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Orto Botanico Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali Università degli Studi di Catania Via A. Longo, 19 – 95125 Catania tel. 095-430902; fax 095-441209; e-mail: [email protected] Quaderno L’Orto botanico per la scuola A cura di Cristina Lo Giudice e Loredana Palermo

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Orto Botanico Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali

Università degli Studi di Catania Via A. Longo, 19 – 95125 Catania

tel. 095-430902; fax 095-441209; e-mail: [email protected]

Quaderno

L’Orto botanico per la scuola

A cura di Cristina Lo Giudice e Loredana Palermo

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Il quaderno L’Orto botanico per la scuola raccoglie una serie di approfondimenti relativi agli argomenti trattati durante i laboratori educativi proposti alle scuole dall’Orto botanico di Catania. Indice

La Natura a portata di Mano .................................................. 2

� La biodiversità .......................................................................... � Conservazione della biodiversità ..................................... � Organismi vegetali .................................................................. � Piante vascolari ........................................................................ � Identificazione...........................................................................

3 3 5 6 9

Natura in Numeri: serie di Fibonacci e Frattali .......

11 � Successioni numeriche.......................................................... � La successione numerica di Fibonacci ........................... � Sezione aurea ............................................................................ � I numeri di Fibonacci e la fillotassi .................................. � I frattali............................................................................... � Costruzione geometrica dei frattali.................................. � Il triangolo di Sierpinski ....................................................... � Frattali in natura....................................................................... � Metodo investigativo..............................................................

12 12 13 15 17 17 18 19 21

NaturalMente .................................................................................

22 � C’era una volta il pianeta Terra.......................................... � Da 11.700 anni fa a oggi........................................................ � Relazione uomo – ambiente................................................ � Un futuro sostenibile.............................................................. � Contribuire alla conservazione della biodiversità

sul nostro pianeta....................................................................

23 26 28 30 31

Dalle Piante…forme e colori...................................................

35 � Pigmenti delle piante superiori......................................... � Estrazione dei coloranti naturali...................................... � Germinazione del seme.........................................................

36 38 39

Bibliografia ........................................................................................ Sitologia...............................................................................................

41 42

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La Natura a portata di Mano

� La biodiversità � Conservazione della biodiversità � Organismi vegetali � Piante vascolari � Identificazione

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La biodiversità

Esistono numerose definizioni del termine diversità biologica (biodiversità*), ma quella ampiamente accettata, perché adottata dalle Nazioni Unite al Vertice della Terra a Rio de

Janeiro (1992), considera la diversità biologica come la variabilità degli organismi viventi di qualsiasi origine, compresi gli ecosistemi terrestri, marini e gli altri ecosistemi acquatici, e i complessi ecologici di cui questi fanno parte. Questo include la diversità all'interno delle specie (diversità genetica), tra le specie e degli ecosistemi (UNEP, 1992). Per comprendere l’importanza di questo concetto è utile definire alcuni termini. Il gene è un tratto di DNA contenuto nei cromosomi che trasmette un particolare carattere ereditario. La specie è l’unità di base della classificazione biologica e può essere approssimativamente definita come un gruppo di organismi capaci di incrociarsi tra loro e produrre progenie fertile. Il sistema di nomenclatura attualmente utilizzato per indicare le specie è quello binomiale introdotto da Linneo (tra la prima e la seconda metà del 1700). Il primo nome (generico) si riferisce al Genere mentre il secondo (specifico) alla Specie propriamente detta. Definizioni più precise possono essere costruite sulla base della somiglianza della sequenza del DNA o della presenza di tratti specifici adattati localmente. Inoltre, in molti casi si utilizza il rango di “sottospecie” trasformando la nomenclatura in trinomiale. Questo avviene in genere quando la presenza di tratti genetici specifici, adattati localmente, permette di suddividere una specie al proprio interno ferma restante la sua potenzialità riproduttiva. Ad esempio: Panthera tigris tigris (tigre del Bengala) e Pantehra tigris altaica (tigre siberiana), in cui il nome ripetuto rappresenta la sottospecie originaria o standard (ad esempio, Homo sapiens sapiens, l’uomo moderno). L’ecosistema è un’unità naturale costituita da tutte le piante, gli animali e i microorganismi presenti in un’area e funzionale a tutti i fattori abiotici presenti nella stessa area.

* Il termine biodiversità è stato coniato in inglese nel 1980 e introdotto per la prima volta nel gergo scientifico nel 1985.

Conservazione della biodiversità

L’esistenza di ambienti naturali (o habitat), come le foreste, le praterie, le lagune, i sistemi fluviali e i litorali, è essenziale per la vita sulla terra. Gli habitat ospitano animali e vegetali, risultato di migliaia di anni di evoluzione, che costituiscono una fonte insostituibile di risorse anche per l’uomo. La conservazione della natura è pertanto un obiettivo prioritario. L’intervento indiscriminato dell’uomo ha alterato profondamente l'ambiente in cui viviamo causando l’alterazione della diversità biologica sulla Terra.

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L’uomo può essere definito modificatore di biodiversità per la sua capacità di trasformare l’ambiente, il paesaggio, gli ecosistemi e le specie dal periodo della rivoluzione neolitica e dello sviluppo dell’agricoltura fino all’attuale era delle moderne tecnologie. Le forme di sviluppo economico realizzate dall’uomo si sono rivelate non compatibili con l’ambiente. L’uomo, soprattutto con la rivoluzione industriale, ha spezzato gli equilibri esistenti in natura, ponendo al termine dei processi i beni economici e generando sostanze di rifiuto non riciclabili. Negli ultimi trent’anni alcuni termini, introdotti durante gli incontri dell’Onu per discutere sulle problematiche ambientali, sono diventati di uso comune e mettono in luce le conseguenze principali di questa situazione:

� Insostenibilità - utilizzo senza criterio dell’ambiente da parte dell’uomo.

� Ingiustizia sociale - se l’ambiente è un bene collettivo allora tutti dovrebbero poterne usufruire nella stessa misura e contribuire, in egual misura, al suo mantenimento.

� Decadimento della qualità della vita - comparsa di nuove patologie e artificializzazione (distacco dell’uomo dalla natura e dai suoi ritmi).

Considerando anche le piogge acide, la desertificazione, l’intensificarsi del naturale effetto serra e effetto albedo, giungiamo a quella che possiamo definire crisi ecologica del XXI secolo accompagnata da un elevato tasso di estinzione di specie viventi.

Sebbene l’estinzione sia un fenomeno che ha sempre accompagnato l’evoluzione della vita sulla Terra fin dalle sue origini, l’attuale fenomeno non ha, in termini né quantitativi né di frequenza, precedenti storici, essendo stimato da 100 a 1000 volte superiore rispetto a quelli del passato. L’estinzione moderna ha portato alla scomparsa di numerose famiglie di piante e animali per la maggior parte localizzati nelle foreste pluviali tropicali. Il tasso di estinzione, drammaticamente accelerato nell’ultimo mezzo secolo, coinvolge in modo significativo le piante. Le piante sono indispensabili per tutti gli esseri viventi, uomo compreso; esse svolgono un ruolo ecologico fondamentale nella biosfera, regolando con i propri processi biologici l'equilibrio d’importanti fenomeni che stanno alla base della vita. Per tutelare la biodiversità requisito fondamentale è la sua conoscenza, intesa come conoscenza delle specie presenti in un territorio da parte degli esperti ma anche, e soprattutto, una conoscenza mirata a formare cittadini consapevoli.

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Organismi vegetali

I vegetali, unicellulari o pluricellulari che siano, sono organismi autotrofi foto sintetici in grado di produrre sostanze organiche e ossigeno da composti elementari, utilizzando la luce solare come fonte energetica. Le loro cellule sono caratterizzate dalla presenza di una parete cellulare e di peculiari organuli: vacuoli e plastidi.

In passato, tra i vegetali erano inclusi anche i funghi o miceti, oggi da tutti considerati appartenenti a un regno distinto (regno Fungi), nel quale sono inseriti anche i licheni (associazioni simbiotiche di funghi e alghe unicellulari). Il corpo dei vegetali può avere struttura diversa:

� si definisce cormo una struttura distinta in organi specializzati: radice, fusto e foglie; � si definisce tallo una struttura vegetativa semplice, poco o per niente differenziata.

Dai più semplici ai più complessi possiamo distinguere gli organismi vegetali in:

� Cianobatteri: una delle principali linee evolutive dei Bacteria, sono gli unici procarioti a svolgere fotosintesi ossigenica, cioè con la liberazione finale di ossigeno; questo è possibile grazie alla presenza di clorofilla. Noti anche con il nome di alghe azzurre, in riferimento alla colorazione predominante, in realtà i cianobatteri possono assumere tinte diverse, dall'azzurro al verde, al giallo, al rosso, al bruno e persino al nero, in relazione alle differenti proporzioni dei diversi pigmenti presenti sia nella cellula che nelle sostanze mucillaginose di rivestimento esterno.

� Alghe: organismi acquatici fotoautotrofi appartenenti a phyla diversi del regno Protista. Le alghe sono diffuse in tutti gli ambienti acquatici o umidi, trovandosi sia in acque marine sia in quelle dolci, così come in alcuni ambienti terrestri; la loro distribuzione è strettamente legata alla luce e alla temperatura.

� Briofite: le più semplici piante terrestri definite non vascolari in quanto prive di tessuti conduttori e parete lignificata. Le briofite possono riprodursi in modo asessuato, attraverso la frammentazione del tallo (propagazione vegetativa) o tramite la formazione di nuove gemme, in modo sessuato e attraverso la formazione di spore. Le Briofite assorbono l’acqua anche attraverso la superficie corporea e pertanto sono sensibili all’inquinamento e tendono a rarefarsi nelle città, dando luogo ai cosiddetti “deserti di Briofite” degli ambienti urbani. Essendo sensibili selettivamente a determinati inquinanti, possono essere usate come bioindicatori.

� Le piante vascolari: Pteridofite, Spermatofite (Gimnosperme e Angiosperme)

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Piante vascolari

Le piante vascolari hanno un sistema di vasi per condurre l'acqua. In ordine crescente di evoluzione, possiamo distinguerle in tre grandi gruppi principali:

Pteridofite - Piante primitive senza fiori che si riproducono tramite spore. Molte Pteridofite hanno organi simili a foglie, altre hanno fusti verdi fotosintetizzanti: gli Equiseti sono senza foglie, con fusti verdi; i Licopodi e le Selaginelle presentano foglie strette e lunghe o squamiformi e le Felci foglie (fronde) spesso allargate e senza un vero e proprio fusto. Spermatofite – Sono le piante che producono semi, organi specializzati per la protezione del giovane embrione fino al momento della germinazione e della formazione della nuova plantula. Si distinguono in: Gimnosperme – Piante a portamento principalmente arboreo. Si caratterizzano per la comparsa degli ovuli che dopo la fecondazione diventano semi. Come indica lo stesso nome, Gymnosperma, il seme delle piante appartenenti a questo gruppo è nudo cioè non è contenuto dentro un frutto. Gli ovuli e le sacche polliniche sono portati da brattee fertili che si riuniscono a formare “primitive infiorescenze”, chiamate strobili o coni nei Pini, negli Abeti, nei Larici, nei Cedri, ecc

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Angiosperme - Piante che hanno sviluppato un vero e proprio fiore. Il fiore è un organo complesso e variabile che, in linea generale, è composto da parti sterili (calice e corolla) e da parti fertili (stami e pistilli). In particolare il pistillo presenta un ovario, formato da foglie modificate (carpelli) all’interno del quale sono racchiusi gli ovuli. Dopo la fecondazione, per trasformazione dell’ovario e\o di altre parti del fiore, si genera il frutto.

All’interno delle Angiosperme possiamo fare un’ulteriore distinzione in Monocotiledoni e Dicotiledoni, in base anche al numero di cotiledoni presenti nel seme.

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È possibile vedere alcune sezioni microscopiche e dettagliatamente descritte all’indirizzo: http://www.dipbot.unict.it/frame/botgenit.htm Frutto Anatomicamente il frutto è composto da tre strati:

� epicarpo, derivante dall’epidermide superiore della foglia carpellare � mesocarpo, derivante dal mesofillo � endocarpo, derivante dall’epidermide inferiore

Se alla formazione del frutto partecipa solo l’ovario, si generano veri frutti; se partecipano anche altre parti del fiore (ricettacolo, asse fiorale) si generano falsi frutti (fragola in Fragaria, siconio in Ficus, cinorrodio in Rosa, pomo in Malus). Possiamo distinguere i frutti in diversi gruppi, a seconda delle caratteristiche che li accomunano:

� semplici o composti (infruttescenze), derivanti da infiorescenze semplici o composte � monocarpellari, se derivano da ovari con un solo carpello � pluricarpellari, se derivano da ovari con più carpelli fusi � monospermi, se racchiudono un solo seme � plurispermi , se racchiudono più semi � deiscenti, se a maturità si aprono per rilasciare i semi � indeiscenti, se a maturità rimangono chiusi � secchi o carnosi, in base alla consistenza e alla percentuale di acqua presente.

Alcuni esempi:

� Legume – frutto secco deiscente, caratteristico dell’ordine delle Fabales o Leguminosae (dal nome del frutto stesso). È formato da una sola loggia che a maturità si apre in due valve, ognuna delle quali porta dei semi posti tutti sulla stessa linea. È sinonimo, più popolare, di baccello. Per legumi si intendono anche tutte le piante da orto che producono baccelli per l’alimentazione umana (fagioli, fave, ceci, piselli, lenticchie, ecc.).

� Bacca – frutto carnoso privo di nòcciolo, indeiscente (non si apre a maturità), contenente numerosi semi, spesso con tegumento esterno elastico e resistente.

� Drupa – è detto di un tipo di frutto carnoso dotato di un solo seme contenuto in un endocarpo legnoso. Ad esempio, il frutto di molte rosacee coltivate come l’albicocca, la pesca, la ciliegia, ecc.

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Identificazione

Conoscere la biodiversità significa, anche, saper riconoscere un organismo e poter assegnargli un nome. Per l’identificazione, abitualmente, si usano chiavi dicotomiche basate sullo schema della classificazione biologica, “le Flore”, cioè una serie progressiva di scelte numerate tra due opzioni che conducono alla determinazione prima della Famiglia, poi del Genere, ed infine della Specie; spesso i caratteri differenziali sono difficili da osservare e da comprendere.

Gli stumenti di identificazione interattiva dell’Orto botanico di Catania, realizzati all’interno del progetto europeo Key to Nature in collaborazione con l’Università di Trieste, permettono di scoprire il nome di una pianta in modo molto più semplice. Queste nuove chiavi non raggruppano gli organismi secondo le loro affinità evolutive: il loro scopo è l'identificazione, non la classificazione. Anche se la corretta identificazione di un organismo non è sempre facile, il processo di identificazione è in realtà molto semplice.

Gli elementi più importanti di tale processo sono un’osservazione accurata, l'attenzione al dettaglio e la corretta interpretazione di ciò che si vede (metodologia dell’investigazione scientifica). Alla base di ogni indagine scientifica si pone, infatti, la differenza tra l'osservazione (atto del vedere) dei particolari, la deduzione, il guardare (l’insieme di sguardi che costruisce l’immagine) e il vedere (abilità di cogliere i particolari, affinabile con l'abitudine e l'esercizio). La nuova chiave dicotomica Key to Nature contiene una serie di domande/risposte che guidano al nome più probabile della specie osservata; attraverso il nome di un organismo si ha accesso a un’infinità d’informazioni sull’organismo stesso: se è commestibile o velenoso, se ha un valore economico, se è stato introdotto da altri paesi o se è spontaneo, etc. È possibile dedurre anche altre informazioni, ad esempio la presenza di una data specie può indicare la qualità dell’aria o dell’acqua nel luogo in cui cresce. Alcuni consigli sull’uso della chiave dicotomica Key to Nature

� Se si conosce poco sugli organismi da identificare, è meglio evitare di usare

affrettamente una chiave. Occorre prima studiare le caratteristiche più importanti degli organismi che vogliamo identificare.

� Tutti gli organismi hanno caratteri utili alla loro identificazione: alcuni sono molto evidenti, altri meno. Un’attenta osservazione aiuta a evitare gli errori.

� Le dimensioni nella chiave sono spesso espresse da un intervallo (ad es.: 5-10 cm). Nel determinare le dimensioni relative a un particolare osservato è utile misurare almeno 10 casi dello stesso particolare per poi considerare la misura media.

� Molte specie sembrano simili ma in realtà si differenziano per piccoli caratteri rispetto ai quali occorre prestare maggiore attenzione durante l’osservazione. Verificate che il vostro esemplare possieda tutti i caratteri specificati dalla chiave.

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� Sentire l’odore di un fiore o di una foglia è un indizio attendibile da indagare, può essere un buon carattere per l’identificazione ma, attenzione, provare il sapore può essere pericoloso: molte piante sono velenose!

� In caso d’incertezza sulla scelta è consigliabile verificare entrambe le opzioni per vede dove guidano: l’opzione corretta diverrà subito evidente. Se questo non dovesse succedere, occorrerà tornare indietro e ricominciare a distinguere i caratteri dall’inizio.

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Natura in Numeri: serie di Fibonacci e Frattali

� Successioni numeriche � La successione numerica di Fibonacci � Sezione aurea � I numeri di Fibonacci e la fillotassi � I Frattali � Costruzione geometrica dei frattali

� Il triangolo di Sierpinski � Frattali in natura � Metodo investigativo

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Successioni numeriche

Una successione numerica è una sequenza ordinata di numeri all’interno della quale il valore del termine generico an varia al variare di n all’interno dell’insieme dei numeri naturali N = {0, 1, 2, ... }. Al variare di n viene individuata la successione

La variabile n varia secondo una legge definita univocamente. Indicheremo con s1 = a1 s2 = a1 + a2 s3 = a1 + a2 + a3 ... sn = a1 + a2 + ... + an ... la successione data dalle somme parziali, o serie.

La successione numerica di Fibonacci

Il matematico italiano Leonardo Fibonacci, detto Leonardo da Pisa (Pisa, 1170 ca.– Pisa, 1240 ca.), avendo vissuto alcuni anni nella regione di Bugia in Cabilia (Algeria), ebbe l’occasione di apprendere i procedimenti aritmetici che in quel periodo gli studiosi musulmani stavano diffondendo nelle varie regioni del mondo islamico. In Italia, notato dall’imperatore Federico II, divenne matematico presso la corte imperiale.

Dall’osservazione del numero di conigli che si generava dalla riproduzione di una coppia iniziale, il matematico ricavò una legge numerica che identifica una successione di numeri naturali equivalente al numero di coppie di conigli che si originava ogni mese. Tale successione è nota come successione dei numeri di Fibonacci, un modello matematico con cui è possibile rappresentare svariati fenomeni.

an:= an-1 + an-2, ∀∀∀∀ n>1 a0:= 0 , a1:= 1

{{{{0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55 , …}}}}

È possibile evidenziare alcuni legami esistenti tra la serie numerica di Fibonacci e, ad esempio, la biologia, la cristallografia, la musica, l’economia e ancora l’arte, l’elettrotecnica, l’informatica, ecc…

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In Matematica i numeri di Fibonacci sono legati alla sezione aurea.

La costruzione geometrica della sezione aurea richiede, fissata un’unità di misura, l’individuazione di una curva congiungente, in modo consecutivo, i punti estremi e coincidenti a due a due dei segmenti diagonali relativi all’insieme ordinato di quadrati aventi per lato {{{{0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55 , …}

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In natura la sezione aurea è facilmente osservabile in diverse manifestazioni.

In Botanica, il numero delle spirali formate dalle infiorescenze del disco (centrali) di alcuni generi corrisponde spesso a una serie di Fibonacci. Solitamente quando le spirali orientate in senso orario sono 34 quelle orientate in senso antiorario sono 55; quando le spirali orientate in senso orario sono rispettivamente 55 o 89 quelle orientate in senso antiorario sono 89 e 144, tutti numeri consecutivi appartenenti alla serie di Fibonacci. Ad esempio nel girasole (Helianthus), i piccoli fiori del disco sono disposti lungo due insiemi di spirali che girano rispettivamente in senso orario e antiorario. Anche nella margherita (Leucanthemum) la disposizione dei fiori del disco individua due serie di spirali: � la prima presenta 21 curve che ruotano in senso antiorario � la seconda presenta 34 curve che ruotano in senso orario 21 e 34 sono due numeri consecutivi di Fibonacci.

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I numeri di Fibonacci e la fillotassi

La fillotassi, detta anche tassia fogliare, è la disposizione sul caule delle foglie e in generale dei fillomi, brattee, antofilli ecc.; questa pur essendo molto variabile da pianta a pianta, è spesso costante per ogni specie. In fusti eretti, le foglie si presentano disposte secondo una componente rotatoria che, con l'avanzamento verso l'alto, descrive un'elica immaginaria intorno al fusto. Scegliendo come punto di partenza una foglia qualunque, seguendo l’elica dopo 1, 2, 3 o 5 giri troveremo sempre una foglia allineata con quella di partenza; a seconda della pianta scelta, questa sarà la 2ª, la 3ª, la 5ª, la 8ª, la 13ª, etc… (successione numerica di Fibonacci). Si definisce rapporto fillotattico il rapporto tra il numero di foglie e il numero di giri.

In alcune piante, come Achillea ptarmica, ogni ramo dell’infiorescenza impiega un mese prima di biforcarsi e lo sviluppo segue uno schema definito. Al primo mese 1 ramo, al secondo 2, al terzo 3, al quarto 5 e così via. Anche il numero delle foglie presenti sui rami corrisponde a una serie di Fibonacci. Analogamente la fillotassi delle brattee delle pigne segue un andamento a spirale aurea. Le brattee si dispongono, infatti, secondo due serie di spirali dal ramo verso l'esterno, una in senso orario e l'altra in senso antiorario.

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Allo stesso modo la disposizione delle scaglie dell‘ananas rispetta la serie di Fibonacci. In questo caso possiamo osservare tre insiemi di spirali: � un insieme composto da 5 spirali che salgono con gradualità da sinistra a destra � un insieme di 8 spirali che salgono più rapidamente da destra a sinistra � un insieme di 13 spirali che salgono quasi verticali da sinistra a destra. Altri esempi sono dati dal cavolfiore e dal cavolo o broccolo romano ma anche dal corpo umano. I rapporti ottenuti utilizzando le misure delle falangi di un dito di un uomo adulto costituiscono una piccola serie di Fibonacci.

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I Frattali

Un frattale, neologismo introdotto nel 1975 da Benoît Mandelbrot per descrivere alcuni elementi matematici che mostrano un comportamento caotico, è un oggetto geometrico che ripete la sua struttura su scale diverse, rimpicciolendola o ingrandendola teoricamente infinite volte senza cambiarla. Questa caratteristica è detta autosimilarità: l'oggetto presenta sempre gli stessi caratteri globali, qualunque sia la scala di riferimento utilizzata per l’osservazione. La natura produce molti esempi di forme simili ai frattali.

Un albero è un esempio familiare di frattale.

Costruzione geometrica dei frattali

Un frattale è un’entità geometrica che sottoposta a una trasformazione, l’omotetia, mantiene invariata la sua forma. Un’omotetia è una trasformazione geometrica che permette di ingrandire o ridurre una figura mantenendone invariati gli angoli, quindi la forma. La costruzione geometrica dei frattali si basa su l’applicazione, un numero di volte teoricamente infinito, di questa trasformazione; dopo un certo numero di iterazioni l'occhio umano non è più in grado di percepire le ulteriori modifiche dovute alla trasformazione, quindi, quando si disegna geometricamente un frattale, ci si può fermare dopo un congruo numero di iterazioni. 1 2 3

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Applicando procedimenti analoghi possiamo ottenere diverse figure.

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Il triangolo di Sierpinski

Il triangolo di Sierpinski, noto anche come Gerla di Sierpinski, dal nome del matematico che per primo ne ha studiate le proprietà, è un particolare triangolo costruito geometricamente grazie ad una serie di rimozioni successive:

� da un iniziale quadrato pieno si rimuove un quadratino di lato pari alla metà del

quadrato iniziale, in modo da ottenere l’effetto visivo di una figura composta da tre quadrati più piccoli

� seguendo la stessa regola, da ciascuno di questi quadrati si elimina il quadratino in basso a destra, ottenendo l’effetto visivo di una figura formata da nove quadratini

� ripetendo il procedimento si arriva al risultato finale cercato. Lo stesso procedimento sottende alla realizzazione degli origami cinesi.

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Frattali in natura

Consideriamo le felci: ogni parte di una foglia di felce è simile all’intera felce; potremmo considerare quindi ogni segmento come una copia in piccolo della fronda completa e immaginarla riducibile infinite volte in parti uguali sempre più piccole. È quindi possibile costruire geometrica una felce applicando più volte un certo numero di trasformazioni affini. � ad una forma iniziale qualsiasi, applichiamo tre volte le

seguenti trasformazioni geometriche: una rotazione, una omotetia e una traslazione (l’esempio riportato in figura utilizza un quadrato).

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Molti giochi, noti come illusioni ottiche, sfruttano le proprietà dei frattali. Il movimento illusorio percepito osservando alcune immagini e dovuto al modo in cui i nostri occhi percepiscono l’immagine. Ogni immagine da noi percepita come intero in realtà è il risultato di una combinazione tra movimenti saccadici e fissazioni consecutive. Nell’osservare un’immagine, i nostri occhi compiono un’esplorazione attraverso i movimenti saccadici fissandosi su alcuni punti, i punti di fissazione, ben determinati, creando in alcuni casi l’illusione del movimento. Quando fermiamo il nostro sguardo su punti che riconosciamo come punti di riferimento, allora, la figura ci apparirà immobile. La nostra capacità di riconoscere le “illusioni” è strettamente legata alla nostra esperienza, cioè al modo in cui abbiamo imparato a filtrare le informazioni provenienti dal mondo esterno. Un altro esempio di quanto questa esperienza condizioni la nostra interpretazione di ciò che guardiamo, è dato dalle figure ambigue e impossibili.

Un altro elemento che condiziona fortemente la nostra capacità di interpretare ciò che ci circonda è dato dalla capacità attentiva; per di più il tempo di reazione nell'esecuzione di un compito varia proprio al variare della capacità attentiva. Un esempio tipico di questo condizionamento è dato dall’Effetto Stroop.

Nel provare a dire ad alta voce il colore con cui sono scritte le parole in figura, e non a leggere le parole stesse, si verifica un interferenza durante l'esecuzione del compito. Per riuscire a non pronunciare la parola scritta, ma il colore in cui essa è scritta, bisogna aumentare la capacità attentiva.

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Metodo investigativo

Per guardare ai fenomeni naturali, e a tutto ciò che ci circonda, al fine di poterli descrivere correttamente attraverso l’identificazione dei loro caratteri peculiari, occorre eliminare “interferenze” e “illusioni”. Il metodo sperimentale più utile è quello investigativo, base di ogni ricerca scientifica. Attraverso osservazioni sistematiche, raccolta di dati (indizi) confrontabili e verificabili, e la deduzione dei caratteri, si giunge alla descrizione dei fenomeni. Alla base di ogni investigazione, e di ogni indagine scientifica, si pone l'osservazione (atto del vedere) dei particolari e la deduzione, così come l’importante differenza tra il guardare (l’insieme di sguardi che costruisce l’immagine) e il vedere (abilità di cogliere i particolari e fare relazioni), capacità che può essere affinata con l'abitudine e l'esercizio. “Non c'è alcun ramo delle scienze investigative così poco praticato, eppure tanto importante, qual è l'arte d'interpretare le orme”.

Sherlock Holmes

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NaturalMente

� C’era una volta il pianeta Terra… � Da 11.700 anni fa a oggi…. � Relazione uomo - ambiente � Un futuro sostenibile � Contribuire alla conservazione della biodiversità sul nostro pianeta

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C’era una volta il pianeta Terra…

La storia del nostro pianeta inizia circa 4.600.000.000 anni fa; la sua formazione si deve, con molta probabilità, all’esplosione di una stella che diede origine, tra l’altro, al nostro sistema solare. Il pianeta Terra, da allora, ha subito continue modificazioni dovute ad agenti endogeni ed esogeni che hanno modificato i processi evolutivi dalle prime forme biologiche in poi (a livello cellulare dovrebbero essersi manifestate circa 3.500.000.000 di anni fa) e di conseguenza le condizioni di vita .

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Periodo Durata Forme di vita

Cambriano - Carbonifero

540.000.000 - 299.000.000

Iniziale predominio delle alghe e degli animali acquatici (progenitori dei pesci).

Successivamente si presentano le prime piante vascolari terrestri, le felci e i primi rettili; compaiono anche le prime gimnosperme.

Permiano - Triassico

299.000.000 - 204.000.000

Sviluppo dei rettili e dei rettili mammiferi (come il Biarmosuchia), riduzione delle felci arboree, sostituite dalle primitive gimnosperme, e comparsa dei dinosauri.

Giurassico -Paleocene

(Era Mesozoica)

204.000.000 - 55.800.000

Le conifere dominano la flora, estinzione dei dinosauri e comparsa delle piante con fiori.

Le condizioni ambientali adesso sono tali da permettere la comparsa dei primati e il predominio dei mammiferi sul mondo animale.

Eocene - Pliocene

55.800.000 - 4.000.000

La Terra probabilmente appariva come quasi interamente ricoperta da boschi, con diffuse foreste tropicali; si estendevano anche le erbe e si presentavano gli Australopitechi.

Il cambiamento del clima verso una situazione più fredda, più secca e con stagionalità simile all'attuale, faceva ridurre le foreste tropicali a livello globale, le grandi foreste tropicali si limitavano a una stretta fascia attorno all'equatore, mentre nella zona tropicale dell’Africa e dell'Asia facevano la loro comparsa i deserti.

Pliocene -Pleistocene

(Era Neozoica o Quaternaria)

4.000.000 - 11.700

L’ uomo fa la sua apparizione sulla Terra, con molta probabilità come ramo di speciazione dell’Australopiteco.

Si suppone, infatti, che l’Australopiteco abbia dato origine a due rami differenti: Homo e Paranthropus.

Dai resti rinvenuti in diverse aree geografiche, possiamo ritenere che nel Pleistocene le specie di Paranthropus (ramo terminale senza sbocchi evolutivi) siano state ancora presenti mentre Homo erectus migrava attraverso il vecchio mondo; aumentate le diversità nella specie umana nel Paleolitico si giunge alla comparsa dell’uomo di Neanderthal.

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Seguì l’estinzione dei grandi mammiferi e la comparsa degli uomini moderni.

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Da 11.700 anni fa a oggi…

È nostro interesse analizzare il tipo di relazione che nel tempo, e all’interno delle diverse civiltà e strutture sociali, l’uomo istaura con la natura.

� Civiltà di raccolto e caccia

(Paleolitico) Prima forma di civiltà all’interno della quale l’uomo, essenzialmente nomade, viveva di ciò che trovava disponibile in natura: quando in una determinata area le risorse iniziavano a scarseggiare, l’uomo migrava in altre aree più ricche. In questa prima forma di struttura sociale l’uomo non modifica il proprio ambiente, nel senso che non struttura l’ambiente a suo beneficio, cosicché al suo passaggio le condizioni iniziali si ripristinano spontaneamente.

� Le prime civiltà agricole (Neolitico) Con le civiltà agricole l’uomo diventa modificatore del suo ambiente. Essenzialmente l’uomo scopre la potenzialità dei semi e quanto la conoscenza della loro coltura possa migliorare le proprie condizioni di vita, al punto di consentirgli di diventare stanziale e poter creare le prime comunità di coltivatori. All’interno di queste civiltà s’iniziarono a sperimentare, accanto alle prime forme di agricoltura, anche le prime forme di addomesticamento degli animali e di allevamento. L’ambiente è ora modificato strutturalmente e alcuni elementi naturali iniziano a essere utilizzati per scopi inediti e innovativi. A questo periodo risalgono i ritrovamenti archeologici che attestano la presenza delle primitive forme di sistemi d’irrigazione e di raccolta delle acque. Questi aggregati sociali erano stanziati prevalentemente nelle aree interne dell’Asia e dell’Africa.

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� Le grandi civiltà potamiche (IV millennio a.C.) Fatta pratica sulla gestione delle acque nelle aree interne, l’uomo si sposta in luoghi più vicini ai corsi d’acqua dando origine a quelle strutture sociali che avrebbero portato in breve alla realizzazione delle civiltà più prospere di tutti i tempi:

- Egizi, dal 3100 a.C. fino al 1786 a.C.

- Greci e Romani, tra il IV a. C. e il V secolo d.C.

In questo periodo l’uomo avvia il processo di modificazione strutturale del suo ambiente attraverso un sistema di sfruttamento intensivo delle risorse naturali che lo avrebbe caratterizzato per il resto del suo percorso su questo pianeta e che, accompagnato dalle prime grandi opere di bonifica e deforestazione, con il passare dei secoli, avrebbe portato all’attuale situazione di crisi ecologica.

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Relazione uomo – ambiente

Con la parola ambiente ci riferiamo - all’ambiente abiotico o inanimato: litosfera (sottosuolo e superficie terrestre), idrosfera (sostanze liquide e gassose) e atmosfera; - all’ambiente biotico o vivente: tutti gli organismi viventi. I legami e le interazioni che s’istaurano tra ambiente abiotico e biotico costituiscono un’unità funzionale definita ecosistema. Il termine ecosistema, introdotto nel 1935 da A.G. Tansley per definire l'insieme degli elementi viventi e non viventi che in uno stesso spazio fisico sono legati e tenuti in equilibrio da una serie di complesse relazioni di interdipendenza, in ecologia, identifica l'insieme degli organismi viventi (comunità o biocenosi), dell'ambiente fisico circostante (habitat) e delle relazioni biotiche e chimico-fisiche all'interno di un "definito" spazio della biosfera. Ognuno di questi spazi ha caratteri specifici e distintivi, dati dal tipo di vegetazione spontanea (la flora), dagli animali (la fauna) e dal clima presenti stabilmente ed è connesso e interagisce con gli altri come parti di un organismo vivente. Le alterazioni causate dall’uomo determinano l’artificialità di molti biomi (zone ecologiche riconoscibili dal tipo di vegetazione presente come la foresta pluviale e temperata, la savana e la prateria, la steppa, la tundra, il pre-deserto, il deserto di sabbia e nivale, la barriera corallina e la piattaforma continentale) ed ecosistemi, aumentando, anche, la concentrazione di alcune specie animali in zone incontaminate, dette nicchie ecologiche. Il massimo grado di artificialità lo raggiungono gli ecosistemi urbani (le città), nei quali si va addensando gran parte della popolazione mondiale. L’uomo è un modificatore di ecosistemi; anche alcuni fenomeni naturali alterando l’equilibrio di un sistema sono definiti modificatori (eruzioni vulcaniche, terremoti, …), ma normalmente questi ultimi generano modificazioni a carattere temporaneo.

L’evolversi delle civiltà umane ha, di fatto, determinato profonde modifiche all’ambiente naturale. La storia dell’uomo appare strettamente legata alla storia dell’ambiente, da quando l’uomo da nomade divenne stanziale e poi da utilizzatore di piante spontanee agricoltore fino a raggiungere le attuali forme di sviluppo. Osservando diverse civiltà del passato notiamo come queste, essenzialmente politeiste, abbiano sviluppato i propri miti e le proprie leggende attraverso il racconto delle avventure di uomini e di donne, di dei e di dee, spiegando la natura, i suoi fenomeni e i suoi cicli, dai più semplici ai più complessi. Molte divinità incarnavano elementi della natura o le sue manifestazioni, così come molte mitologie e molte leggende erano legate a manifestazioni naturali e a diversi generi di piante e animali. È lecito ritenere che l’uomo non vedesse se stesso separato dall’ambiente e perciò lo rispettasse e ne rispettasse gli equilibri. Gli antichi greci adoravano la Grande Dea, la Madre Terra, gli antichi egizi erano esperti conoscitori delle piante e dei loro usi. Molti elementi dell’arte antica, in particolare quelli presenti negli edifici di culto, testimoniano la percezione che l’uomo aveva della natura e

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come preferenze apparentemente estetiche erano il risultato di scelte precise e con profondo significato simbolico. Ad esempio l‘Acanto (Acanthus mollis) rappresentava la rinascita mentre l’Iris la fede e la speranza. Le raffigurazioni della natura non erano semplici elementi di decorazione, ma una sorta di vero e proprio linguaggio, un mezzo di comunicazione per popoli evidentemente educati a cogliere i segni della Natura. Nel tempo però, le forme di sviluppo economico realizzate dall’uomo si sono verificate non compatibili con l’ambiente. L’uomo, con le rivoluzioni industriali, ha spezzato gli equilibri esistenti ponendo al termine del processo i beni economici e generando sostanze di rifiuto non riciclabili, causando fenomeni che hanno determinato l’attuale crisi ecologica (piogge acide, effetto serra, desertificazione, effetto albedo). A causa delle attività antropiche, negli ultimi decenni, abbiamo assistito a una vertiginosa riduzione di molti ecosistemi naturali.

Le conferenze delle Nazioni Unite di Stoccolma, 1972, e di Rio de Janeiro, 1992, rappresentano il punto d’inizio della riflessione globale sul problema ambientale. È nata l’esigenza di realizzare uno sviluppo economico sostenibile “che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”.

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Un futuro sostenibile

� Rispettare la dignità e i diritti umani di tutte le persone. � Impegnarsi nei confronti di una giustizia sociale ed economica per tutti. � Rispettare i diritti umani delle generazioni future. � Rispettare e curare le diversità. � Proteggere e risanare gli ecosistemi terrestri. � Rispettare le diversità culturali. � Risparmiare le risorse naturali non rinnovabili. � Riciclaggio. � Ricerca scientifica volta all’uso di risorse inesauribili.

Questi i punti principali, individuati a livello internazionale, per la realizzazione di un futuro sostenibile, per realizzare un nuovo rapporto con la natura attraverso una cultura nuova dell’ambiente che consenta alle società contemporanee uno sviluppo mirato soprattutto alla qualità di ogni forma vivente. Partecipare attivamente alla trasformazione del mondo vuol dire realizzare una partecipazione critica, attraverso l’assunzione di responsabilità in azioni e decisioni che riguardano l’ambiente.

Nella realizzazione di quest’obiettivo l’educazione riveste un ruolo fondamentale.

Tutti gli animali hanno, infatti, un’iniziale predisposizione a educare e a lasciarsi educare per istinto, a questa predisposizione possiamo attribuire il nome imprinting (K. Lorenz). Imprinting (particolare forma di apprendimento-condizionamento definita inevitabile) definisce le modalità di adattamento che consentiranno, o meno, la sopravvivenza autonoma nell’ambiente circostante.

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Contribuire alla conservazione della biodiversità sul nostro pianeta

L’estinzione è un fenomeno che ha accompagnato la vita sulla Terra sin dalle sue origini, ma l’attuale fenomeno non ha, in termini né quantitativi né di frequenza, precedenti storici: è stimato da 100 a 1000 volte superiore rispetto al background.

La crisi ambientale è accompagnata da un elevato tasso di estinzione di specie viventi: scomparsa di numerose famiglie di animali e piante. Le piante sono indispensabili per tutti gli esseri viventi poiché svolgono un ruolo ecologico fondamentale nella biosfera, regolando con i propri processi biologici l'equilibrio d’importanti fenomeni che stanno alla base della vita. Per tutelare la biodiversità non occorre essere esperti ricercatori ma essere, o diventare, cittadini consapevoli.

Piccoli sforzi quotidiani rappresentano un grande contributo per mantenere vivibile e sano il nostro pianeta. Per diminuire gli impatti negativi sull’ambiente occorre ad esempio produrre meno rifiuti, riutilizzare e riciclare, ridurre i consumi di sostanze inquinanti, usare mezzi di trasporto ecologici. Il primo passo è differenziare i propri rifiuti.

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Carta Giornali e riviste, libri, quaderni e opuscoli, fotocopie, sacchetti di carta, poliaccoppiati (brick del latte e succhi di frutta; sempre ripuliti dal contenuto). Che cosa diventa ? Carta riciclata, con un notevole risparmio di risorse. Il 75% viene utilzzato per libri, giornali, riviste; il rimanente 25% serve a confezionare e imballare.

Per produrre una tonnellata

di carta da cellulosa vergine occorrono: 15 alberi, 440.000 litri d’acqua, 7.600 kWh di energia elettrica.

Per produrre una

tonnellata di carta riciclata occorrono: nessun albero, 1.800 litri d’acqua, 2.700

kWh di energia elettrica

Plastica Contenitori di plastica per liquidi (senza residui). Per ridurne il volume, occorre schiacciare bottiglie e contenitori. Che cosa diventa? Nuovi contenitori, fibre per imbottiture, maglioni, pile, moquette, interni per auto, lastre per imballaggi vari, tubi, scarichi per l’acqua piovana, raccordi, passacavi e altri prodotti, soprattutto per il settore edile.

La plastica viene fabbricata con il petrolio che oltre ad essere molto costoso è altamente inquinante.

Una bottiglia di plastica del peso di 50 gr. può produrre l’energia necessaria per tenere accesa una lampadina da 60 Watt per un’ora.

Vetro Bottiglie, flaconi e vasetti. Attenzione: non materiali diversi, specie di ceramica che, se inseriti in un contenitore per la raccolta differenziata del vetro, potrebbero rovinare l’intera quantità di vetro in esso contenuto. Non introdurre neon, monitor, lastre e simili. Che cosa diventa ? Vetro. Riciclato più volte e integrato con il processo vetro recuperato.

Per produrre vetro occorrono: Silice, Carbonato di Calcio, Soda. La temperatura di fusione è pari a 1500 °C.

Per produrre vetro con vetro di recupero si risparmia metà del fabbisogno di materia prima, un terzo di energia poiché la temperatura di fusione è più bassa e si ottiene minore emissione in atmosfera.

Organico Scarti vegetali, avanzi di cucina, resti di frutta, ortaggi, carne, pesce, gusci d’uova, alimenti deteriorati, fondi di caffèo tè, erba, foglie e terriccio, potature, pane, pasta, riso, lettiere di animali domestici, paglia, cortecce, segatura. I rifiuti organici in generale rappresentano il 30-35% dei rifiuti solidi urbani. Che cosa diventa ? Compost, un ammendante che migliora le caratteristiche fisiche di un terreno.

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La raccolta differenziata comporta vantaggi e risparmi notevoli per la collettività. Si risparmiano risorse necessarie alla produzione perché si limita l’estrazione delle materie prime.

Tempi di estinzione dei rifiuti

. Lattina: da 20 a 100 anni

. Torsolo di mela: da 15 giorni a 3 mesi

. Bottiglia di vetro: 4000 anni

. Bottiglia di plastica: da 100 a 1000 anni

Quante cose si possono fare

. Con 500 lattine si costruisce una bicicletta;

. Con 15 bottiglie di plastica si fa un maglione;

. Con 13 scatolette in acciaio si fabbrica una pentola;

Indifferenziato Tutti i rifiuti non differenziabili. Diminuendo la quantità

di indifferenziato si diminuisce l’impatto ambientale di discariche e inceneritori.

Acciaio Contenitori per alimenti, bombolette spray, chiusure metalliche, tappi a corona, scatole varie. Che cosa diventa ?

Acciaio Va consegnato

direttamente all’isola ecologica.

Alluminio Lattine per bibite e conserve, bombolette spray per deodoranti, lacche, panna, private dei nebulizzatori di plastica; fogli di alluminio da cucina e involucri da cioccolata o dolci solidi; vaschette e contenitori per la conservazione e il congelamento dei cibi; scatolette per alimenti; capsule e tappi per bottiglie; coperchietti da yogurt e similari; blister. Tutti gli oggetti di alluminio riciclabili portano la sigla "AL" oppure "alu". Che cosa diventa? È riciclabile al 100%.

Il suo recupero evita l’estrazione di bauxite e consente di risparmiare il 95% dell’energia richiesta per produrlo.

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. Filtro di sigaretta: 1-5 anni

. Giornale: da 4 a 12 mesi

. Insalata: 6 settimane

. Bucce di banane o arance: 5 mesi

. Fiammiferi: 6 mesi

. Lana: 1-5 anni

. Chewing gum: 5 anni

. Carta plastificata: 5 anni

. Sporte di plastica: 10-20 anni

. Contenitori di plastica: 20-30 anni

. Nylon: 30-40 anni

. Pelle: fino a 50 anni

. Schede telefoniche: 1000 anni

. 9 scatoloni su dieci sono prodotti con cartone riciclato;

. Il 60% delle bottiglie è di vetro riciclato;

. Dalle buste di plastica si possono fare vestiti da Sposa o costumi da Bagno;

. Tritando i bicchierini del caffè si fanno le matite.

… e l’acqua?

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Dalle Piante…forme e colori

� I pigmenti delle piante superiori � Estrazione dei colori naturali

� Germinazione del seme

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I pigmenti delle piante superiori

Gli innumerevoli colori che la natura ci mostra, ad esempio nei fiori, nei frutti o nelle foglie, sono il risultato dell’azione di particolari molecole. Per capire il loro funzionamento bisogna conoscere lo Spettro d’azione di ciascuna. Le molecole assorbono in modo selettivo le radiazioni elettromagnetiche che ricadono nello spettro del visibile. Il colore che i nostri occhi osservano è dato però dall’unica radiazione elettromagnetica non assorbita ma riflessa. Possiamo affermare, quindi, che le molecole assorbono radiazioni elettromagnetiche di lunghezze d’onda ben precise che, quando note, possono essere schematizzate graficamente attraverso lo spettro di assorbimento (Spettrofotometria).

La fig.1 mostra lo spettro di assorbimento di due importanti pigmenti fotosintetici presenti nelle foglie, la clorofilla a (linea in rosso) e b (linea in blu). Di quest’ultima sono evidenti i caratteristici picchi di assorbimento a 420 nm e a 665 nm ma in entrambi i pigmenti, l’assorbimento pari a zero corrisponde alla lunghezza d’onda del verde-azzurro, pertanto le foglie appaiono ai nostri occhi di colore verde. La capacità di assorbire la luce, nei corpi in genere e nei pigmenti fotosintetici in particolare, è dovuta alla presenza nella loro struttura molecolare di

cromofori, dal greco “portatori di luce”, gruppi di atomi che alternano legami semplici a legami doppi (legami coniugati). I pigmenti principali delle piante sono: la clorofilla a e pigmenti accessori come la clorofilla b e i carotenoidi. La loro principale funzione è catturare la luce indispensabile per il processo fotosintetico, ma sono anche i responsabili dei colori che le piante ci mostrano. Abbiamo appena visto, ad esempio, che nello spettro di assorbimento la clorofilla a non assorbe la lunghezza d’onda che corrisponde al verde-azzurro mentre la clorofilla b non assorbe quella del verde-giallo. Questi pigmenti (all’interno dei cloroplasti) si trovano in notevole quantità nelle foglie che perciò ci appaiono di colore verde. Anche i carotenoidi sono presenti nelle foglie, all’interno dei

cloroplasti, e appaiono di colore giallo-arancio: la linea che mostra l’assorbimento delle radiazioni solari dei carotenoidi decresce, infatti, dopo i 500 nm. I carotenoidi sono presenti nelle foglie, all’interno dei cloroplasti ma sono mascherati dalle clorofille; quando arriva la stagione avversa la clorofilla viene pian

Fig.1 Spettro di assorbimento della clorofilla a (rosso) e b ( blu).

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piano degradata, nei cloroplasti si accumulano i carotenoidi e le foglie assumono il colore giallognolo tipico delle foglie secche.

In associazione con questi importanti pigmenti ci sono anche i flavonoidi. I flavonoidi possono essere definiti come le molecole per eccellenza dei colori naturali, infatti, sono presenti in maggior quantità nei fiori e nei frutti e, in minor quantità, anche nelle foglie. Nella classe dei flavonoidi rientrano i flavoni e le antocianine (o antociani).

Le antocianine sono sicuramente la classe più importante di pigmenti idrosolubili presenti nelle piante, il loro colore varia dal blu al rosso secondo il pH del mezzo in cui si trovano. Abbondano nei frutti, nei fiori e in piccola parte si trovano nelle foglie, associate ai carotenoidi. Sulla tavolozza dei colori della natura le sfumature di blu dei fiori come il rosso porpora dei frutti sono il risultato della presenza degli antociani. Appartiene a questa classe la pelargonidina, la più semplice degli antociani, che dà il colore rosso alle fragole, ai lamponi maturi e al fiore del geranio domestico (non a caso il suo nome latino è proprio Pelargonium). La cianina in soluzione acida si presenta di colore rosso (come nel fiore del papavero) o di colore viola in soluzione basica (l’intenso viola alle more mature o il profondo nero dei ribes e dei lamponi, il lilla del fiordaliso) cosicchè il colore può mutare anche in uno stesso fiore. L’esempio più eclatante di questa capacità è dato da Ipomea purpurea L.; questa specie, infatti, presenta fiori blu al mattino che cominciano a virare verso il rosso la sera, quando il fiore appassendo diventa più acido. Altri antociani sono: malvidina (il violetto dei fiori di malva), peonidina (nelle peonie), delfinidina (nei Delfinium) e petunidina (nelle petunie). Ci sono naturalmente delle eccezioni. Il rosso della barbabietola o il rosa dei fiori di Bouganvillea è dovuto ad altri pigmenti naturali chiamati betacianine, contenuti nel vacuolo della cellula che somigliano come colore agli antociani, ma differiscono come struttura chimica.

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Estrazione dei colori naturali

Addentrarsi nel mondo dei colori delle piante e al modo in cui questi si estraggono, significherebbe aprire un capitolo infinito, tante sono le specie che si usano e molteplici i metodi di estrazione dei colori naturali; le tecniche e le specie vegetali inoltre variano da paese a paese e da popolo a popolo. Tralasceremo volutamente i coloranti naturali inorganici, cioè quelli provenienti da rocce e sedimenti, e ci limiteremo a una breve presentazione di alcune tra le piante “tintorie” e alla descrizione di alcuni metodi di estrazione dei pigmenti vegetali.

Tra le specie impiegate per estrarre colori naturali possiamo citare: Equisetum telmateja dal quale si ottiene un rosa antico; Fagus sylvatica dalle cui foglie si ricava un arancio; da Salix caprea si estrae un color nocciola; il giallo dei fiori di Hypericum perforatum diviene una terra di Siena bruciata; i fiori di Achillea setacea un senape chiaro; dai fusticini di Isatis tinctoria si ricava un blu jeans; con i petali di Papaver rhoeas si ottiene un grigio violaceo; un marrone chiaro si ricava dalle radici di Juniperus communis e ancora, le foglie del noce danno un giallo mentre e il mallo un marrone scuro; dal mallo delle mandorle si ottiene un rosa cipria…. etc. Raccolte le parti delle piante utili per estrarre i colori, si mettono in acqua e si lasciano macerare per un’intera notte. L’indomani la poltiglia va decotta e filtrata, in questo modo si estrae il pigmento vegetale. A questo punto, nel liquido filtrato si può immergere il tessuto o il filato che si vuole colorare lasciandolo bollire per alcune ore; per fissare meglio il pigmento si aggiunge l’allume. Per distribuire uniformemente il colore, durante il bagno di colore e nel momento del raffreddamento occorre mescolare. Infine il tessuto colorato va lavato per eliminare residui di colore e steso all’ombra ad asciugare. Un altro metodo di estrazione è quello per frantumazione. In un mortaio si pestano le parti della pianta che ci interessano, come fiori, frutti o stami (come nel caso del tarassaco o dello zafferano), fatti seccare in precedenza. Ottenuta una polvere sottilissima, si aggiunge un legante (naturale o chimico) e il gioco è fatto. Si possono colorare tele, dipingere quadri e pitturare muri, lasciando libera la nostra “naturale” fantasia creativa.

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Germinazione del seme

Il seme è una struttura tipica delle piante terrestri più evolute, le Gimnosperme e le Angiosperme, che appunto sono anche dette Spermatofite (= piante con semi). Questa struttura ha la funzione di proteggere e nutrire l’embrione in attesa della sua germinazione. Se analizziamo un seme, dall’esterno possiamo distinguere: i tegumenti, una serie d’involucri protettivi; l’endosperma, un tessuto parenchimatico di riserva e l’embrione. L’embrione a sua volta è composto da una parte centrale detta asse embrionale, che presenta alle estremità due zone di accrescimento: la plumula, che diventerà la parte aerea

della pianta, l’altra, invece, andrà a formare la radichetta. Nell’asse embrionale s’inseriscono i cotiledoni, foglie profondamente modificate che spesso assolvono il compito di riserva. I cotiledoni possono essere due nelle Dicotiledoni, uno nelle Monocotiledoni e molti nelle Gimnosperme. Dopo un iniziale periodo di crescita lo sviluppo dell’embrione si arresta per riprendere solo durante la fase germinativa. La crescita dell’embrione e l’accumulo delle sostanza di riserva si interrompono quando il seme comincia a disidratarsi, gli enzimi si inattivano, il metabolismo rallenta e il seme entra in una fase di quiescenza. Questo permette alla giovane piantina di germinare solo quando le condizioni ambientali all’esterno sono favorevoli alla sua sopravvivenza. Dopo il periodo d’inattività del seme si passa alla fase di germinazione, una serie di eventi fisiologici che hanno inizio con l’imbibizione del seme, la ripresa dell’attività metabolica e con la rottura dei tegumenti. Perché il seme possa germinare, all’esterno devono presentarsi condizioni favorevoli (acqua, temperatura, luce e ossigeno). Le esigenze nei confronti di questi requisiti ambientali cambiano da specie a specie. Per esempio, considerando il fattore temperatura, esistono semi che germinano a temperature poco sopra lo zero (come Tulipa sp., Fagus sylvatica o il frumento), altri a temperature di almeno 10-15°C (come il mais) e altri ancora che hanno bisogno di

temperature più calda (come il melone). L’acqua è il fattore scatenante per eccellenza, la reidratazione ingrossa il seme, spacca i tegumenti e permette la fuoriuscita della radichetta. Nei confronti della luce possiamo distinguere semi con fotosensibilità positiva, nella maggior parte dei casi, semi con fotosensibilità negativa, come per il genere Cyclamen che germina solo al buio, e altri che sono indifferenti alla presenza o assenza di luce. Ci sono poi dei semi che pur godendo di tutte queste condizioni favorevoli non riescono a germinare perché sono dormienti, presentano cioè degli ostacoli alla

germinazione. Per eliminare le “dormienze” c’è bisogno di eventi estremi come la vernalizzazione (che può essere rappresentata da un abbassamento repentino delle temperature), estivazione (innalzamento delle temperature esterne) o l’affumicazione (nel caso delle pirofite, i cui semi germinano solo dopo il passaggio del fuoco). Durante la fase di ripresa del metabolismo il seme si comporta come un organismo eterotrofo. Infatti, per allungare la radichetta o produrre le prime foglioline l’embrione utilizza le riserve

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(zuccheri, amminoacidi, nucleotidi ecc…) che erano state immagazzinate nell’endosperma o nei cotiledoni. Solo con la formazione delle prime foglie, e quindi con l’avvio delle fotosintesi, inizia la fase autotrofa Da questo momento in poi la giovane plantula potrà crescere grazie all’acqua, ai sali minerali disciolti e alla luce solare.

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