Wikipedia

© Isotopes Geology

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Natural radiations: where they come from

Cosm

ic ra

ys

Natural radionuclides

Artificial radionuclides (produced by men)

Cosmogenic radionuclides

36 2 Radiazione ambientale naturale

2.4 I raggi cosmici

L’atmosfera terrestre e investita da un flusso di particelle che appartengonoalla radiazione cosmica. Essa e prodotta soprattutto al di fuori del sistemasolare e la sua composizione e costituita da tutte le particelle stabili (fotoni,neutrini, elettroni, positroni e protoni) e da nuclei con vita media dell’ordine di106 anni o piu. La radiazione cosmica e costituita da una componente emessada sorgenti astrofisiche e da una prodotta dall’interazione della componenteprimaria con il gas interstellare.

Fig. 2.5. Componenti cariche della radiazione cosmica primaria.[16]

Una frazione dei γ, gli elettroni, i positroni, i protoni e l’elio cosı come ilcarbonio, l’ossigeno, il ferro e altri nuclei sintetizzati nelle stelle fanno parte deiraggi cosmici primari. Appartengono alla radiazione primaria anche i neutrini(prevalentemente di origine solare), che sono presenti in grande abbondanza

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26 2 Radiazione ambientale naturale

2.2 Radionuclidi naturali primordiali

I radionuclidi naturali primordiali, elencati in tab.2.1, sono caratterizzati oda una vita media dell’ordine dell’eta della terra (o maggiore di essa) o dal-l’appartenenza a una famiglia radioattiva con capostipite avente la precedenteproprieta. I nuclei del primo gruppo sono una decina e fra di essi c’e il 40K, chee uno dei due principali responsabili del fondo radioattivo interno del corpoumano (l’altro e il 14C, vedi par.2.7.8).

Tabella 2.1. Nuclei radioattivi primordiali. CE = Cattura Elettronica

Nuclide Abbondanza Prodotti Modo del T1/2(anni)isotopica (%) stabili dei decadimento

decadimenti

4019K 0.0117

4018Ar4020Ca

CE, β+

β− 1.28 · 109

5023V 0.25

5022Ti5024Cr

CE, β+

β− 1.4 · 1017

8737Rb 27.835 87

38Sr β− 4.75 · 1010

11348 Cd 12.22 113

49 In β− 9.3 · 1015

11549 In 95.71 115

50 Sn β− 4.41 · 1014

12352 T l 0.908 123

51 Sb CE 1.2 · 1013

13857 La 0.09

13856 Ba13858 Ce

CE, β+

β− 1.05 · 1011

14460 Nd 23.80 140

58 Ce α 2.29 · 1015

14762 Sm 15.0 143

60 Nd α 1.06 · 1011

15264 Gd 0.20 148

62 Sm α 1.1 · 1014

17472 Af 0.162 170

70 Y b α 2.0 · 1015

17671 Lu 2.59 176

72 Hf β− 3.73 · 1010

18775 Re 62.93 187

76 Os β− 4.35 · 1010

23290 Th 100.0 208

82 Pb α (famiglia 1.40 · 1010

radioattiva)

23592 U 0.72 207

82 Pb α (famiglia 7.03 · 108

radioattiva)

23892 U 99.27 206

82 Pb α (famiglia 4.47 · 109

radioattiva)© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

Natural radiations: primordial nuclides

28 2 Radiazione ambientale naturale

Tabella 2.2. Abbondanza dei nuclei sulla terra in peso (parti per milione, ppm) diU, Th e K in vari ambienti terrestri. L’abbondanza isotopica di 238U e 232Th e circadel 100%, quella dell’isotopo radioattivo 40K del 1.17%

U Th K

Rocce 1.8 6 1.5 · 103

Mari 3.3 · 10−3 4 · 10−8 4.14 · 102

Fiumi 4 · 10−5 10−4 2.3

Corpo umano 1.4 · 10−3 1.4 · 10−3 2 · 103

2.2.1 L’uranio

L’uranio puro e un metallo di colore argenteo, duttile, malleabile, piroforico.Gli isobari noti sono 25 (con A = 218 − 242). Di essi l’238U e l’235U sono idue isotopi a lunga vita media, quindi quasi stabili, piu abbondanti (99.2745% e 0.72 %); il terzo isotopo quasi stabile e l’234U (0.0055 %).

A causa della lunga vita la sua attivita e piccola ( A(238) = 12.4 · 103

decadimenti /s ·g; A(235) = 80 ·103 decadimenti/s ·g; A (miscela isotopica) =13 · 103 decadimenti /s · g).

L’uranio e distribuito su tutta la superficie terrestre come indicato in tab.2.2. I principali minerali contenenti uranio sono la pechblenda o uranite, lacarnotite e l’autunite (tutti ossidi di uranio).

L’uranio ha una densita molto elevata (19.05g/cm3, circa il doppio delpiombo), che lo rende utile nella costruzione delle chiglie delle imbarcazioni,negli stabilizzatori degli aerei e negli schermi radiologici. Alcuni minerali se-condari hanno colori brillanti e fosforescenti e furono usati in passato comecoloranti.

L’uranio e alla base del funzionamento dei reattori nucleari. In particolare,l’235U e “fissile”, cioe soggetto a fissione indotta, processo fondamentale nellaproduzione dell’energia elettrica. L’238U non e fissile, ma e in grado di cattura-re neutroni (per esempio quelli emessi nella fissione dell’235U) trasformandosiindirettamente in 239Pu, nucleo fissile come l’235U . Per questa proprieta l’238Ue detto “fertile”. Poiche l’uranio naturale contiene una piccola percentuale di235U (0.7%), ai fini dell’utilizzo nei reattori esso viene “arricchito” di tale

relazione

Am = 1

m

Pk

λknk = 1m

Pk

λkmkAk

NAvogadro = 1m

Pk

λkaikmrad

AkNAvogadro =

= 1m

Pk

λkaik(fradm)

AkNAvogadro =

Pk

λkaikfrad

AkNAvogadro

L’attivita e tanto piu piccola quanto piu piccola e la concentrazione frad

degli elementi radioattivi.

ppm (parts per million)

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• Three main decay chains (or families) are observed in nature: the thorium, the radium (or uranium) and the actinium series, ending in three different stable isotopes of lead.

• The mass number of every isotope in these chains can be represented as A = 4n, A = 4n + 2, and A = 4n + 3, respectively.

• The long-lived starting isotopes of these three isotopes have existed since the formation of the earth, ignoring the artificial isotopes and their decays since the 1940s.

• Due to the quite short half-life of its starting isotope neptunium-237 (2.14 million years), the fourth chain, the neptunium series with A = 4n + 1, is already extinct in nature, except for the final step: decay of bismuth-209.

Decay chain: families

2.2 Radionuclidi naturali primordiali 27

La maggior parte dei radionuclidi naturali primordiali appartiene a trefamiglie aventi per capostipiti l’238U , l’235U e il 232Th, rispettivamente (vedile figure 2.1, 2.2 e 2.4). Tutte e tre le famiglie terminano con isotopi stabilidel piombo.

I numeri di massa dei nuclei appartenenti alle tre famiglie sono esprimibilitramite le relazioni A = 4n, A = 4n + 2 e A = 4n + 3 (con n intero).Manca la famiglia con A = 4n + 1! Questa e stata scoperta nel campo deiradionuclidi artificiali (famiglia del nettunio) e la sua assenza in natura sispiega col fatto che tutti i suoi nuclei hanno vita media breve rispetto all’etadella terra; il nettunio ha un tempo di dimezzamento dell’ordine di 106 annicontro, per esempio, i 109 anni dell’ 238U . Quello che resta oggi in natura diquesta famiglia e l’elemento stabile 209Bi.

La radioattivita dei minerali contenenti uranio (e le stesse considerazionivalgono per il torio) e prodotta sia dall’attivita dell’ 235U e dell’238U sia daquella dei loro discendenti. Dato il grande periodo dei capostipiti, i discendentisono in equilibrio radioattivo fra loro e con i rispettivi capostipiti. Cio significache tutti i nuclei di una famiglia hanno la stessa attivita uguale a quelladel capostipite; quindi, se X indica un nucleo generico e A il capostipite, ilrapporto

nX

nA=

TX1/2

TA1/2

(2.1)

e costante in tutti i minerali contenenti il capostipite A (vedi par. 1.3.3 delcap.1). Per esempio, se A = 238U e X = 235Ra, risulta

n226Ra

n238U

=1600 a

4.47 109 a=

0.358 10−3

103;

vale a dire, a 1 Kg di 238U si accompagnano 0.358 mg di 226Ra, come siconstata sperimentalmente.

Fanno parte delle famiglie radioattive tre isotopi dell’unico elemento ra-dioattivo naturale gassoso a temperatura ambiente, il Radon (o Emanazione):222Rn ,220Rn,219Rn . Il 222Rn ha una particolare rilevanza nell’inquinamentoambientale, come sara illustrato nel par.2.8.

Inoltre, da un minerale di 238U (o di altra sorgente radioattiva) sono emessenon solo particelle α e β−, ma anche raggi γ e raggi X. Cio e dovuto al fattoche i nuclei figli e gli atomi di cui fanno parte possono essere prodotti in statieccitati, dai quali decadono in altri stati eccitati o allo stato fondamentalecon transizioni elettromagnetiche. In generale l’attivita dei minerali e piccolaperche la concentrazione dei radioisotopi e piccola e il periodo grande (lacostante di decadimento e piccola).1

1 Si consideri, per esempio, un materiale di massa m costituito da una partemnr = fnrm priva di elementi con isotopi radioattivi e una parte mrad = fradmcontenente un elemento con isotopi radioattivi di abbondanza isotopica relativaaik. Per la 1.15 del Cap.1, l’attivita per unita di massa del materiale e data dalla

Secular equilibrium

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232Th decay chain

© Wikipedia and metadata.berkeley.edu

The 4n chain of Th-232 is commonly called the Thorium Series.

Beginning with naturally occurring thorium-232, this series includes the following elements: actinium, bismuth, lead, polonium, radium and radon.

The series terminates with lead-208.

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Gamma-ray energy spectrum of uranium ore. Gamma-rays are emitted by decaying nuclides, and the gamma-ray energy can be used to characterize the decay. Using the gamma-ray spectrum, several nuclides that are typical of the decay chain of 238U have been identified: 226Ra, 214Pb, 214Bi.

Uranium decay chain

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The 4n+3 chain of uranium-235 is commonly called the Actinium series.

Beginning with the naturally-occurring isotope U-235, this decay series includes the following elements: actinium, astatine, bismuth, francium, lead, polonium, protactinium, radium, radon, thallium, and thorium.

This series terminates with the stable isotope lead-207.

235U decay chain

© Wikipedia and metadata.berkeley.edu

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The 4n+2 chain of U-238 is commonly called the Radium Series (sometimes Uranium Series).

Beginning with naturally occurring uranium-238, this series includes the following elements: astatine, bismuth, lead, polonium, protactinium, radium, radon, thallium and thorium.

The series terminates with lead-206.

238U decay chain

© Wikipedia and metadata.berkeley.edu

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239Pu decay chain

© Wikipedia and metadata.berkeley.edu

Pu-239 decays into U-235, which is the start of the Actinium Series.

Beginning with the isotope U-235, this decay series includes the following elements: Actinium, astatine, bismuth, francium, lead, polonium, protactinium, radium, radon, thallium, and thorium.

This series terminates with the stable isotope lead-207.

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241Am decay chain

© Wikipedia and metadata.berkeley.edu

Am-241 decays into Np-237 and then follows the Neptunium Series decay chain.

The following elements are also present, at least transiently, as decay products of the neptunium: actinium, astatine, bismuth, francium, lead, polonium, protactinium, radium, thallium, thorium, and uranium.

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241Am decay chain smoke detectors

© Wikipedia and Stanford Univ.

If the air contains smoke, electrostatic attraction causes the smoke particles to stick to ions in the ionization chamber. The ions do not lose their electric charges when this happens, but since the smoke particles are quite large compared to the ionized air molecules, the average mass of the charged particles in the ionization chamber increases. These particles are still in thermal equilibrium with the surrounding air, so they must have the same average thermal energy. Thermal energy in a gas is proportional to mv2, so if the average mass m of the ions increases, then their average speed v must decrease for the thermal energy to stay the same. The decrease in average speed shows up as a decrease in the measured current, which is what triggers the smoke detector's alarm.

The ionization chamber in a smoke detector is essentially made by two metal plates at different voltages. The ambient air molecules flow between the plates, where they are ionized by the radiation source. The negative and positive ions then are attracted to the positive and negative plates, resulting in a measurable constant current.

36 2 Radiazione ambientale naturale

2.4 I raggi cosmici

L’atmosfera terrestre e investita da un flusso di particelle che appartengonoalla radiazione cosmica. Essa e prodotta soprattutto al di fuori del sistemasolare e la sua composizione e costituita da tutte le particelle stabili (fotoni,neutrini, elettroni, positroni e protoni) e da nuclei con vita media dell’ordine di106 anni o piu. La radiazione cosmica e costituita da una componente emessada sorgenti astrofisiche e da una prodotta dall’interazione della componenteprimaria con il gas interstellare.

Fig. 2.5. Componenti cariche della radiazione cosmica primaria.[16]

Una frazione dei γ, gli elettroni, i positroni, i protoni e l’elio cosı come ilcarbonio, l’ossigeno, il ferro e altri nuclei sintetizzati nelle stelle fanno parte deiraggi cosmici primari. Appartengono alla radiazione primaria anche i neutrini(prevalentemente di origine solare), che sono presenti in grande abbondanza

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Natural nuclear radiations: cosmogenic nuclides and primary cosmic rays

2.5 Radionuclidi naturali cosmogenici 41

147 N + n → 11

5 B + 42He Es ≈ 1MeV

147 N + n → 12

6 C + 31H Es ≈ 4MeV

168 O + n → 10

4 Be + 74Be Es > 40MeV

168 O + n → 14

6 C + 32He Es > 40MeV

Es e l’energia di soglia dei neutroni o energia cinetica minima perche av-venga la reazione. Dal decadimento β del trizio ha origine la maggior partedell’3He presente nell’atmosfera.

Tabella 2.4. Nuclei cosmogenici osservati. I “nuclei coinvolti” sono i principalinuclei della crosta terrestre e dell’atmosfera (tra parentesi) la cui interazione con laradiazione cosmica puo dare origine ai nuclei elencati nella prima colonna.[20]

Radio Modo del T1/2 (anni) Nuclei coinvoltiNuclide decadimento

3H β− 12.33 anni O,Mg,Si,Fe(O,N)

3He stabile (O)

10Be β− 1.51 · 106 anni O,Mg,Si,Fe(O,N)

14C β− 5730 anni O,Mg,Si,Fe(N)

21Ne stabile Mg,Al,Si,Fe

36Cl β− 3.01 · 105 anni Fe,Ca,K,Cl(Ar)

36Ar CE, β+ 35 giorni Fe,Ca,K,Cl(Ar)

39Ar β− 269 anni Fe,Ca,K (Ar)

41Ca CE; β+ 1.03 · 105 anni Ca, Fe

129I β− 1.57 · 107 anni Te,Ba,La,Ce(Xe)

126Xe stabile Te,Ba,La,Ce,I

Nella bassa atmosfera e nella crosta terrestre i nuclei cosmogenici hannoorigine prevalentemente dalla cattura dei muoni negativi lenti e dalle disin-tegrazioni nucleari prodotte dai muoni veloci. La concentrazione dei nucleiradiogenici dipende dall’intensita della radiazione cosmica che raggiunge l’at-mosfera terrestre la quale, come si e gia detto, dipende dall’intensita del cam-po magnetico terrestre e, secondariamente, di quello solare. E’ stato accertatoche l’intensita del campo magnetico terrestre ha subito rilevanti variazioninel corso dei secoli, con conseguente variazione della produzione dei nuclei

© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

40 2 Radiazione ambientale naturale

Fig. 2.9. Flussi verticali dei raggi cosmici con E > 1 GeV a varie profondita nel-l’atmosfera stimati sulla base del flusso dei nucleoni. I quadratini mostrano le misuredi muoni negativi con E > 1 GeV . Modificato da [16]

loro volta prodotti dall’interazione dei protoni primari con i nuclei atmosferici.In seguito a un grande numero di collisioni i neutroni possono essere rallenta-ti fino a raggiungere energie termiche alle quali hanno elevata probabilita diessere assorbiti dall’azoto dando origine al 14C:

147 N + n → 14

6 C + p.

Altri esempi di reazioni, con probabilita molto inferiore, sono i seguenti:

2.5 Radionuclidi naturali cosmogenici 41

147 N + n → 11

5 B + 42He Es ≈ 1MeV

147 N + n → 12

6 C + 31H Es ≈ 4MeV

168 O + n → 10

4 Be + 74Be Es > 40MeV

168 O + n → 14

6 C + 32He Es > 40MeV

Es e l’energia di soglia dei neutroni o energia cinetica minima perche av-venga la reazione. Dal decadimento β del trizio ha origine la maggior partedell’3He presente nell’atmosfera.

Tabella 2.4. Nuclei cosmogenici osservati. I “nuclei coinvolti” sono i principalinuclei della crosta terrestre e dell’atmosfera (tra parentesi) la cui interazione con laradiazione cosmica puo dare origine ai nuclei elencati nella prima colonna.[20]

Radio Modo del T1/2 (anni) Nuclei coinvoltiNuclide decadimento

3H β− 12.33 anni O,Mg,Si,Fe(O,N)

3He stabile (O)

10Be β− 1.51 · 106 anni O,Mg,Si,Fe(O,N)

14C β− 5730 anni O,Mg,Si,Fe(N)

21Ne stabile Mg,Al,Si,Fe

36Cl β− 3.01 · 105 anni Fe,Ca,K,Cl(Ar)

36Ar CE, β+ 35 giorni Fe,Ca,K,Cl(Ar)

39Ar β− 269 anni Fe,Ca,K (Ar)

41Ca CE; β+ 1.03 · 105 anni Ca, Fe

129I β− 1.57 · 107 anni Te,Ba,La,Ce(Xe)

126Xe stabile Te,Ba,La,Ce,I

Nella bassa atmosfera e nella crosta terrestre i nuclei cosmogenici hannoorigine prevalentemente dalla cattura dei muoni negativi lenti e dalle disin-tegrazioni nucleari prodotte dai muoni veloci. La concentrazione dei nucleiradiogenici dipende dall’intensita della radiazione cosmica che raggiunge l’at-mosfera terrestre la quale, come si e gia detto, dipende dall’intensita del cam-po magnetico terrestre e, secondariamente, di quello solare. E’ stato accertatoche l’intensita del campo magnetico terrestre ha subito rilevanti variazioninel corso dei secoli, con conseguente variazione della produzione dei nuclei

Radiocarbon dating

Es: threshold energy

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Natural radiations: artificial nuclides

42 2 Radiazione ambientale naturale

radiogenici, come verra illustrato nel cap.3. La produzione di radionuclidi allasuperficie terrestre e molto bassa (circa 30 cm−2h−1 al livello del mare). Tradi essi il 14C, la cui produzione e di 2.5 cm−2h−1, da un sensibile contributoalla radioattivita negli organismi biologici (vedi par.2.7.8) ed e di rilevanteinteresse nella datazione di reperti archeologici (cap.3).

Lo studio dei nuclei radiogenici contribuisce alle nostre conoscenze sullevariazioni del clima, sull’evoluzione dei ghiacciai e di siti terrestri e marini (inrelazione a fenomeni di stratificazione, migrazione ed erosione), sull’attivitasolare e sul campo magnetico terrestre.

2.6 Radionuclidi artificiali (cenni)

I nuclei radioattivi artificiali sono prodotti principalmente nei processi di fis-sione nei reattori nucleari e nelle esplosioni nucleari e nelle collisioni nucleone-nucleo e nucleo-nucleo presso gli acceleratori in laboratori di ricerca fisica emedica. Nei processi di fissione sono prodotti principalmente nuclei con A fra70 e 160. I radionuclidi artificiali sono sorgenti di α, e±, ν, ν e γ. Un certonumero appartiene alla famiglia artificiale con capostipite il 237Np.

Tabella 2.5. Nuclei artificiali presenti nell’ambiente (FS = Fissione Spontanea).

Radio Modo del T1/2

nuclide decadimento

3H β 12.33 anni

14C β 5730 anni

38Sr β 28.78 anni

134Cs β, γ 2.1 anni

137Cs β, γ 30 anni

131I β, γ 8 giorni

103Ru β 39.26 giorni

140Ba β 12.75 giorni

244Pu α, FS 8.08107 anni

Esempi significativi sono riportati in tab. 2.5. Alcuni di essi sono anchecosmogenici ed e difficile stabilire quale frazione sia di un tipo e quale dell’al-tro. Usualmente sono presenti nell’ambiente in basse concentrazioni e la lororadioattivita media e inferiore a quella dei radionuclidi naturali. Tuttavia nel

© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

Dangerous elements in nuclear fallouts (Chernobyl)

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16

Biological effects

© Marvel Comics

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17

Biological effects

4

Capitolo 1. Introduzione Con il termine radioattività intendiamo la disintegrazione o il riassestamento spontanei di nuclei atomici con emissione di particelle e/o onde elettromagnetiche. Il fenomeno fu messo per la prima volta in evidenza nel lontano 1896 da Antoine-Henri Bequerel, che notò come sali di uranio emettessero radiazioni capaci di impressionare una lastra fotografica, anche se protetta da uno schermo in grado, invece, di fermare i raggi luminosi. Furono Marie e Pierre Curie a continuare gli studi, sviluppando camere a ionizzazione per evidenziare e misurare le radiazioni. In questo modo trovarono che alcuni minerali di uranio (famosa a questo proposito una varietà denominata pechblenda) erano molto più radioattivi dei sali usati da Bequerel e che anche altri minerali presentavano fenomeni simili. In questo modo scoprirono nuovi elementi radioattivi, come il polonio, il radio e il torio. Fu subito chiara una delle proprietà fondamentali di queste radiazioni: lo sviluppo e il trasporto di energia. I Curie riuscirono a misurare questa energia prodotta, stabilendo ad esempio che un solo grammo di radio era in grado di produrre circa 400 Joule di energia all’ora, e che questo effetto perdurava nel tempo. La situazione era diversa da quella di un fenomeno simile, anch’esso in grado di produrre ionizzazione, basato su speciali radiazioni (raggi X) ottenute da Roentgen con particolari tubi a vuoto. In quel caso, infatti, il processo si interrompe allo spegnere la tensione acceleratrice del tubo. Si scoprì anche che vi sono almeno due componenti nelle radiazioni radioattive: le particelle D, in grado di penetrare solo poche decine di micrometri in un materiale come l’alluminio, e le particelle E, caratterizzate da un potere penetrante 100 volte maggiore.

1.1 “Storica” figura (tratta dalla tesi di Marie Curie, ACIC – Archives Curie and Joliot-Curie) che evidenzia la diversità delle radiazioni D�E�e�J��in base al loro diverso comportamento in un campo magnetico. La radiazione J prosegue indisturbata, quelle D e E vengono deviate in direzioni diverse evidenziando cariche opposte. Le diverse traiettorie nel caso delle radiazioni E mostrano inoltre come in questo caso le particelle di uno stesso fascio abbiano velocità (e quindi energia) diversa.

Esperimenti successivi, in cui la radiazione venne sottoposta a campi elettrici e magnetici, rivelarono la presenza di una terza componente ad alta energia, catalogata come raggi J. In un campo elettrico le particelle E vengono fortemente deflesse verso il polo positivo, quelle D sono deflesse in misura minore verso il polo negativo, mentre la traiettoria dei raggi J non risente dell'effetto del campo. Ne deriva che le particelle E sono dotate di carica negativa, le particelle D trasportano cariche positive

© M. Curie, Ph. D. thesis

Paths into matter

Trajectories under the effect of an electric field

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18

Radiations

Ionizing radiations • Higher energy electromagnetic

waves (gamma) or heavy particles (beta and alpha)

• High enough energy to pull electrons from orbit

• The radiation is able to disrupt atoms and molecules on which they pass through, giving rise to ions and free radicals

Non-ionizing radiations • Lower energy electromagnetic waves

• Not enough energy to pull an electron from orbits, but can excite the electron

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19

2.7 Effetti biologici della radiazione 43

caso d’incidenti presso reattori nucleari con rilascio di radiazione nell’ambien-te e nel caso di esplosioni nucleari in atmosfera la quantita di questi nuclei puoaumentare di ordini di grandezza raggiungendo livelli pericolosi (vedi fig. 2.17,2.18, 2.19 e 2.20). Cesio, iodio, rubidio e bario sono stati abbondantementerilevati in Italia in seguito all’incidente di Chernobyl.

Lo iodio e il cesio sono caratterizzati da un’alta assimilazione biologica, ilbario da una assimilazione moderata e il rutenio da una bassa. Lo iodio si ac-cumula nella tiroide. Lo stronzio e chimicamente affine al calcio e si accumulanelle ossa. Il cesio e affine al potassio e si accumula nei muscoli.

2.7 Effetti biologici della radiazione

2.7.1 Interazione delle particelle cariche con la materia

I processi d’interazione delle particelle ionizzanti con la materia, in particolarecon i tessuti biologici, sono piuttosto complicati. Qui ci limitiamo a un’espo-sizione di carattere generale rinviando a testi specifici per uno studio piuapprofondito.

Fig. 2.10. Potere frenante (−dE/dx) in aria di elettroni (e), leptoni µ, mesoni π,protoni (p), deutoni (d) e particelle α in funzione dell’ energia cinetica E.

S(E) = �dE/dx

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20

Interactions with matter•Both charged and uncharged particles

lose energy while passing through matter, but stopping power describes only the energy loss of charged particles.

•The stopping power depends on the type and energy of the radiation and on the properties of the material it passes.

•Since the production of an ion pair, the density of ionisation is proportional to the stopping power.

•The 'stopping power' of the material is numerically equal to the loss of energy E per unit path length, x

© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

Stop

ping

pow

er

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21

Interactions with matter2.7 Effetti biologici della radiazione 45

al diminuire della velocita. A parita di carica elettrica, le particelle piu pesanti(per esempio, protoni) sono molto piu lente delle particelle piu leggere (peresempio, elettroni) con la stessa energia cinetica e quindi hanno un poterefrenante piu elevato. Similmente, a parita di velocita le particelle con caricaelettrica piu elevata hanno potere frenante piu elevato. A potere frenante piuelevato corrisponde un percorso piu breve. Riassumendo, a parita di energia, leparticelle pesanti (o con elevata carica elettrica) sono “piu ionizzanti” e quelleleggere “piu penetranti”. Inoltre, poiche procedendo in un mezzo materialel’energia e la velocita diminuiscono, il potere frenante aumenta raggiungendoun massimo in prossimita della fine del percorso (vedi fig. 2.12).

Fig. 2.12. Caratteristiche di un fascio di particelle cariche alla fine del percorsomedio Ro: a sinistra, andamento del potere frenante nei dintorni del punto d’arrestoe, a destra, andamento dell’intensita del fascio. Questi andamenti sono caratteristicidi particelle con massa molto maggiore di quella degli elettroni.

Le curve di fig. 2.10 sono la rappresentazione grafica del potere frenanteche, per elettroni veloci e per particelle pesanti in generale, e espresso dallaformula di Bethe-Bloch

−dE

dx=

z2

v2W =

z2m

2EW,

dove z ed m sono la carica elettrica e la massa della particella ionizzante; Wdipende dalle caratteristiche (densita, numero atomico, potenziale di ionizza-zione) del mezzo attraversato ed e una funzione crescente lentamente variabiledella velocita v e, per basse velocita (β << 0.5), e approssimativamente co-stante. La dipendenza di W da v e diversa per gli elettroni e per le particellepiu pesanti, principalmente per il fatto che gli elettroni ionizzanti hanno lastessa massa degli elettroni atomici. Il percorso R di una particella di energiainiziale Eo e collegato alla formula precedente dalla relazione

R =! 0

Eo

dx =2

mz2

! Eo

0

E

WdE =

m

2z2

! vo

0

v2

Wdv2

Bragg curve

Bragg peak

interactions / energy lossEne g loss is gi en b Bethe Bloch eq ationEnergy loss is given by Bethe-Bloch equation:

+ corrections

Tmax max energy transfer to free electron

Tmax max energy transfer to free electron• to first order: –dE/dx v 1/speed2

• max electron energy: T 4 T m c2 / m c2• max electron energy: Tmax | 4 T mec2 / mpc2

T=200 MeV o Tmax | 0.4 MeV o range | 1.4mmbut most electrons far lower energy….but most electrons far lower energy

Equations from Review of particle physics, C. Amsler et al., Physics Letters B667, 1 (2008)

in practice we use range-energy tables and measured depth dose curves.W.H. Bragg and R. Kleeman, On the ionization curves of radium, Philosophical Magazine S6 (1904), 726-738W.H. Bragg and R. Kleeman, On the ionization curves of radium, Philosophical Magazine S6 (1904), 726-738

Bethe-Bloch equations

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Interactions with matterinteractions / energy loss

Ene g loss is gi en b Bethe Bloch eq ationEnergy loss is given by Bethe-Bloch equation:

+ corrections

Tmax max energy transfer to free electron

Tmax max energy transfer to free electron• to first order: –dE/dx v 1/speed2

• max electron energy: T 4 T m c2 / m c2• max electron energy: Tmax | 4 T mec2 / mpc2

T=200 MeV o Tmax | 0.4 MeV o range | 1.4mmbut most electrons far lower energy….but most electrons far lower energy

Equations from Review of particle physics, C. Amsler et al., Physics Letters B667, 1 (2008)

in practice we use range-energy tables and measured depth dose curves.

Bethe-Bloch equations

Protons and other heavy charged particles deposit most of their energy in a high-dose peak (known as the Bragg peak) at the end of their track.

This peak is created through an exponential increase in stopping power towards the end of the track. Hence, as a heavy charged particle (such as a proton) slows down, the amount of energy it deposits per unit length covered increases exponentially, creating a high-dose peak.

The depth of this peak in a given material (such as a patient) depends on its initial energy; varying this energy allows the high-dose region to be placed at any depth.

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Interactions with matterBethe-Bloch equations

X"rays' C"ions'

Anna'ConstanInesu,'Ph.D.'thesis,'TU'Darmstadt'2014'

5D TP

© Constantinesu (Darmstadt)

interactions / energy lossEne g loss is gi en b Bethe Bloch eq ationEnergy loss is given by Bethe-Bloch equation:

+ corrections

Tmax max energy transfer to free electron

Tmax max energy transfer to free electron• to first order: –dE/dx v 1/speed2

• max electron energy: T 4 T m c2 / m c2• max electron energy: Tmax | 4 T mec2 / mpc2

T=200 MeV o Tmax | 0.4 MeV o range | 1.4mmbut most electrons far lower energy….but most electrons far lower energy

Equations from Review of particle physics, C. Amsler et al., Physics Letters B667, 1 (2008)

in practice we use range-energy tables and measured depth dose curves.

I = I0e�µx

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Radiations: gamma48 2 Radiazione ambientale naturale

Fig. 2.13. Coefficiente di assorbimento lineare per fotoni fino a 10 MeV inallumnio. Sono mostrati i differenti contributi e la loro somma.[21]

3 MeV e circa 0.1 cm−1 (vedi fig. 2.13) cosı che l’intensita di un fascio si riducea 1/100 di quella iniziale (praticamente si annulla) alla profondita di circa46 cm. Elettroni da 3MeV si arrestano in alluminio a soli 5 cm di profondita(vedi fig. 2.11) mentre alla profondita di 5 cm il fascio di fotoni sopravviveancora per il 60%. Alla maggiore penetrazione dei fotoni corrisponde unaminore cessione d’energia per unita di percorso.

2.7.3 Effetti delle radiazioni ionizzanti sui tessuti biologici

La ionizzazione in un tessuto vivo ha come conseguenza la rottura dei legamichimici delle molecole in modo diretto o indiretto (per esempio, molecole d’ac-qua vengono ionizzate e successivamente attaccano chimicamente le molecolebiologiche). L’alterazione delle molecole puo essere reversibile o irreversibile.Nel secondo caso il danno puo portare alla morte delle cellule, a un’alterazionepermanente che puo essere trasmessa alle successive generazioni (effetti gene-tici) o a un danneggiamento al funzionamento delle cellule (che puo portareal cancro).

L’entita del danno arrecato dalle radiazioni ai tessuti dipende dall’energiaassorbita per unita di massa e per unita di tempo, dalla durata dell’esposizionee dalla sensibilita del tessuto irraggiato. La quantita di tessuto coinvolta dauna cessione di energia ∆E in un percorso di lunghezza ∆x da parte di unaparticella dipende da vari fattori.

i) Una particella ionizzante di energia E perde un’energia ∆E in un percorso∆x “piccolo” o “grande” a seconda che la sua massa sia “grande” o ‘’pic-

µ

© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

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Radiations: gamma48 2 Radiazione ambientale naturale

Fig. 2.13. Coefficiente di assorbimento lineare per fotoni fino a 10 MeV inallumnio. Sono mostrati i differenti contributi e la loro somma.[21]

3 MeV e circa 0.1 cm−1 (vedi fig. 2.13) cosı che l’intensita di un fascio si riducea 1/100 di quella iniziale (praticamente si annulla) alla profondita di circa46 cm. Elettroni da 3MeV si arrestano in alluminio a soli 5 cm di profondita(vedi fig. 2.11) mentre alla profondita di 5 cm il fascio di fotoni sopravviveancora per il 60%. Alla maggiore penetrazione dei fotoni corrisponde unaminore cessione d’energia per unita di percorso.

2.7.3 Effetti delle radiazioni ionizzanti sui tessuti biologici

La ionizzazione in un tessuto vivo ha come conseguenza la rottura dei legamichimici delle molecole in modo diretto o indiretto (per esempio, molecole d’ac-qua vengono ionizzate e successivamente attaccano chimicamente le molecolebiologiche). L’alterazione delle molecole puo essere reversibile o irreversibile.Nel secondo caso il danno puo portare alla morte delle cellule, a un’alterazionepermanente che puo essere trasmessa alle successive generazioni (effetti gene-tici) o a un danneggiamento al funzionamento delle cellule (che puo portareal cancro).

L’entita del danno arrecato dalle radiazioni ai tessuti dipende dall’energiaassorbita per unita di massa e per unita di tempo, dalla durata dell’esposizionee dalla sensibilita del tessuto irraggiato. La quantita di tessuto coinvolta dauna cessione di energia ∆E in un percorso di lunghezza ∆x da parte di unaparticella dipende da vari fattori.

i) Una particella ionizzante di energia E perde un’energia ∆E in un percorso∆x “piccolo” o “grande” a seconda che la sua massa sia “grande” o ‘’pic-

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elettrone. L’elettrone emesso viene però a sua volta rallentato e fermato nel mezzo,

producendo

5.8. Illustrazione dell’effetto fotoelettrico. Nell’ipotesi di un lavoro di estrazione di 2.0 eV, si

considera l’interazione con il materiale di fotoni con energia pari a 1.77, 2.25 e 3.1 eV.

ulteriore ionizzazione. In questo modo, sia pure indirettamente, la perdita di energia

della radiazione (in questo caso fotonica) si trasforma in energia assorbita di fatto dal

mezzo. In aggiunta, la lacuna creata dall’elettrone espulso, viene colmata da elettroni

di orbitali superiori, con ulteriore emissione di un raggio X. Questo può a sua volta

creare, di nuovo indirettamente, ulteriore ionizzazione (e assorbimento di energia) nel

mezzo o liberare un elettrone Auger poi assorbito.

Come già accennato, il meccanismo di assorbimento fotoelettrico è il meccanismo

dominante a basse frequenze. La probabilità che il processo avvenga è infatti

inversamente proporzionale alla terza potenza dell’energia hQ, e dipende inoltre da

una potenza elevata (dell’ordine di 4-5) del numero atomico dell’assorbitore. Perciò

nuovamente, a parità di altre condizioni, assorbitori con alto numero atomico (ad

esempio piombo) sono più efficaci.

La Diffusione Compton consiste in un’interazione tra il fotone e un elettrone libero (o

così debolmente legato da poter essere trattato come libero) che in questo caso non

porta tanto alla scomparsa del fotone quanto alla sua sostituzione con uno di energia

inferiore. Il processo è assimilabile ad un urto tra due biglie, dato che il fotone, pur

privo di massa, è caratterizzato da un’energia e da una quantità di moto. Il processo

d’urto è schematizzato nella figura 5.9. Per effetto dell’urto, l’elettrone colpito si

mette in moto in una certa direzione (caratterizzata dall’angolo T), mentre il fotone

viene deviato ad un certo angolo I, perdendo parte della sua energia e perciò variando

al ribasso la sua frequenza. Nel processo si conservano quantità di moto ed energia

46 2 Radiazione ambientale naturale

che, per basse velocita, dove W ≈ costante, diviene

R =! 0

Eo

dx ≈ 2mz2

1W

E20

2≈ m

4z2

1W

v40 .

Il rapporto fra il potere frenante di due particelle di uguale energia concariche elettriche z1 e z2 e masse m1 e m2 assume la semplice forma

(dE/dx)1/(dE/dx)2 ≈ (z1/z2)2(m1/m2).

Analogamente il rapporto fra i percorsi ha la forma

R1/R2 ≈ (z2/z1)2(m2/m1).

Il potere frenante e il percorso sono soggetti a fluttuazioni statistiche e lerelazioni precedenti danno i rispettivi valori medi in funzione dell’energia.

Per quanto riguarda gli elettroni, la perdita di energia oltre che per ioniz-zazione degli atomi puo avvenire per frenamento prodotto dall’interazione conil campo coulombiano dei nuclei: la perdita di energia avviene con deviazionedell’elettrone dalla traiettoria iniziale e creazione di un quanto di radiazioneelettromagnetica.

2.7.2 Interazione dei fotoni con la materia

Nell’attraversamento di un mezzo materiale le particelle cariche perdono ener-gia gradualmente, quasi in modo continuo, mantenendo pero la loro identita;in altre parole, le particelle di un fascio rallentano, ma il loro numero rimanecostante. Nel caso dei fotoni, invece, la cessione di energia avviene per attidiscreti nei quali i fotoni possono anche scomparire. Questo fatto da alla ces-sione d’energia da parte dei fotoni caratteristiche diverse da quelle descritteper le particelle cariche.

I principali processi d’interazione dei fotoni con la materia sono i treseguenti.

i) Effetto fotoelettrico: il fotone viene assorbito da un atomo che viene ioniz-zato con liberazione di un elettrone da uno dei livelli atomici di energiaEb; la sua energia cinetica e

Ee = hν − Eb.

L’atomo residuo eccitato si diseccita emettendo raggi X o un elettroneAuger (vedi par. 7.7.5 del cap. 7) che, a loro volta, sono assorbiti da altriatomi.

ii) Effetto Compton: un fotone di energia hν interagisce con un elettroneatomico; si trasforma in un fotone di energia hν′ e l’elettrone acquisiscel’energia cinetica

µ

I = I0e�µx

© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

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Radiations: gamma48 2 Radiazione ambientale naturale

Fig. 2.13. Coefficiente di assorbimento lineare per fotoni fino a 10 MeV inallumnio. Sono mostrati i differenti contributi e la loro somma.[21]

3 MeV e circa 0.1 cm−1 (vedi fig. 2.13) cosı che l’intensita di un fascio si riducea 1/100 di quella iniziale (praticamente si annulla) alla profondita di circa46 cm. Elettroni da 3MeV si arrestano in alluminio a soli 5 cm di profondita(vedi fig. 2.11) mentre alla profondita di 5 cm il fascio di fotoni sopravviveancora per il 60%. Alla maggiore penetrazione dei fotoni corrisponde unaminore cessione d’energia per unita di percorso.

2.7.3 Effetti delle radiazioni ionizzanti sui tessuti biologici

La ionizzazione in un tessuto vivo ha come conseguenza la rottura dei legamichimici delle molecole in modo diretto o indiretto (per esempio, molecole d’ac-qua vengono ionizzate e successivamente attaccano chimicamente le molecolebiologiche). L’alterazione delle molecole puo essere reversibile o irreversibile.Nel secondo caso il danno puo portare alla morte delle cellule, a un’alterazionepermanente che puo essere trasmessa alle successive generazioni (effetti gene-tici) o a un danneggiamento al funzionamento delle cellule (che puo portareal cancro).

L’entita del danno arrecato dalle radiazioni ai tessuti dipende dall’energiaassorbita per unita di massa e per unita di tempo, dalla durata dell’esposizionee dalla sensibilita del tessuto irraggiato. La quantita di tessuto coinvolta dauna cessione di energia ∆E in un percorso di lunghezza ∆x da parte di unaparticella dipende da vari fattori.

i) Una particella ionizzante di energia E perde un’energia ∆E in un percorso∆x “piccolo” o “grande” a seconda che la sua massa sia “grande” o ‘’pic-

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5.9. Cinematica di un processo di diffusione Compton.

totale, e la nuova frequenza Qc è legata all’angolo di diffusione dall’espressione

hQ ' hQ

1� hQmec

2 1� cosI� �

La variazione di frequenza è perciò tanto maggiore quanto maggiore è l’angolo I. In particolare la massima variazione di frequenza si ha per fotoni diffusi all’indietro (I pari a 180q). In questo caso è anche massima l’energia trasferita all’elettrone e, tramite ionizzazione secondaria, al mezzo. L’espressione mostra anche che, per piccoli valori della frequenza, la variazione della stessa è proporzionalmente piccola, con i fotoni diffusi che hanno praticamente la stessa energia di quelli incidenti, perciò avremo scarso assorbimento. Il terzo meccanismo di interazione dei fotoni con la materia è la produzione di coppie e+e. È il processo già descritto nel capitolo 2, mediante il quale un fotone di alta energia interagendo con un nucleo perde tutta la sua energia e scompare, creando invece una coppia elettrone-positrone. Come abbiamo visto, il processo può avvenire se l’energia del fotone è almeno pari all’energia di massa delle due nuove particelle, ossia per hQt1.02 MeV. Al di sopra di tale soglia il processo diviene progressivamente più probabile, per diventare il processo dominante a più alte energie. Come nel caso dell’assorbimento fotoelettrico (e a differenza della diffusione Compton) la probabilità di assorbimento per produzione di coppie aumenta con l’aumentare del numero atomico dell’assorbitore. L’elettrone della coppia viene a sua volta assorbito ionizzando il mezzo. Il positrone tende invece ad annichilarsi con un altro elettrone, producendo una nuova coppia di raggi J, che a loro volta possono essere assorbiti e proseguire perciò la catena di cessione dell’energia iniziale del fotone al mezzo. Anche in questo caso, però, non è detto che tutta l’energia persa dal fotone iniziale venga assorbita dal mezzo, e ciò potrebbe nuovamente portare a differenze tra potere frenante lineare S e il trasferimento lineare di energia LET. La prevalenza di uno o l’altro dei meccanismi di assorbimento è illustrato nella figura 5.10 , in cui è indicato il meccanismo prevalente a ciascuna energia del fotone e ciascun numero atomico dell’assorbitore. La figura conferma il prevalere dell’effetto

µ

I = I0e�µx

© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

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5.9. Cinematica di un processo di diffusione Compton.

totale, e la nuova frequenza Qc è legata all’angolo di diffusione dall’espressione

hQ ' hQ

1� hQmec

2 1� cosI� �

La variazione di frequenza è perciò tanto maggiore quanto maggiore è l’angolo I. In particolare la massima variazione di frequenza si ha per fotoni diffusi all’indietro (I pari a 180q). In questo caso è anche massima l’energia trasferita all’elettrone e, tramite ionizzazione secondaria, al mezzo. L’espressione mostra anche che, per piccoli valori della frequenza, la variazione della stessa è proporzionalmente piccola, con i fotoni diffusi che hanno praticamente la stessa energia di quelli incidenti, perciò avremo scarso assorbimento. Il terzo meccanismo di interazione dei fotoni con la materia è la produzione di coppie e+e. È il processo già descritto nel capitolo 2, mediante il quale un fotone di alta energia interagendo con un nucleo perde tutta la sua energia e scompare, creando invece una coppia elettrone-positrone. Come abbiamo visto, il processo può avvenire se l’energia del fotone è almeno pari all’energia di massa delle due nuove particelle, ossia per hQt1.02 MeV. Al di sopra di tale soglia il processo diviene progressivamente più probabile, per diventare il processo dominante a più alte energie. Come nel caso dell’assorbimento fotoelettrico (e a differenza della diffusione Compton) la probabilità di assorbimento per produzione di coppie aumenta con l’aumentare del numero atomico dell’assorbitore. L’elettrone della coppia viene a sua volta assorbito ionizzando il mezzo. Il positrone tende invece ad annichilarsi con un altro elettrone, producendo una nuova coppia di raggi J, che a loro volta possono essere assorbiti e proseguire perciò la catena di cessione dell’energia iniziale del fotone al mezzo. Anche in questo caso, però, non è detto che tutta l’energia persa dal fotone iniziale venga assorbita dal mezzo, e ciò potrebbe nuovamente portare a differenze tra potere frenante lineare S e il trasferimento lineare di energia LET. La prevalenza di uno o l’altro dei meccanismi di assorbimento è illustrato nella figura 5.10 , in cui è indicato il meccanismo prevalente a ciascuna energia del fotone e ciascun numero atomico dell’assorbitore. La figura conferma il prevalere dell’effetto

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Radiations: gamma48 2 Radiazione ambientale naturale

Fig. 2.13. Coefficiente di assorbimento lineare per fotoni fino a 10 MeV inallumnio. Sono mostrati i differenti contributi e la loro somma.[21]

3 MeV e circa 0.1 cm−1 (vedi fig. 2.13) cosı che l’intensita di un fascio si riducea 1/100 di quella iniziale (praticamente si annulla) alla profondita di circa46 cm. Elettroni da 3MeV si arrestano in alluminio a soli 5 cm di profondita(vedi fig. 2.11) mentre alla profondita di 5 cm il fascio di fotoni sopravviveancora per il 60%. Alla maggiore penetrazione dei fotoni corrisponde unaminore cessione d’energia per unita di percorso.

2.7.3 Effetti delle radiazioni ionizzanti sui tessuti biologici

La ionizzazione in un tessuto vivo ha come conseguenza la rottura dei legamichimici delle molecole in modo diretto o indiretto (per esempio, molecole d’ac-qua vengono ionizzate e successivamente attaccano chimicamente le molecolebiologiche). L’alterazione delle molecole puo essere reversibile o irreversibile.Nel secondo caso il danno puo portare alla morte delle cellule, a un’alterazionepermanente che puo essere trasmessa alle successive generazioni (effetti gene-tici) o a un danneggiamento al funzionamento delle cellule (che puo portareal cancro).

L’entita del danno arrecato dalle radiazioni ai tessuti dipende dall’energiaassorbita per unita di massa e per unita di tempo, dalla durata dell’esposizionee dalla sensibilita del tessuto irraggiato. La quantita di tessuto coinvolta dauna cessione di energia ∆E in un percorso di lunghezza ∆x da parte di unaparticella dipende da vari fattori.

i) Una particella ionizzante di energia E perde un’energia ∆E in un percorso∆x “piccolo” o “grande” a seconda che la sua massa sia “grande” o ‘’pic-

µ

I = I0e�µx

© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

2.7 Effetti biologici della radiazione 47

Ee = hν − hν′ − Eb.

L’entita dell’energia dipende dall’angolo di diffusione del fotone finale.

iii) Produzione di coppie e+e−: il fotone interagisce con il nucleo atomico ocon un elettrone e viene completamente assorbito con creazione di unacoppia positrone-elettrone; l’energia cinetica della coppia e

Ee+ + Ee− ∼= hν − 2mec2.

Successivamente il positrone annichila su un elettrone del mezzo con emis-sione di due fotoni, ognuno con energia uguale a mec2 = 0.511 MeV , che,a loro volta, interagiscono con gli atomi (vedi fig. 2.13).

L’effetto fotoelettrico prevale per fotoni con energia fino ad alcuni keV, laproduzione di coppie prevale al di sopra di 10MeV e l’effetto Compton nellaregione energetica intermedia (vedi fig. (2.13)).

Come risultato dei processi descritti si ha che, nell’attraversare un tratto∆x di un mezzo materiale, i fotoni di un fascio, che supponiamo inizialmentemonoenergetico e con divergenza angolare nulla, in parte transitano senza in-teragire, in parte sono rimossi dal fascio (per effetto fotoelettrico e produzionedi coppie), in parte si trasformano in fotoni meno energetici che deviano dallatraiettoria originale finche non vengono, a loro volta, assorbiti. Pertanto, pro-cedendo nel mezzo, i fotoni vengono progressivamente rimossi dal fascio concessione diretta d’energia agli elettroni del mezzo o con cessione indiretta at-traverso l’emissione e l’assorbimento di fotoni secondari. L’intensita del fasciosi attenua all’aumentare del cammino percorso x secondo la legge esponenziale

I = Ioe−µx.

dove il fattore di attenuazione µ (fig. 2.13) dipende dalle sezioni d’urto deiprocessi descritti e dalla densita e dal numero atomico del mezzo attraversato.Corrispondentemente anche l’attenuazione per unita di percorso

dI

dx= −µIoe

−µx = −µI.

diminuisce esponenzialmente e, di conseguenza, diminuisce anche la cessioned’energia al mezzo per unita di percorso.

Questo comportamento e completamente diverso da quello delle particellecariche di un fascio monoenergetico: queste procedono con flusso costante,perdono in media la stessa energia per unita di percorso e si arrestano inmedia alla stessa profondita (dove il flusso si azzera “bruscamente”, fig. 2.12);inoltre la perdita di energia per unita di percorso aumenta con l’avanzamentonel mezzo e raggiunge il massimo a fine percorso.

Infine, a parita d’energia, i fotoni sono molto piu penetranti delle particellecariche. Per esempio, il fattore di attenuazione in alluminio per fotoni da

I = I0e�µx

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28

Radiations: gamma48 2 Radiazione ambientale naturale

Fig. 2.13. Coefficiente di assorbimento lineare per fotoni fino a 10 MeV inallumnio. Sono mostrati i differenti contributi e la loro somma.[21]

3 MeV e circa 0.1 cm−1 (vedi fig. 2.13) cosı che l’intensita di un fascio si riducea 1/100 di quella iniziale (praticamente si annulla) alla profondita di circa46 cm. Elettroni da 3MeV si arrestano in alluminio a soli 5 cm di profondita(vedi fig. 2.11) mentre alla profondita di 5 cm il fascio di fotoni sopravviveancora per il 60%. Alla maggiore penetrazione dei fotoni corrisponde unaminore cessione d’energia per unita di percorso.

2.7.3 Effetti delle radiazioni ionizzanti sui tessuti biologici

La ionizzazione in un tessuto vivo ha come conseguenza la rottura dei legamichimici delle molecole in modo diretto o indiretto (per esempio, molecole d’ac-qua vengono ionizzate e successivamente attaccano chimicamente le molecolebiologiche). L’alterazione delle molecole puo essere reversibile o irreversibile.Nel secondo caso il danno puo portare alla morte delle cellule, a un’alterazionepermanente che puo essere trasmessa alle successive generazioni (effetti gene-tici) o a un danneggiamento al funzionamento delle cellule (che puo portareal cancro).

L’entita del danno arrecato dalle radiazioni ai tessuti dipende dall’energiaassorbita per unita di massa e per unita di tempo, dalla durata dell’esposizionee dalla sensibilita del tessuto irraggiato. La quantita di tessuto coinvolta dauna cessione di energia ∆E in un percorso di lunghezza ∆x da parte di unaparticella dipende da vari fattori.

i) Una particella ionizzante di energia E perde un’energia ∆E in un percorso∆x “piccolo” o “grande” a seconda che la sua massa sia “grande” o ‘’pic-

µ

45

fotoelettrico a basse frequenze e della produzione di coppie alle alte. Mostra anche come

5.10. Meccanismo più probabile di assorbimento di radiazione elettromagnetica in funzione dell’energia del fotone e del numero atomico Z dell’assorbitore.

la diffusione Compton perda importanza relativa all’aumentare del numero atomico del mezzo. Va comunque ricordato che la prevalenza di un meccanismo non significa che tutti i fotoni vengano assorbiti in quel modo. Ad esempio, per fotoni di 0.01 MeV di energia in acqua, a fronte di un 95 per cento di probabilità di assorbimento fotoelettrico, c’è comunque un 5 per cento di eventi con diffusione Compton. E per fotoni di altissima energia (100 MeV) la produzione di coppie domina, ma abbiamo comunque un 16 per cento di diffusioni Compton. L’assorbimento dei fotoni da parte del mezzo avviene su base strettamente statistica. Le particelle D (e in grado minore quelle E) di un certo fascio subiscono dinamiche tra loro pressochè simili. Questo non è vero nel caso dei fotoni. Ciascun fotone di un certo fascio verrà eventualmente assorbito (o deviato) dopo essere penetrato per distanze diverse nel mezzo. Possiamo solo dire che ciascun fotone (di pari energia e per lo stesso mezzo) ha la stessa probabilità di interagire. Qualcuno lo farà subito, qualcuno dopo tempi (e spazi) lunghi. Da un punto di vista formale, se definiamo con N(x) il numero di fotoni sopravvissuti alla profondità x, la riduzione 'N di questo numero nel tratto 'x sarà proporzionale al numero di fotoni stessi e allo spessore 'x

'N = - P N 'x dove P (coefficiente lineare di attenuazione fotonica) rappresenta perciò la probabilità per ciascun fotone di essere assorbito nell’unità di percorso (la dimensione di P è perciò un inverso di lunghezza). Ne consegue che il numero di fotoni sopravvissuti, o l’associata intensità del fascio, diminuirà in modo esponenziale in funzione dello spessore x attraversato

I = I0 e-Px

© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

48 2 Radiazione ambientale naturale

Fig. 2.13. Coefficiente di assorbimento lineare per fotoni fino a 10 MeV inallumnio. Sono mostrati i differenti contributi e la loro somma.[21]

3 MeV e circa 0.1 cm−1 (vedi fig. 2.13) cosı che l’intensita di un fascio si riducea 1/100 di quella iniziale (praticamente si annulla) alla profondita di circa46 cm. Elettroni da 3MeV si arrestano in alluminio a soli 5 cm di profondita(vedi fig. 2.11) mentre alla profondita di 5 cm il fascio di fotoni sopravviveancora per il 60%. Alla maggiore penetrazione dei fotoni corrisponde unaminore cessione d’energia per unita di percorso.

2.7.3 Effetti delle radiazioni ionizzanti sui tessuti biologici

La ionizzazione in un tessuto vivo ha come conseguenza la rottura dei legamichimici delle molecole in modo diretto o indiretto (per esempio, molecole d’ac-qua vengono ionizzate e successivamente attaccano chimicamente le molecolebiologiche). L’alterazione delle molecole puo essere reversibile o irreversibile.Nel secondo caso il danno puo portare alla morte delle cellule, a un’alterazionepermanente che puo essere trasmessa alle successive generazioni (effetti gene-tici) o a un danneggiamento al funzionamento delle cellule (che puo portareal cancro).

L’entita del danno arrecato dalle radiazioni ai tessuti dipende dall’energiaassorbita per unita di massa e per unita di tempo, dalla durata dell’esposizionee dalla sensibilita del tessuto irraggiato. La quantita di tessuto coinvolta dauna cessione di energia ∆E in un percorso di lunghezza ∆x da parte di unaparticella dipende da vari fattori.

i) Una particella ionizzante di energia E perde un’energia ∆E in un percorso∆x “piccolo” o “grande” a seconda che la sua massa sia “grande” o ‘’pic-

47

I coefficienti di attenuazione lineare e gli associati spessori di dimezzamento dipendono perciò fortemente dalla frequenza dei fotoni e dal materiale assorbitore. Èconsuetudine esprimere il fattore di attenuazione come somma dei contributi dei tre principali meccanismi di assorbimento

P� �W���V���N��

dove W��V��N�indicano i contributi, rispettivamente, di effetto fotoelettrico, diffusione Compton e produzione di coppie. Si usa inoltre, per eliminare la dipendenza dalla

5.12. Coefficiente di attenuazione di massa in funzione dell’energia dei fotoni per diversi assorbitori (acqua, sale, piombo). I diversi contributi dovuti all’effetto fotoelettrico (V�, diffusione Compton (W) e produzione di coppie (N) sono mostrati separatamente.

diversa densità U dei materiali, definire un coefficiente di attenuazione di massa (Pm = P�/U). Valori del coefficiente di attenuazione di massa (suddiviso nelle sue tre componenti) sono riportati nella figura 5.12 in funzione dell’energia del fotone, per diversi assorbitori (acqua, sale e piombo). Sul diverso assorbimento in funzione della densità si basa ovviamente la semplice tecnica radiografica X. L’intensità del fascio X esce attenuato in modo diverso a seconda dei diversi tessuti attraversati e impressionerà di conseguenza in modo diverso una lastra fotografica, evidenziando la presenza di elementi a più alta densità (ad esempio le ossa). La figura mostra anche chiaramente come l’assorbimento diminuisca drasticamente all’aumentare dell’energia. Fotoni energetici come i raggi J sono talmente poco assorbiti che non è pensabile il loro utilizzo al posto dei raggi X per una normale radiografia. È inoltre chiaro come siano anche necessarie protezioni sempre maggiori per radiazioni di energia crescente. Inoltre, dato che i coefficienti di attenuazione di massa sono dello stesso ordine di grandezza per i diversi materiali, questo significa che con materiali più pesanti (tipo piombo) si riesce ad ottenere la stessa riduzione di intensità con spessori minori.

I = I0e�µx

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29

Radiations: gammaµ

© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

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30

Radiations: beta

Three-body spectrum: energy and momentum are shared between the final nucleus, the electron (positron) and the antineutrino (neutrino)

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31

Radiations: alphaln(t1/2) = k/

pE↵

Geiger-Nuttall law

© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

E

M⇥RBE

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32

40

quando la particella sta per fermarsi. Perciò alla fine del percorso saranno massime la ionizzazione e l’energia trasferita. Il comportamento è illustrato nella figura 5.4 (la curva è chiamata curva di Bragg), che evidenzia il picco alla fine del percorso (picco di Bragg). La forte variazione del potere frenante durante l’assorbimento è alla base dell’utilizzo di particelle cariche pesanti (protoni, D, ioni più pesanti come 12C, 16O o 20Ne) per terapia antitumorale. L’idea è quella di utilizzare il processo di cessione di energia e di ionizzazione per distruggere tessuti tumorali. È chiaro che questo non può avvenire a scapito degli altri tessuti vicini, e deve perciò implicare una cessione quanto più selettiva e localizzata dell’energia (ovvero della dose assorbita). Sarà perciò necessario disporre di fasci di particelle con picchi di Bragg quanto più stretti possibile, con rapporto tra il picco e il plateau iniziale quanto più alto possible. Si utilizzerà la variazione di range con l’energia per calibrare l’energia del fascio in corrispondenza della distanza voluta. La figura 5.5 mostra un confronto qualitativo della dose assorbita (proporzionale al potere frenante) per due fasci diversi (protoni e 12C) con energia dei fasci calibrata per ottenere lo stesso range. L’assorbimento è molto più selettivo (picco più stretto) nel caso del fascio di ioni pesanti. Si noti anche come il deposito di energia sia enormemente più concentrato che nel caso, anche utilizzato in terapia, di fotoni. La figura anche mostra come, al variare dell’energia del fascio, sia possibile selezionare la profondità a cui depositare la dose. Non disponendo di acceleratori ad energia variabile, le diverse energie saranno ottenute facendo passare il fascio iniziale attraverso speciali assorbitori atti a diminuire opportunamente l’energia.

5.5. Dose assorbita (proporzionale al potere frenante lineare) in funzione della penetrazione in acqua per diversi tipi di radiazioni: protoni, ioni 12C (a due energie) e fotoni di alta energia.

5.2 Assorbimento di elettroni Il quadro fin qui delineato per le particelle cariche pesanti viene in parte modificato nel caso di un fascio di elettroni, ottenuti ad esempio come prodotto di un decadimento E. Il motivo principale consiste nel fatto che la massa dell’elettrone incidente è uguale (e non enormemente più grande come nei casi precedenti) alla

Radiations: ions and alpha

41

massa degli elettroni con cui viene ad interagire. Di conseguenza l’urto provoca in genere una deviazione della direzione dell’elettrone, e la traiettoria non è perciò in questo caso nemmeno approssimativamente rettilinea. I continui urti e i relativi cambi di direzione daranno origine ad un percorso tortuoso, diverso elettrone per elettrone, con la conseguenza di non osservare in questo caso un picco di Bragg. Di conseguenza anche la distribuzione spaziale della ionizzazione sarà più irregolare, come schematizzato nella figura 5.6. Vi è anche la possibiltà che alcuni elettroni possano a seguito degli urti anche venir deviati all’indietro.

5.6. Illustrazione del diverso percorso, della diversa perdita di energia e della conseguente diversa distribuzione spaziale della ionizzazione per particelle D e elettroni.

Tutto questo implica che l’intensità del fascio, in funzione della penetrazione, non si annullerà in questo caso di colpo in un breve intervallo, ma in modo molto più diffuso. L’effetto sarà anche maggiore nel caso in cui il fascio di elettroni, provenendo da un decadimento E, abbia già in partenza una certa distribuzione in energia e pertanto una più variabile capacità di penetrazione. Come mostra la figura 5.7 in cui le diverse intensità di fasci di alfa e elettroni

5.7. Intensità di fasci di particelle D e elettroni a diverse energie in funzione della penetrazione in tessuti molli.

Relative dose

© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

Relative biological effectiveness

gamma rays

SPECTcamera

beta rays

alpha rays

5x

Auger electrons

chromosome

tumor

500x

cancer cells

50000x

The nuclear medicine alphabet

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33

© Koester for NUPECC

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34

Radio-nuclide

Half-life (h)

E�(keV)

I�(%)

Decay type

Ga-67 78 93185

4221 EC

Kr-81m 0.004 190 64 ITTc-99m 6 141 89 IT

In-111 67 171245

9194 EC

I-123 13 159 83 ECXe-133 126 81 38 �-

Tl-201 73 70167

5910 EC

I-131 192 364 82 �-

Lu-177 161 113208

610 �-

SPECT isotopes

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The chart of nuclides � nuclear medicine perspective

18F11C

68Ga99mTc

201Tl

111In

67Ga

133Xe131I

90Y89Sr

153Sm123I

186,188Re177Lu

SPECTPETTherapy

���������������

All ways lead to Rome; many ways lead to 99mTc99Mo production (for generator)

235U(nth,f)238U(nfast,f)238U(�,f)238U(p,f)

98Mo(n,�)natMo(n,�)100Mo(d,p)100Mo(n,2n)100Mo(p,np)96Zr(�,n)102Ru(n,�)

direct 99mTc production

100Mo(p,2n)

natMo(�,x)

98Mo(d,n)

99Ru(n,p)

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35Technetium-99m is well suited as a tracer because it emits readily detectable 140 keV gamma rays (these 8.8pm photons are about the same wavelength as emitted by conventional X-ray diagnostic equipment) and its half-life for gamma emission is 6.0058 hours (meaning 93.7% of it decays to 99Tc in 24 hours). The "short" physical half-life of the isotope and its biological half-life of 1 day (in terms of human activity and metabolism) allows for scanning procedures which collect data rapidly but keep total patient radiation exposure low.

A nuclear isomer is a metastable state of an atomic nucleus caused by the excitation of one or more of its nucleons (protons or neutrons). "Metastable" refers to the fact that these excited states have half-lives more than 100 to 1000 times the half-lives of the excited nuclear states that decay with a "prompt" half life

99mTc201Tl131I123I67Ga111InPETOther

Cumulative use of diagnostic isotopes in Europe

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36Beta therapy isotopes

Radio-nuclide

Half-life (d)

E�mean(MeV)

Rangemean (mm)

E�max

(MeV)

Rangemax (mm)

E�

(keV)

I�

(%)P-32 14.3 0.7 3 1.71 9.1 -Sr-89 50.6 0.59 2.3 1.5 7.8 -Y-90 2.67 0.93 4.4 2.28 12 -

I-131 8.03 0.18 0.39 0.81 3.7284364637

6.181.57.2

Sm-153 1.94 0.22 0.55 0.81 3.7 103 29.3

Ho-166 1.12 0.67 2.8 1.85 10 81 6.6

Lu-177 6.65 0.13 0.23 0.50 1.9 113208

6.210.4

Er-169 9.39 0.10 0.14 0.35 1.1 -

Re-186 3.72 0.35 1.1 1.07 5.2 137 9.5

Re-188 0.71 0.76 3.3 2.12 12 155 15.6© Koester for NUPECC

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37Radio-nuclide

Half-life

Daugh-ters

Half-life

Cumulative�/decay

E� mean(MeV)

Range(�m)

Tb-149 4.1 h 0.17 3.97 25

Pb-212 10.6 h Bi-212Po-212

1.01 h0.3 �s 1 7.74 65

Bi-212 1.01 h Po-212 0.3 �s 1 7.74 65

Bi-213 0.76 h Po-213 4 �s 1 8.34 75

At-211 7.2 h Po-211 0.5 s 1 6.78 55

Ra-223 11.4 d

Rn-219Po-215Pb-211Bi-211

4 s1.8 ms0.6 h130 s

4 6.59 >50

Ra-224 3.66 d

Rn-220Po-216Pb-212Bi-212

56 s0.15 s10.6 h1.01 h

4 6.62 >50

Ac-225 10.0 d

Fr-221At-217Bi-213Po-213

294 s32 ms0.76 h4 �s

4 6.88 >50

Th-227 18.7 d

Ra-223Rn-219Po-215Pb-211Bi-211

11.4 d4 s

1.8 ms0.6 h130 s

5 6.45 >50

U-230 20.8 d

Th-226Ra-222Rn-218Po-214

0.51 h38 s

35 ms0.16 ms

5 6.71 >50

Alphatherapy isotopes

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38

Units and standards

1. The absorbed dose, sometimes also known as the physical dose, defined by the amount of energy deposited in a unit mass in human tissue or other media. The original unit is the rad [100 erg/g]; it is now being widely replaced by the SI unit, the gray (Gy) [1 J/kg], where 1 gray = 100 rad.

2. The biological dose, sometimes also known as the dose equivalent, expressed in units of rem or, in the SI system, sievert (Sv). This dose reflects the fact that the biological damage caused by a particle depends not only on the total energy deposited but also on the rate of energy loss per unit distance traversed by the particle (or "linear energy transfer"). For example, alpha particles do much more damage per unit energy deposited than do electrons. This effect can be represented, in rough overall terms, by a quality factor, Q. Over a wide range of incident energies, Q is taken to be 1.0 for electrons (and for x-rays and gamma rays, both of which produce electrons) and 20 for alpha particles. For neutrons, the adopted quality factor varies from 5 to 20, depending on neutron energy.

The biological impact is specified by the dose equivalent H, the product of the absorbed dose D and the quality factor Q: H = Q D.

1 curie = 3.7x1010 radioactive decays per second [exactly].

In the International System of Units (SI) the curie has been replaced by the becquerel (Bq)

1 becquerel = 1 radioactive decay per second = 2.703x10-11 Ci.

1 curie = 3.7x1010 radioactive decays per second [exactly].

In the International System of Units (SI) the curie has been replaced by the becquerel (Bq)

1 becquerel = 1 radioactive decay per second = 2.703x10-11 Ci.

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Units and standards

1. The absorbed dose, sometimes also known as the physical dose, defined by the amount of energy deposited in a unit mass in human tissue or other media. The original unit is the rad [100 erg/g]; it is now being widely replaced by the SI unit, the gray (Gy) [1 J/kg], where 1 gray = 100 rad.

2. The biological dose, sometimes also known as the dose equivalent, expressed in units of rem or, in the SI system, sievert (Sv). This dose reflects the fact that the biological damage caused by a particle depends not only on the total energy deposited but also on the rate of energy loss per unit distance traversed by the particle (or "linear energy transfer"). For example, alpha particles do much more damage per unit energy deposited than do electrons. This effect can be represented, in rough overall terms, by a quality factor, Q. Over a wide range of incident energies, Q is taken to be 1.0 for electrons (and for x-rays and gamma rays, both of which produce electrons) and 20 for alpha particles. For neutrons, the adopted quality factor varies from 5 to 20, depending on neutron energy.

The biological impact is specified by the dose equivalent H, the product of the absorbed dose D and the quality factor Q: H = Q D.

http://www.epa.gov/radiation/understand/calculate.html

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41

Linear vs. threshold

The linear no-threshold model (LNT) is a model used in radiation protection to quantify radiation exposition and set regulatory limits. It assumes that the long term, biological damage caused by ionizing radiation (essentially the cancer risk) is directly proportional to the dose. Radiation is always considered harmful with no safety threshold, and the sum of several very small exposures are considered to have the same effect as one larger exposure (response linearity).

ALARA (as low as reasonably achievable)

The threshold model, which assumes that very small exposures are harmless, and the radiation hormesis model, which claims that radiation at very small doses can be beneficial. Because the current data are inconclusive, scientists disagree on which model should be used.

2.8 Il radon 59

fig. 2.16: si passa da un minimo di 20 − 40 Bq/m3 (Calabria, Liguria) a unmassimo di 100 − 120 Bq/m3 (Lazio, Lombardia).

La concentrazione misurata in altri paesi industrializzati e 108 Bq/m3 inSvezia, 49Bq/m3 nella ex repubblica federale Tedesca, 46 Bq/m3 negli StatiUniti, 21Bq/m3 in Gran Bretagna. La media mondiale e di 40 Bq/m3. In que-sto contesto il valore medio in Italia di 77 Bq/m3 e da considerarsi medio-alto.Le differenze da luogo a luogo sono da correlare con le differenti caratteristichegeologiche del suolo e dei materiali da costruzione utilizzati.

Fig. 2.15. Vie d’ingresso del radon nelle abitazioni: le fessure dei pavimenti, anchese invisibili, le giunzioni pavimento-parete, i passaggi degli impianti termici, idrau-lici, delle utenze elettriche del gas, ecc. Anche i materiali da costruzione possonoemettere radon, cosı come l’acqua, sia pure in quantita minore.

Il Comitato Scientifico delle Nazioni Unite per gli effetti delle radiazio-ni atomiche ha stimato che il radon produce piu del 50% della dose mediaricevuta da ogni individuo nell’esposizione a sorgenti di radiazioni naturali.Vari studi concordano su un aumento della frequenza dei tumori polmonariconseguente all’esposizione cumulativa al radon e ai suoi discendenti. In parti-colare, e stato stimato che, per una popolazione con attesa di vita alla nascitapari a 72 anni, la probabilita di morte per tumore all’apparato respiratorio

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42

Radon

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43

Radon in the world

2.9 Sono possibili effetti benefici delle radiazioni? 63

Per quanto riguarda l’incidente di Chernobyl, la dose efficace media perabitante in Italia nel primo anno e stata stimata dell’ordine di 0.5 mSv, ma ladistribuzione di radioattivita e stata estremamente disomogenea, come e messoin evidenza dalle fig. 2.18 e 2.19. Nella dose ricevuta l’ingestione e l’aspirazionehanno giocato un ruolo rilevante il primo anno, mentre l’irraggiamento dalsuolo ha svolto un ruolo di gran lunga piu importante negli anni successivi.

Poiche la dose minima ineliminabile di radiazione assorbita dal corpo uma-no e di circa 0.22 millisievert, e stato suggerito che tale quantita potrebbeessere utilizzata come quantita di riferimento della dose, in quanto il suo si-gnificato e di comprensione piu immediata del sievert (joule per Kg) per “inon addetti ai lavori”. Per tale quantita e stato anche proposto il nome diDARI (acronimo dell’espressione francese Dose Annuelle due aux RadiationsInternes, [19]). In base a questa convenzione, la dose originata dalle variesorgenti e espressa come multiplo della dose minima, come riportato in tab.2.12.

Fig. 2.17. Attivita β totale in aria (mBq/m3) negli anni tra il 1956 e il 1987. L’atti-vita media normale e inferiore a 10mBq/m3. Si hanno aumenti rilevanti nei periodi1957-1960 e 1962-1965 (esplosioni nucleari in atmosfera) e nel 1987 (incidente alreattore nucleare di Chernobyl).

2.9 Sono possibili effetti benefici delle radiazioni?

E’ opinione ben consolidata che le radiazioni abbiano effetti nocivi qualunquesia l’entita dell’esposizione cui sono soggetti gli individui. Tuttavia, da nume-

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4464 2 Radiazione ambientale naturale

rosi studi traspare che le radiazioni possono avere effetti benefici nel caso di

assorbimento di “piccole” dosi. Sfortunatamente, nella maggior parte dei casi

tali studi non erano rivolti specificatamente agli effetti benefici e, nel caso che

tali effetti fossero osservati, erano trascurati.

Fig. 2.18. Deposito di 131I per unita di superficie in Italia (Nord, Centro e Sud)

nelle settimane successive all’incidente di Chernobyl. Lo 131Io decade β con T1/2 =

8.02 giorni. [12]

Fig. 2.19. Concentrazione di 131I nei vegetali a foglia in Italia (Nord, Centro e

Sud) nelle settimane successive all’incidente di Chernobyl. [12]

L’interesse per possibili effetti benefici e stato ravvivato recentemente da

un’indagine riguardante l’incidenza (o frequenza) del cancro e di malformazio-

64 2 Radiazione ambientale naturale

rosi studi traspare che le radiazioni possono avere effetti benefici nel caso diassorbimento di “piccole” dosi. Sfortunatamente, nella maggior parte dei casitali studi non erano rivolti specificatamente agli effetti benefici e, nel caso chetali effetti fossero osservati, erano trascurati.

Fig. 2.18. Deposito di 131I per unita di superficie in Italia (Nord, Centro e Sud)nelle settimane successive all’incidente di Chernobyl. Lo 131Io decade β con T1/2 =8.02 giorni. [12]

Fig. 2.19. Concentrazione di 131I nei vegetali a foglia in Italia (Nord, Centro eSud) nelle settimane successive all’incidente di Chernobyl. [12]

L’interesse per possibili effetti benefici e stato ravvivato recentemente daun’indagine riguardante l’incidenza (o frequenza) del cancro e di malformazio-

How a nuclear disaster could affect background radiation

Cher

noby

l

Total beta-activity in air (nBq/m3) between 1956 and 1987

Nuc

lear

ex

plos

ions

131I on the ground

131I in vegetables

131I beta decays in t1/2=8.02 d

© Bendiscioli, Fenomeni radioattivi

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45

Rocks datingWhat are commonly used isotopes for

dating rocks?

On the x axis is

geologic time.

On the y axis is the % of parent isotope remaining in a sample.

the 4 colored lines represent 4 different isotopes.

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46

14C dating

PoS(Bormio2012)003

Short title Speaker Name

2

1. Introduction

This year we are celebrating the centenary of the discovery of cosmic rays by Victor Franz Hess. Measuring the ionization of air in a closed chamber equipped with a charged-up electrometer, he undertook balloon flights up to 5300 m where he registered an increase of the ionization which he interpreted as the result of a penetrating radiation “from above” [1, 2]. Although his discovery was confirmed shortly thereafter by Werner Kolhörster with balloon flights up to 9300 m [3, 4], some prominent physicists remained skeptical (e.g. Robert Millikan [5]). Eventually, they all recognized the existence of cosmic rays, and in 1936 Hess received the Nobel Prize in Physics together with Carl David Anderson who in 1932 had discovered the positron in cloud chamber measurements [6, 7]. Also in 1936, the first hint of a particle intermediate in mass between the electron and the proton was observed [8-10], later recognized as the Muon. In 1937, the complete disintegration of a heavy nucleus by high-energy cosmic rays was observed by Blau and Wambacher [11] in photographic plates exposed for several months at Hess’ cosmic ray observational station at Hafelekar (2300 m a.s.l.) near Innsbruck.

Fig. 1. Schematic presentation of the cosmic-ray production of 14C in the atmosphere, its two-step conversion to 14CO2, and its distribution into the biosphere and the ocean. The inventory of 14C in the various archives is given in percent. Note that the minute, but extremely reactive OH radical plays an important role in the oxidation of 14CO to 14CO2 [17]. It is an important oxidant of trace gases in the atmosphere [18].

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Chemistry (1960)

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Two critical assumptions are needed for absolute 14Cdating: constancy of both the cosmic ray intensity andsize of the exchangeable reservoir on average for manythousands of years. A graphical summary of the abovepoints is given in Fig. 2.

Libby first postulated the existence of natural 14C in1946, at a level of 0.2 to 2 Bq/mol carbon (1 dpm/g to10 dpm/g) [5]. His first experimental task was todemonstrate this presence of “natural” 14C in livingmatter. The problem was that, even at 10 dpm/g, the 14Cwould be unmeasurable! The plan was to search fornatural 14C in bio-methane, but the background of hiswell-shielded 1.9 L Geiger counter (342 counts perminute) exceeded the expected signal by a factor of400. Libby and coworkers did succeed in demonstrat-ing the presence of 14C in living matter, however. For anaccount of their creative approach to the problem, seetheir one page article in Science, “Radiocarbon fromCosmic Radiation” [6].3

Having detected 14C in the living biosphere, Libbyand his colleagues had to develop a measurementtechnique that was both quantitative and practical. The

thermal diffusion enrichment technique [6] was not: itdemanded very large samples and thousands of (1946)US dollars “to measure the age of a single mummy”[4]. Development of an acceptable technique wasformidable, as outlined in Table 1. A substantial in-crease in signal was achieved by converting the sampleto solid carbon, which coated the inner wall of aspecially designed “screen wall counter;” but the back-ground/signal ratio (16:1) still eliminated the possibili-ty of meaningful measurements. At this point, Libbyhad an inspiration, from the analysis of the nature of thebackground radiation [4]. He concluded that it wasprimarily due to secondary, ionizing cosmic radiationhaving great penetrating power—negative mu mesons(µ–). By surrounding the sample counter with cosmicray guard counters operating in an anti-coincidencemode, most of the µ– counts could be eliminated, result-ing in a further background reduction by a factor oftwenty, to approximately 5 counts per minute (cpm).The final background to signal ratio of 0.8 for livingcarbon, made possible the measurement of natural(biospheric) 14C with a precision under 2 % (Poissonrelative standard deviation) with a total (sample, back-ground) counting time of just 2 d ([2], Chap. V). Fig. 3shows the low-level counting apparatus devised byLibby, with which the seminal 14C dating measurements

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Fig. 1. Portrait of W. F. Libby, about the time of publication of the first edition of his monograph, Radiocarbon Dating(1952), and statement of the Nobel Committee (1960) [3].

3 To fully appreciate the nature of the experimental impediments andflashes of insight along the path to discovery, students are encour-aged to study the original scientific literature, as given here, ratherthan restricting attention to subsequent summaries in textbooks.

Perhaps the most valuable metrological lesson fromLibby’s early work was the extreme importance offormulating a realistic theoretical estimate for thesought-after “signal.” Without that as a guideline fordesigning a measurement process with adequate detec-tion or quantification capabilities, there is essentiallyno possibility that natural radiocarbon could havebeen found by chance with the then current radiationinstrumentation.

2.1 Standards and Validation

Once the measurement of natural 14C becamefeasible, the immediate task tackled by Libby and hiscolleagues was to test the validity of the radiocarbondating model. The first step consisted of determining thezero point of the natural radiocarbon decay curve— i.e.,the radioactivity concentration (dpm 14C per gram C) inliving matter, and to test for significant geographic varia-tion. This was a major component of the PhD thesis ofE. C. Anderson [7]; the result (Ro) was (15.3 ± 0.5) dpm/g[255 Bq/kg] with no significant deviation from thehypothesis of a uniform global distribution.4 The next

step was to measure the 14C concentrations in selectedhistorical artifacts of known age, and compare them tothe “absolute” 14C age. The latter was accomplished bycomparing the artifact 14C concentration (dpm/g C) tothat of the living biosphere. The absolute age derivesfrom the inversion of first order nuclear decay relation,using 15.3 dpm/g and 5568 a as the parameters of the“absolute” natural 14C decay curve.

The famous result, utilizing known age tree rings andindependently-dated Egyptian artifacts, is shown inChapter I of Libby’s 1952 monograph and Fig. 4 in thisarticle. Although the relative measurement uncertain-ties are moderately large (ca. 1 % to 5 %), the dataprovide a striking validation for the radiocarbon datingmethod over a period of nearly 5000 years. Note thatthe curve shown is not fit to the data! Rather, it repre-sents the absolute, two-parameter nuclear decay func-tion. (See [8] for detailed information on the validationsamples selected.)

This initial absolute dating function served to estab-lish the method, but it indicated the need for a univer-sal radiocarbon dating standard, since the referencevalue for the intercept (here 15.3 dpm/g) would vary

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Fig. 3. Low-level anticoincidence counting apparatus devised byLibby for the original 14C measurements that led to the establishmentof the radiocarbon dating technique (Ref. [2], and RadiocarbonDating (jacket cover) R. Berger and H. Suess, eds., Univ. CaliforniaPress, Berkeley (1979).)

Fig. 4. Radiocarbon dating validation curve (1952): the “curve ofknowns” that first demonstrated that absolute radiocarbon dating“worked.” The validation points represent tree rings and historicalartifacts of known age. The exponential function is not fit to the data,but derived from the independently measured half-life and the 14Ccontent of living matter ([2], Fig. 1).

4 The neutron intensity in the atmosphere, and hence the 14C produc-tion profile, has major variations vertically (because of cosmic rayabsorption with atmospheric depth) and latitudinally (because ofgeomagnetic shielding)—See Figs. 2 and 3 in Ref. [2]. Because 14Chas such a long mean life (≈8000 a), however, it was expected thatany residual gradients in the global exchange reservoir would beundetectable, given the 3 % to 5 % uncertainties of Libby’s originalmeasurements (Ref. [2], Chap. I).

14C dating

Willard Frank Libby

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that the dendrochronological age shows a significantdeparture from the absolute 14C (nuclear) age, begin-ning about three thousand years ago, and continuingthrough the end of this series of measurements (ca.5000 BC). These newly discovered deviations from theabsolute dating model, of course, posed new scientificquestions: what are the causes of the deviations, andcan we use them to better understand Nature? In fact,the dendro-calibration curve serves dual purposes. Formore classic “dating” disciplines, such as archaeology,anthropology, and geology (event dating), it gives anempirical correction function for the simple radio-carbon ages (BP) derived from the first order decayrelation. For solar and geophysics and related disci-plines, it gives the potential for the quantitative investi-gation of the causes of the variations.

The Nobel Symposium serves as a rich resource forinformation about the natural 14C variations. An excel-lent exposition of the three prime causative factors isgiven by Hans Suess (Ref. [12], pp. 595-605). Theseare: “(1) changes in the 14C production rate due tochanges in the intensity of the [earth’s] geomagnetic field; (2) ... modulation of the cosmic-ray flux by solaractivity; (3) changes in the geochemical radiocarbonreservoirs and rates of carbon transfer between them.”The major departure (ca. 10 %) seen in Fig. 5 is consid-ered to be due to the geomagnetic field, correspondingto a factor of two change in its intensity over the past8000 years [15]. This has given major impetus to thescience of archaeomagnetism. The other two factorsare considered responsible for the partly periodicfine structure exhibited in the curve, with varying

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Fig. 5. Radiocarbon Variations, discovered by comparison of high precision radiocarbon “dates”with high (annual) accuracy tree ring dates. The plot, which covers the period from about5000 BC to the present, represents an early version of the radiocarbon dating calibration curve([12], p.110). The photo shows the Bristlecone pine, the major source of dendrodates extendingback many millennia (Photo is courtesy of D. J. Donahue).

amplitudes of about 1 % to 2 %. (See Figs. 1, 2 in theSuess article, respectively, for plots of the first order(geomagnetic) and second order (fine structure) devia-tions from the ideal exponential decay function (“radio-carbon age”).)

A fascinating link exists between dendrochronologyand radiocarbon age, related to climate. That is, treerings by their width time series, like ice cores by their18O time series, give insight into ancient climate [16]. This, in turn, may be linked to the aforementioned 14Cvariations from changing solar activity and/or varia-tions in geochemical reservoirs. Fig. 6 represents a famous example of the inter-relationships among solaractivity (sunspots), natural radiocarbon variations, andclimate (Ref. [15], Fig. 5a; Ref. [16], p. 615). The upperpart of the figure shows the correlation between thesunspot record (circles, and ca. 11 year cycles) and the14C variations. The period of low solar activity, andcorrespondingly increased 14C activity, peaking at about1500 AD and 1700 AD is striking. The lower part of

the figure suggests a strong link to global climate,represented here by the “little ice age.”

4. The Bomb

Atmospheric nuclear testing had an unintended butprofound impact on 14C geoscience. It approximatelydoubled the 14C concentration in atmospheric CO2, andconsequently in living matter, by the mid-1960s. Thiscame about because neutrons released from nuclearfission (or fusion) react with atmospheric nitrogen byexactly the same reaction, 14N(n,p)14C, as the secondaryneutrons from cosmic rays. The “bomb pulse” of excess14C was recorded in all parts of the living biosphere,from vintage wine [17] to contemporary tree rings [18].It was characterized by a sharp injection of 14C in theearly 1960s, followed by relatively slow geochemicaldecay after the limited (atmospheric) nuclear test bantreaty. Totally new and unanticipated opportunities toperform global tracer experiments resulted from this

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Fig. 6. Radiocarbon Variations and Climate: the influence of solar activity (sunspot record) (top) on 14C concentrations (cosmic ray productionrates) and climate (Maunder Minimum temperature record) (bottom) [15, 16].

14C dating

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3.3 Datazione con il 14C 83

e l’albero vivente piu antico) ha consentito una cronologia assoluta risalentea 8 600 anni fa. L’eta degli anelli dedotta dalla loro posizione nei tronchi fuconfrontata con quella dedotta dalla presenza di 14C nel tessuto costitutivodegli anelli stessi. Studi accurati effettuati su alberi originari di vari paesi(anche europei) portarono alla relazione fra le due misure espressa dai grafi-ci delle fig. (3.6) e (3.7). Fig. (3.6) mostra l’andamento della datazione conradiocarbonio in funzione di quella con la dendrocronologia; fig. (3.7) mostral’andamento della differenza fra la datazione con il 14C e la datazione con ladendrocronologia in funzione di quest’ultima.

Fig. 3.6. Correlazione fra la datazione con 14C e la datazione dendrocronologica(datazione reale). Questo diagramma corrisponde a quello di fig. 3.7 per eta ante-riori al 2 000 a. C. Se le date da radiocarbonio coincidessero con quelle della den-drocronologia, i punti di correlazione dovrebbero disporsi lungo la bisettrice AB. Illuogo dei punti che stabilisce la correlazione effettiva fra le date determinate coni due metodi e dato dalla linea irregolare indicata con a. Le date da radiocarboniosono sistematicamente piu recenti di quelle vere. Per esempio, il punto C si riferiscea una radiodatazione di 2 000 anni e a una datazione reale di circa 2 500 anni: ladata con 14C e in difetto di 500 anni. I punti D, E e F corrispondono a una soladatazione (t*) con il 14C e a tre differenti datazioni reali (figura rielaborata da [7])

14C datingradiocarbon dating

dendrochronology

PoS(Bormio2012)003

Short title Speaker Name

8

Fig. 4. Deviation of the atmospheric 14C content from a constant reference value for the last 12,000 years [48]. The Δ14C values were determined by measuring today the 14C content in tree rings, whose absolute date was determined by dendrochronology, and then calculating the 14C content for the time the tree ring was grown by applying the radioactive decay law. As shown by two examples in the figure, continuous tree-ring sequences can be established by matching overlapping tree-ring widths for wood from different time periods [49]. 4.2. Radiocarbon dating of ancient human remains 4.2.1 The Iceman Ötzi The varying 14C content of the atmosphere including relatively fast fluctuations (see Fig. 4) leads to a limit of precision for absolute 14C dating [55]. An example is shown in Figure 5 for the age determination of the famous Iceman Ötzi, a human body which was locked up in ice at high altitude (3210 m a.s.l.) for approximately 5000 years in the Ötztal Alps near the Austrian-Italian border [56]. The relatively precise value for the uncalibrated radiocarbon age of

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14C datingDeviation of the atmospheric 14C content from a constant reference value for the last 12,000 years.

The Δ14C values were determined by measuring today the 14C content in tree rings, whose absolute date was determined by dendrochronology, and then calculating the 14C content for the time the tree ring was grown by applying the radioactive decay law.

As shown by two examples in the figure, continuous tree-ring sequences can be established by matching overlapping tree-ring widths for wood from different time periods

© Kutschera

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Convention: The atmospheric radiocarbon anomaly with respect to a standard is defined as Δ14C

( )( )

14 12

1414 12

/1 *1000

/spl

std

C CC

C C

! "# $Δ = −# $' (

- addition of isotopically light fossil fuel C to atmosphere

- solar activity changes Note: the Δ14C is 0 during 1890, b/c that�s the activity of the oxalic acid standard

time

But how did somebody construct this curve?

14C dating

© Charles M. Rubin, California Institute of Technology

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Source of Error in 14C dating

1.  Variations in geomagnetic flux. Geomagnetic field strength partly

controls 14C production in the atmosphere because of attenuation affects on the cosmic flux with increasing magnetic field strength.

2.  Modulation of the cosmic-ray flux by increased solar activity (e.g., solar flares) leads to attenuation of the cosmic-ray flux.

3.  Influence of the ocean reservoir. Any change in exchange rate between ocean reservoir and atmospheric reservoir will affect the level of 14C in the atmosphere.

4.  Industrial revolution (ratio of 14C to stable carbon decreased because of burning fossil fuels) and bomb effects (14C to stable carbon increased because of increased neutron production from detonation of nuclear bombs in the atmosphere) have made modern organic samples unsuitable for as reference samples.

14C dating - uncertainties

© Charles M. Rubin, California Institute of Technology

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The Shroud of Turin

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Described as a full image with blood stains from what appeared to be a person’s abdominal wound

The Shroud of Turin: historySpeculated Pre-1357 History 30-57: Edessa, present day Turkey 57: Disappeared 525: Found 944: Constantinople 1204: Disappeared

1357- 1418: Lirey, France 1418- 1452: Saint Hippolyte-sur-Doubs 1452- 1454: Chambery 1532: Damaged in fire at Chambery 1454- 1578: Various Locations 1506: Pope Julius II declared the Shroud is authentic 1578- Present: Kept at Turin, Italy

Stolen from Constantinople in1204 by French knights during the Crusades

(1192) Hungarian Pray Manuscript codex shows illustration of Jesus being placed on burial cloths -- placement of body supports marks shown on Shroud/Cloth

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1192: Hungarian Pray Manuscript

(1192) Hungarian Pray Manuscript codex shows illustration of Jesus being placed on burial cloths -- placement of body supports marks shown on Shroud/Cloth

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The Shroud of Turin: historyFrench knight Geoffrey de Charny displayed a burial shroud in Lirey, France that he claimed belonged to Christ (de Charny was a descendant of a prominent knight of the Fourth Crusade, the exact time during which the Cloth of Edessa was stolen from Constantinople)

Shroud was given in 1453 to Duke Louis Savoy of the House of Savoy in France. A special chapel was built for the Shroud; however, a fire broke out in 1532 and damaged the cloth -- this may have an effect on modern samplings and chemical tests

Speculated Pre-1357 History 30-57: Edessa, present day Turkey 57: Disappeared 525: Found 944: Constantinople 1204: Disappeared

1357- 1418: Lirey, France 1418- 1452: Saint Hippolyte-sur-Doubs 1452- 1454: Chambery 1532: Damaged in fire at Chambery 1454- 1578: Various Locations 1506: Pope Julius II declared the Shroud is authentic 1578- Present: Kept at Turin, Italy

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STURP

© Barrie Schwortz, www.shroud.com

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STURP

© Barrie Schwortz, www.shroud.com

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STURP

© Barrie Schwortz, www.shroud.com

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The Shroud of Turin: 14C dating

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The Shroud of Turin: 14C dating

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The Shroud of Turin: 14C dating

The results of the radiocarbon testing at Arizona, Oxford, and Zurich labs give the age range of the Shroud of Turin from AD 1260-1390 with 95% confidence (between AD 1292 and 1358 with 66% confidence).

None of the measurements from the twelve sets of tests (four textile samples at each of the three laboratories) differ much from the appropriate mean value (none by more than two standard deviations).

This provides conclusive evidence that the linen of the Shroud of Turin is Medieval.

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The Shroud of Turin: 14C datingIn this method, a sample of complex organic molecules is oxidized into a compound (C/CO2) which is then negatively charged by an ion source. An accelerator system separates the positively charged 14C particles and is detected and counted by a detector system. The method was used because it only required samples 7cm2 in size. Other methods need samples to be 500cm2. (ETH, University of Oxford, University of Arizona)

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The Shroud of Turin: 14C dating

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203

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Fig. 16. AMS 14

C dating results (“blind”) for the Turin Shroud (sample-1) and three control samples of known

age (samples-2,3,4), from the three AMS laboratories: Z (Zürich), O (Oxford), and A (Arizona). Dates are

expressed as “Radiocarbon Years” before present (BP); uncertainties represent 95 % confidence intervals [38].

Fig. 17. Transformation of the Radiocarbon Age (BP) to the Calendar

Age (AD) of the Shroud. The 14

C age (95 % CI) of (691 ± 31)

BP corresponds to a two-valued calendar age as a result of the non-

monotonic radiocarbon dating calibration curve. As indicated in the

figure, the projected calendar age ranges are: (1262–1312) AD and

(1353–1384) AD [38].

203

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Fig. 16. AMS 14

C dating results (“blind”) for the Turin Shroud (sample-1) and three control samples of known

age (samples-2,3,4), from the three AMS laboratories: Z (Zürich), O (Oxford), and A (Arizona). Dates are

expressed as “Radiocarbon Years” before present (BP); uncertainties represent 95 % confidence intervals [38].

Fig. 17. Transformation of the Radiocarbon Age (BP) to the Calendar

Age (AD) of the Shroud. The 14

C age (95 % CI) of (691 ± 31)

BP corresponds to a two-valued calendar age as a result of the non-

monotonic radiocarbon dating calibration curve. As indicated in the

figure, the projected calendar age ranges are: (1262–1312) AD and

(1353–1384) AD [38].

The Shroud of Turin: 14C dating

did not look like belonging to a recently deceasedmountain climber. Another two days later (on 23September 1991) the body was recovered from theice by Rainer Henn from the Institute of ForensicMedicine at the University of Innsbruck, and wasflown to his Institute by helicopter. Next day,when Konrad Spindler from the Institute of Pre-and Protohistory of the University of Innsbrucksaw the unusual pieces of equipment found to-gether with the body (in particular the axe with abronze-like blade), he estimated a very old age(!4000 years) of the find. This immediately cre-ated great excitement for both scientists and thepublic, resulting in many ‘‘colorful’’ events in theensuing weeks.

One important step was the determination ofthe exact location of the finding place as it wasvery close to the Austrian–Italian border. Ac-cording to the Treaty of Saint Germain from 1919following the end of World War I and the breakupof the Austrian–Hungarian Empire, the borderwas defined to run along the main watershed of the

Alps, between the north (Inn) and the south(Etsch). Due to thick glacial cover in 1920, theexact location of the watershed could not be de-termined everywhere, and the border in someplaces was set only by connecting nearby markers(compare Fig. 1). Some 70 years later, the glaciershad ablated to unprecedentedly low levels and itwas commonly presumed that the finding site ac-tually lay within Austrian territory, which is whyAustrian authorities were called to the site. Afteran official survey of the border line, however, itwas established that the Iceman had been found92 m inside Italian territory. According to inter-national regulations, the Iceman therefore be-longed to Italy. The irony of this border issuebecame apparent during the extensive excavationin 1992, when meltwater from the discovery sitewas actually running off to the north. In any case,the Iceman remained more than 6 years at theUniversity of Innsbruck, from where most of thescientific investigations were organized. In January1998, €OOtzi was brought to his final home at the

Fig. 2. The partly freed body of the Iceman as watched by two famous mountain climbers from South Tyrol, Hans Kammerlander(left) and Reinhold Messner (right). Picture taken by K. Fritz (Photo Paul Hanny). Kammerlander holds part of a wooden structurelater identified as a carrying support of €OOtzi. In the right upper corner the bow can be seen, its lower part stuck in the ice and the upperone leaning against the rocks. Just below the tip of the ski pole held by Messner one can see the smashed remains of a container madeof bark from a birch-tree, probably used to carry equipment for making fire.

W. Kutschera, W. M€uuller / Nucl. Instr. and Meth. in Phys. Res. B 204 (2003) 705–719 707

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Ötzi

forms the border between Austria (to the north)and Italy (to the south). As the hikers approacheda shallow ice-filled depression along the ridge at analtitude of 3210 m (near the Tisenjoch), they werestartled by seeing the body of a man sticking half-way out from the ice. Unusual climatic conditionsin the summer of 1991 (including dust from Sahararesulting in enhanced melting of snow) had partlyfreed the body from its icy grave. The Iceman waslater nicknamed ‘‘€OOtzi’’, after the mountain range

where he was found. Two days after the first dis-covery, Hans Kammerlander and ReinholdMessner, two famous mountain climbers fromSouth Tyrol, happened to arrive at the site, andthe photo of Fig. 2 shows them watching the Ice-man, whose lower body is still locked into the ice.From the antiquated equipment found at the site,Messner made a first guess at the age of the manand thought he might have died some 500 yearsago. Some of the associated equipment certainly

Fig. 1. Airphoto of the mountain range next to the Iceman site, located on the ridge running east towards the Similaun peak. Thephoto was taken on 21 August 1989 by Gernot Patzelt from the Institute of High Mountain Research of the University of Innsbruck,two years before the Iceman was discovered. The glaciers to the north (left) lead to the €OOtztal in Austria, whereas the ice-free slopes tothe south (right) lead to the Tisental in Italy. The Iceman site is not located at the lowest part of the ridge (Similaun Lodge), which canonly be reached by a man-made path through steep rocks, but rather at a location which can be most easily reached from the southfollowing the natural morphology of the valley. It seems likely that the Iceman took this path, if he approached his final resting placefrom the south.

706 W. Kutschera, W. M€uuller / Nucl. Instr. and Meth. in Phys. Res. B 204 (2003) 705–719

© Kutschera

dence for climatic signatures, which can be com-pared to available paleoclimate data derived fromstudying the timberline and glacier snowlines inthe Alpine regions [29]. In general, both fauna andflora at the margins of their existence are sensitiveproxies for climatic changes. Whereas bast fromlime trees and low-altitude grass (Fig. 7) can nevergrow at this altitude, the high-altitude grass (Fig.8) can grow there under favorable conditions. Itspreferred existence in the period just before theIceman indicates a warmer climate, consistent withthe findings of Patzelt (Fig. 9). Mosses are lesssensitive, and can adjust more easily to climaticchanges. The wood pieces found at the site indicatehuman presence. It is interesting to see a piece ofcharcoal (Pinus sp./periderme) at around 4000 BC,probably indicating the presence of humans a 1000years earlier than the Iceman. This is also sup-ported by the measurement of two soil samples(Fig. 8 bottom) about 100 m away from the Ice-

man site in a rocky niche [30]. The older soilsample shows a thicker layer indicating a warmerclimate.

4. Principles of isotopic tracing

Tracing of origin using radiogenic and stableisotopes is routinely applied in the Earth Sciences;see [31] and [32] for comprehensive reviews. Ra-diogenic isotopes are those produced from radio-active decay of natural, long-lived radionuclidessuch as 238U, 235U, 232Th, 87Rb, 147Sm or 176Lu,which decay to stable 206Pb, 207Pb, 208Pb, 87Sr,143Nd or 176Hf, respectively, with long half-livesranging between 0.7 and 106 billion years. Inthe Earth Sciences, those systems are used forboth tracing and dating of rocks. Tracing is pos-sible because parent and daughter elements oftenexhibit different geochemical behavior. Hence

Fig. 5. View of the Iceman finding site at the end of the excavation campaign in 1992 [23]. The site is filled with meltwater, which hadbeen continuously removed during the excavation. On the right side in the middle the rock of the Iceman!s final resting place (compareFig. 2) can be seen. From the shape of the site one can imagine that the Iceman was locked into place by ice not moving anywhere, incontrast to the main glaciers in this area, which rapidly flow downhill (compare Fig. 1). This fortunate circumstances must havecontributed to the good state of preservation of the body for thousands of years. (Photo: Amt f€uur Bodendenkm€aaler, Bozen.)

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Fig. 3. The determination of the age of the Iceman from 14C measurements at the AMS laboratories of Z€uurich [7,9] and Oxford [8].The combined radiocarbon age from these measurements is 4550! 19 years BP (before present¼ 1950 AD). The error is the 68.2% (1r)confidence value. The uncalibrated age is translated into a calibrated age with the help of the computer program OxCal using theINTCAL98 tree-ring calibration curve [11]. (a) Calibration curve from 4000 to 2000 BC. The straight line at 45! indicates a 1:1transformation of the radiocarbon age into an uncalibrated calendar date. The intersection of the radiocarbon age with this line andthe tree-ring calibration curve shows that the calibrated date is approximately 650 years older. (b) The enlarged ‘‘wiggly’’ section of thecalibration curve leads to three different solutions for the calendar date spanning 250 years. The small rectangular brackets beneath thepeaks indicate the distribution of the 68.2% (1r) confidence ranges into three sections of 3360–3300 BC (29.3%), 3210–3190 BC (19.8%)and 3160–3130 BC (19.1%). The large brackets indicate the 95.4% (2r) confidence ranges of 3370–3320 BC (34.3%) and 3230–3100 BC(61.1%).

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The determination of the age of the Iceman from 14C measurements at the AMS laboratories of Zurich and Oxford .

The combined radiocarbon age from these measurements is 4550 19 years BP. The error is the 68.2% (1r) confidence value. The uncalibrated age is translated into a calibrated age with the help of tree-ring calibration curve.

(a) Calibration curve from 4000 to 2000 BC. The straight line at 45° indicates a 1:1 transformation of the radiocarbon age into an uncalibrated calendar date. The intersection of the radiocarbon age with this line and the tree-ring calibration curve shows that the calibrated date is approximately 650 years older.

(b) The enlarged ‘‘wiggly’’ section of the calibration curve leads to three different solutions for the calendar date spanning 250 years. The small rectangular brackets beneath the peaks indicate the distribution of the 68.2% (1r) confidence ranges into three sections of 3360–3300 BC (29.3%), 3210–3190 BC (19.8%) and 3160–3130 BC (19.1%). The large brackets indicate the 95.4% (2r) confidence ranges of 3370–3320 BC (34.3%) and 3230–3100 BC (61.1%).

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name a few. Such elements are usually referred toas stable isotopes. Palaeothermometry with oxy-gen isotopes [34] is one of the best-known appli-

cations of stable isotopes. The distinction ofradiogenic and stable isotopes is somewhat ar-bitrary since most of the radiogenic isotopes

Fig. 7. Summary of 14C measurements performed on materials, which most likely are directly associated with the Iceman. For allmeasurements the full 95.4% (2r) confidence range is given with filled block symbols. The lightly shaded vertical area indicated theaverage of the four measurements performed on the Iceman!s body (compare Fig. 3).

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