“raccontare la crisi comincia da uno sguardo“

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RACCONTARE LA CRISI COMINCIA DA UNO SGUARDOmostra fotografica dedicata ad Antonio Salerno Piccinino a cura di OCCHIROSSI, COMITATO NOMORTI SUL LAVORO

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mostra fotografica dedicata ad Antonio Salerno Piccinino a cura di OCCHIROSSI, COMITATO NOMORTI SUL LAVORO

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Page 1: “RACCONTARE LA CRISI COMINCIA DA UNO SGUARDO“

“RACCONTARE LA CRISI

COMINCIA DA UNO SGUARDO“

mostra fotografica dedicata ad Antonio Salerno Piccinino a cura di

OCCHIROSSI, COMITATO NOMORTI SUL LAVORO

Page 2: “RACCONTARE LA CRISI COMINCIA DA UNO SGUARDO“

Di: Alberto Di Fiore

Dublino, ottobre 2009

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Di: Andrea Grossi, Elena Penello

OH SANTA CRISI !

L'uomo visto attraverso un percorso escatologico in cui

passa attraverso tre stati: la rabbia, la crocefissione e

l'impiccagione. Stati che rappresentano rispettivamente la

reazione, il piegarsi all'inesorabile destino e la definitiva

sconfitta di una società in cui gli istituti bancari

rappresentano l'incarnazione della divinità capitalista.

La speranza di una vita agiata, giogo del padrone o di chi

tende ad immedesimarcisi, si infrange sulla parete di quel

tempio del dio che tradisce i suoi fedeli.

L'individuo prende parte a questa tragedia

nell'impersonificazione di cristo crocefisso (beatitudine) e di

giuda impiccato (tradimento), come a voler dire che l'uomo

moderno è capace di passare dallo stato di divinizzazione a

quello di condannato.

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Page 6: “RACCONTARE LA CRISI COMINCIA DA UNO SGUARDO“

Di: Cecilia Fabiano

Sgombero delle baracche all'idroscalo di ostia, una famiglia

con tre bambini viene cacciata dalla baracca acquistata

poco tempo prima e trasferita in un residence sull'Aurelia

fuori dal raccordo

230/020/2010

Page 7: “RACCONTARE LA CRISI COMINCIA DA UNO SGUARDO“

Di: Cinzia Bruschini

CAS(S)A INTEGRATA

Lavoro sottopagato e senza diritti, svalutazione delle

competenze, ricatto professionale, contratti temporanei,

assoluta mancanza di prospettive, mobbing, incertezza sul

futuro… e se ce ne stessimo tutti a casa?

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Per Hans Christiansen

Page 9: “RACCONTARE LA CRISI COMINCIA DA UNO SGUARDO“

Di: Precarix

GENERAZIONE P.

Interno giorno, centro per l’impiego ex ufficio di

collocamento, periferia est di Roma.

Guardo la bacheca vuota delle offerte di lavoro, il vetro

riflette la mia espressione muta.

Raccontare la crisi inizia da quello stesso sguardo che

accomuna il 26% dei giovani disoccupati in Italia.

Intermittenti, a progetto, part time, a chiamata, e poi di

nuovo disoccupati. Il corpo vivo della crisi siamo noi, la

generazione precaria.

Page 10: “RACCONTARE LA CRISI COMINCIA DA UNO SGUARDO“

Di: Red

IN GABBIA - Roma 2009 - Manifattura Cinese

Potrebbe essere la Thailandia, la Cina, Prato, Londra, Parigi

o New York, la globalizzazione ci porta questo regalo,

lavoro precarizzato e sfruttamento a basso costo, luoghi di

lavoro che per sicurezza e condizioni, ci fanno tornare

indietro almeno all'inizio della rivoluzione industriale, tutto

questo accade oggi, davanti agli occhi evidentemente

"stanchi" di tutt* noi.

Page 11: “RACCONTARE LA CRISI COMINCIA DA UNO SGUARDO“

Di Simona Pampallona

GRATTA E VINCI

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Di: Stefano Parrini

Io penso che l'aspetto peggiore della crisi sia la mancanza

di scelte, la mancanza di poter individuare una propria

prerogativa di vita.

Penso che Antonio, come tanti altri lavoratori, sia morto

proprio perche' non aveva altra scelta, se non quella di

essere "Affidabile"

Questa immagine vuol essere una riflessione per chi

afferma che nella societa' moderna si abbia il piacere di

poter sceglere e che sia una societa' delle possibilita',

spesso dietro questo piacere si cela la mancanza di

aspettative e la mortificazione.

Page 13: “RACCONTARE LA CRISI COMINCIA DA UNO SGUARDO“

Di: Nieta

Dalla finestra della casa in cui sono cresciuta, per anni ho

osservato decine di persone lavorare sulle ringhiere della

stazione Termini, sui tetti o riparare lampioni.

All'epoca lo vivevo come un piccolo segreto, pensavo di

essere l'unica ad accorgermi di quelle persone che

sfidavano l'altezza e con le quali, magari tramite un saluto,

riuscivo ad interagire meglio che con la massa che si

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muoveva velocemente per le strade senza comunicare, un

pò come nella città di Cloe descritta da Calvino.

Oggi che sono cresciuta il segreto mantiene intatto tutto il

suo fascino, anche se il mio occhio cerca altri dettagli:

indossano caschi protettivi? sono assicurati da corde?

Insomma, queste persone, sono tutelate?

La risposta è fin troppo ovvia, non lo sono.

Non c'è casco o imbragatura che protegga dai ritmi

esasperanti a cui tutti siamo sottoposti: se da bambina

avessi saputo leggere la realtà a questo modo,

probabilmente avrei cercato d'inventare una museruola per

questo mostro chiamato Precarietà che ogni giorno fagocita

prospettive e sogni.