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Publius - per una'alternativa europea. Numero 9, Novembre-dicembre 2011. Giornale degli studenti dell'Università di Pavia.TRANSCRIPT
pag.1 EditorialePublius
pag.2 Nobel a Obama?Giulia Spiaggi
pag.4 Compendio del politico europeo (part II)
Davide Negri
pag.5 Il nuovo governo tedesco e il “nodo di Gordio”
Luca Lionello
pag.6 Storiche elezioni in Giappone
Gabriele Felice Mascherpa
PubliusPer un’Alternativa Europea
Universitari per la Federazione Europea Numero 9 - Novembre/Dicembre2011
distribuzione gratuita
Giornale degli studentidell’Università di Pavia.
Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi
e di domani
Il summit europeo del 26 ottobre indetto con lo scopo di far fronte all’acuirsi della crisi del debito sovrano in Europa, ha preso nuovi im-‐portanti provvedimenti che, nell’intenzione dei leader europei, avrebbero dovuto arrestare le turbolenze dei mercati. Il compromesso rag-‐giunto prevede di forzare le
banche a rinunciare “volon-‐tariamente” al 50% dei credi-‐ti verso la Grecia, di incre-‐mentare gli aiuti a quel paese, di stanziare 106 miliardi di euro per ricapitalizzare le banche europee e di elevare a mille miliardi il fondo sal-‐va-‐Stati. Alla Hine del vertice, Sarkozy si è presentato davanti alle televisioni francesi a reti uni-‐Hicate per annunciare che a Bruxelles il mondo era stato salvato da una catastrofe. La risposta dei mercati è stata immediata e brutale: già il 28 ottobre, dopo la pubblicazio-‐ne dei risultati del vertice, gli interessi per i buoni del teso-‐ro italiani a 10 anni salivano al 6%, il tasso più alto dal-‐l’inizio della crisi. Tre giorni dopo Papandreu annunciava il referendum greco sui risul-‐tati del vertice e le borse mondiali subivano un nuovo tracollo. In effetti gli operato-‐ri Hinanziari e Papandreu hanno subito capito che le
decisioni prese dal vertice di Bruxelles non hanno cambia-‐to la situazione degli Stati dell’Eurozona: non si sa an-‐cora come i Paesi del Medi-‐terraneo possono ripagare i loro debiti e risolvere la que-‐stione del differenziale di competitività con gli Stati del nord e non si sa come l’Euro-‐pa può tornare a crescere e vincere le sHide poste dal ri-‐assetto degli equilibri eco-‐nomici e politici mondiali. Sono ormai in molti a soste-‐nere che la crisi non può es-‐sere risolta e andrà sempre più peggiorando senza un grande progetto europeo che unisca al risanamento delle Hinanze pubbliche degli Stati più deboli un piano per lo sviluppo economico e dell’oc-‐cupazione. Ma elaborare e realizzare questo programma non sta nelle possibilità dei vertici dei capi di Stato e dei ministri europei, mentre sia la Commissione che il Parla-‐mento europei sono chiara-‐
mente fuori dal gioco. Il piano per portare l’Europa fuori dalla crisi non potrà mai es-‐sere adottato e implementato senza sciogliere il nodo della legittimità democratica delle istituzioni europee. I provve-‐dimenti necessari non posso-‐no essere imposti da alcuni governi e parlamenti nazio-‐nali sugli altri Paesi (deli-‐neando, di fatto, una situa-‐zione in cui alcune democra-‐zie sono più "importanti" di altre) né, una volta presi, questi possono continuare ad essere messi in discussione all’interno dei singoli Stati richiamandosi alla necessità di legittimarli democratica-‐mente. E’ invece urgente una nuova e decisa iniziativa poli-‐tica che parta dai Paesi del-‐l’Eurogruppo e che getti le basi per la creazione della Federazione europea attra-‐verso un metodo democrati-‐co costituente, per mostrare
Indicepag.1 Editoriale
Publius
pag.2 Eurobond per un’Europa federale
Gilberto Pelosi
pag.4 Downgrade e debito pubblico: effetti economici e potere politico
Nelson Belloni
pag.7 Proposte tedesche per l’integrazione europea
Giulia Spiaggi
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La crisi del debito sovrano dell'area euro ha messo a nudo in modo drammatico i difetti dell'attuale assetto istituzionale dell'Unione europea. Il sistema di gover-‐nance economica concepito a Maastricht non si è mostrato infatti adatto ad affron-‐tare una crisi sistemica, qual è quella in cui ci troviamo, e il vuoto decisionale creato dall'assenza di un reale governo dell'Unione è stato riempito a fatica dal farraginoso metodo comunitario.
Messe con le spalle al muro dalla gravità della situazione, le istituzioni europee si sono risolte a prendere misure drastiche, impensabili Hino ad un paio di anni fa. Tuttavia, le evidenti divisioni interne – ideologiche, politiche ed economiche –, e il costante prevalere di interessi naziona-‐li ed elettorali sui sentimenti di solidarie-‐tà europea, hanno comportato un'ecces-‐siva lentezza nell'adozione delle decisio-‐ni, il più delle volte prese quando la loro
inefHicacia, a causa dell'aggravarsi della crisi, era già manifesta. Questo modo di agire, reattivo piuttosto che fattivo, così come l'eccessivo concentrarsi, in un cre-‐scendo di isteria e dogmatismo, sulle mi-‐sure di austerità e consolidamento delle Hinanze pubbliche, hanno accelerato il degradarsi della situazione, trasforman-‐do il problema di un paese il cui debito pubblico ammonta a circa il 3% del PIL dell'Eurozona, la Grecia, in una pericolo-‐sa crisi che, come in un inarrestabile do-‐mino, ha colpito in sequenza, dopo il pae-‐se ellenico, Irlanda, Portogallo e Spagna per giungere Hino a noi, paese fondatore della Comunità europea ed una delle maggiori economie al mondo, ultimo ba-‐stione difensivo prima del collasso dei sistemi bancari francese e tedesco e, con-‐seguentemente, della moneta unica.Come si è giunti a tutto questo? Se si trat-‐ta di stabilizzare, ed eventualmente ri-‐durre, il rapporto debito pubblico-‐PIL di un paese non ci si può concentrare solo sul consolidamento delle Hinanze pubbli-‐che. Anzi, focalizzando l'attenzione solo sulla riduzione del disavanzo pubblico, attraverso misure di austerità e tagli al bilancio, dall'inevitabile impatto depres-‐sivo (la recessione in Grecia causerà que-‐st'anno una perdita di oltre il 5% del
Eurobond per un’Europa federale
ai cittadini europei e al resto del mondo che il rilancio del progetto politico euro-‐peo è possibile e, con esso, che esiste la volontà di governare democraticamente e a livello sovranazionale l’uscita dalla crisi.L’aggravarsi della crisi del debito sovra-‐no ha di fatto posto all’ordine del giorno del dibattito e del confronto politico eu-‐ropeo il tema della realizzazione della federazione – costruita a partire dall’Eu-‐rogruppo – nella più ampia confedera-‐zione costituita dall’Unione europea. Si tratta di un tema che ormai non viene evocato solo dai federalisti europei, ma che si ritrova in analisi, proposte e com-‐menti avanzati con sempre maggiore insistenza da personalità politiche, eco-‐nomisti e giornalisti e su cui stanno in-‐cominciando a riHlettere anche alcuni partiti politici (per esempio la CDU in Germania e i socialisti europei).La crisi del debito sovrano sta di fatto spingendo i governi e le istituzioni verso una differenziazione tra il quadro deci-‐
sionale dell’Unione e quello dell’Eurozo-‐na, cui spetta la responsabilità principale nell’affrontare la crisi (chi decide di met-‐tere risorse e come impiegarle sono nei fatti i governi e i parlamenti nazionali dell’Eurozona). Si tratta di una tendenza, che ha sempre più i connotati di un pro-‐cesso inarrestabile verso un ulteriore approfondimento dell’integrazione eco-‐nomica, Hiscale e politica dei Paesi del-‐l’Eurogruppo, ma che richiede anche nuovi strumenti di governo e di controllo democratico a livello europeo per l’Euro-‐zona, distinti dalle istituzioni dell’Unione europea. E’ per questa ragione che si è riaperto in Europa il dibattito sulla ri-‐forma delle istituzioni europee tra chi vuole afHidarsi a organismi meramente intergovernativi, che porterebbero inevi-‐tabilmente a un direttorio dei paesi più forti, chi chiede una riforma del Trattato di Lisbona e chi ipotizza un nuovo tratta-‐to riservato ai paesi dell’Eurogruppo. Non è casuale il fatto che su questi temi ci si interroghi sulla natura e sul ruolo delle istituzioni esistenti, in primo luogo del Parlamento europeo, per il quale si in-‐
comincia apertamente a parlare di uno suo sdoppiamento tra i parlamentari eletti nei Paesi dell’Eurozona e in quelli eletti negli altri Paesi.La crisi del debito sovrano sta spingendo la classe politica e i cittadini a prendere coscienza della necessità di passare dal-‐l’attuale quadro europeo pre-‐federale, ad un quadro federale, indicando l’obiettivo della realizzazione di una federazione a partire dall’Eurogruppo nella più ampia confederazione dell’Unione, attraverso un processo democratico costituente. Chi dice di volere più Europa, più sviluppo e più democrazia, deve incominciare ad impegnarsi concretamente sul terreno della mobilitazione dell’opinione pubbli-‐ca a livello europeo per ottenere reali trasferimenti di potere dal livello nazio-‐nale al livello dell’Eurogruppo nei campi della Hiscalità, del bilancio, della politica economica e della politica di sicurezza e degli esteri, altrimenti è destinato a ri-‐manere prigioniero e vittima dei quadri nazionali.
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da pag. 1
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PIL), si cade in un pericoloso cir-‐colo vizioso, nel quale i tagli stabi-‐liti in base a un determinato an-‐damento economico peggiorano le prospettive di crescita futura (o aggravano la recessione), ren-‐dendo necessaria l'adozione di misure aggiuntive che peggiorano ulteriormente l'andamento del-‐l'economia, e così via. Al di là di qualsiasi considerazio-‐ne di equità e giustizia sociale, che pure conta molto, anche dal puro punto di vista economico le misu-‐re adottate vanno quindi nella direzione sbagliata.Se senza crescita economica le Hinanze pubbliche non si consoli-‐dano, il debito non si riduce e la crisi dell'euro non rientra, come sostenere lo sviluppo? È Hin trop-‐po evidente che lo stimolo al-‐l'economia non può arrivare dai singoli paesi, alle prese con im-‐portanti problemi di bilancio. Ed è proprio per questo che si è fatta strada l'idea degli Eurobonds. Quella di emettere euro-‐obbliga-‐zioni per Hinanziare programmi europei di investimento pubblico non è in realtà una proposta nuova (ci aveva già pensa-‐to Delors nel 1993). La vera novità della ultime proposte, che trovano in Tremon-‐ti e Juncker la massima espressione poli-‐tica, è quella di attribuire all'emissione di Eurobonds la doppia funzione di stimolo alla crescita e di ristrutturazione dei de-‐biti nazionali. Da un lato, trasferendo il debito pubblico nazionale dei paesi in crisi a livello europeo si risolverebbe una volta per tutte il problema delle crisi di Hinanza pubblica dell'area euro. Dall'al-‐tro, Hinanziando un ampio programma europeo di investimenti pubblici in in-‐frastrutture, ricerca e sviluppo e innova-‐
zione tecnologica, si sosterrebbe la cre-‐scita e favorirebbe la transizione verso un nuovo modello di sviluppo sostenibi-‐le. A questa soluzione si oppongono in modo decisivo la Merkel e gli altri fautori
del consolidamento a oltranza che vedo-‐no come fumo negli occhi l'idea di risol-‐vere la crisi del debito con la creazione di nuovo debito. In realtà, a livello di Euro-‐zona, il rapporto debito pubblico-‐PIL è inferiore all'80% e, in caso di robusta
crescita economica, scenderebbe rapidamente sotto il limite gene-‐ralmente accettato del 60%. Sen-‐za contare che l'indebitamento per la produzione di beni pubbli-‐ci, dei cui beneHici godrebbero anche le generazioni future, non va contro quel vincolo di solida-‐rietà intergenerazionale che im-‐pone di far pagare i costi di un investimento pubblico a coloro che beneHiceranno dei suoi effetti. L'emissione di euro-‐obbligazioni non va vista però come il punto di arrivo. Rappresenta anzi, insieme all'introduzione di una tassa sulle transazioni Hinanziarie e/o sulle emissioni di Co2, il necessario punto di partenza per il comple-‐tamento di quel processo di uniHi-‐cazione politica che, passando per la creazione dell'Unione Hiscale, porterebbe alla nascita della Fe-‐derazione europea. E’ proprio questa prospettiva politica che permette di inquadrare il valore profondo di un’innovazione come gli Eurobonds, e questo spiega anche in quale ottica essa debba
essere collocata per poter superare l’op-‐posizione, in particolare, dei tedeschi.Nel nuovo ordine mondiale che va deli-‐neandosi le potenze emergenti, BRICS e Cina, si offrono di sostenere l'economia europea comprando titoli di debito pub-‐blico. Possiamo accettare il loro aiuto senza agire, condannandoci così all'inevi-‐tabile declino. O possiamo scegliere di fare una scelta coraggiosa quanto inevi-‐tabile, quella del salto federale, e ridare un futuro al continente europeo. I costi dell'incompiuta costruzione del-‐l'unità europea sono ormai sotto gli oc-‐chi di tutti. Voi da che parte state?
Gilberto Pelosi
L’emissione di Eurobonds ha la doppia funzione di stimolo alla crescita e di ristrutturazione
dei debiti nazionali
Scheda personaggio - Immanuel KantKant è vissuto a Königsberg, nella Prussia orienta-‐le, dove è nato il 22 aprile 1724 ed è morto il 12 febbraio 1804. E’ uno dei HilosoHi più importanti nella storia del pensiero occidentale e nella vita è stato professore di matematica, Hisica, geograHia, pedagogia, logica, metaHisica.Oltre alle opere teoriche, molto più note, Kant ha scritto anche numerosi testi politici e di HilosoHia della storia, che continuano ad essere di estrema attualità. In particolare in alcuni di essi, tra cui Idea di una storia universale dal punto di vista co-‐smopolitico e Per la pace perpetua, Kant ha teoriz-‐zato che la pace possa essere deHinita tale solo quando coincide con la “impossibilità della guer-‐ra”, e che quindi sia raggiungibile esclusivamente mediante la creazione di una federazione di popoli. Gli Stati do-‐vranno arrivare ad accettare di rinunciare alla propria sovranità assoluta e di sottomettersi ad un potere comune “repubblicano”
(ossia democratico, nel linguaggio contempora-‐neo), fondato su leggi condivise: "Non vi è altra maniera razionale per uscire dallo stato naturale senza leggi, che è stato di guerra, se non rinunciare, come i singoli individui, alla loro selvaggia libertà (senza leggi), sottomettersi a leggi pubbliche coatti-‐ve e formare uno Stato di popoli, .... (ossia una) re-‐pubblica universale" ( Da Per la pace perpetua).Inoltre, l’eliminazione di ogni possibilità di guerra e violenza nei rapporti tra gli Stati permetterà an-‐che l’evoluzione interna verso una piena democra-‐zia, creando le condizioni per un comportamento razionale e morale da parte di tutti gli uomini: "Il problema di instaurare una costituzione civile per-‐fetta dipende dal problema di creare un rapporto
esterno tra gli Stati regolato da leggi, e non si può risolvere il primo senza risolvere il secondo" (Da Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico).
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Downgrade e debito pubblico: effetti economici e potere politico
Il 5 Agosto 2011 Standard & Poor's ha assegnato un rating AA+ (rispetto al precedente AAA) ai titoli del debito pubblico americano, declassandoli così per la prima volta nella storia del paese. Le ragioni che sono state addotte fanno riferimento alla continua e rapida cre-‐scita del debito e allo stallo politico in cui si trova impantanato il Congresso americano. Questo fatto ha, ovviamente, suscitato una profonda reazione negli Stati Uniti: Congresso e Casa Bianca hanno reagito indignati allo smacco, accusando l'agen-‐zia di rating di avere commesso un er-‐rore di valutazione pari a 2000 miliardi circa le stime future. Ma molti economi-‐sti (da Krugman, a Beers, Buffet, ecc.) si sono fatti sentire sostenendo che il downgrade non avrebbe avuto effetti reali sul mercato. E così è stato, i titoli di debito americani hanno mantenuto un valore stabile nonostante la valutazione peggiorata. Riescono ancora a Hinanzia-‐re titoli a 30 anni, ad esempio.Per capire questi fatti bisogna tenere presente sia la situazione economico-‐Hi-‐nanziaria americana, sia la situazione politica globale. Al di là, infatti, della corretta valutazione del debito e delle
diatribe politiche interne (Obama è con-‐tinuamente accusato di essere colui che sta distruggendo l'America e continua a perdere consenso) si può effettivamen-‐te notare che la condizione statunitense non è rosea: la crescita in questo ultimo anno si è fermata all'1,7%, decisamente al di sotto delle aspettative, mentre la disoccupazione è al 9%, alcuni Stati membri versano in condizioni disastro-‐se, come la California e l’Illinois, e il de-‐bito federale raggiunge ormai 14,5 tri-‐lioni di dollari. Sul piano internazionale gli Stati Uniti devono inoltre fronteggia-‐re la continua crescita dei BRICS, che sono ormai protagonisti importanti del-‐lo scacchiere internazionale. La Cina, in particolare, che detiene, tramite i propri fondi sovrani, 1,6 trilioni di dollari del debito degli Stati Uniti, in queste condi-‐zioni fa pesare ulteriormente i propri interessi di creditore (arrivando addi-‐
rittura a declassare a propria volta, con un forte gesto simbolico, il debito statu-‐nitense tramite il Dagong, una agenzia di rating cinese che pur non costituendo ancora un punto di riferimento per i mercati mondiali, ha una valenza politi-‐ca per il paese asiatico). In poche parole, nonostante gli Stati Uniti abbiano la forza per riHinanziare il proprio debito a costi contenuti, le cause del downgrade sembrano essere valide. Così valide che S&P ha stabilito che se la situazione non dovesse migliorare gli Usa rischiano un ulteriore declassamento ad AA. E questo porta gli stessi economisti che avevano previsto uno scarso impatto sui mercati del primo downgrade a sostenere che, se anche nel breve periodo la superpo-‐tenza americana non avrà problemi de-‐gni di nota, è probabile che ne debba avere in futuro se la situazione non do-‐vesse variare.A cosa è dovuta questa situazione appa-‐rentemente schizofrenica? Una delle cause sta sicuramente nel potere statuniten-‐se di stampare dollari a «piacimento» (Con-‐gresso permettendo) e nel contempo di avere la valuta di rife-‐rimento mondiale. In questo modo la Federal Reserve Hinanzia i piani del go-‐verno e nel contempo svaluta il cambio del dollaro nei confronti delle altre mo-‐nete, cosa che indirettamente comporta
un abbassamento del debito pubblico (ad esempio, se il dollaro si deprezza rispetto all'euro, il valore del credito di un paese dell'Eurogruppo nei confronti degli USA diminuisce di valore). Si tratta di una situazione che, ovviamente, non può piacere alla Cina, che infatti insiste vigorosamente sulla necessità di una riforma del sistema monetario interna-‐zionale che faccia perdere agli Stati Uni-‐ti il privilegio della valuta di riferimen-‐to. E ormai questa posizione è sostenuta anche dal Brasile, dalla Russia, dall’In-‐dia e dal Sud Africa; ma per il momento si tratta ancora solo di ipotesi di dibatti-‐to.Per il momento gli USA rimangono quindi una grande potenza politica, ed è proprio questo fatto che garantisce i tassi ancora favorevoli dei buoni del debito pubblico americano. Ma se gli Stati Uniti, come è molto probabile, non riusciranno a mantenere ancora a lungo questo tipo di egemonia e se si afferme-‐
rà un nuovo sistema monetario basato sull'in-‐troduzione di un paniere che metta tutte le valute sullo stesso piano nel sistema dei cambi, la situazione può cambiare
drammaticamente. Senza le «pallottole illimitate» sparate dalla Federal Reserve, l’America rischierebbe una seria crisi del debito che si diffonderebbe a catena in tutto il mondo.
La crescita negli USA si è fermata all’1,7%, il debito federale raggiunge i 14,5
trilioni di dollari
La Cina detiene 1,6 trillioni di dollari del
debito degli Stati Uniti
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A fronte di questa situazione di debolez-‐za americana, l'Europa vive a sua volta una drammatica crisi del debito. E in mezzo a questa tempesta l’Italia è il pae-‐se più a rischio. Non è un caso, infatti, che il declassamento del debito italiano sia avvenuto a solo un mese e mezzo da quello USA. Il rating italiano è crollato ad A, e le motivazioni di Standard & Poor's sono state analoghe: debito elevato (e, in prospettiva, insostenibile) e incapacità politica. Dopo nemmeno due settimane anche Moody’s ha comunicato un down-‐grade dell’Italia ad A2 rispetto al prece-‐dente AA2.La situazione economico-‐Hinanziaria in-‐terna italiana effettivamente non è delle
migliori: una crescita del PIL previsto ad appena lo 0,7%, contro un deHicit di oltre 70 miliardi di euro ed un debito pubblico di quasi 2000 miliardi che rappresenta il 119% del PIL. Ma il punto centrale di questo downgrade del rating italiano (ana-‐logamente a quanto è successo con quello greco) è l’effetto a valanga che esso ha avuto sui mercati. L’Italia è infatti l’anello più debole della catena che lega tutti i paesi dell’euro: troppo indebitato e fermo per avere pro-‐
spettive di ripresa, e troppo grande per poter essere salvato dall’intervento dei partner. Per questo non solo i titoli di Stato italiani hanno visto crescere i tassi di interesse (in parallelo all’aumento dello spread rispetto ai Bund tedeschi), ma tutte le borse europee hanno subito contraccolpi durissimi a causa del preci-‐pitare della Hiducia nella sopravvivenza della moneta unica.La crisi italiana del debito si innesca così su quella di tutta l’Eurozona, che, invece, è una crisi politica, molto più che eco-‐nomica. E’ la mancanza di un governo economico dell’euro, e quindi la necessi-‐tà dell’unità politica dell’area della mo-‐neta unica, che rende fragilissimi i suoi membri. E mentre gli Stati Uniti fanno la loro politica e riescono ad ignorare il downgrade, almeno per qualche tempo, l'Italia vede avvicinarsi due attori eco-‐nomici che preferirebbe evitare: l'Fmi e la Cina. Due proposte, due salassi. La Cina ha offerto all’Italia, tramite il China Investment Corporation, il fondo sovrano di Lou Jiwei, un contributo nell'acquisto dei titoli italiani (non facili da piazzare ultimamente) per una quota che va dal 4 al 10% del debito pubblico, ossia intorno ai 100 miliardi di euro. La contropartita richiesta mostra la lungimiranza strate-‐gica da vera superpotenza della Cina: quote di partecipazione, ancora da con-‐cordare, in Enel ed Eni. Confermando,
quindi, l’atteggiamento generale della Cina che, sollecitata nelle ultime settimane dagli europei ad entrare nel Fondo europeo di stabilità (il EFSF) ha risposto so-‐stenendo di preferire il tramite del FMI per un intervento a sostegno dell’Europa e chieden-‐
do in cambio un aumento delle proprie quote all’interno del Fondo monetario internazionale e la partecipazione nelle imprese leader dei vari paesi dell’Euro-‐
In Italia la crescita previ-sta del PIL è appena dello 0,7%, contro un deficit di oltre 70 miliardi di euro. Il debito pubblico è di
2000 miliardi e rappre-senta il 119% del PIL
LA GUERRA DELLE VALUTEIntroduce Antonio Mosconi,
già responsabile dello sviluppo aziendale Fiat, amministratore delegato della Teksid, della Impresit, della Toro Assicurazioni e della Utet
membro del CESI (Einstein Centre for International Studies) e del World Federalist Movement
Presiede Federico Butti, Presidente nazionale della Gioventù Federalista EuropeaMartedì 6 Dicembre 2011ore 18.00 -‐ Aula Volta
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Nel suo libro intervista, Per una buona ragione, l’attuale segretario del PD, Pier Luigi Bersani, dedica un intero capitolo all’ Europa, per spiegare il suo punto di vista. Bersani risponde alle domande di Miguel Gotor, do-‐cente di Storia moderna presso l’Università di Torino, e di Claudio Sardo, giornalista politico del quotidiano Il Messaggero; domande che mirano a solleticare le critiche e le riHlessioni sulla situazione dell’ Unione europea e sulle soluzioni che potrebbero portarla a fare “il salto” verso una vera unità politica. Dopo un lungo excursus storico sulle condizioni che hanno portato l’Europa al punto in cui si trova oggi, Bersani si concentra sul fat-‐to che l’integrazione non può fermarsi alla moneta e alle banche, ma de-‐ve arrivare ad avere politiche economiche, sociali e infrastrutturali co-‐muni, e dunque istituzioni più forti che colmino il deHicit di politica. E’ quindi il tempo di rilanciare l’idea di un’Europa federale, con istituzioni democratiche. Proprio questa, secondo Bersani, è la grande sHida dei pro-‐gressisti: guidare il rilancio di un progetto di uniHicazione europea, rimet-‐tendo in moto l’Europa politica. Serve, infatti, un nuovo patto di volonte-‐rosi, che può, e deve, partire dall’interno dell’attuale Unione: un gruppo di paesi dentro l’area dell’euro, disposti a realizzare una maggiore inte-‐grazione e a dare gambe a un comune processo democratico, che dovreb-‐be Hirmare un accordo e stabilizzare una nuova sovranità. Bersani crede sia giunto il tempo di delineare un nuovo cerchio, composto magari dai membri fondatori, dai paesi iberici e da qualche altro volonteroso dell’area dell’euro, per far nascere una più intensa Europa politica e trainare così l’intero continente verso le opportunità e le responsabilità che ha nel mondo. I paesi contrari restino pure nel cerchio più ampio, ma non pretendano di fermare anche chi vuole andare avanti, rendendoli complici di un declino europeo complessivo. L’analisi del segretario del PD si caratterizza quindi per la sua capacità di andare oltre il semplice sguardo europeista e di analizzare Hino in fondo le spinose questioni che riguardano il futuro del nostro continente (e del nostro paese).
Segnalazioni Bibliografiche“Per una buona ragione” di Pier Luigi Bersani
(Ed. Laterza, 2011)
gruppo. Da parte sua l'Fmi si è detta disposta ad accrescere il proprio inter-‐vento in Europa, e in particolare nei confronti dell’Italia, ma dettando, in cambio, condizioni ferree di politica economica.E se invece l'Eurogruppo si unisse e diventasse una federazione? Si intrave-‐drebbero subito due vantaggi eccezio-‐nali. Il primo relativo al tasso di interes-‐se del debito, che, a questo punto, sa-‐rebbe unico europeo e sicuramente più basso rispetto a quello attuale, perché i fondamentali dell’Eurogruppo nel suo insieme sono molto più solidi e imme-‐diatamente potrebbero valere come tali.
Il secondo riguarda i casi oggi praticamente senza speranza, come quello greco, ma ancor di più quello italiano, che non ver-‐rebbero affrontati, come oggi, sulla base di un impegno recipro-‐co a sostenersi da parte di Stati indipendenti (e quindi animati da punti di vista e interessi divergen-‐ti, con opinioni pubbliche riottose a spendere per “gli altri”); ma rientrerebbero nel quadro della solidarietà isti-‐tuzionalizzata nel la comune
Federazione, in cui, al di là delle modalità scelte per intervenire sui singoli casi, vale il principio dell’inte-‐resse comune, e non si creano quindi lace-‐razioni nel consenso dei cittadini delle diverse aree (come insegnano gli Stati Uniti).Ma esiste un terzo vantaggio: ed è che la Federazione europea diventerebbe ca-‐pace di agire come attore della politica internazionale, e avrebbe un ruolo di leadership cruciale nella deHinizione dei
nuovi assetti di potere globali; questo vale sia sul piano economico, perché con piani europei per la crescita e lo sviluppo tornerebbe credibile un nuovo slancio dell’economia del nostro conti-‐nente, con vantaggi per tutti; sia sul piano politico. Si tratta di una prospet-‐tiva così vera, che i primi tifosi di una Federazione europea li troviamo in Cina e negli USA. Come ci ricorda Clinton, riferendosi alla crisi del debiti europei, si tratta di una crisi “che nasce dal cuore
dell'Europa perché i suoi Stati hanno creato una coopera-‐zione monetaria debole ma stentano a diventare gli Stati Uniti d'Europa”. Sta a noi europei, dun-‐que, saper andare in quella direzione, e
trasformare la crisi drammatica che ci sta attanagliando nella grande opportu-‐nità di creare Hinalmente lo Stato fede-‐rale europeo: a partire dai paesi dell’Eu-‐rozona che, sotto la spinta dell’emer-‐genza, devono maturare la volontà di compiere questo salto rivoluzionario.
Nelson Belloni
E’ la mancanza di un go-verno economico dell’euro, e quindi la necessità del-
l’unità politica dell’area del-la moneta unica, che rende fragilissimi i suoi membri.
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La necessità di una riforma istituzionale e di un nuovo trattato per salvare l’euro e rafforzare politicamente ed economica-‐mente l’Eurozona è ormai all’ordine del giorno nell’Unione europea. Ma istituzio-‐ni europee, governi nazionali e partiti hanno opinioni diverse sia riguardo al-‐l’ampiezza di tali riforme sia riguardo al metodo e agli strumenti con i quali rea-‐lizzarle. In questo contesto, la Germania, per il suo ruolo di leadership economica e poli-‐tica nel processo in corso, rimane il qua-‐dro da seguire con la massima attenzio-‐ne. Qui il dibattito è aperto, come dimo-‐stra anche il congresso della CDU appena conclusosi; e uno dei punti su cui sem-‐brano convergere i politici di ogni cor-‐rente è la richiesta di una nuova conven-‐zione europea per superare la crisi. La convenzione dovrebbe essere composta da rappresentanti dei parlamenti nazio-‐nali, dei governi, del Parlamento europeo e della Commissione, e dovrebbe avere l'incarico di riformare gli attuali trattati nel più breve tempo possibile. Infatti in Germania molti sono consapevoli che la crisi dell’euro potrebbe presto diventare crisi dell’Unione europea e che quindi dei passi istituzionali sono assolutamente necessari. Anche la Cancelliera Angela Merkel, proprio intervenendo al congres-‐so della CDU in questi giorni, ha voluto lanciare un monito al paese e sferzare il suo stesso partito, sostenendo, con una chiarezza per lei non usuale quando si parla di Europa, che il compito dell’attua-‐le generazione di politici è quello di com-‐pletare l’Unione economica e monetaria e di creare, passo dopo passo, l’unione po-‐litica. Recentemente, anche il ministro degli Esteri Guido Westerwelle leader del par-‐
tito alleato FDP, in un editoriale apparso sul giornale Tagesspiegel, ha voluto sotto-‐lineare che è necessario rafforzare le re-‐gole di stabilità riferendosi al debito del-‐l’Eurozona. E i Verdi hanno dedicato una mozione all’Europa nel loro congresso nazionale: il lea-‐der Cem Özdemir sostiene che sia ne ce s sa r i o un nuovo trattato tra Bruxelles e i suoi cittadini e che occorra discutere le riforme neces-‐sarie per mettere in moto il processo democratico. Martin Schulz, leader del gruppo socialdemocra-‐tico tedesco al Parlamento europeo, ha preso una posizione simile. Westerwelle
e il segretario genera-‐le della CDU Hermann Gröhe ritengono che le proposte di revisio-‐ne potrebbero essere pronte per l’approva-‐zione entro un anno. Finora le proposte più concrete sono sta-‐te avanzate dalla CDU e Westerwelle condi-‐vide alcune delle loro idee. La CDU suggeri-‐sce innanzitutto un rafforzamento del controllo da parte
dell’Unione sui bilanci degli Stati mem-‐bri, ed in particolare: il diritto di portare le violazioni al Patto di stabilità e crescita davanti alla Corte di giustizia europea; l'adozione di sanzioni più severe contro i paesi che violano ripetutamente i limiti
imposti alla cre-‐scita del debito, che vanno dal togliere loro il diritto di voto nel Consiglio Hino alla assegnazio-‐ne ad un com-‐missario UE del-‐la tutela di questi
paesi per quanto riguarda le politiche di austerità, arrivando a prevedere, nel caso di un processo di ristrutturazione per i paesi con gravi problemi del debito, nel-‐l’eventualità che un paese rischi di diven-‐tare insolvente, che il commissario per l’austerità abbia il diritto di intervenire nella politica Hinanziaria del paese; inHine sono a favore anche di una “exit clause”, che “faciliti” l’uscita dall’Eurozona dei paesi che non riescono a rispettarne le regole, modiHicando i trattati in modo da stabilire che l’uscita dalla moneta unica non implica (come avviene invece al momento) l’uscita dall’UE in quanto tale. L’accento è quindi, ancora una volta, po-‐sto soprattutto sulla necessità di rispet-‐tare i parametri preHissati nel Patto di stabilità come conditio sine qua non per rimanere nell’euro. Tant’è che, sul piano
La cancelliera tedesca Merkel so-stiene che il compito dell’attuale generazione di politici è quello di completare l’Unione economica e monetaria e di creare, passo do-
po passo, l’unione politica.
Proposte tedesche per l’integrazione europea
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istituzionale, per dare all'Unione maggio-‐ri capacità di azione in quelle aree in cui le decisioni del Consiglio dei ministri ri-‐chiedono ora l’unanimità, la CDU sembra ritenere che la maggioranza qualiHicata possa essere sufHiciente. Le proposte più avanzate riguardano invece la possibilità di riservare, all’interno del Parlamento europeo, alcune competenze, relative speciHicamente all’Eurozona, ai soli par-‐lamentari dei paesi di quest’area e l’ac-‐cenno comparso in alcuni casi alla even-‐tuale trasformazione del Meccanismo europeo di stabilità (ESM) in una sorta di Fondo monetario europeo. I Verdi sem-‐brano invece più attenti alla questione politica della legittimità democratica e chiedono un’unione Hiscale ed economica, nonché politiche più in linea con le esi-‐genze e la volontà dei cittadini. Ma per raggiungere questi obbiettivi il partito
propone una serie di mi-‐sure che includono la tra-‐sformazione della Com-‐missione europea in un governo economico con-‐trollato dal Parlamento europeo e l'idea di combi-‐nare in un’unica Higura le funzioni di presidente della Commissione euro-‐pea e del Consiglio euro-‐peo, facendolo eleggere direttamente dai cittadini dell’UE in occasione delle elezioni del PE. Quest’ul-‐tima è un’idea approvata con entusiasmo anche dal congresso della CDU nei giorni scorsi, ma nessuno sembra notare, per ora, la contraddizione tra questa proposta e l’esigenza di rafforzare in modo speci-‐Hico il governo dell’Euro-‐zona, che implica innanzi-‐tutto la necessità di trova-‐re le formule istituzionali per uscire dalla logica co-‐
munitaria a ventisette, che fa il gioco del-‐la Gran Bretagna e degli euroscettici, e costruire concretamente un nucleo fede-‐rale a partire dall’Eurozona all’interno della più vasta Unione.Il problema ul-‐teriore, inoltre, è che non tutti all’interno della coal iz ione di governo tedesca sono d'accordo all’idea di emendare rapidamente i trat-‐tati. Il partito alleato della CDU in Bavie-‐ra, l’Unione cristiano sociale, non è favo-‐revole all'idea di un rafforzamento del-‐l'Unione e alcuni membri del FDP pre-‐sentano posizioni euroscettiche. Il can-‐celliere Merkel e il Presidente Sarkozy sembrano consapevoli che, data la gravi-‐
tà della crisi e i tempi del processo di ratiHica, il meccanismo di revisione deve essere messo in moto al più presto. Le proposte avanzate però sono ondivaghe, e tendono sia a ritornare sempre nell'at-‐tuale quadro a ventisette, sia a mantene-‐re un’impostazione puramente intergo-‐vernativa, posizioni, entrambe, che ne impediscono l'attuazione. Ad esempio il Primo Ministro inglese David Cameron ha recentemente chiarito che per la Gran Bretagna non sono in programma emen-‐damenti ai trattati; e se in un lontano futuro tali cambiamenti dovessero essere presi in considerazione, essi dovranno innanzitutto prevedere la diminuzione di poteri di Bruxelles e non l’afHidamento all'Unione di maggiori competenze. Il ministro degli Esteri austriaco Michael Spindelegger, d’altro canto, recentemen-‐te ha detto che non può accettare una situazione in cui Germania e Francia tro-‐vano un accordo e si aspettano che gli altri seguano i loro passi. Anche il Primo Ministro irlandese Enda Kenny riHiuta una simile idea. Per questo motivo la Germania per prima, insieme alla Francia, per uscire dall’impasse dovrebbe fare una proposta concreta che preveda un rafforza-mento politico dell'integrazione in senso federale rivolto ai paesi dell'Eurozona che condividono gli stessi problemi: infatti, solo dandosi istituzioni federali l'Europa potrà
affrontare le cause profonde della cri-si. Questo primo nucleo di federa-zione, che dovreb-be essere aperto a quanti vogliano in seguito aderirvi, permetterebbe sia
di conservare le istituzioni dell'Unione per i paesi come l’Inghilterra o l’Irlanda che non vogliono andare oltre l’attuale acquis com-munautaire, ma al tempo stesso impedireb-be loro di bloccare il processo di integra-zione per il resto dell'Europa. Prima che sia troppo tardi.
Giulia Spiaggi
Chi pensa che non sia necessario trovare le formule istituzionali per uscire dalla logica comunitaria a ventisette fa il gioco della Gran Bretagna e degli euroscettici
Publius - Per un’alternativa europeaNumero 9 - Novembre/Dicembre 2011
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