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36 leggendo leggendo Uno scrittore può inven- tare storie e personaggi all’infinito grazie alla pro- pria creativa immagina- zione. Ma anche ciascuno di noi, adulto o bambino che sia, può scrivere della propria esperienza di vita; infatti sentimenti ed emo- zioni, incontri e persone possono dar luogo a un in- finito e variegato numero di racconti. Il bisogno dello scrittore è spesso lo stesso del bambino, cioè quello di dare un’organizzazione alle esperienze della vita, collegando le vicende del proprio vissuto secondo un preciso ordine e cercando di dare un senso generale al tutto. Non è facile raccontarsi, ma è fantastico poterlo fare. Attraverso la narrazione orale e scritta possiamo collegare gli eventi in una sequenza scelta da noi; comunque non dobbiamo dimenticare che spesso il vissuto non si configura come un tutto armonico ma piuttosto come un insieme frammentario di percezio- ni, sensazioni, pensieri e azioni. Il mondo narrato, diverso da quello vissuto, selezio- na e sceglie gli elemen- ti in base a determinati principi; si crea una sorta di nuova realtà elaborata e trasformata, migliorata e arricchita di significato. Attraverso il racconto au- tobiografico si può realiz- zare una specie di meta- fora delle vicende dell’esi- stenza ma si può anche ri- trovare un filo conduttore della propria vita. Per riuscire a raccontare storie con il punto di vista dei bambini non è suffi- ciente inventare storie con bambini come protagonisti; gli autori dovrebbero ricor- dare lo stato d’animo del proprio mondo infantile e, attraverso questo, guarda- re la realtà e costruire la storia. Il protagonista dell’albo illustrato Nel paese dei mostri selvaggi vive il suo viaggio fantastico e coin- volge il cuore del lettore. Maurice Sendak racconta una esperienza attraver- so la visione di un bambi- no, riportando riflessioni e pensieri, paure ed entusia- smi. Nel libro si narrano le avventure immaginarie di questo bambino di nome Max che si infila il suo ve- stito da lupo, parte per un viaggio in un paese scono- sciuto e incontra i mostri selvaggi che danno il titolo alla storia. La trama inizia proprio con Max travestito da lupo che ne combina di tutti i colori e rincorre il cane con una forchetta. La mamma lo definisce mo- stro selvaggio e Max le ri- sponde E io ti sbrano. Così Max viene cacciato senza Raccontiamoci La narrazione autobiografica con i bambini Marina Zulian responsabile della BibliotecaRagazzi di BarchettaBlu

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Di Marina Zulian Adozione e dintorni - GSD Informa marzo 2012

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Uno scrittore può inven-tare storie e personaggi all’infinito grazie alla pro-pria creativa immagina-zione. Ma anche ciascuno di noi, adulto o bambino che sia, può scrivere della propria esperienza di vita; infatti sentimenti ed emo-zioni, incontri e persone possono dar luogo a un in-finito e variegato numero di racconti. Il bisogno dello scrittore è spesso lo stesso del bambino, cioè quello di dare un’organizzazione alle esperienze della vita, collegando le vicende del proprio vissuto secondo un preciso ordine e cercando di dare un senso generale al tutto.Non è facile raccontarsi, ma è fantastico poterlo fare.Attraverso la narrazione orale e scritta possiamo collegare gli eventi in una sequenza scelta da noi; comunque non dobbiamo dimenticare che spesso il

vissuto non si configura come un tutto armonico ma piuttosto come un insieme frammentario di percezio-ni, sensazioni, pensieri e azioni.Il mondo narrato, diverso da quello vissuto, selezio-na e sceglie gli elemen-ti in base a determinati principi; si crea una sorta di nuova realtà elaborata e trasformata, migliorata e arricchita di significato. Attraverso il racconto au-tobiografico si può realiz-zare una specie di meta-fora delle vicende dell’esi-stenza ma si può anche ri-trovare un filo conduttore della propria vita.Per riuscire a raccontare storie con il punto di vista dei bambini non è suffi-ciente inventare storie con bambini come protagonisti; gli autori dovrebbero ricor-dare lo stato d’animo del proprio mondo infantile e, attraverso questo, guarda-

re la realtà e costruire la storia.

Il protagonista dell’albo illustrato Nel paese dei mostri selvaggi vive il suo viaggio fantastico e coin-volge il cuore del lettore. Maurice Sendak racconta una esperienza attraver-so la visione di un bambi-no, riportando riflessioni e pensieri, paure ed entusia-smi. Nel libro si narrano le avventure immaginarie di questo bambino di nome Max che si infila il suo ve-stito da lupo, parte per un viaggio in un paese scono-sciuto e incontra i mostri selvaggi che danno il titolo alla storia. La trama inizia proprio con Max travestito da lupo che ne combina di tutti i colori e rincorre il cane con una forchetta. La mamma lo definisce mo-stro selvaggio e Max le ri-sponde E io ti sbrano. Così Max viene cacciato senza

Raccontiamoci La narrazione autobiografica con i bambini

Marina Zulianresponsabile della BibliotecaRagazzi di BarchettaBlu

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37cena nella propria camera; improvvisamente però tra le mura della stanza cresce una foresta lussureggiante fino al soffitto e fino a far scomparire le pareti.Si forma persino un mare e Max, esplorando tutto intorno, trova una barca, vi incide il proprio nome e inizia un viaggio che sem-bra durare mesi. Giunto nel paese dei mostri sel-vaggi incontra strane crea-ture che gli ruggiscono ter-ribilmente, digrignano ter-ribilmente i denti, roteano tremendamente gli occhi e mostrano gli artigli orren-di. Max non si fa prendere dal panico, li manda a cuc-cia, li doma e li conquista; addirittura viene procla-mato mostro più selvaggio di tutti e nominato re.Max dà inizio a un grande ballo scatenato, la ridda selvaggia; dopo una iniziale euforia, ben presto si stan-ca; i mostri selvaggi non

vogliono fermarsi e Max li caccia a letto senza cena. Max si sente solo e avverte la mancanza di casa, di un posto dove ci sia qualcuno che lo ami più di ogni altra cosa al mondo. Contro il volere dei mostri, decide di ritornare nella sua stanza dove sente ancora un pro-fumo di cose buone da man-giare. Max, con il trucco di fissare i mostri negli occhi, li vince ed è come se vin-cesse anche la sua rabbia e i suoi impulsi selvaggi. Anche quando organizza la ridda selvaggia, Max ri-vela la parte più istintiva, selvaggia e incontrollata. È una trovata bellissima la maschera da lupo di Max poiché permette a chi racconta e a chi ascolta di immedesimarsi contempo-raneamente nel bambino e nel lupo; i due personaggi sono uniti magicamente e anche nei bambini magica-mente possono convivere,

nel medesimo tempo, forze ed emozioni contrastanti. Il costume da lupo di Max permette a uno stesso per-sonaggio di avere una na-tura rabbiosa e irrispetto-sa e una dolce ed educata. Nell’ultima fantastica im-magine, Max si lascia cade-re dalla testa il cappuccio da lupo, gli occhi sono as-sonnati e i capelli arruffati. Sembra che il protagonista abbia compiuto un vero e proprio faticoso viaggio; in realtà l’autentico viaggio l’ha compiuto dentro di sé; anche questo è stato fati-coso ma al tempo stesso è stato meraviglioso. Il bam-bino riesce, con il masche-ramento del lupo, a essere quello che lui a volte è e quello che gli adulti vor-rebbero non fosse. Come un equilibrista spinto da forze opposte, Max è alla ricerca della propria identità, che costruisce attraverso espe-rienze dolorose nel difficile

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processo di conoscenza del sé. Il libro Nel paese dei mostri selvaggi è stato pubblicato per la prima volta nel 1963 e ha creato una forte con-trapposizione fra detrattori e sostenitori: da una parte c’erano quelli che conside-ravano la storia cupa e ina-datta ai bambini; dall’altra quelli che consideravano la storia all’avanguardia, scritta e illustrata conside-rando veramente il sentire dei bambini. I primi criti-cavano il libro poiché nar-ra di un bambino che non ascolta, risponde male alla propria mamma e addirit-tura scappa di casa. I se-condi apprezzavano invece la capacità di raccontare la forza di un bambino che riesce a trasformare la sua rabbia, diventare autore-vole con i mostri, sfogare la frustrazione attraverso un viaggio introspettivo. Alla fine Max fa intendere che non vuole più lasciare chi lo ama in modo incondizio-nato come i suoi genitori e fa capire che non lascerà più che la rabbia lo separi dalle persone che ama. Le spiritose e spaventose illustrazioni di Sendak de-scrivono perfettamente lo stato d’animo del bambino, soprattutto la sua rabbia e la sua rassicurazione fina-le. In conclusione Max è un personaggio in cui i bam-bini si possono realmente

identificare perché con lui si possono vivere fino in fondo esperienze, aspetta-tive e sogni.

I bambini, già dai tre anni, cercano di produrre rac-conti personali che colle-gano avvenimenti e per-sone della loro esperienza concreta; si tratta delle prime narrazioni autobio-grafiche. Quando lo scrit-tore per l’infanzia cerca di riprodurre il vissuto, utilizza uno schema ele-mentare ma al contempo ripesca nella sua memoria. Nel racconto i protagonisti seguono uno scopo e gli av-venimenti hanno luogo in contesti precisi; l’inizio, la parte centrale e la conclu-sione seguono una trama e uno sviluppo che dovreb-bero essere guidati da una tensione ricercata nella propria memoria emotiva. A casa come a scuola è im-portante permettere e sti-molare le narrazioni dei bambini. Già dai quattro anni i bambini sono capaci di dare un senso unitario a certi episodi che li riguar-dano. Prendono il materia-le per le loro narrazioni sia cercando nella memoria sia utilizzando la propria immaginazione e, come detto in precedenza, fanno proprio come gli scrittori di libri per l’infanzia: viene scelta una emozione prin-cipale che guida tutto lo

svolgimento della storia da narrare; viene ricordato, raccolto e organizzato tutto il materiale scelto per poi togliere ed eliminare quel-lo che si ritiene superfluo o accessorio. Infine la storia viene adattata in maniera che gli altri possano rece-pirla: il bambino trasfor-ma la propria esperienza soggettiva da esclusiva a partecipativa. A volte c’è la necessità di utilizzare delle figure diverse da sé per non sentirsi costretti a mettersi subito a nudo in prima persona.

In Piccolo giallo e picco-lo blu e in Pezzettino, Leo Lionni racconta in manie-ra essenziale ma poetica, delicata ma intensa la vi-cenda di due bambini che cercano dentro se stessi e nel rapporto con gli altri gli elementi per costrui-re la propria identità e i concetti di diversità, con-divisione, libertà. Lo scrit-tore sceglie una coppia di protagonisti inusuali ma perfettamente espressivi che riescono a raccontarsi nella loro più profonda in-timità: piccolo blu e piccolo giallo sono macchie di colo-re, senza occhi né bocca. Piccolo blu è un bambino che ama stare con i suoi coetanei e il suo amico pre-ferito è Piccolo giallo. In-sieme si divertono molto giocando a correre, a salta-

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re e a nascondersi. Mam-ma blu, un giorno che deve uscire, lascia da solo Picco-lo blu e gli raccomanda di aspettarla a casa fino al suo ritorno. Però Piccolo blu si annoia e decide di uscire per incontrare il suo ami-co Piccolo giallo. Lo cerca dappertutto; all’inizio non lo trova ma poi lo vede e con entusiasmo lo abbrac-cia. La gioia incontenibile fa fondere tra di loro i due amici che si uniscono fino a diventare verdi. Dopo aver giocato al parco, nel tunnel e in montagna, Piccolo blu ritorna a casa ma trova ad aspettarlo mamma blu e papà blu che non lo ricono-scono: Tu non sei il nostro Piccolo blu, tu sei verde! e lo stesso succede a Piccolo giallo. I due bambini pian-gono grandi lacrime blu e gialle fino a ricomporsi e ritrovare se stessi. Alla fine genitori e figli si abbracciano tutti insieme diventando anche loro un po’ verdi e capendo final-mente cosa era successo. A differenza di molti adulti i bambini vivono certe espe-rienze facendosi travolgere e perdendo in parte la loro identità. Molte volte ho sentito dire dai genitori ai figli Non ti riconosco più; magari in quelle occasio-ni è proprio successo che gli adulti abbiano visto un modo di parlare o una po-sizione insolita che il figlio

ha ricalcato da un amico. Nel raccontarsi Piccolo blu riesce quindi a esprimere gioie e dolori e insegna an-che ai genitori qualcosa in più di sé.

Anche Pezzettino si raccon-ta in cerca della propria identità. Si sente talmen-te piccolo che si convince di essere un pezzetto di qualcun’altro. Attraverso le caratteristi-che illustrazioni di Lionni il lettore entra nell’animo del piccolo quadratino ros-so. Pezzettino inizia una lunga ricerca anche in re-lazione ai suoi amici che sono tutti grandi e grossi, capaci di volare, nuotare, arrampicarsi. Alla fine del suo percorso potrà escla-mare con gioia e stupore Io sono me stesso!. In en-trambi i libri viene raccon-tato un vero dramma: non si può vivere senza essere riconosciuti nella propria identità, come se si fosse invisibili; è tragico sentire la disperazione di non es-sere riconosciuti per quello che si è soprattutto se si diventa estranei agli occhi di chi ci ama. Altrettan-to tragico è però quando ci succede di non riuscire a raccontare agli altri chi siamo e come ci sentiamo. Anche i bambini, nel gio-co del raccontarsi, possono spiegare pensieri ed emo-zioni utilizzando figure

simboliche che all’inizio li salvaguardano del metter-si totalmente allo scoperto. La capacità e la disponi-bilità a raccontarsi fino in fondo è un processo len-to e graduale fatto anche di incontri di persone che hanno iniziato il percorso prima di noi. Se noi adulti comprendiamo l’importan-za del raccontarsi, dobbia-mo noi per primi iniziare a dire qualcosa di noi. Gli educatori e gli insegnanti, ad esempio, possono stimo-lare i loro piccoli allievi non rimanendo estranei e pre-tendendo una narrazione a senso unico, ma mettendo-si in gioco e raccontandosi in prima persona.

Forse per questi motivi sono molto frequenti nei racconti dei e per i bambi-ni le figure di animali. Sur-reale ma esemplificativo e molto immediato è il dolce racconto Giotto il leprotto. Giotto ha il coraggio di rac-contarsi con umiltà e sin-cerità:

Son Giotto il leprotto, e vivo contento.

C’è solo una cosa di cui mi lamento:

son troppo piccino, e questo, si sa

può mettere a rischio la mia dignità.

Il protagonista è deriso per la sua bassa statura e lui

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ne soffre; nessuno vuole giocare con lui anche se si stiracchia per diventare più alto; di notte sogna di raggiungere le cime degli alberi. Poi trova una sca-tola abbandonata e con il cuore in subbuglio scopre all’interno pennelli e co-lori. La ricerca della sua identità e del senso della sua vita è arrivata a un punto fondamentale. Dopo aver dipinto tanti leprotti su alberi e sassi, inganna i cacciatori e diventa l’eroe degli altri animali del bo-sco.

E tutti gli uccelli dicevano in coro

che io avevo fatto un gran bel lavoro,

che ero un eroe, che li avevo salvati,

che della mia astuzia mi erano grati.

E mentre cantavano, fra me e me dicevo

che, pur piccoletto, qualcosa valevo,

che essere alti può essere bello,

ma quello che conta davvero è il cervello!

Molti bambini si immede-simano in Giotto e, leggen-do la sua storia, cercano, spesso per la prima volta, di valorizzare ciò che sono e sanno fare, piuttosto che quello che non sono. Spes-so gli animali incarnano anche quella istintività e

quella libertà che gli esse-ri umani non si concedono. Utilizzare le figure allego-riche che incarnano paure, insicurezze e speranze dei bambini, permette un giu-sto distacco e nello stesso tempo un giusto coinvol-gimento, ottimale per la rielaborazione personale e per lo sviluppo dell’attitu-dine al racconto autobio-grafico.

Anche nell’incantevole li-bro Lupo sabbioso ritorna la figura dell’ animale lupo, reinterpretato totalmen-te: lupo sabbioso è saggio e ironico e attraverso esso la bambina riesce a vince-re incertezze e paure. Lupo sabbioso è un lupo di sab-bia dorata creato da Zacka-rina, bambina curiosa che fa mille domande. Non si tratta di un lupo qualsiasi, di un lupo cattivo, ma di un lupo giallo-dorato che si nutre di luce di sole e di luna, sapiente viaggiatore che per mille anni ha viag-giato nella terra e nelle stelle. Nella casetta in riva al mare Zackarina vive con i genitori ma si annoia spe-cialmente perché il papà è troppo impegnato per gio-care con lei. I sogni e i gio-chi, le aspettative e le do-mande accompagnano la protagonista nell’affronta-re le difficoltà del crescere. La leggerezza, l’immedia-tezza dei sentimenti della

bambina sulla spiaggia ci portano direttamente den-tro il suo animo. Il lupo sab-bioso, allegro e misterioso, si materializza dalle dune sabbiose, quasi per dare l’opportunità a Zackarina di trovare qualcuno dentro o fuori di sé che risponda alle proprie domande. Nel libro l’io narrante, anche se viene usata la terza persona, ha l’animo di un bambino che deve affron-tare i piccoli-grandi fatti della vita quotidiana. Nel racconto autobiografi-co il bambino inizia a per-cepirsi in un cammino di costruzione della propria personalità. Per recupe-rare materiale utile per il racconto, è necessario at-tingere al passato tramite il ricordo e selezionare gli avvenimenti e poi confron-tarli con il presente e con le aspirazioni del futuro. Nell’eliminazione dei fatti e delle sensazioni non in-dispensabili al racconto, ha un ruolo fondamentale ciò che si vorrebbe essere e non si riesce a essere. Zackarina usa la narrazio-ne proprio come prezioso strumento per la costruzio-ne e la scoperta del sé, per rafforzare la propria auto-stima e sostenere il diffici-le processo di crescita.

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42 Alla scuola dell’infanzia in forma orale e poi alla scuo-la primaria anche come produzione scritta, l’inten-to dovrebbe essere quello di sollecitare i bambini a raccontarsi agli altri e a se stessi. Riuscire a esplicitare un

racconto chiaro ed esausti-vo procede di pari passo con il miglioramento della ca-pacità di ascolto reciproco. In classe è importante de-stinare uno spazio e un luogo costante per il rac-conto autobiografico inteso come momento di cura di

sé e momento di autori-flessione, per quello che i bambini e i ragazzi sono in grado di fare. Sollecitare la cultura del-la memoria, della propria storia e dell’introspezione è anche un modo di svilup-pare una positiva relazione con gli altri. In questo senso sono anco-ra i racconti dei libri che ci aiutano a migliorare la capacità di raccontare in modo semplice ma profon-do qualcosa di noi stessi, di ascoltare i bisogni degli altri dando voce alle loro esigenze, spesso difficili da esprimere.Ed è proprio dai bambini che gli adulti possono impa-rare a pensarsi e a narrarsi in modo più autentico.

Bibliografia

M. Sendak, Nel paese dei mostri selvaggi, Babalibri, 1999

L. Lionni, Piccolo blu e piccolo giallo, Babalibri, 1999

L. Lionni, Pezzettino, Babalibri, 2006

P. Coran, Giotto il leprotto, Emme Edizioni, 2001

A. Lind, Lupo sabbioso. L’incontro, Bohem Press Italia, 2009

A. Cousseau, Io, Manola e l’iguana, Il Castoro, 2009

R. Dahl, Boy, Salani, 2008

A. Chambers, Ladre di regali, Giunti Junior, 2004