prof. stefano federici dipartimento di filosofia, scienze sociali, umane e della formazione...

118
Prof. Stefano Federici – A.A. 2014-2015 Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia [email protected] 1. Dai modelli di disabilità alle misure del funzionamento individuale Psicologia del funzionamento individuale, della disabilità e della salute

Upload: fortunato-bassi

Post on 03-May-2015

216 views

Category:

Documents


2 download

TRANSCRIPT

Page 1: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano Federici – A.A. 2014-2015

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di [email protected]

1. Dai modelli di disabilità alle misure del funzionamento individuale

Psicologia del funzionamento individuale, della disabilità e della salute

Page 2: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

2

Page 3: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

3

Capitolo 1: WHO e il modello di salute

WHO

• Finalità• Modello di

salute• Promozione

della salute

WHO-FIC

• ICD• ICF• ICHI

Page 4: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

4

World Health Organization– «La Organizzazione Mondiale della Sanità è l’autorità che

dirige e coordina la salute all’interno del sistema delle Nazioni Unite. È responsabile di fornire una guida in materia di salute globale, dare forma al programma di ricerca sanitaria, stabilendo norme e standard, articolando le opzioni politiche evidence-based, fornendo supporto tecnico ai paesi e monitorando e valutando le tendenze della salute» (http://www.who.int/about/en/).

WHO.org

Page 5: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

5

Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (1946*) – «La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e

sociale, e non consiste solo in un’assenza di malattia o d’infermità»

– «Il possesso del migliore stato di salute possibile costituisce un diritto fondamentale di ogni essere umano, senza distinzione di razza, di religione, d’opinioni politiche, di condizione economica o sociale»

– «La salute di tutti i popoli è una condizione fondamentale della pace del mondo e della sicurezza; essa dipende dalla più stretta cooperazione possibile tra i singoli e tra gli Stati»

La Salute secondo la WHO

Page 6: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

6

La Carta di Ottawa (1986) – 1a Conferenza Internazionale sulla promozione della salute– La promozione della salute

È il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla.

– Come si raggiunge la salute Per raggiungere uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, un individuo o un

gruppo deve essere capace di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di cambiare l’ambiente circostante o di farvi fronte.

– La salute come mezzo non come fine La salute è quindi vista come una risorsa per la vita quotidiana, non è l’obiettivo del vivere.

La salute è un concetto positivo che valorizza le risorse personali e sociali, come pure le capacità fisiche.

– La salute come responsabilità globale Quindi la promozione della salute non è una responsabilità esclusiva del settore sanitario,

ma va al di là degli stili di vita e punta al benessere.

La Promozione della salute secondo la Carta di Ottawa

Page 7: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

7

I prerequisiti per la salute– Le condizioni e le risorse fondamentali per la salute sono la pace, l’abitazione,

l’istruzione, il cibo, un reddito, un ecosistema stabile, le risorse sostenibili, la giustizia sociale e l’equità. Il miglioramento dei livelli di salute deve essere saldamente basato su questi prerequisiti fondamentali.

Mediare – I prerequisiti e le aspettative per la salute non possono essere garantiti solo dal

settore sanitario. Quel che più conta è che la promozione della salute richiede un’azione coordinata da parte di tutti i soggetti coinvolti: i governi, il settore sanitario e gli altri settori sociali ed economici, le organizzazioni non governative e di volontariato, le autorità locali, l’industria e i mezzi di comunicazione di massa. Le persone di ogni ceto sociale sono coinvolte come individui, famiglie e comunità.

La Promozione della salute secondo la Carta di Ottawa

Page 8: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

8

«Un ruolo chiave della WHO è quello di produrre, mantenere e attuare le norme internazionali di informazione sanitaria, per fornire un consensuale, significativo e utile linguaggio comune ad uso dei governi, operatori sanitari e consumatori. Classificazioni concordate a livello internazionale facilitano l’archiviazione, il recupero, l’analisi, l’interpretazione e la comparazione dei dati sanitari e correlati alla salute» (

http://www.who.int/topics/classification/en/).

Le classificazioni della WHO

Page 9: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

9

Tipi di Classificazioni: La WHO-FIC comprende:1. Classificazioni di riferimento: principali classificazioni sui parametri

di base della salute. Queste classificazioni sono state redatte dalla WHO ed approvate dagli organi direttivi dell’Organizzazione per uso internazionale.

• International Classification of Diseases (ICD)• International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF)• International Classification of Health Interventions (ICHI)

2. Classificazioni derivate: sono basate sulle classificazioni di riferimento.

• More information on the derived and related classifications

WHO-Family of International Classifications (WHO-FIC)

Page 10: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

10

Capitolo 2: I modelli di disabilità

Disabilità

Natura

Universalità

Ruolo dei Modelli

Medico

Etico

Estetico

Religioso

Medico/ Individuale

Sociale

Ambientale

Socio-relazionale

Biopsicosociale

Medico

Sociale

Page 11: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

11

«What is disability?– Disability is complex, dynamic, multidimensional, and

contested. […] – Disability is the umbrella term for impairments, activity

limitations and participation restrictions, referring to the negative aspects of the interaction between an individual (with a health condition) and that individual’s contextual factors (environmental and personal factors)».

WHO & World Bank (2011) Report on disability, p. 3-4 (http://www.who.int/disabilities/world_report/2011/en/index.html)

WHO: Che cos’è la disabilità

Page 12: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

12

Disabilità

Limitazioni

nell’attività

Menomazione

Restrizioni n

ella

partecipazione

Salute

Ambiente Persona

DISABILITÀ

• Termine ombrello per menomazioni, limitazioni dell’attività e restrizioni della (alla) partecipazione.

• Esso indica gli aspetti negativi dell’interazione tra un individuo (con una condizione di salute) e i fattori contestuali di quell’individuo (fattori ambientali e personali).

Page 13: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

13

Attività

Funzionamento

Partecipazione

Salute

Ambiente Persona

FUNZIONAMENTO

• Termine ombrello per le funzioni corporee, le strutture corporee, attività e partecipazione.

• Indica gli aspetti positivi dell’interazione tra un individuo (con una condizione di salute) e i fattori contestuali di quell’individuo (fattori ambientali e personali).

Page 14: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

14

«La disabilità è parte della condizione umana.– Quasi tutti saranno temporaneamente o permanentemente menomati ad

un certo punto nella vita, e coloro che sopravvivono alla vecchiaia incontreranno difficoltà crescenti nel funzionamento. La maggior parte delle famiglie estese hanno un membro disabile e molte persone non-disabili si assumono la responsabilità di sostenere e aver cura di loro parenti e amici con disabilità.

– Ogni epoca ha affrontato la questione morale e politica di come meglio comprendere e sostenere le persone con disabilità.

– Questo problema diventerà più acuto, in quanto le demografie delle società cambiano e sempre più persone vivono fino a tarda età».

WHO & World Bank (2011) Report on disability, p. 3 (http://www.who.int/disabilities/world_report/2011/en/index.html)

WHO: Universalità della disabilità

Page 15: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

15

«Negli ultimi decenni, il movimento dei disabili[6,7] – insieme a numerosi ricercatori di scienze sociali e della salute[11,12] – hanno identificato il ruolo delle barriere sociali e fisiche della disabilità.

Il passaggio da un punto di vista individuale, medico, ad un punto di vista strutturale, sociale è stato descritto come il passaggio da un “modello medico” ad un “modello sociale” in cui le persone sono viste come esseri disabilitati dalla società, piuttosto che dai loro corpi[13]»

WHO & World Bank (2011) Report on disability, p. 5 (http://www.who.int/disabilities/world_report/2011/en/index.html)

Il ruolo interpretativo dei modelli

Page 16: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

16

The disability models are– categorical representations in which the social relations are

understood, built, and given, namely social perspectives [1];– frames in which everyone finds his/her own identity, and

also, as – scripts, in which the identities of other individuals are

represented in that – complex system of attribution that defines us and lets us

make decisions and judgments[2,3].

Modelli di disabilità: definizione

Page 17: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

17

Since the late 1960s until today, scientific literature has gathered various social perspectives on disability, grouping them into three theoretical models:– Medical/individual model, – Social model and – Biopsychosocial model.

Modelli di disabilità: I 3 principali modelli di disabilità

Page 18: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

18

The medical model was already clearly defined in the pathological Nagi model in the 1960s[4,5], but the relevance of its extent will emerge especially when the social model, developed within the Marxist dialectical approach in the 1960s and 1970s, will critically oppose it.

Later, the biopsychosocial model, by proposing itself as overcoming the biological reductionism of the medical model on the one hand, and the strict socio-cultural determinism of the social model on the other hand, will integrate the latest assumptions of complexity theory[6], systems theory[7,8] and cybernetics[9]. It finds the most authoritative and practical application in the International Classification of Functioning, Disability and Health[ICF;

10].

I modelli di disabilità: evoluzione

Page 19: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

19

Modello Etico: Si classificano in questo modello le espressioni che giudicano l’individuo come responsabile in senso etico/morale individuale della propria disabilità.– Si distingue dal modello religioso perché il giudizio di bontà/cattiveria,

responsabilità/irresponsabilità non è eteronomo, ossia affidato alla Vita, Dio, o altre forze superiori all’essere umano.

– Nel caso particolare di una espressione come “perché è omosessuale” può essere classificato nel modello sociale e socio-relazionale qualora l’espressione sia stata usata all’interno di un contesto di pregiudizio sociale. Rientra invece nella categoria etica se si evince un giudizio di condotta individuale.

Modelli di disabilità: Etico / definizione

Page 20: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

20

Modello Etico …è disabile…– Esempio 1: “perché è stato cattivo”. Giudizio etico negativo nel quale è

evidente che la disabilità è ricondotta a una condotta morale della persona.– Esempio 2: “con volontà e tenacia può raggiungere i suoi obiettivi”.

Giudizio etico positivo nel quale è evidente che si riconduce alla condotta morale della persona la qualità della sua vita.

– Esempio 3: “perché i suoi genitori sono stati cattivi”. Giudizio etico negativo nel quale si fa ricadere sull’individuo una colpa per una condotta morale di familiari.

Non viene classificato come religioso solo perché non si fa riferimento a forze spirituali o religiose o soprannaturali, seppure la responsabilità individuale della persona è eteronoma.

Modelli di disabilità: Etico / esempi

Page 21: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

21

Modello Estetico: Si classificano in questo modello le espressioni che giudicano l’individuo dal suo aspetto esteriore: bellezza/bruttezza.– Non rientrano in questa categoria giudizi legati alle condizioni di

classe sociale o economica (povertà, emarginazione, condizione lavorativa, classe sociale o politica). Questi giudizi rientrano nel modello sociale.

– Esempio 1: “perché è deforme”. Giudizio estetico riconducibile meramente all’aspetto fisico dell’individuo.

Modelli di disabilità: Estetico

Page 22: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

22

Modello Religioso: Si classificano in questo modello le espressioni che rinviano la responsabilità della condizione di disabilità a una forza esterna spirituale, vitalistica, religiosa: Dio, Vita, Karma, Natura, Fato, e ogni altra caratteristica umana “secondo Natura”.– Rientrano in questa categoria tutte le forme popolari di massime, aforismi,

detti, proverbi in quanto rimandano a forze eteronome e non riconducibili alla responsabilità degli individui o della società nonché a credenze sulla naturalità di razza, genere, orientamento sessuale, colore della pelle.

– Non rientrano in questa categoria tutti i giudizi che riconducono alla responsabilità individuale, umana o sociale la condizione di disabilità.

Modelli disabilità: Religioso / definizione

Page 23: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

23

Modello religioso …è disabile…– Esempio 1: “la vita ci pone sempre di fronte a grandi ostacoli”.

Giudizio religioso in quanto la responsabilità della condizione individuale è ricondotta all’esterno della persona in una forza superiore quale la Vita.

– Esempio 2: “le difficoltà fanno parte dell’esistenza”. Come sopra.– Esempio 3: “le donne sono più disabili degli uomini”. Seppure

questa espressione potrebbe essere riconducibile anche ad un modello ambientale, tuttavia se dal contesto si evince una credenza deve essere ricondotta alla classe del “secondo Natura”.

Modelli di disabilità: Religioso / esempi

Page 24: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

24

Modello Medico-Individuale: Si classificano in questo modello le espressioni che riconducono ad una condizione individuale di salute le cause della disabilità.– Rientrano in questa categoria anche giudizi su un

qualunque malfunzionamento individuale.– Non rientrano in questa categoria chiari rimandi a

contenuti etici dove la responsabilità è sulla condotta e non sulla condizione di salute.

Modelli di disabilità: Medico-Individuale / definizione

Page 25: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

25

Modello medico-individuale …è disabile…– Esempio 1: “perché non cammina bene”. Giudizio medico-individuale

che riconduce la disabilità ad una causa di malfunzionamento dell’individuo anche se non specifica la malattia.

– Esempio 2: “perché non può fare quello che fanno gli altri”. La ragione della disabilità è riconducibile ad un funzionamento individuale che non corrisponde allo standard di normalità.

– Esempio 3: “perché non si capisce quando parla”. La ragione della disabilità è riconducibile ad una incapacità individuale e non sociale (p.e. gli altri non lo capiscono).

Modelli di disabilità: Medico-Individuale / esempi

Page 26: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

26

Modello Ambientale: Si classificano in questo modello le espressioni che attribuiscono la condizione di disabilità a cause esterne all’individuo e riconducibili all’ambiente architettonico e culturale (barriere, norme, regolamenti, ecc.).– In genere è un buon indizio di appartenenza a questo modello la

costruzione passiva della frase o la descrizione di una condizione subita dall’individuo disabile.

– Non rientrano in questa categoria cause esterne classificabili come religiose o riferibili ad atteggiamenti sociali e pregiudizi culturali che caratterizzano le relazioni umane.

Modelli di disabilità: Ambientale / definizione

Page 27: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

27

Modello ambientale …è disabile…– Esempio 1: “le donne sono più ostacolate degli uomini”. Si tratta di

una evidente barriera culturale legata alle differenze di genere.– Esempio 2: “se sei deforme sei fatto fuori”. Da non confondere con il

modello estetico in quando la condizione di disabilità è subita dall’individuo. Tuttavia dal contesto si potrebbe evincere anche la appartenenza di questa espressione al modello medico per la deviazione dell’individuo da un criterio standard di normalità.

– Esempio 3: “la società è tarata sulle persone abili”. Espressione chiaramente appartenente al modello ambientale.

Modelli di disabilità: Ambientale / esempi

Page 28: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

28

Modello Socio-relazionale: Questa classe ha tutte le caratteristiche della precedente. Si distingue per il suo riferimento esplicito ad atteggiamenti e pregiudizi che caratterizzano le relazioni interumane piuttosto che a norme o barriere.– Non rientrano in questa categoria cause esterne classificabili come

barriere, norme e regolamenti.– Esempio 1: “verrà discriminato dalla gente che non lo considererà

normale”. Come nel precedente modello ambientale l’individuo subisce una condizione. Si distingue dall’ambientale perché la ragione della condizione di disabilità subita e riconducibile a ragioni socio-relazionali.

Modelli di disabilità: Socio-relazionale

Page 29: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

29

Modello Biopsicosociale: È la classe attualmente meno comune e di difficile individuazione in quanto facendo riferimento ad un modello composito prevede un’articolazione delle espressioni complesse, multimodali e di approccio olistico.– Caratterizza questo modello una affermazione della disabilità come esito complesso e

interagente dei modelli medico, ambientale e socio-relazionale con un chiaro riferimento al funzionamento individuale (salute o malattia).

– Non va confuso con la semplice compresenza dei modelli medico, ambientale e socio-relazionale se non posti in una chiara interazione multifattoriale, ma restando come giustapposti e indipendenti.

– Criteri di chiara esclusione sono la presenza di un qualunque riferimento etico, estetico o religioso. Per cui, qualunque approccio olistico che però facesse chiaro riferimento a massime, proverbi, aforismi, detti o credenze è da classificare in un modello etico e non biopsicosociale.

Modelli di disabilità: Biopsicosociale / definizione

Page 30: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

30

Modello biopsicosociale …è disabile…– Esempio 1: “ha più difficoltà perché donna e in carrozzella”. La

natura multidimensionale di questa espressione la rende chiaramente classificabile nel modello biopsicosociale in quanto è espresso come interagenti il funzionamento individuale e un pregiudizio sociale.

– Esempio 2: “non funziona bene, è limitato nelle attività e trova barriere nella società”. Ogni variazione su questo tema dove le condizioni di salute (il non funzionar bene e la limitazione nelle attività) sono giustapposte alle barriere sociali non in relazione causale con esse deve essere ricondotta al modello biopsicosociale.

Modelli di disabilità: Biopsicosociale / esempi

Page 31: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

31Medico/Individuale

Religioso

Estetico

Etico

I 3 principali modelli di disabilità

Sociale

Socio-relazionale

Ambientale

Biopsicosociale

Page 32: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

32

Capitolo 3: La prima classificazione della disabilità: l’ICIDH 76/80

ICIDH

• Background• Storia• Scopo• Modello

Concetti

• Impairment• Disability• Handicap

Critiche

• UPIAS/DPI• Assenza dei

fattori ambientali

Page 33: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

33

«Despite their differences, […] scholars agree in rejecting the so-called medical (or bio-medical) model in which disability is defined as an observable deviation from biomedical norms of structure or function that directly results from a disease, trauma or other health condition […]. They argue that while there is a medical facet to disablement, far more important is the salient role played by features of the world built and designed by people in the creation of the disadvantages that people with disabilities experience» (Bickenbach et al. 1999, p. 1173).

Dal modello medico a quello sociale

Page 34: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

34

I C I D H – 1980

1976 – World Health Assembly of the WHO approva una pubblicazione di uno strumento di classificazione della disabilità introducendovi una versione del modello sociale.

1980 – International Classification of Impairments, Disabilities and Handicap. A Manual of classification relating to the consequences of disease (ICIDH) (Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli

Svantaggi Esistenziali: Manuale per una classificazione riferita alle conseguenze della malattia)– Questo fu un tentativo di una classificazione internazionale delle conseguenze della malattia,

che apparve incarnare le intuizioni del modello sociale.– Al tempo della sua ristampa nel 1993, l’ICIDH era già stato tradotto in 13 lingue e usato in

dozzine di contesti per un’ampia varietà di proposte.– Tuttavia, nonostante le promesse, fin dalla sua prima apparizione, molti critici hanno sostenuto

che l’ICIDH e il suo modello fossero profondamente viziati.

Page 35: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

35

«The ICIDH is intended to offer a conceptual framework for information;

the framework is relevant to the long-term consequences of disease, injuries or disorders.

A primary application of the ICIDH has been to describe the circumstances of individuals with disabilities across a wide range of settings» (ICIDH, p. 2).

ICIDH: Scopo

Page 36: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

36

ICIDH: Modello sequenziale dei livelli

DISEASE or DISORDER

IMPAIRMENTDISABILITY HANDICAP

(intrinsic situation) (exteriorized) (objectified) (socialized)

Continua

(ICIDH, p. 30)

Page 37: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

ICIDH: Modello sequenziale dei livelli

37

Malattiao Menomazione Disabilità Handicap

Disordine

Page 38: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

38

«Handicap may result from impairment without the mediation of a state of disability.– A disfigurement may give rise to interference with the normal operation

of cues in social intercourse, and it may thus constitute a very real disadvantage, to say nothing of the embarrassment that the disfigured individual may feel. In this example, though, it would be difficult to identify any disability mediating between the disfigurement and the disadvantage. […]

One can be impaired without being disabled, and disabled without being handicapped» (ICIDH, p. 30).

ICIDH: Modello sequenziale dei livelli

Page 39: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

39

«ogni perdita o anormalità di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche e anatomiche»

CORPODeviazioni da norme biomediche statisticamente fondate osservabili e

misurabili

ICIDH Menomazione

Page 40: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

40

ICIDH Disabilità

«Ogni limitazione o assenza (risultante da una menomazione) di abilità per l’esecuzione di una attività nel modo o nell’ordine

considerato normale per un essere umano»

SVANTAGGIO

Page 41: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

41

ICIDH Svantaggio Handicap

Limita o impedisce il compimento di 6 funzioni per la “sopravvivenza” Orientamento Indipendenza

fisica Mobilità Occupazione Integrazione

sociale Autonomia

economica

HandicapSvantaggio

Page 42: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

42

ICIDH Handicap

«L’handicap è uno svantaggio per un dato individuo, risultante da una

menomazione o disabilità,

che limita o impedisce il compimento di una funzione che è normale

(rispetto all’età, al sesso, e ai fattori sociali e culturali) per quell’individuo»

Page 43: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

43

Punti controversi dell’ICIDH 1/4

Nonostante il tentativo di offrire un modello non-medico di disabilità, le promesse non sono mai state pienamente, o chiaramente realizzate.

La radice del problema stava in una sottile ambiguità del linguaggio che minava il modello inteso.

Il linguaggio per definire l’handicap come socialmente costruito è ambiguo, se non addirittura contraddittorio.

Page 44: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

44

Punti controversi dell’ICIDH 2/4

Origine dell’handicap

«Lo svantaggio risulta dall’essere [l’individuo] inabile a conformarsi alle norme del suo universo. Handicap è così un fenomeno

sociale, rappresentando per un individuo le conseguenze sociali ed ambientali che hanno origine dalla presenza di una

menomazione e disabilità»

Page 45: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

45

Punti controversi dell’ICIDH 3/4

le persone sono svantaggiate solo a causa delle loro disabilità;

l’handicap è causato da una menomazione e disabilità; nella classificazione non c’è alcun riferimento ad una

classificazione dell’handicap che caratterizzi le circostanze del mondo sociale che creano l’handicap;

In modo particolare nella classificazione dell’handicap della mobilità e del lavoro si vede l’incongruità.

Page 46: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

46

Punti controversi dell’ICIDH 4/4handicap mobilità e impiego

Le persone hanno un handicap di mobilità quando:«le loro disabilità interferiscono con la loro abilità di muoversi».

Le persone hanno un handicap nell’impiego perché sono “incapaci” di lavorare.

Le persone hanno un handicap di autosufficienza economica quando:

«hanno sofferto una riduzione di un economico benessere causato dalla loro menomazione o disabilità».

Page 47: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

47

Strategie politiche

L’utilizzatore dell’ICIDH non può registrare, attraverso degli indici di misurazione, gli effetti di un ambiente inadatto alla vita delle persone.– Pertanto l’utilizzatore può certamente registrare un cambiamento

del livello di abilità di una persona, ma non ha alcun modo di sapere se esso è il risultato di un cambiamento della persona (riabilitazione), o di cambiamenti dell’ambiente sociale e fisico (adattamento/accessibilità)

Page 48: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

48

UPIAS originated when Paul Hunt, a resident of the Le Court Cheshire home, wrote a letter to the Guardian newspaper which was published on 20 September 1972, calling for the formation of a consumer group to represent those living in institutions.– In 1966, he had edited Stigma, a collection of essays by disabled people

reflecting on the prejudice and exclusion they experienced. In 1968, Vic Finkelstein, subjected to a banning order by the

South African apartheid regime for his civil rights activism, came to Britain as a refugee.– He was able to make the connection between the liberation struggles of

black South Africans and the situation of disabled people.

Fondazione di UPIAS: Union of the Physically Impaired Against Segregation

Page 49: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

49

Disability studies can trace its origins to the organizations of disabled people whose voices emerged in the late 1960s and who shared ideas drawn from those of other previously excluded groups such as African Americans in the US, black and other minority ethnic groupings elsewhere, women, and lesbians and gay men.

Disability activists in the US, the UK, Scandinavia and other Western European countries campaigned for a change in the way that disability was understood, demanding the redefinition of disability from a personal, medical problem to a political one.– No longer, they argued, should disability be seen as a problem of the individual’s body

and thus something to be treated by health and social care professionals, but instead it should be seen as a political and socially constructed problem with a focus on the disabling barriers faced by people with an impairment.

Nascita del movimento Disability Studies

Page 50: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

Un anno dopo la pubblicazione dell’ICIDH, Disabled People’s Internazional, basandosi su una proposta dell’Union of the Physically Impaired Against Segregation propone un modello basato su due elementi:– Menomazione è la limitazione funzionale in un individuo causata da

menomazione fisica, mentale e sensoriale.– Disabilità è la perdita o la limitazione di opportunità alla

partecipazione di una vita normale della comunità al pari livello degli altri dovute alle barriere fisiche e sociali.

50

UPIAS/DPI (1976)

Page 51: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

51

«Dal nostro punto di vista, è la società che rende disabili le persone con menomazione fisica. La disabilità è qualcosa di imposto sopra le nostre menomazioni ovverosia noi siamo isolati ed esclusi come inutili dalla piena partecipazione alla vita della società».

UPIAS

Page 52: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

52

Conseguenza

Definizione UPIAS

Separazione tra menomazione

e disabilità

Politicizzare la disabilità

Page 53: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

53

Il significato di menomazione è mutuato dall’ICIDH. Meno chiara è la relazione tra menomazione e disabilità. C’è o no una relazione?– Ciò che è considerato disabilitante ha o no una relazione con uno stato

di salute?– O deve essere equiparato a quelle condizioni di svantaggio dovute alla

razza, al genere, alla classe o allo stato sociale? Qual è la differenza tra svantaggio e differenza? (“il dilemma della differenza”

Goffman)

Questioni aperte

Page 54: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

54

UPIAS/DPI chiaramente non intende dare una chiara definizione della distinzione tra menomazione e disabilità dell’ICIDH.– Infatti, al fine di mettere bene in chiaro la differenza tra menomazione

(un arto mancante) che è intrinseco ad una persona e lo svantaggio (essere licenziato perché al padrone non piace vedere un impiegato zoppo) che è socialmente costruito hanno bisogno di dare una definizione che separi nettamente l’intrinseco dall’estrinseco.

Criticando il modello medico, che ha finito per considerare anche l’estrinseco in intrinseco, essi cadono nell’estremo opposto.

UPIAS/DPI: provocatorio ma non operativo

Page 55: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

55

Se NON possiamo– identificare,– classificare e– valutare l’esecuzione di attività svolte da una persona in un determinato

ambiente, NON avremo nessun modo di indicare

– se e come alcuni aspetti dell’ambiente costituiscono barriere.

Per noi una ragione di ricerca e d’intervento

Page 56: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

56

Capitolo 4: Da un modello di minoranza al modello universale

Hahn• The minority

group discrimination

Zola• Il modello

universale

Page 57: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

57

Universal human

condition (Zola)

or

Minority group

discrimination (Hahn)

Gli anni ’80

Page 58: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

58

Hahn (1980s) – la minority group analysis, così appropriata per comprendere le

dinamiche sociali di emarginazione in caso di razze, deve essere applicata alle persone con disabilità.

«I problemi principali con i quali si confrontano i cittadini con disabilità sono le inclinazioni, i pregiudizi, la segregazione e la discriminazione che possono essere sradicate attraverso politiche volte a garantire loro pari diritti» (Hahn, 1987, p. 182).

– Come risultato, Hahn mette in suo impegno nella protezione legale dei diritti e in particolare nella tutela giuridica che la legge antidiscriminazione fornisce.

Hahn e la discriminazione dei gruppi di minoranza

Page 59: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

59

2 limiti della teoria di Hahn

Disomogeneità del gruppo Le risposte sociali alle diverse

forme di disabilità mentali e fisiche sono molto diverse.

Inoltre, le persone con disabilità non sono omogenee né del tutto solidali tra loro.

Il modello del gruppo di minoranza non corrisponde in modo soddisfacente ai fatti.

Ingiustizia non discriminatoria Le persone con disabilità

devono affrontare molti mali sociali, determinati da una cattiva distribuzione del potere e delle risorse.

Tuttavia, esse non sono forme di discriminazione. L’ingiustizia è stata creata, non intenzionalmente da chi è al potere, ma per via sistemica.

Page 60: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

60

Modello Universale: Zola /1

Zola (1989) Toward the necessary universalizing of disability policy

L’intera popolazione è a rischio per la concomitanza di malattie croniche e

disabilità

Demistificare la specialità della disabilità

L’universalità non è solo una questione statistica ma politica.

Page 61: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

61

Modello Universale: Zola /2

«Solo quando noi riconosceremo l’avvicinarsi dell’universalità della disabilità e che tutte le sue dimensioni (inclusa quella biomedica) sono parte del processo sociale, da cui i significati di disabilità sono negoziati, sarà possibile apprezzare in pieno come una generale politica sociale può intervenire efficacemente su questo problema»

Page 62: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

62

1) La disabilità non è un attributo umano che demarca una porzione di umanità da un’altra (come fa il genere e talvolta la razza); è un caratteristica dell’infinitamente varia ed universale condizione umana

Abili Disabili

M F B N

Page 63: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

63

2) Nessun essere umano possiede un repertorio completo di abilità, adatto per tutti i mutamenti dell’ambiente fisico e sociale

Page 64: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

64

3) Scientificamente parlando, non c’è alcun confine inerente ed intrinseco all’arco di variazioni nelle abilità umane

Page 65: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

65

4) Abilità/disabilità è un continuum e la completa assenza di disabilità, come la completa assenza di abilità, è un caso limite di interesse solo teoretico

Page 66: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

66

Il problema della disabilità per gli individui “non è se ma quando, non tanto quale, ma quante e in quale combinazione” (Zola, 1993, p. 18).

«L’invecchiamento globale ha un forte impatto sugli sviluppi della disabilità. La relazione qui è diretta: vi è un più alto rischio di disabilità in età avanzata e le popolazioni nazionali stanno invecchiando a un tasso mai riscontrato in precedenza» (WHO & World Bank, 2011, p. 35).

Page 67: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

67

Capitolo 5: L’ICF

ICF

Dal ’93 al 2001

Modello biopsicosociale

Funzionamento e disabilità

Attività e partecipazione

Fattori Contestuali

Codice alfanumerico

Page 68: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

68

1993 WHO comincia il processo di revisione dell’ICIDH

1996 Alpha draft dell’ICIDH-2 per la revisione di esperti

1997 Beta-1 per un meeting Internazionale a Ginevra e 2 anni di test sul campo.

1999 Beta-2 final draft

22 Maggio 2001 La WHO adotta la:

International Classification of Functioning, Disability, and Health

ICF

Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e delle

Salute

Dall’ I C I D Hall’ I C F

Page 69: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

69

I C F – IntroduzioneLe componenti della salute

Le componenti della salute

L’ICF non è più una classificazione delle

conseguenze delle malattie come l’ICIDH 1980.– Le componenti della salute identificano gli elementi

costitutivi della salute, mentre le conseguenze si

focalizzano sull’impatto delle malattie o di altre

condizioni di salute che ne possono derivare.

Page 70: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

70

I C F – ProprietàL’universo: cosa classifica

Cosa classifica – L’ICF racchiude tutti gli aspetti della salute umana e alcune componenti del benessere

rilevanti per la salute e li descrive come domini della salute e domini ad essa correlati. La classificazione si riferisce all’ampio contesto della salute e non copre circostanze che non sono ad essa correlate, come quelle causate da fattori socioeconomici. Per esempio, le persone possono essere limitate nell’esecuzione di un compito nel loro

ambiente attuale a causa della razza, del sesso, della religione o di altre caratteristiche socioeconomiche; non essendo queste limitazioni correlate alla salute, esse non vengono classificate nelI’ICF.

Page 71: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

71

I C F – ProprietàL’universo: a chi si rivolge

A chi si rivolge – Molto spesso si ritiene erroneamente che l’ICF riguardi

soltanto le persone con disabilità; in realtà esso riguarda tutti. In altre parole, l’ICF ha un’applicazione universale.

– L’ICF non classifica le persone, ma descrive le situazioni di ciascuna persona nella forma dei domini della Salute e ad essa connessi»

Page 72: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

72

Funzionamento – è il termine ombrello per le funzioni corporee, le strutture corporee, attività e

partecipazione.– Esso indica gli aspetti positivi dell’interazione tra un individuo (con una condizione di

salute) e i fattori contestuali di quell’individuo (fattori ambientali e personali). Disabilità

– è il termine ombrello per menomazioni, limitazioni dell’attività e restrizioni della (alla) partecipazione.

– Esso indica gli aspetti negativi dell’interazione tra un individuo (con una condizione di salute) e i fattori contestuali di quell’individuo (fattori ambientali e personali).

I C FFunzionamento e Disabilità

Page 73: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

73

I C F – Visione d’insiemeDefinizioni 1/2

Le funzioni corporee – sono le funzioni fisiologiche dei sistemi corporei (incluse le funzioni psicologiche).

Le strutture corporee – sono le parti anatomiche del corpo, come gli organi, gli arti e le loro componenti.

Le menomazioni – sono problemi nella funzione o nella struttura del corpo, intesi come una

deviazione o una perdita significative. L’attività

– è l’esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo.

Page 74: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

74

La partecipazione – è il coinvolgimento in una situazione di vita.

Le limitazioni dell’attività – sono le difficoltà che un individuo può incontrare nell’eseguire delle attività.

Le restrizioni alla partecipazione – sono i problemi che un individuo può sperimentare nel coinvolgimento nelle

situazioni di vita. I fattori ambientali

– costituiscono gli atteggiamenti, l’ambiente fisico e sociale in cui le persone vivono e conducono la loro esistenza.

I C F – Visione d’insiemeDefinizioni 2/2

Page 75: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

75

I C F – Visione d’insiemeSuddivisione generale

L’ICF può essere suddiviso in 2 parti, ognuna composta da 2 componenti che possono essere espresse in termini sia positivi che negativi – Parte 1. Funzionamento e Disabilità

a)Funzioni e Strutture Corporeeb)Attività e Partecipazione

– Parte 2. Fattori Contestualic) Fattori Ambientalid)Fattori Personali

Page 76: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

76

I C F – Visione d’insiemeSuddivisione generale

Parte 1. Funzionamento e Disabilità Parte 2. Fattori Contestuali

Componenti Funzioni e strutture corporee

Attività e Partecipazione

FattoriAmbientali

FattoriPersonali

Domini Funzioni corporeeStrutture corporee

Aree di vita(compiti, azioni)

Influenze esterne su funzionamento e

disabilità

Influenze interne su funzionamento e

disabilità

Costrutti Cambiamento nelle funzioni corporee

(fisiologico)

Cambiamento nelle strutture corporee

(anatomico)

CapacitàEseguire compiti in un

ambiente standard

PerformanceEseguire compiti in un

ambiente attuale

Impatto facilitante o ostacolante delle caratteristiche del

mondo fisico, sociale e degli atteggiamento

Impatto delle caratteristiche della

persona

Aspetto positivo Integrità funzionale e strutturale

AttivitàPartecipazione

Facilitatori Non applicabile

Funzionamento

Aspetto negativo Menomazione Limitazione nella attivitàRestrizione nella partecipazione

Barriere / Ostacoli Non applicabile

Disabilità

Page 77: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

77

I C F – Visione d’insiemeStruttura

• 2° livello = 362 codici• 3° + 4° livello = 1.424 codici

Page 78: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

78

INDICE dell’ICF

FUNZIONI CORPOREE

STRUTTURE CORPOREE

ATTIVITÀ E PARTECIPAZIONE

FATTORI AMBIENTALI

Capitolo 1 - Funzioni mentali Capitolo 1 - Strutture del sistema nervoso

Capitolo 1 - Apprendimento e applicazione delle conoscenze

Capitolo 1 Prodotti e tecnologia

Capitolo 2 - Funzioni sensoriali e dolore

Capitolo 2 - Occhio, orecchio e strutture correlate

Capitolo 2 - Compiti e richieste generali

Capitolo 2 Ambiente naturale e cambiamenti ambientali effettuati dall'uomo

Capitolo 3 - Funzioni della voce e dell’eloquio

Capitolo 3 - Strutture coinvolte nella voce e nell’eloquio

Capitolo 3 - Comunicazione Capitolo 3 Relazioni e sostegno sociale

Capitolo 4 - Funzioni dei sistemi cardiovascolare, ematologico, immunologico e dell’apparato respiratorio

Capitolo 4 - Strutture dei sistemi cardiovascolare. immunologico e dell’apparato respiratorio

Capitolo 4 - Mobilità Capitolo 4 Atteggiamenti

Capitolo 5 - Funzioni dell’apparato digerente e dei sistemi metabolico ed endocrino

Capitolo 5 - Strutture correlate all’apparato digerente e ai sistemi metabolico ed endocrino

Capitolo 5 - Cura della propria persona

Capitolo 5 - Servizi, sistemi e politiche

Capitolo 6 - Funzioni genitourinarie e riproduttive

Capitolo 6 - Strutture correlate ai sistemi genitourinario e riproduttivo

Capitolo 6 - Vita domestica

Capitolo 7 - Funzioni neuro-muscoloscheletriche e correlate al movimento

Capitolo 7 - Strutture correlate al movimento

Capitolo 7 - Interazioni e relazioni interpersonali

Capitolo 8 - Funzioni della cute e delle strutture correlate

Capitolo 8 - Cute e strutture correlate

Capitolo 8 - Aree di vita principali

Capitolo 9 - Vita sociale, civile e di comunità

b s d

e

Page 79: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

79

I C F – Visione d’insiemeParte 1 – Funzioni e strutture del corpo

Funzioni e strutture del corpoMENOMAZIONI– Definizioni:

Le menomazioni strutturali possono comprendere un’anomalia, un difetto, una perdita o un’altra anormalità significativa nelle strutture corporee.

Le menomazioni rappresentano una deviazione rispetto agli standard generalmente accettati nello status biomedico del corpo e delle sue funzioni.

Le menomazioni possono essere temporanee o permanenti; progressive, regressive o stabili; intermittenti o continue. La deviazione dalla norma può essere lieve o grave e può fluttuare nel tempo.

Page 80: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

80

I C F – Visione d’insiemeParte 1 – Funzioni e strutture del corpo

Funzioni e strutture del corpoMENOMAZIONI– Definizioni:

Le menomazioni non sono contingenti all’eziologia o al modo in cui si sono sviluppate; per esempio, la perdita della vista o di un arto può derivare da un’anomalia genetica o da una lesione.

Le menomazioni possono essere una parte o un’espressione di una condizione di salute, ma non indicano necessariamente la presenza di una malattia o che l’individuo dovrebbe essere considerato malato.

– Il concetto di menomazione è più ampio e comprensivo rispetto a quello di disturbo o malattia; per esempio, la perdita di una gamba è una menomazione della struttura corporea, non un disturbo o una malattia.

Page 81: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

81

Funzioni e strutture del corpoMENOMAZIONI– Definizioni:

Dalle menomazioni possono risultare altre menomazioni; ad esempio l’assenza di forza muscolare può danneggiare le funzioni del movimento, le funzioni del cuore possono essere correlate a un deficit nelle funzioni respiratorie, e una percezione deficitaria può essere correlata con le funzioni del pensiero.

I fattori ambientali interagiscono con le funzioni corporee, come nelle interazioni tra qualità dell’aria e respirazione, luce e vista, suoni e udito, stimoli distraenti e attenzione, conformazione del terreno e equilibrio, e temperatura dell’ambiente e regolazione della temperatura corporea.

I C F – Visione d’insiemeParte 1 – Funzioni e strutture del corpo

Page 82: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

82

Attività e Partecipazione

LIMITAZIONE DELL’ATTIVITÀ E RESTRIZIONI DELLA PARTECIPAZIONE

– Definizioni:I domini per la componente Attività e Partecipazione

sono presentati in un unico elenco che copre l’intera gamma delle aree di vita.

I C F – Visione d’insiemeParte 1 – Attività e partecipazione

Page 83: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

83

Attività e PartecipazioneLIMITAZIONE DELL’ATTIVITÀ E RESTRIZIONI DELLA PARTECIPAZIONE

– Definizioni: Il qualificatore performance descrive ciò che un individuo fa nel suo ambiente attuale.

– Dato che l’ambiente attuale implica un contesto sociale, la performance può anche venire considerata come un coinvolgimento in una situazione di vita o esperienza vissuta delle persone nel contesto reale in cui vivono.

Il qualificatore capacità descrive l’abilità di un individuo di eseguire un compito o un’azione. Per valutare l’abilità complessiva dell’individuo, sarebbe necessario utilizzare un ambiente standardizzato in modo da neutralizzare l’impatto della variabilità dei diversi ambienti sull’abilità dell’individuo. Questo ambiente standardizzato può essere:

– un ambiente reale usato in genere per la valutazione di capacità nell’ambito di test di verifica;– nei casi in cui questo non sia possibile, un ambiente predefinito che possa avere un impatto

uniforme sull’individuo. Questo tipo di ambiente può essere chiamato ambiente «uniforme» o standard.

I C F – Visione d’insiemeParte 1 – Attività e partecipazione

Page 84: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

84

Attività e PartecipazioneLIMITAZIONE DELL’ATTIVITÀ E RESTRIZIONI DELLA PARTECIPAZIONE

– Definizioni:È difficile distinguere tra Attività e Partecipazione basandosi sui domini nella

componente Attività e Partecipazione. Ugualmente non è possibile distinguere tra le prospettive individuali e sociali sulla base dei domini a causa della variabilità internazionale e delle differenze negli approcci di contesti professionali o teorici.

I C F – Visione d’insiemeParte 1 – Attività e partecipazione

Page 85: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

85

Attività e PartecipazioneI 4 modi per distinguere attività e partecipazione

a) definire alcuni domini come attività e altri come partecipazione, senza alcuna sovrapposizione;(b) come sopra (a), ma con una parziale sovrapposizione;(c) definire tutti i domini dettagliati come attività e i titoli delle categorie generali come partecipazione;(d) usare tutti i domini sia come attività che partecipazione.

(vedi allegato 3 dell’ICF)

I C F – Visione d’insiemeParte 1 – Attività e partecipazione

Page 86: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

86

I C F – Visione d’insiemeAttività e Partecipazione: matrice d’informazione

DOMINIQUALIFICATORI

Performance Capacità

d1 Apprendimento e applicazione delle conoscenze

d2 Compiti e richieste generali

d3 Comunicazione

d4 Mobilità

d5 Cura della propria persona

d6 Vita domestica

d7 Interazioni e relazioni interpersonali

d8 Aree di vita fondamentali

d9 Vita sociale. civile e di comunità

Page 87: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

87

I C F – Visione d’insiemeParte 2 – Fattori contestuali

Parte 2. Fattori contestuali– I Fattori Contestuali rappresentano l’intero background della vita e della

conduzione dell’esistenza di un individuo.– Essi includono 2 componenti:

i Fattori Ambientali ei Fattori Personali

che possono avere un impatto sull’individuo con una condizione di salute e sugli stati di salute e ad essa correlati di quell’individuo.

Page 88: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

88

Fattori contestuali

Persona genere età stile di coping retroterra sociale istruzione professione esperienze passate stile di personalità …

Ambiente prodotti ambiente naturale

istituzioni norme sociali cultura ambiente costruito

fattori politici natura

Page 89: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

89

Fattori Ambientali – I fattori ambientali sono organizzati nella classificazione in maniera da

evidenziare 2 differenti livelli: Individuale

l’ambiente personale dell’individuo, inclusi - ma non solo - la casa, il luogo di lavoro e la scuola.

Sociale

le strutture sociali formali e informali, i servizi e le principali interazioni nella comunità o nella società che hanno un impatto sugli individui.

I C F – Visione d’insiemeParte 2 – Fattori ambientali

Page 90: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

90

Fattori Personali – I fattori personali sono il background personale della vita e dell’esistenza di un

individuo, e rappresentano quelle caratteristiche dell’individuo che non fanno parte della condizione di salute o degli stati di salute.

– Questi fattori comprendono: il sesso, la razza, l’età, altre condizioni di salute, la forma fisica, lo stile di vita, le

abitudini, l’educazione ricevuta, la capacità di adattamento, backround sociale, l’istruzione, la professione e l’esperienza passata e attuale (eventi della vita passata e eventi contemporanei), modelli di comportamento generali e stili caratteriali, che possono giocare un certo ruolo nella disabilità a qualsiasi livello.

– I fattori personali non sono classificati nell’ICF.

I C F – Visione d’insiemeParte 2 – Fattori Personali

Page 91: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

91

ICFQualificatori

Page 92: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

92

ICFCodice alfanumerico

s 7 30 2 . 2 0 2DimensioneStrutture corporee Capitolo

Strutture correlate al movimento

2° livelloArti superiori

3° LivelloStrutture della mano

I qualificatoreEstensione della

menomazione (media)

Collocazione della menomazione (sinistra)

III qualificatore

II qualificatoreNatura della menomazione (nessun

cambiamento nella struttura)

Page 93: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

93

ICFCodice alfanumerico

e 1 65 0 .2

DimensioneFattori ambientali Capitolo

Prodotti e tecnologie2° livelloRisorse e beni

3° LivelloRisorse finanziarie

I qualificatoreBarriera media

Page 94: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

94

ICFQualificatori Uniformi

0 Nessun problema 0-4 %

1 LEGGERO 5-24 %

2 MODERATO 25-49 %

3 SEVERO 50-95 %

4 TOTALE 96-100 %

8 non specificato

9 non applicabile

Page 95: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

95

ICFQualificatori per Fattori Ambientali

.0 NESSUNA barriera (assente, trascurabile… ) 0-4 %

.1 LIEVI barriere (leggera, piccola…) 5-24 %

.2 MEDIE barriere (moderata, discreta...) 25-49 %

.3 GRAVI barriere (notevole, estrema…) 50-95 %

.4 COMPLETE barriere (totale…) 96-100 %

+0 NESSUN facilitatore (assente, trascurabile… ) 0-4 %

+1 facilitatore LIEVE (leggero, piccolo…) 5-24 %

+2 facilitatore MODIO (moderato, discreto...) 25-49 %

+3 facilitatore GRAVE (notevole, estremo…) 50-95 %

+4 facilitatore COMPLETO (totale…) 96-100 %

Page 96: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

96

I C FModello biopsicosociale

Modello biopsicosociale:– L’ICF è basato su una integrazione di questi 2 modelli

di disabilità, medico e sociale, estremi.– Per cogliere l’integrazione delle varie dimensioni del

funzionamento, l’approccio utilizzato è di tipo biopsicosociale

Page 97: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

97

I C F 2001Interazione dei Concetti (Fig. 5.1)

Condizione di Salute (disturbo o malattia)

Fattori Ambientali

Fattori Personali

Funzione e strutture corporee

Attività Partecipazione

Page 98: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

Menomazione Disabilità HandicapMalattia odisordine

Dal modello dell’ ICIDH – 1980al modello del’ ICF – 2001

FattoriAmbientali

Funz./Strutt. Attività PartecipazioneCorporee (Limitazioni) (Restrizioni)(Menomazioni)

FattoriPersonali

Condizioni di Salute(disordine o malattia)

Page 99: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

99

Fondamenti dell’ ICF Funzionamento Umano - non semplicemente

disabilità

Modello Universale - non un modello di

minoranza

Modello Integrato - non solo medico o

sociale

Modello Interattivo - non progressivo lineare

Parità - non eziologica causalità

Inclusivo - contesto: ambiente e

persona

Culturalmente applicabile - non concetti occidentali

Operativo - non solo teoricamente

condotto

Page 100: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

100

Perdita di un arto– mine = diabete = talidomide

Perdita temporanea di un’attività usuale– influenza = depressione = mal di schiena = angina

Pregiudizio– lebbra = schizofrenia = epilessia = HIV

Equità / Parità

Page 101: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

101

Il tuo corpo non funziona bene

Sei limitato nelle tue attività

Trovi barriere nella società

ICF in termini semplici

Page 102: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

102

Dimensioni del Funzionamento & Disabilità

CORPO PERSONA SOCIETÀFunzioni/ Attività Partecipazione

Strutture (menomazione) (limitazione) (restrizione)

CORPO ATTIVITÀ PARTECIPAZIONE

Page 103: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

103

Schizofrenia

Elaborazione Deficit nelle Impedimento

dell’informazione funzioni parentali occupazionale,

Disfunzioni nel Stigmatizzazione

Lavoro

CORPO ATTIVITÀ PARTECIPAZIONE

Page 104: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

104

Epilessia

Perdita transitoria nessuna divieto

della Coscienza di guida

CORPO ATTIVITÀ PARTECIPAZIONE

Page 105: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

105

Sclerosi Multipla

Stanchezza cura si sé Partecipazione

Comunitaria

Linguaggio faccende domestiche Impiego

Debolezza nei maneggiare oggetti Assenza di

Muscoli dispositivi spec.

CORPO ATTIVITÀ PARTECIPAZIONE

Page 106: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

106

Una menomazione che non porta a limitazioni nella capacità né a restrizione nella partecipazione.– Un bambino nasce privo di un’unghia in una mano.

Questa malformazione è una menomazione strutturale, ma non interferisce con la funzionalità della mano né con le azioni che il bambino può compiere con essa, pertanto non sono ravvisabili limitazioni nella capacità. Allo stesso modo, può non verificarsi un problema di partecipazione sociale – come, ad esempio, subire derisioni o essere esclusi dal gioco con gli altri bambini – a causa di questa malformazione.

– Il bambino, quindi, non ha limitazioni di capacità o problemi nella partecipazione.

Esempio 1

Page 107: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

107

Una menomazione che non porta a limitazioni nella capacità ma provoca problemi di partecipazione.– Un bambino diabetico ha una menomazione funzionale: il pancreas non produce

insulina. Il diabete può essere controllato con la somministrazione di farmaci (cioè di insulina). Quando le

funzioni corporee (i livelli di insulina) sono sotto controllo, alla menomazione non viene associata alcuna limitazione della capacità.

Tuttavia, il bambino diabetico può sperimentare un problema di partecipazione nel socializzare con amici o compagni in situazioni che coinvolgono la sfera dell’alimentazione, dato che dovrà limitarsi nell’assunzione di zuccheri. L’assenza di cibo adatto a lui può creare una barriera alla piena partecipazione sociale. Per questa ragione il bambino non riuscirà a socializzare a pieno nell’ambiente attuale, a meno che non vengano presi dei provvedimenti per assicurare che gli venga fornito cibo appropriato, nonostante l’assenza di limitazioni nella capacità.

Esempio 2

Page 108: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

108

Una menomazione che porta a limitazioni nella capacità e, a seconda delle circostanze, può produrre o no problemi di partecipazione.– Una variazione significativa nello sviluppo intellettivo rappresenta una menomazione mentale

(ritardo), che può portare a una certa limitazione in varie capacità della persona.– I fattori ambientali, tuttavia, possono influire sul grado di partecipazione dell’individuo in diverse

sfere di vita. Ad esempio, un bambino con una menomazione mentale potrebbe sperimentare uno svantaggio ridotto in un

ambiente in cui le aspettative non sono elevate per tutta la popolazione in generale e in cui viene dato al bambino un insieme di semplici compiti da portare a termine. In questo ambiente il bambino avrà buone performance in diverse situazioni di vita (cioè avrà buona partecipazione sociale).

Un bambino con una menomazione simile, che cresce invece in un ambiente competitivo e con aspettative di rendimento scolastico elevate e rigide, potrebbe sperimentare maggiori problemi di partecipazione in varie situazioni di vita rispetto al bambino la cui condizione è stata esaminata precedentemente.

Esempio 3

Page 109: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

109

Appendice 1: Il modello medico e il modello sociale a confronto

Modello

medico

Modello

sociale

Page 110: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

110

Nel periodo immediatamente seguente la Seconda Guerra Mondiale, l’assistenza sociale e sanitaria per le persone disabili fu caratterizzata da una formale preoccupazione umanitaria per i mutilati di guerra.

In questo contesto, le valutazioni delle funzioni furono orientate verso un semplice calcolo aritmetico rispetto agli effetti del danno e del deficit in particolari arti.

Fu assunto che la misurazione della menomazione fosse sufficiente a fornire una base per valutare i bisogni di una persona disabile.

Modello medico /1origini storiche

Page 111: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

111

Modello medico /2definizioni e conseguenze

Disabilità – impedimento biologico permanente

Le persone disabili – meno (in)abili rispetto a individui normali

Conseguenze – l’individuo che non può essere riparato da un intervento

professionale rimane deficiente

Page 112: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

112

Modello medico /3Diagnosi e Cura

MALATTIA

MENOMAZIONE

S V A N T A G G I O

INTERVENTO

MEDICO

RIABILITATIVO

La valutazionedella condizione

della personaè tragica

Page 113: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

113

Ruolo sociale inappropriato e stigmatizzante del disabile – conseguenza di un pregiudizio basato su differenze fisiche socialmente visibili che costituirebbero una forma di devianza

sociale, che legittima comportamenti che esonerano la persona con disabilità dalla responsabilità sociale e dall’assunzione di ruoli normali.

– Le persone con disabilità devono assumere un ruolo di malati, di “buoni pazienti” cercando attivamente di recuperare.– Come vittime innocenti di una malattia o di un trauma le persone con disabilità sono trattate con indulgenza e pietà.

Dimensioni sociali della disabilità sottostimate se non ignorate– Per la sua enfasi sulla menomazione il modello biomedico si concentra sul funzionamento dell’individuo ignorando le dimensioni

sociali.– L’adattamento dell’individuo all’ambiente rimane il compito sociale primario da perseguire.– Gli obiettivi di riconoscimento di diritti di eguaglianza ed integrazione saranno valutati come meno importanti degli obiettivi basati su

bisogni di tipo medico. I bisogni individuali saranno ridotti a bisogni di tipo medico

– valutati da un prospettiva medica che predeterminerà una gerarchia dei bisogni individuali in base al criterio di bisogni primari per la sopravvivenza.

Modello medico /4LIMITI

Page 114: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

114

Neutralità eziologica– Sebbene l’eziologia è un elemento centrale della spiegazione scientifica di una menomazione e pertanto la

base per determinare il bisogno medico, pur tuttavia, da un punto di vista clinico, non è particolarmente rilevante come un paziente ha sviluppato la menomazione. Un paziente è un paziente, sia se la menomazione è stata causata da se stesso o è l’esito di un incidente, un epidemia, o di un’azione intenzionale di altri.

– Il principale effetto di questo punto centrato sui bisogni, come opposto alla responsabilità, è minare una credenza intorno ad un’origine remota della menomazione, il credo cioè, che la menomazione e le stesse cause della sofferenza, sono meritate come punizione di precedenti peccati.

La dimensione del corpo– La prospettiva del modello medico ci invita a non sottovalutare la dimensione del corpo e delle dimensioni

della salute e della malattia connesse alla disabilità.

Modello medico /5VANTAGGI

Page 115: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

115

La disabilità è compresa da un prospettiva sociologica per cui essa è culturalmente prodotta e socialmente strutturata– al livello delle esperienze delle persone con disabilità c’è un

livello di svantaggi e limitazioni che sono da ricondurre a come le persone reagiscono – le loro attitudini e comportamenti – e non alle loro incapacità

Modello sociale /1PROSPETTIVA

Page 116: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

116

Modello sociale /2MODALITÀ DI INTERVENTO

Socio politico per l’abbattimento delle barriere ambientali intese sia come barriere fisiche che culturali.– la disabilità è il prodotto di un determinato ambiente sociale, per cui la

responsabilità della disabilità deve essere ricondotta alle strutture sociali che la determinano: soltanto interventi di tipo sociopolitico possono ridurre le cause disabilitanti.

Page 117: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

117

La dimensione politica di questo modello è riconosciuta da tutti gli aderenti al modello ed è considerata sia uno strumento di ricerca, per la comprensione e la spiegazione della disabilità, sia il fondamento di movimenti politici (Oliver, The Politics of Disablement).

Le risposte terapeutiche e riabilitative non possono avvenire in un vuoto sociale. Diversamente, il successo riabilitativo e terapeutico avviene soltanto se i bisogni individuali sono riletti all’interno dell’ambiente entro cui la persona con disabilità interagisce.

Il ruolo specifico di un terapista deve essere quello di orchestrare dei mutamenti ambientali tali da favorire la piena partecipazione delle persone.

Modello sociale /3POLITICHE DI INTERVENTO

Page 118: Prof. Stefano Federici Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione Università degli Studi di Perugia stefano.federici@unipg.it

Prof. Stefano FedericiDipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della FormazioneUniversità degli Studi di Perugia

118

Modello sociale /4LIMITI

La dimensione corporea/individuale– La disabilità non ha nulla a che fare con le dimensioni individuali della salute e della malattia– Si deve supporre che esista uno svantaggio legato a specifiche menomazioni fisiche o mentali?– È difficile individuare modalità per misurare il miglioramento.

La dimensione sociopolitica– Se la disabilità è solo un “costrutto sociale”, come è possibile indirizzare politiche di intervento

che tengano conto della specifica “differenza” di una persona con disabilità? La dimensione ambientale

– Non è sempre così chiaro in che modo l’ambiente crei (come unica causa) la disabilità.