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PROGRAMMA PASTORALE 2015/2016 ALZATI A MANGIA, IL CAMMINO È TROPPO LUNGO PER TE(1Re 19,7) Nutriti e corroborati dall’Eucaristia e dai Sacramenti

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PROGRAMMA PASTORALE

2015/2016

“ALZATI A MANGIA, IL CAMMINO È TROPPO LUNGO PER TE”

(1Re 19,7)

Nutriti e corroborati dall’Eucaristia e dai Sacramenti

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Nella Costituzione conciliare sulla sacra liturgia ‘Sacrosanctum

Concilium’, al n° 59, si legge: “I sacramenti sono ordinati alla

santificazione degli uomini, alla edificazione del corpo di Cristo e, infine,

a rendere culto a Dio; in quanto segni hanno poi anche un fine

pedagogico. Non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi

rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono; perciò vengono

chiamati « sacramenti della fede ». Conferiscono certamente la grazia, ma

la loro stessa celebrazione dispone molto bene i fedeli a riceverla con

frutto, ad onorare Dio in modo debito e ad esercitare la carità. È quindi di

grande importanza che i fedeli comprendano facilmente i segni dei

sacramenti e si accostino con somma diligenza a quei sacramenti che sono

destinati a nutrire la vita cristiana”

In questo ultimo tratto del nostro Progetto Pastorale, dopo aver riflettuto

sulla comune chiamata alla santità, dopo aver riconosciuto la fondamentale

importanza della misericordia di Dio senza la quale non potremmo vivere,

dopo esserci confrontati con il dono e l’impegno della comunione e, infine,

dopo esserci confrontati con il Libro delle Sacre Scritture e averlo rimesso

al centro della nostra vita come punto di riferimento assoluto, in questo

anno pastorale 2015/2016 vogliamo mettere a tema una dimensione

essenziale della nostra vita cristiana, la dimensione sacramentale. Parliamo

di ‘dimensione sacramentale’ perché, in questa nostra breve riflessione,

l’obiettivo sarà quello non di offrire un’introduzione ai singoli Sacramenti,

ma quello di fornire alcune coordinate per una comprensione sintetica di

questi ‘segni’ che accompagnano l’esperienza cristiana di ogni battezzato.

Lo scopo sarà, allora, quello di introdurre la realtà del Sacramento come

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un aspetto fondamentale del vivere cristiano, colto, però, nella sua duplice

dinamica di segno efficace della grazia e azione di Cristo e di atto vissuto

nella fede, come realtà che ci permette di vivere l’incontro con Gesù

risorto attraverso la mediazione ‘fisica’ di una serie complessa di gesti e di

parole, come ‘vissuto’ che si fa esperienza nella nostra comunità ecclesiale

grazie alla presenza e all’azione dello Spirito Santo.

In sintesi, allora, l’obiettivo specifico di questo quinto anno del nostro

percorso diocesano potrebbe essere così enucleato: “Approfondire la

natura sacramentale dell’esperienza di fede, affinché la celebrazione del

Mistero Eucaristico e tutte le altre celebrazioni sacramentali siano

vissute come gesti di fede, che contribuiscano, in modo decisivo, ad

irrobustire e a nutrire la fede e che conducano coloro che vi partecipano

ad ‘esprimere nella vita quanto hanno ricevuto nella fede’ (cfr.

Costituzione ‘Sacrosanctum Concilium’, n° 10), cioè a vivere in modo

conforme al significato dei sacramenti celebrati e ricevuti”. In definitiva,

il nostro scopo dovrebbe essere quello di aiutarci e stimolarci a ricercare le

condizioni concrete per cui ogni singola celebrazione possa raggiungere il

massimo della sua ‘verità’ e significatività nelle specifiche e diverse

circostanze in cui viene vissuta da coloro che vi partecipano. Papa

Francesco, nell’udienza generale del 5 febbraio 2014 in Piazza San Pietro,

così si è espresso: “Dunque la celebrazione eucaristica è ben più di un

semplice banchetto: è proprio il memoriale della Pasqua di Gesù, il

mistero centrale della salvezza. «Memoriale» non significa solo un

ricordo, un semplice ricordo, ma vuol dire che ogni volta che celebriamo

questo Sacramento partecipiamo al mistero della passione, morte e

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risurrezione di Cristo. L’Eucaristia costituisce il vertice dell’azione di

salvezza di Dio: il Signore Gesù, facendosi pane spezzato per noi, riversa

infatti su di noi tutta la sua misericordia e il suo amore, così da rinnovare

il nostro cuore, la nostra esistenza e il nostro modo di relazionarci con Lui

e con i fratelli. È per questo che comunemente, quando ci si accosta a

questo Sacramento, si dice di «ricevere la Comunione», di «fare la

Comunione»: questo significa che nella potenza dello Spirito Santo, la

partecipazione alla mensa eucaristica ci conforma in modo unico e

profondo a Cristo, facendoci pregustare già ora la piena comunione col

Padre che caratterizzerà il banchetto celeste, dove con tutti i Santi avremo

la gioia di contemplare Dio faccia a faccia”

Nel tentativo di offrire alcuni spunti di riflessione in ordine a questa

consapevolezza della sacramentalità della nostra esperienza di fede che

dobbiamo riacquisire, la nostra proposta di approfondimento sarà struttura

in tre parti:

1) La struttura ‘sacramentale’ della realtà;

2) Nella persona di Gesù e nei suoi gesti si esprime la natura

sacramentale dell’esperienza cristiana;

3) I Sacramenti come segni del Risorto e opera dello Spirito Santo nella

Chiesa.

LA STRUTTURA ‘SACRAMENTALE’ DELLA REALTÀ

Volendo introdurre il senso ed il valore dei Sacramenti, nell’orizzonte

della vita di fede, occorre rendersi conto che noi oggi viviamo una certa

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fatica a vivere la realtà sacramentale, perché siamo figli di un’epoca che ha

fortemente contratto la capacità di recepire l’aspetto simbolico delle cose,

e ha un’immagine ridotta della ragione, esemplata sul modello empirico-

matematico. Da qui deriva un’obiettiva difficoltà a percepire il Mistero

come realtà presente, con la facile riduzione del reale a ciò che appare, a

ciò che può essere misurato, toccato, compreso secondo le nostre categorie

: nel pensiero moderno dominano «un razionalismo che riduce il segno ad

apparenza, un positivismo soffocante che amputa la realtà nel suo rimando

a qualcosa d’altro e la costringe dentro la propria misura».

Qui sta il senso della costante provocazione che Benedetto XVI rivolge

costantemente nel suo Magistero alla cultura e all’uomo europeo a

ritrovare un uso pieno e ampio della ragione, che sappia leggere la realtà

come apertura ad un Oltre, come segno del Mistero che rappresenta la

sorgente stessa dell’essere, come parabola e simbolo che spingono lo

sguardo e il cuore dell’uomo più in là, verso l’orizzonte ultimo che sempre

incombe, ma che mai può essere afferrato dalla presa conoscitiva limitata e

sempre perfettibile dell’uomo. Tutto ciò non è tema riservato ai filosofi,

ma ha a che fare con la nostra esperienza quotidiana, perché è proprio

questa difficoltà ad andare oltre il visibile che toglie respiro all’esistenza e

ci conduce a vivere, quasi succubi delle circostanze della vita, soprattutto

quando risultano drammatiche e contraddittorie. Ed è proprio questa

ridotta capacità “simbolica” che noi vorremmo mettere in luce come causa

primaria del cosiddetto ‘male di vivere’ che, spesso, attanaglia la nostra

esistenza, facendola sembrare senza senso . Vorremmo citare qui un breve

brano dell’omelia tenuta proprio da Benedetto XVI all’Università di

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Regensburg il 12 settembre 2006: «Noi crediamo in Dio. Questa è la

nostra decisione di fondo. Ma ora di nuovo la domanda: questo è

possibile ancora oggi? È una cosa ragionevole? Fin dall'illuminismo,

almeno una parte della scienza s'impegna con solerzia a cercare una

spiegazione del mondo, in cui Dio diventi superfluo. E così Egli dovrebbe

diventare inutile anche per la nostra vita. Ma ogniqualvolta poteva

sembrare che ci si fosse quasi riusciti – sempre di nuovo appariva

evidente: i conti non tornano! I conti sull'uomo, senza Dio, non tornano, e

i conti sul mondo, su tutto l’universo, senza di Lui non tornano. In fin dei

conti, resta l'alternativa: che cosa esiste all'origine? La Ragione creatrice,

lo Spirito Creatore che opera tutto e suscita lo sviluppo, o l'Irrazionalità

che, priva di ogni ragione, stranamente produce un cosmo ordinato in

modo matematico e anche l'uomo, la sua ragione. Questa, però, sarebbe

allora soltanto un risultato casuale dell'evoluzione e quindi, in fondo,

anche una cosa irragionevole. Noi cristiani diciamo: "Credo in Dio

Padre, Creatore del cielo e della terra" – credo nello Spirito Creatore.

Noi crediamo che all'origine c'è il Verbo eterno, la Ragione e non

l'Irrazionalità. Con questa fede non abbiamo bisogno di nasconderci, non

dobbiamo temere di trovarci con essa in un vicolo cieco. Siamo lieti di

poter conoscere Dio! E cerchiamo di rendere accessibile anche agli altri

la ragionevolezza della fede, come, nella sua Prima Lettera, san Pietro

esplicitamente ha esortato a fare i cristiani del suo tempo e con loro anche

noi (cfr 3,15)!»

Ciò si riflette anche nella vita di fede, in particolare nel modo di vivere i

Sacramenti, che sono appunto segni sensibili che, in se stessi, rendono

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presente il mistero della salvezza, sotto aspetti differenti, e come insegna

la Chiesa, in quanto segni efficaci della grazia, «significando causant»,

«significando causano», cioè, realizzano effetti salvifici in quanto

significano il mistero che realizzano e rendono presente. Per questo

motivo, i Sacramenti sono segni di fede, che chiedono un’intelligenza di

fede, e possono essere percepiti e vissuti nella loro semplice bellezza e

nella profondità che racchiudono solo se sappiamo trapassare il segno che

appare, per riconoscere ed incontrare il Mistero.

NELLA PERSONA DI GESÙ E NEI SUOI GESTI SI ESPRIME LA

NATURA SACRAMENTALE DELL’ESPERIENZA CRISTIANA

E’ la nostra fede che ci dice che è Gesù stesso, Dio con noi, che sta

all’origine di tutta l’economia sacramentale, in quanto è in Lui che si

realizza la piena corrispondenza tra Mistero e Segno: Lui è il rivelatore del

Padre, è Lui che rende visibile e ‘sperimentabile’ il Dio eterno, altrimenti

nascosto e inaccessibile all’uomo. In questa prospettiva, possiamo, allora,

affermare che Gesù è il primo sacramento, in quanto in Lui si realizza un

contatto unico tra Dio e l’uomo e, di conseguenza, è proprio il mistero

dell’Incarnazione che si trova all’origine e a fondamento ultimo dei

Sacramenti.

I Sacramenti, quindi, sono segni, istituiti da Gesù e affidati alla Chiesa, che

prolungano nel tempo la presenza visibile del Verbo incarnato e che hanno

la loro fonte salvifica nel mistero pasquale, laddove, grazie alla morte e

alla resurrezione di Cristo, avviene la redenzione dell’uomo e si apre il

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‘tesoro’ inesauribile della vita e della misericordia di Dio che viene effuso

sul mondo intero attraverso il dono dello Spirito Santo.

Questa dimensione sacramentale, però, appartiene già prima al ministero

messianico di Gesù, il quale, nella sua attività di annuncio per le strade

della Palestina, realizza la sua relazione con gli uomini che incontra

attraverso gesti e parole che sono, essi stessi, segni di salvezza.

Pensiamo alle parabole, che sono un modo tipico di Gesù di annunciare

Dio e il suo Regno, con un linguaggio che richiede una lettura simbolica e

“sacramentale” della vita e della realtà; pensiamo a certi gesti tipici del

maestro di Nazareth, come la frequentazione di banchetti con pubblicani e

peccatori, i gesti del perdono, la cura dei discepoli, e il loro

coinvolgimento nella missione, i miracoli di guarigione, gli esorcismi.

Tutti segni questi che in quanto tali possono essere fraintesi ed equivocati,

e che ricevono luce ed intelligibilità dalle parole di Gesù, gesti che già nel

loro realizzarsi, sono, allo stesso tempo, azioni e

parole: anticipano davvero i segni sacramentali che il Risorto consegnerà

ai suoi e raggiungono il loro apice nella cena pasquale, segnata da una

molteplicità di segni e parole.

Con il compimento del mistero pasquale e con l’effusione dello Spirito

viene inaugurata una nuova ‘presenza’ di Cristo, non più visibile, ma

tuttavia vivo e attivo: una presenza sacramentale, appunto, che si prolunga

anzitutto nella vita della Chiesa, la comunità dei suoi discepoli e testimoni.

I Sacramenti, quindi, nella loro dimensione storica e misterica, non

possono essere vissuti e compresi se non nell’appartenenza viva alla

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comunità credente che li custodisce, li celebra, osservando la forma

autentica, secondo il mandato del Signore, e li rende intellegibili con

l’annuncio della Parola e fecondi per l’esistenza quotidiana di tutti i

credenti. Celebrare, quindi, i Sacramenti in modo individualistico

rappresenta una grave riduzione: essi sono segni che esprimono e

celebrano la fede della Chiesa e realizzano una crescita di comunione tra i

battezzati e, di conseguenza, vanno vissuti ‘con’ la Chiesa e ‘nella’ Chiesa.

I SACRAMENTI COME SEGNI DEL RISORTO E OPERA DELLO

SPIRITO SANTO NELLA CHIESA

In questa prospettiva, allora, i sette ‘segni’ sacramentali che, in modo

diverso, risalgono tutti alla volontà istitutiva di Gesù, sono, al contempo,

azioni del Risorto che vuole comunicare la sua vita a tutti coloro che

credono in Lui e azioni dello Spirito che si diffonde nei cuori dei credenti e

diventa fonte di virtù, di nuove capacità di amore e di una nuova

condizione esistenziale. Molto significativa, a questo proposito, è la

riflessione della Beata Maria Maddalena dell’Incarnazione, al secolo

Caterina Sordini, nata a Porto S. Stefano il 16 aprile 1770, nostra

condiocesana, che riportiamo volentieri: “È certo che non possiamo noi

offrire a Dio una preghiera che compiaccia la Sua Divina Maestà senza l’

assistenza dello Spirito Santo. Sarebbe pertanto una temerarietà

incominciare la nostra Orazione, anzi dirò meglio, una grave mancanza,

iniziare l’ atto senza alcuna preparazione, cioè, senza invocar prima lo

Spirito Santo, e senza procurare di purificare il cuore con santi desideri,

e raccoglierci con tutti i nostri pensieri in Dio”.

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Nella sintesi offertaci da Catechismo della Chiesa Cattolica (cfr. nn° 1117-

1130) viene evidenziata, in modo molto chiaro, questa duplice relazione

che i Sacramenti hanno con Cristo e con lo Spirito: il Signore Gesù, ormai

alla destra del Padre, entra in rapporto con gli uomini sempre attraverso lo

Spirito Consolatore, e, allo stesso tempo, non esiste possibilità di contatto

tra noi e il Signore se non attraverso la realtà e l’azione dello Spirito.

Questo vale, in modo eminente, anche per i Sacramenti, ‘gesti’ del Signore

e libera effusione dello Spirito, qui sta la radice del carattere salvifico e

dell’efficacia dei questi segni ‘ex opere operato’, al di là della dignità e

della santità di colui che li amministra. Si legge, infatti, nel Catechismo

della Chiesa Cattolica (CCC): “Degnamente celebrati nella fede, i

sacramenti conferiscono la grazia che significano (Cfr. Concilio di

Trento: Denz. -Schönm., 1605 e 1606). Sono efficaci perché in essi agisce

Cristo stesso: è lui che battezza, è lui che opera nei suoi sacramenti per

comunicare la grazia che il sacramento significa. Il Padre esaudisce

sempre la preghiera della Chiesa del suo Figlio, la quale, nell'Epiclesi di

ciascun sacramento, esprime la propria fede nella potenza dello Spirito.

Come il fuoco trasforma in sé tutto ciò che tocca, così lo Spirito Santo

trasforma in vita divina ciò che è sottomesso alla sua potenza. E' questo il

significato dell'affermazione della Chiesa: (Cfr. ibid., 1608) i sacramenti

agiscono ex opere operato (lett. “per il fatto stesso che l'azione viene

compiuta”), cioè in virtù dell'opera salvifica di Cristo, compiuta una volta

per tutte. Ne consegue che “il sacramento non è realizzato dalla giustizia

dell'uomo che lo conferisce o lo riceve, ma dalla potenza di Dio” (San

Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 68, 8). Quando un sacramento

viene celebrato in conformità all'intenzione della Chiesa, la potenza di

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Cristo e del suo Spirito agisce in esso e per mezzo di esso,

indipendentemente dalla santità personale del ministro. Tuttavia i frutti

dei sacramenti dipendono anche dalle disposizioni di colui che li

riceve.(nn° 1127-1128). Inoltre, i Sacramenti conferiscono, ciascuno a suo

modo, la grazia sacramentale, la quale comprende soprattutto gli aiuti

necessari per vivere nella vita quotidiana il dono ricevuto e la nuova

condizione che ne è scaturita. Infine, appartiene a questi segni il fatto di

essere pegno della vita eterna, in quanto comunicando la vita nuova del

Risorto, innestano in noi il seme della resurrezione e della gloria futura.

Celebrando, allora, i Sacramenti e, in particolare, il Sacramento della Santa

Eucaristia, la Chiesa vive l’attesa della venuta del suo Signore e annuncia

questa venuta al mondo intero, come termine ultimo e compimento della

storia dell’umanità intera (nn° 1129-1130).

INIZIATIVE PASTORALI SPECIFICHE

- Proporre, a livello parrocchiale, momenti di adorazione eucaristica;

- Valorizzare, in parrocchia, con iniziative particolari, la solennità del

Corpo e Sangue di N.S. Gesù Cristo;

- Organizzare nei Vicariati un corso di formazione per i Ministri

straordinari della Comunione e/o per gli operatori della liturgia;

- Elaborare, a cura dell’Ufficio Liturgico diocesano, un sussidio sul

Documento n° 2 “CELEBRARE I SANTI MISTERI” del Libro del

Primo Sinodo del Terzo Millennio della nostra Diocesi (nn° 49-107);

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- Organizzare, in parrocchia o in Vicariato, un pellegrinaggio sui vari

luoghi dei Miracoli Eucaristici, coinvolgendo soprattutto i bambini del

catechismo in preparazione alla Prima Comunione e le loro famiglie;

- Progettare, a livello diocesano, la partecipazione al Congresso

Eucaristico Nazionale (Genova 15-18 settembre 2016);

- Elaborare dei sussidi in riferimento all’esperienza spirituale della Beata

Maria Maddalena dell’Incarnazione (Caterina Sordini);

- Proporre la riflessione sulla Bolla di Indizione del Giubileo

Straordinario della Misericordia ‘Misericordiae Vultus’ (11 aprile

2015).

SUSSIDI PER IL LAVORO PASTORALE

Testo biblico: GESÙ PANE DI VITA (Gv 6,1-71)

Testo Magistero pontificio: ECCLESIA DE EUCHARISTIA (GIOVANNI

PAOLO II)

Lettera Pastorale del Vescovo: LA SPERANZA NON DELUDE

Pitigliano, lì 12 giugno 2015

Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù

Don Luca Caprini

Delegato ‘ad omnia’

Guglielmo Borghetti

Amministratore Apostolico