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Publius Per un’Alternativa Europea Universitari per la Federazione Europea Numero 9 - Novembre/Dicembre2011 distribuzione gratuita Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani Il summit europeo del 26 ottobre indetto con lo scopo di far fronte all’acuirsi della crisi del debito sovrano in Europa, ha preso nuovi im portanti provvedimenti che, nell’intenzione dei leader europei, avrebbero dovuto arrestare le turbolenze dei mercati. Il compromesso rag giunto prevede di forzare le banche a rinunciare “volon tariamente” al 50% dei credi ti verso la Grecia, di incre mentare gli aiuti a quel paese, di stanziare 106 miliardi di euro per ricapitalizzare le banche europee e di elevare a mille miliardi il fondo sal vaStati. Alla Hine del vertice, Sarkozy si è presentato davanti alle televisioni francesi a reti uni Hicate per annunciare che a Bruxelles il mondo era stato salvato da una catastrofe. La risposta dei mercati è stata immediata e brutale: già il 28 ottobre, dopo la pubblicazio ne dei risultati del vertice, gli interessi per i buoni del teso ro italiani a 10 anni salivano al 6%, il tasso più alto dal l’inizio della crisi. Tre giorni dopo Papandreu annunciava il referendum greco sui risul tati del vertice e le borse mondiali subivano un nuovo tracollo. In effetti gli operato ri Hinanziari e Papandreu hanno subito capito che le decisioni prese dal vertice di Bruxelles non hanno cambia to la situazione degli Stati dell’Eurozona: non si sa an cora come i Paesi del Medi terraneo possono ripagare i loro debiti e risolvere la que stione del differenziale di competitività con gli Stati del nord e non si sa come l’Euro pa può tornare a crescere e vincere le sHide poste dal ri assetto degli equilibri eco nomici e politici mondiali. Sono ormai in molti a soste nere che la crisi non può es sere risolta e andrà sempre più peggiorando senza un grande progetto europeo che unisca al risanamento delle Hinanze pubbliche degli Stati più deboli un piano per lo sviluppo economico e dell’oc cupazione. Ma elaborare e realizzare questo programma non sta nelle possibilità dei vertici dei capi di Stato e dei ministri europei, mentre sia la Commissione che il Parla mento europei sono chiara mente fuori dal gioco. Il piano per portare l’Europa fuori dalla crisi non potrà mai es sere adottato e implementato senza sciogliere il nodo della legittimità democratica delle istituzioni europee. I provve dimenti necessari non posso no essere imposti da alcuni governi e parlamenti nazio nali sugli altri Paesi (deli neando, di fatto, una situa zione in cui alcune democra zie sono più "importanti" di altre) né, una volta presi, questi possono continuare ad essere messi in discussione all’interno dei singoli Stati richiamandosi alla necessità di legittimarli democratica mente. E’ invece urgente una nuova e decisa iniziativa poli tica che parta dai Paesi del l’Eurogruppo e che getti le basi per la creazione della Federazione europea attra verso un metodo democrati co costituente, per mostrare Indice pag.1 Editoriale Publius pag.2 Eurobond per un’Europa federale Gilberto Pelosi pag.4 Downgrade e debito pubblico: effetti economici e potere politico Nelson Belloni pag.7 Proposte tedesche per l’integrazione europea Giulia Spiaggi >> fondo pag. 2

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Publius - per una'alternativa europea. Numero 9, Novembre-dicembre 2011. Giornale degli studenti dell'Università di Pavia.

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pag.1    EditorialePublius

pag.2  Nobel  a  Obama?Giulia Spiaggi

pag.4  Compendio  del        politico  europeo  (part  II)

Davide Negri

pag.5  Il  nuovo  governo  tedesco  e  il  “nodo  di  Gordio”

Luca Lionello

pag.6  Storiche  elezioni  in  Giappone

Gabriele Felice Mascherpa  

PubliusPer un’Alternativa Europea

Universitari per la Federazione Europea Numero 9 - Novembre/Dicembre2011

distribuzione gratuita

Giornale degli studentidell’Università di Pavia.

Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi

e di domani

Il   summit   europeo   del   26  ottobre   indetto   con   lo   scopo  di   far   fronte   all’acuirsi   della  crisi   del   debito   sovrano   in  Europa,   ha   preso   nuovi   im-­‐portanti   provvedimenti   che,  nell’intenzione   dei   leader  europei,   avrebbero   dovuto  arrestare   le   turbolenze   dei  mercati.  Il  compromesso   rag-­‐giunto   prevede   di   forzare   le  

banche   a   rinunciare   “volon-­‐tariamente”  al  50%  dei  credi-­‐ti   verso   la   Grecia,   di   incre-­‐mentare  gli  aiuti  a  quel  paese,  di   stanziare   106   miliardi   di  euro   per   ricapitalizzare   le  banche  europee  e  di  elevare  a  mille   miliardi   il   fondo   sal-­‐va-­‐Stati.  Alla   Hine  del   vertice,   Sarkozy  si   è   presentato   davanti   alle  televisioni  francesi  a  reti  uni-­‐Hicate   per   annunciare   che   a  Bruxelles   il  mondo   era   stato  salvato   da  una  catastrofe.   La  risposta   dei   mercati   è   stata  immediata  e  brutale:  già  il  28  ottobre,   dopo   la  pubblicazio-­‐ne  dei  risultati  del  vertice,  gli  interessi  per  i  buoni  del  teso-­‐ro   italiani  a   10  anni   salivano  al   6%,   il   tasso   più   alto   dal-­‐l’inizio   della   crisi.   Tre   giorni  dopo   Papandreu   annunciava  il  referendum  greco  sui  risul-­‐tati   del   vertice   e   le   borse  mondiali   subivano   un  nuovo  tracollo.  In  effetti  gli  operato-­‐ri   Hinanziari   e   Papandreu  hanno   subito   capito   che   le  

decisioni  prese  dal   vertice   di  Bruxelles  non  hanno   cambia-­‐to   la   situazione   degli   Stati  dell’Eurozona:   non   si   sa   an-­‐cora   come   i   Paesi   del   Medi-­‐terraneo   possono   ripagare   i  loro  debiti  e  risolvere   la  que-­‐stione   del   differenziale   di  competitività  con  gli  Stati  del  nord  e  non  si  sa  come  l’Euro-­‐pa   può   tornare   a   crescere   e  vincere   le   sHide   poste   dal   ri-­‐assetto   degli   equilibri   eco-­‐nomici  e  politici  mondiali.  Sono   ormai   in  molti   a   soste-­‐nere  che   la   crisi   non  può   es-­‐sere   risolta   e   andrà   sempre  più   peggiorando   senza   un  grande  progetto  europeo  che  unisca   al   risanamento   delle  Hinanze   pubbliche   degli   Stati  più   deboli   un   piano   per   lo  sviluppo  economico  e  dell’oc-­‐cupazione.   Ma   elaborare   e  realizzare  questo  programma  non   sta   nelle   possibilità   dei  vertici  dei   capi  di  Stato   e  dei  ministri   europei,   mentre   sia  la   Commissione   che   il  Parla-­‐mento   europei   sono   chiara-­‐

mente  fuori  dal  gioco.  Il  piano  per   portare   l’Europa   fuori  dalla   crisi   non  potrà  mai   es-­‐sere  adottato  e  implementato  senza   sciogliere   il  nodo  della  legittimità   democratica   delle  istituzioni   europee.  I   provve-­‐dimenti  necessari  non  posso-­‐no   essere   imposti   da   alcuni  governi   e   parlamenti   nazio-­‐nali   sugli   altri   Paesi   (deli-­‐neando,   di   fatto,   una   situa-­‐zione   in   cui   alcune  democra-­‐zie   sono   più   "importanti"   di  altre)   né,   una   volta   presi,  questi  possono  continuare  ad  essere   messi   in   discussione  all’interno   dei   singoli   Stati  richiamandosi   alla   necessità  di   legittimarli   democratica-­‐mente.  E’   invece  urgente  una  nuova  e  decisa  iniziativa  poli-­‐tica   che   parta   dai   Paesi   del-­‐l’Eurogruppo   e   che   getti   le  basi   per   la   creazione   della  Federazione   europea   attra-­‐verso   un   metodo   democrati-­‐co   costituente,   per   mostrare  

Indicepag.1  Editoriale

Publius

pag.2  Eurobond  per  un’Europa  federale

Gilberto Pelosi

pag.4  Downgrade  e  debito  pubblico:  effetti  economici  e  potere  politico

Nelson Belloni

pag.7  Proposte  tedesche  per  l’integrazione  europea

Giulia Spiaggi

>>  fondo  pag.  2

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La  crisi  del  debito  sovrano  dell'area  euro  ha  messo   a  nudo   in  modo   drammatico   i  difetti   dell'attuale   assetto   istituzionale  dell'Unione  europea.   Il  sistema  di  gover-­‐nance   economica  concepito   a  Maastricht  non  si  è  mostrato  infatti  adatto  ad  affron-­‐tare   una   crisi   sistemica,  qual  è   quella   in  cui   ci   troviamo,   e   il   vuoto   decisionale  creato   dall'assenza   di   un   reale   governo  dell'Unione   è   stato   riempito   a   fatica   dal  farraginoso  metodo  comunitario.  

Messe  con  le   spalle  al  muro  dalla  gravità  della  situazione,   le   istituzioni  europee  si  sono  risolte  a  prendere  misure  drastiche,  impensabili   Hino   ad   un   paio   di   anni   fa.  Tuttavia,   le   evidenti   divisioni   interne   –  ideologiche,  politiche  ed  economiche  –,  e  il  costante  prevalere  di  interessi  naziona-­‐li  ed  elettorali  sui  sentimenti  di  solidarie-­‐tà   europea,   hanno   comportato   un'ecces-­‐siva   lentezza  nell'adozione   delle   decisio-­‐ni,   il  più  delle  volte  prese  quando  la  loro  

inefHicacia,   a   causa   dell'aggravarsi   della  crisi,   era   già  manifesta.  Questo   modo   di  agire,   reattivo   piuttosto   che   fattivo,   così  come   l'eccessivo   concentrarsi,   in  un  cre-­‐scendo  di  isteria  e  dogmatismo,  sulle  mi-­‐sure  di  austerità  e   consolidamento   delle  Hinanze   pubbliche,   hanno   accelerato   il  degradarsi   della   situazione,   trasforman-­‐do   il   problema   di   un   paese   il  cui   debito  pubblico   ammonta  a   circa   il   3%   del   PIL  dell'Eurozona,   la  Grecia,  in  una   pericolo-­‐sa  crisi  che,   come  in  un  inarrestabile  do-­‐mino,  ha  colpito  in  sequenza,  dopo  il  pae-­‐se   ellenico,   Irlanda,   Portogallo   e   Spagna  per   giungere   Hino  a   noi,   paese  fondatore  della   Comunità   europea   ed   una   delle  maggiori  economie  al  mondo,  ultimo  ba-­‐stione   difensivo   prima   del   collasso   dei  sistemi  bancari  francese  e  tedesco  e,  con-­‐seguentemente,  della  moneta  unica.Come  si  è  giunti  a  tutto  questo?  Se  si  trat-­‐ta   di   stabilizzare,   ed   eventualmente   ri-­‐durre,   il   rapporto   debito   pubblico-­‐PIL   di  un  paese   non  ci   si  può   concentrare   solo  sul  consolidamento  delle   Hinanze  pubbli-­‐che.   Anzi,   focalizzando   l'attenzione   solo  sulla   riduzione   del   disavanzo   pubblico,  attraverso  misure  di  austerità    e   tagli   al  bilancio,   dall'inevitabile   impatto   depres-­‐sivo  (la  recessione  in  Grecia  causerà  que-­‐st'anno   una   perdita   di   oltre   il   5%   del  

Eurobond per un’Europa federale

ai  cittadini  europei  e  al  resto  del  mondo  che  il  rilancio  del  progetto  politico   euro-­‐peo   è   possibile  e,   con  esso,   che  esiste   la  volontà   di   governare   democraticamente  e   a   livello   sovranazionale   l’uscita   dalla  crisi.L’aggravarsi  della   crisi  del  debito   sovra-­‐no  ha  di  fatto  posto   all’ordine  del  giorno  del   dibattito   e  del  confronto  politico   eu-­‐ropeo   il   tema   della   realizzazione   della  federazione  –  costruita  a  partire  dall’Eu-­‐rogruppo   –   nella   più   ampia   confedera-­‐zione   costituita   dall’Unione   europea.   Si  tratta   di   un   tema   che   ormai   non   viene  evocato   solo   dai   federalisti     europei,  ma  che  si   ritrova   in  analisi,  proposte   e  com-­‐menti   avanzati   con   sempre   maggiore  insistenza   da   personalità   politiche,   eco-­‐nomisti   e   giornalisti   e   su   cui  stanno   in-­‐cominciando   a   riHlettere   anche   alcuni  partiti   politici   (per   esempio   la   CDU   in  Germania  e  i  socialisti  europei).La   crisi   del   debito   sovrano   sta   di   fatto  spingendo   i  governi  e  le   istituzioni  verso  una   differenziazione   tra   il   quadro   deci-­‐

sionale  dell’Unione  e   quello   dell’Eurozo-­‐na,  cui  spetta  la  responsabilità  principale  nell’affrontare   la  crisi  (chi  decide  di  met-­‐tere   risorse   e  come   impiegarle   sono   nei  fatti   i   governi   e   i   parlamenti   nazionali  dell’Eurozona).  Si  tratta  di  una  tendenza,  che  ha   sempre  più  i   connotati  di  un  pro-­‐cesso   inarrestabile   verso   un   ulteriore  approfondimento   dell’integrazione   eco-­‐nomica,   Hiscale   e   politica   dei   Paesi   del-­‐l’Eurogruppo,   ma   che   richiede   anche  nuovi  strumenti  di  governo  e  di  controllo  democratico  a  livello   europeo  per  l’Euro-­‐zona,  distinti  dalle  istituzioni  dell’Unione  europea.   E’   per   questa  ragione   che   si   è  riaperto   in   Europa   il   dibattito   sulla   ri-­‐forma   delle   istituzioni   europee   tra   chi  vuole   afHidarsi   a   organismi   meramente  intergovernativi,  che  porterebbero   inevi-­‐tabilmente   a   un  direttorio   dei   paesi   più  forti,  chi  chiede  una  riforma  del  Trattato  di  Lisbona  e  chi  ipotizza  un  nuovo  tratta-­‐to   riservato   ai   paesi   dell’Eurogruppo.  Non  è  casuale  il  fatto  che  su  questi  temi  ci  si  interroghi  sulla  natura  e  sul  ruolo  delle  istituzioni   esistenti,   in   primo   luogo   del  Parlamento   europeo,   per   il   quale   si   in-­‐

comincia   apertamente   a   parlare   di   uno  suo   sdoppiamento   tra   i   parlamentari  eletti   nei   Paesi  dell’Eurozona   e   in  quelli  eletti  negli  altri  Paesi.La  crisi  del  debito  sovrano  sta  spingendo  la  classe  politica  e   i  cittadini  a  prendere  coscienza   della  necessità  di  passare  dal-­‐l’attuale  quadro  europeo  pre-­‐federale,  ad  un  quadro  federale,   indicando   l’obiettivo  della   realizzazione   di   una   federazione   a  partire   dall’Eurogruppo   nella   più   ampia  confederazione   dell’Unione,   attraverso  un  processo  democratico  costituente.  Chi  dice  di  volere  più  Europa,  più  sviluppo  e  più   democrazia,   deve   incominciare   ad  impegnarsi   concretamente   sul   terreno  della  mobilitazione   dell’opinione  pubbli-­‐ca   a   livello   europeo   per   ottenere   reali  trasferimenti  di  potere   dal   livello   nazio-­‐nale  al   livello   dell’Eurogruppo  nei  campi  della   Hiscalità,   del   bilancio,   della   politica  economica  e   della   politica  di  sicurezza  e  degli   esteri,   altrimenti   è   destinato   a   ri-­‐manere  prigioniero   e  vittima   dei   quadri  nazionali.

Publius

da  pag.  1  

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PIL),   si  cade  in  un  pericoloso  cir-­‐colo  vizioso,  nel  quale  i  tagli  stabi-­‐liti   in   base  a   un  determinato   an-­‐damento   economico   peggiorano  le  prospettive  di  crescita  futura  (o  aggravano   la   recessione),   ren-­‐dendo   necessaria   l'adozione   di  misure  aggiuntive  che  peggiorano  ulteriormente   l'andamento   del-­‐l'economia,  e  così  via.  Al  di   là  di  qualsiasi  considerazio-­‐ne  di  equità  e  giustizia  sociale,  che  pure  conta  molto,   anche  dal  puro  punto  di  vista  economico   le  misu-­‐re   adottate   vanno   quindi   nella  direzione  sbagliata.Se   senza   crescita   economica   le  Hinanze   pubbliche  non   si   consoli-­‐dano,   il   debito   non   si   riduce   e   la  crisi   dell'euro   non   rientra,   come  sostenere  lo  sviluppo?  È  Hin   trop-­‐po   evidente   che   lo   stimolo   al-­‐l'economia   non   può   arrivare   dai  singoli   paesi,   alle   prese   con   im-­‐portanti  problemi  di  bilancio.  Ed  è  proprio   per   questo   che   si   è   fatta  strada   l'idea   degli   Eurobonds.  Quella   di   emettere   euro-­‐obbliga-­‐zioni   per   Hinanziare   programmi   europei  di  investimento   pubblico   non  è   in  realtà  una  proposta  nuova  (ci  aveva  già  pensa-­‐to   Delors   nel  1993).  La  vera  novità  della  ultime  proposte,  che  trovano   in  Tremon-­‐ti  e  Juncker  la  massima  espressione  poli-­‐tica,  è  quella  di  attribuire  all'emissione  di  Eurobonds  la  doppia  funzione  di  stimolo  alla   crescita  e  di  ristrutturazione  dei  de-­‐biti  nazionali.   Da   un  lato,   trasferendo   il  debito   pubblico   nazionale   dei   paesi   in  crisi  a  livello  europeo  si  risolverebbe  una  volta   per   tutte   il   problema  delle   crisi   di  Hinanza   pubblica   dell'area   euro.   Dall'al-­‐tro,   Hinanziando   un   ampio   programma  europeo   di   investimenti   pubblici   in   in-­‐frastrutture,  ricerca  e  sviluppo   e  innova-­‐

zione   tecnologica,   si   sosterrebbe   la   cre-­‐scita   e   favorirebbe   la   transizione   verso  un  nuovo  modello  di  sviluppo   sostenibi-­‐le.   A   questa   soluzione   si   oppongono   in  modo  decisivo  la  Merkel  e  gli  altri  fautori  

del  consolidamento   a  oltranza  che  vedo-­‐no  come   fumo   negli  occhi   l'idea  di   risol-­‐vere  la  crisi  del  debito  con  la  creazione  di  nuovo   debito.  In  realtà,  a  livello   di  Euro-­‐zona,   il   rapporto   debito   pubblico-­‐PIL   è  inferiore   all'80%   e,   in   caso   di   robusta  

crescita   economica,   scenderebbe  rapidamente   sotto   il  limite  gene-­‐ralmente  accettato  del  60%.  Sen-­‐za   contare   che   l'indebitamento  per   la  produzione  di  beni  pubbli-­‐ci,   dei   cui   beneHici   godrebbero  anche   le   generazioni   future,   non  va   contro   quel   vincolo   di   solida-­‐rietà   intergenerazionale   che   im-­‐pone   di   far   pagare   i   costi   di   un  investimento   pubblico   a   coloro  che  beneHiceranno  dei  suoi  effetti.  L'emissione   di   euro-­‐obbligazioni  non  va  vista  però  come  il  punto  di  arrivo.  Rappresenta  anzi,   insieme  all'introduzione  di  una  tassa  sulle  transazioni   Hinanziarie   e/o   sulle  emissioni   di   Co2,   il   necessario  punto   di  partenza   per   il   comple-­‐tamento  di  quel  processo  di  uniHi-­‐cazione  politica  che,  passando  per  la   creazione   dell'Unione   Hiscale,  porterebbe   alla   nascita   della   Fe-­‐derazione   europea.   E’   proprio  questa   prospettiva   politica   che  permette   di   inquadrare   il   valore  profondo  di  un’innovazione  come  gli   Eurobonds,   e   questo   spiega  anche   in   quale   ottica   essa   debba  

essere   collocata  per  poter   superare  l’op-­‐posizione,  in  particolare,  dei  tedeschi.Nel  nuovo   ordine  mondiale   che   va   deli-­‐neandosi   le   potenze   emergenti,   BRICS   e  Cina,   si   offrono   di   sostenere   l'economia  europea  comprando   titoli  di  debito  pub-­‐blico.   Possiamo   accettare   il   loro   aiuto  senza  agire,  condannandoci  così  all'inevi-­‐tabile   declino.   O   possiamo   scegliere   di  fare   una  scelta   coraggiosa   quanto   inevi-­‐tabile,   quella   del   salto   federale,   e   ridare  un  futuro  al  continente  europeo.  I   costi   dell'incompiuta   costruzione   del-­‐l'unità   europea   sono   ormai   sotto   gli   oc-­‐chi  di  tutti.  Voi  da  che  parte  state?

Gilberto  Pelosi

L’emissione di Eurobonds ha la doppia funzione di stimolo alla crescita e di ristrutturazione

dei debiti nazionali

Scheda personaggio - Immanuel KantKant  è  vissuto  a  Königsberg,  nella  Prussia  orienta-­‐le,  dove  è  nato   il  22  aprile  1724  ed  è  morto  il  12  febbraio   1804.   E’   uno   dei   HilosoHi   più  importanti  nella  storia  del  pensiero  occidentale  e  nella  vita  è  stato   professore     di  matematica,   Hisica,  geograHia,  pedagogia,  logica,  metaHisica.Oltre  alle  opere  teoriche,  molto  più  note,   Kant   ha  scritto   anche  numerosi   testi  politici   e  di   HilosoHia  della  storia,   che  continuano  ad  essere  di  estrema  attualità.   In   particolare   in   alcuni   di   essi,   tra   cui  Idea  di  una  storia  universale  dal  punto  di  vista  co-­‐smopolitico  e  Per  la  pace  perpetua,  Kant  ha  teoriz-­‐zato   che   la   pace   possa   essere   deHinita   tale   solo  quando  coincide   con  la   “impossibilità  della  guer-­‐ra”,  e  che  quindi  sia  raggiungibile  esclusivamente  mediante  la  creazione  di  una  federazione  di  popoli.  Gli  Stati  do-­‐vranno  arrivare  ad  accettare  di  rinunciare  alla  propria  sovranità  assoluta  e  di  sottomettersi  ad  un  potere  comune  “repubblicano”  

(ossia   democratico,   nel   linguaggio   contempora-­‐neo),   fondato   su   leggi   condivise:   "Non   vi   è   altra  maniera   razionale   per   uscire   dallo   stato   naturale  senza  leggi,  che  è  stato  di  guerra,  se  non  rinunciare,  come  i  singoli   individui,   alla   loro   selvaggia   libertà  (senza  leggi),  sottomettersi  a  leggi  pubbliche  coatti-­‐ve  e  formare  uno  Stato  di  popoli,   ....   (ossia  una)  re-­‐pubblica  universale"  (  Da  Per  la  pace  perpetua).Inoltre,  l’eliminazione  di  ogni  possibilità  di  guerra  e  violenza  nei  rapporti  tra  gli  Stati  permetterà  an-­‐che  l’evoluzione  interna  verso  una  piena  democra-­‐zia,  creando   le   condizioni  per   un  comportamento  razionale  e  morale  da  parte  di  tutti   gli  uomini:  "Il  problema   di   instaurare  una   costituzione  civile  per-­‐fetta   dipende  dal   problema   di   creare  un   rapporto  

esterno   tra   gli  Stati   regolato   da   leggi,   e  non   si  può   risolvere  il  primo  senza  risolvere  il  secondo"  (Da  Idea  di  una  storia  universale  dal  punto  di  vista  cosmopolitico).

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Downgrade e debito pubblico: effetti economici e potere politico

Il   5  Agosto   2011   Standard   &   Poor's   ha  assegnato   un   rating   AA+     (rispetto   al  precedente   AAA)   ai   titoli   del   debito  pubblico   americano,   declassandoli   così  per  la  prima  volta  nella  storia  del  paese.  Le  ragioni  che  sono  state  addotte  fanno  riferimento   alla   continua   e   rapida   cre-­‐scita   del   debito   e   allo   stallo   politico   in  cui   si   trova   impantanato   il   Congresso  americano.  Questo   fatto   ha,   ovviamente,   suscitato  una  profonda  reazione  negli  Stati  Uniti:  Congresso   e  Casa  Bianca  hanno   reagito  indignati  allo   smacco,  accusando   l'agen-­‐zia   di   rating   di  avere  commesso   un  er-­‐rore  di  valutazione  pari  a  2000  miliardi  circa  le  stime  future.  Ma  molti  economi-­‐sti  (da  Krugman,  a  Beers,  Buffet,  ecc.)  si  sono   fatti   sentire   sostenendo   che   il  downgrade   non   avrebbe   avuto   effetti  reali  sul  mercato.  E  così  è  stato,  i  titoli  di  debito   americani   hanno   mantenuto   un  valore  stabile  nonostante  la  valutazione  peggiorata.  Riescono   ancora  a   Hinanzia-­‐re  titoli  a  30  anni,  ad  esempio.Per   capire   questi   fatti   bisogna   tenere  presente  sia  la  situazione  economico-­‐Hi-­‐nanziaria   americana,   sia   la   situazione  politica   globale.   Al   di   là,   infatti,   della  corretta   valutazione   del   debito   e   delle  

diatribe  politiche  interne  (Obama  è  con-­‐tinuamente  accusato  di  essere  colui  che  sta  distruggendo   l'America  e  continua  a  perdere   consenso)  si  può   effettivamen-­‐te  notare  che  la  condizione  statunitense  non  è  rosea:  la  crescita  in  questo  ultimo  anno  si  è  fermata  all'1,7%,  decisamente  al   di   sotto   delle   aspettative,   mentre   la  disoccupazione   è   al   9%,   alcuni   Stati  membri  versano   in  condizioni  disastro-­‐se,  come  la  California  e  l’Illinois,  e  il  de-­‐bito   federale   raggiunge  ormai   14,5   tri-­‐lioni  di  dollari.  Sul  piano  internazionale  gli  Stati  Uniti  devono   inoltre  fronteggia-­‐re   la   continua   crescita   dei   BRICS,   che  sono  ormai  protagonisti  importanti  del-­‐lo  scacchiere  internazionale.  La   Cina,   in  particolare,  che  detiene,  tramite  i  propri  fondi   sovrani,   1,6   trilioni   di   dollari   del  debito  degli  Stati  Uniti,   in  queste  condi-­‐zioni   fa   pesare   ulteriormente   i   propri  interessi   di   creditore   (arrivando   addi-­‐

rittura  a  declassare  a  propria  volta,  con  un  forte  gesto  simbolico,  il  debito  statu-­‐nitense   tramite   il  Dagong,   una   agenzia  di  rating  cinese  che  pur  non  costituendo  ancora   un   punto   di   riferimento   per   i  mercati  mondiali,  ha  una  valenza  politi-­‐ca  per  il  paese  asiatico).  In  poche  parole,  nonostante   gli   Stati   Uniti   abbiano   la  forza  per  riHinanziare  il  proprio  debito  a  costi   contenuti,   le  cause  del  downgrade  sembrano  essere  valide.  Così  valide  che  S&P  ha  stabilito  che  se  la  situazione  non  dovesse  migliorare   gli  Usa  rischiano   un  ulteriore  declassamento  ad  AA.  E  questo  porta   gli   stessi  economisti  che  avevano  previsto  uno  scarso   impatto  sui  mercati  del   primo   downgrade   a   sostenere   che,  se   anche  nel  breve  periodo   la   superpo-­‐tenza  americana  non  avrà  problemi  de-­‐gni   di   nota,   è   probabile   che   ne   debba  avere  in  futuro  se  la  situazione  non  do-­‐vesse  variare.A  cosa  è  dovuta  questa  situazione  appa-­‐rentemente   schizofrenica?   Una   delle  cause  sta  sicuramente  nel   potere   statuniten-­‐se  di  stampare  dollari  a   «piacimento»   (Con-­‐gresso   permettendo)  e   nel   contempo   di  avere  la  valuta  di  rife-­‐rimento   mondiale.   In   questo   modo   la  Federal  Reserve   Hinanzia   i   piani  del   go-­‐verno  e  nel  contempo  svaluta   il  cambio  del  dollaro   nei  confronti  delle  altre  mo-­‐nete,  cosa  che  indirettamente  comporta  

un   abbassamento   del   debito   pubblico  (ad  esempio,   se   il   dollaro   si   deprezza  rispetto   all'euro,   il  valore  del  credito   di  un  paese  dell'Eurogruppo   nei   confronti  degli  USA  diminuisce  di  valore).  Si  tratta  di  una   situazione  che,   ovviamente,   non  può   piacere  alla  Cina,  che  infatti  insiste  vigorosamente   sulla   necessità   di   una  riforma  del  sistema  monetario   interna-­‐zionale  che  faccia  perdere  agli  Stati  Uni-­‐ti   il  privilegio   della   valuta  di  riferimen-­‐to.  E  ormai  questa  posizione  è  sostenuta  anche   dal   Brasile,   dalla   Russia,   dall’In-­‐dia  e  dal  Sud  Africa;  ma  per  il  momento  si  tratta  ancora  solo  di  ipotesi  di  dibatti-­‐to.Per   il   momento   gli   USA   rimangono  quindi  una  grande  potenza  politica,  ed  è  proprio   questo   fatto   che   garantisce   i  tassi   ancora   favorevoli   dei   buoni   del  debito   pubblico   americano.   Ma   se   gli  Stati  Uniti,  come  è  molto  probabile,  non  riusciranno  a  mantenere  ancora  a  lungo  questo  tipo  di  egemonia  e  se  si  afferme-­‐

rà   un   nuovo   sistema  monetario  basato  sull'in-­‐troduzione  di  un  paniere  che  metta   tutte   le  valute  sullo   stesso   piano   nel  sistema   dei   cambi,   la  situazione   può   cambiare  

drammaticamente.   Senza   le   «pallottole  illimitate»  sparate  dalla  Federal  Reserve,  l’America   rischierebbe   una   seria   crisi  del  debito  che  si  diffonderebbe  a  catena  in  tutto  il  mondo.  

La crescita negli USA si è fermata all’1,7%, il debito federale raggiunge i 14,5

trilioni di dollari

La Cina detiene 1,6 trillioni di dollari del

debito degli Stati Uniti

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A  fronte  di  questa  situazione  di  debolez-­‐za  americana,   l'Europa  vive   a   sua   volta  una   drammatica   crisi   del   debito.   E   in  mezzo  a  questa  tempesta  l’Italia  è  il  pae-­‐se   più  a   rischio.   Non   è   un   caso,   infatti,  che   il   declassamento   del   debito   italiano  sia  avvenuto   a  solo  un  mese  e  mezzo  da  quello  USA.  Il  rating  italiano  è  crollato  ad  A,   e  le  motivazioni  di  Standard   &  Poor's  sono  state  analoghe:  debito  elevato  (e,  in  prospettiva,   insostenibile)   e   incapacità  politica.   Dopo   nemmeno   due   settimane  anche  Moody’s  ha  comunicato  un  down-­‐grade  dell’Italia  ad  A2  rispetto   al  prece-­‐dente  AA2.La   situazione   economico-­‐Hinanziaria   in-­‐terna  italiana  effettivamente  non  è  delle  

migliori:  una  crescita  del  PIL  previsto  ad  appena  lo  0,7%,  contro  un  deHicit  di  oltre  70  miliardi  di  euro  ed  un  debito   pubblico   di  quasi   2000   miliardi  che   rappresenta   il  119%     del   PIL.  Ma   il  punto   centrale   di  questo  downgrade  del  rating   italiano   (ana-­‐logamente  a  quanto  è  successo   con   quello  greco)   è   l’effetto   a  valanga   che   esso   ha   avuto   sui   mercati.  L’Italia  è   infatti   l’anello   più  debole  della  catena   che   lega   tutti   i   paesi   dell’euro:  troppo  indebitato  e  fermo  per  avere  pro-­‐

spettive   di   ripresa,   e   troppo   grande  per  poter   essere   salvato   dall’intervento   dei  partner.   Per   questo   non   solo   i   titoli   di  Stato  italiani  hanno  visto  crescere  i  tassi  di   interesse   (in   parallelo   all’aumento  dello   spread   rispetto   ai   Bund   tedeschi),  ma   tutte   le   borse  europee  hanno   subito  contraccolpi  durissimi  a  causa  del  preci-­‐pitare   della   Hiducia   nella   sopravvivenza  della  moneta  unica.La  crisi  italiana  del  debito  si  innesca  così  su  quella  di  tutta  l’Eurozona,  che,  invece,  è   una   crisi   politica,   molto   più   che   eco-­‐nomica.   E’   la   mancanza   di   un   governo  economico  dell’euro,  e  quindi  la  necessi-­‐tà   dell’unità   politica   dell’area   della   mo-­‐neta  unica,   che   rende   fragilissimi   i  suoi  membri.  E  mentre  gli  Stati  Uniti  fanno   la  loro   politica   e   riescono   ad   ignorare   il  downgrade,   almeno   per   qualche   tempo,  l'Italia   vede   avvicinarsi   due   attori   eco-­‐nomici   che  preferirebbe   evitare:  l'Fmi  e  la   Cina.   Due   proposte,   due   salassi.   La  Cina  ha  offerto   all’Italia,   tramite   il  China  Investment  Corporation,  il  fondo   sovrano  di  Lou  Jiwei,   un  contributo   nell'acquisto  dei   titoli   italiani   (non   facili  da   piazzare  ultimamente)  per  una  quota  che  va  dal  4  al  10%  del  debito  pubblico,  ossia  intorno  ai  100  miliardi  di  euro.  La  contropartita  richiesta  mostra   la   lungimiranza   strate-­‐gica   da   vera   superpotenza   della   Cina:  quote  di  partecipazione,   ancora  da   con-­‐cordare,   in   Enel   ed   Eni.   Confermando,  

quindi,   l’atteggiamento  generale  della  Cina  che,  sollecitata   nelle   ultime  settimane  dagli  europei  ad   entrare   nel   Fondo  europeo   di   stabilità   (il  EFSF)   ha   risposto   so-­‐stenendo  di  preferire  il  tramite  del  FMI   per   un  intervento   a   sostegno  dell’Europa    e  chieden-­‐

do   in   cambio   un   aumento   delle   proprie  quote   all’interno   del   Fondo   monetario  internazionale   e   la   partecipazione   nelle  imprese   leader   dei  vari   paesi   dell’Euro-­‐

In Italia la crescita previ-sta del PIL è appena dello 0,7%, contro un deficit di oltre 70 miliardi di euro. Il debito pubblico è di

2000 miliardi e rappre-senta il 119% del PIL

LA  GUERRA  DELLE  VALUTEIntroduce  Antonio  Mosconi,  

già  responsabile  dello  sviluppo  aziendale  Fiat,  amministratore  delegato  della  Teksid,  della  Impresit,  della  Toro  Assicurazioni  e  della  Utet  

membro  del  CESI  (Einstein  Centre  for  International  Studies)  e  del  World  Federalist  Movement

Presiede  Federico  Butti,  Presidente  nazionale  della  Gioventù  Federalista  EuropeaMartedì  6  Dicembre  2011ore  18.00  -­‐  Aula  Volta

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Nel   suo   libro   intervista,  Per   una   buona  ragione,   l’attuale   segretario  del  PD,  Pier  Luigi  Bersani,  dedica  un  intero  capitolo  all’  Europa,  per  spiegare  il  suo  punto  di  vista.  Bersani  risponde  alle  domande  di  Miguel  Gotor,  do-­‐cente  di  Storia  moderna  presso  l’Università  di  Torino,  e  di  Claudio  Sardo,  giornalista  politico  del  quotidiano  Il  Messaggero;  domande   che  mirano  a  solleticare   le  critiche  e  le  riHlessioni  sulla  situazione  dell’  Unione  europea  e  sulle   soluzioni  che  potrebbero  portarla  a   fare   “il   salto”  verso  una  vera  unità  politica.  Dopo  un  lungo  excursus  storico  sulle  condizioni  che  hanno  portato  l’Europa  al  punto  in  cui  si  trova  oggi,  Bersani  si  concentra  sul  fat-­‐to  che  l’integrazione  non  può  fermarsi  alla    moneta  e  alle  banche,  ma  de-­‐ve   arrivare   ad   avere   politiche   economiche,   sociali   e   infrastrutturali   co-­‐muni,   e   dunque   istituzioni   più   forti   che   colmino  il   deHicit   di  politica.   E’  quindi   il   tempo  di  rilanciare   l’idea  di  un’Europa   federale,   con  istituzioni  democratiche.  Proprio  questa,  secondo  Bersani,  è  la  grande  sHida  dei  pro-­‐gressisti:  guidare  il  rilancio  di  un  progetto  di  uniHicazione  europea,  rimet-­‐tendo  in  moto  l’Europa  politica.  Serve,   infatti,  un  nuovo  patto  di  volonte-­‐rosi,   che   può,  e   deve,   partire  dall’interno  dell’attuale  Unione:  un  gruppo  di  paesi  dentro  l’area  dell’euro,   disposti  a   realizzare  una  maggiore   inte-­‐grazione  e  a  dare  gambe  a  un  comune  processo  democratico,  che  dovreb-­‐be  Hirmare  un  accordo  e  stabilizzare  una  nuova  sovranità.  Bersani   crede  sia  giunto  il  tempo  di  delineare  un  nuovo  cerchio,  composto  magari  dai  membri  fondatori,  dai  paesi  iberici  e  da  qualche  altro  volonteroso  dell’area  dell’euro,  per  far  nascere  una  più  intensa  Europa  politica  e   trainare  così   l’intero  continente  verso  le  opportunità  e  le  responsabilità  che  ha  nel  mondo.  I  paesi  contrari  restino  pure  nel  cerchio  più  ampio,  ma  non  pretendano  di  fermare  anche  chi  vuole  andare  avanti,  rendendoli  complici  di  un  declino  europeo  complessivo.  L’analisi  del  segretario  del  PD  si  caratterizza  quindi  per  la  sua  capacità  di  andare  oltre   il  semplice  sguardo  europeista  e  di  analizzare  Hino  in  fondo  le  spinose  questioni  che  riguardano  il  futuro  del  nostro  continente  (e  del  nostro  paese).  

Segnalazioni Bibliografiche“Per una buona ragione” di Pier Luigi Bersani

(Ed. Laterza, 2011)

gruppo.   Da   parte   sua   l'Fmi   si   è   detta  disposta   ad  accrescere   il   proprio   inter-­‐vento   in   Europa,   e   in   particolare   nei  confronti   dell’Italia,   ma   dettando,   in  cambio,   condizioni   ferree   di   politica  economica.E   se   invece   l'Eurogruppo   si   unisse   e  diventasse  una   federazione?   Si  intrave-­‐drebbero   subito   due   vantaggi   eccezio-­‐nali.  Il  primo  relativo  al  tasso  di  interes-­‐se   del   debito,   che,   a   questo   punto,   sa-­‐rebbe  unico   europeo   e  sicuramente  più  basso   rispetto  a  quello   attuale,  perché   i  fondamentali   dell’Eurogruppo   nel   suo  insieme  sono  molto   più   solidi   e   imme-­‐diatamente  potrebbero  valere  come  tali.  

Il   secondo   riguarda   i   casi   oggi  praticamente   senza   speranza,  come   quello   greco,   ma   ancor   di  più   quello   italiano,   che   non   ver-­‐rebbero   affrontati,   come   oggi,  sulla  base  di  un  impegno  recipro-­‐co   a   sostenersi   da   parte   di   Stati  indipendenti  (e  quindi  animati  da  punti  di  vista  e  interessi  divergen-­‐ti,  con  opinioni  pubbliche  riottose  a   spendere   per   “gli   altri”);   ma  rientrerebbero   nel   quadro   della  solidarietà   isti-­‐tuzionalizzata  nel la   comune  

Federazione,   in   cui,  al  di  là  delle  modalità  scelte  per  intervenire  sui  singoli  casi,  vale  il  principio   dell’inte-­‐resse   comune,   e   non  si  creano  quindi  lace-­‐razioni   nel   consenso   dei   cittadini  delle  diverse   aree   (come   insegnano   gli   Stati  Uniti).Ma  esiste  un  terzo  vantaggio:  ed  è  che  la  Federazione   europea   diventerebbe   ca-­‐pace  di  agire  come  attore  della  politica  internazionale,   e   avrebbe   un   ruolo   di  leadership  cruciale  nella  deHinizione  dei  

nuovi   assetti   di   potere   globali;   questo  vale   sia   sul   piano   economico,   perché  con   piani   europei   per   la   crescita   e   lo  sviluppo   tornerebbe  credibile  un  nuovo  slancio   dell’economia   del   nostro   conti-­‐nente,   con   vantaggi   per   tutti;   sia   sul  piano   politico.   Si   tratta  di  una  prospet-­‐tiva   così   vera,   che   i   primi   tifosi   di   una  Federazione  europea  li  troviamo  in  Cina  e   negli   USA.   Come   ci   ricorda   Clinton,  riferendosi  alla   crisi   del  debiti  europei,  si  tratta  di  una  crisi  “che  nasce  dal  cuore  

dell'Europa  perché   i  suoi   Stati   hanno  creato   una  coopera-­‐zione   monetaria  debole   ma   stentano  a   diventare   gli   Stati  Uniti   d'Europa”.   Sta  a   noi   europei,   dun-­‐que,  saper  andare  in  quella   direzione,   e  

trasformare   la   crisi   drammatica   che   ci  sta  attanagliando  nella  grande  opportu-­‐nità  di   creare   Hinalmente   lo   Stato   fede-­‐rale  europeo:  a  partire  dai  paesi  dell’Eu-­‐rozona   che,   sotto   la   spinta   dell’emer-­‐genza,   devono   maturare   la   volontà   di  compiere  questo  salto  rivoluzionario.

Nelson  Belloni

E’ la mancanza di un go-verno economico dell’euro, e quindi la necessità del-

l’unità politica dell’area del-la moneta unica, che rende fragilissimi i suoi membri.

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La   necessità   di   una  riforma  istituzionale  e  di  un  nuovo  trattato  per  salvare  l’euro  e  rafforzare   politicamente   ed   economica-­‐mente   l’Eurozona   è   ormai   all’ordine   del  giorno  nell’Unione  europea.  Ma  istituzio-­‐ni   europee,   governi   nazionali   e   partiti  hanno   opinioni   diverse   sia   riguardo   al-­‐l’ampiezza   di   tali   riforme   sia  riguardo  al  metodo   e   agli   strumenti   con   i   quali   rea-­‐lizzarle.  In   questo   contesto,   la   Germania,   per   il  suo  ruolo  di  leadership  economica  e  poli-­‐tica  nel  processo  in  corso,  rimane   il  qua-­‐dro  da   seguire   con   la  massima   attenzio-­‐ne.   Qui   il  dibattito   è   aperto,   come   dimo-­‐stra  anche  il  congresso  della  CDU  appena  conclusosi;   e   uno   dei   punti   su  cui   sem-­‐brano   convergere   i   politici   di   ogni   cor-­‐rente  è  la  richiesta  di  una  nuova  conven-­‐zione   europea   per   superare   la   crisi.   La  convenzione   dovrebbe   essere   composta  da   rappresentanti  dei   parlamenti   nazio-­‐nali,  dei  governi,  del  Parlamento  europeo  e   della   Commissione,   e   dovrebbe   avere  l'incarico   di   riformare   gli   attuali   trattati  nel   più   breve   tempo   possibile.   Infatti   in  Germania  molti   sono   consapevoli   che   la  crisi  dell’euro   potrebbe  presto   diventare  crisi  dell’Unione  europea  e  che  quindi  dei  passi   istituzionali   sono   assolutamente  necessari.   Anche   la   Cancelliera   Angela  Merkel,  proprio  intervenendo  al  congres-­‐so   della   CDU   in  questi   giorni,   ha   voluto  lanciare   un  monito  al  paese  e   sferzare   il  suo   stesso   partito,   sostenendo,   con   una  chiarezza   per   lei   non   usuale   quando   si  parla  di  Europa,  che  il  compito  dell’attua-­‐le  generazione  di  politici  è  quello  di  com-­‐pletare  l’Unione  economica  e  monetaria  e  di  creare,  passo  dopo   passo,   l’unione  po-­‐litica.  Recentemente,   anche   il   ministro   degli  Esteri  Guido  Westerwelle  leader  del  par-­‐

tito  alleato   FDP,   in  un  editoriale  apparso  sul  giornale  Tagesspiegel,  ha  voluto  sotto-­‐lineare  che  è  necessario   rafforzare  le  re-­‐gole  di  stabilità  riferendosi  al  debito   del-­‐l’Eurozona.  E  i  Verdi  hanno  dedicato  una  mozione   all’Europa   nel   loro   congresso  nazionale:   il   lea-­‐der   Cem   Özdemir  sostiene   che   sia  ne ce s sa r i o   un  nuovo   trattato   tra  Bruxelles   e   i   suoi  cittadini   e   che  occorra   discutere  le   riforme   neces-­‐sarie   per   mettere  in  moto   il  processo   democratico.   Martin  Schulz,  leader  del  gruppo  socialdemocra-­‐tico   tedesco   al   Parlamento   europeo,   ha  preso   una  posizione   simile.  Westerwelle  

e  il  segretario   genera-­‐le  della  CDU  Hermann  Gröhe   ritengono   che  le  proposte  di  revisio-­‐ne   potrebbero   essere  pronte   per   l’approva-­‐zione   entro   un   anno.  Finora     le   proposte  più  concrete  sono  sta-­‐te   avanzate  dalla  CDU  e   Westerwelle   condi-­‐vide   alcune   delle   loro  idee.   La  CDU   suggeri-­‐sce   innanzitutto   un  rafforzamento   del  controllo   da   parte  

dell’Unione   sui   bilanci   degli   Stati   mem-­‐bri,   ed  in  particolare:  il  diritto  di  portare  le  violazioni  al  Patto  di  stabilità  e  crescita  davanti   alla   Corte   di   giustizia   europea;  l'adozione  di  sanzioni  più  severe  contro    i  paesi   che   violano   ripetutamente   i   limiti  

imposti   alla   cre-­‐scita   del   debito,  che   vanno   dal  togliere   loro   il  diritto   di   voto  nel  Consiglio  Hino  alla   assegnazio-­‐ne   ad   un   com-­‐missario   UE  del-­‐la  tutela  di  questi  

paesi  per   quanto   riguarda   le  politiche   di  austerità,  arrivando  a  prevedere,  nel  caso  di   un   processo   di   ristrutturazione   per   i  paesi  con  gravi  problemi  del  debito,   nel-­‐l’eventualità  che  un  paese  rischi  di  diven-­‐tare   insolvente,   che   il   commissario   per  l’austerità   abbia   il   diritto   di   intervenire  nella  politica  Hinanziaria  del  paese;  inHine  sono   a  favore  anche  di  una  “exit   clause”,  che   “faciliti”   l’uscita   dall’Eurozona   dei  paesi   che   non   riescono   a   rispettarne   le  regole,  modiHicando   i  trattati  in  modo  da  stabilire   che   l’uscita   dalla   moneta   unica  non   implica   (come   avviene   invece   al  momento)  l’uscita  dall’UE  in  quanto  tale.  L’accento   è  quindi,   ancora  una  volta,  po-­‐sto   soprattutto   sulla   necessità  di   rispet-­‐tare   i   parametri   preHissati   nel   Patto   di  stabilità   come   conditio   sine  qua   non   per  rimanere  nell’euro.  Tant’è   che,   sul  piano  

La cancelliera tedesca Merkel so-stiene che il compito dell’attuale generazione di politici è quello di completare l’Unione economica e monetaria e di creare, passo do-

po passo, l’unione politica.

Proposte tedesche per l’integrazione europea

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istituzionale,  per  dare  all'Unione  maggio-­‐ri  capacità  di  azione  in  quelle  aree  in  cui  le  decisioni  del   Consiglio  dei  ministri   ri-­‐chiedono  ora  l’unanimità,  la  CDU  sembra  ritenere   che   la   maggioranza   qualiHicata  possa   essere  sufHiciente.  Le  proposte  più  avanzate  riguardano   invece   la  possibilità  di   riservare,   all’interno   del   Parlamento  europeo,   alcune   competenze,   relative  speciHicamente   all’Eurozona,   ai   soli   par-­‐lamentari   dei   paesi  di   quest’area   e   l’ac-­‐cenno   comparso   in  alcuni  casi  alla  even-­‐tuale   trasformazione   del   Meccanismo  europeo  di  stabilità  (ESM)  in  una  sorta  di  Fondo   monetario   europeo.   I   Verdi   sem-­‐brano   invece   più   attenti   alla   questione  politica   della   legittimità   democratica   e  chiedono  un’unione  Hiscale  ed  economica,  nonché   politiche  più  in   linea   con   le   esi-­‐genze   e   la   volontà   dei   cittadini.   Ma   per  raggiungere   questi   obbiettivi   il   partito  

propone   una   serie   di   mi-­‐sure  che  includono  la  tra-­‐sformazione   della   Com-­‐missione   europea   in   un  governo   economico   con-­‐trollato   dal   Parlamento  europeo  e  l'idea  di  combi-­‐nare   in   un’unica   Higura   le  funzioni   di   presidente  della   Commissione   euro-­‐pea   e   del   Consiglio   euro-­‐peo,   facendolo   eleggere  direttamente   dai   cittadini  dell’UE  in  occasione   delle  elezioni   del   PE.   Quest’ul-­‐tima   è   un’idea   approvata  con  entusiasmo   anche  dal  congresso   della   CDU   nei  giorni  scorsi,   ma  nessuno  sembra  notare,  per  ora,   la  contraddizione   tra  questa  proposta   e   l’esigenza   di  rafforzare   in  modo   speci-­‐Hico   il   governo   dell’Euro-­‐zona,   che   implica  innanzi-­‐tutto  la  necessità  di  trova-­‐re   le   formule   istituzionali  per   uscire   dalla   logica  co-­‐

munitaria  a  ventisette,  che  fa  il  gioco  del-­‐la   Gran   Bretagna   e   degli   euroscettici,   e  costruire  concretamente  un  nucleo   fede-­‐rale   a   partire   dall’Eurozona   all’interno  della   più   vasta  Unione.Il   problema   ul-­‐teriore,   inoltre,  è   che   non   tutti  all’interno   della  coal iz ione   di  governo  tedesca  sono   d'accordo  all’idea  di  emendare   rapidamente   i   trat-­‐tati.   Il  partito  alleato  della  CDU   in  Bavie-­‐ra,   l’Unione  cristiano   sociale,  non  è   favo-­‐revole   all'idea   di   un   rafforzamento   del-­‐l'Unione   e   alcuni   membri   del   FDP   pre-­‐sentano   posizioni   euroscettiche.   Il   can-­‐celliere   Merkel   e   il   Presidente   Sarkozy  sembrano  consapevoli  che,   data   la  gravi-­‐

tà   della   crisi   e   i   tempi   del   processo   di    ratiHica,   il  meccanismo  di   revisione   deve  essere   messo   in  moto   al   più   presto.   Le  proposte  avanzate  però   sono  ondivaghe,  e  tendono   sia  a  ritornare  sempre  nell'at-­‐tuale  quadro  a  ventisette,   sia  a  mantene-­‐re   un’impostazione   puramente   intergo-­‐vernativa,   posizioni,   entrambe,   che   ne  impediscono   l'attuazione.   Ad  esempio   il  Primo   Ministro   inglese   David   Cameron  ha  recentemente  chiarito  che  per  la  Gran  Bretagna  non  sono  in  programma  emen-­‐damenti   ai   trattati;   e   se   in   un   lontano  futuro  tali  cambiamenti  dovessero  essere  presi   in   considerazione,   essi   dovranno  innanzitutto  prevedere  la  diminuzione  di  poteri   di   Bruxelles   e   non   l’afHidamento  all'Unione   di   maggiori   competenze.   Il  ministro   degli   Esteri   austriaco   Michael  Spindelegger,   d’altro   canto,   recentemen-­‐te   ha   detto   che   non   può   accettare   una  situazione  in  cui  Germania  e  Francia  tro-­‐vano   un   accordo   e   si   aspettano   che   gli  altri  seguano   i   loro   passi.  Anche   il  Primo  Ministro   irlandese   Enda   Kenny   riHiuta  una   simile   idea.   Per   questo   motivo   la  Germania  per  prima,  insieme  alla Francia, per uscire dall’impasse dovrebbe fare una proposta concreta che preveda un rafforza-mento politico dell'integrazione in senso federale rivolto ai paesi dell'Eurozona che condividono gli stessi problemi: infatti, solo dandosi istituzioni federali l'Europa potrà

affrontare le cause profonde della cri-si. Questo primo nucleo di federa-zione, che dovreb-be essere aperto a quanti vogliano in seguito aderirvi, permetterebbe sia

di conservare le istituzioni dell'Unione per i paesi come l’Inghilterra o l’Irlanda che non vogliono andare oltre l’attuale acquis com-munautaire, ma al tempo stesso impedireb-be loro di bloccare il processo di integra-zione per   il  resto   dell'Europa.   Prima  che  sia  troppo  tardi.

Giulia  Spiaggi

Chi pensa che non sia necessario trovare le formule istituzionali per uscire dalla logica comunitaria a ventisette fa il gioco della Gran Bretagna e degli euroscettici

Publius - Per un’alternativa europeaNumero 9 - Novembre/Dicembre 2011

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Puoi trovare Publius, oltre ai vari angoli dell’Università, anche presso: bar interno facoltà di Ingegneria, bar facoltà di Economia, mensa Cravino, sala studio San Tommaso, bacheca A.C.E.R.S.A.T cortile delle statue.Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani.Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribu-nale di Pavia del 19 Maggio 2009

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