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La memoria La memoria è la capacità di immagazzinare, ritenere e recuperare l’informazione.

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La memoria

La memoria è la capacità di

immagazzinare,

ritenere e

recuperare l’informazione.

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Metodi di studio

� Esperimenti in laboratorio

(inaugurati da Ebbinghaus, 1885)

� Ricerche in contesti naturali

(iniziate da Galton, 1883 e, soprattutto, da Bartlett,

1932).

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Tecniche di ricerca

� Resoconti personali

(questionari, diari ecc.)

� Misure oggettive

(riapprendimento, rievocazione, riconoscimento).

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Riapprendimento

Tecnica usata da Ebbinghaus nelle prime ricerche

sperimentali sulla memoria. Consiste nel far

riapprendere, dopo un certo intervallo temporale,

materiale appreso in precedenza e di cui il ricordo può

essere nullo o impreciso. La percentuale di tempo, o di

numero di prove, “risparmiata” tra il primo e il secondo

apprendimento costituisce la misura del ricordo del

materiale precedente.

Ebbinghaus dimostrò che il riapprendimento è in

funzione sia del tempo totale dedicato

all’apprendimento che della distribuzione dell’esercizio.

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La rievocazione si distingue in:

rievocazione libera, rievocazione seriale, rievocazione guidata.

� Nella rievocazione libera gli errori più frequenti sono:

omissioni, intrusioni, sinonimie; si verificano effetti di

posizione seriale: priorità (primacy) e recenza (recency).

N. B. La distribuzione dell’esercizio aumenta la capacità di

rievocazione.

� Nella rievocazione seriale il materiale deve essere ricordato

nella stessa sequenza con cui era stato presentato: sono

considerati errori, oltre a quelli della rievocazione libera, anche

gli item giusti ma rievocati in posizione sbagliata.

� Nella rievocazione guidata vengono forniti degli indizi utili

per recuperare il materiale da ricordare (di tipo semantico o

contestuale).

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Riconoscimento

Il soggetto deve identificare gli item da ricordare

distinguendoli dai distrattori.

Il riconoscimento può essere:

- continuo,

- a scelta binaria,

- a scelta multipla.

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Confronto fra

rievocazione e riconoscimento

In linea di massima è più facile

riconoscere che rievocare.

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Teoria dei due stadi

Per spiegare questo fenomeno (Kintsh, 1970): la

rievocazione comporta un processo di recupero

dell’informazione e uno di decisione circa

l’appropriatezza del risultato.

Il riconoscimento comporta solo il secondo

processo (conferme sperimentali: Barich, 1970;

Rabinowitz, Mandler e Patterson, 1977).

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Evidenze empiriche contrarie a tale teoria

• Esperimento di Watkins (1973) in cui la rievocazione

guidata si dimostrò superiore al riconoscimento.

Ad esempio: nelle coppie EXPLO-RE, SPANI-EL, il

secondo termine era più facilmente rievocato in presenza

del primo, che fungeva da cue, piuttosto che in un

compito di riconoscimento.

• Esperimento di Tulving e Thomson (1973):

fallimento del riconoscimento ma non della rievocazione

in coppie di parole con nesso associativo insolito

(automobile-luce, terra-freddo).

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Teoria della specificità di codifica

(Tulving, 1973, 1978)

In grado di spiegare tale fenomeno: un item da

ricordare è codificato in relazione al contesto in

cui è appreso e produce una traccia unica che

incorpora informazioni sia del target che del

contesto.

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La teoria della specificità di codifica è in grado di rendere

conto del ricordo dipendente dall’ambiente

(esperimento di Godden e Baddley su palombari, 1975),

dagli elementi associati allo stimolo

(studio di Thompson et al., 1982, sui segni particolari nel

riconoscimento di persone),

dallo stato fisico o emotivo

(studio di Bower, 1981, su mood e memoria)

e dalle conoscenze attivate nel momento

dell’apprendimento

(studio di Tulving e Thomson,1973).

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L’oblio

L’oblio concerne la perdita o l’impossibilità di

recuperare informazioni che un tempo si

possedevano.

Gli studi di Ebbinghaus hanno mostrato che

l’oblio è inizialmente molto rapido ma va

rallentando gradualmente fino a stabilizzarsi col

passare dei giorni (v. curva dell’oblio di

Ebbinghaus, pag. 167 del manuale).

Studi successivi hanno avuto risultati analoghi (ad

es. Bahrick et al., 1975).

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I fattori responsabili dell’oblio

possono intervenire al momento:

- della codifica

(per cui l’informazione non viene registrata),

- della ritenzione

- e del recupero del materiale da apprendere.

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Teorie dell’oblio

1. Decadimento della traccia mnestica

(Thorndike, 1913)

2. Interferenza

- retroattiva

- proattiva

(Jenkins e Dallenbach, 1924; Underwood,

1957; Wickens, 1972)];

3. Impossibilità del recupero

(Freud, 1915; Tulving, 1973, 1978).

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N.B.

Contrariamente a quanto è erroneamente scritto sul

manuale (pag. 170), l’interferenza retroattiva riguarda

l’effetto di danneggiamento esercitato dal materiale

appreso successivamente su quello appreso in

precedenza,

mentre

l’interferenza proattiva concerne l’effetto esercitato

dal materiale appreso prima su quello appreso dopo.

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N.B.

L’interferenza, studiata sperimentalmente

attraverso la rievocazione seriale, aumenta in

funzione della somiglianza del materiale da

ricordare.

I due tipi di interferenza possono agire in

concomitanza e costituiscono una possibile

spiegazione degli effetti di posizione seriale

(effetto priorità ed effetto recenza).

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Cause organiche di oblio

I danni cerebrali possono essere responsabili di

amnesia anterograda

(relativa agli eventi successivi al danno) o

retrograda

(concernente gli eventi accaduti in precedenza).

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Eventi emotivi traumatici

Essi possono essere

dimenticati o

rimossi.

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Fattori emozionali e memoria

• Il ruolo dei fattori emozionali sulla memoria ècontroverso. Alcune evidenze empiriche mostrano che gli eventi emotivi tendono ad essere ricordati piùfacilmente di quelli neutri.

•Studi condotti attraverso il diario: Linton, 1982 (durata: 6 anni); Wagenaar, 1986 (durata: 5 anni): gli eventi emotivamente salienti e peculiari sono quelli piùricordati (secondo Wagenaar anche il grado di piacevolezza influisce sul ricordo).

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• Studio sperimentale di Christianson e Loftus(1991): diapositive emotive sono ricordate piùfrequentemente di quelle neutre o insolite.

• Altre ricerche evidenziano che un’intensa attivazione emozionale ostacola l’accuratezza del ricordo. Studi di Clifford e Scott (1978) e di Loftus e Burnus (1982): filmati di rapine e di arresti con scene violente venivano ricordati peggio di quelli con scene meno violente.

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Applicabilità al rapporto emozionalità-memoria

della legge di Yerkes e Dodson (1908):

al crescere del livello di attivazione (arousal)

diminuisce la prestazione ottimale in compiti cognitivi

(andamento a U rovesciata):

vedi ansia da prestazione.

Gli eventi traumatici possono produrre effetti contrastanti:

ricordo vivido e dettagliato

(flash bulb memories, Brown e Kullick,1977)

o amnesia/rimozione

(Freud, 1915; Peters, 1988; Loftus e Ketcham, 1994).

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N.B.

La persistenza e la vividezza dei ricordi non

esclude che essi possano essere soggetti a

forme di distorsione sia immediata che

successiva:

- nel primo caso, esse sono plausibilmente

dovute ad errori percettivi inerenti allo choc,

- nel secondo alla natura intrinsecamente

“costruttiva” del ricordo:

studi di Terr (1988) su bambini vittime di un

sequestro in California; studi di Wagenaar e

Groeneweg (1988) sui sopravvissuti del lager

olandese Camp Erika.

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Le costruzioni della memoria come fonte di distorsione:

gli effetti degli schemi preesistenti e delle informazioni

acquisite a posteriori.

Ricerca di Frederick Bartlett (1932)

La guerra dei fantasmiUna notte due giovani di Egulac si recarono al fiume a caccia di foche, e

mentre si trovavano là, scese la nebbia e l'aria diventò stagnante. Udirono

allora grida di guerra, e pensarono: «Forse si tratta di una spedizione di

guerra». Scapparono verso la spiaggia e si nascosero dietro ad un tronco.

C'erano delle canoe che risalivano il fiume, ed essi potevano udire il

rumore delle pagaie, e videro che una canoa si dirigeva verso di loro.

Dentro c'erano cinque uomini ed uno di essi disse:

«Che cosa ne dite? Vogliamo portarvi con noi. Stiamo risalendo il fiume

per andare a far guerra alla gente».

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Uno dei due giovani disse: «Ma non possiedo frecce».

«Le frecce sono nella canoa», risposero.«Io non verrò. Potrei essere ucciso. I miei parenti

non sanno dove sono andato. Ma tu», disse, rivolgendosi all'altro, «potresti andare con loro».

Così uno dei due giovani andò, mentre l'altro tornò a casa.

E i guerrieri continuarono su per il fiume, fino ad una città all'altro lato del Kalama. La gente scese vicino all'acqua, incominciarono a combattere, e molti vennero uccisi. Ma ben presto il giovane sentì dire da uno dei guerrieri: «Presto, torniamo a casa: l'Indiano è stato colpito». Allora egli pensò: «Oh, sono fantasmi». Non sentiva dolore, ma essi dicevano che era stato colpito.

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Così le canoe ritornarono ad Egulac, ed il giovane alla sua casa sulla spiaggia, ed accese il fuoco. E raccontò a tutti: «Pensate, ho accompagnato i fantasmi e siamo andati a combattere. Molti dei nostri compagni sono stati uccisi, come pure molti di coloro che ci attaccarono. Essi dicevano che ero stato colpito, ma io non sentii affatto dolore».

Raccontò tutto questo e poi si calmò. Quando il sole sorse, cadde a terra. Qualcosa di nero gli venne fuori dalla bocca. Il suo volto si contrasse. La gente balzò in piedi e gridò.

Era morto.

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Risultati ottenuti da Bartlett

Nel rievocare una storia contenente informazioni relative a un contesto culturale diverso da quello dei soggetti dello studio, questi tendevano a dimenticare o a modificare gli elementi insoliti sostituendoli con altri a loro più familiari. Essi effettuavano cioè un’operazione di ricostruzione e rielaborazione del racconto in funzione dei loro schemi cognitivi.

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Esperimento di Elizabeth Loftus e J.C. Palmer

(1974)

Ai soggetti fu mostrato il filmato di un incidente

stradale. Al termine del film ad un gruppo fu chiesto di

valutare la velocità delle due auto quando si erano

scontrate; ad un altro gruppo di valutarne la velocità

quando si erano schiantate. I soggetti del secondo

gruppo fornirono una stima più elevata di quelli del

primo gruppo.

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• Una settimana dopo a tutti i soggetti fu chiesto di riferire se ricordavano di aver visto qualche vetro rotto nel filmato dell’incidente (in realtà nel film non se ne vedeva nessuno). I soggetti del gruppo in cui era stato detto che le auto si erano schiantaterisposero di aver visto dei vetri rotti con frequenza mediamente piùelevata di quelli del gruppo in cui era stato usato il termine scontrate. Questi risultati mostrano che le informazioni acquisite successivamente ad un evento possono influenzare la costruzione del ricordo ad esso relativo

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Struttura della memoria

Teoria modale o multiprocesso della memoria

(Atkinson e Shiffrin, 1968, 1971, 1977):

registro sensoriale,

memoria a breve termine,

memoria a lungo termine;

processi di controllo (codificazione, attenzione,

reiterazione, recupero) che governano l’elaborazione

dell’informazione entro ciascun deposito e il suo passaggio

da un comparto all’altro (v. modello di Atkinson e Shiffrin,

pag. 175 del manuale).

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Registro o memoria sensoriale

• Ha la funzione di conservare una traccia dell’informazione

sensoriale per brevissimo tempo - 500 ms per gli stimoli

visivi, 2 secondi per quelli uditivi - anche quando non vi si

sta prestando attenzione.

•In questo registro, a elevata capacità e a rapido

decadimento, l’informazione viene codificata in forma simile

allo stimolo originale ed è trattenuta fin quando non viene

selettivamente elaborata e ricodificata dalla MBT.

•Per quanto si ritenga che per ogni diverso sistema sensoriale

esista uno specifico registro di memoria sensoriale, solo

quelli relativi alla visione e all’udito (memoria iconica e

memoria ecoica) sono stati oggetto di ricerche sistematiche.

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Memoria iconica

Il primo a ipotizzarne l’esistenza fu George Sperling (1960),

nel corso di ricerche sulla percezione visiva, miranti ad

indagare quanti elementi di un’immagine presentata per

pochissimo tempo fosse possibile vedere.

Egli interpretò i risultati dei suoi studi (la capacità di

riferire una matrice di tre lettere su tre righe presentata per

50 ms migliorava nettamente passando dal procedimento a

resoconto totale a quello a resoconto parziale) avanzando

l’ipotesi che le lettere venivano lette attraverso una traccia

mnestica che decade velocemente.

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Per testare tale ipotesi, Sperling variò sistematicamente l’intervallo di tempo fra la scomparsa delle lettere e il segnale che dava inizio alla loro ripetizione nel procedimento a resoconto parziale e mostrò che all’aumentare dell’intervallo la prestazione dei soggetti peggiorava fino a essere uguale a quella ottenuta col procedimento a resoconto totale quando esso era pari a 500 ms.

In studi successivi, variando la luminosità del campo prima e dopo la comparsa delle lettere, egli rilevò che se le lettere vengono seguite da un flash di luce più intenso si verifica una compromissione della prestazione (effetto di mascheramento luminoso) per l’interferenza di un altro stimolo visivo.

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Gli esperimenti di von Wright (1970), condotti con la stessa procedura di Sperling ma mischiando lettere dell’alfabeto e numeri e chiedendo ai soggetti di riferire gli uni o le altre, mostrarono che in queste condizioni il compito era molto piùdifficile da eseguire, il che portò ad inferire che nella memoria iconica vengono conservate solo le caratteristiche fisiche deglistimoli senza che venga effettuata nessuna elaborazione semantica che consentirebbe di discriminarli in base alla loro appartenenza categoriale.

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N. B.

Mentre alcuni autori (ad es. Haber, 1983) ritengono che

la memoria iconica non abbia alcuna validità ecologica

perché nella vita quotidiana i tempi di fissazione sono

ben più lunghi di quelli tachistoscopici usati in

laboratorio, altri (ad es. Coltheart, 1983, Irwin et al.,

1990) sostengono invece che essa assolva l’importante

funzione di garantire la persistenza dello stimolo anche

mentre gli occhi si spostano da un punto all’altro della

scena visiva, facendo in modo che il sistema percettivoabbia un tempo minimo a disposizione per elaborare

l’informazione in entrata, consentendoci, così, una

visione del mondo integrata.

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Memoria ecoica

(Neisser, 1967; Cowen, 1984)

Ha caratteristiche analoghe a quelle della

memoria iconica: la traccia mnestica riproduce le

caratteristiche fisiche dello stimolo ed è soggetta

ad interferenza retroattiva da parte di stimoli

simili, ma ha tempi di permanenza più lunghi (2

o 3 secondi).

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Memoria a breve termine

Secondo il modello modale, costituisce un sistema di

elaborazione e di ritenzione dell’informazione - mediante un

codice prevalentemente fonologico (Conrad, 1964) - con

capacità limitata e per un periodo breve (dai10 ai 30 secondi,

senza reiterazione).

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•Miller (1956) definì il limite della capacità della MBT nel

“magico numero sette più o meno due”, ma già

Ebbinghaus (1885) era arrivato a un risultato analogo.

• L’ampiezza della MBT di un singolo individuo,

chiamata span di memoria, viene misurata tramite la

ripetizione seriale di una lista di stimoli, organizzata in

ordine crescente: il numero di stimoli che viene ripetuto

correttamente il 50% delle volte costituisce lo span di

memoria di quell’individuo. Lo span può essere

aumentato se si raggruppano le unità di informazione da

ricordare.

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MBT

• La reiterazione consente di allungare i tempi di permanenza dell’informazione nella MBT e il suo trasferimento nella MLT.

• Gli esperimenti di Brown (1958) e dei Peterson(1959) hanno mostrato che, impedendo la reiterazione mediante un compito distraente, la permanenza della traccia mnestica non superava i 18 secondi.

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Nella MBT la velocità di recupero dell’informazione è in

funzione del numero di item in essa contenuti.

II risultati di un esperimento di Sternberg (1966), in cui i

soggetti dovevano decidere, dopo aver visto liste di numeri

(da 1 a 6), se un numero presentato successivamente era

presente o meno nell’insieme iniziale, hanno mostrato che i

tempi di risposta variavano in funzione della lunghezza della

lista, in quanto ogni numero in più nella lista allungava il

tempo di risposta di circa 38 ms, e questo

indipendentemente dal tipo di decisione presa (positiva o

negativa). Sternberg ne inferì che tutti gli item venivano

esaminati in modo sequenziale, secondo un processo

esaustivo di esplorazione.

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N.B.

Secondo il modello modale, nella MBT confluisce

sia l’informazione proveniente dal registro

sensoriale (filtrata attraverso l’attenzione) che

quella proveniente dalla MLT (tramite il recupero).

Oltre ad essere caratterizzata da specifici processi

di controllo (ad es. codifica fonologica,

reiterazione, recupero), la MBT è al centro dei

processi di controllo che spostano l’informazione

da un comparto all’altro.

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Memoria a lungo termine

Nel modello modale la MLT si configura come un

magazzino a capacità e durata tendenzialmente illimitate:

secondo la maggior parte degli studiosi, infatti, l’oblio sarebbe

dovuto a interferenza o alla incapacità di recuperare

l’informazione e non al decadimento della traccia mnestica.

Tuttavia la velocità di immagazzinamento e di recupero è

limitata, contrariamente a quanto accade nella MBT.

La probabilità che l’informazione passi nella MLT è diretta

funzione del suo tempo di permanenza nella MBT. A

differenza che nella MBT, il cui codice è prevalentemente

fonologico, il codice principale di codifica nella MLT è quello

semantico.

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Prove a sostegno della differenziazione fra

MBT e MLT

1) Effetti di posizione seriale nelle prove di rievocazione libera: l’effetto recenza viene interpretato come conseguenza del perdurare degli ultimi item nella MBT, l’effetto priorità come conseguenza del passaggio dei primi item, che hanno potuto essere reiterati più volte, nella MLT, mentre gli item centrali subiscono gli effetti di interferenza proattiva e retroattiva

2) Il limite di ritenzione, nei compiti di misura dello span,

si aggira intorno a sette raggruppamenti di

informazione

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Prove a sostegno della differenziazione fra MBT e MLT

3) Evidenze neuropsicologiche: pazienti con lesioni cerebrali (ad es. il caso di H.M. descritto da Milner nel 1966 che era affetto da un’amnesia anterograda senza che fosse però compromessa la capacità di rievocazione immediata) o con disturbi neurologici mostrano un funzionamento dissociato della memoria.

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Critiche al modello modale

1) Evidenze neuropsicologiche: pazienti con MBT danneggiata ma con normali capacità di apprendimento a lungo termine (Shallice e Warrington,1970; Basso et al.,1982), pur mostrando un funzionamento dissociato della memoria, permettono di inferire che la sequenzialità nell’elaborazione dell’informazione non ènecessaria;

2) l’assunzione che il mantenimento di un’informazione

nella MBT attraverso la reiterazione assicuri il suo

trasferimento nella MLT non è stata provata;

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Critiche al modello modale

3) l’assunzione che la MBT si basi sulla codifica fonologica e la MLT su quella semantica è disconfermata da alcuni esperimenti (Baddeley e Levy, 1971) che hanno mostrato che anche in compiti di MBT i soggetti tendono a codificare semanticamente il materiale verbale.

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Per far fronte ai problemi sollevati dal modello

modale, sono state avanzate due proposte

teoriche:

- la riconcettualizzazione della MBT come

Memoria di lavoro

(Working Memory, (Baddeley e Hitch, 1974;

Baddeley, 1986, 1992)

- la teoria dei livelli di elaborazione

(Craik e Lockhart, 1972).

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Memoria di lavoro

Sebbene già nel modello modale la MBT si configurasse

come una memoria di lavoro temporanea che viene usata

nell’esecuzione di molti compiti cognitivi, questa ipotesi è

stata testata sperimentalmente da Baddeley e Hitch (1974,

1976) con la tecnica del compito doppio, partendo

dall’assunto che, data la limitata capienza della MBT, se essa

è impegnata in un compito che ne assorbe la capacità, allora

l’esecuzione di un’altra prestazione dovrebbe essere

compromessa.

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In uno studio fu chiesto a vari gruppi di soggetti di

eseguire compiti di ragionamento di differente

complessità

Ad esempio: verificare la correttezza delle frasi

“A segue B”

oppure

“B non è preceduto da A”

rispetto alle figure BA o AB

e di ripetere contemporaneamente delle sequenze di

numeri che variavano da 0 (gruppo di controllo) a 8.

Page 49: psicologia generale - la memoria.pdf

I risultati mostrarono che:

1) in ogni gruppo i tempi di risposta aumentavano in funzione

della quantità di numeri da ricordare, secondo quanto

previsto dall’ipotesi iniziale;

2) tuttavia, anche quando si trattava di ripetere una serie di 8

numeri, il compito di ragionamento veniva rallentato ma

non impedito;

3) la frequenza degli errori non aumentava in funzione del

carico di numeri da ricordare.

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Questi risultati, confermati da ricerche successive, hanno messo in discussione l’assunzione che la MBT, o memoria di

lavoro, sia un magazzino unitario e hanno portato Baddeley a elaborare un modello multicomponenziale della Memoria di

lavoro così articolato:

Page 51: psicologia generale - la memoria.pdf

Taccuino Esecutivo Circuito

visivo – spaziale centrale fonologico

L’esecutivo centrale è il sistema sovraordinato, a capacità limitata, che

presiede a tutte le operazioni cognitive intenzionali e che svolge funzioni

di coordinamento e di integrazione delle informazioni provenienti dal

circuito fonologico e dal taccuino visivo-spaziale i quali elaborano e

mantengono, rispettivamente, l’informazione verbale e acustica e quella

visiva e spaziale. Il circuito fonologico è, a sua volta, suddiviso in un

magazzino fonologico (che mantiene per un tempo brevissimo le tracce

del materiale verbale e acustico) e in un processo articolatorio (che

consente il consolidamento della traccia tramite la reiterazione).

Page 52: psicologia generale - la memoria.pdf

N.B.

La memoria di lavoro, così come la MBT nel

modello modale, elabora intenzionalmente, e per

un tempo limitato, materiali che provengono da

fonti percettive e dalla MLT, tuttavia, a differenza

di quanto previsto dal modello modale, secondo

Baddeley non è indispensabile che l’informazione

transiti o sia elaborata dalla memoria di lavoro per

essere trasferita nella MLT.

Page 53: psicologia generale - la memoria.pdf

Teoria dei livelli di elaborazione

Questa teoria afferma l’esistenza di diversi modi di

codificare l’informazione e di differenze qualitative fra i

codici mnestici. L’elaborazione preliminare concerne

le caratteristiche fisiche dello stimolo (intensità, frequenza,

forma ecc.);

il livello successivo concerne il riconoscimento e

l’identificazione del significato;

infine lo stimolo può essere ulteriormente elaborato se viene

inserito in un quadro concettuale più ampio o se viene

integrato con altre conoscenze già possedute.

Ciascun livello di analisi dà luogo a una differente traccia

mnestica la cui persistenza aumenta in funzione del grado di

profondità dell’elaborazione (Craik e Tulving, 1975).

Page 54: psicologia generale - la memoria.pdf

Rispetto al modello modale,

che faceva dipendere il trasferimento delle

informazioni in MLT dal tempo di permanenza

in MBT attraverso la reiterazione,

la teoria dei livelli di elaborazione

pone l’accento sulla qualità e la complessità della

codifica come fattore centrale per garantire il

passaggio del materiale in MLT.

Page 55: psicologia generale - la memoria.pdf

Esperimento di Craik e Tulving (1975)

Ai soggetti era chiesto di esaminare singole parole in

base a differenti livelli di analisi:

a) struttura fisica (es.: la parola è scritta in maiuscolo?)

b) analisi fonologica (es.: la parola fa rima con “porta”?)

c) analisi semantica (es.: la parola si riferisce a un

mammifero?)

d) analisi semantica approfondita (es.: la parola può

essere messa al posto dello spazio mancante nella

frase “quando manca ..... si fermano gli

elettrodomestici?”).

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I tempi di risposta mostrarono che i soggetti rispondevano tanto più rapidamente quanto più superficiale era l’analisi richiesta, ma una prova successiva di ricordo incidentale mostrò che le percentuali di ritenzione erano tanto più numerose quanto piùprofondamente le parole erano state analizzate (dal 18% per il primo compito al 96% per l’ultimo).

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Evidenze empiriche a sostegno della teoria dei livelli di elaborazione

Esperimento di Fergus Craik e Michael Watkins (1973)

Ai soggetti furono fatte ascoltare liste con un numero diverso di parole

con la consegna di scrivere, a lettura ultimata, l’ultima parola cominciante

per una data lettera. Per eseguire il compito bisognava tenere in mente

(nella MBT) l’ultimo vocabolo che cominciava con la lettera critica finché

non se ne fosse ascoltato un altro con la stessa lettera o fino al termine

della lista. Per variare il tempo di permanenza nella MBT delle parole

target, i ricercatori variarono il numero di vocaboli che si interponevano

fra una parola critica e l’altra o fra l’ultima parola critica e la fine della

lista. Poiché la consegna sperimentale non comportava la richiesta di

rievocare successivamente le parole critiche delle liste, i soggetti non

furono motivati a codificarle nella MLT.

Page 58: psicologia generale - la memoria.pdf

Tuttavia, alla fine della seduta, dopo un compito

distraente che aveva lo scopo di eliminare dalla MBT

l’ultima parola critica, ai soggetti fu chiesto, a sorpresa,

di riferire il maggior numero di parole critiche. I

risultati mostrarono che:

1. non esisteva nessuna relazione fra il tempo di

permanenza di una parola critica nella MBT e la sua

probabilità di essere rievocata nel test di MLT;

2. invece ciò che faceva aumentare tale probabilità era

l’essere messa per iscritto: indipendentemente dal

tempo in cui erano restate in MBT, infatti, le parole

che si ricordavano più facilmente erano quelle che

erano state scritte, mentre le altre si ricordavano con

molta più difficoltà.

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Studio correlazionale di John Bransford et

al. (1982) I

A due gruppi di scolari del quinto anno delle

elementari, uno con alto e l’altro con basso rendimento

scolastico, furono dati alcuni brani da studiare e poi fu

chiesto loro come si erano preparati. Gli allievi del

primo gruppo riferirono di essersi posti varie domande

sul contenuto dei brani, mentre quelli del secondo

gruppo si erano limitati a rileggerli più volte.

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Studio correlazionale di John Bransford et al. (1982) II

• Ad esempio, nel caso di un brano che descriveva due tipi di boomerang, uno capace di ritornare al lanciatore e l’altro no, gli studenti del primo gruppo si erano chiesti quale forma potesse avere il boomerang che non tornava indietro, perchécontinuasse a chiamarsi così ecc.

• I risultati di questa ricerca mettono in luce una correlazione tra lo studio basato sulla ripetizione elaborativa e un buon rendimento scolastico.

Page 61: psicologia generale - la memoria.pdf

Esperimenti sul campo condotti da

Marcia Heiman (1987)

I soggetti, studenti universitari, furono divisi in tre gruppi dalle

caratteristiche analoghe:

a quelli del primo gruppo fu fatto seguire un training di

apprendimento, basato sul mettere per iscritto una serie di

quesiti relativi al contenuto dei libri di testo e degli appunti

presi a lezione;

quelli del secondo gruppo erano aiutati solo nel ripasso delle

singole materie

quelli del terzo gruppo (di controllo) non ricevevano nessun

tipo di sostegno.

Agli esami, gli studenti del primo gruppo ricevevano in media

voti più alti di quelli ottenuti dagli allievi degli alti due gruppi.

Page 62: psicologia generale - la memoria.pdf

Esperimento di Gary Bradshow e John

Anderson (1982) I

A studenti universitari furono fornite delle informazioni in quattro

diverse forme di presentazione:

1. presentazione singola: ogni fatto era enunciato in un’unica frase a sé

stante (ad es., “Newton divenne emotivamente instabile e insicuro

come un bambino”);

2. il fatto era presentato insieme ad un altro che poteva costituirne la

causa (ad es., “Newton era nato da poco quando suo padre morì”);

3. il fatto era presentato insieme ad un altro che poteva rappresentarne

la conseguenza (ad es., “Newton cadde in una crisi profonda, irrazionale,

quando i colleghi misero in dubbio le sue teorie”);

4. il fatto era presentato insieme ad un altro totalmente scollegato con

esso (ad es., “Newton frequentò il Trinity College di Cambridge”).

Page 63: psicologia generale - la memoria.pdf

Esperimento di Gary Bradshow e John Anderson (1982) II

Una settimana dopo fu chiesto agli studenti quali eventi erano in grado di ricordare. I risultati mostrarono che i fatti ricordati più di frequente erano quelli presentati nella forma causale o consequenziale, mentre quelli presentati isolatamente oppure in forma scollegata si ricordavano molto più difficilmente. Ciò significa che un’informazione viene ricordata piùfacilmente quando è inserita in un contesto logicamente coerente.

Page 64: psicologia generale - la memoria.pdf

Esperimento di Craik e Tulving (1975): già descritto.

Esperimento di Andrea Halpern (1986)

A due gruppi di soggetti fu presentato un elenco di 44 titoli di

canzoni famose da imparare a memoria.

L’elenco del primo gruppo era organizzato secondo un criterio

gerarchico, per cui le canzoni erano suddivise in categorie

significative e poi in sottocategorie.

Nell’elenco del secondo gruppo i titoli erano distribuiti a caso.

Il test di memoria mostrò che i soggetti del primo gruppo

ricordavano molti più titoli di quelli del secondo gruppo. Nella

procedura di rievocazione i soggetti del primo gruppo

ricordavano innanzi tutto l’intestazione delle categorie e poi le

canzoni raggruppate in esse.

Page 65: psicologia generale - la memoria.pdf

Codificazione delle informazioni nella memoria a lungo termine

Insufficienza

della ripetizione

Ruolo della

elaborazione

Ruolo della

organizzazione

Ruolo della

visualizzazione

- Distinzione fra

due tipi di

ripetizione:

ripetizione di

mantenimento e

ripetizione di

codificazione

- Esperimento di

Craik e Watkins

- Studi su scolari

delle elementari

(Bransford et

al,1982) e su

studenti

universitari

(Marcia

Heiman,1987)

- Esperimento di

Bradshaw e

Anderson, 1982

- Esperimento di

Craik e Tulving,

1975

Raggruppamento Organizzazione

gerarchica

- Suo

utilizzo per

aumentare

l’estensione

della

memoria

per le cifre

- Confronto

tra esperti e

principianti

nel gioco

degli scacchi

-

Esperimento

di Halpern

(1986)

- Applicazione

al riassunto di

un testo

- Teoria del

codice duale di

Paivio,1971

- Come

occasione di

elaborazione e

raggruppamento

- Metodo della

parola chiave

Rielaborato da P. Gray, Psicologia,

Zanichelli, Bologna, 1997

Page 66: psicologia generale - la memoria.pdf

Sistemi di memoria a lungo termine

A partire dagli anni ‘70 del ‘900, la concezione della MLT

come un magazzino unitario si va sempre più

modificando a favore di una visione più complessa e

articolata. Attualmente si ritiene altamente plausibile il

modello emergente dagli studi di Tulving e Scachter

(1990), di Scachter (1992) e di Squire (1992) secondo cui

la MLT è suddivisa in vari sistemi.

Page 67: psicologia generale - la memoria.pdf

Memoria a lungo termine

Memoria esplicita

(dichiarita, conscia)

Memoria implicita

(non dichiarita, inconscia)

Memoria

degli episodi

(eventi specifici)

Memoria

semantica(fatti, conoscenze,

generali

Memoria

procedurale(capacità motorie,

abitudini, regole

tacite)

Effetti di un

condizionament

o classico(ad esempio,

reazioni emotive

condizionate)

Innesco(innesco

percettivo e

concettuale)

Rielaborato da P. Gray, Psicologia, Zanichelli,

Bologna, 1997

Page 68: psicologia generale - la memoria.pdf

L’innesco (priming)

Per innesco percettivo si intende l’effetto prodotto da uno stimolo

innescante sulla successiva capacità del soggetto di riconoscere lo

stesso stimolo presentato in un test. La procedura sperimentale tipica

prevede due fasi:

- nella prima (di addestramento) vengono presentati ai soggetti degli

stimoli innescanti che sono generalmente costituiti da parole o da

immagini di oggetti familiari.

- Nella seconda fase (il test vero e proprio), che può avvenire alcuni

minuti o alcuni giorni dopo la prima, viene presentata una serie di

stimoli, in cui sono contenuti anche quelli innescanti, in forma tale da

renderne difficile il riconoscimento: essi sono cioè presentati in modo

frammentato oppure sono proiettati su uno schermo per un tempo

talmente breve da essere difficilmente percepibili. I risultati mostrano

che gli stimoli innescanti sono percepiti più facilmente di quelli mai

presentati, ossia sono implicitamente riconosciuti.

Page 69: psicologia generale - la memoria.pdf

Esperimenti di Tulving e Schacter (1990)

Hanno rivelato che l’innesco percettivo non dipende dalla

memoria esplicita degli stimoli innescanti: dopo la fase di

addestramento, i soggetti furono sottoposti a due test, uno

di innesco (consistente nella procedura sopra illustrata) e

l’altro di riconoscimento esplicito, in cui veniva chiesto di

riconoscere le parole o le immagini presentate durante

l’addestramento. I risultati mostrarono che non c’era alcuna

correlazione tra la memoria esplicita e l’innesco.

Quest’ultimo era infatti altrettanto elevato sia per gli stimoli

che i soggetti non riconoscevano esplicitamente sia per

quelli che ricordavano di aver già visto. Di conseguenza,

l’innesco non dipende dalla memoria esplicita ma da quella

implicita.

Page 70: psicologia generale - la memoria.pdf

L’innesco concettuale agisce sul flusso conscio dei pensieri.

La procedura sperimentale tipica è analoga a quella

dell’innesco percettivo. Dopo aver visto parole o immagini

di oggetti comuni, i soggetti sono sottoposti a un test in cui

debbono elencare esemplari tipici delle categorie

concettuali proposte. Essi tendono a rispondere citando gli

stimoli innescanti: ad es., se viene richiesto di indicare

esponenti tipici della categoria uccello, i soggetti che hanno

avuto come stimolo innescante pinguino, forniscono più

facilmente questa risposta rispetto a quelli che non l’hanno

avuto. Anche l’innesco concettuale è indipendente dalla

capacità di riuscire a ricordare, in un test di memoria

esplicita, lo stimolo innescante. Esso è perciò dipendente

dalla memoria implicita.

Page 71: psicologia generale - la memoria.pdf

N.B.

L’esperimento di Eagle et al. (1966) può essere

considerato una dimostrazione di innesco concettuale,

poiché lo stimolo innescante

(il profilo di un’anatra inserito in un albero),

sebbene non percepito consciamente, aveva attivato il

concetto di anatra nella mente dei soggetti, come

rivelavano i disegni fatti successivamente.

Page 72: psicologia generale - la memoria.pdf

Rappresentazione delle conoscenze nella

Memoria a Lungo Termine

La rappresentazione delle informazioni verbali e

non verbali.

Il dibattito fra la teoria proposizionale e la teoria

analogica

In linea generale una rappresentazione è qualunque segno o

simbolo che sta al posto di (ri-presenta) qualcosa che non è

percettivamente presente. Le rappresentazioni possono

essere esterne (es. mappa geografica, cartina stradale,

diagramma, grafico, racconto, descrizione ecc.) o interne

(rappresentazioni mentali, ossia ricordi, pensieri,

immaginazioni ecc.).

Page 73: psicologia generale - la memoria.pdf

Le rappresentazioni esterne

si suddividono in:

� linguistiche

�pittoriche.

Page 74: psicologia generale - la memoria.pdf

Le rappresentazioni linguistiche

• Utilizzano simboli discreti (lettere o fonemi combinati

in parole, frasi ecc.) ed espliciti (es. per indicare la

relazione di sovrapposizione fra due oggetti si utilizzano

le parole su o sopra)

•sono organizzate in base ad un insieme di regole che

stabiliscono le combinazioni possibili fra i simboli (frasi

e periodi corretti grammaticalmente)

•sono astratte perché non hanno una relazione diretta

con la modalità percettiva da cui è tratta l’informazione

(il linguaggio può esprimere informazioni visive,

acustiche, tattili ecc.).

Page 75: psicologia generale - la memoria.pdf

Le rappresentazioni pittoriche

• Non hanno simboli discreti (non esistono regole precise

per la sua scomposizione e non esistono entità ultime come

le lettere o i fonemi), né espliciti (ad es. non esistono

simboli per indicare la relazione di sovrapposizione: essa è

implicitamente contenuta nel modo in cui sono disposti gli

oggetti)

•sono prive di regole precise che governino la

combinazione dei simboli (non solo mancano, come si è

detto, di simboli discreti ma, ad es., le parti di un disegno

possono essere combinate nei modi più diversi)

•sono concrete perché esprimono l’informazione in una

modalità sensoriale specifica (visiva).

Page 76: psicologia generale - la memoria.pdf

Sullo statuto delle rappresentazioni mentali

si è sviluppato un acceso dibattito

tra varie posizioni teoriche.

Negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso esso verteva sul

quesito se le rappresentazioni mentali, ritenute di natura

simbolica, fossero codificate in un unico formato o se

esse dovessero essere suddivise in rappresentazioni

linguistiche e rappresentazioni analogiche.

Page 77: psicologia generale - la memoria.pdf

Secondo i fautori della teoria proposizionale

(Anderson, 1978, 1985; Clark e Chase, 1972, 1974;

Dennett, 1981; Kintsch, 1972; Pylyshyn, 1973, 1981,

1984) tutte le informazioni, sia linguistiche che

percettive, vengono rappresentate mentalmente in un

unico formato, provvisto di un elevato grado di

astrazione e ordinato da un sistema di regole

sintattiche.

Questo modello è detto proposizionale perché le

regole di codifica dell’informazione sono analoghe a

quelle linguistiche.

Page 78: psicologia generale - la memoria.pdf

• Tuttavia le proposizioni non coincidono con nessun enunciato verbale di nessun linguaggio specifico: esse costituirebbero piuttosto un linguaggio universale e amodale, il mentalese(Fodor, 1975), vale a dire il linguaggio della mente, il codice delle attività cognitive umane.

• La sua forma logica può essere accostata al calcolo dei predicati(dove i nessi e le relazioni sono rappresentati come predicatie gli oggetti-entità come argomenti di questi predicati).

• Un esempio di rappresentazione delle conoscenze in MLT secondo questa teoria è il modello di rete associativa proposizionale elaborato da Anderson e Kintsch nel1974 (v. manuale, pag. 180).

Page 79: psicologia generale - la memoria.pdf

Secondo i fautori della teoria analogica (Paivio, 1971;

Shepard e Metzler, 1971; Shepard, 1978; Kosslyn, 1980,

1983), le informazioni visivo-spaziali (così come quelle

acustiche, tattili ecc., che però sono meno studiate) sono

codificate in MLT in modo da mantenere le stesse

proprietà strutturali o funzionali che possiedono nel

mondo reale.

Questo approccio si basa sulla teoria del codice doppio di

Paivio (secondo cui esisterebbero 2 sistemi di

rappresentazione, indipendenti ma interconnessi, che

regolano l’attività cognitiva: il sistema verbale, che

codifica, conserva e recupera l’informazione linguistica, e

il sistema non verbale, preposto alla rappresentazione

dell’informazione percettiva sotto forma di immagini

mentali).

Page 80: psicologia generale - la memoria.pdf

Teoria analogica ed immagini mentali

La teoria analogica, pur ammettendo che le informazioni verbali siano codificate in

forma proposizionale, ha teso a ribadire la specificità delle immagini mentali

sostenendo che esse sono una forma di rappresentazione con caratteristiche analoghe a quelle del mondo reale.

Page 81: psicologia generale - la memoria.pdf

Gli esperimenti di Shepard e Metzler (1971)

sulla rotazione delle immagini mentali

(v. manuale, pp 212-13)

e quelli di Kosslyn (1973, 1983)

sull’esplorazione mentale di mappe e disegni,

che hanno mostrato che il tempo per spostarsi

mentalmente fra due punti di una mappa variava in

maniera direttamente proporzionale alla distanza reale dei

due punti sulla mappa,

hanno costituito prove sperimentali importanti

a sostegno della teoria analogica.

Page 82: psicologia generale - la memoria.pdf

Accanto alle rappresentazioni proposizionali e a quelle

analogiche, Jonhson–Laird (1983) introduce il costrutto di

modelli mentali che è un tipo di rappresentazione con

punti di divergenza e di contatto con le prime due.

Diversamente dalle proposizioni, che constano di stringhe

di simboli e hanno una struttura arbitraria, i modelli mentali

possiedono una struttura analoga al corrispondente stato

del mondo che può variare da livelli minimi a livelli massimi

in funzione di ciò che viene rappresentato.

Diversamente dalle immagini mentali, un modello può

rappresentare anche nozioni astratte. Le immagini mentali

andrebbero concepite, secondo l’autore, come i correlati

percettivi dei modelli mentali.

Page 83: psicologia generale - la memoria.pdf

Sia la teoria proposizionale sia quella analogica

condividono il presupposto che

le rappresentazioni mentali siano simboliche e che

l’attività cognitiva sia costituita

da manipolazioni di simboli mediante

processi governati da regole.

Page 84: psicologia generale - la memoria.pdf

L’avvento del connessionismo (Mc Clelland e

Rumelhart, 1986) ha portato a rivedere questa concezione:

le reti neurali possono rappresentare le informazioni senza

ricorrere a simboli e riescono a modellizzare

comportamenti complessi senza l’uso di sistemi di regole.

Esse, che sono costruite in modo analogo all’architettura

cerebrale, permettono pertanto di ipotizzare che le

informazioni siano codificate anche nella memoria umana

sotto forma di rappresentazioni distribuite (Smolensky,

1988), sub-simboliche.

Altri sviluppi dell’approccio connessionistico mettono in

discussione il costrutto stesso di rappresentazione mentale

ma non verranno trattati in questa sede.

Page 85: psicologia generale - la memoria.pdf

Negli schemi seguenti

(tratti da M. Eysenck e M.T: Keane, Manuale di psicologia

cognitiva, Sorbona, Milano, 1995)

sono illustrate la suddivisione fra i vari tipi di

rappresentazioni e le differenze fra le rappresentazioni

linguistiche e pittoriche.

Page 86: psicologia generale - la memoria.pdf

ESTERNE INTERNE

PITTORICHE LINGUISTICHE SIMBOLICHE DISTRIBUITE

ANALOGICHE PROPOSIZIONALI

LINGUAGGIO IMMAGINE

“Il libro è sul

tavolo”

•SIMBOLI DISCRETI

•ESPLICITAHa bisogno di simboli

per indicare le relazioni

•GRAMMATICALE. Ci sono regole ben definite

per combinare i diversi tipi di simboli tra loro

•ASTRATTA

•NON CI SONO

SIMBOLI DISCRETI

•IMPLICITA

Non ci sono simboli separati per indicare le relazioni

•NON

GRAMMATICALE. Non

ci sono regole ben definite per la combinazione dei

diversi tipi di simboli

•CONCRETA

RAPPRESENTAZIONI

Page 87: psicologia generale - la memoria.pdf

Il codice semantico della MLT

Esperimento di Jacqueline Sachs (1967)

Ascolto di un brano in prosa e lettura successiva di una serie

di frasi chiedendo se ognuna compariva in modo uguale nel

brano. Le frasi modificate erano riconosciute come diverse

dalle originali quando cambiava il significato ma non quando

differivano solo le parole, a meno che non si trattasse

dell’ultima frase del brano di cui veniva riconosciuta la

diversità dall’originale anche se venivano cambiate solo le

parole. Questi risultati, e altri analoghi, hanno fatto inferire

che il codice di codifica della MLT è semantico, mentre

quello della MBT (in cui sono ancora conservate le ultime

frasi dei brani) è fonologico.

Page 88: psicologia generale - la memoria.pdf

Esperimento di Janice Keenan (1977)

Test di memoria a sorpresa 30 ore dopo che si era svolto un

incontro informale fra professori e studenti di psicologia.

Ai partecipanti fu chiesto di riconoscere, all’interno di un

elenco, le frasi identiche a quelle pronunciate durante la

riunione.

I soggetti ricordavano testualmente le frasi ad alto contenuto

di interazione (quelle in cui si esprimeva qualcosa di molto

personale o in cui si usavano formulazioni molto efficaci).

Page 89: psicologia generale - la memoria.pdf

Rappresentazione dei concetti

(vedi manuale, pagg. 205-207)

In senso generale un concetto è un contenuto o un

oggetto mentale, frutto di un criterio di classificazione (o

categorizzazione) del mondo.

Page 90: psicologia generale - la memoria.pdf

Dal punto di vista psicologico,

i concetti assolvono tre funzioni principali:

1. Favoriscono l’economia cognitiva (Collins e Quillian, 1969; Rosch,

1978) riducendo la quantità di informazioni da percepire,

apprendere, ricordare, trattare ecc. – es. non ricordo tutti i cani

visti, ma solo alcuni che rappresentano la categoria.

2. Favoriscono inferenze (Bruner, Goodnow, Austin, 1956) mettendo

in relazione informazioni percettive e non percettive: dato il

concetto cane, posso inferire le sue proprietà (es. abbaiare),

anche se esse non sono al momento percepibili. In virtù di

questa proprietà i concetti ci forniscono aspettative e fungono

da guida per le nostre azioni.

3. Sono associabili per formare concetti complessi e pensieri (Osherson e

Smith, 1981): es. dall’associazione di due concetti semplici (lupo

e mordere) si forma il pensiero: il lupo può mordere.

Page 91: psicologia generale - la memoria.pdf

Teorie dei concettiTeoria degli attributi definitori (detta anche teoria classica):

secondo tale teoria, di matrice aristotelica, ma che deve molto al lavoro del logico G. Frege (1892), un concetto èdefinito da un insieme necessario e sufficiente di attributi e presenta una intensione – le caratteristiche che lo definiscono – ed una estensione - il suo campo di applicabilità.

Ad es. il concetto “numero primo” è definito dalla proprietà della “divisibilità per 1 e per se stesso”(intensione) e di conseguenza tutti i numeri che presentano tale requisito, e solo essi, fanno parte della categoria “numeri primi” (estensione).

Page 92: psicologia generale - la memoria.pdf

Teoria degli attributi definitoriNella definizione stessa di un concetto sono cioè implicati i

criteri in base ai quali è possibile stabilire quali sono i membri che rientrano nella categoria da esso designata. In conformità con tale teoria i concetti hanno confini precisi, sono cioè chiaramente distinguibili gli uni dagli altri, e non presentano ambiguità circa l’attribuzione dei membri che sono inoltre tutti ugualmente rappresentativi della categoria: un numero o è primo o non lo è, e 7 è un numero primo alla stessa stregua di 3, 11 ecc. La teoria prevede che i concetti possano essere ordinati gerarchicamente, come nelle tassonomie: in tal caso, gli attributi definitori di un concettopiù specifico (ad es. canarino) includono tutti quelli del concetto ad esso sovraordinato (uccello).

Page 93: psicologia generale - la memoria.pdf

I concetti presentano gradi diversi di complessità a

seconda dei criteri da cui sono definiti:

� concetti semplici

(definiti da un solo criterio; es. numero pari);

� concetti congiuntivi

(definiti da più criteri che devono essere compresenti; es.

madre);

� concetti disgiuntivi

(definiti da un insieme di criteri che possono o meno

essere compresenti dal momento che uno solo di essi è

sufficiente a stabilire l’appartenenza categoriale; es.

votante iscritto).

Page 94: psicologia generale - la memoria.pdf

L’esperimento di Bruner, Goodnow, Austin (1956),

in cui i soggetti furono in grado, attraverso diverse

strategie, di inferire le regole con cui gli sperimentatori

avevano categorizzato gli stimoli presentati loro,

costituisce una delle prove classiche a sostegno di tale

teoria.

Page 95: psicologia generale - la memoria.pdf

Critiche alla teoria degli attributi definitori

Wittgenstein (1953): i concetti quotidiani non hanno una

struttura definizionale ma una più debole poiché mancano

talvolta di criteri di raggruppamento univoci e di confini chiari

Esempio: In quale categoria può essere inserito il concetto di gioco?

I vari tipi di gioco sono raggruppabili in base ad “una

somiglianza di famiglia” piuttosto che in virtù della

condivisione di attributi comuni.

N.B. Questa obiezione costituisce la base per le successive

critiche alla teoria classica basate su una serie di risultati

sperimentali che ne disconfermavano le previsioni ((Rosch,

1973, 1975); Smith, Shoben e Rips (1974); Mc Closkey e

Glucksberg, 1978).

Page 96: psicologia generale - la memoria.pdf

Teoria del prototipo• Secondo tale teoria, formulata in primis da Eleanor Rosch, le

categorie non sono entità logiche definite da un insieme di condizioni

necessarie e sufficienti, ma sono strutturate attorno ad un prototipo,

l’esemplare o l’immagine astratta che meglio ne rappresentano le

caratteristiche.

• Rosch (1977): Il prototipo è l’esemplare reale che possiede il

maggior numero di caratteristiche condivise dai membri di una

categoria.

• Smith, Shoben e Rips (1974): Il prototipo rappresenta un’astrazione,

cioè l’insieme delle caratteristiche più frequenti di una categoria.

Le caratteristiche che definiscono un prototipo sono

percettivamente salienti.

L’appartenenza di un esemplare alla categoria sarebbe decisa

dal grado di similarità con il prototipo.

Page 97: psicologia generale - la memoria.pdf

Gli esemplari più prototipici hanno in comune un maggior

numero di attributi rispetto ai membri più periferici che

condividono alcune caratteristiche con i membri di

concetti adiacenti:

ERGOl’attribuzione categoriale per i casi limite non è univoca.

Page 98: psicologia generale - la memoria.pdf

Secondo la teoria del prototipo, i concetti presentano, a

livello orizzontale, una struttura interna (o gradualità) –

costituita dai diversi livelli di appartenenza dei membri,

cioè dal grado in cui essi sono buoni esempi del concetto -

e confini sfumati (fuzzy).

A livello verticale le categorie (termine usato in maniera

intercambiabile con concetto) sono disposte in una

classificazione gerarchicamente organizzata che

comprende tre livelli:

1) sovraordinato,

2) di base,

3) subordinato.

Ognuna delle tre categorie ha

una struttura interna (o gradualità) e confini sfumati.

Page 99: psicologia generale - la memoria.pdf

Le categorie basic sono quelle che organizzano nel modo

più economico la maggiore quantità di informazione:

pertanto sono le più usate nella vita quotidiana, vengono

apprese per prime e sono elaborate in modo più rapido e

veloce rispetto alle altre (Rosch et al. 1976).

Esse inoltre presentano il più alto grado di correlazione

degli attributi al loro interno e il maggior numero di

attributi distintivi che non sono condivisi da altre

categorie basic (es. il concetto di cane è più nettamente

distinto da quello di gatto di quanto non lo sia un

bassotto da un setter).

Page 100: psicologia generale - la memoria.pdf

N.B.

Il livello basic dell’organizzazione concettuale può

variare in funzione della conoscenza, delle differenze

individuali e culturali.

Ad esempio: per le persone non esperte “uccello” è un

livello basic mentre non lo è “mammifero” anche se

nella tassonomia zoologica essi sono entrambi delle

classi e verrebbero quindi considerati entrambi concetti

sovraordinati da uno zoologo.